• Non ci sono risultati.

Ambiente scolastico e sviluppo socio emotivo degli adolescenti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Ambiente scolastico e sviluppo socio emotivo degli adolescenti"

Copied!
36
0
0

Testo completo

(1)

LAVORO DI DIPLOMA DI

ELENA MILANESE

MASTER OF ARTS IN SECONDARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

AMBIENTE SCOLASTICO E SVILUPPO SOCIO EMOTIVO DEGLI

ADOLESCENTI

RELATORI

(2)
(3)

i

Sommario

1. Introduzione ... 1

2. Quadro teorico... 3

2.1 Intelligenza emotiva ... 3

2.2 Le emozioni del bullismo ... 5

2.3 Competenze socio-emotive nella scuola ... 7

3. Domanda di ricerca ... 11

4. Metodologia di ricerca ... 13

4.1 Il progetto ... 13

4.2 Fasi della ricerca... 14

4.3 Disegno di ricerca e ipotesi ... 15

5. Analisi dei dati ... 17

5.1 Primi dati ... 17

5.2 Analisi delle correlazioni ... 23

5.3 Risultati ... 24

6. Conclusioni ... 27

(4)
(5)

1

1. Introduzione

Aristotele osservava che l’uomo, in quanto animale sociale, è provvisto della capacità di esprimere in modo bipolare ed ancora, il filosofo esistenzialista Jean-Paul Sartre che indagò nel profondo l’esistenza umana, sosteneva che l’inferno è rappresentato dalla collettività esterna a noi stessi. Questo per introdurre la riflessione sul tipo di socializzazione che gli esseri umani possono costruire e, che vede ognuno di noi portare dentro di sé emozioni opposte e relative pulsioni diametralmente di segno inverso.

“Siamo curiosi ma temiamo ciò che non conosciamo. Siamo attratti dagli altri, ma ne abbiamo anche paura. Cerchiamo legami ma siamo insofferenti alle costrizioni. Amiamo e odiamo. Eros e

Thanatos sono le due facce di una stessa medaglia. L’energia vitale che è dentro di noi può

distruggere l’oggetto del nostro desiderio. L’aggressività è una forza, ma se esce dagli argini si trasforma in violenza. La violenza ci affascina perché ci fa sentire vivi” (Oliverio Ferraris, 2007, p. 15). L’uomo è dunque in grado di distruggere ma allo stesso modo anche di costruire, è portato ad avere ombre nei rapporti di amicizia, così come ad avere slanci di grande altruismo e generosità. Un rapporto vissuto in modo problematico crea infelicità e rischia di produrre un circolo di disciplina negativa e tossica per l’anima; questo tipo di atteggiamento è il risultato di una mancata educazione alle emozioni, che non permette di esternare e conoscere a fondo l’umanità a cui naturalmente siamo predisposti. Un allenamento più consapevole del nostro stato emotivo, favorirebbe condizioni di felicità maggiori, facendo emergere comportamenti equilibrati, collaborativi e costruttivi.

L’interesse che nutro nel volermi dedicare al tema delle emozioni e, nella fattispecie al fenomeno

bullismo, nasce dalla volontà personale di trovare risposte e strategie funzionali che possano aiutare

gli allievi più deboli a vivere la loro esperienza scolastica in modo sereno, senza precludersi le infinite opportunità di crescita che li renderanno adulti sani nonché, buoni cittadini del futuro. La ricerca che qui verrà presentata, parte quindi da una panoramica generale sulla situazione attuale di atteggiamenti aggressivi che scaturiscono in differenti tipologie di violenza; questi dati raccolti dal campione di studenti ai quali sono state sottoposte un elenco di domande, si sono trasformati in una ricerca personale sulle responsabilità all’interno dell’ambiente scolastico, che possono influenzare ulteriormente condotte già a rischio.

(6)

2

Ci si attende che, la maggior parte degli allievi che verrà chiamata a rispondere alle domande sui propri amici e la scuola, abbia una prospettiva incline alla curiosità e all’entusiasmo, quindi una percezione positiva verso l’esperienza scolastica; sia perciò in una condizione di benessere che gli permetta di avere delle relazioni sociali sane ed arricchenti. Mi aspetto anche che esistano delle possibilità di dinamiche un po’ più complicate, che non permettano a qualche ragazzo di vivere serenamente la realtà scolastica.

Spesso mi è capitato di sentire raccontare dagli allievi del primo biennio, le loro esperienze negative con i compagni coetanei o quelli più grandi, che si consumano durante gli intervalli, sull’autobus nel tragitto scuola-casa o viceversa e addirittura in modo nascosto durante le lezioni.

Talvolta alcuni dei ragazzi reagiscono in modo eccessivo alle prevaricazioni subite e questo innesca dinamiche di vendetta che tendono a protrarsi nel tempo e a diventare sempre più serie. Spesso poi, capita di sentire che i docenti davanti all’ennesimo conflitto, seppur verbale o affinato attraverso un messaggio subliminale discriminatorio, reagiscono in modi smisurati danneggiando così tutte le parti in causa, compresi sé stessi.

La scuola certo non rappresenta un bene con stesso valore della famiglia e anche le sue responsabilità sono più relegate all’aspetto culturale piuttosto che a quello affettivo, ma essa rappresenta il ponte di collegamento tra scuola e società e parte del suo compito è di condividere un sentimento di appartenenza con gli alunni. Se questi ultimi si sentono integrati alla scuola e la vivono come un luogo loro, sarà più facile per tutti impartire la formazione di base che contribuirà allo sviluppo delle personalità.

Per i risultati che arriveranno da questa ricerca, è importante definire che una conoscenza della situazione odierna, qualunque essa sia, potrebbe solo rinforzare il progetto di prevenzione che assicuri una buona integrazione a tutti, punto focale che viene largamente considerato dall’educazione alle emozioni. Inoltre spero emerga l’importanza di essere uniti in un programma che si impegna ad educare gli adolescenti alla consapevolezza delle proprie emozioni, dandogli un valore comunicativo di estrema rilevanza. Mi auguro che questa ricerca possa dare il suo contributo a chi, dedica i propri studi per interessarsi alla sfera emotiva di coloro che verranno chiamati a gestire il mondo in un futuro prossimo.

(7)

3

2. Quadro teorico

2.1 Intelligenza emotiva

Il concetto di intelligenza emotiva è osservabile attraverso quell’atteggiamento che tende a comprendere e migliorare la consapevolezza del sé, sviluppando le competenze sociali ed emotive che concorrono al proprio benessere. La definizione che Daniel Goleman (1996) da all’interno del suo libro Intelligenza emotiva, si presenta come la “capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione; di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare; e, ancora, la capacità di essere empatici e di sperare” ( p.54).

Questo modo alternativo di considerare l’intelligenza è operativo dagli ultimi decenni, e si basa sul riconoscimento e la definizione della teoria delle “intelligenze multiple” di Gardner (1987), che con il suo apporto allargò il concetto di intelligenza (che fino ad allora eleggeva come unica risoluzione il QI), come rappresentativa in differenti settori dell’attività umana. Inoltre Gardner sosteneva che esistesse una forte possibilità che l’intelligenza fosse presente nelle emozioni e che l’individuo stesso fosse in grado di portarla nel proprio ambito emotivo, in modo competente (1987).

Le emozioni quindi non vengono più relegate ad un luogo che è al di fuori della mente, esse ci arricchiscono e diventano fondamentali per costruire un modello maturo. La capacità di educare le proprie emozioni aiuta i bambini, mettendoli nelle migliori condizioni per far fruttare qualunque talento, e per superare le difficoltà anche nell’apprendimento. Il bambino che impara a consolidare una disciplina emotiva sarà un adolescente che vivrà la sua delicata fase evolutiva in modo più sicuro e sereno. Goleman (1996) sostiene che l’intelligenza emotiva quindi non ha nulla a che vedere con l’intelligenza scolastica e stabilisce che nella vita e nel lavoro è più rilevante la maturità delle proprie emozioni che concorrono a interrare profonde radici di equilibrio, stabilità e serenità, rispetto al sapere esclusivamente accademico. Esiste quindi la possibilità di controllare la vita emotiva con l’intelligenza, perché il problema non risiede nello stato d’animo in sé, bensì nel modo di esprimere questa emozione, che quindi deve essere analizzata con il pensiero critico; una volta costruita la via diretta e intima con l’emozione, il sentimento derivante delineerà un maturo stato di benessere.

(8)

4

A scuola si valorizzano conoscenze e competenze cognitive, trascurando talvolta la formazione della dimensione emotiva, ma Goleman (1996) ha dimostrato che proprio per aver successo nella vita e nel lavoro, bisogna saper comunicare, esprimere le emozioni e capire quelle degli altri.

Salovey e Mayer (1990) furono i padri della teoria dell’intelligenza emotiva ed essi la definirono come un’insieme appunto di capacità, estendendo le abilità già segnalate da Gardner (1987), in 5 ambiti principali: la conoscenza delle proprie emozioni nonché definita autoconsapevolezza, l’autocontrollo degli impulsi, l’automotivazione e autoefficacia, l’empatia e il positivismo ed infine la buona riuscita delle relazioni.

Come ha affermato Goleman (1996), l’efficacia nelle relazioni sociali aiuta sensibilmente l’aspetto emozionale, ma perché questa riesca è indispensabile educare le proprie emozioni, imparando a descriverle per conoscerle ed appropriarsi di un controllo su di esse. Quando non è presente questa capacità, si crea il caos e talvolta sfocia nella completa incapacità di prendere decisioni o, essendo sprovvisti di comprensione verso i propri sentimenti, nella conseguente mancanza di empatia verso gli altri.

Sempre secondo Goleman (1996) a chi non è fornito di consapevolezza e padronanza sui propri stati d’animo, viene difficile mandare dei segnali non verbali che siano in sintonia con quelli emotivi, quindi ciò che esprime è spesso sbagliato o completamente scollegato da ciò che in realtà prova. Questi individui che non hanno il giusto controllo delle proprie emozioni e di conseguenza dei linguaggi verbali, e non, sono spesso in una condizione di frustrazione, rimproveri, emarginazione sociale e isolamento. Talvolta questi bambini o ragazzi essendo esclusi e soli, possono diventare vittime di bullismo così come gli stessi artefici, se in essi esiste anche un problema di autocontrollo di certe emozioni quali la collera e la rabbia, unite ad altre variabili contestuali. Far del male a se stessi o agli altri, nelle forme di anoressia e bulimia, bullismo, atti aggressivi e anche depressione, è spessissimo indicatore della mancanza di una educazione emozionale.

L’insegnamento ad usufruire della propria intelligenza emotiva, si rivolge a tutti i ragazzi per dar loro la possibilità di integrarsi in modo sereno nella società e di poter accrescere il proprio stato di benessere. Per poter rendere efficaci queste teorie, è indispensabile creare un giusto canale di informazione che educhi secondo codici e atteggiamenti comprensibili a tutti e che possano creare un ponte di comunicazione tra allievi e insegnanti, così come tutti gli adulti che concorrono insieme allo sviluppo educativo dell’adolescente (e del proprio). A questo proposito Greenberg negli anni ‘90, ha ideato e proposto progetti pedagogici tra cui il PATHS (Promoting Alternative Thinking

(9)

5

Strategies), che promuove lo sviluppo positivo della vita emotiva dei bambini, mettendo al centro il loro benessere psicologico. Si tratta di un vero e proprio programma di alfabetizzazione emotiva che coinvolge anche le scuole, promuovendole ad educatori della socio-emotività.

La scuola non ha il riduttivo compito di insegnare un mestiere e di gestire le veci di una “azienda”, ma concorre alla formazione di persone intelligenti, creative e consapevoli che siano in grado un domani di scegliersi il proprio progetto di vita, in modo appassionato e significativo.

2.2 Le emozioni del bullismo

“Anche se una società non lo sottolinea, l’uso più importante della conoscenza e dell’educazione consiste nell’aiutare gli individui a capire l’importanza di un agire più sano e dell’imporre una disciplina alla mente. Utilizzare correttamente l’intelligenza e la conoscenza significa effettuare dei cambiamenti interiori al fine di sviluppare un cuore buono” (Goleman & Gyatso, 2004, p.312). Da questa citazione si può riassumere il vero e proprio costrutto che veicola il benessere individuale e collettivo, una cultura del pensare e dell’agire, in sintonia con ciò che siamo e che intendiamo esprimere, raccogliendo i risultati esattamente preposti.

La psicologa Oliverio Ferraris (2007) facendo riferimento al famoso esperimento dei dolcetti, effettuato negli anni Sessanta dallo psicologo sociale Walter Mischel, afferma che durante l’età che va dai tre ai sette anni il bambino è in grado di sviluppare capacità di autocontrollo, ad esempio riuscendo a mantenere la calma durante uno stato di rabbia o l’attenzione; inoltre, in questa fase, aumenta esponenzialmente la sua consapevolezza emotiva riconoscendo le emozioni che vive e quindi combinandole ad un concreto pensiero. Questi processi cognitivi permettono quindi che la disciplina personale prenda il sopravvento rispetto all’istinto.

Secondo questi studi “i bambini abituati a reagire d’istinto danno segno di incapacità di integrare emozioni e razionalità. L’aggressività impulsiva deriva in parte dall’incapacità di pianificare, combinata con una scarsa capacità di controllare l’impulso emotivo” (Mark Greenberg citato da Goleman & Gyatso, 2004, p. 315). Uno stile aggressivo in un bambino, non tende a scomparire facilmente, bensì esiste un forte rischio che sussista fino, e durante tutto il corso dell’adolescenza. In età scolare le emozioni negative, quando riconosciute da adulti, devono poter essere affrontate per dar modo ai ragazzi di regolare meglio i propri stati emotivi, sostenendo un comportamento positivo. Se diversamente, vengono ignorate o punite duramente, con il tempo i ragazzi si chiudono in se stessi convinti di non poter condividere tali emozioni, che ovviamente permangono e creano al

(10)

6

ragazzo uno stato di stress psicologico e fisiologico che ostacola la crescita e mettono a repentaglio la buona condotta per la risoluzione dei conflitti interni ed esterni.

Affermare la propria identità e costruire relazioni affettive e sociali, sembrano essere gli obiettivi più importanti nell’età dell’adolescenza e si può testimoniare che la riuscita di queste mete avviene in buona parte, in modo sereno ed in armonia con le dimensioni fisiche, sociali e psicologiche degli adolescenti. Purtroppo però una parte di questa rappresentanza non riesce ad esprimere al meglio i propri tentativi, se non approcciandosi a comportamenti a rischio alimentati dalla propria aggressività, che mira all’affermazione del sé attraverso la provocazione delle autorità (Olweus, 1993).

Dei comportamenti a rischio fanno parte le azioni di molestie su una o più persone, che viene comunemente identificato come fenomeno di bullismo, definito come “prevaricazione o vittimizzazione di un individuo esposto ripetutamente nel tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più soggetti” (Olweus, 1993, p.12).

Le azioni offensive inflitte intenzionalmente, arrecando danno o disagio, possono essere commesse in forme differenti: verbale cioè attraverso l’uso di parole, con minacce, ricatti, rimproveri e ingiurie; ricorrendo alla forza fisica quindi picchiando, spingendo o tormentando fisicamente; una forma più silenziosa è l’esclusione sociale, che solitamente viene esercitata in funzione dell’origine etnica o sociale, dell’abbigliamento o l’aspetto fisico, macchinata attraverso il disprezzo e il rifiuto che minano l’autostima della vittima (Field, 2005). Infine l’apparizione nei tempi moderni e dell’era digitale del bullismo virtuale, commesso attraverso l’uso dei mezzi informatici e che mira a screditare o denigrare una persona mediante i social network.

Per parlare di bullismo è necessario che ci sia un’asimmetria nella relazione, cioè il soggetto vittima delle aggressioni ha difficoltà nel difendersi e si trova in una posizione di impotenza nei confronti del suo, o suoi, molestatori. Da questo dato ne evince che il contrassegno esteriore che differenzia le due parti, si riduca semplicemente alla prestanza fisica dell’uno e alla debolezza dell’altro, ma i fattori estetici possono essere determinanti solo in ultima analisi. Questi aspetti sono solo l’espressione di una condizione di molteplici insicurezze, ansie, bassa stima di se stessi, valutazione negativa, impulsività e scarsa empatia (Olweus, 1993).

“Bulli e vittime si differenziano dai compagni per evidenti connotazioni maladattive: i primi evidenziano disturbi della condotta , i secondi sentimenti di ansia e depressione. Sia bulli che vittime rivelano una povertà strutturale rappresentativa e scarsa capacità di tener conto delle

(11)

7

caratteristiche del partner nel dosare il grado di intimità nei suoi confronti” (Esther Lienhard, Rivista del servizio di sostegno pedagogico della scuola media [SSP-SM], 2007, p.70). Quindi vittime e bulli sono in qualche modo correlati all’interno di una relazione distruttiva, seppur con risvolti differenti, che crea una situazione statica nella crescita personale di entrambi. E’ necessaria una consapevolezza delle proprie emozioni attraverso quel dialogo interiore che ognuno intrattiene con se stesso nei momenti critici e che aiuta ad esercitare l’autocontrollo.

Se non si sviluppa la capacità di gestire la rabbia fin da giovani, crescendo si avranno ritardi dello sviluppo; le carenze educative permetteranno alle esperienze di destabilizzare il ragazzo, acuendo le sue reazioni. E’ inoltre importante comprendere che non c’è nulla di male nella rabbia, è un’emozione come un’altra e fa parte del nostro bagaglio intimo, conoscere e porre l’attenzione sulle varie forme in cui si manifesta, insegna a riconoscerne l’esordio e il calo, le cause e gli effetti, identificare il problema, pensare alle possibili soluzioni prima di agire e provarne una. Il prendersi tempo a pensare innescherà le basi per una disciplina dell’autocontrollo (Folgheraiter, 1992).

Gli insuccessi, le umiliazioni, i continui rimproveri e critiche, così come una continua dimensione protetta, non aiutano l’immagine di sé che dovrebbe essere piuttosto stabile, realistica e positiva, per vivere nella comprensione e accettazione dell’errore e maturare l’atteggiamento giusto per migliorarsi. Dipendere dagli altri o dai giudizi degli altri non produce evoluzione dell’autostima e alimenta situazioni di sfiducia e insuccessi, dando origine ad un circolo vizioso (Goleman, 1996). Sentirsi accettati e apprezzati dai propri modelli di riferimento favorisce l’autostima, così come la coerenza del clima educativo e la condivisione con adulti sereni e soddisfatti, che abbiano una comprensione equilibrata ed onesta del proprio valore. Quest’ultimo punto è un buon esempio da cui il ragazzo può apprendere senza rischiare di cadere nel timore di non valere (Polito, 2009). Gli adolescenti devono apprendere la capacità di imparare sul campo dandosi il tempo di adattarsi, capendo dall’esperienza, orientandosi attraverso le loro affinità con le altre persone o i propri interessi in continuo mutamento.

2.3 Competenze socio-emotive nella scuola.

Esther Lienhard (2007) riporta che le cause del bullismo sono perlopiù contestuali e alcuni stili parentali possono avere una grave incidenza sui fenomeni dell’aggressività e vittimismo, di cui

(12)

8

sono responsabili comportamenti negativi, subiti, quali la coercizione e il permissivismo. In generale però i comportamenti a rischio sono incentivati da tutti quegli ambienti comunitari (familiari e scolastici), nei quali non si favorisce sufficientemente lo sviluppo di capacità personali ed adeguate competenze che permettano di raggiungere obiettivi di sviluppo in questa fase evolutiva. Il ruolo educativo degli adulti deve offrire opportunità positive e valide attraverso regole, controllo e richieste coniugate al dialogo, rispetto e ascolto, per dar modo di interiorizzare norme e valori, perché per gli adolescenti la richiesta di adattamento crea uno stato di ansia (Dozio, Rivista del servizio di sostegno pedagogico della scuola media [SSP-SM], 1996).

Quando succedono violenze è sbagliato fingere che nulla sia accaduto o limitarsi a considerare i ragazzi immaturi e vittime della società, serve invece che ad un primo atto deviante ci sia da parte degli adulti la giusta attenzione e il corretto intervento che, consenta al giovane di riflettere, capire la gravità del fatto commesso, o di superare il danno ricevuto e riparare in qualche modo. Se si mancano queste azioni gli attori coinvolti si convinceranno non solo di non essere imputabili o in grado di migliorare, ma anche di poter continuare con lo stesso sentimento di prevaricazione o sottomissione (Olweus, 1993).

Come ha dimostrato Bandura (1963), i giovani che osservano il comportamento, specie se violento, di un modello sono portati a identificarsi replicandolo per imitazione e spesso con maggiore violenza, per un istinto di apprendimento. Gli esempi sbagliati creano quindi comportamenti deviati e anche all’interno dell’ambiente scolastico, gli insegnanti rappresentano dei modelli e il loro stile di interazione può essere preso a esempio. La comunicazione soprattutto in classe, è pregna di svariate condizioni quali l’umore, gli atteggiamenti, le emozioni inespresse, che creano una serie di conseguenze inconsce di assorbimenti reciproci, che vedono ad esempio allievo e insegnante farsi influenzare dalla tensione dell’altro, dal suo disagio, dalla mancanza di motivazione (Oliverio Ferraris, (2007).

E’ facile contagiarsi reciprocamente anche attraverso l’indifferenza o peggio, la mancanza di interesse nei riguardi l’uno dell’altro e questo rappresenta uno degli aspetti più pericolosi che possono concorrere ad alimentare comportamenti che presentano già dei rischi. La scuola non può permettersi di incentivare la riduzione della responsabilità individuale, con il rischio di avere spettatori passivi che smarriscono i principi democratici di base, dal diritto alla sicurezza e al rispetto e il dovere di collaborare per il mantenimento reciproco, attraverso valori etici e sociali condivisi (Olweus, 1993).

(13)

9

La scuola è un’istituzione sociale che ricopre un ruolo importante sui comportamenti devianti, perché incide sull’inserimento nella società dei ragazzi, per questo uno dei compiti principali che svolge è quello della condivisione di regole, diritti e doveri reciproci da rispettare, per favorire l’assunzione di responsabilità anche da parte degli adulti, che a volte tendono a minimizzare taluni comportamenti antisociali, mostrando lo stesso pigro disimpegno sociale usato dagli adolescenti Folgheraiter, 1992).

Secondo Oliverio Ferraris (2007), si possono individuare nove fattori sensibili a scatenare l’aggressività: l’inviolabilità del proprio spazio vitale, l’interpretazione del modo di comunicare degli altri, il rispetto degli altri per una stima di sé, sentirsi al sicuro, la possibilità di essere autonomi, il rispetto del proprio ritmo, il bisogno di riconoscere una propria identità, essere ascoltati e considerati per un personale stato di benessere ed infine, essere compresi. Il professore Olweus (1993) concorda sul fatto che le componenti appena citate, assolvono ad una serie di bisogni tipici dell’adolescenza che richiede attenzione, ma soprattutto senso di partecipazione, appartenenza e giustizia ed è per questo che è importante creare a scuola un ambiente caldo ed accogliente, caratterizzato dalla partecipazione attiva e positiva di tutti, che al tempo stesso ponga limiti precisi di fronte ai comportamenti inaccettabili, sanzionando in caso di trasgressioni in modo giusto e costruttivo, senza ostilità .Sono indispensabili perciò elementi di coerenza, cooperazione ed unione del corpo scolastico, che rivolgano anche elogi e ricompense a comportamenti adeguati per rafforzare l’autostima.

Le emozioni positive che ne scaturiscono concorrono a sfruttare al meglio le proprie potenzialità, così da contribuire anche al miglioramento della comunità di cui fanno parte. La psicologa Oliverio Ferraris (2007) sostiene che, le competenze socio emotive in cui la scuola dovrebbe esercitarsi continuamente ed impegnarsi a diffondere per permetterne l’acquisizione a tutti, a fronte di una buona convivenza con gli altri, possono riassumersi così: nel diritto di tutti ad esprimere le proprie idee, la legittimazione della diversità; rispettare l’altro pur non condividendo tutto, il dovere morale di non offendere, la consapevolezza di modi positivi e negativi nel fare richieste o rivolgendosi alle persone, l’errore è umano, la responsabilità personale sul proprio comportamento, il nostro modo di agire può influenzare o essere di esempio ed infine donare gentilezza, aiuta a riceverne.

(14)
(15)

11

3. Domanda di ricerca

Questo lavoro di ricerca ha come scopo di indagare alcuni aspetti del clima di classe strettamente correlati alle esperienze scolastiche, per analizzare in modo più specifico talune dinamiche di bullismo. La domanda di ricerca si focalizza quindi sulla parte del questionario che investiga la presenza di diverse tipologie di fenomeni offensivi e le loro correlazioni con le competenze socio emotive. Inoltre a questo quesito principale si collegano le due successive sottodomande.

Essendo le risposte del questionario distribuite su una scala di valori, la seguente domanda permette di partire da un’analisi più dettagliata e non generica della gravità di fenomeni di bullismo sul campione selezionato, in base alla frequenza d’azione:

1. In che misura sono presenti fenomeni di bullismo nella vita scolastica degli allievi? Sottodomande:

 Partendo dai risultati ottenuti sulle tipologie di bullismo più diffuse, esistono delle correlazioni con l’esperienza e il clima scolastico?

 E’ possibile stabilire una connessione tra l’esperienza scolastica e lo sviluppo socio-emotivo?

Questa ricerca innanzitutto aiuterà ad avvicinarmi in modo significativo al mondo dell’adolescenza, dandomi spunti per riflettere su quali siano le condizioni emotive dei ragazzi che intraprendono un nuovo ciclo di studi e le loro eventuali difficoltà a relazionarsi.

(16)
(17)

13

4. Metodologia di ricerca

4.1 Il progetto

Il lavoro di diploma qui presentato, oltre a rappresentare un’indagine di dati raccolti, analizzati ed interpretati e, a sostenere l’educazione dello sviluppo socio-emotivo, potrebbe produrre un servizio utile alla ricerca del DFA. Il Dipartimento di formazione che, collabora con il Department of

Educational and Counseling Psychology, and Special Education, University of British Columbia, Vancouver e con professoressa Kimberly Schonert-Reichl, si propone infatti di conseguire una

ricerca nello stesso ambito, utilizzando i dati raccolti sul territorio ticinese.

Il progetto è costruito intorno ad un questionario che è lo strumento a capo nella raccolta dati. Il questionario utilizzato è la versione tradotta e adattata alla realtà culturale ticinese dello strumento MDI (Middle Years Development Instrument) e raccoglie informazioni su cinque aree tematiche che riguardano il benessere dei preadolescenti ticinesi, chiamati ad esprimere il loro parere in merito a: sviluppo delle competenze socio emotive, relazioni con famiglia, amici e altri adulti, esperienze scolastiche in cui vengono specificati clima di classe e bullismo, salute fisica e benessere emotivo ed, infine, tempo libero.

Nella prima parte del questionario vengono raccolte informazioni anagrafiche, degli allievi coinvolti, oltre che la composizione delle loro famiglie e la situazione delle lingue imparate e parlate in casa. Successivamente viene richiesto di valutare il disagio o percezione delle proprie emozioni su temi inerenti la sfera socio emotiva. Sempre in questa dimensione si pongono domande sul grado di attenzione e ascolto che i ragazzi ricevono, rapportandosi con gli adulti, in ambito scolastico e familiare; di seguito la sezione che si interessa alle relazioni con i pari,il grado di integrazione con l’ambiente scolastico e di rispetto tra docenti e studenti, che vuole comprendere quali siano le impressioni dei ragazzi in proposito. In questa parte è presente un ciclo di quattro domande dedicate al tema del bullismo, introdotte da una definizione del fenomeno e delle sue tipologie, che chiede ai ragazzi se sono stati vittime di tali azioni. L’ultima parte di questa sezione pone domande inerenti allo stato di salute, al tipo di rapporto che gli allievi hanno con il proprio aspetto fisico e le loro abitudini alimentari. Infine, nell’ultima sezione si indaga sugli interessi ai quali si dedicano i ragazzi nel doposcuola, quindi il tempo dedicato ad essi e i luoghi frequentati,

(18)

14

per arrivare ad esplicitare le attività che gli allievi vorrebbero praticare e i motivi per i quali non gli è possibile.

Il campione di riferimento, seppur non rappresentativo, è composto da 645 allievi di cui 335 femmine e 305 maschi di prima e seconda media, distribuiti nelle seguenti 10 sedi: Acquarossa, Agno, Ambrì, Bellinzona 1, Biasca, Chiasso, Faido/ Giornico, Giubiasco, Morbio e Tesserete.

4.2 Fasi della ricerca

FASE 1 – Somministrazione del questionario

Nei primi mesi dell’anno scolastico in corso 2012/2013, si è proceduto a distribuire i questionari agli allievi. Il tempo necessario per redigere il lavoro consegnato è stato di un’ora lezione, per dar modo a tutti di accertarsi che venissero completate tutte le richieste in modo corretto. Ogni docente ha sottoposto il questionario alle proprie classi del primo biennio e, per provvedere ad un eventuale mancata assegnazione di classi sopracitate durante il periodo di incarico limitato, è stato comunque possibile avere un numero minimo di soggetti a cui poter sottoporre il questionario.

FASE 2 – Raccolta dei dati ed elaborazione

I dati raccolti da ogni docente sono stati elaborati dal team del progetto e condivisi con tutti i docenti coinvolti, per poter dare a tutti una panoramica ad ampio raggio dei risultati e, dar modo di formalizzare il tipo di approfondimento che si è intesi affrontare nel proprio lavoro di ricerca.

FASE 3 – Formalizzazione dell’area di interesse e analisi correlazioni.

Una volta esplicitato il campo di interesse della propria ricerca, si è passati in modo individuale a formalizzarlo attraverso un approfondimento della bibliografia e successivamente allo studio di correlazioni dei dati, che meglio andassero ad indagare e rispondere alle proprie domande di ricerca.

Le tempistiche da considerare si sono composte di diversi aspetti quali: dare il tempo alle classi prime di integrarsi nella nuova realtà scolastica e intrecciare relazioni con compagni e corpo docenti, non temporeggiare nel proporre il questionario essendo solo la prima parte di una intera

(19)

15

ricerca da analizzare, nonché interpretare ed infine, espletare le pratiche burocratiche per la richiesta o comunicazione, come sola presa visione, da parte dei genitori di quegli allievi che sono stati chiamati a compilare il questionario, seppur in forma anonima.

Successivamente alla condivisione dei dati all’interno del gruppo di ricerca e alla loro analisi descrittiva, si è proceduto a livello individuale con l’ interpretazione dei dati stessi, che ha permesso di raccogliere informazioni necessarie al termine dell’analisi di ricerca per confrontare il percorso dei dati reali con quelli attesi ed utilizzarli per completare lo sviluppo interpretativo.

4.3 Disegno di ricerca e ipotesi

L’intento proposto nella domanda di ricerca è quello di indagare cosa è il fenomeno del bullismo, inteso non solo come tipologia osservabile, ma in primo luogo come fatto che concorre a scatenare quella determinata tipizzazione.

Secondo l’enciclopedia Treccani, il termine fenomeno ha un forte valore filosofico e risponde a ciò che appare e si manifesta, non soltanto in modo esterno e classificabile ma anche, interno e legato agli stati d’animo, emozioni o sentimenti ed espresso attraverso gesti, linguaggio verbale o artistico. L'ipotesi è che il luogo più vissuto dai ragazzi nonché pregno di esempi educativi per loro, quale è la scuola, abbia un valore centrale nell'accoglienza e nel monitoraggio presente e continuo della serenità dei ragazzi, soprattutto del loro coinvolgimento e, sia quindi una cartina tornasole sulla percezione, stati emotivi e azioni degli allievi. La scuola, rappresentando per i preadolescenti un ambiente sociale di indispensabile integrazione, è in parte responsabile della riuscita, o meno, del senso di appartenenza ad un gruppo, così come del successo, o insuccesso, nell’intessere rapporti significativi.

I ragazzi sentendosi più importanti e parte di un gruppo accogliente, possono aumentare la sicurezza dei loro interventi, non identificandosi quindi come meri spettatori passivi, ma aumentando la consapevolezza del proprio potere nell'essere di aiuto per gli altri e per se stessi. La capacità empatica è un aspetto necessario da sviluppare per prevenire il bullismo e per assicurare una buona integrazione a tutti i ragazzi.

(20)
(21)

17

5. Analisi dei dati

5.1 Primi dati

Nella ricerca si è scelto di partire dai risultati generali che rispondono agli items 53/54/55/56 del questionario che descrivono quattro tipologie di bullismo: fisico, verbale, sociale, virtuale; i dati permettono di caratterizzare le forme più diffuse tra il campione ticinese e questa prima analisi risponde solo in parte alla mia domanda di ricerca, che viene quindi declinata in due sottodomande, dedicandomi all'ambiente scolastico e rimanendo fedele al quadro teorico iniziale.

Nella prima sottodomanda ci si interroga sulle correlazioni che possono esistere tra i primi risultati sopra esposti e gli items che riguardano il rapporto con gli adulti presenti a scuola (25/26/27) e il clima scolastico (46/47/48/49/50).

La seconda sottodomanda vede incrociarsi gli items precedenti con quelli che riguardano l’aiuto e l’altruismo (21/22/23), che si possono riferire all’aspetto dell’empatia.

Come già detto precedentemente il questionario da cui si è partiti è suddiviso in cinque aree tematiche che presentano delle domande, le cui risposte possibili sono espresse su una scala Likert a 5 punti, dove il punto 1 corrisponde a “per nulla d’accordo” e il punto 5 corrisponde a “molto d’accordo”.

Per poter meglio rispondere alla domanda di ricerca (In che misura sono presenti fenomeni di bullismo nella vita scolastica degli allievi?), che indaga la presenza di fattori responsabili ad alimentare l’aggressività, all’interno dell’esperienza scolastica, si è dapprima analizzato i risultati delle frequenze generali delle domande che contraddistinguono le diverse tipologie di bullismo:

(22)

18

Item 53 “Durante l’anno scolastico ti è successo di essere stato maltrattato fisicamente?” Tabella 5.2.1 – Bullismo fisico

Item 54 “Durante l’anno scolastico ti è capitato di essere stato maltrattato verbalmente?” Tabella 5.2.2 – Bullismo verbale

(23)

19

Item 55 “Durante l’anno scolastico ti è capitato di essere stato molestato socialmente?” Tabella 5.2.3 – Bullismo sociale

Item 56 “Durante l’anno scolastico ti è capitato di essere stato molestato virtualmente?” Tabella 5.2.4 – Bullismo virtuale

Per tutte e quattro le tipologie di bullismo la frequenza del mai, come atto subìto, ha segnalato valori al di sopra del 50%, tranne nel caso di violenze verbali che, comunque, è vicina con il 45,3%. Nel caso di bullismo virtuale la percentuale è alta ed arriva a contare l’88% di risposte negative. Le percentuali scendono di conseguenza in successione e si dividono nelle risposte che segnalano avvenimenti più frequenti.

(24)

20

La tipologia virtuale riporta un valore intorno all’8% nella frequenza di una o due volte e rimane vicino a valori dell’1% nelle frequenze più ricorrenti.

Per contro, nella frequenza contrapposta che segnala più volte a settimana, il dato più alto si registra nella tipologia sociale con il 6,8%, e appena di seguito un 6,2% verbale che rimane la tipologia più diffusa tra le frequenze intermedie, seguita da quella sociale e infine quella fisica.

Per rispondere alla prima sottodomanda:

I. Partendo dai risultati ottenuti sulle tipologie di bullismo più diffuse, esistono delle correlazioni con l’esperienza e il clima scolastico?

Sono state effettuate delle correlazioni tra le domande precedenti e in prima analisi gli items che riguardano il rapporto con gli adulti di riferimento:

Item 25 “Nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che si preoccupa davvero per

me”.

Item 26 “Nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che crede che ce la farò”.

Item 27 “Nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che mi ascolta quando ho

qualcosa da dire”.

E secondariamente con gli items riguardanti il clima scolastico legato alla percezione del sentirsi integrati:

Item 46 “Nella mia scuola gli insegnanti e gli studenti si rispettano”

Item 47 “Nella mia scuola le persone si interessano agli altri”

Item 48 “Nella mia scuola gli allievi si aiutano tra loro anche se non sono amici”

Item 49 “Mi sento ben integrato nella mia scuola”

(25)

21 Tabella 5.2.5 – Correlazioni della prima sottodomanda

25. … si preoccup a davvero per me 26. cred e che ce la farò 27. … mi ascolta quando ho qualcos a da dire 46. Nella mia scuola gli insegnan ti e gli studenti si rispettan o 47. Nella mia scuola le persone si interessan o agli altri 48. Nella mia scuola gli allievi si aiutan o tra loro anche se non sono amici 49. Mi sento ben integrat o nella mia scuola 50. Mi sento important e per questa scuola 53. Fisicamente Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N -.010 .793 639 .022 .572 637 .012 .754 640 -.093* .018 642 .005 .909 640 -.074 .062 640 -.144** .000 641 -.070 .076 642 54. Verbalment e Pearson Correlatio n Sig (2-tailed) N .003 .939 640 .052 .190 638 -.021 .602 641 -.126** .001 643 -.090* .023 641 -.115** .004 641 -.222** .000 642 -.124** .002 643 55. Socialmente Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .035 .378 639 .042 .294 637 .002 .953 640 -.107** .007 642 -.091* .021 640 -.091* .021 640 -.251** .000 641 -.184** .000 642 56. Virtualmen te Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N -.059 .133 640 -.050 .204 638 -.105** .008 641 -.080* .042 643 -.089* .024 641 -.002 .954 641 -.194** .000 642 -.089* .023 643 25. … si preoccupan o davvero per me Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .066 .095 639 .239** .000 637 .182** .000 637 .165** .000 638 .125** .002 639 26. … crede che ce la farò Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .042 .295 637 .223** .000 635 .149** .000 635 .194** .000 636 .214** .000 637 27. … mi ascolta quando ho qualcosa da dire Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .143** .000 640 .288** .000 638 .201** .000 638 .226** .000 639 .153** .000 640

(26)

22

In merito alla seconda sottodomanda:

II. E’ possibile stabilire una connessione tra l’esperienza scolastica e lo sviluppo socio-emotivo?

È stata condotta una analisi di correlazione fra gli items precedenti con quelli che riguardano la dimensione empatica e soprattutto l’aiuto concreto e l’altruismo. Questo ciclo di domande partono con un corpo comune a tutti e tre gli items e successivamente l’oggetto della richiesta viene circoscritto;

- Dall’inizio dell’anno scolastico, quante volte hai fatto le seguenti cose:

Item 21 “Ho consolato qualcuno che era triste

Item 22 “Ho aiutato qualcuno che era stato deriso

Item 23 “Ho aiutato qualcuno che era ferito Tabella 5.2.6 – Correlazioni della seconda sottodomanda

25. … si preoccup a davvero per me 26. … crede che ce la farò 27. … mi ascolt a quand o ho qualco sa da dire 46. Nella mia scuola gli insegnant i e gli studenti si rispettan o 47. Nella mia scuola le persone si interessan o agli altri 48. Nella mia scuola gli allievi si aiutan o tra loro anche se non sono amici 49. Mi sento ben integrat o nella mia scuola 50. Mi sento important e per questa scuola 21. Ho consolat o qualcun o che era triste Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .166** .000 639 .097* .014 639 .071 .073 640 .014 .026 641 .094* .018 639 .089* .025 639 .078* .049 640 .047 .235 641 22. Ho aiutato qualcun o che era stato deriso Pearson Correlatio n Sig (2-tailed) N .159** .000 638 .122** .002 638 .057 .147 639 .003 .947 640 .142** .000 638 .096* .015 638 .072 .068 639 .070 .078 640 23. Ho aiutato qualcun o che era ferito Pearson Correlatio n Sig. (2-tailed) N .134** .001 638 .053 .184 638 .039 .327 639 .021 .598 640 .157** .000 638 .127** .001 638 .086* .029 639 .074 .060 640

(27)

23

5.2 Analisi delle correlazioni

Osservando la Tabella 5.2.5 che si riferisce alle correlazioni della prima sottodomanda, si nota come tra le domande delle quattro tipologie di bullismo e le tre domande del rapporto con adulti di riferimento a scuola, vi sia un unico valore significativo al 99%, che risulta inversamente correlato1 tra la domanda 56 (bullismo virtuale) e la domanda 27 “nella mia scuola c’è un insegnante o un adulto che mi ascolta quando ho qualcosa da dire”.

Risultati inversamente correlati si presentano anche nelle analisi condotte sul rapporto tra le tipologie di bullismo e l’integrazione scolastica, nelle quali le tipologie verbale (54) e sociale (55), hanno mostrato correlazioni statisticamente significative al 99% con le domande 49 “mi sento ben integrato nella mia scuola” e 50 “mi sento importante per questa scuola”.

La domanda 49 “mi sento ben integrato nella mia scuola” mostra correlazioni significative al 99% anche con le domande che riguardano il bullismo fisico (53) e virtuale (56), le quali presentano con gli altri items degli adulti di riferimento, correlazioni significative al 95% o nessuna correlazione. Negli incroci tra gli items che riguardano il rapporto con gli adulti di riferimento, e quelli concernenti il clima scolastico e il sentimento di integrazione, si riscontra la quasi totalità di corrispondenze significative al 99% e positive. Solo la domanda 46 “nella mia scuola gli insegnanti e gli studenti si rispettano”, non trova nessuna correlazione con la 25 “nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che si preoccupa davvero per me”e 26 “nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che crede che ce la farò”; mentre la domanda 27 “nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che mi ascolta quando ho qualcosa da dire” è positivamente sensibile agli incroci con tutte cinque le domande che riguardano il rapporto con gli adulti a scuola e l’integrazione, riportando valori piuttosto alti.

Come mostrato nella Tabella 5.2.6, si hanno correlazioni significative al 99% tra la domanda 25 “nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che si preoccupa davvero per me” e il gruppo di domande legate all’aiuto e altruismo: 21 “ho consolato qualcuno che era triste”, 22 “ho aiutato

1Le correlazioni significative tra le due variabili, vengono denotate da indicatori sintetici che ne segnalano la casualità

o probabilità in percentuale. Se il valore di sig. (2-tailed) è minore di 0.01, la correlazione è significativa al 99%, se invece è inclusa tra 0.01 e 0.05, la correlazione è significativa al 95%. Le correlazioni significative possono essere sia positive che negative e, in quest’ultimo caso è presente il segno ‘-‘ davanti al valore numerico, dando una connotazione di variabili inversamente correlate.

(28)

24

qualcuno che era stato deriso” e 23 “ho aiutato qualcuno che era stato deriso”. Tra queste ultime e le domande 27 “nella mia scuola c’è un insegnante o un altro adulto che mi ascolta quando ho qualcosa da dire”, 46 “nella mia scuola gli insegnanti e gli studenti si rispettano” e 50 “mi sento importante per questa scuola”, non sono presenti nessun tipo di correlazioni.

Tra gli items riguardanti l’aiuto e l’altruismo, quelli che riportano maggiori correlazioni significative al 99% sono quindi “aiuto a qualcuno che è stato deriso”, seppur sembra non avere nessuna relazione con “sentirsi integrati nella propria scuola”, e “l’aiuto a qualcuno che era ferito”, nonostante anch’esso non registri alcuna correlazione significativa con la presenza a scuola di “insegnanti o adulti che crede che ce la farò”. La domanda 21 “ho consolato qualcuno che era triste”, registra più correlazioni con gli incroci tra gli altri gruppi di domande relativi al rapporto con gli adulti di riferimento e il senso di integrazione e rispetto nell’ambiente scolastico, ma in media significative al 95%.

5.3 Risultati

Per avviare una discussione sui dati emersi è interessante evidenziare alcune correlazioni significative partendo anzitutto dalle frequenze generali sulle quattro tipologie di bullismo, che hanno evidenziato come, nonostante l’era dei nativi digitali, il bullismo virtuale sia quello meno diffuso, seguito da quello fisico. Per quanto riguarda quest’ultimo, i riferimenti teorici considerano una differenza tra aggressività e violenza; la prima sussiste soprattutto durante il ciclo elementare e se non contrastata con strategie educative, rischia di trasformarsi in violenza, perciò la forza fisica durante la scuola media viene sfruttata nella maggior parte dei casi, solo come intimidazione, ma non viene riscontrata come fattore diffuso, probabilmente grazie ad una crescita degli interventi educativi.

Il dato riguardante il bullismo virtuale fa ipotizzare due possibilità: che nel primo biennio della scuola media gli allievi non abbiano ancora la piena libertà di sfruttare i mezzi informatici, nella fattispecie aderire ai social network, dato che queste piattaforme sono le maggiori imputate nelle numerose denunce di azioni di bullismo. Nella seconda ipotesi, vi è un riscontro positivo con il programma di alfabetizzazione informatica all’inizio della scuola media, che sensibilizza ad un uso corretto e rispettoso dei mezzi.

(29)

25

Riguardo a queste due tipologie, la scuola non può essere attivamente responsabile come un cattivo esempio, se non ignorando certi comportamenti che vengono assorbiti all’esterno dell’istituto e non ponendo rimedi correttivi.

Per quanto riguarda invece le tipologie di bullismo verbale e sociale, la scuola ne è protagonista attiva attraverso i suoi principali attori, quali insegnanti e collaboratori di sede che comunicano quotidianamente con gli studenti, attraverso gesti, azioni, intenzioni, parole e infinite forme dirette e indirette. Queste due tipologie difatti risultano le più diffuse, ma ad una prima analisi sembrano non trovare correlazioni con quegli atteggiamenti definiti rinforzi positivi, che possono influenzare la percezione che i ragazzi hanno del rapporto con gli adulti scolastici di riferimento. Solo nel caso del bullismo virtuale, si registra un’ampia significatività di correlazione con l’ascolto attivo di un adulto, nel caso l’allievo senta il bisogno di dire qualcosa. In questo caso dimostra la tendenza moderna del bisogno di esprimere la frustrazione per non essere ascoltati, seppur con rabbia, soprattutto in modo pubblico e denigratorio; quindi quale modo migliore, veloce e di facile fruibilità se non internet!

Le correlazioni negative maggiormente significative che emergono, tra la percezione di fattori riferiti al rispetto e l’integrazione e le tipologie di bullismo, riguardano in primis l’aspetto che concerne la stima tra insegnanti e allievi: meno viene percepito dagli allievi questo importante scambio e più sembrano risentirne tutti i fattori a rischio.

Allo stesso modo sembra andare il senso di integrazione all’interno dell’istituto e il sentimento di sentirsi importante per l’ambiente scolastico: quanto più questi sono deboli, tanto più forti saranno i comportamenti “instabili” che soffrono della mancanza di riferimenti educativi e di un senso d’appartenenza che dona all’allievo una percezione di unicità, valore e importanza. Il riscontro di quanto appena affermato, viene evidenziato dai risultati emersi nell’analisi dei dati e nei quali, dove si vede la presenza di rinforzi positivi, quali un vero interesse delle figure di riferimento nei confronti degli allievi, anche il rapporto con gli adulti ne beneficia ma soprattutto il rispetto e l’integrazione assumono valori forti e resistenti. Anche in questo caso l’ascolto viene recepito come il più importante fattore di supporto e interesse attivo che un adulto può avere nei confronti dei ragazzi e che li aiuta a sentirsi valorizzati, mentre la fiducia e la preoccupazione astratta non sembrano essere considerati rilevanti come indici di rispetto reciproco.

L’importanza che l’autentico interesse degli insegnanti verso gli allievi, soprattutto al di fuori delle lezioni , può avere sul senso di integrazione e la percezione di riuscita di quest’ultimi, lo si evince

(30)

26

dai risultati degli incroci della domanda che dichiara l’esistenza di almeno un insegnante o un adulto a scuola che si preoccupa davvero per i discenti e l’importanza con cui può divenire un buon modello di riferimento per costituire una catena di fiducia e interesse verso il prossimo, bisognoso per superare le difficoltà.

In questo caso sembrano avere più incidenza sull’altruismo le azioni, anche se non dirette ma ben osservabili, come l’interesse e l’aiuto reciproco tra allievi, seppur non amici; il riscontro della presenza di fiducia e preoccupazione o interesse, da parte di un adulto, sembrano avere più influenza delle parole.

(31)

27

6. Conclusioni

Porre l’attenzione sul benessere dell’adolescente, portandolo a maturare una conoscenza più ampia del proprio mondo interiore, dei propri stati d’animo ed emozioni, permette di renderlo più consapevole della caducità di alcuni aspetti propri dell’adolescenza, che non lo identificheranno per il resto della vita, ma saranno in continuo cambiamento. Così come, la scoperta di attitudini individuali che possono trasformarsi in veri e propri punti di forza e che, talvolta, si imparano dal riconoscimento di naturali esperienze, che verrebbero altrimenti percepite in modo distorto. Valorizzare e consolidare la conoscenza delle proprie capacità in ambito emotivo, empatico, relazionale e decisionale, con autocontrollo, serenità, perseveranza ed altruismo, può essere vantaggioso per il benessere dei nostri allievi, per il loro apprendimento, ma soprattutto nella cooperazione per una migliore società del domani.

Perché i risultati attesi di una ricerca possano definirsi tali, devono poter rispondere alla domanda su cosa è stato appreso da tale ricerca e contenere risultati applicativi in merito agli aspetti che si possono cambiare. Per quanto riguarda il quesito su cosa ho imparato da questa ricerca, vorrei aprire la mia riflessione con una considerazione di Einstein verbalizzata durante un’intervista, che mi capitò di seguire alla televisione in un programma inerente la scienza. Egli affermò che se avesse avuto la possibilità di scegliere in merito ad un aspetto rilevante per le sorti del mondo, avrebbe sicuramente preferito dieci contadini educati, ad un solo scienziato maleducato.

Questa dichiarazione interpreta in parte ciò che ho appreso da questa ricerca; innanzitutto è noto come al docente venga richiesto sempre più un ruolo educativo oltre che legato agli aspetti didattici della materia ma, mentre l’importanza educativa attuale richiede una maggiore applicazione, non sembra andare di pari passo la disponibilità di tempo di cui il docente può disporre e, in cui inserire questi interventi. Quindi si presentano due problemi: il primo, come può un docente riuscire a trovare una strategia idonea per contribuire alla crescita emotiva degli allievi, una volta compreso definitivamente che talvolta i contributi più fruttuosi si possono dare svestendo i panni del docente di materia, in quanto esseri umani. Il secondo, se sia giusto aspettarsi dal docente anche questa responsabilità sempre più vicina alle pratiche affettive dell’ambiente familiare.

Cominciando a rispondere alla seconda domanda, direi che per evitare un sovraccarico delle responsabilità degli insegnanti, la società dovrebbe registrare un cambiamento dei suoi esempi, delle sue richieste, delle tempistiche e di tanti altri aspetti che rendono le famiglie sempre più

(32)

28

lontane nel tempo di una giornata e i genitori sempre più assenti o stressati, quindi, i figli sempre più delegati ad altri educatori (anche non diretti). Data l’improbabilità dell’accadimento di questa ipotesi, la scuola si ritrova a rivestire sicuramente il ruolo dell’istitutore più presente nella vita del ragazzo.

Di conseguenza con tale responsabilità è indubbio che i modelli di riferimento del ragazzo si trovino all’interno della scuola e per rispondere alla prima domanda e a cosa ho appreso da questa ricerca, posso affermare che il docente può apportare grande beneficio attraverso un sensibile e autentico interesse umano e compassionevole, in quei momenti che la maggior parte dei docenti considerano morti o di riposo, ma se non rimane abbastanza vigile e accorto, può anche risultare concausa di atteggiamenti a rischio. Anche quando non pensiamo ai nostri allievi, loro ci osservano e ascoltano, apprendono e fanno propri certi atteggiamenti o forme verbali, seppur occasionali, che hanno assorbito.

L’adulto che stimola ed educa premiando positivamente, in modo accogliente, con interesse e rimanendo in ascolto oltre le richieste strettamente correlate alle lezioni, aiuta gli allievi a sentirsi parte integrante della vita scolastica e a percepire l’ambiente circostante come qualcosa che gli appartiene e verso il quale non provano disagio. L’ascolto viene considerato come un vero e autentico interesse alla persona, poiché fornito in modo gratuito e al di sopra del ruolo docente-allievo. Purtroppo considero che questa buona pratica, soffra un po’ della mancanza di tempo di cui può disporre il docente dato che, per ascoltare davvero cosa un allievo ha da dire, sono necessari momenti esterni alla lezione e talvolta i soli intervalli si limitano ad essere necessari per preparare l’aula alla nuova lezione e dedicarsi ai pochi minuti di riposo mentale e recupero delle energie. E’ chiaro quindi, per certi aspetti, quanto un docente diventi più educativo al di fuori della lezione di quanto non lo sia durante, e di quanto gli allievi osservino molto di più di quanto gli adulti credano. Il coinvolgimento verbale e sociale del docente nei confronti dei ragazzi dovrebbe essere più incisivo, perché gli esempi non particolarmente attivi e concreti possono essere di aiuto ma limitatamente. Come diceva Einstein, il mondo può essere un posto più vivibile con la presenza di un numero maggiore di persone meno istruite ma più educate.

Chiaramente anche in questo caso il tema è delicato e apre un terreno che nasconde dei pericoli, perché la percezione delle cose è sempre soggetta all’interpretazione individuale, ma credo che non possa nuocere un programma all’interno delle scuole che renda obbligatoria una mezza giornata alla

(33)

29

settimana, presso differenti istituti sociali (persone povere, malati, anziani, etc.) dove vedrebbero le scolaresche impegnate nel servizio civile e sociale.

Su queste esperienze si potrebbero aprire tutte le discussioni del caso durante le ore di classe, che possano indagare le emozioni provate, la possibilità reale di pensare ad uno scambio di ruoli, la condivisione, l’aiuto, la compassione, la speranza e anche la rabbia nei confronti delle ingiustizie. Se non si lavora in modo più mirato ed incisivo sulle problematiche del bullismo e della maleducazione delle emozioni, il fenomeno della nostra irresponsabilità avrà continue conseguenze su quanto la presenza di certi atteggiamenti possono rendere miserabile la vita di un bambino o ragazzo, non solo nel breve tempo dell’atto a rischio ma negli anni, contribuendo all’insorgere di problemi emotivi e comportamentali quali l’ansia, la depressione, il comportamento scolastico e la perdita dei giorni di scuola. E’ importante rendere consapevoli gli allievi del meccanismo malsano che intercorre tra i bulli, le vittime e gli spettatori, e per poterlo fare è necessario che siano consci della capacità e diritto di opporsi, di non sentirsi colpevoli, di non cadere nello stereotipo che vuole il bullo come leader da ammirare e la vittima come un perdente da compatire e soprattutto della responsabilità e soddisfazione che può dare, l’ essere di aiuto a chi ne ha bisogno.

(34)
(35)

31

7. Bibliografia

Antognazza, D., & Sciaroni, L. (2009). Progetto di ricerca Chiamale Emozioni – Rapporto finale. Locarno: SUPSI.

Andreoli, V. (2006). Lettera a un adolescente. Milano: Rizzoli.

Andreoli, V. (2007). Lettera a un insegnante. Milano: Rizzoli.

A.A.V.V. (2007). Il disadattamento sociale nella scuola media. Rivista del servizio di sostegno

pedagogico della scuola media. Numero 19.

Blandino, G., & Granieri, B. (2002). Le risorse emotive nella scuola. Gestione e formazione nella

scuola dell’autonomia. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Field, E.M. (2005). Difendere i ragazzi dal bullismo. Milano: Tea Editore.

Folgheraiter, F. (1994). Problemi di comportamento e relazione di aiuto a scuola. Edizioni Centro Studi Erickson.

Gardner, H. (1987). Formae Mentis. Milano: Feltrinelli.

Gardner, H. (1998). Una molteplicità di intelligenze. Dalla rivista “Scienze/dossier”. Goldstein, A.P. & Glick B. (2000). Stop all’aggressività. Edizioni Centro Studi Erickson. Goleman, D. (1996). Intelligenza emotiva, Milano: Rizzoli.

Goleman, D., & Gyatso Tenzin (Dalai Lama). (2004). Emozioni distruttive. Liberarsi dai tre veleni

della mente: rabbia, desiderio e illusione, Milano, Mondadori.

Greenberg, M. T., & Kusche, C. A. (2002). Promoting alternative thinking strategies: Blueprint for

violence prevention (Book 10), 2nd ed., Institute of Behavioral Sciences, University of Colorado.

Oliverio, F.A. (2007). Piccoli bulli crescono. Milano: Rizzoli Editore.

Olweus, D. (2004). Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Milano: Giunti Editore.

Polito, M. (2009). Educare il cuore. L’intelligenza emotiva degli adolescenti a scuola. Edizioni la meridiana.

(36)

32

Schonert-Reichl, K. (2010). The middle Years Development Instrument, measuring the

developmental health and well-being of children in middle childhood. Vancouver: MDI.

Schonert-Reichl, K. (2010). Understanding the link Between social and emotional Well-Being and Peer Relations in early adolescence: Gender-Specific of Peer Acceptance. Journal of Youth and

Adolescence Nov;39 (11):1330-42.

Questa pubblicazione, Ambiente scolastico e sviluppo socio emotivo degli adolescenti, scritta da Elena Milanese, è rilasciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.

Riferimenti

Documenti correlati

Nella domanda di partecipazione, da redigersi in lingua italiana, il candidato dovrà dichiarare sotto la propria responsabilità ed ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto

NON MEDICI Totale DIRIG... CONTRATTI STA

[r]

[r]

per questo nella tabella i numeri sono sostituiti

IP.Aspetto d’ansa.a, b Radiogrammi AP in decubito supino di due pazienti, che mostravano livelli idro-aerei nei radiogrammi in ortostasi (non presentati).a Overdose di farmaci

Il bullismo è un tipo di comportamento aggressivo particolarmente insidioso e pervasivo che si basa sull’intenzioneo stile di uno o più ragazzi o ragazze (merita una grande

Esclusivamente per tale finalità, necessaria affinché il Titolare possa perseguire l’interesse legittimo ad adempiere agli obblighi di legge che costituiscono la base giuridica