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Il gambling nei bambini: un contributo all'analisi del fenomeno in bambini della scuola primaria

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute

Il gambling nei bambini: un contributo all’analisi del fenomeno in

bambini della scuola primaria

Candidato: Relatore:

Beatrice Cipollini Prof.ssa Maria Anna Donati

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INDICE

ELENCO DELLE TABELLE 3

RIASSUNTO 4

CAPITOLO 1. IL DISTURBO DA GIOCO D’AZZARDO 1. Il gioco d’azzardo: definizione e cenni storici 5

2. Epidemiologia 6

3. Classificazione dei giocatori d’azzardo 9

4. Il Gioco d’azzardo patologico 17

5. Modelli interpretativi 17

5.1 Modelli neurobiologici 17

5.2 Modello neurocognitivo 19

5.3 Modelli interpretativi integrati (bio-psico sociali) 22

5.3.1 Modello biopsicosociale di Sharpe 22

5.3.2 Il pathways model di Blaszczynski e Nower 24

5.4 Modelli cognitivi: le distorsioni cognitive 27

5.4.1 Distorsioni derivate dall’euristica della rappresentatività 27

5.4.2 Distorsioni cognitive derivate dall’euristica della disponibilità 28

5.4.3 Altre distorsioni non associate ad euristiche 29

CAPITOLO 2. Il GAMBLING NELLA POPOLAZIONE GIOVANILE 1. La diffusione del gambling nella popolazione giovanile 32

2. Fattori di rischio 36

2.1 Fattori di rischio individuali 36

2.1.1 Il genere 37

2.1.2 Fattori personologici 39

(3)

2

2.2 Fattori di rischio ambientali 45

2.2.1 Il ruolo della famiglia 45

2.2.2 Il ruolo dei media 48

3. Fattori di rischio nei bambini 51

3.1. Fattori di rischio individuali 51

3.2 Fattori di rischio ambientali 56

CAPITOLO 3. LA RICERCA 1. Introduzione 60

2. Metodo 65

2.1 Partecipanti 65

2.2 Strumenti e procedura 66

2.3 Analisi dei dati 67

3. Risultati 68

3.1 Il comportamento di gioco d’azzardo 68

3.2 Conoscenza 69

3.3 Suscettibilità alla pubblicità 70

3.4 Modelli di gioco 70

CAPITOLO 4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 73

BIBLIOGRAFIA 82

APPENDICE. MATERIALE DIDATTICO UTILIZZATO NELLA SOMMINISTRAZIONE 99

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3

ELENCO TABELLE

Tabella 1. Distribuzione percentuale di maschi e delle femmine per ciascuna attività 69

Tabella 2. Analisi della regressione logistica con il comportamento di gioco al Gratta&Vinci come variabile dipendente. 72

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4 RIASSUNTO

Il comportamento di gioco d’azzardo (gambling) è un fenomeno particolarmente diffuso tra gli adulti. Data la complessità del gambling, sono molti i modelli che cercano di spiegarne lo sviluppo e il mantenimento, descrivendolo come multifattoriale e soffermandosi su quelli che sono i fattori di rischio, distinguendoli in fattori di rischio individuali e ambientali. Il fenomeno sembra coinvolgere anche la popolazione giovanile, tra cui non solo gli adolescenti ma anche i bambini. Tuttavia rimane poco indagato tra i bambini della scuola primaria.

Sulla base di tali premesse, questo studio si è preposto di esplorare il fenomeno del gambling in un campione di bambini della scuola primaria (n=127) di età compresa tra gli 8 e i 12 anni (età media=9.65, DS=.99), in particolare di valutare il comportamento e la conoscenza del gioco d’azzardo, la suscettibilità ai messaggi pubblicitari, ai modelli genitoriali di gioco e alla conoscenza del gioco stesso.

Dai risultati è emerso che il gioco più diffuso era la tombola e non sono state riscontrate differenze di genere per nessuno dei giochi considerati ad eccezione che per i giochi di carte con soldi. Per quanto riguarda i Gratta&Vinci, è risultato essere un gioco mediamente diffuso. Tuttavia coloro che avevano praticato tale gioco ne avevano una buona conoscenza. La metà dei bambini ha visto pubblicità soprattutto in televisione. I genitori sono risultati essere il modello più diffuso.

Quando le variabili conoscenza del gioco, suscettibilità ai messaggi pubblicitari e ai modelli genitoriali sono state valutate insieme, è risultato essere un predittore significativo solo la visione di pubblicità.

PAROLE CHIAVE: bambini, scuola primaria, gambling, fattori di rischio, conoscenza,

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5 CAPITOLO 1

IL DISTURBO DA GIOCO D’AZZARDO

1. Il gioco d’azzardo: definizione e cenni storici

Il gioco d’azzardo (gambling) è la scommessa di denaro o qualcosa di valore su un evento con esito incerto con l’intento primario di vincere denaro o altri beni materiali.

Secondo il Codice Penale (Art. 721) un gioco può definirsi d’azzardo se concorrono contemporaneamente due elementi. Il primo di carattere soggettivo, ovvero il fine di lucro della persona che lo esercita, e il secondo di carattere oggettivo, ovvero l’aleatorietà dell’effetto che interviene, dato che il risultato finale dipende soprattutto dal caso e non dalle abilità del giocatore.

Il gioco d’azzardo come attività ludica è fortemente radicato nella storia e nella cultura dell’uomo, tanto che il filosofo Huizinga (1939) parla di Homo Ludens, sottolineando l’importanza cruciale del gioco per l’uomo. L’etimologia stessa della parola ne dimostra la diffusione globale. La parola “azzardo”, infatti, deriva dal francese

hasard che, a sua volta, origina dall’arabo a-zhar, con il significato di dado, da

considerarsi come uno degli oggetti più antichi a cui il gioco d’azzardo sia legato. Le origini del gioco d’azzardo si ritrovano già nel 2300 a.C. nell’antica Cina, in cui si scommetteva sul vincitore del Wei ch’i, un gioco che simulava una battaglia in una scacchiera. Anche nell’antica Roma si conoscevano gli effetti negativi del gioco d’azzardo tanto che era severamente proibito e sanzionato con pene che andavano da ingenti contravvenzioni in denaro all’esilio. Il gioco era concesso solo a dicembre

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durante i Saturnali, un ciclo di festività dedicate all’insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell’oro. Giovenale, nelle sue Satire, descrive la decadenza dei costumi del suo tempo proprio a causa della diffusione del gioco d’azzardo.

Nel Medioevo il gioco d’azzardo continua ad essere motivo di problemi finanziari che portano a cause giudiziarie seguite da conseguenze legali e sanguinose rese dei conti.

Nel corso del tempo il gioco d’azzardo ha continuato ad accompagnare la storia di uomini di ogni ceto sociale, compromettendone la vita sociale, familiare e lavorativa.

2. Epidemiologia

La stima della diffusione del gambling ha ricevuto inizialmente poca attenzione a causa della difficoltà di considerare il gioco d’azzardo come comportamento in grado di generare dipendenza (Coriale, 2015). Tuttavia, a causa della diffusione del gioco d’azzardo e delle sue problematiche, sono sempre di più le ricerche che cercano di descriverne in termini numerici la diffusione.

Nel 2015 il giornale “The Economist” riportava una panoramica internazionale del gioco d’azzardo classificando i paesi in base alle perdite al gioco partendo dal report internazionale di H2 Gambling Capital. Al primo posto si trovavano gli Stati Uniti con 142,6 miliardi di dollari, seguiti da Cina (95,4 miliardi) e Giappone (29,8 miliardi). L’Italia, con i suoi 32,9 miliardi spesi nel gioco, si trovava al quarto posto.

Per quanto riguarda l’Europa, gli studi forniscono dati eterogenei. Tuttavia, le ultime statistiche ufficiali pubblicate dal rapporto Coop a settembre 2018, l’Italia è prima in Europa per la diffusione dell’abitudine del gioco in termini di incidenza del gioco legale sul Pil. La portata del fenomeno è tale che le entrate dedicate al gioco

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d’azzardo costituiscono lo 0.6% del Pil, il triplo a confronto della Francia e del Regno Unito (0.2%) e cinque sei volte tanto rispetto a Spagna e Germania. Già all’ottobre del 2017 “La Repubblica” riportava un ulteriore primato in Europa: il numero più alto di

slot machine: una ogni cento quarantatré abitanti.

Concentrandosi quindi sull’Italia, le ricerche delineano un quadro epidemiologico del fenomeno del gioco d’azzardo, offrendo una panoramica e una sintesi della situazione italiana. I dati del Rapporto Eurispes del 2009 hanno riportato una prevalenza del 70-80% della popolazione adulta coinvolta nel gioco, soprattutto uomini tra i 20 e 60 anni. Per quanto concerne l’istruzione, prevalentemente il livello scolastico è rappresentato dal diploma di scuola secondaria di secondo grado. Nel 2011, l’Agenzia Dogane e Monopoli ha registrato rispetto al 2010, un aumento del 30.13% delle spese per il gioco d’azzardo, con circa 80 miliardi di euro che sono stati spesi nell’arco dell’anno. In particolare, il 56.3% del fatturato totale è stato raccolto da apparecchi come slot machine e videolottery. A seguire si sono trovati il Gratta&Vinci (12.7%), il lotto (8.5%), le scommesse sportive (4.9%), il superenalotto (3%) e infine il bingo e le scommesse ippiche. Le cifre aumentano considerando i dati dell’Agenzia Dogane e Monopoli del 2016 nel primo semestre 2017, che riportano un ammontare di 96.1 miliardi di euro spesi per il gioco fisso e telematico nel 2016, per una totale di circa 400 euro/anno per persona. Nel primo semestre del 2017 la spesa complessiva per il gioco è risultata essere di circa 46,5 miliardi di euro.

Dati più recenti sono stati riportati nel Rapporto di ricerca sulla diffusione del gioco d’azzardo attraverso lo studio IPSAD® (Italian Population Survey on Alcohol

and other Drugs) 2017-2018. IPSAD® è una ricerca nazionale sui comportamenti d’uso

di alcol, tabacco e sostanze illegali nella popolazione generale condotta dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) - Sezione di

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Epidemiologia e Ricerca sui servizi Sanitari. Lo studio è stato realizzato selezionando dalle liste anagrafiche di centoventicinque comuni italiani un campione rappresentativo della popolazione. Tale campione era costituito da 13.000 persone di età compresa tra i quindici e settantaquattro anni a cui è stato inviato per posta un questionario cartaceo anonimo con lo scopo di rilevare alcune caratteristiche socio-culturali ma anche le condizioni di salute, gli stili di vita e i consumi di sostanze psicoattive, come tabacco, alcol e psicofarmaci. Per assicurare una elevata affidabilità del database minimizzando l’errore di acquisizione in fase di data-entry, i dati sono stati acquisiti mediante l’utilizzo della tecnologia Optical Character Recognition (OCR), un sistema che permette di rilevare i caratteri contenuti in un documento e trasferirli in testo digitale leggibile da una macchina.

Lo studio IPSAD® ha rilevato che, rispetto al 2007, il numero di italiani che hanno giocato almeno una volta è in costate crescita e nel corso del 2017 il dato ammonta ad almeno 17 milioni, un numero che corrisponde al 42,8% della popolazione italiana tra i 15 e 64 anni e che è di quasi 15 punti percentuali in più rispetto alla precedente rilevazione IPSAD®2013-2014.

Il gioco più diffuso nel 2017 è risultato il Gratta&Vinci, praticato dal 74% di coloro che hanno giocato d’azzardo. A seguire si trovano il Super Enalotto (42%), il Lotto (28.3%) e le scommesse sportive (28%), e i luoghi prediletti per giocare sono risultati gli esercizi come Bar/Tabacchi. Per quanto riguarda le differenze di genere gli uomini sembrano riportare una maggior prevalenza del gioco: nella fascia d’età tra i quindici e sessantaquattro anni, il 51.1% degli uomini ha giocato nell’ultimo anno somme di denaro, a fronte del 34.4% delle donne. Tuttavia, nonostante questa differenza di genere, le donne che si affacciano al gioco d’azzardo stanno aumentando in modo più consistente, complice non solo l’offerta di gioco e la relativa pubblicità ma anche la

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facilità e l’accessibilità di molti giochi. Stando ai dati dello studio già citato del IPSAD® 2017-2018, oltre la metà di coloro che hanno giocato almeno una volta nella vita, riferisce di poter raggiungere in meno di cinque minuti a piedi da casa un luogo di gioco. Secondo una riflessione proposta da Croce e Rascazzo (2013), le donne presentano un approccio al gioco differente rispetto agli uomini, in quanto comincerebbero a giocare d’azzardo più tardi e prediligerebbero giochi determinati quasi interamente dal caso e più raramente giochi in cui sia necessario dimostrare le proprie abilità. Ciò che spingerebbe le donne a rifugiarsi nel gioco d’azzardo sarebbero la fuga dalla solitudine, dalla routine della vita domestica e la ricerca non solo di vincere denaro ma anche un’occasione d’incontro (Croce & Rascazzo, 2013).

In generale, quindi, in Italia sono poche le ricerche epidemiologiche su larga scala ma si può comunque affermare che a partire dal 2003 il gioco d’azzardo ha avuto un andamento ingravescente (Coriale, 2015).

3. Classificazione dei giocatori d’azzardo

La proliferazione del gioco d’azzardo legalizzato ha portato ad una sempre più precisa concettualizzazione dei problemi ad esso connessi. I comportamenti legati al gioco d’azzardo possono essere collocati su un continuum che va dal gioco sociale e ricreativo a quello problematico e patologico. Ad una estremità si trovano coloro che si servono del gioco d’azzardo per scopi ricreativi e sociali e solitamente non riportano danni di tipo economico, psicologico o sociale. Al polo opposto, invece, si ritrovano quei soggetti che soddisfano i criteri diagnostici per definire il loro comportamento come un disturbo, ovvero manifestano la caratteristica graduale perdita della capacità di

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autolimitare il proprio comportamento di gioco che finisce per assorbire sempre più tempo, causando problemi secondari nella vita sociale, lavorativa e familiare. Lungo il

continuum invece si trovano coloro che presentano problematiche legate al gioco

d’azzardo ma sottosoglia. Questi soggetti possono manifestare solo alcuni sintomi del disturbo oppure presentare un quadro più complesso ma non soddisfano tutti i criteri al fine di formulare una diagnosi (Shaffer & Korn, 2002).

Non tutti coloro che si dedicano al gioco d’azzardo quindi presentano una patologia. Tale prospettiva porta a considerare ogni giocatore unico, con una propria modalità e finalità di gioco, proprio per le differenze di personalità ed esperienze vissute. Per comprendere le diverse declinazioni patologiche, il diverso ruolo esercitato dai fattori di rischio e i diversi percorsi individuali è necessario considerare il giocatore come punto d’arrivo di un percorso e di una successione di fasi (Picone, 2010).

In questa cornice di riferimento, Custer (1984) è stato tra i primi a descrivere diverse tipologie di giocatori in base alle finalità che spingono al gioco e contestualizzando il gioco nell’ambiente del soggetto. In particolare, l’Autore descrive sei tipi di giocatore. Il primo, definito giocatore professionista, considera il gioco come una professione con cui si mantiene. È in grado di controllare l’ammontare del denaro impiegato e il tempo speso, possiede grande padronanza di sé e memoria e preferisce i giochi d’azzardo prettamente agonistici e competitivi. Il giocatore antisociale, invece, utilizza il gioco d’azzardo per ottenere illegalmente denaro arrivando anche a manipolare le regole a suo favore. Il giocatore sociale casuale gioca per divertimento e il gioco non interferisce con la sua vita sociale, lavorativa e familiare. Per il giocatore

sociale serio o costante il gioco costituisce la forma principale di divertimento e per

questo vi investe molto tempo. Tuttavia mantiene il controllo dell’attività e non presenta danni alla vita familiare e lavorativa. Il giocatore per fuga e per alleviamento non

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presenta sindrome da dipendenza ma ricerca una via di fuga per cui il gioco possiede un effetto analgesico e non euforico. Infine il giocatore compulsivo è colui che ha perso il controllo sul gioco facendolo diventare la cosa più importante della sua esistenza. La vita sociale, familiare e lavorativa è estremamente compromessa. Può arrivare a commettere azione illecite per ottenere denaro destinato al gioco. Per quanto desideri e per quanto ci provi non riesce a smettere di giocare.

Le differenti categorie di giocatori d’azzardo fanno emergere come per molti i giochi d’azzardo sono considerati come passatempi e anche se diventano abituali non sono necessariamente patologici, poiché il fattore discriminante non è solo la quantità ma la qualità della problematica.

Custer nel 1982 definisce anche le fasi di progressione verso il polo patologico del gioco d’azzardo. All’inizio il giocatore attraversa una fase vincente, caratterizzata dal gioco occasionale e da vincite iniziali che motivano a continuare a giocare. È una fase assimilabile alla “luna di miele” con la sostanza che le persone tossicodipendenti sperimentano nei loro primi contatti con la droga. Successivamente si trova una fase

perdente, caratterizzata da gioco solitario, aumento di denaro speso nel gioco con

conseguente aumento di debiti e pensieri relativi al gioco. Con il proseguire del tempo dedicato al gioco e un aggravamento della situazione sociale, lavorativa e familiare, il giocatore entra nella fase di disperazione. Nella fase critica il giocatore sente il desiderio di essere aiutato e spera di poter uscire dal problema e tenta di risolverlo. I miglioramenti concreti nella vita del giocatore designano la fase di ricostruzione. Infine nella fase di crescita viene sviluppato un nuovo stile di vita senza il gioco d’azzardo.

Un’ulteriore classificazione delle tipologie di giocatori d’azzardo che fa riferimento sempre all’idea di continuum tra gioco d’azzardo ricreativo e patologico, è quella che suddivide i giocatori in quattro categorie (Dickerson, 1996; Fernandez,

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1996): il giocatore sociale, che considera il gioco come un’occasione per socializzare e riesce a controllare i propri impulsi; il giocatore problematico, che pur non avendo una patologia conclamata, ha dei problemi sociali da cui cerca di fuggire; il giocatore patologico per cui il gioco diventa un comportamento distruttivo alimentato da problematiche psichiche, e il giocatore patologico impulsivo/dipendente in cui i sintomi sono più centrati sull’impulsività e sulla dipendenza.

C’è da sottolineare che le diverse tipologie di giocatori differiscono per il tipo di stato mentale. Lo stato mentale di un giocatore patologico è estremamente diverso da quello di un giocatore assiduo ma non patologico perché si caratterizza dal raggiungimento di uno stato alterato di coscienza nel quale è completamente assorbito.

4. Il gioco d’azzardo patologico

La prima classificazione del gioco d’azzardo patologico come disturbo mentale risale alla terza edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM, Associazione Psichiatrica Americana, APA, 1980) all’interno della sezione “Disturbi da discontrollo degli impulsi non altrimenti specificati”; tuttavia, esso non è stato il focus di studi empirici fino a tempi relativamente recenti (Petry, 2013).

Nella quarta edizione del DSM (APA, 1994) il gambling patologico rimane classificato come un disturbo da controllo degli impulsi ma, con gli studi successivi, sono emerse analogie tra il gambling patologico e i disturbi d’abuso di sostanze in quanto entrambi condividono la presentazione di alcuni sintomi, una comune vulnerabilità genetica e simili markers biologici e deficit cognitivi (Petry, 2015). Per queste ragioni il “Substance Use Disorders Workgroup” del DSM-5 (APA, 2013) ha

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suggerito lo spostamento della categoria diagnostica di gioco d’azzardo patologico all’interno della sezione relativa alle dipendenze (Substance-Related and Addictive

Disorders). Inoltre il nome originario “Gioco d’Azzardo Patologico” è stato modificato

in “Disturbo da Gioco d’Azzardo” (Gambling Disorder) al fine di ridurre lo stigma associato al termine “patologico” (Petry, 2013). Un’ulteriore modifica applicata nel DMS-5 è stata l’eliminazione del criterio degli atti antisociali: “ha commesso atti illegali come falsificazioni, frode, furto o appropriazione indebita per finanziare il gioco d’azzardo”, in quanto sembra aggiungere poco alla diagnosi (Petry, 2013). Gli atti illeciti infatti sono comportamenti poco frequenti, di cui in letteratura è riportata una prevalenza tra il 14% e il 30% (Granero et al., 2014; Ledgerwood, Weinstock, Morasco & Petry, 2007), e sembrano essere più correlati al livello di gravità del disturbo (Granero et al., 2014; Mestre-Bach et al., 2018; Petry, 2003).

Nello specifico, i criteri del DSM-5 per una diagnosi di Gambling Disorder (GD) sono:

A. Comportamento da gioco d’azzardo problematico ricorrente e persistente che porta a stress o a un peggioramento clinicamente significativo, come indicato dalla presenza nell’individuo di quattro (o più) dei seguenti sintomi per un periodo di almeno 12 mesi:

1. Necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata.

2. È irritabile o irrequieto quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo.

3. Ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere il gioco d’azzardo.

4. È spesso preoccupato per il gioco d’azzardo (per esempio, ha pensieri persistenti di rivivere esperienze passate del gioco d’azzardo, di

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problematiche o di pianificazioni future, pensando come ottenere danaro con cui giocare).

5. Spesso gioca quando si sente in difficoltà (per esempio, assenza di speranza, in colpa, ansioso, depresso).

6. Dopo aver perso soldi al gioco, spesso torna un altro giorno (perdite “inseguite”).

7. Racconta bugie per nascondere il coinvolgimento nel gioco d’azzardo.

8. Ha messo a repentaglio o ha perso una relazione significativa, il lavoro, lo studio o una opportunità di carriera a causa del gioco d’azzardo.

9. Si basa su altri per cercare denaro per alleviare le disperate situazioni finanziarie causate dal gioco d’azzardo.

B. Il comportamento da gioco d’azzardo patologico non è meglio descritto da un episodio maniacale

In base a come vengono soddisfatti i criteri diagnostici, è da specificare se il disturbo è:

• Episodico: soddisfa i criteri diagnostici almeno una volta nel tempo, con sintomi di cedimento tra i periodi di disturbo da gioco per diversi mesi

• Persistente: presenza di sintomi continui, che soddisfano i criteri diagnostici per molti anni

Inoltre, è da specificare se:

• In remissione precoce: dopo che tutti i criteri diagnostici sono stati precedentemente soddisfatti, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per almeno 3 mesi ma meno di 12 mesi

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• In remissione continua: dopo che tutti i criteri diagnostici sono stati precedentemente soddisfatti, nessuno dei criteri è stato soddisfatto durante un periodo di 12 mesi o più

In base al numero dei criteri soddisfatti si definisce la gravità, che può essere: • Media: soddisfatti 4-5 criteri

• Moderata: soddisfatti 6-7 criteri • Grave: soddisfatti 8-9 criteri

La diffusione dei disturbi connessi al discontrollo degli impulsi e all’intolleranza della frustrazione sembrerebbe in aumento, soprattutto se si considerano i fenomeni d’abuso e dipendenza (Picone, 2010) e gli studi relativi alla diffusione del Gambling

Disorder sono sempre più frequenti cercando di fornire una dimensione numerica della

problematica. Gli studi relativi a differenti contesti socio-culturali, come quello americano, svedese e inglese hanno rilevato una presenza che va dallo 0.7% allo 0.9% del gambling patologico e dall’ 1.4% al 2.2% di gambling problematico (Serpelloni, 2013) mentre una revisione della letteratura condotta da Lorains, Cowlishaw, e Thomas (2011) ha suggerito che la prevalenza del GD è compresa tra lo 0.1% e il 2.7%.

Concentrandosi sui dati italiani, secondo la relazione annuale al Parlamento (Dipartimento Politiche Antidroga) del 2011, la prevalenza del GD nel corso di vita era pari all’1%, mentre il 5% della popolazione risultava a rischio. I soggetti affetti da Disturbo da Gioco d’Azzardo presentano un alto rischio di compromettere la propria situazione finanziaria con gravi ripercussioni in ambito familiare e lavorativo, fino ad arrivare alla richiesta di prestiti usuranti. Inoltre tra il 2005 e il 2010 è stato registrato un aumento del 24% delle istanze di accesso al fondo di solidarietà presentate alle vittime di usura. Come riportato dal rapporto stesso, osservando l’andamento delle spese come

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indicatore per la valutazione dell’entità del gioco d’azzardo, “è plausibile ipotizzare che anche la quota di soggetti affetti da Disturbo da Gioco d’Azzardo stia aumentando all’interno della popolazione generale”. In particolare, si prospetta un aumento dell’incidenza del gioco patologico pari al 7-10% della popolazione e del gioco problematico del 10-18%.

I dati aumentano considerando lo studio IPSAD (IFC-CNR Pisa), condotto nel 2013-2014, in cui emerge che 17 milioni di persone (42,9% della popolazione) hanno giocato almeno una volta somme di denaro. Di questa percentuale meno del 15% presenta un comportamento “a basso rischio”, mentre il 4% era a “rischio moderato” e l’1.6% “problematico”.

Considerando anche i soggetti con problemi lievi (6.9% nei giovani e 5.8% negli adulti), è possibile ipotizzare che quasi un italiano su 10 potrebbe avere qualche problema con il gioco (Coriale, 2015).

La criticità del Disturbo da Gioco d’Azzardo è supportata anche da altri dati epidemiologici. Nel 2015, secondo la relazione annuale del Parlamento Dipartimento Politiche Antidroga, il totale di pazienti presi in carico presso i Servizi ammonta ad altre 12.300 persone (Ministero della Salute).

Secondo un lavoro dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) della Toscana, che ha revisionato ricerche internazionali condotte con popolazioni adulte tra i 18 e 74 anni, circa l’80% della popolazione generale ha giocato o gioca, mentre la percentuale dei giocatori problematici oscilla tra l’1 e il 3%.

La multifattorialità che caratterizza il disturbo ha il suo corrispettivo nella frequente comorbilità con un serie di disturbi psichiatrici. Con comorbilità si intende la presenza di più di un disordine psicologico diagnosticato che può confondere nella diagnosi del disturbo principale e creare complicanze nel decorso dello stesso (Picone,

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2010). La comorbilità più studiata in letteratura è quella tra Gambling Disorder e disturbi da uso di sostanze. In particolare è stato stimato che tra i giocatori d’azzardo patologici una percentuale dal 25% al 75% presenta un’altra dipendenza da alcol o sostanze. Al contrario, considerando il disturbo da abuso di sostanze come prima diagnosi, Cappelli et al. (2004), nella loro revisione, hanno evidenziato che negli USA le ricerche riportavano come la prevalenza del GD sia da quattro a dieci volte maggiore nei soggetti tossicodipendenti rispetto alla popolazione generale. In particolare, lo studio citato dimostrava che la prevalenza di giocatori patologici in un campione di soggetti eroinomani è pari al 20.2%, mentre quella di giocatori eccessivi al 12.3%.

5. Modelli interpretativi

Data la complessità e la multifattorialità del fenomeno, la condizione di giocatore patologico è certamente il risultato di un insieme di elementi dinamici. Esistono per cui molteplici e diversi modelli interpretativi volti a comprendere il meccanismo che porta un gioco a diventare oggetto di dipendenza.

5.1 Modelli neurobiologici

Alcuni studi hanno dimostrato la relazione tra lo sbilanciamento di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali e la fisiopatologia del Disturbo da Gioco d’Azzardo. In particolare la via dopaminergica avrebbe un ruolo cruciale nel mediare comportamenti finalizzati al raggiungimento di piacere. La dopamina è un neurotrasmettitore endogeno appartenente alla famiglia delle catecolammine. Nel cervello ha la funzione di neurotrasmettitore

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grazie a recettori specifici. I neuroni dopaminergici sono localizzati principalmente nell’area tegmentale ventrale. Da questa regione deriva la via mesolimbica che proietta verso diverse componenti del sistema limbico come l’amigdala, la corteccia orbitofrontale (OFC), la corteccia cingolata anteriore e il nucleo accumbens. Questo circuito sembrerebbe coinvolto nella percezione immediata della componente motivazionale. Alterazioni del sistema dopaminergico potrebbero essere alla base della ricerca di ricompensa che si ritrova in comportamenti che, come l’uso di droghe o il gioco d’azzardo, innescando il rilascio di dopamina, generano piacere (Conversano et al., 2012).

Nei soggetti con Gambling Disorder sono state riscontrate alterazioni nel sistema dopaminergico responsabili della forte ricerca di situazioni ad elevata attivazione e piacere, che a loro volta determinano un aumento del rilascio di dopamina e un aumento della sensazione di piacere (Coriale, 2015). La revisione della letteratura condotta da Conversano e colleghi (2012) ha riportato come nei pazienti con Disturbo da Gioco d’Azzardo si ritrovi un aumento di rilascio di dopamina sia nel cervello sia a livello ematico. Anche uno studio proveniente dal continente asiatico ha osservato un aumento di dopamina nei giocatori di Pachinko, una combinazione tra una slot machine e un flipper (Shinohara et al., 1999). Inoltre, il disturbo da gioco d’azzardo è spesso riscontrato in patologie caratterizzate da alterazioni del sistema dopaminergico, come nel Parkinson Disease. In soggetti affetti da tale patologia la somministrazione di farmaci agonisti dopaminergici aumenta il rischio di sviluppare Disturbo da Gioco d’Azzardo (Weintraub et al., 2006).

Un altro dato che emerge dalla ricerca è l’aumento di concentrazione di β-endorfina in pazienti con Disturbo da Gioco d’Azzardo. Le beta-endorfine sono oppiacei endogeni, ovvero sostanze chimiche di natura organica prodotte dal cervello

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con proprietà analgesiche e fisiologiche rilasciate in particolari condizioni e che contribuiscono naturalmente a determinare una sensazione di benessere e a diminuire la percezione di dolore (Coriale, 2015; Facchinetti & Petraglia, 1985).

Nella revisione presentata da Coriale e collaboratori (2015), date le analogie tra

Gambling Disorder e dipendenze patologiche, ci si propone di estendere il modello di

Koob e Volkow (2010) al Gambling Disorder. Il modello propone tre stadi che si autoalimentano andando a creare il fenomeno della tossicodipendenza: intossicazione/abbuffata, astinenza/effetto negativo e preoccupazione/anticipazione. Il disturbo del controllo degli impulsi inizia prima dell’atto impulsivo con un senso di tensione e attivazione che sfocia in sollievo e piacere durante l’azione e si conclude con rimpianto e senso di colpa una volta concluso l’atto. Ogni fase è supportata da alterazioni di strutture cerebrali ben definite (Koob & Volkow, 2010).

5.2 Modello neurocognitivo

Il modello neurocognitivo cerca di spiegare il Disturbo da Gioco d’Azzardo attraverso le funzioni cognitive che comprendono tutti quei processi con cui vengono percepite, registrate, manipolate e recuperate le informazioni.

Per quanto riguarda il linguaggio, la percezione, la memoria di lavoro e l’intelligenza, nei soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo tali funzioni risulterebbero integre (Coriale, 2015). Tuttavia, uno studio di Roca e collaboratori (2008) ha valutato le funzioni cognitive in soggetti con Gambling Disorder in setting ecologico. È emerso che i soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo hanno performance peggiori nelle funzioni cognitive di decision-making, fluenza verbale, memoria e inibizione delle risposte. In particolare, è stato utilizzato lo Iowa Gambling Task (IGT, Gansler, Jerram, Vannorsdall, & Schretlen, 2011), grazie al quale è stato possibile osservare i

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meccanismi decisionali. In tale compito i soggetti devono modificare le loro strategie di scelta in base ai rinforzi o alle punizioni ottenuti dopo ogni scelta e, nello specifico, vengono presentati quattro mazzi di carte, due “vantaggiosi” e due “svantaggiosi”. I primi consentono una vincita bassa ma una perdita inferiore, al contrario, i secondi comportano una vincita alta ma con perdite ancora maggiori. Come riportato da Brechara, Damasio, Damasio e Anderson (1994), i soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo tendono a prediligere i mazzi svantaggiosi rispetto a soggetti di controllo sani, che invece apprendono a scegliere i mazzi vantaggiosi.

Nell’assetto psicologico tipico delle persone con comportamento di abuso o con disturbo da discontrollo degli impulsi, oltre a performance scadenti di decision-making, si trova anche quello che è definito sensation seeking, ovvero la tendenza alla ricerca del rischio e del brivido che porta all’insaziabile desiderio di provare esperienze nuove ed eccitanti (Picone, 2010). Questi aspetti rappresentano la disponibilità a correre qualsiasi rischio pur di provare esperienze che soddisfino i circuiti di gratificazione. In particolare, Zuckerman (1983) sostiene che nel gioco d’azzardo ciò che gli individui ricercano è il rischio di perdere, dato che l’attesa del risultato produrrebbe forti emozioni. Dalla valutazione clinica emerge un altro tratto in accordo con le caratteristiche appena descritte: un tratto di personalità impulsivo. L’impulsività è un costrutto multidimensionale caratterizzato da ridotta capacità di ritardare la gratificazione, disinibizione comportamentale, tendenza ad annoiarsi e scarsa capacità di pianificazione (Picone, 2010). L’approccio neuropsicologico la descrive come risultante i processi cognitivi e quindi misurabile attraverso specifici compiti standardizzati. Deficit differenti possono portare a due tipologie di impulsività. Una riguarda la capacità di autocontrollo e l’incapacità di inibire risposte comportamentali.

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Un secondo processo riguarda la capacità di integrare le contingenze di ricompensa e punizione nella scelta tra una o più opzioni (Paoletti, 2009).

Nei soggetti con Gambling Disorder è stato riscontrato in vari studi una marcata impulsività, così come nei soggetti con disturbo da abuso di sostanze (Goldstein & Volkow, 2002; Marazziti et al., 2014; Roca, 2008). Potenza et al. (2003), in particolare, hanno fornito un’ulteriore prova a sostegno della marcata impulsività nei soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo. I ricercatori hanno rilevato un’ipoattivazione della corteccia prefrontale ventromediale le cui funzioni sono implicate nel controllo degli impulsi tramite l’uso del test di Stroop (Stroop, 1935), test in cui il soggetto deve nominare il più velocemente possibile il colore con cui sono scritti i nomi dei colori (ad esempio se la scritta “rosso” è scritta in “verde” il soggetto deve rispondere “verde”). Per misurare l’attivazione della corteccia durante la performance al test è stata utilizzata la risonanza magnetica funzionale con un disegno sperimentale di tipo event-related in cui vengono presentati gli stimoli singolarmente e in modo random. Il task, di durata temporale limitata, è casuale. Nello studio sono stati selezionati tredici soggetti che rispecchiavano i criteri del DSM-IV-TR per il “pathological gambling” e non presentavano altri disturbi, eccetto la dipendenza da nicotina. Questi sono stati confrontati con undici soggetti di controllo sani. È emerso che i due gruppi condividevano molti correlati neurali durante la performance al test ma, per quanto riguardava la corteccia prefrontale ventromediale, i soggetti con “pathological

gambling” presentavano un’ipoattivazione, la quale era correlata ad una prestazione

deficitaria al test.

Uno studio di Grant, Chamberlain, Schreiber, Odlaug e Kim (2011) ha riportato come i soggetti con Disturbo da Gioco d’Azzardo abbiano un’elevata impulsività in quanto presentavano una risposta alterata sia al paradigma Go-No Go che al task Stop al

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Segnale. Tali paradigmi valutano l’impulsività, in particolare l’inibizione della risposta, e sono compiti in cui il soggetto deve produrre risposte rapide in condizioni “go” (per esempio premere un pulsante quando sullo schermo appare la lettera Q) e inibirle in condizioni “no go” o di segnale di stop (per esempio quando compare una certa lettera o viene emesso un suono) (Paoletti, 2009). La revisione condotta da Brevers e Noël (2013) ha anche descritto tra i processi cognitivi coinvolti nel mantenimento del disturbo non solo una marcata impulsività ma anche un sistema riflessivo ipoattivato. Il sistema di riflessione è necessario per controllare gli impulsi di base e consentire un perseguimento degli obiettivi a lungo termine (Brevers & Noël, 2013).

5.3 Modelli interpretativi integrati (bio-psico-sociali)

Nella cornice teorica biopsicosociale il concetto di salute non è concepito come l’assenza di malattia bensì come il massimo grado di benessere raggiungibile. Il comportamento umano è determinato dall’interazione di aspetti biologici, psicologici e sociali e l’uomo necessita di queste unità per poter funzionare adeguatamente (Engel, 1977).

I modelli interpretativi integrati, partendo da questa cornice di riferimento, cercano di spiegare lo sviluppo e il mantenimento del Disturbo da Gioco d’Azzardo integrando dinamiche neurobiologiche, psicologiche e demografiche (Coriale, 2015).

5.3.1 Il modello biopsicosociale di Sharpe

Sharpe (2002) ha proposto un modello bio-psico-sociale del Disturbo da Gioco d’Azzardo. Tale modello integra i dati in letteratura riferiti ai fattori biologici, psicologici e sociali per comprendere come il disturbo si sviluppi e si mantenga.

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Secondo tale modello, ci sarebbe una vulnerabilità genetica a carico dei sistemi dopaminergico, serotoninergico e noradrenergico che potrebbero portare allo sviluppo di un comportamento problematico di gioco d’azzardo. La vulnerabilità biologica potrebbe determinare anche tratti caratteristici come l’impulsività.

Influenza l’attitudine al gioco anche la componente sociale, ovvero l’atteggiamento verso il gioco d’azzardo nel contesto sociale e familiare. Individui rinforzati positivamente dal gioco e con poca sensibilità agli effetti della punizione sembrerebbero preferire giochi veloci ovvero giochi che garantiscono vincite o perdite piccole, mentre individui con scarse abilità nelle soluzioni dei problemi e con difficoltà a prevedere le conseguenze sarebbero maggiormente vulnerabili per lo sviluppo del gioco patologico. Inoltre, le esperienze di gioco possono operare su due livelli. Da una parte le esperienze iniziali possono portare allo sviluppo di distorsioni cognitive causando delle sovrastime delle vittorie. Per esempio, persone che hanno vinto all’inizio grosse vincite potrebbero sviluppare l’illusione che presto potrebbe riaccadere mentre chi ha ottenuto tante piccole vincite potrebbe avere la convinzione che la costanza verrà premiata. A un secondo livello, le prime esperienze possono fornire modelli comportamentali, ad esempio uno stato di eccitazione o arousal. Entrambe, le distorsioni cognitive e lo stato di eccitazione, contribuiscono al comportamento patologico.

Il modello ipotizza che il gioco si sviluppi e si mantenga per effetto del condizionamento classico e operante: per condizionamento classico il gioco viene associato ad uno stato di eccitamento mentre le vincite saltuarie agiscono come rinforzo intermittente alimentando le distorsioni cognitive.

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Inoltre, il desiderio di giocare può essere influenzato da eventi di vita e antecedenti che sono diversi in base alla persona. Le vincite o le perdite, una volta assecondato il desiderio di giocare, verranno poi spiegate dalle distorsioni cognitive. Il modello propone un’integrazione tra vulnerabilità bio-psicologica, esperienza di gioco, attivazione e percezioni cognitive per spiegare come si sviluppa il gioco patologico e propone anche uno schema stimolo-desiderio che tiene conto del perché i comportamenti collegati al gioco si perpetuano nel tempo.

5.3.2 Il pathways model di Blaszczynski e Nower

Un altro modello che rientra nella cornice delle interpretazioni biopsicosociali è il modello elaborato da Blaszczynski e Nower (2002). L’obiettivo degli autori era delineare un modello che integrasse gli aspetti biologici, personologici, cognitivi, di apprendimento ed ecologici del Gambling Disorder, ma anche proporre tre distinti sottotipi di giocatori in base all’eziologia relativa. I tre sottogruppi elaborati dagli autori sono: i giocatori non patologici (behaviourally conditioned); i giocatori emotivamente disturbati (emotionally vulnerable); giocatori con correlati biologici (antisocial

impulsivist). Tutti i percorsi (pathway) hanno specifiche caratteristiche ma culminano

tutti in un rapporto patologico verso il gioco d’azzardo e presentano alcuni processi in comune. Un primo elemento che accomuna i pathway è rappresentato dai fattori ambientali, dalla disponibilità e accessibilità al gioco d’azzardo. Il secondo processo è l’influenza del condizionamento classico e operante che porta i giocatori a perpetuare il gioco, lo sviluppo di schemi abituali e di credenze irrazionali.

Nello specifico, la prima tipologia definisce i giocatori senza psicopatologia (behaviourally conditioned). Questi sono caratterizzati dall’assenza di problemi psicopatologici e lo sviluppo della dipendenza è dovuto agli effetti del condizionamento

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operante e classico. Il gioco diventa un mezzo per divertirsi e stare con gli altri e i sintomi depressivi e d’ansia possono comparire come conseguenza di effetti negativi della patologia. La terapia breve agisce con successo in questi soggetti in quanto non è presente una grave patologia.

La seconda tipologia è costituita da giocatori emotivamente labili (emotionally

vulnerable), i quali presentano una situazione premorbosa di ansia e depressione, una

storia di difficoltà nell’affrontare in modo funzionale gli eventi stressogeni della vita e una storia familiare problematica. Il gioco diventa un modo per gestire stati emotivi negativi per cui il trattamento dovrebbe rivolgersi sia ai comportamenti legati al gioco sia alla psicopatologia.

La terza tipologia definisce i giocatori con tratti antisociali (antisocial

impulsivist) caratterizzati da una vulnerabilità emotiva e biologica e dalla presenza di

tratti di personalità antisociale, comportamenti impulsivi e difficoltà attentive. I giocatori di questo gruppo presentano maggiori indici di severità e generalmente la prognosi di questi pazienti è negativa a causa della scarsa motivazione ad intraprendere un trattamento.

5.4 Modelli cognitivi: le distorsioni cognitive

I modelli cognitivi indentificano i processi di pensiero irrazionali alla base dei comportamenti tipici dei giocatori, ipotizzando che siano le distorsioni cognitive alla base del mantenimento del disturbo (Ladouceur & Walker, 1996). La maggior parte delle distorsioni cognitive consiste nel credere nell’esistenza di correlazioni, in realtà inesistenti, tra i comportamenti del giocatore e i comportamenti casuali. Alla base di tali

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credenze c’è quindi l’incapacità di comprendere che eventi generati in maniera casuale sono indipendenti tra loro.

Le distorsioni cognitive tipiche del giocatore durante il gioco d’azzardo stesso sembrano differenti, sia per qualità che quantità, tra chi gioca in modo adeguato e chi manifesta un disturbo vero e proprio. Inoltre, sembrano essere implicate nello sviluppo e nel mantenimento dello stesso, influenzando i pensieri automatici e i comportamenti (Cowie et al., 2017). Le credenze derivano dalla dispercezione della casualità portando la persona a credere di poter correttamente predire il risultato del gioco.

La teoria cognitiva del gambling sottolinea come queste credenze distorte sostengano il disturbo attraverso errate conoscenze della casualità, il controllo percepito sul gioco, e l’attribuzione di abilità. L’errore sta nel considerare che esista una regola, una concatenazione di cause ed effetti in un gioco dove quasi tutto dipende dal caso.

Uno studio di Cunningham, Hodgins e Toneatto (2014) ha mostrato una correlazione positiva tra la gravità del Disturbo da Gioco d’Azzardo e le distorsioni. In particolare, i soggetti con problemi più gravi erano più propensi ad avere distorsioni cognitive riguardo il gambling rispetto ai soggetti con un Gambling Disorder meno severo.

La maggior parte delle ricerche che studiano le distorsioni cognitive nel gioco d’azzardo si servono del protocollo “pensare ad alta voce” o think aloud protocol (Ericcson & Simon, 1984). Il think aloud protocol deriva dalla psicologia cognitiva ed è un metodo di raccolta dati in cui ai partecipanti viene chiesto di verbalizzare i propri pensieri. Ericcson e Simon (1984) sostenevano che se il pensiero fosse stato elicitato attentamente e appropriatamente, il protocollo non avrebbe cambiato il corso del pensiero, ad eccezione di un lieve rallentamento. Successivamente si sono distinte due modalità di verbalizzazione: contemporanea, quindi nel momento stesso della presa di

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decisione, oppure retrospettiva, quindi dopo la scelta. In generale il protocollo contemporaneo risulta più completo mentre quello retrospettivo consente di interferire meno con la prestazione durante l’attività.

A sostegno delle teorie cognitive si trovano le ricerche sulle terapie cognitivo-comportamentali: quelle che includono la ristrutturazione cognitiva sembrano avere risultati positivi. Come riportato da Fortune e Goodie (2012) l’associazione tra la ristrutturazione cognitiva e interventi sul problem solving e/o sulla prevenzione delle ricadute, ottiene effetti positivi mostrando una diminuzione della gravità del disturbo e un aumento della percezione del controllo sul gambling.

Fortune e Goodie (2012) suddividono le distorsioni in tre categorie: quelle basate sull’euristica della rappresentatività, quelle basate sull’euristica della disponibilità e le distorsioni non basate su euristiche e bias. In particolare “euristica” è un termine coniato da Tversky e Kahneman (1973) e sta a indicare quelle strategie, tecniche e procedimenti utili a ricercare la risoluzione a un problema. Possono anche essere definite come scorciatoie mentali che derivano dall’esperienza personale, permettendo di evitare le fasi del processo decisionali arrivando più velocemente ad una soluzione. Non basandosi su regole probabilistiche, le euristiche spesso non producono prestazioni accurate.

5.4.1 Distorsioni derivate dall’euristica della rappresentatività

L’euristica della rappresentatività è la modalità con cui persone o cose vengono categorizzate in base alla loro somiglianza o al grado di rappresentatività della categoria e non per mezzo di probabilità statistiche (Tversky & Kahneman, 1974) In questa categoria si ritrova la fallacia del giocatore, l’overconfidence e la tendenza a scegliere

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convinzione che eventi passati influiscano su eventi futuri. In particolare si verifica quando il giocatore tende a sopravvalutare la propria probabilità di vincita in seguito a sequenze fortunate. Questa distorsione è supportata dalla convinzione che il comportamento verrà ripagato quanto più impegno e dedizione si metterà nel gioco. Cohen (1972) ha descritto come i giocatori di roulette fossero più propensi a scegliere di scommettere sul nero se il precedente risultato era rosso, piuttosto che continuare a puntare sul nero.

L’overconfidence è un fenomeno studiato inizialmente da Koriat, Lichtestein e Fischhoff (1980) per cui gli individui esprimono un grado di fiducia nelle loro conoscenze o abilità che non è garantito da una realtà oggettiva. Secondo gli autori l’eccesso di sicurezza deriva in parte dalla tendenza a trascurare le prove contraddittorie alle proprie credenze e tale trascuratezza può essere migliorata rendendo tali discrepanze più evidenti.

Infine, è tipica la tendenza a considerare più probabili i numeri “ritardatari” (Rogers & Webley, 2001): i giocatori della lotteria generalmente tendono ad applicare modelli casuali a lungo termine a stringhe corte nelle loro scelte. Il fatto che certi numeri non escano da un certo numero di giocate porta a credere che potrebbero essere estratti da un momento all’altro. Tuttavia ogni numero in ogni estrazione ha la stessa probabilità di essere estratto (Croce & Rascazzo, 2013).

5.4.2 Distorsioni cognitive derivate dall’euristica della disponibilità

L’euristica della disponibilità stima la probabilità di un evento sulla base della disponibilità di un’informazione in memoria e l’impatto emotivo del ricordo piuttosto che sulla reale probabilità oggettiva che l’evento si verifichi (Tversky & Kahneman,

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1973). Fanno parte di questa categoria la correlazione illusoria, la disponibilità di

vittorie altrui e i bias di memoria.

Una correlazione illusoria (Chapman & Chapman, 1967; Tversky & Kahneman, 1973) è la percezione di una relazione tra due variabili quando, in realtà non ne esiste nessuna (ad esempio comprare un Gratta&Vinci vincente e continuare a recarsi nel solito bar). I giocatori d’azzardo possono presentare comportamenti superstiziosi in cui associano certe abitudini o certi oggetti ai risultati positivi (Fortune & Goodie, 2012).

La disponibilità delle vittorie altrui (Griffith,1994) consiste in un errore logico che distorce la stima di probabilità di una vittoria. Quando gli individui vedono e sentono la vittoria di altri, sono portati a pensare che la vittoria sia una conseguenza regolare e rinforza la loro credenza che vinceranno se continueranno a giocare.

Le distorsioni della memoria fanno sì che gli individui ricordino più facilmente le vittorie rispetto alle sconfitte. Come sostenuto da Walker, Skowronski e Thompson (2003) in generale, le persone ricordano meglio esperienze piacevoli rispetto a quelle spiacevoli. Ciò è ulteriormente favorito dalle caratteristiche “strutturali” delle macchine preposte al gioco d’azzardo, ovvero tutte quelle caratteristiche fisiche, come luci e suoni intermittenti che iperstimolano il giocatore e promuovono il mantenimento delle distorsioni e del disturbo (Griffith, 1993).

Ciò porta i giocatori di reinterpretare le loro memorie riguardanti l’esperienza di gioco in modo tale da focalizzarsi su esperienze positive (le vittorie) rispetto a quelle negative.

5.4.3 Altre distorsioni non associate ad euristiche

Altre distorsioni sono l’illusione di controllo, il Switching and Double Switching e le quasi-vincite (near-missing). L’illusione di controllo è stata inizialmente descritta da Langer (1975) e comporta un’alta aspettativa di successo personale, probabilità che è

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più alta rispetto a ciò che l’oggettiva probabilità possa garantire. In uno degli esperimenti proposti da Lager, gli impiegati di un ufficio potevano acquistare un biglietto di una lotteria da un dollaro per provare a vincerne cinquanta. A un gruppo di partecipanti era stato possibile scegliere il biglietto a differenza di un altro gruppo che aveva ricevuto i biglietti senza poter scegliere. Successivamente ai partecipanti è stato chiesto di vendere il proprio biglietto. Coloro a cui il biglietto era stato assegnato, lo avevano rivenduto all’incirca per due dollari mentre chi aveva scelto il proprio richiedeva almeno nove dollari. Questi risultati suggeriscono quanto le persone assegnino valore alle loro scelte anche quando la probabilità di vincita non dipende dalle proprie scelte.

Per Switching and Double Switching (Sévigny & Ladouceur, 2003) si intende quando gli individui riconoscono gli errori e i processi correlati al gioco d’azzardo in modo razionale se non sono attivamente partecipanti e coinvolti. Tuttavia, quando giocano loro stessi, perdono questo pensiero razionale. Sévigny e Ladouceur (2003) hanno studiato i pensieri irrazionali e razionali e i comportamenti associato al gioco in venti partecipanti che giocavano alle Video Lottery Terminals (VLT). Diciassette dei partecipanti presentavano pensieri razionali prima di partecipare e quattrodici di questi diciassette mostrava pensieri irrazionali durante il gioco.

Un’ulteriore distorsione cognitiva è costituita dall’effetto delle “quasi-vincite” che si verifica ogni volta che un risultato si avvicina a quello desiderato. Anche l’impressione di avvicinarsi alla vittoria può dunque essere fonte di equivoco, in quanto può essere giustificabile nel caso di giochi agonistici ma che non presenta fondamenti nel caso di giochi d’alea e quindi determinati solo dalla sorte. Come conseguenza il giocatore si sente costantemente quasi-vincente come un riconoscimento della sua bravura (Croce & Rascazzo, 2013). Gli studi, come quelli proposti da Clark (2009)

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mostrano un coinvolgimento anomalo del circuito della ricompensa nonostante la mancanza del rinforzo monetario. I dati provenienti dalla risonanza magnetica funzionale hanno mostrato che sono coinvolte zone come: il putamen ventrale, l’insula anteriore, il mesencefalo e la corteccia cingolata anteriore rostrale, aree che sono pressoché similmente attivate durante una vincita. Ciò significa che la quasi-vincita attiva il sistema della ricompensa cerebrale nello stesso modo di una vincita, andando a sostenere la dipendenza e portando il soggetto a credere che sia utile insistere nel gioco poiché si è arrivati molto vicino alla vittoria (Cocci, 2008)

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32 CAPITOLO 2

IL GAMBLING NELLA POPOLAZIONE GIOVANILE

1. La diffusione del gambling nella popolazione giovanile

L’adolescenza è un periodo di estrema sensibilità per i comportamenti a rischio dato che la maggior parte dei giovani a fuma sigarette, beve alcolici e prova droghe (Bastiani et al., 2011). Fa parte di questi comportamenti a rischio anche il gioco d’azzardo, che può risultare rischioso anche per più giovani (Croce & Rascazzo, 2013), coinvolgendoli sempre di più e i dati statistici ne sono una conferma (Calado, Alexandre &, Griffiths, 2017; Ladoucer, Dubé &, Bujolf, 1994; Ssewanyana &, Bitanihirwe, 2018). Sebbene il gioco d’azzardo sia vietato ai minori di diciotto anni, i dati che testimoniano un inizio precoce al gioco d’azzardo sono sempre più allarmanti, per cui molti ricercatori e specialisti si sono dedicati allo studio del fenomeno tra gli adolescenti.

A livello internazionale, una revisione sistematica ha ricercato la prevalenza del gioco d’azzardo tra gli adolescenti in vari paesi, soprattutto in Europa, Nord America e Australia ed è emerso che gli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 20 anni erano già coinvolti nel gioco d’azzardo. In particolare tra il 5% e il 36% faceva scommesse sportive, dal 7.4% allo 80.2% giocavano alla lotteria, dallo 0.9% al 58.4% giocava a carte per soldi, dal 27.1% al 71% comprava Gratta&Vinci e dal 36% al 51.8% giocava alle slot machines (Calado, Alexandre & Griffiths, 2017). La revisione inoltre ha approfondito anche i dati relativi alla prevalenza del gioco d’azzardo problematico, mostrando come tra gli studi europei vi sia una percentuale di adolescenti giocatori problematici compresa tra lo 0.2% e il 12.3%. Si è visto inolte come il gioco d’azzardo

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con tutte le sue problematiche non coinvolge solo i paesi europei ma raggiunge diversi paesi e diverse culture e ne è un esempio lo studio condotto nell’Africa Sub-Sahariana da Ssewanyana e Bitanihirwe (2018), in cui il 54% della popolazione giovanile risultava coinvolta in qualche forma di attività d’azzardo. Questo dato esemplifica quanto possa essere internazionale e multiculturale il gioco d’azzardo giovanile.

Rimanendo sui dati internazionali, Volberg, Gupta, Griffith, Ólason e Delfabbro (2010) hanno stimato la prevalenza di gambling tra gli adolescenti in diversi paesi tra cui il Nord America, l’Europa e l’Oceania. In particolare gli Autori hanno rilevato che tra il 2000 e il 2009 tra il 41% e l’82% degli adolescenti tra i 12 e 24 anni, ha giocato d’azzardo nell’anno precedente e che tra l’1.5% e il 64% giocavano frequentemente.

Concentrandosi sui dati europei, la revisione condotta da Griffith (2009) ha mostrato come il gioco d’azzardo problematico tra gli adolescenti sia più diffuso rispetto agli adulti e che in generale la prevalenza degli studi ha mostrato come in molti paesi ci sia un aumento delle problematiche relative al gioco d’azzardo tra gli adolescenti e che spesso il gambling è associato al consumo di fumo, droghe e alcool. A conferma di questi dati ci sono altre evidenze in letteratura, come la ricerca condotta da Bastiani e collaboratori (2011) su un campione di 4.494 giocatori d’azzardo suddiviso in due gruppi: giovani adulti con un’età dai 15 ai 24 anni e adulti. I risultati hanno mostrato che, sebbene i giovani giocassero in misura minore rispetto agli adulti, tendevano a presentare modalità di gioco problematico sia in forma lieve che severo e, che il rischio di sviluppare una forma di gioco patologico aumentava tanto più la persona aveva iniziato a giocare in giovane età.

In Italia si ritrovano dati simili e, come riportato dagli studi IPSAD ed ESPAD del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il 33,6 % dei ragazzi sotto i diciotto anni compra Gratta&Vinci e frequenta agenzie di scommesse. In particolare lo studio ESPAD®Italia

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nel 2015 ha indagato il gioco d’azzardo tra gli studenti italiani tra i 15 e i 19 anni. I dati riportano che il 49% indica di aver giocato d’azzardo almeno una volta nella vita e il 42% lo ha fatto nell’arco dell’anno. Il 62% degli studenti che hanno giocato durante l’anno lo ha fatto non più di una volta al mese, mente quasi il 22% ha giocato dalle due alle quattro volte. Il 12% riferisce di aver giocato più assiduamente dalle due alle cinque volte alla settimana mentre oltre il 4% ha giocato sei o più volte. In uno studio più recente si sono registrati prevalenze di gioco più alte, in quanto in un campione di 994 studenti liceali, il 74% giocava a Gratta&Vinci, il 62 % preferiva le scommesse sportive (62%) e il 47% giochi di carte per denaro, mentre meno comuni sono risultati essere i giochi con i dadi (7%), le scommesse sui lanci di monete (8%) e le scommesse su corse di cavalli o cani (9%) (Donati, Chiesi & Primi , 2013).

Gli studi si sono soffermati anche sull’aspetto qualitativo del comportamento da gioco d’azzardo dei più giovani. Ne è esempio lo studio di Hardoon e Derevensky (2002). Nella loro revisione della letteratura hanno rilevato che gli adolescenti presentavano una di prevalenza di gambling problematico dalle due alle quattro volte maggiore rispetto agli adulti. Inoltre, gli adolescenti con questo tipo di problematica riportavano di avere iniziato a giocare d’azzardo intorno ai dieci anni, a differenza degli adulti che invece riportavano diciannove (Hardoon & Derevensky, 2002).

Inoltre, come per gli adulti, anche tra i più giovani il comportamento di gioco d’azzardo si associa ad altri comportamenti disadattivi, come abuso di fumo o di alcol. Le ricerche epidemiologiche rivelano che tra gli adolescenti più giovani, uno su dieci riporta un regolare uso di alcol. Tale statistica si alza a circa la metà dei ragazzi quando vengono considerati gli adolescenti più grandi (Swendsen et al., 2012).

Anche gli studi di coorte mostrano che l’età di inizio del gioco d’azzardo si sta abbassando e ne è esempio lo studio americano di Richmond-Rakerd, Slutske e Piasecki

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(2013) che, partendo da una letteratura che suggerisce come le persone iniziano a giocare d’azzardo da bambini, hanno esaminato l’effetto coorte sull’età di inizio al gioco d’azzardo. Per coorte si intende un gruppo di individui che all’interno di uno studio presentano le solite caratteristiche (per esempio la data di nascita o il luogo di abitazione). In questo caso, i dati delle 9282 persone iscritte nel National Comorbidity

Survey Replication sono stati suddivisi in base alla data di nascita in quattro coorti: i

nati dal 1904 al 1942; i nati dal 1943 al 1957; i nati dal 1958 al 1972; i nati dal 1973 al 1984. È emerso che più i giocatori erano giovani e prima cominciavano a giocare d’azzardo. Nel gruppo più giovane il 57% degli uomini e il 27% delle donne aveva cominciato a giocare d’azzardo all’età di 18 anni, e il 23% degli uomini e il 14% delle donne aveva cominciato a 15 anni. Contrariamente nella coorte più anziana il 24% degli uomini e l’8% delle donne aveva cominciato a giocare d’azzardo all’età di 18 anni mentre il 10% degli uomini e il 6% delle donne aveva cominciato a 15. Pur non focalizzandosi sugli adolescenti, lo studio ha comunque evidenziato una progressiva diminuzione dell’età di avviamento al gioco d’azzardo.

Tale calo ha continuato a progredire tanto che l’interesse per il gioco d’azzardo sta iniziando a coinvolgere fasce d’età sempre più basse e sempre più bambini mostrano interesse verso i giochi d’azzardo. Già nel 1994 i dati riguardanti la diffusione del

gambling nella popolazione giovanile erano rilevanti e comparando i dati della

letteratura, Ladouceur e collaboratori (1994) notavano come la prevalenza del “pathological gambling” era più elevata nei giovani rispetto agli adulti. Nello studio veniva preso in considerazione un campione di 1320 studenti tra gli otto e i dodici anni ed è risultato che l’86% dichiarava di aver scommesso denaro almeno una volta. Tuttavia, lo scopo dello studio era rilevare quando fosse cominciata l’attività di gioco

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d’azzardo e i dati riportavano che la maggioranza dei giovani avesse iniziato a nove anni circa.

In sintesi, i dati riportati mostrano come il gioco d’azzardo sia sempre più frequente non solo tra gli adolescenti ma anche tra i bambini più piccoli, i quali iniziano sempre prima a venirne a contatto (Calado et al., 2017; Donati et al., 2013; Pitti et al, 2017).

2. Fattori di rischio

Con fattore di rischio si intende una specifica condizione che si pensa possa concorrere alla patogenesi, allo sviluppo e al decorso di una malattia in quanto risulta essere statisticamente associata a questa. Il fattore di rischio non è causa, la sua assenza non esclude la comparsa della malattia come la sua presenza non ne comporta l’insorgenza, tuttavia presentare tale fattore di rischio può aumentare la probabilità di insorgenza. Un fattore di rischio può essere un aspetto del comportamento, una caratteristica del soggetto o genetica o una caratteristica dell’ambiente (Sengen, 2006).

Dato il dilagare del gioco d’azzardo tra i giovani, si sono ricercati i fattori di rischio che possono portare il gioco d’azzardo da mero gioco a comportamento patologico, analizzando sia i fattori individuali che i fattori ambientali. Griffiths (2002), per esempio, ha individuato alcune caratteristiche comuni alla maggior parte dei giovani giocatori d’azzardo patologici che nell’insieme possono andare a configurare un profilo di rischio.

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Tra i fattori individuali che influenzano il comportamento di gioco d’azzardo si ritrovano fattori come: il genere, la personalità e le distorsioni cognitive.

2.1.1. Il genere

I dati provenienti dalla letteratura suggeriscono che il genere incida sul comportamento da gioco d’azzardo e in particolare il genere maschile sembra esservi associato maggiormente in termini di età d’esordio, frequenza, tempo e denaro spesi per il gioco (Hardoon & Derevensky, 2002; Ladouceur et al.,1994; Splevins, Mireskandari, Clayton, & Blaszczynski, 2010).

Considerando i dati nazionali, lo studio IPSAD del 2015 ha rilevato differenze di genere in quanto gli studenti di genere maschile erano maggiormente attratti dalla pratica di gioco d’azzardo (52%) rispetto alle femmine (32%) e si sono riscontrate sostanziali differenze nel considerare la prevalenza di coloro che giocano d’azzardo più assiduamente: nei maschi la prevalenza arriva al 6% mentre nelle femmine arriva all’1%. Anche considerando il tempo impiegato emergono divergenze in quanto maschi (12%) impiegavano più tempo nel gioco d’azzardo rispetto alle femmine (6%) senza differenze sostanziali tra minorenni e maggiorenni (rispettivamente 10% e 9%). Lo studio riporta differenze sia per quanto concerne la prevalenza sia per la tipologia di gioco scelta. Le studentesse prediligevano giochi non strategici, come Gratta&Vinci e Bingo/Tombola, mentre gli studenti preferivano anche scommettere su eventi sportivi e di altro genere ma anche giocare a Totocalcio/Totogol e a Poker Texano. Si ritrovano importanti differenze anche per quanto riguarda le spese sostenute in quanto i maschi riferiscono di avere speso 50 euro o più nell’ultimo mese. In generale il 76% dei ragazzi

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