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Riflessioni sui sistemi di valutazione dell'Università

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Academic year: 2021

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ITALO MICHELE BATTAFARANO

OPINIONI

E

COMMENTI

RIFLESSIONI SUI SISTEMI

DI VALUTAZIONE DELL'UNIVERSITÀ

Gli sviluppi recenti dell'università si possono misurare indirettamente, prendendo in esame la pubblicità a paga-mento che le singole università fanno in estate nella stampa periodica o nelle televisioni locali e nazionali: a volte ci si trova di fronte a informazioni utili e discrete, altre volte si sfiora la demenzialità, rincorrendo lIn giovanilismo da stra· pazzo. In ogni caso sembra che tutte le università debbano avere uno sfavillante ufficio per le pubbliche relazioni e per ilcosiddettomarketing,altrimenti non possono esistere. Ciò che era impensabile qualche decennio fa, è ormai regola. Chi non si fa molta pubblicità, teme di venire ignorato dal mercato, come si dice in gergo.

C'è

veramente un mercato

degli studenti da conquistare? Gli scettici su questo punto vengono zittiti come passatisti da colleghi alla moda e da amministrativi rampanti, appena si azzardano a fare consi· derazioni un po' meno scontate. ad avviare riflessioni un po' più complesse.

Val la pena di avere tanti studenti in una certa università, se poi quell' istituzione specifica non è in grado di offrire qualificati professori di ruolo, aule, laboratori, biblioteche e servizi, corrispondenti alle necessità? Certamente no; o forse sl, ma a certe condizioni ovvero a quelle dettate dal Ministero, il quale premia con maggiori finanziamenti quel-le università che offrono molti corsi, attirano molti studenti e li promuovono tutti, di anno in anno, con ottimi voti. Poste così le condizioni generali,èevidente che il sistema univer-sitario si sta avviando a produrre laureati senza qualità,

essendo venuto a mancareil momento dell'autocontrollo, a causa di incentivi finanziari proposti con le migliori inten-zioni, ma gestiti male, per necessità.

Poiché si ritiene che l'università in epoca di autonomia sia entrata in paradiso, nel quale, com'è noto, degenerazio-ni e sprechi sarebbero di per sé impossibili, ci sièaffrettati a inventare sistemi locali di autuvalutazione delle univer-sità, volti a certificare la qualità della didattica. I risultati cosl ottenuti sono inattendibili perché il metodo condiziona la verità, perché l'interesse deforma la conoscenza.

La fonte più autorevole di informazione di massa nella valutazione esterna delle diverse università

è

diventato il Centro Studi e Investimenti Sociali ovvero CENsrS, il quale espone in estate nella stampa quotidianalesue classi-fiche di merito delle diverse università italiane, facoltà per facoltà.

Può essere utile riflettere criticamente su questi due modelli di valutazione delle università, per verificarne l'at-tendibilità. Si premette. a scanso di equivoci, che non si è affatto contrari ad una valutazione interna ed esterna del proprio lavoro e dell'università come istituzione pubblica. Chiunque faccia davvero ricerca scientitica sa bene che la comunità scientifica giudica il suo lavoro ogni volta che esso assume le forme di pubblicazione scritta o di comunicazione orale in un congresso scientifico internazionale. L'abitudine alla controversia scientifica gli è quindi connaturata.

I dubbi che verranno proposti qui di seguito riguardano soltanto il modo in cui avvengono queste verifiche di qua-lità. Non c'è bisogno di essere uno specialista di sistemi sta-tistici, per capire che se il metro di valutazioneèsbagliato, il risultato non può che essere fuorviante, implicitamente

ingannevole, concettualmente falso. Può essere un sano esempio di etica della ricerca scientifica quello che si pone criticamente di fronte alle ricorrenti grida di giubilo su rifor-ma, autonomia e (auto- )valutazione dell'università. Ciò non per negare il nuovo e la trasparenza, ma per evitare di incor-rere in altri errori, presi dall'entusiasmo di un cambiamento ad ogni costo, senza direzione, al ribasso, provinciale. auto-celebrati vo.

Qualità della didattica. Come in tutte le altre università, anche nella mia si distribuiscono periodicamente agli stu-denti dei questionari, nei quali si chiede di rispondere a determinate domande sui corsi tenuti dai docenti. Questa enorme massa di dati viene raccolta ed elaborata a paga-mento da centri statistici specializzati, le cui conclusioni vengono poi studiate dal nucleo di valutazione dell'univer-sità, che ne fa un estratto comprensibile, volto a facilitare la discussione nel senato accademico e nelle facoltà.

Su questa valutazione della qualità della didattica del docente da parte degli studenti la riflessione critica princi-pale è persino ovvia. In questo modo si

è

veramente valuta-ta la qualità della didattica del docente? Evidentemente no. In questo modo si sono raccolti dati sulleimpressionidegli studenti in un giorno qualsiasi dellLl settimana, durante un semestre di lezioni. Il caso e l'arbitrarietà del singolo distor-cono la valutazione, divenuta affatto episodica. Per ignorare questo tipo di osservazioni critiche al sistema (auto-)valuta-tivo cos) concepito, si usa parlareimplicitamentedi qualità della didattica percepita dallo studente. Chiamerò perciò

soggettivala qualità della didattica, così misurata.

Tralasciamo pure l'attendibilità dei dati, inficiata dal carattere aleatorio della frequenza degli studenti alle lezio-ni, la quale, mi dice l'amministrazione delia mia università, non sarebbe più obbligatoria. Concentriamoci invece sul valore del dato in sé. Se questo

è

l'unico sistema per valuta-re la didattica, è evidente che, cos1 operando, si ignori com-pletamente la dimensioneoggettivadella qualità della didat-tica universitaria. Questa, correttamente intesa, dovrebbe basarsi su lezioni condotte bene e regolarmente sulla base di acquisizioni scientifiche nuove. È veramente in grado uno studente di cogliere sempre, già da matricola, il CaI'atte-re scientificamente innovativo di quello che un professoCaI'atte-re di ruolo, esperto e bravo, gli sta dicendo, ovvero di com-prendere a pieno la sua importanza, proprio quando il docente gli sta richiedendo un maggior impegno e più assi-dua concentrazione?

Se però il titolare del corso non fosse un professore di ruolo, ma solo un supplente a vario titolo, rimediato all'ulti-mo all'ulti-momento per coprire un posto non in organico dei numerosi corsi di laurea inventati in tempi di autonomia allegra, non ci si può certamente aspettare da costui la tra-smissione di conoscenze nuove, essendo la sua una didatti-ca oggettivamente povera, a prescindere dal suo rilevante impegno personale o dalla sua indubbia simpatia umana. Ciò vale anche, al fine di evitare accuse di corporativismo, per un professore di ruolo che si limitasse a ripetere, bene o male, quanto codificato da manuali, piò o meno aggiornati, da mode e metodologie di successo mediatico (scienze delle comunicazioni, dei beni culturali. ambientali ecc.), senza più fare ricerca originale in proprio e senza più informarsi sulle nuove acquisizioni scientifiche della disciplina a livel-lo nazionale e internazionale. In ambedue questi casi la

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Battafarano: Riflessioni sui sistemi di valutazione dell'università

OPINIONI

E

COMMENTI

didattica soggettivamentepercepita come ottima dallo

stu-dente, non serve a nulla, perché i contenuti con essa tra-smessi sono ormai oggettivamentesuperati.

Se poi questo titolare di corso, che diffonde bene il vec-chio, promuove tutti gli studenti agli esami, con ottimi voti e velocemente, da semestre a semestre, sarà ullora forse la facoltà e l'università nella quale insegna davvero la miglio-re d'Italia, la più degna di ulteriori finanziamenti da parte dell' autorità centrale? Certamente no.

Essendo però difficile valutare la qualità oggettivadella didattica. ci si accontenta di accertare la sua qualità

sogget-tiva. quella percepita dagli studenti, distribuendo

questiona-ri con un linguaggio tecnicistico che alcuni studenti nem-meno capiscono, tanto da copiare la risposta dal vicino di banco. M,i si perdoni il paradosso: Qui è come se si chie-desse all' accusato in tribunale di dare un giudizio sul giudi-ce, il che non ha niente a che vedere con la preparazione tecnica, lo studio attento dei documenti e la valutazione serena delle testimonianze e delle prove addotte, essendo la qualità del giudice dipendente soltanto dalla soggettività dell'imputato ~dai suoi interessi specifici nel dibattimento, prescindendo dal fatto che poi sarà assolto o condannato.

Qualità della ricerca.Ciò che è difficile. non deve

esse-re evitato o camuffato da artifici concettuali, specialmente poi, se si lavora nell' istitLlzione cheè destinata di per sé alla ricerca scientifica e che offre didattica ai livelli più elevati. Si può verosimilmente ritenere che una decennale esperien-za didattica e una continua produllività scientifica facciano

f!.rosso modo un buon professore universitario, al quale, nel

corso della sua carriera professionale, le commissioni di concorso nazionali (prima del loro disastroso trasferimento in periferia) fornivano attestazioni a due livelli. come pro-fessore associato o come ordinario, della qualità di scienzia-to. Il sistema non sarà certamente stato perfetto, ma funzio-nava meglio di adesso.

Se la ricerca deve essere innovati va e si può verificarla sulla base delle pubblicazioni (originalità, continuità, inno-vazione, risonanza nazionale e ricezione internazionale), allora non si capisce come faccia il CENSIS a proporre come indicatore della qualità della ricerca i finanz.iamenti

ottenuti dai professori universitari, come singoli e come gruppi.

In un' ampia intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica" (16 giugno 200 I, Roberto Ciampicacigl i, "direttore del Censis Servizi e coordinatore del progetto di valutazione delle università italiane", rispondeva cO$l alla domanda dell' intervistatore a proposito della valutazione della ricerca:

"La ricerca rappresenta un tema complesso e articolato. Per coglierne tutti gli aspetti abbiamo utilizzato molti indi-catori. Abbiamo contato il numero di progetti coordinati da ciascun docente sia a livello nazionale che a livello locale, il numero di progetti finanziati dal Cnr ei contributi erogati dal Cnr a ciascun docente. Poi abbiamo diviso la somma dei finanziamenti ottenuto per il numero di progetti per ciascun facoltà".

Come dice la parola, il progetto non è realìà. Quella di cui parla il direttore del CENSIS si chiama ricercafinllnzia-taedècosa ben diversa dalla ricercarealizzata.A sua volta

la ricercareali::.zata(e documentata da pubblicazioni)è ben lungi dall'essere sempre una ricercainnovativa, perché que-sto lo dimostrerà lo sviluppo della disciplina scientifica, specialmente quando si tratta di ricerca di base e non di ricerca applicata.

Se ci si ferma ai finanziamenti di un progetto, per valu-tare la ricerca, si prendono lucciole per lanterne. Sarebbe come credere che i programmi politici prima delle elezioni siano già realtà a elezioni avvenute. Questo sl che sarebbe il paradiso. In realtà si conoscono fin troppo beneicriteri non sempre trasparenti che portano al finanziamento di certe ricerche da purte del CNR. Per non essere provinciali, si può rinviare allo scandalo delle ricerche etnologiche in Africa, Asia e Sudamerica, finanziate dai centri di controspionaggio delle grandi potenze (USA, URSS) negli anni Sessanta del secolo scorso, oppure anche ai progetti che si basano sulla presentazione di dati falsi, comeè avvenuto qualche anno fa in Germania nella ricerca sul cancro, mettendo in crisi di identità un decennale sistema di finanziamento della ricerca scientifica in quel paese.

In verità la ricercafinanziata è la sorella ricca della didattica percepita. Ambedue dicono implicitamente qual-cosa di molto poco rilevante sul binomio didattica/ricerca nell'università, affermano però esplicitamente di voler intendere il vero assoluto. Posto di fronte a questo inganne-vole artificio logico-linguistico, lo scienziato non può che rifiularsi di credere ...al paradiso.

Il paradosso precedente può esser ulteriormente svilup-pato in questa fonna. Se io avessi avuto a scuola un compa-gno di banco simpatico e volitivo, ma poco diligente sui libri, col quale si fossero stabiliti duraluru rapporti di amici-zia, rafforzati negli anni, giocando a tennis o a calcio di tanto in tanto nella stessa città di nascita, facendo io poi car-riera nell'università e lui in politica. senza mai uscire dallo stesso quartiere. non avrei alcuna difficoltà a presentargli un progetto di ricerca volto all' estrazione dell' oro dall' acqua delle montagne oppure uno destinato alla rivalutazione del pittore locale misconosciuto o della poetessa dialettale igno-rata a livello nazionale, e farmelo poi adeguatamente finan-ziare col suo aiuto dall'assessorato provinciale o regionale competente, con ciò stabilendo un lungo e proficuo

rappor.-W tra università e territorio, senza poi dover mai davvero realizzare la trasformazione dell' acqua in oro, senza dover mai pubblicare alcunché di nuovo sul pittore o sulla poetes-sa in questione, ambedue magari da celebrare subito con un grande congresso, in cui ritornano allo stesso tavolo della presidenza i due vecchi compagni di scuola, il sindaco e il professore, :l. raccogliere finanziamenti pubblici e consensi politici attraverso la stampa locale e la televisione provin-ciale. sempre ben disposti verso tutto ciò cheè autoctono.

Quale ricercatore all'uni versità comparirei in virtù di questa messe di finanziamenti esterni come uno dei miglio-ri scienziati nelle graduatomiglio-rie accademiche del CENSrS, che genitori di figli testé maturati, sfogliando la stampa nazio-nale SOlto l'ombrellone, prenderebbero per ... oro colato.

(II paradosso è basato su dati reali, purtroppo non riferi-ti a me, che, senza quei finanziamenriferi-ti, sono uno scienziato

inesistente per il CENSrS. a dispetto di quanto dicono le

mie pubblicazioni scientifiche a livello internazionale).

Pro! llaloMichele Battafarano

Università di Trento

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