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Francesco e i laici: il desiderio di Dio nella "civilitas" medievale (sunto)

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Si presenta la figura di San Francesco a partire dai suoi scritti, pur nella

consapevolezza che essi sono piccola parte della sua personalità. M a gli scritti,

in particolare il Testamento, le Regole, le lettere e le esortazioni, rivelano il

vero Francesco, nel senso che mettono in luce la sua concezione di Dio, o me­

glio l’esperienza di Dio che egli ha avuto e saputo esprimere. C ontrariam ente

alla tradizione monastica, il Dio di Francesco non è splendente, lontano e «di­

vino», è un Dio «umano», sofferente, crocifisso: quando Dio assume il volto

dell’uomo, l’uomo assume il volto di Dio. Per questo Francesco è stato visto

come l’altro Cristo, un nuovo Cristo.

Fr a n c e s c o d’As s i s i n e i s u o i s c r i t t i

(prof. Claudio Leonardi, deH’Università di Firenze, 18 feb b ra io 1982)

F r a n c e s c o e i l a i c i

(Il desiderio di Dio nella «civilitas» medievale)

(prof. Giorgio Cracco, dell’Università di Padova, 2 marzo 1982).

Francesco esordise come laico, con un’educazione laica, con una mentali­

tà laica, in un ambiente umano e sociale ugualmente laico. Con la conversione

nega molti aspetti della sua laicità (le ricchezze, la famiglia, le avventure, il ma­

trimonio), ma non per questo passa ad un

ordo

diverso da quello laico: conti­

nua anzi a vivere nel secolo, laico tra laici, e nel contempo si offre in servizio

alle chiese e alla Chiesa risultando quindi coperto dal

ius divinum,

non già da

quello secolare.

Alla luce di questi dati verrebbe subito da dire che Francesco non ebbe

una coscienza dell

'ordo

e che non si sforzò di appartenere ad un

ordo

preciso,

nepure all’orcio

laicorum.

Anche senza tener conto che tra i primi compagni di Francesco c’erano

non pochi preti e chierici è ben noto che il Santo si presentava come

minor

rispetto a tutti, e tutti — chierici e monaci, non solo laici, perfino vescovi, car­

dinali e papi — potevano riconoscersi in lui. Dunque, Francesco, per il suo mo­

do di porsi davanti al mondo, è il primo a dissolvere il laicato come suo interlo­

cutore specifico, ossia a scoraggiare un confronto diretto tra lui e i laici.

L esame delle fonti francescane (dalla

Vita prima

di Tommaso da Celano,

attraverso la sua

Vita secunda,

la duplice

Legenda

di Bonaventura, fino alla

Le­

genda trium Sociorum,

la più importante delle biografie non ufficiali di France­

sco) ci mostra chiaramente come Francesco appaia ai suoi biografi col passare

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(2)

*

del tempo sempre meno in rapporto con il mondo e sempre più frate, anzi frate

di un certo «partito». Questa tendenza si rafforza nelle fonti successive, dove

addirittura la storia di Francesco si identifica con la storia dell’ordine o di u n ’a­

nima dell’ordine

tout-court

, o dove la figura del Santo viene fissata,anzi stiliz­

zata nella figura del frate, «frate Francesco», (anche nelle letteratura laica, da

Dante a Carducci), fonte inesausta di esempi morali, di stimoli ideali per frati

e per laici devoti, ma a prescindere da un’epoca precisa e da un nesso organico

con una società, segno questo di quanto sia vano cercare Francesco e il suo rap­

porto con il mondo in fonti che riflettono preoccupazioni «nettam ente più ta r­

de» per nulla omogenee. Il Santo va invece spiegato con se stesso, così come

appare nello scarso manipolo dei suoi scritti; e con la cultura e il m ondo che

in essi confluiscono o trapelano.

Nel

Testamentum

Francesco identifica la società, il «secolo» con il luogo

dei peccati; e i peccati innalzano barriere tra gli umini. Dopo avere lasciato

alle spalle il mondo, trovandosi accanto dei seguaci Francesco cominciò a chie­

dersi che cosa doveva fare; l’Altissimo stesso — come egli dice — lo illuminò:

doveva vivere

secundum formam sancti Evangelii.

L’introduzione del Vangelo

come modello di vita cambia radicalemnte la prospettiva: Francesco non si ar­

resta al bel sogno, prende atto che l’umanità delle origini è finita e non più

rispettabile, essendo stata travolta da un’altra umanità, quella di Caino, quella

delle città inquinate dall’avarizia e dal potere e più che mai bisognose di riscat­

to. Lungi pertanto dal ritirarsi del tutto dal mondo per lasciarlo in balia del

Maligno, bisognava intervenire per la salvezza del mondo, come fece Cristo.

Il vivere

secundum formam sancti Evangelii

significa pertanto com porre la scelta

del rifiuto con quella dell’accettazione, la scelta della fuga con quella della pre­

senza: lontano dagli uomini, ma

iuxta homines·,

fuori della città, ma d en tro la

città. Per Francesco insomma il secolo è ogni uomo che per voler stare nel pec­

cato, cioè senza Dio, non può avvicinarsi ai lebbrosi, ossia avere un rapporto

d’amore con il prossimo.

La scelta di Francesco fu subito contagiosa, sconvolgente: decine e decine

di persone di ogni

ordo

la fecero propria, spogliandosi di ogni bene per Cristo,

e nelle città comparvero, davanti alla gente stupita, uomini che in nulla si di­

stinguono dagli altri se non per essere portatori di Dio. Il successo fu clamoro­

so: Francesco e i suoi avevano compiuto il miracolo dell’innesto del Vangelo

nella società del primo Duecento.

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