John Locke
La vita e le opere
• 1632 – nasce a Wrington, vicino a Bristol in Inghilterra, da una famiglia di tradizione puritana.
• In gioventù studia a Oxford logica, metafisica, teologia, letteratura, medicina e anatomia.
• 1658-1667 nella stessa università comincia ad insegnare greco, retorica e filosofia morale e produce le sue prime due opere che riguardano i rapporti tra il potere politico e religioso.
• 1667 diventa, a Londra, medico privato e segretario di lord Ashley, conte di Shaftesbury, uomo influente e autorevole esponente parlamentare del partito whig che si oppone alla politica assolutistica di Carlo II Stuart.
• 1672 comincia a pensare a scrivere un saggio di dottrina della conoscenza in cui dare sistemazione alle idee fondamentali che era venuto elaborando in questa prima parte della sua vita. Il testo sarà pubblicato nel 1689 con il titolo “Saggio sull’intelletto umano”.
La vita e le opere principali
• 1682 in seguito al decadere delle fortune politiche del conte e all’irrigidirsi della politica assolutistica del re, è in esilio in Olanda dove partecipa successivamente ai preparativi per la gloriosa rivoluzione del 1688 che porterà sul trono Guglielmo d’Orange. Intanto nel 1680 ha composto la sua principale opera politica, i “Due trattati sul governo” che pubblicherà nel 1689 dopo la caduta di Giacomo II Stuart (1688).
• 1689 Dopo essere tornato in Inghilterra diventa il filosofo ufficiale del nuovo regime monarchico-costituzionale-liberale, guadagna notevole fama e riceve onori.
• 1691 Colpito da asma va a vivere a Oates, nelle campagne dell’Essex dove muore nel 1704. A Oates scrive i “Pensieri sull’educazione”; il “Saggio sulla ragionevolezza del cristianesimo” e la “Guida dell’intelletto”, pubblicato postumo ad integrazione del “Saggio sull’intelletto umano”.
Il concetto empiristico di ragione
Secondo l’impostazione lockiana, la ragione è una
facoltà FALLIBILE e CONDIZIONATA che deriva
ogni conoscenza dall’esperienza. “Fallibile e
condizionata” significa che la ragione ha poteri
limitati e il suo limite-condizionamento è
costituito dall’esperienza, cioè dal rapporto che
l’uomo instaura in base alle sue capacità sensibili
con il mondo materiale circostante. Quando essa
si voglia spingere oltre i dati forniti dall’esperienza
sensibile, cade in errore.
L’esperienza
L’esperienza è per Locke l’origine di tutto ciò
che possiamo conoscere e il CRITERIO DI
VERITÀ delle conclusione alle quali giungiamo nel
nostro cammino di ricerca. La filosofia è la
disciplina che stabilisce quali siano i limiti della
ragione e della conoscenza e quali siano le
strutture del suo funzionamento. Infatti prima di
conoscere in concreto, cioè di fare delle
affermazioni sulla realtà, bisogna sapere quali
sia l’ambito in cui il nostro intelletto si può
muovere, quali siano le sue possibilità i suoi limiti.
La gnoseologia e la sua importanza
Conseguenza necessaria delle prese di posizione
lockiane circa l’esperienza è l’importanza
preliminare e ineludibile in filosofia di una dottrina
della conoscenza (gnoseologia).
Essa deve, come detto, precedere ogni indagine di
carattere scientifico, sulla realtà, perché altrimenti
si correrebbe il rischio di non sapere se le nostre
affermazioni e i nostri giudizi siano corretti e
legittimi, date le nostre capacità intellettive.
L’origine delle nostre idee
Le nostre conoscenze sono contenute nelle
idee e nei concetti che noi ci facciamo
relativamente al mondo. Le idee, in
generale, sono (cartesianamente) tutto ciò
che noi pensiamo e che è “dentro” la
nostra
mente.
Una
dottrina
della
conoscenza deve spiegare quale sia la loro
origine per individuare quali di esse siano
L’innatismo cartesiano
Cartesio (morto nel 1650), le cui dottrine Locke aveva
conosciuto durante un viaggio in Francia tra il 1675 e il
1679, aveva sostenuto che la nostra mente possiede
alcune idee sin dalla nascita dell’essere umano che la
ospita. Esse ci restituiscono verità raggiungibili con il solo
pensiero e riguardano Dio, i principi del ragionamento
come quello di identità non contraddizione, i concetti
matematico-geometrici, o idee morali come l’obbligo di
osservare i contratti. Il consenso universale attorno a
queste idee e la loro presenza negli uomini a prescindere
dalle loro diversità di luogo, tempo, civiltà, lingua etc.
convincono Cartesio del fatto che esse non provengono
dall’esterno, ma dalla stessa natura dell’uomo.
Locke contro l’innatismo
Per Locke, contro Cartesio, questa per certi versi
straordinaria uniformità di convinzioni tra gli uomini
non è affatto provata. Bisognerebbe infatti andare
nello specifico e vagliare se veramente tutti
possiedano queste idee, compresi, dice Locke, i
bambini, gli ignoranti e gli idioti; o se altrove, presso
altre culture lontane dalla nostra, vi sia realmente il
consenso che Cartesio afferma esserci. Qualora ci
fosse, bisognerebbe poi stabilire che è impossibile
dimostrare una loro origine diversa da quella
innata, che appare al filosofo inglese una soluzione
La mente, un tabula rasa
Dunque per Locke va esclusa l’ipotesi di
un’origine delle idee nella stessa natura
umana: noi non nasciamo con un bagaglio
di idee “fornite dalla casa costruttrice”. Tutto,
diremmo oggi in termini automobilistici, è un
optional,
cioè
tutto
viene
acquisito
successivamente. Alla nostra nascita la
mente è una tabula rasa, cioè un foglio
bianco su cui l’esperienza “scrive” le
conoscenze.
I tipi di esperienza
L’esperienza scrive sulla tabula rasa e produce in noi la
conoscenza. Quest’ultima riguarda sempre delle idee,
cioè è sempre relativa ad idee che sono nella nostra
mente: quando conosciamo qualcosa la nostra mente sta
pensando ad una sua idea. Ma, dice Locke, l’idea deriva
dall’esperienza di alcuni oggetti, e quindi le nostre idee
riguardano quegli oggetti e noi possiamo dire di
conoscerli. A seconda del tipo di oggetti si avranno
categorie diverse di esperienza. L’esperienza esterna
fornisce le idee che provengono dagli oggetti esterni e fisici
fuori di noi; l’esperienza interna ci fornisce le idee relative
ai nostri stati psichici come le emozioni, le operazioni della
mente, il percepire, il dubitare, il volere.
Idee di sensazione e idee di
riflessione
A seconda dei tipi di esperienza si avranno
tipi diversi di idee:
•Esperienza esterna - idee di sensazione;
•Esperienza interna – idee di riflessione
Ma, IN ENTRAMBI QUESTI GRUPPI, le
idee possono essere semplici o complesse.
Idee semplici
Le idee semplici sono ricavate in modo passivo, come se rispecchiassero semplicemente la realtà percepita.
• di sensazione sono quelle derivanti da un solo senso, come per esempio il bianco (vista) o il freddo (tatto), o da più sensi (estensione, figura, movimento). Tale dottrina rispecchia quella tradizionale dei sensibili propri e comuni.
•di riflessione sono relative a qualcosa di interiore, ad un determinato elemento psichico che cogliamo al nostro interno e di cui siamo consapevoli; per esempio la percezione o la volontà (quando percepiamo o vogliamo qualcosa, siamo consapevoli, ci accorgiamo di percepire e di volere).
•di sensazione e riflessione insieme: il piacere e il dolore, che sono legati al contempo ad un elemento esterno e alla consapevolezza interne che li si sta provando.
Le qualità primarie e secondarie
Le idee semplici possono conoscere di un corpo le qualità
primarie, che sono inseparabili da quel corpo, in qualunque
stato esso sia e che corrispondono per esempio all’estensione, alla solidità, alla figura e alla mobilità del corpo (che si colgono con più sensi). La nostra mente riflette tali qualità in modo veritiero.
Ma quest’ultima può anche percepire di un corpo qualità
“separabili” e non realmente presenti in esso, in sostanza
alcune qualità che noi chiameremmo “soggettive”, che derivano dalla caratteristica propria di un medesimo corpo di produrre in noi sensazioni diverse da soggetto a soggetto – a secondo delle condizioni in cui si trova il soggetto quando percepisce - per mezzo delle sue qualità primarie. Tali qualità corrispondono agli
odori, ai colori, ai sapori (che si colgono con un solo senso) e
Idee complesse
Le idee complesse si formano sul materiale
delle idee semplici, sulle quali si esercita
l’attività della mente, un’ attività di
COMBINAZIONE e ASSOCIAZIONE
Di qui sorgono le idee di
•SOSTANZA
•MODO
Sostanza
Le idee si sostanza sono idee di cose particolari e distinte
che sussistono di per sé (per esempio l’idea di fiore o di
uomo). Esse sono costituite da gruppi di idee che si
presentano COSTANTEMENTE assieme ed è per quello
che la sostanza corrispondente è detta sussistente per sé.
Sono tali nell’uomo, per esempio, le idee della sua
conformazione fisica, della sua capacità di pensare etc..
Alla sostanza si riferiscono poi le idee delle sue qualità,
espresse dalle corrispondenti idee semplici (per esempio:
alto, basso, magro, buono, intelligente etc.) che vanno a
costituire gli accidenti della sostanza.
Modo
Le idee di modo sono idee che rappresentano modi di
essere o affezioni delle sostanze. Sono infatti idee di cose
che non possono sussistere per sé ma devono essere considerate sempre in un qualche rapporto di dipendenza da una sostanza data.
Tra queste vi sono idee del ragionare, del giudicare, della
gratitudine o del delitto, che debbono riferirsi sempre a un
soggetto che le compie, cioè ad una sostanza; oppure l’idea di spazio, di durata, di numero che riguardano sempre un qualcosa-sostanza collocato nello spazio, o numerato, o che dura nel tempo.
Relazione
Le idee di relazione sono il risultato del confronto tra idee. Quando si mettono assieme determinate idee, senza
fonderle tra loro, si istituisce un confronto dal quale sorgono le
idee di causa-effetto, identità-diversità etc. Oltre ad unire idee si può anche separarle. L’atto del separare le idee da quelle che normalmente le accompagnano è definito astrazione. Nell’astrazione, di fronte ad idee complesse, si separa qualcosa che è comune a tutte, si tralascia ciò che è particolare di ciascuna e si trova l’idea con cui le si indica complessivamente. Con un esempio ovviamente non lockiano, posso dire che da tutti i giocatori con la maglia nerazzurra, che giocano al Meazza, traggo l’idea astratta di «interista».
Conseguenze della nuova
interpretazione della sostanza 1
Nella tradizione aristotelica la sostanza mi restituisce
la vera identità di un oggetto, cioè la sua essenza,
ciò che è veramente un oggetto, al di la di ciò che
trapassa, oltre ciò che è puramente accidentale e/o
casuale. Ebbene, per Locke la possibilità di trovare
tale essenza è illusoria, perché l’idea di sostanza è
un raggruppamento di idee che possono essere tra
loro di nuovo separate senza che si trovi quel nucleo
permanente che ci restituisca il vero essere
dell’oggetto.
Conseguenze della nuova
interpretazione della sostanza 2
Così noi siamo abituati a pensare che ad alcune idee
che si presentano costantemente assieme possa essere
attribuita la caratteristica di un essere permanente al
quale si riferiscono le idee semplici delle sue qualità
transeunti (gli accidenti). In realtà, dice Locke: «non
sappiamo immaginare in qual modo le idee semplici
possano sussistere da sole e pertanto ci abituiamo a
supporre una qualche substratum (sostanza, N.d.R.) nel
quale esse effettivamente sussistano e di cui siano il
risultato: e quello chiamiamo perciò sostanza» (Saggio
L’essenza delle cose? Boh!
Così la verità di un oggetto, la sua consistenza ultima, il
suo nucleo autentico ci rimane sconosciuto, perché se
io elimino, come quando sbuccio una cipolla, da un’idea
sostanziale, via via tutte le idee che la compongono, non
mi rimane in mano nulla. Quello che posso fare è
indicare solo l’essenza nominale di un oggetto, cioè il
significato del nome che la indica, sapendo però che il
nome è solo un segno di idee generali, avente la
funzione di rappresentare i molti elementi che le
costituiscono…e che, come tale, il nome è solo
un’invenzione dell’intelletto (NOMINALISMO).
La sostanza «IO»
L’Io segue il destino di tutte le altre sostanze. Io sono solo una
collezione di idee. Allora come è possibile pensare ad esso come
centro di conoscenza? E da che cosa deriva la percezione della sua centralità, diversa per me da tutto il resto? Dal fatto che la mia coscienza è consapevole di sé e tale consapevolezza rimane la stessa al variare delle sue percezioni. Essa può fare così grazie allo sguardo retroattivo della memoria e allo sguardo sul futuro che è in grado di gettare. Memoria e attesa fondano l’identità della coscienza, la quale, dunque, se ha una consistenza data dal ricordo di ciò che è passato, ha pure una continua mobilità data dal sapersi rivolta ad un futuro incerto e imprevedibile. Quindi la coscienza sa di sé e può così apparire nella sua centralità, ma sa anche di non essere mai conclusa, di non avere mai un carattere definitivo, in modo che la sua consistenza è mobile e anch’essa transeunte.
Le sostanze, però, esistono
Dopo aver fatto questo discorso, Locke ne limita però la
portata, perché, secondo lui, pur essendo inconoscibili
dalla coscienza umana, non se ne può con certezza
escludere l’esistenza. Anzi i dati in nostro possesso
sembrano proprio andare nella direzione di una loro
esistenza, poiché noi siamo indotti dal nostro modo di
pensare, a ritenere esistenti sostanze materiali o spirituali,
come Dio. In definitiva Locke, a partire da una nostra
abitudine a pensare la sostanza, ritiene che la bilancia,
pur nell’incertezza, possa pendere a favore della loro
esistenza.
La conoscenza intuitiva
La conoscenza, in base a questi presupposti, è interpretata da Locke come ACCORDO O DISACCORDO tra le idee. Tale percezione nel soggetto può essere immediata o intuitiva: per esempio il bianco è chiaro (accordo) e non è il nero (disaccordo). Essa ha un carattere immediato di certezza che, risulta primario e superiore ad ogni altro certezza conseguibile. Infatti un accordo non rientra nella sfera di ciò che è conoscibile di un’oggetto in quanto sostanza (cosa incerta, come si è visto), ma in una relazione fra idee data come assolutamente certa. Cioè: se io colgo due idee in modo che esse stanno assieme e sono perfettamente compatibili e armoniche tra loro, del loro accordo posso avere certezza assoluta.
La conoscenza dimostrativa
La
conoscenza
dimostrativa
è
invece
una
conoscenza ottenuta tramite un ragionamento,
cioè tramite l’intervento di altre idee. Da ciò che
percepisco immediatamente, io, introducendo altre
idee, costruisco un’inferenza che mi permette di
arrivare ad una conclusione. La correttezza di
quest’ultima dipende però dalla correttezza dei
passaggi intermedi, cioè dell’accordo reciproco e
successivo delle idee che io ho fatto via via
intervenire. In tali passaggi si può inserire l’errore.
Concordanze e discordanze
Le concordanze o discordanze possono essere di quattro tipi diversi:
Identità e diversità: un’idea è uguale a se stessa e diversa
dalle altre.
Relazione: un’idea è in una particolare relazione di
causa-effetto, di mezzo-fine o di qualsiasi altra specie con le altre.
Coesistenza: un’idea coesiste con altre idee nella stessa
sostanza in un nesso costante. Tale evento è ciò che ci permette di concepire appunto delle sostanze.
Esistenza: un’idea qualsiasi è associata all’idea di un
La conoscenza sensoriale
Il quarto tipo di concordanza-discordanza ci introduce ad un terzo e importantissimo modo di conoscere. Dopo la conoscenza intuitiva e dimostrativa fondate sulla coscienza di ciò che avviene all’interno della nostra mente, la conoscenza sensoriale, fondata sulla coscienza di ciò che avviene all’esterno e dunque mediata dai sensi, ci restituisce un’altra modalità del conoscere.
In quest’ultima la percezione sensibile attuale, alla presenza dell’oggetto è così viva da avvicinarsi all’intuizione. Quando io percepisco un oggetto, percepisco le idee semplici che lo costituiscono con un grado altissimo di vividezza, in modo tale che ad un simile tipo di conoscenza non può essere negata evidenza e certezza. Tale evento non accade, tuttavia, quando l’oggetto viene sottratto ai miei sensi (per es. nel ricordo).
Il mondo esterno e la sua
esistenza 1
Ma se io conosco solamente idee come faccio a sapere
che un mondo esterno esiste veramente al di là delle mie
idee?
Così risponde Locke:
1) «Se la conoscenza delle nostre idee terminasse in esse
e non andasse oltre, dove c’è qualcos’altro da intendere, i
nostri pensieri più seri non avrebbero altra utilità dei sogni
di un cervello pazzo; e le verità costruite su di essi non
avrebbero maggior peso dei discorsi di un uomo che vede
chiaramente le cose in un sogno e le enuncia con grande
sicumera». (Saggio sull’intelletto umano IV, IV, 2)
Il mondo esterno e la sua
esistenza 2
2)Noi non possiamo produrre idee semplici se non
riceviamo, tramite la sensazione, le informazioni
necessarie allo loro produzione e, quando uno dei
nostri organi di senso non funziona, tutte le sensazioni
relative mancano. Esse non possono però essere
prodotte da noi, dunque devono provenire da un
oggetto esterno.
3) I sensi, diversi fra loro, ci danno informazioni la cui
coerenza e costanza sarebbe impossibile se non vi
fosse un oggetto reale da cui esse provengono.
Io, Dio e mondo esterno
A questi tre modi di conoscenza, intuitiva,
dimostrativa, sensoriale, corrispondono le tre più
importanti idee in nostro possesso: l’idea di Io, di
Dio e della realtà del mondo esterno.
L’idea dell’Io, cioè della mia coscienza e del suo
funzionare, è un’idea intuitiva di cui v’è piena e
assoluta certezza, confermata dal famoso
argomento cartesiano del cogito.
Dio e il mondo esterno
L’idea di Dio è invece una certezza dimostrativa, poiché il mondo, poiché è contingente deve avere una ragione del suo essere, infatti senza una ragione non potrebbe sussistere. Ora, solo un ente come Dio può essere ragione dell’essere del mondo nel suo complesso, giacché Dio è per definizione necessario e incausato, e impedisce che nella ricerca delle cause del mondo regrediamo all’infinito non trovando di fatto quella causa che è indispensabile trovare.
Dell’idea della realtà del mondo esterno abbiamo prima parlato..
Questi tre modi di conoscenza coprono lo spettro della conoscenza certa e indubitabile