• Non ci sono risultati.

Percorsi, organizzazione, personale e indicatori - 8

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Percorsi, organizzazione, personale e indicatori - 8"

Copied!
12
0
0

Testo completo

(1)

Paziente acuto

Percorsi di patologia

La rete dell’emergenza cardiologica deve pre-vedere l’esistenza di percorsi di cura preordi-nati per le patologie il cui trattamento deve essere tempestivo e differenziato in base alla stratificazione del rischio.

Le Società Cardiologiche nazionali, hanno prodotto negli ultimi anni diversi documenti di consenso che coprono gran parte delle pa-tologie cardiache acute. Il pregio di questi do-cumenti è quello di essere stati spesso realiz-zati in collaborazione con le Società Scientifi-che non cardiologiScientifi-che, i cui professionisti so-no coinvolti nella gestione dei pazienti. Que-sti documenti devono essere contestualizzati nell’ambito dell’organizzazione della rete. Sindromi coronariche acute

Comprendono l’infarto miocardico con so-praslivellamento del tratto ST (STEMI), le sin-dromi coronariche acute senza sopraslivella-mento ST (SCA-NSTE).

Infarto miocardico acuto con sopraslivella-mento del tratto ST. Le recenti linee guida prodotte dalle Società Scientifiche cardiologi-che americane ed europee hanno concentrato l’attenzione sui percorsi organizzativi eviden-ziando gli indicatori di efficacia da perseguire. La rete interospedaliera e territoriale per il trattamento dello STEMI rappresenta infatti lo standard di cura di questa patologia per la quale occorre oltre all’approccio strettamente terapeutico anche un’efficacia e sincronia di risposta del sistema “rete” che ha portato ad introdurre il termine di “terapia organizzati-va” dell’infarto miocardico.

I cardini sui quali applicare il trattamento riperfusivo sono rappresentati da:

- presentazione clinica: tempo di ischemia, estensione del miocardio a rischio, comorbilità

- risorse disponibili: efficienza del sistema 118, trombolisi preospedaliera, pronta di-sponibilità del laboratorio di emodinamica - contesto organizzativo: modalità di accesso

alle cure, diagnosi preospedaliera, distanza. Nonostante l’ampio consenso esistente su questi concetti, la rete per l’infarto non è stata ancora implementata in tutte le aree italiane, benché la percentuale di territorio nazionale coperto dalla rete per lo STEMI sia in progressi-vo aumento come documentato dalla rileva-zione “Rete IMA Web”, promossa dal SICI-GISE. Diverse indagini epidemiologiche ospeda-liere nazionali e internazionali hanno dimo-strato che i tempi needle e door-to-balloon riportati dalle linee guida come i prin-cipali indicatori di efficienza, sono rispettati solo nella metà dei casi.

Gli elementi di ottimizzazione che per-mettono di migliorare la “terapia organizzati-va” sono rappresentati da:

1. per i pazienti che chiamano il 118:

a) esecuzione dell’ECG sul territorio e tria-ge in base alla gravità clinica

b) riperfusione “fast” secondo protocolli condivisi:

- trombolisi preospedaliera

- percorso territorio→Centro Hub, sal-tando il Centro Spoke più vicino 2. per i pazienti che giungono direttamente

al Pronto Soccorso (PS):

Percorsi, organizzazione, personale e indicatori

A cura delle Commissioni

Organizzazione della Rete dell’Emergenza Cardiologica

Organizzazione della Rete del Paziente Cronico

Prevenzione e Riabilitazione Cardiovascolare

Cardiopatie Congenite in Età Pediatrica ed Adulta

(G Ital Cardiol 2009; 10 (Suppl 3-6): 60S-71S)

Percorsi di patologia nel paziente cardiopatico acuto

• Sindromi coronariche acute • Sindrome aortica acuta • Dolore toracico

• Arresto cardiaco extraospedaliero • Patologie aritmiche

• Scompenso cardiaco acuto • Shock cardiogeno

(2)

a) immediata esecuzione dell’ECG:

- riperfusione “fast” secondo protocolli condivisi - attivazione diretta dell’emodinamica dal PS

[medi-co del PS e/o [medi-consulente cardiologo o cardiologo dell’unità di terapia intensiva cardiologica (UTIC)] e trasporto diretto in emodinamica

- trombolisi, se indicata, secondo protocolli locali condivisi tra il PS e la Cardiologia.

Lo sforzo deve essere indirizzato all’implementazione dei modelli organizzativi, alla riduzione del ritardo evita-bile ed alla verifica dell’efficienza.

Sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST. Le SCA-NSTE rappresentano la condizioni cliniche più frequenti nei pazienti con cardiopatia ischemica.

Si auspica che i pazienti con SCA-NSTE vengano ricove-rati in UTIC, ancorché ciò avvenga a tutt’oggi solo parzial-mente. Come per lo STEMI anche per le SCA-NSTE occorre mettere a punto una “rete di trattamento” (organizzativo, culturale, terapeutico) tale da garantire un elevato stan-dard di cura. Nella maggior parte dei casi le SCA-NSTE han-no una presentazione con dolore toracico transitorio. Il percorso di diagnosi e cura può essere in questi casi fatto rientrare nel modello del “dolore toracico”.

I criteri che devono portare ad un trattamento in emer-genza, simile a quello dello STEMI, sono la persistenza del dolore e l’estensione dell’area di miocardio a rischio, rile-vata elettrocardiograficamente o con ecocardiografia, la presenza di instabilità emodinamica o di aritmie gravi e la refrattarietà al trattamento.

Dolore toracico

Il dolore toracico rappresenta uno dei principali problemi della medicina moderna, costituendo la causa più frequen-te di accesso al PS (~5% di tutfrequen-te le visifrequen-te effettuafrequen-te) e rima-ne una sfida diagnostico-terapeutica, poiché, in caso di diagnosi mancata e dimissione impropria, la mortalità a breve termine rimane elevata (2-4%). D’altra parte il rico-vero sistematico dei pazienti con dolore toracico determi-na un inutile aumento dei costi. È quindi opportuno un pe-riodo di osservazione breve o prolungato (12-24h) per i percorsi di diagnostica differenziale finalizzati oltre che al riconoscimento della patologia coronarica acuta, più in ge-nerale anche al riconoscimento di patologie potenzial-mente gravi ad alta letalità (ad es. una patologia aortica acuta o l’embolia polmonare).

Pertanto, la diagnosi precoce e la stratificazione di ri-schio di questi pazienti sono importanti per due motivi:

1. La programmazione del trattamento più tempestivo e idoneo (invasivo o conservativo) e la scelta del reparto di degenza più appropriato (UTIC/degenza cardiologica ordinaria) per coloro in cui viene posta diagnosi di ische-mia miocardica acuta.

2. La dimissione precoce per i pazienti in cui quest’ultima viene esclusa.

Il dolore toracico si inquadra come una urgenza-emer-genza cardiologica quando ha caratteristiche cliniche e strumentali che fanno sospettare una sindrome coronarica acuta o una sindrome aortica acuta. Se l’accesso del pa-ziente avviene tramite il 118, il primo snodo decisionale è rappresentato dalla diagnosi elettrocardiografica. Se il do-lore toracico non si configura come una sindrome corona-rica acuta, al PS il percorso diagnostico segue le indicazio-ni del recente position paper ANMCO-SIMEU “Percorso di valutazione del dolore toracico”.

Sindrome aortica acuta

Per sindrome aortica acuta, secondo la letteratura interna-zionale, si intende un delle seguenti tre patologie, insorte da meno di 14 giorni: 1) dissezione aortica; 2) ematoma in-tramurale; 3) ulcera penetrante dell’aorta.

La sindrome aortica acuta è caratterizzata da elevata mortalità spontanea che può essere ridotta da un adegua-to trattamenadegua-to medico, chirurgico ed interventistico. La tempestività dell’intervento e l’approccio multidisciplina-re che coinvolge clinici, radiologi, ecografisti, cardiochi-rurghi e chicardiochi-rurghi vascolari rappresentano la chiave del successo.

Obiettivo della gestione di questa patologia è la ridu-zione della variabilità dei comportamenti clinici ed assi-stenziali, fornendo raccomandazioni per la diagnosi e la gestione che passano attraverso l’ottimizzazione delle fasi del processo assistenziale e dei tempi di intervento.

È altresì importante l’identificazione delle strutture di riferimento e l’individuazione di indicatori per valutare e migliorare la qualità dell’assistenza.

Si raccomanda che ogni rete si doti di un documento stilato da un gruppo di lavoro multidisciplinare che conte-stualizzi le raccomandazioni alla propria realtà.

Scompenso cardiaco acuto e shock cardiogeno (Figura 1) Si raccomanda l’adozione di percorsi intraospedalieri per-sonalizzati per tipologia e collocazione dell’ospedale. Il paziente con scompenso cardiaco acuto deve essere indi-rizzato al reparto di ricovero in base alla necessità di moni-toraggio/trattamento intensivo e diagnostica/interventi-stica avanzata. Durante la degenza la gestione del pazien-te con scompenso cardiaco acuto deve essere multidiscipli-nare con precoce attivazione della consulenza cardiologi-ca, internistica o di altra disciplina specialistica di settore in relazione alle specifiche esigenze.

L’inquadramento diagnostico ed il trattamento devono essere tempestivi ed il più possibile orientati alla precisa ri-cerca eziologica. I principi del modello gestionale genera-le devono, paralgenera-lelamente a quanto avviene per lo STEMI, basarsi su una precoce identificazione del paziente ad alto rischio.

Per i dettagli si rimanda al documento di consenso per il trattamento dello scompenso cardiaco che può fornire il riferimento per la creazione di percorsi nella propria realtà. Valutazione del dolore toracico:

requisiti del percorso di valutazione

• Identificazione di un responsabile del percorso (aspetti cul-turali, organizzativi e di verifica)

• Triage infermieristico utilizzando una scheda di raccolta anamnestica standard

• Lettura dell’ECG a 12 derivazioni entro 10 min

• Valutazione seriata dei biomarcatori (troponina cardiaca I o T)

(3)

La rete per le complicanze aritmiche precoci dell’infarto miocardico acuto

L’infarto miocardico acuto è responsabile della maggior parte dei decessi che avvengono in fase preospedaliera. La mortalità preospedaliera in gran parte è dovuta a fibrilla-zione ventricolare primaria. Questa aritmia, se trattata tempestivamente, non condiziona la sopravvivenza succes-siva. Quando la fibrillazione ventricolare primaria avviene in sede preospedaliera ogni minuto di ritardo contribuisce a peggiorare l’outcome che dopo 10 min comprende dan-ni irreversibili (gravi disabilità neurologiche, coma post-anossico e morte).

La fibrillazione ventricolare primaria è più frequente nelle prime 2h dall’inizio dei sintomi, nei soggetti di sesso maschile, di età <60 anni, senza angina prodromica, al pri-mo episodio di infarto miocardico acuto. La percentuale di fibrillazione ventricolare primaria negli STEMI è compresa tra il 2.1% ed il 9.8% mentre negli infarti miocardici senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) è meno frequen-te (1.3%). Restano ancora da chiarire i fattori riferibili a funzione autonomica, fattori metabolici genetici ed a va-riabili elettrocardiografiche.

Indicazioni operative

L’esperienza di questi anni sembra indicare alcune linee di intervento che portino ad aumentare il numero di pazien-ti che giungono vivi in ospedale:

1. Il paziente deve chiamare il 118 il più presto possibile. In questa direzione vanno le linee guida internazionali che raccomandano di chiamare il 118 entro 5 min dall’inizio della sintomatologia e dopo assunzione di una sola do-se di nitrato sublinguale, così da poter intervenire in modo adeguato e tempestivo nel caso purtroppo impre-vedibile di arresto cardiocircolatorio. Anche le racco-mandazioni internazionali di non essere trasportati con mezzi propri ma di chiamare il sistema 118 sono legate anche a questo motivo (un paziente su 300 va in arresto cardiaco mentre viene trasportato in ospedale su mezzi privati).

2. Necessità di una sinergia culturale e gestionale tra le

due reti per l’emergenza cardiologica, quella per la de-fibrillazione precoce e quella per lo STEMI. Il paziente con arresto cardiaco extraospedaliero deve essere consi-derato fino a prova contraria un paziente con un possi-bile infarto miocardico acuto e contemporaneamente un paziente con dolore toracico da sospetta sindrome coronarica acuta potenzialmente a rischio di arresto car-diocircolatorio. Ne deriva che nel primo caso l’interven-to debba andare oltre le manovre rianimal’interven-torie, proce-dendo celermente verso una diagnosi eziologica, anche con l’ausilio dell’ECG preospedaliero. Nel secondo caso è indispensabile che i mezzi di soccorso siano tutti dotati di defibrillatore, ridurre il tempo di permanenza sul ter-ritorio, praticare le prime cure a domicilio (betabloccan-te, aspirina, sedazione e la riduzione del dolore) per “prevenire” l’arresto cardiocircolatorio da fibrillazione ventricolare.

Figura 1. Percorso intraospedaliero in base al profilo di gravità del paziente con scompenso cardiaco.

CPAP = pressione positiva continua delle vie aeree; DEA = Dipartimento di Emergenza-Accettazione; PS = Pronto Soccorso.

Azioni

• Unico protocollo di intervento comune tra la rete per la de-fibrillazione precoce e la rete per lo STEMI

• Dotazione, anche ai mezzi di base, del defibrillatore se-miautomatico e di un sistema semplice di registrazione e di teletrasmissione di un ECG a 12 derivazioni diagnostico • Monitoraggio in appositi registri delle modalità e dei

tem-pi di intervento nei casi di arresto cardiocircolatorio riani-mato con outcome ospedaliero e a 1-6 mesi

• Raccolta di indicatori di outcome per meglio indirizzare le indagini e le cure successive dopo arresto cardiocircolatorio (dati anamnestici, tempi di intervento, presenza di testimo-ni, ritmo iniziale, numero di scariche, tempi di rianimazio-ne, ECG a 12 derivazioni post-arresto cardiocircolatorio, ri-presa di coscienza prima di eventuale sedazione ed intuba-zione)

• Protocolli di intervento del 118 per blocco atrioventricola-re che compatrioventricola-rendano la stimolazione transtoracica e tachi-cardie ventricolari rapide con compromissione emodinami-ca che prevedano la emodinami-cardioversione

(4)

3. La sinergia delle due reti non è scontata perché una vol-ta ottenuvol-ta la ripresa del ritmo i soccorritori tendono a concentrare l’attenzione sui problemi della ventilazione intubando il paziente ed indirizzandolo verso i reparti di rianimazione mentre viene sottovalutato il ruolo dell’i-schemia miocardica acuta. Pertanto, nel sospetto di STEMI è indispensabile il consulto con il cardiologo e l’invio del paziente in sala di emodinamica per effettuare l’angio-grafia coronarica. La sinergia tra 118, PS, Rianimazione e Cardiologia è la miglior garanzia per affrontare ap-propriatamente queste drammatiche situazioni. 4. In pazienti con un arresto cardiocircolatorio rianimati, la

documentata assenza di ischemia miocardica acuta indi-rizza meglio gli accertamenti cardiologici successivi. Pe-raltro, la documentazione di un ECG a 12 derivazioni prima o immediatamente dopo un arresto cardiocircola-torio consente di meglio documentare altre aritmie me-no frequenti causa di arresto cardiocircolatorio come ta-chicardie ventricolari rapide o blocchi atrioventricolari totali in presenza o meno di STEMI. Queste aritmie pos-sono regredire spontaneamente prima dell’arrivo in PS o prima di quando verrà eseguito il primo ECG. Comun-que un ECG a 12 derivazioni deve essere nuovamente eseguito in PS al più presto possibile. In caso di tachicar-dia ventricolare rapida con compromissione emodina-mica, anche senza arresto cardiocircolatorio, in condi-zioni adeguate (cioè almeno su ambulanza medicalizza-ta) potrebbe essere indicata la defibrillazione, mentre il blocco atrioventricolare di terzo grado potrebbe richie-dere la stimolazione transtoracica.

Arresto cardiaco extraospedaliero e patologie aritmiche

L’intervento più adeguato si ottiene con l’informazione e l’educazione della popolazione e degli operatori perché le fasi del soccorso avvengano tempestivamente e corretta-mente; in particolare la chiamata al 118, le manovre di ri-animazione di base degli astanti, la defibrillazione preco-ce e le cure adeguate sul territorio e in ospedale sono gli anelli fondamentali della catena del soccorso. È indispen-sabile un’organizzazione in rete secondo protocolli locali condivisi e che possa disporre di defibrillatori semiautoma-tici nei luoghi più idonei da individuare in sede locale. Ven-gono di seguito riportati elementi di organizzazione, do-tazioni strumentali ed indirizzi operativi in linea con le rac-comandazioni espresse dalla Società Europea di Cardiolo-gia e dalle linee guida congiunte di American College of Cardiology/American Heart Association/European Society of Cardiology (ACC/AHA/ESC).

Organizzazione e coordinamento locale

1. Costituire un gruppo tecnico territoriale di coordina-mento tra il 118 e i referenti delle Cardiologie (deve es-sere integrato anche con il gruppo tecnico per la rete dello STEMI).

2. Predisporre localmente un piano progressivo di inter-vento coordinato per la distribuzione e l’utilizzo dei de-fibrillatori semiautomatici secondo appositi percorsi e protocolli sia per la chiamata e l’arrivo dei soccorsi che per l’intervento sul campo e nell’ospedale successiva-mente.

3. Realizzare campagne informative locali (ad es. nelle

scuole) per diffondere la cultura della chiamata imme-diata al 118 in caso di arresto cardiaco ma anche in caso di violento dolore al petto o grave crisi respiratoria e per insegnare gli elementi basilari del soccorso del paziente con arresto cardiaco (competenza di rianimazione di ba-se e con defibrillatore).

Dotazioni strumentali

• Dotare tutti i mezzi di emergenza sanitaria di defibrilla-tori semiautomatici e formare ed audefibrilla-torizzare gli equi-paggi.

• Dotare i mezzi di soccorso di emergenza non sanitari (polizia, carabinieri, vigili del fuoco, ecc. secondo la real-tà locale) di defibrillatori semiautomatici formando ed autorizzando gli equipaggi, opportunamente coordina-ti dal 118 per le chiamate di soccorso.

• Progettare esperienze di utilizzo dei defibrillatori se-miautomatici da parte di laici (public access defibrilla-tion) in luoghi ad alta concentrazione di popolazioni a rischio per arresto cardiaco identificate da apposite commissioni (grandi aeroporti, stazioni, stadi, centri commerciali o sportivi, strutture scolastiche, poliambu-latori).

Paziente cronico

Scompenso cardiaco cronico

Prevenzione e screening della disfunzione ventricolare asintomatica

• La disfunzione ventricolare asintomatica dovrebbe esse-re oggetto di scesse-reening.

• Lo screening è raccomandato esclusivamente nei sog-getti ad alto rischio e tra questi nei sogsog-getti apparte-nenti allo stadio A (con fattori di rischio) o B (con cardio-patia organica) delle linee guida dell’ACC/AHA ed in particolare quelli con ipertensione arteriosa, diabete mellito, insufficienza renale (inclusa microalbuminuria), pregresso infarto miocardico, malattia coronarica docu-mentata o aterosclerosi polidistrettuale, malattia valvo-lare significativa asintomatica, familiarità di primo gra-do per cardiomiopatia, assunzione prolungata di farma-ci cardiotossifarma-ci, obesità, sindrome metabolica e/o sindro-me delle apnee notturne.

• Il medico di medicina generale (MMG) è il primo attore nell’identificazione dei pazienti a rischio, per l’attivazio-ne dello screening, l’impostaziol’attivazio-ne dell’intervento tera-peutico ed il suo monitoraggio nel tempo.

• La consulenza e cogestione specialistica sono indicate

Percorsi nello scompenso cardiaco cronico

• Prevenzione e screening della disfunzione ventricolare asintomatica

• Paziente con scompenso cardiaco acuto di nuova diagnosi o instabilizzato

• Paziente ambulatoriale oligosintomatico

• Paziente con scompenso cardiaco avanzato candidabile al trapianto cardiaco e/o all’assistenza ventricolare

• Paziente anziano con comorbilità e/o fragile • Paziente con scompenso terminale

(5)

nei pazienti ad alto rischio, non adeguatamente con-trollati da interventi di primo livello.

• L’ecocardiogramma rappresenta certamente l’esame di riferimento per la valutazione della funzione ventricola-re, ma un programma di screening ecocardiografico si-stematico ed estensivo risulta difficilmente sostenibile. È quindi ipotizzabile da una parte circoscrivere lo scree-ning ai pazienti con fattori di rischio multipli o severi/non controllati, dall’altra validare strategie dia-gnostiche più semplici, accessibili, a costo contenuto e con elevato potere predittivo negativo quale ad esem-pio l’utilizzo di ECG e peptidi natriuretici per seleziona-re i pazienti a rischio più elevato da candidaseleziona-re al più op-portuno iter diagnostico e terapeutico.

Il paziente con scompenso cardiaco acuto di nuova diagnosi o instabilizzato

• Si raccomanda l’adozione di percorsi intraospedalieri personalizzati per tipologia e collocazione dell’ospeda-le.

• Il paziente con scompenso cardiaco acuto deve essere in-dirizzato al reparto di ricovero in base alla necessità di monitoraggio/trattamento intensivo e diagnostica/in-terventistica avanzata.

• Durante la degenza la gestione del paziente con scom-penso cardiaco acuto deve essere multidisciplinare con precoce attivazione della consulenza cardiologica, oltre che, eventualmente, di altra disciplina specialistica di settore in relazione alle specifiche esigenze.

• Punto qualificante dei percorsi intraospedalieri è il rife-rimento del paziente dimissibile all’Ambulatorio per lo Scompenso Cardiaco per i seguenti obiettivi: a) primo controllo post-dimissione per valutare il mantenimento della stabilità clinica ed un ulteriore inquadramento prognostico; b) ulteriore approfondimento/risoluzione di problematiche attive (stratificazione per morte im-provvisa e/o trapianto cardiaco, indicazione a valutazio-ne invasiva/interventistica avanzata, impianto di dispo-sitivi quali il defibrillatore automatico e/o il pacemaker biventricolare) e/o presa in carico in caso di scompenso cardiaco avanzato.

• La relazione clinica consegnata alla dimissione del pa-ziente ricoverato per scompenso cardiaco acuto dovrà contenere le indicazioni per il MMG relative al tratta-mento ed al controllo a domicilio del paziente.

Il paziente ambulatoriale oligosintomatico

• Principale figura di riferimento per l’assistenza al pa-ziente ambulatoriale oligosintomatico è il MMG che av-via il percorso diagnostico ambulatoriale e pianifica in maniera multidisciplinare le cure.

• Il MMG si avvale della consulenza specialistica per l’in-quadramento eziologico, la stratificazione prognostica e l’impostazione terapeutica.

• Il follow-up periodico del MMG è almeno trimestrale, l’attenzione andrà concentrata sulla verifica della stabi-lità clinica, sul rinforzo della compliance del paziente al trattamento, sulla prevenzione e sul riconoscimento precoce dei segni di instabilizzazione, sull’educazione del paziente.

• Il MMG richiede consulenza specialistica per peggiora-mento senza pronta risposta alla terapia, comparsa di angina e/o ischemia, aritmie, progressione della

disfun-zione ventricolare, con la possibilità di presa in carico temporanea per la gestione delle stesse problematiche da parte dello specialista.

Il paziente con scompenso avanzato candidabile al trapianto cardiaco e/o all’assistenza ventricolare • Il paziente con scompenso avanzato candidabile al

tra-pianto cardiaco e/o all’assistenza ventricolare è preva-lentemente in carico alle cure specialistiche.

• Il paziente con scompenso avanzato candidabile al tra-pianto cardiaco e/o all’assistenza ventricolare deve esse-re pesse-reso in carico da un’equipe medico-infermieristica dedicata alla cura dello scompenso cardiaco.

• Il follow-up dei pazienti con scompenso severo stabili o che necessitino di inquadramento diagnostico od otti-mizzazione terapeutica può essere svolto dall’equipe dedicata alla cura dello scompenso, mentre pazienti in-stabili, candidabili al trapianto o in previsione di soluzio-ni chirurgiche non tradizionali sono sotto la cura diretta del programma di trapianto cardiaco, in regime di rico-vero o di controlli ambulatoriali ravvicinati secondo ne-cessità.

• La lista d’attesa per trapianto cardiaco deve essere di-mensionata sulla previsione della disponibilità di dona-tori, privilegiando i pazienti che, a parità di rischio di morte o deterioramento, hanno migliore probabilità di successo post-trapianto.

• La candidatura a trapianto cardiaco secondo criteri re-strittivi per lo scompenso realmente refrattario è utile ad aumentare il vantaggio in termini di sopravvivenza. Il paziente anziano con comorbilità e/o fragile

• L’eterogeneità clinica e la complessità dell’anziano con scompenso sono legate non solo all’entità della compro-missione cardiocircolatoria, ma anche alla dinamica in-terazione tra processo di invecchiamento, comorbilità, stato funzionale e psico-cognitivo e fattori socio-am-bientali.

• L’obiettivo principale della strategia gestionale per l’an-ziano dovrebbe essere il mantenimento del miglior livel-lo di qualità di vita possibile in rapporto alla condizione di salute psico-fisica e di autonomia funzionale. • L’utilizzo sistematico della valutazione

multidimensio-nale consente di attivare i percorsi più funzionali ai bi-sogni assistenziali dell’anziano con scompenso.

• A livello intraospedaliero il percorso dell’anziano con scompenso dovrebbe prevedere un approccio multidi-sciplinare con protocolli condivisi nelle diverse unità di degenza.

• Ambulatori specialistici, impostati su una gestione mul-tidisciplinare in cui convergano competenze cardiologi-che, internistiche e geriatriche dovrebbero essere depu-tati alla gestione precoce della fase post-dimissione. • A livello territoriale il MMG è il responsabile della

ge-stione clinica e imposta il percorso di controllo periodi-co del paziente periodi-con il supporto di altre figure professio-nali e delle Unità Valutative Geriatriche, laddove pre-senti, nell’ambito di una gestione multidisciplinare. Il paziente con scompenso terminale

• I bisogni assistenziali dei pazienti con scompenso termi-nale non ricevono attualmente adeguata attenzione, nonostante l’elevata incidenza epidemiologica e

(6)

l’im-patto sulla qualità di vita del malato e del suo nucleo fa-miliare.

• L’incertezza della prognosi in questi pazienti è una del-le principali barriere all’organizzazione di un percorso di cure adeguato.

• L’assistenza palliativa per lo scompenso non differisce sostanzialmente da quella già dimostratasi efficace per i malati affetti da altre patologie (in particolare per quelle neoplastiche), con la possibile eccezione della problematica legata alla maggior incidenza delle mano-vre rianimatorie alla fine della vita.

• Il ruolo dello psicologo è cruciale nell’ambito di un’assi-stenza multidisciplinare per il miglioramento della co-municazione fra paziente, familiari e l’equipe di assisten-za e per una migliore percezione dei livelli di consapevo-lezza e delle scelte sull’iter diagnostico-terapeutico. • Si raccomanda che vengano promossi specifici progetti

relativi alle cure palliative dei malati affetti da scompen-so nei differenti ambiti: assistenziale (al domicilio e in hospice), formativo, nella ricerca e nell’informazione al-la popoal-lazione.

Qualità delle cure: indicatori di struttura, processo e risultato

È raccomandata l’adozione per ogni fase del percorso ge-stionale di specifici indicatori, condivisi a livello intraospe-daliero e territoriale, che rappresentino la base per proces-si di autovalutazione e per un percorso di miglioramento continuo di qualità dell’assistenza nello scompenso. Indicatori strutturali

Disponibilità di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi. I professionisti clinici che si occupano di pazienti affetti da scompenso dovrebbero disporre di documenti sulla gestio-ne e il trattamento dei pazienti con scompenso, che descri-vano la miglior pratica clinica in linea con l’evidenza medi-ca esistente. Questi possono avere la connotazione di pro-fili di assistenza o di raccomandazioni e devono prendere in considerazione livelli differenziati di assistenza nei di-versi pazienti, inclusi programmi specifici per i pazienti con scompenso in fase terminale. L’organizzazione gestionale dovrebbe essere impostata per trasferire i pazienti al livel-lo assistenziale appropriato.

Monitoraggio dell’assistenza. I professionisti clinici che si occupano di pazienti affetti da scompenso dovrebbero di-sporre di strumenti di monitoraggio per verificare l’esito dell’assistenza. Le decisioni assistenziali dovrebbero essere valutate in funzione delle linee guida adottate sulla ge-stione e il trattamento dei pazienti. Lo staff clinico dovreb-be ricevere rapporti di performance periodicamente, al-meno una volta all’anno.

Presenza di Ambulatorio specialistico dedicato. Ogni strut-tura ospedaliera dovrebbe dotarsi di un Ambulatorio dedi-cato per la gestione della fase precoce post-dimissione e dei pazienti complessi con scompenso avanzato.

Indicatori di processo

Gli indicatori di processo di cura devono riguardare l’inte-ra rete assistenziale ed essere condivisi a livello ospedalie-ro, dove momento di verifica è la lettera di dimissione

do-po un ricovero per scompenso acuto, e a livello territoria-le, dove punto di rilevazione possono essere le cartelle cli-niche computerizzate dei MMG. Progressività e flessibilità nella definizione dei target in particolare farmacologici so-no necessarie in relazione all’epidemiologia del baciso-no di utenza e alle classi di età. In tale ambito, indicatore po-trebbe essere il dato di monitoraggio delle percentuali di utilizzo dei trattamenti o il diverso accesso alle prestazioni ritenute appropriate, in relazione all’età e alla situazione socio-sanitaria.

1. Valutazione della funzione sistolica ventricolare. La do-cumentazione clinica dei pazienti affetti da scompenso dovrebbe contenere dati relativi alla valutazione della funzione ventricolare sinistra, dato che tale misurazione ha implicazioni sia di tipo diagnostico che terapeutico (target≥75%).

2. Uso degli inibitori dell’enzima di conversione dell’an-giotensina o antagonisti recettoriali dell’andell’an-giotensina. I pazienti con scompenso con disfunzione ventricolare si-nistra e che non presentino controindicazioni dovrebbe-ro essere trattati con inibitori dell’enzima di conversio-ne dell’angiotensina o antagonisti recettoriali dell’an-giotensina (target≥85%).

3. Uso dei betabloccanti. I pazienti con scompenso con dis-funzione ventricolare sinistra e che non presentino con-troindicazioni dovrebbero essere trattati con betabloc-canti (target≥50%).

4. Uso della terapia anticoagulante per la fibrillazione atriale. I pazienti con scompenso e fibrillazione atriale che non presentano controindicazioni dovrebbero esse-re trattati con anticoagulanti orali (target≥85%). 5. Educazione del paziente. I pazienti con scompenso

do-vrebbero ricevere materiale informativo scritto sul livel-lo di attività fisica consigliato, la dieta, la terapia farma-cologica, la misurazione del peso, il comportamento da tenere in caso di deterioramento dei sintomi, e un ap-puntamento di follow-up (target≥90%).

6. Valutazione multidimensionale di primo livello in pa-zienti anziani. I papa-zienti ultrasettantacinquenni con scompenso dovrebbero essere sottoposti ad una valuta-zione multidimensionale di primo livello per accertarne stato fisico, capacità cognitive, benessere psichico e li-vello di autosufficienza, in modo da poter definire il pia-no di cura più adatto ai loro bisogni assistenziali (target >50%).

Indicatori di esito

1. Ricoveri ripetuti. Ai soli fini del monitoraggio dell’assi-stenza si propone la valutazione dei ricoveri per scom-penso ripetuti precocemente (a 30 e 90 giorni) e del nu-mero di accessi in PS/Dipartimento di Emergenza (a 30 e 90 giorni) dopo la dimissione.

2. Mortalità. La mortalità nello scompenso non è un indi-catore di precaria qualità dell’assistenza e può costitui-re l’inevitabile conseguenza di una lunga malattia in fa-se avanzata durante la quale il paziente può aver ricevu-to un’assistenza eccellente. La valutazione della morta-lità deve obbligatoriamente tenere conto del profilo di rischio del paziente. Ai soli fini del monitoraggio dell’as-sistenza si propone la valutazione della mortalità in-traospedaliera e a 30 giorni dalla dimissione dopo un ri-covero per scompenso.

(7)

3. Qualità di vita e soddisfazione dei pazienti. Queste mi-sure dovrebbero formare oggetto di una specifica speri-mentazione.

L’analisi sistematica del processo dovrebbe essere af-fiancata dalla ricostruzione degli elementi di costo dell’as-sistenza, per consentire la riprogettazione del finanzia-mento, non più parcellizzata per prestazione, ma finaliz-zata al rimborso dell’intero percorso assistenziale. Specificità del percorso nella cardiopatia ischemica cronica

La cardiopatia ischemica cronica presenta aspetti peculiari che rendono necessaria la creazione di percorsi ad hoc, so-stanzialmente differenti da quelli del paziente affetto da scompenso cardiaco. Questa patologia è caratterizzata fondamentalmente da:

• elevata diffusione

• notevole variabilità di presentazione che oscilla dalla to-tale asintomaticità alla presenza di sintomi invalidanti • frequente associazione con altre patologie (dal diabete

e sindrome metabolica all’insufficienza renale cronica) che riducono l’efficacia delle terapia e complicano la ge-stione del malato

• possibilità/necessità di far tornare il paziente alle sue normali attività in tempi brevi

• necessità di prevenzione secondaria

• possibilità di recidive anche a distanza di anni in pazien-ti completamente stabilizzapazien-ti che si considerano “guari-ti”

• utilità della continuità assistenziale al pari di altre pato-logie che si presentano con maggior cronicità delle ma-nifestazioni cliniche

• necessità di educazione di un paziente che, al di fuori delle fasi critiche, spesso non si sente ammalato o che al-l’opposto si sente eccessivamente condizionato dalla malattia. Da ciò derivano problematiche organizzative di complessa soluzione.

Il paziente con diagnosi presunta o accertata di cardiopatia ischemica cronica stabile

• Per questi soggetti sono necessari percorsi intraospeda-lieri dedicati ed organizzati, che si realizzino in gran parte attraverso meccanismi di deospedalizzazione (de-genza breve, ambulatori specialistici con day hospital e day service, preospedalizzazione, controllo precoce post-dimissione).

• In questa fase vanno identificati i pazienti con necessità di una gestione multidisciplinare (con diabetologo, in-ternista, nefrologo) che si faccia carico non solo della

malattia cardiaca ma anche delle patologie concomitan-ti che rendono più incerconcomitan-ti i risultaconcomitan-ti del trattamento car-diologico.

• La degenza dovrebbe essere limitata, oltre che alla fasi di instabilizzazione nelle quali il malato deve usufruire dei percorsi dedicati alla cardiopatia ischemica acuta, al-le fasi di valutazione strumentaal-le più sofisticata e quin-di soprattutto agli accertamenti invasivi.

• La valutazione finale al termine della fase diagnostica deve essere il più interdisciplinare possibile, per cui è ne-cessario un grande sforzo organizzativo, basato soprat-tutto su meeting di casistica clinica e protocolli diagno-stico-terapeutici condivisi, per evitare che la possibilità di rivascolarizzazione percutanea contestualmente alla diagnosi invasiva privi il paziente di un giudizio più am-pio che non trascuri l’indicazione ad altri approcci tera-peutici, nonché della sua corretta informazione sulle va-rie opzioni terapeutiche.

• In fase di dimissione è importante l’informazione al pa-ziente, al cardiologo curante ed al MMG sulla prognosi, sulla terapia e sui rischi della sua sospensione impropria, sull’utilità dei controlli.

• È indispensabile il follow-up, preferibilmente clinico ma anche solo informativo, che permetta la conoscenza del-l’outcome e quindi la rivalutazione critica delle scelte te-rapeutiche adottate.

• Nei pazienti a basso rischio avviati al trattamento medi-co o che abbiano già praticato la rivasmedi-colarizzazione, percutanea o chirurgica, la fase ambulatoriale è partico-larmente delicata e deve essere orientata all’ottimizza-zione della terapia, al controllo dei fattori di rischio, al-la rivalutazione periodica clinica e strumentale delal-la malattia che permetta di evidenziare la necessità di nuo-ve opzioni terapeutiche.

• Questa fase può essere gestita sia da strutture del terri-torio di adeguato livello sia da strutture ambulatoriali ospedaliere.

• È importante la stratificazione del rischio: il paziente con compromissione metabolica deve poter usufruire di prestazioni di livello più elevato che si avvantaggino della gestione multidisciplinare attraverso il supporto di specialisti che affianchino il cardiologo.

Coerentemente con quanto previsto per lo scompenso cardiaco, anche per il paziente con cardiopatia ischemica cronica, nei Centri Hub, è auspicabile che si realizzino strutture ambulatoriali dedicate che utilizzino i seguenti criteri:

- approccio multidisciplinare

- protocolli condivisi tra i vari specialisti così da rendere la prestazione del cardiologo più completa limitando il ri-corso alle consulenze di altri specialisti

- attività coordinata e complementare con gli altri ambu-latori specialistici (cardiologici e non, ad es. Centri anti-diabetici, ecc.) del territorio e con il MMG in modo da evi-tare sovrapposizioni e ridondanze.

Specificità del percorso nelle patologie valvolari e dell’aorta

Negli ultimi anni, il decremento dell’incidenza della patolo-gia reumatica e l’aumento della patolopatolo-gia degenerativa valvolare, hanno profondamente modificato la popolazio-ne affetta da valvulopatie popolazio-nei paesi industrializzati, con Percorsi nel paziente cardiopatico cronico

(escluso lo scompenso cardiaco cronico)

• Paziente con diagnosi presunta o accertata di cardiopatia ischemica cronica stabile

• Paziente con valvulopatie

- Screening nel paziente asintomatico - Paziente oligosintomatico

- Paziente candidato a chirurgia - Paziente portatore di protesi valvolare • Specificità del percorso nel paziente aritmico

(8)

progressivo aumento dell’incidenza di stenosi aortica calci-fica e di insufficienza mitralica degenerativa o funzionale, a fronte di un decremento di insufficienza aortica e stenosi mitralica. Queste patologie croniche colpiscono sempre più soggetti anziani e sono associate a patologie concomitanti quali diabete, ipertensione arteriosa e broncopneumopatia cronica ostruttiva, che insieme contribuiscono alle ripetute ospedalizzazioni ed all’aumento del rischio operatorio di ri-parazione o sostituzione valvolare, con inevitabili difficoltà ad assumere le più appropriate decisioni terapeutiche.

Per tali motivi, è necessaria la definizione di una rete assistenziale per i pazienti affetti da valvulopatie, con la valutazione dei diversi percorsi di cura, in relazione alla se-verità dei sintomi e della malattia, età, comorbilità associa-te. È fondamentale definire i diversi percorsi diagnostici e terapeutici, i profili assistenziali, i ruoli e le responsabilità dei diversi operatori sanitari, in un approccio multidiscipli-nare in cui giocano un ruolo importante il MMG, il cardio-logo ambulatoriale, il cardiocardio-logo ospedaliero e altre figu-re specialistiche (pneumologo, diabetologo, cardiochirur-go). Inoltre, un numero sempre maggiore di pazienti è candidato ad un intervento chirurgico con un timing che, nell’adulto, si sta progressivamente anticipando rispetto alla storia naturale delle singole valvulopatie. Ciò compor-ta ulteriori problematiche con l’organizzazione di una re-te di gestione del pazienre-te sottoposto ad inre-tervento di so-stituzione o riparazione valvolare, che richiede profilassi dell’endocardite, terapia anticoagulante e controlli perio-dici per possibile degenerazione protesica e necessita per-tanto di una stretta collaborazione tra lo specialista cardio-logo ed il cardiochirurgo.

I principali percorsi di cura del paziente con valvulopatie

SCREENING NEL PAZIENTE ASINTOMATICO

• Il ruolo fondamentale viene svolto dal MMG che ha il compito di individuare i pazienti asintomatici con fatto-ri di fatto-rischio o familiafatto-rità per valvulopatie. Egli deve av-valersi di un accurato esame clinico e diagnostico (ECG, Rx torace), per rilevare segni di patologia (soffi cardiaci, variazioni del polso periferico, aggiunta o scomparsa di toni cardiaci).

• È fondamentale porre le basi per un sospetto diagnosti-co, rimandando poi la valutazione strumentale e la dia-gnosi definitiva ad uno specialista cardiologo.

• Lo specialista provvederà ad eseguire indagini più accu-rate (a partire dall’ecocardiogramma) per la definizione diagnostica, valutazione della severità e stratificazione prognostica della malattia.

• Posta la diagnosi, diventa importante attuare un follow-up integrato tra cardiologo e MMG con controlli seriati clinico-strumentali, ad intervalli da stabilirsi in base al ti-po di valvulopatia ed alla gravità della stessa.

IL PAZIENTE OLIGOSINTOMATICO

• Il ruolo fondamentale viene svolto dal MMG per la valu-tazione clinica del paziente, la definizione del percorso diagnostico e l’eventuale terapia medica per il controllo della sintomatologia e della progressione di malattia. • Il MMG deve confrontarsi con lo specialista per

l’inqua-dramento della severità della patologia, in relazione o meno alla sintomatologia.

• Il follow-up è a carico del MMG che si avvale della

con-sulenza specialistica per i controlli seriati con indagini strumentali appropriate alla patologia in esame. • In caso di aggravamento della sintomatologia o

peggio-ramento del quadro clinico, è richiesta un’ulteriore con-sulenza specialistica, in una struttura ospedaliera ade-guata di riferimento, per l’esecuzione di indagini più ap-propriate quali ecocardiografia transesofagea, eco-stress, coronarografia, tomografia computerizzata ed un’eventuale consulenza cardiochirurgica.

• Spetta al MMG, una volta effettuato un inquadramento diagnostico, seguire il paziente nel tempo, gestendo un’eventuale terapia medica, la profilassi per endocar-dite nonché eventuale terapia anticoagulante.

IL PAZIENTE CANDIDATO A CHIRURGIA

• Il ruolo principale è svolto dallo specialista cardiologo in stretta collaborazione con il cardiochirurgo, per un’ap-profondita valutazione della severità della patologia e dei sintomi ad essa correlati. È altresì importante la stra-tificazione del rischio operatorio, spesso aggravato dal-la presenza di comorbilità (per questo è richiesta una stretta collaborazione tra diverse figure specialistiche in relazione al tipo di patologia concomitante).

• I pazienti vengono gestiti in Centri specialistici cardiolo-gici per le indagini diagnostiche e le terapie mediche in attesa dell’intervento chirurgico.

Il paziente portatore di protesi valvolare

• Nell’immediato postoperatorio, ruolo fondamentale è svolto dai reparti di riabilitazione cardiologica per mi-gliorare le condizioni cliniche del paziente e definire, at-traverso esami strumentali quali eco, ECG, Rx torace, i li-velli funzionali raggiunti nella fase postoperatoria. Su questa base di riferimento, nel follow-up vengono valu-tate eventuali variazioni del quadro clinico e stabilita la soglia di tolleranza all’esercizio fisico, che può rimanere ridotta nel caso di interventi tardivi con persistenti alte-razioni emodinamiche irreversibili (ad es. ipertensione polmonare nelle patologie mitraliche).

• Successivamente il paziente sottoposto ad intervento di sostituzione valvolare verrà seguito dallo specialista car-diologo e da strutture specializzate in Cardiologia. • Sempre allo specialista, in stretta collaborazione con il

MMG, spetta il compito di gestire la terapia anticoagu-lante, secondo range terapeutici di INR, in base alla pa-tologia, al tipo di intervento e alle caratteristiche indivi-duali di ciascun paziente.

IL PAZIENTE AFFETTO DA PATOLOGIE AORTICHE Patologie isolate dell’aorta toracica

• Ruolo centrale svolto dal MMG e dal team cardiologico per l’eliminazione dei fattori di rischio (ipertensione ar-teriosa, diabete mellito, dislipidemie) e per screening nei pazienti asintomatici.

• La sintomatologia spesso si manifesta come evento acu-to (dissezione, rottura aneurisma) con diversa prognosi e diverse indicazioni all’intervento chirurgico.

Patologia aortica combinata a patologia valvolare (valvola bicuspide o tricuspide)

• I tempi di follow-up vengono gestiti a seconda della progressione della patologia, dal team cardiologico in day hospital o day service.

(9)

• Il paziente viene gestito in stretta collaborazione tra team cardiologico e cardiochirurgico, per la stratifica-zione del rischio, la scelta del timing ottimale dell’inter-vento chirurgico e la gestione del paziente nel postope-ratorio.

• Per assumere le più corrette decisioni terapeutiche nel-le singonel-le Unità Operative Compnel-lesse è fondamentanel-le che gli accertamenti diagnostici seguano indicazioni ed accuratezza predittiva di standard adeguato.

Specificità del percorso nel paziente aritmico

L’assistenza al paziente cardiopatico con patologia aritmi-ca deve garantire il miglior trattamento possibile, indipen-dentemente dal punto di ingresso nel sistema ospedaliero, una integrazione con i percorsi di diagnosi e cura per le al-tre problematiche cardiologiche ed una continuità assi-stenziale nella fase cronica post-stabilizzazione.

Ciascuna rete di ospedali (provinciale, di Area Vasta, re-gionale) sarà organizzata in base alle esigenze epidemio-logiche e territoriali e dovrà prevedere per il paziente “aritmico” il miglior percorso in relazione alle esigenze di diagnosi (ad es. in regime ambulatoriale o di day hospital) o di impianto di dispositivo (ad es. in regime di day surgery per i pazienti provenienti dagli altri ospedali di rete).

Secondo il documento dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC) riguardante l’or-ganizzazione e la funzione delle strutture aritmologiche, al fine di ottimizzare le risorse disponibili e di fornire al pa-ziente il miglior trattamento possibile, il modello organiz-zativo proposto prevede una suddivisione delle strutture sanitarie deputate allo svolgimento delle attività di arit-mologia diagnostica e terapeutica in differenti livelli di complessità.

Le strutture di livello superiore dovranno necessaria-mente soddisfare, oltre alle caratteristiche organizzative previste per lo specifico livello di appartenenza, anche tut-te quelle di livello inferiore. Inoltre, secondo un modello del tipo Hub and Spoke, le strutture sanitarie di livello su-periore dovranno fungere da punto di riferimento, non so-lo per la diagnosi e la terapia, ma anche culturale per quel-le di livello inferiore.

Per quanto riguarda il paziente cronico con problema-tiche di tipo aritmico si fa riferimento a strutture ambula-toriali di rete nelle quali vengono eseguite procedure dia-gnostiche e terapeutiche di aritmologia non invasiva. Procedure diagnostiche e terapeutiche

- Valutazione clinica dei pazienti (sia prima valutazione, sia valutazioni successive durante il follow-up) con impo-stazione del percorso diagnostico

- ECG a 12 derivazioni

- Massaggio dei seni carotidei in clino- e ortostatismo (sul lettino del tilt e con monitoraggio pressorio ed elettro-cardiografico continuo)

- Tilt test potenziato con trinitrina e/o isoproterenolo - Monitoraggio elettrocardiografico prolungato

ambula-toriale tradizionale secondo Holter

- Monitoraggio elettrocardiografico prolungato ambula-toriale mediante tecniche di telecardiologia: event recor-der e loop recorrecor-der esterni

- Valutazione non invasiva del rischio di aritmie ventrico-lari: variabilità della frequenza cardiaca e/o ECG signal averaging (post-potenziali ventricolari) e/o alternanza

dell’onda T e/o sensibilità baroriflessa e/o variabilità e di-namicità dell’intervallo QT

- Follow-up dei pazienti portatori di pacemaker, defibrilla-tori impiantabili, dispositivi per resincronizzazione car-diaca e loop recorder impiantabili

- Prescrizione di misure terapeutiche comportamentali (counseling) e farmacologiche.

La possibilità che all’interno della struttura ambulato-riale di primo livello possano essere eseguiti test farmaco-logici (atropina, ajmalina, flecainide, adenosina, ecc.), stu-di elettrofisiologici transesofagei, interruzione farmacolo-gica, con stimolazione transesofagea, o con cardioversione elettrica transtoracica delle aritmie sopraventricolari e/o ventricolari o stimolazione cardiaca provvisoria transtora-cica dipende dalla dotazione dell’ambulatorio di prese per l’ossigeno e per l’aspirazione endotracheale e dalla situa-zione logistica dell’ambulatorio stesso che deve trovarsi al-l’interno di una struttura sanitaria con accesso al ricovero se necessario (ordinario, UTIC, Rianimazione).

È richiesta al personale medico ed infermieristico espe-rienza e competenza specifica nel campo dell’aritmologia non invasiva e semi-invasiva, aderenza a specifiche linee gui-da nazionali/internazionali o ad algoritmi condivisi, abilita-zione alle manovre di rianimaabilita-zione di base o avanzata. Dotazioni tecnologiche

- Elettrocardiografo a 12 derivazioni - Lettino da tilt monitorizzato

- Monitor ed apparecchiatura per monitoraggio ECG in te-lemetria

- Registratori e lettore ECG dinamico (con possibilità di va-lutare la variabilità della frequenza cardiaca e la variabi-lità e dinamicità dell’intervallo QT)

- Strumenti per la telecardiologia

- Programmatori per pacemaker, defibrillatori impiantabi-li e loop recorder sottocutanei

- Saturimetro

- Attrezzature per l’emergenza, defibrillatore bifasico, possibilità di pacing cardiaco provvisorio transtoracico - Dotazioni auspicabili, pur se opzionali: monitoraggio non

invasivo battito-battito della pressione arteriosa, ECG si-gnal averaging, valutazione dell’alternanza dell’onda T, valutazione della sensibilità baroriflessa, poligrafo

La prevenzione e la riabilitazione

I modelli organizzativi: descrizione e personale UOS/UOSD/UOSID e Ambulatori di Prevenzione Cardiovascolare

REQUISITI STRUTTURALI

• Un locale per la valutazione clinica attrezzata alla rac-colta dati computerizzata.

• Un locale per le procedure infermieristiche come il col-loquio preliminare, la raccolta delle misure antropome-triche ed il counseling motivazionale breve (ad opera dell’infermiere specificamente formato o dello psicolo-go), con raccolta standardizzata dei dati.

• Un locale per la diagnostica ultrasonografica (ecocar-diogramma color Doppler, eco-color Doppler vascolare), ovvero un collegamento funzionale con il laboratorio di ecocardiografia e di ecografia vascolare.

(10)

sfor-zo, eco-stress), dotato di sistema di monitoraggio elet-trocardiografico e gestione dell’emergenza, ovvero col-legamento funzionale con il servizio di diagnostica non invasiva.

È auspicabile la disponibilità di piccole aule per gli incon-tri informativi e formativi rivolti ai pazienti ed agli operato-ri del teroperato-ritooperato-rio, l’accesso diretto alla diagnostica strumenta-le cardiologica non invasiva, la competenza per la diagnosti-ca ecodiagnosti-cardiografidiagnosti-ca in collaborazione con altre strutture esi-stenti. I medici impegnati nelle strutture di prevenzione car-diovascolare devono possedere capacità e competenze pro-fessionali specifiche nella diagnostica clinica e strumentale del danno d’organo, ovvero nella valutazione della progres-sione del processo aterotrombotico e nella raccolta standar-dizzata dei dati derivati dagli esami strumentali.

Si auspica, inoltre, che le strutture di prevenzione car-diovascolare possano collaborare con Unità di Ricerca Cli-nica e/o Unità di Epidemiologia Cardiovascolare.

REQUISITI TECNOLOGICI - Elettrocardiografo

- Ecocardiografo bidimensionale color Doppler con fun-zione eco-vascolare e sonda transesofagea

- Attrezzatura per ECG da sforzo e/o eco-stress

- Apparecchiatura per monitoraggio elettrocardiografico in telemetria

- Attrezzature per l’emergenza

(La strumentazione necessaria per le attività diagnosti-che potrà essere in comune con la Struttura di Cardiologia nel caso delle UOS o dei servizi ambulatoriali di prevenzio-ne).

DOTAZIONE DI PERSONALE

- Un medico cardiologo, responsabile della struttura - Medici cardiologi di supporto in numero proporzionale

al numero dei pazienti afferenti alla struttura

- Infermieri con specifica formazione per la prevenzione cardiovascolare e per il counseling motivazionale breve, con funzioni di case manager, e gestione della ricerca cli-nica in numero proporzionale al numero dei pazienti af-ferenti alla struttura (in media 1 infermiere ogni 50-100 pazienti in carico alla struttura)

- Un infermiere per l’esecuzione di esami strumentali e di test provocativi.

Disponibilità di consulenti per il lavoro in team: - diabetologo (anche part-time), per il percorso del

pa-ziente diabetico

- dietologo (anche part-time), per l’educazione alimenta-re, con programmazione di interventi specifici per gli obesi, diabetici e per i pazienti con grave dislipidemia - psicologo e/o suoi collaboratori per il counseling

motiva-zionale breve mirato alla modifica degli stili di vita, per gli interventi di gestione dello stress, per il programma antitabagismo e per l’identificazione dei pazienti con ansia/depressione

- biostatistico (anche part-time) per le valutazioni degli in-dicatori

UOC e Ambulatori di Cardiologia Riabilitativa

Le valutazioni sul fabbisogno di risorse sono state effettua-te per pazienti con ineffettua-tervento ambulatoriale o in day ser-vice o day hospital.

REQUISITI STRUTTURALI

- Ambulatori per attività diagnostico-valutativa

- Una palestra multifunzionale per attività dinamiche e di gruppo (~60 m2)

- Spazi attrezzati per attività individuali in rapporto alla ti-pologia di intervento

- Aree per riunioni di gruppo REQUISITI TECNOLOGICI

- Elettrocardiografo

- Ecocardiografo bidimensionale color Doppler - Attrezzatura per ECG da sforzo

- Ergospirometria

- Registratore e lettore per ECG dinamico

- Apparecchiatura per monitoraggio elettrocardiografico in telemetria

- Ergometri per palestra - Lettini per fisiokinesiterapia

- Spalliere, specchi ed altro materiale per palestra - Ausili audiovisivi

- Attrezzature per l’emergenza.

Devono essere disponibili laboratori diagnostici di: - diagnostica radiologica per immagini

- analisi

(La strumentazione necessaria per le attività diagnosti-che potrà essere in comune con la Struttura di Cardiologia nel caso di servizi ambulatoriali di riabilitazione).

DOTAZIONE DI PERSONALE

- 3 Unità mediche cardiologiche

- Team dei consulenti sopraindicati con impegno propor-zionale al numero dei pazienti assistiti

- 3.5 Unità fisioterapista - 6 Unità infermieristiche Esempi di indicatori

UOS, UOSD, UOSID e Ambulatori di Cardiologia Prevenzione Cardiovascolare

INDICATORI DI PROCESSO

- Numero totale di pazienti in follow-up/anno

- Percentuale dei pazienti in follow-up dopo sindrome co-ronarica acuta rispetto al totale dei pazienti dimessi dal-la struttura con diagnosi di sindrome coronarica acuta/anno

- Numero e percentuale dei pazienti in follow-up che non si presentano alle visite di controllo programmate/anno - Numero dei MMG in contatto periodico con la struttura. - Numero dei corsi di formazione per operatori sanitari/

anno

- Numero dei corsi per pazienti e familiari/anno INDICATORI DI RISULTATO

- Numero e percentuale di pazienti in follow-up che ade-riscono alle prescrizioni relative a dieta, esercizio, cessa-zione del fumo

- Numero e percentuale dei pazienti in follow-up che rag-giungono i target lipidici e pressori previsti dalle linee guida

- Numero dei pazienti che interrompono le terapie (an-tiaggreganti, ipolipemizzanti, betabloccanti) prescritte dopo sindrome coronarica acuta entro il primo mese dal-la dimissione

(11)

- Mortalità totale e cardiovascolare ad 1 anno dei pazien-ti in follow-up

- Numero di nuovi ricoveri/anno dei pazienti in follow-up - Numero di recidive di evento e/o necessità di nuova

riva-scolarizzazione dei pazienti in follow-up UOC e Ambulatori di Cardiologia Riabilitativa

In ogni Centro deve essere presente un documento descrit-tivo dei protocolli e dell’attività riabilitativa, in particolare la tipologia e la durata del programma di attività fisica ed educativa strutturata e devono essere utilizzati indicatori di processo e di risultato.

INDICATORI DI PERFORMANCE DELLE STRUTTURE RELATIVAMENTE ALL’ACCESSO DEI PAZIENTI AI SERVIZI RIABILITATIVI ED ALLE MODALITÀ DELLA LORO EROGAZIONE

- Percentuale di pazienti ricoverati afferenti alle strutture di Cardiologia Riabilitativa sul totale di pazienti eleggibi-li con indicazione appropriata prima della dimissione dall’ospedale

- Percentuale di pazienti esterni afferenti alle strutture di Cardiologia Riabilitativa sul totale di pazienti esterni con indicazione ad un programma di Cardiologia Riabilitati-va

- Presenza di un dirigente medico responsabile delle pro-cedure seguite e della loro rispondenza alle raccomanda-zioni delle linee guida ed agli standard di sicurezza - Verifica del livello di rischio connesso con il programma

riabilitativo

- Verifica individuale del livello dei diversi fattori di rischio (pressione arteriosa, assetto lipidico, abitudine all’eserci-zio fisico, controllo del peso corporeo, trattamento anti-diabetico) e sviluppo di interventi individualizzati - Verifica dell’esistenza di uno stato di depressione - Verifica individuale della capacità fisica lavorativa - Verifica dell’aderenza alle prescrizioni terapeutiche - Capacità di comunicazione con gli attori del processo di

cura

INDICATORI DI PROCESSO E DI RISULTATO(indipendentemente dal-la modalità organizzativa)

- Questionario qualità percepita/soddisfazione nei pazien-ti trattapazien-ti. Standard: >85%

- Dimissioni/interruzioni volontarie del trattamento riabi-litativo. Standard: <5%

- Incidenza di complicanze durante training fisico: arresto cardiaco <0.5%, mortalità <0.01%, altri eventi non fata-li <0.5%

- Programma riabilitativo individuale e obiettivi. Stan-dard: 100%

- Esecuzione di almeno un ecocardiogramma, un test er-gometrico quando proponibile e/o un test di valutazione della capacità funzionale. Standard: 100%

- Esecuzione di un programma di ricondizionamento fisico o training fisico quando proponibile. Standard: 100% - Valutazione psicologica. Standard: 90%

- Effettuazione del programma di informazione-educazio-ne sanitaria. Standard: 85% delle riunioni previste e par-tecipazione di almeno il 70% dei pazienti alle stesse - Consegna lettera per il medico curante. Standard: 100%. - Incremento documentabile dell’autonomia funzionale

e/o della capacità di esercizio

- Modificazione delle conoscenze sui fattori di rischio tra inizio e fine della riabilitazione intensiva, che documen-ti un’accresciuta conoscenza della malatdocumen-tia, delle sue cause e dei comportamenti necessari a mantenere lo sta-to di benessere

- Controllo in un campione della casistica a 12 mesi dall’in-tervento intensivo delle modificazioni del profilo di ri-schio globale (controllo della pressione arteriosa, cole-sterolemia, tabagismo, sedentarietà, diabete, peso cor-poreo, aderenza al programma di attività fisica), dell’a-derenza ai trattamenti farmacologici di prevenzione e trattamento e dell’assorbimento di risorse sanitarie

Cardiopatie congenite in età pediatrica

ed adulta

Percorso del paziente cardiopatico congenito

1. Valutazione del paziente presso la Cardiologia/Neona-tologia di riferimento.

2. Eventuale trasferimento concordato al Centro di riferi-mento sovraprovinciale/regionale (Hub).

3. Follow-up presso il Centro Hub di Cardiologia Pediatrica (informative allo Spoke); nel caso non sia necessario un follow-up presso il Centro Hub il paziente può essere rinviato al follow-up presso il Centro inviante (Spoke). Cardiopatie congenite:

obiettivi diagnostici e terapeutici

1. Eseguire una diagnosi quanto più precoce possibile del-le anomalie strutturali e/o funzionali congenite dell’parato cardiovascolare ed effettuare il trattamento ap-propriato e tempestivo per migliorare la prognosi a lun-go termine del paziente e favorire l’inserimento nel tes-suto sociale.

2. Seguire nel tempo i pazienti cardiopatici sottoposti a trattamento medico, interventistico e/o chirurgico così da ridurre la morbilità e mortalità cronica legata a seque-le e/o complicanze tardive delseque-le procedure effettuate.

L’iter diagnostico iniziale si avvale di tecniche non inva-sive di base, quali la radiografia, l’elettrocardiografia e l’e-cocardiografia, completate quando indicato dal cateteri-smo cardiaco per una definizione anatomica e per una va-lutazione funzionale della malformazione cardiaca. In casi specifici, infine, il corretto inquadramento diagnostico si avvale anche di tecniche di imaging non routinarie, quali la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica nu-cleare e la scintigrafia, che permettono di fornire informa-zioni anatomo-funzionali ulteriori per il chiarimento dia-gnostico e l’orientamento terapeutico.

Un preciso inquadramento diagnostico costituisce il presupposto essenziale per il corretto trattamento delle anomalie morfo-funzionali dell’apparato cardiovascola-re. La terapia non chirurgica si basa su presidi

farmacolo-Percorsi nelle cardiopatie congenite

• Gestione e terapia medica nel cardiopatico congenito • Terapia chirurgica nel cardiopatico congenito • Attività sportiva nel bambino cardiopatico

(12)

gici sempre più aggiornati e, soprattutto, su tecniche di intervento percutaneo mediante cateterismo cardiaco. Grazie ai significativi progressi tecnologici, infatti, questa metodica ha assunto un ruolo di primo piano anche nella terapia palliativa o correttiva delle malformazioni cardia-che, ponendosi come valida alternativa alla terapia chi-rurgica. Pertanto, i pazienti in cui sia presente un sospet-to di cardiopatia congenita saranno inviati a Centri ospe-dalieri (Spoke) in cui sarà possibile effettuare uno scree-ning di base della cardiopatia mediante accertamenti diagnostici non invasivi (clinica, elettrocardiografia, eco-cardiografia). Per cardiopatie congenite complesse o in cui sia necessario l’approfondimento diagnostico e/o l’u-tilizzo di presidi terapeutici medici, il paziente sarà invia-to a Centri Hub di riferimeninvia-to in cui sia possibile non so-lo l’approfondimento diagnostico, ma anche la completa valutazione morfo-funzionale e la stratificazione del ri-schio aritmico. Nei casi in cui la complessità della patolo-gia o il particolare stato clinico del paziente richieda at-tenta sorveglianza dell’evoluzione della cardiopatia, sarà necessario il ricorso alle strutture di riferimento avanzate della rete, strutture nelle quali sia possibile anche effet-tuare procedure interventistiche in campo emodinamico o elettrofisiologico.

Percorso per la terapia chirurgica delle cardiopatie congenite

L’obiettivo principale consiste nel risolvere congiuntamen-te, in maniera parziale o completa, le diverse malformazio-ni congemalformazio-nite del cuore concentrando l’attività in strutture di alta specialità in grado di affrontare tutto lo spettro del-le cardiopatie congenite (incluse queldel-le compdel-lesse del neo-nato) con un’attività chirurgica minima di 200 interventi a cuore aperto per anno.

È opportuno che il team cardiochirurgico sia sempre af-fiancato in maniera stabile da anestesisti con esperienza di terapia intensiva anche neonatale. La struttura dovrà inol-tre essere atinol-trezzata per l’assistenza meccanica dei bambi-ni con insufficienza respiratoria/cardiaca non trattabile con terapie convenzionali.

Per tutti i pazienti in cui sia necessario il ricorso a tera-pia chirurgica, sia pure di tipo palliativo, è sempre

necessa-rio il ricorso a Centri Hub che confermino la diagnosi e che completino l’iter diagnostico preoperatorio.

Il follow-up postoperatorio per cardiopatie semplici, non complicate, sottoposte ad interventi chirurgici, sarà di pertinenza dei Centri Spoke; viceversa, sarà di pertinenza dei Centri Hub per cardiopatie complesse, ovvero con resi-dui o sequele di rilevanza clinica e funzionale, e comunque in tutti i casi in cui anche dopo la correzione sia necessario il ricorso ad ulteriori interventi chirurgici o sia comunque necessario il ricorso a procedure interventistiche emodina-miche o elettrofisiologiche.

Percorso per l’attività sportiva nel bambino cardiopatico

La presenza di una cardiopatia, indipendentemente dalla sua gravità, è spesso considerata sinonimo di “invalidità” ed il soggetto affetto è emarginato dalle normali attività, con importanti ripercussioni sia fisiche che psicologiche. Negli ultimi anni, l’ampliamento delle conoscenze scienti-fiche ha chiarito che l’esercizio fisico, opportunamente do-sato, può essere considerato una misura terapeutica, sia preventiva che curativa nell’ambito delle patologie cardia-che, per i suoi benefici effetti dal punto di vista struttura-le, funzionale e psicologico.

II miglioramento, inoltre, degli standard diagnostici e terapeutici dei Centri di Cardiologia e Cardiochirurgia ha permesso a molti pazienti con patologie croniche debili-tanti di condurre una vita normale con tutte le esigenze che essa impone, e tra queste sicuramente la pratica di un’attività fisica. Tale compito può essere svolto presso la UO di Cardiologia, come anche presso i Centri di Cardiolo-gia Pediatrica Hub agendo in collaborazione con i pediatri di famiglia, i Centri Spoke, gli operatori sanitari della me-dicina scolastica e soprattutto con i Centri territoriali di Medicina dello Sport, nella valutazione funzionale di sog-getti con cardiopatie congenite operate o in storia natura-le, al fine di concedere o meno l’idoneità fisica allo sport, stabilirne il tipo, la durata dell’impegno settimanale ed il tempo di validità della certificazione richiesta.

La gestione dei pazienti in cui sia stata richiesta l’ido-neità per l’esercizio fisico è di specifica competenza dei Centri di riferimento sovraprovinciale.

Riferimenti

Documenti correlati

C. Filice, UO di Diagnostica Ecografica in Malattie Infettive e Tropicali, Dipartimento di Malattie Infettive, Policlinico S. Matteo, Università degli Studi di Pavia. Cossarizza,

BIOMARKER ANALYSIS IN THE COMBI-AD TRIAL OF ADJUVANT DABRAFENIB + TRAMETINIB IN PATIENTS WITH RESECTED BRAF V600–MUTANT STAGE III MELANOMA.

Gli interventi riguardano per ora la distribuzione di beni di prima necessità - soprattutto acqua potabile, alimenti e farmaci - l’accoglienza e l’assistenza degli sfollati

Qualsiasi sia la metodologia di calcolo utilizzata, un simile indice non descrive la misura di un inquinante rilevato dalla singola stazione di monitoraggio, ma permette

- posizionamento conci C3, C9, C11, C13 e C15 su soletta indurita mediante gru agente da terra lato rilevato e loro successivo spostamento lato alveo.. - montaggio conci C3, C9,

It stands for pre-existing or historical cultural ties, whose proxies – such as past colonial relationships, linguistic, religious and genetic distance – have been extensively

Le Protezioni individuali di tutti gli operatori sanitari, in tutte le aree del Pronto Soccorso, dovranno essere adeguate ad assistere pazienti potenzialmente Covid