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Analisi delle prestazioni off-design di cicli a doppio flash a fluido organico

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA, DEI SISTEMI, DEL TERRITORIO

E DELLE COSTRUZIONI

TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ENERGETICA

Analisi delle prestazioni off-design di cicli a

doppio flash a fluido organico

Relatori

Dott. Ing. Antonelli Marco Dott. Ing. Baccioli Andrea

Candidato Leonardo Micheli

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Indice

Abstract ... 4

Introduzione ... 5

Obiettivi ... 6

1. Stato dell’arte ... 6

1.1. Ciclo Rankine ... 6

1.2. Differenze tra cicli organici (ORC) e cicli a vapore (SRC) ... 7

1.3. Fluidi organici ... 9

1.3.1. Proprietà principali ... 9

1.3.2. Scelta del fluido organico ... 9

1.4. Architettura dei cicli ...10

1.4.1. ORC a livelli multipli di pressione ... 10

1.4.2. ORC supercritici ... 11

1.4.3. ORC con miscele zeotropiche e ciclo Kalina ... 13

1.4.4. Ciclo trilaterale ... 14

1.4.5. Ciclo Flash a fluido organico ... 16

1.4.6. Ciclo flash a fluido organico con rigenerazione (OFRC) ... 16

1.4.7. Confronto cicli analizzati ... 17

2. Analisi preliminare ... 18

2.1. Definizione della sorgente termica ...18

2.2. Definizione del fluido operativo...18

2.2.1. Rendimento exergetico ... 18

2.2.2. Portata volumetrica ... 18

2.2.3. Dimensioni del Condensatore ... 19

2.2.4. Conclusione ... 19

2.3. Descrizione cicli OFC e OFCR ...20

2.3.1. Ciclo organico a doppio flash (OFC) ... 20

2.3.2. Ciclo organico a doppio flash con rigeneratore (OFRC) ... 21

2.4. Metodologia ...23

2.4.1. Relazioni termodinamiche per l’OFC... 24

2.4.2. Relazioni termodinamiche per OFRC ... 26

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3

3. Costruzione modello HYSYS ... 28

3.1. Espansori volumetrici ...28

3.1.1. Espansori volumetrici per gli impianti OFC e OFRC ... 29

3.1.2. Espansori volumetrici ottimizzati per l’impianto OFC ed OFRC ... 33

3.2. Scambiatori di calore e condensatori per gli impianti OFC ed OFRC ...33

3.2.1. Scambiatore di calore impianto OFC... 35

3.2.2. Condensatore impianto OFC ... 37

3.2.4. Condensatore impianto OFRC ... 41

3.2.5. Riepilogo e conclusioni ... 43

3.3. Pompe ...44

3.3.1. Pompe circuito fluido operativo ... 44

3.3.2. Pompa di alimento del fluido di raffreddamento al condensatore ... 45

3.4. Separatori di vapore ...46

5.Definizione della strategia di controllo ... 49

5.1. Sliding pressure and velocity...49

6. Simulazioni e risultati... 50

6.1. Mappe di isorendimento ...51

6.1.1 Analisi dei risultati: rendimento ... 53

6.2. Mappe di isopotenza ...54

6.2.1. Analisi dei risultati: Potenza ... 56

7. Analisi economica ... 58

7.1 Costi iniziali dell’impianto (C0) ...58

7.1.1 Valutazione dei costi per l’acquisto dell’equipaggiamento (PEC)... 59

7.1.2 Valutazione dei costi direttamente ed indirettamente collegati al PEC ... 60

7.2 Costi di gestione dell’impianto (Ci) ...61

7.3 Ricavi negli anni dell’impianto (Ri) ...61

7.4 Valore attuale netto: risultati...62

8. Conclusioni ... 69

Appendice ... 71

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4

Abstract

Il ciclo flash a fluido organico è una tecnologia recente, utilizzato per lo sfruttamento di sorgenti termiche a bassa temperatura. Un campo sempre più promettente in tal senso è il recupero di calore di scarto dai processi industriali, detto “waste heat”. I cicli Rankine a fluido organico, a causa di una notevole perdita exergetica a livello dello scambiatore di calore, presentano un rendimento molto ridotto per basse temperature della sorgente termica. I cicli flash a fluido organico consentono una notevole riduzione della perdita exergetica risultando quindi competitivi con gli ORC alle basse temperature. In questa tesi è proposta un’evoluzione del sistema OFC ossia l’OFC con rigenerazione (OFRC). L’OFRC rispetto all’OFC si propone di incrementare il rendimento e ridurre i costi rispetto all’OFC. Tramite il software di simulazione Aspen HYSYS è stato possibile dimensionare i componenti e ottimizzare il rendimento globale scelto come funzione obiettivo. Lo studio è stato condotto in condizioni stazionarie. Questo lavoro andrà a completare il quadro generale sugli OFC ed OFRC mediante un’analisi delle prestazioni in condizioni di off-design dei due sistemi.

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Introduzione

L’aumento costante della richiesta di energia a livello mondiale, unitamente ad una politica mirata alla riduzione di emissioni inquinanti e agenti clima alteranti, stimola sempre più la ricerca a sperimentare nuove tecnologie per generare energia elettrica da fonti rinnovabili e a massimizzare l’efficienza degli impianti già esistenti. I processi industriali assorbono un terzo della energia totale consumata e sono caratterizzati da una bassa efficienza con il 25% fino al 55% di energia persa in forma di “waste heat”, ossia calore di scarto industriale [1]. La maggior parte del waste heat è prodotto dalle industrie, come ad esempio le industrie metallurgiche, del cemento, della carta, della ceramica e consiste principalmente in: gas esausti, vapori ed acque ad alta temperatura che difficilmente superano i 300-350°C [2]. Uno studio condotto dal dipartimento dell’energia degli Stati Uniti stima che il calore perso da sorgenti termiche a bassa temperatura (≤220°C) corrisponde a circa il 60% del totale della energia termica persa dalle industrie [3]. Il ciclo termodinamico attualmente più utilizzato per il recupero di calore di scarto industriale è il ciclo Rankine a fluido organico, ORC. I cicli Rankine a fluido organico, con opportune modifiche, sono utilizzati anche per impianti ad energia rinnovabile quali: geotermici, solari termodinamici e per la combustione di biomasse (ormai ritenuta fonte rinnovabile). Sulla base del ciclo Rankine a fluido organico sono state studiate diverse alternative con lo scopo di incrementare l’efficienza dell’impianto, tra cui: ciclo trilaterale [6-7], supercritico, Kalina e flash a fluido organico (OFC) [8]. Un’evoluzione del ciclo Rankine a fluido organico, è il ciclo Flash a fluido organico [8]. Il ciclo flash a fluido organico richiede un semplice espansore monofase a differenza del ciclo trilaterale che per la produzione di potenza richiede l’utilizzo di un espansore bifase, la cui progettazione risulta essere ancora in corso [8]. Nel ciclo flash la fase di evaporazione del fluido non avviene nell’evaporatore, ma è sostituita da un evaporatore flash, il vapore separato dal liquido è fatto espandere poi in un espansore per la generazione di potenza [8]. Nel ciclo Rankine a fluido organico è presente una fase evaporativa a temperatura costante che allontana la curva di cessione del calore del fluido termovettore a temperatura maggiore da quella di acquisizione del fluido operativo a temperatura minore, causando una perdita exegertica nello scambiatore di calore [9]. Nei sistemi OFC, grazie alla presenza dell’evaporatore flash, la differenza di temperatura tra fluido operativo e termovettore è ridotta e quindi anche le perdite exergetiche diminuiscono. In questo studio si analizza un’evoluzione del ciclo flash organico ossia il ciclo a doppio flash organico con lo scopo di incrementare il rendimento globale e la potenza prodotta data una sorgente termica a bassa temperatura [11]. Inoltre al fine di incrementare l’efficienza del ciclo e ridurre i costi è stata considerata una variante al ciclo OFC ossia il ciclo OFC con rigenerazione (OFRC).

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Obiettivi

Lo scopo di questa tesi è analizzare il funzionamento e comparare le prestazioni in condizioni di off-design del ciclo a doppio flash organico (OFC) con una sua evoluzione, ossia il ciclo a doppio flash organico con rigenerazione (OFRC). In questo lavoro i due cicli considerati sono utilizzati in applicazioni per il recupero di calore di scarto industriale (Waste Heat Recovery, WHR). L’analisi comparativa in condizioni di off-design tra i due cicli è stata prima condotta utilizzando gli stessi espansori volumetrici, sia per l’OFC che per l’OFRC e successivamente considerando espansori volumetrici con efficienze ottimizzate per i due cicli nelle condizioni di progetto della sorgente termica. L’obiettivo è quello di indagare le differenze in termini di rendimento globale per le quattro configurazioni scelte. Inoltre è stata effettuata un’analisi di investimento.

1. Stato dell’arte

1.1. Ciclo Rankine

Il ciclo Rankine appartiene alla categoria dei cicli termodinamici a circuito chiuso a combustione esterna. Il fluido evoluente o operativo (o di lavoro), tornando allo stato iniziale, viene riemesso nuovamente in circolo. Il fluido operativo all’interno dello scambiatore di calore riceve calore dal fluido termovettore a temperatura maggiore. Il ciclo Rankine, riportato in figura 1.1 da [6], può essere suddiviso in quattro trasformazioni: pompaggio adiabatico 1→2 del fluido operativo in fase liquida, riscaldamento isobaro del fluido, evaporazione ed eventuale surriscaldamento 2→3, espansione adiabatica in turbina 3→4 e successiva condensazione isobara 4→1. Il lavoro meccanico netto estraibile è ottenuto grazie all’utilizzo i un espansore collegato ad un alternatore per la generazione di energia elettrica.

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Il ciclo Rankine è suddivisibile anche in relazione alla pressione di evaporazione: minore della pressione critica (ciclo subcritico), uguale alla pressione critica (ciclo trascritico), maggiore della pressione critica (cicli supercritico ed ipercritico). Aumentando sempre più la pressione di evaporazione si riduce il calore latente da somministrare al fluido operativo in fase di evaporazione e allo stesso tempo si avvicina la curva di acquisizione del calore a quella di cessione della sorgente termica, diminuendo le perdite exergetiche. Il ciclo Rankine che utilizza acqua come fluido operativo, “Steam Rankine Cycle”, SRC, è tutt’oggi il più diffuso per gli impianti di media-grande taglia. Strutturalmente il ciclo Rankine a fluido organico ORC (Organic Rankine Cycle), utilizzato per impianti di piccola taglia, è identico.

1.2. Differenze tra cicli organici (ORC) e cicli a vapore (SRC)

Alcuni autori [12-13] hanno proposto una temperatura massima della sorgente di 370°C al di sotto della quale la fattibilità economica degli impianti ORC può essere presa in considerazione. I tradizionali impianti Rankine a vapore, SRC, al di sotto di questa temperatura risultano sconvenenti per varie complicazioni tra cui: pressione al condensatore minore di quella atmosferica (quindi è necessario l’utilizzo di disaeratori per rimuovere l’aria che vi penetra all’interno [10]), elevato volume specifico del fluido operativo, elevata differenza di densità tra liquido e vapore (di circa 3 ordini di grandezza, che richiede l’utilizzo di componenti più grandi nonché turbine più complicate e costose) ed infine una bassa pressione a livello dello scambiatore di calore (necessaria per poter surriscaldare il vapore ma che comporta una bassa efficienza nello scambio termico [10]). L’acqua è un “wet fluid” ossia la curva di saturazione ha pendenza negativa. Durante l’espansione si formano delle goccioline di liquido che portano a sollecitazione i componenti dell’espansore causandone usura e corrosione se non rinforzato. I fluidi organici invece riescono ad evitare molte delle problematiche sopra elencate. Le principali proprietà dei fluidi organici sono: basso valore del volume specifico (che consente di ridurre notevolmente la portata volumetrica e permettere quindi l’utilizzo di espansori più piccoli ed economici) e una linea del vapore saturo a pendenza positiva o infinita (per questo motivo sono denominati fluidi “dry” o “isoentropic”). Al termine dell’espansione il fluido organico sarà ancora in fase di vapore surriscaldato, evitando la formazione di goccioline nell’espansore e il rinforzo di quest’ultimo. Inoltre grazie ad un basso valore del volume specifico gli espansori saranno più piccoli e compatti, permettono di ridurre i costi [14-15]. In figura 1.2 da [16] sono messe in evidenza le differenze che si hanno durante la fase di espansione per un fluido “isoentropic” a sinistra, “wet” al centro e “dry” a destra.

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Figura 1.2: espansione nel caso dei fluidi isoentropici, wet e dry.

La pressione critica dei fluidi organici è più bassa rispetto a quella dell’acqua e questo permette di ridurre le pressioni degli ORC rispetto agli SRC. Nei sistemi ORC le pressioni sono solitamente inferiori a 30 bar mentre negli sistemi SRC possono raggiungere 60, 70 bar [17]. In figura 1.3 da [16], sono messe in evidenza le curve di saturazione per diversi fluidi organici e l’acqua.

Figura 1.3: confronto curve di saturazione tra acqua e fluidi organici.

Oltre alla scelta del tipo di fluido, altro elemento chiave di un impianto ORC è la scelta del tipo di espansore. La scelta dell’espansore dipende fortemente dalle condizioni operative e dalla taglia della struttura. Possono essere distinti 2 tipi principali di espansori: turbo-dinamici e volumetrici. Per piccole taglie di potenza gli espansori volumetrici risultano essere più

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appropriati, poiché sono caratterizzati da: bassa portata, alte pressioni di lavoro e velocità di rotazione più basse rispetto alle turbomacchine [18].

1.3. Fluidi organici

1.3.1. Proprietà principali

Riassumendo, le principali proprietà dei fluidi organici che li rendono particolarmente interessanti per l’utilizzo in impianti ORC sono:

• forma della curva del vapore saturo (a pendenza verticale o positiva); • basso calore latente di vaporizzazione (minore di quello dell’acqua); • alta densità del vapore (maggiore rispetto a quella dell’acqua); • pressione al condensatore maggiore di quella atmosferica;

• bassa viscosità ed alta conducibilità (al fine di mantenere valori elevati dei coefficienti di scambio in corrispondenza degli scambiatori di calore);

• elevata stabilità termica (onde evitare deterioramento e decomposizione dei fluidi organici alle alte temperature);

• punto di fusione del fluido organico inferiore rispetto a qualsiasi condizione raggiungibile dall’ambiente negli anni (per evitarne il congelamento [14]);

• alto peso molecolare (al fine di ridurre la differenza di entalpia lungo l’espansore rendendo così necessari meno stadi di turbina e quindi contenere i costi di questa [16]);

• bassa temperatura e pressione critica [19]. Un’elevata temperatura critica ha il principale vantaggio di incrementare l’efficienza del ciclo, ma allo stesso tempo diminuisce anche la densità del fluido sia alle basse che alte pressioni e questo rende necessari scambiatori più grandi e quindi costosi [16].

Ulteriori parametri per la scelta del fluido organico riguardano l’effetto che questi hanno sull’ambiente, tra cui: l’indice ODP, GWP e i livelli di tossicità ed infiammabilità.

1.3.2. Scelta del fluido organico

Le condizioni di lavoro degli impianti ORC, sono direttamente collegate alla scelta del fluido organico da utilizzare. Quolin et al [20] propongono 2 metodi distinti per la scelta del tipo di fluido. Il primo metodo, il più comune e ricorrente in letteratura, è il metodo “screening”, che consiste nel costruire un modello in condizioni stazionarie del ciclo ORC e avviare le simulazioni utilizzando diversi fluidi organici. Questo metodo nonostante i molteplici studi non ha condotto all’identificazione di un fluido ottimale per l’ORC, a causa delle diverse ipotesi proposte alla base dell’analisi comparativa tra i vari fluidi. Quindi nessun fluido organico può essere considerato come ottimale, ma la scelta del fluido organico deve essere strettamente connessa alla progettazione dell’impianto ORC stesso. Il secondo metodo proposto invece consiste nel selezionare il fluido organico in base al tipo di espansore scelto. Selezionare un

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certo tipo di espansore permette di utilizzare o escludere certi fluidi organici e viceversa. Questo approccio, nominato dagli autori “operating map approach”, si pone lo scopo di fornire un metodo di preselezione per la miglior combinazione tra espansore e fluido organico. In tal senso anche l’articolo di Vivian et al [18], tramite uno screening di 27 fluidi, stabilisce generiche linee guida per la scelta del fluido organico in fase preliminare di progetto. In [18] per l’ottimizzazione dell’impianto ORC come parametro chiave è stata individuata: la distanza tra la temperatura critica del fluido operativo e la temperatura del fluido termovettore in ingresso allo scambiatore di calore.

1.4. Architettura dei cicli

I cicli più comuni per il recupero termico alle basse temperature sono gli ORC subcritici. Gli ORC subcritici come principale svantaggio presentano una fase di evaporazione a temperatura costante. L’evaporazione porta ad un allontanamento della curva di cessione del calore da quella di acquisizione con conseguente distruzione di una notevole quantità di potenziale di lavoro o exergia, come mostrato in figura 1.4.

Figura 1.4

Al fine di incrementare il rendimento exergetico, sono state proposte diverse varianti al ciclo ORC subcritico, quali: ORC a più livelli di pressione, ORC supercritico, ORC che utilizzi miscele zeotropiche come fluido organico, ciclo Kalina, ciclo Trilaterale e ciclo flash organico.

1.4.1. ORC a livelli multipli di pressione

Un primo approccio atto a ridurre la perdita exergetica che si ha nell’evaporatore dello scambiatore di calore consiste nel suddividere la fase evaporativa del fluido operativo in più livelli di pressione. Aumentando il numero dei livelli di pressione si avvicinano le curve di cessione e acquisizione del calore diminuendo così la perdita exergetica associata allo scambio termico. In letteratura la maggior parte degli studi si è concentrata su schemi di impianti ORC a due livelli di pressione i quali hanno sempre dimostrato un sensibile aumento di potenza

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utile prodotta rispetto agli ORC a singolo livello di pressione [22] (a scapito di una maggiore complessità impiantistica). Come mostrato in figura 1.4 da [22], l’impianto ORC a due livelli di pressione b), risulta essere in effetti più complesso che l’impianto a singolo livello di pressione a). In figura 1.3 sono riportati inoltre i grafici T-s del singolo livello di pressione c), e doppio livello di pressione d).

Figura 1.4: schema impiantistico ORC a singolo e doppio livello di pressione.

1.4.2. ORC supercritici

Nei cicli Rankine supercritici a fluido organico il fluido è pompato ad una pressione maggiore della pressione critica ed in seguito è scaldato fino ad una temperatura superiore alla critica. In questo modo il fluido, trovandosi in uno stato supercritico, evita di passare all’interno della regione bifase non subendo così il processo di evaporazione come invece avviene per un ciclo Rankine organico convenzionale. Il risultato consiste in un miglior accoppiamento termico all’interno dello scambiatore di calore tra le curve di cessione e acquisizione del calore come riportato in figura 1.5 da [23]. Minore è il salto di temperatura minori risulteranno le irreversibilità prodotte nel processo di scambio.

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Figura 1.5: pinch point ciclo Rankine subcritico e transcritico.

Lo schema impiantistico di un ORC supercritico è identico a quello di un ORC subcritico, fatta eccezione per lo scambiatore di calore. Nel caso supercritico lo scambiatore di calore non presenta l’evaporatore. In figura 1.6 da [25] sono rappresentati sul diagramma T-s, per la stessa temperatura di fine surriscaldamento del vapore il ciclo ORC subcritico e supercritico.

Figura 1.6: diagrammi ciclo subcritico e transcritico.

In realtà un surriscaldamento come mostrato in figura 1.6 è difficilmente realizzabile. Infatti risulterebbe necessaria una enorme superficie di scambio a causa di: basso valore dei coefficienti di scambio del fluido operativo in fase gassosa [25] e bassa differenza media di temperatura tra la sorgente termica e il fluido operativo [17]. Il raggiungimento di valori di temperatura e pressioni più elevate permette di ridurre la portata del fluido operativo nei cicli supercritici rispetto ai subcritici [26]. Riducendo la portata si riducono anche le dimensioni dei

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componenti dell’impianto e quindi i costi. Nei cicli supercritici la scelta del tipo di fluido operativo da utilizzare risulta essere un parametro chiave per la loro corretta progettazione. Mantenendo una temperatura supercritica in ingresso all’espansore poco più elevata della temperatura critica e utilizzando fluidi asciutti (dry) o isoentropici (isoentropic) si evita la formazione di gocce di liquido che possono danneggiare l’espansore durante la fase di espansione. Se il fluido al termine dell’espansione risulta essere ancora “troppo” surriscaldato, questo necessita un’asportazione maggiore di energia termica per ripristinare le condizioni iniziali aumentando il carico di lavoro al livello del condensatore. Aumentando la quantità di calore da asportare aumenta anche la portata del fluido di raffreddamento e quindi le dimensioni della superficie di scambio [23] e della pompa di raffreddamento. Se la temperatura del vapore surriscaldato è ancora sufficientemente elevata, l’efficienza del ciclo può essere incrementata mediante l’utilizzo di un recuperatore di calore che sfrutta il vapore surriscaldato per preriscaldare il fluido operativo in ingresso allo scambiatore di calore [27]. Come però dimostra lo studio [27], se la temperatura in uscita dallo scambiatore di calore non risulta essere vincolata e quindi non assume un valore predefinito, come ad esempio per sorgenti di tipo geotermico o per il recupero di calore di scarto industriale, l’utilizzo di un recuperatore di calore non comporta alcun beneficio in termini di efficienza all’ORC supercritico rispetto al subcritico. L’impiego di Wet fluid necessita temperature supercritiche molto più elevate in ingresso all’espansore, per evitare la regione bifase al momento dell’espansione ed impedire quindi la formazione di gocce di liquido nell’espansore che ne comprometterebbero l’efficienza [23]. La quantità di vapore surriscaldato comunque risulta essere minore rispetto ai fluidi secchi ed isoentropici diminuendo così: la superficie di scambio necessaria al condensatore, la portata di fluido di raffreddamento e le dimensioni della pompa di raffreddamento. Il fluido operativo con le migliori caratteristiche per gli ORC supercritici è l’anidride carbonica in quanto presenta una bassa temperatura critica, alta stabilità chimica, basso costo e basso impatto ambientale. L’anidride carbonica per condensarsi richiede una temperatura di 31.1°C, inferiore rispetto alla sua temperatura critica e questo porta a problemi legati alla ricerca di una sorgente termica a bassa temperatura per il raffreddamento [17]. Tra i principali svantaggi dei cicli ORC supercritici vi è quello di operare ad elevate pressioni e quindi si rende indispensabile l’utilizzo di materiali più resistenti, incrementando così i costi di realizzazione [28].

1.4.3. ORC con miscele zeotropiche e ciclo Kalina

L’utilizzo di miscele zeotropiche come fluido operativo ha il principale beneficio di evitare una evaporazione e condensazione a temperatura costante, come mostrato in figura 1.8 da [29]. In questo modo si riduce la differenza di temperatura tra il fluido caldo proveniente dalla sorgente termica ad alta temperatura e il fluido operativo e tra il fluido operativo e il fluido di raffreddamento proveniente dalla sorgente termica a bassa temperatura. Riducendo le due differenze di temperatura si riducono le irreversibilità associate ai due scambi termici.

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Figura 1.8: miscele zeotropiche con fase di evaporazione e condensazione non costanti.

Il ciclo Kalina, sviluppato negli anni ’80 da Alexander Kalina è il primo tentativo in cui è stato utilizzato come fluido operativo una miscela d’acqua ed ammoniaca con lo scopo di ridurre la perdita exergetica durante lo scambio termico. L’articolo di Bombarda et al. [30] ha paragonato, in termini di potenza meccanica netta prodotta, il ciclo Kalina con un ORC avente come fluido organico l’esametidisilossano e considerando come sorgente termica il recupero di calore da due motori diesel. Lo studio ha dimostrando che nonostante il ciclo Kalina riesca ad ottenere potenze maggiori risulta essere svantaggiato rispetto all’ORC in termini di pressioni necessarie alla miscela d’acqua e ammoniaca. Maggiori sono le pressioni maggiore è la complessità strutturale e quindi i costi. Gli stessi autori concludono che il ciclo Kalina risulta essere ragionevolmente applicabile nel caso di impianti geotermici, i quali garantiscono una temperatura minima della sorgente termica e permettono l’adozione di una pressione di evaporazione tale da garantire un guadagno in termini di potenza netta prodotta rispetto all’ORC. Altri autori hanno analizzato le prestazioni di ORC aventi come fluido operativo miscele zeotropiche, che a differenza del ciclo Kalina, risultano strutturalmente più semplici e quindi economicamente più vantaggiosi [17]. Come dimostrato da Liu et al. [31] il principale vantaggio nell’utilizzare miscele zeotropiche come fluido operativo consiste in una temperatura variabile a livello del condensatore.

1.4.4. Ciclo trilaterale

Il ciclo trilaterale, TLC (Trilateral-Cycle), è un'altra soluzione studiata per avvicinare la curva di acquisizione del calore a quella di cessione. La cessione di calore da parte della sorgente termica ad alta temperatura avviene mentre il fluido operativo si trova in fase liquida, evitando in questo modo l’evaporazione a temperatura costante e diminuendo il salto di temperatura tra le due curve e quindi la perdita per irreversibilità ad essa connessa. Il fluido operativo è quindi surriscaldato fino allo stato di liquido saturo e successivamente il lavoro è estratto mediante l’utilizzo di un espansore bifase [8]. Gli impianti TLC sono costituiti, come mostra la

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figura 1.9 a) (da [32]), da: una pompa, uno scambiatore di calore, un espansore bifase, un condensatore. Ad ogni componente corrispondono rispettivamente le trasformazioni, come mostrato in figura 1.9 b), di: compressione (1→2), riscaldamento del fluido operativo in fase liquida (2→3) ed espansione bifase (isoentropica: 3→4’; reale: 3→4).

Figura 1.9: schema impiantistico a) e diagramma termodinamico b) ciclo trilaterale.

Lo studio condotto da J. Fischer [6], paragona un ciclo trilaterale avente acqua come fluido operativo con uno ORC, avente come fluido operativo un fluido organico puro. L’ottimizzazione è eseguita in termini di massimo rendimento exergetico, dato dal rapporto tra la potenza netta all’albero e l’exergia del fluido termovettore in ingresso allo scambiatore di calore. Entrambi i cicli sono stati ottimizzati: il TLC scegliendo la massima temperatura dell’acqua, mentre l’ORC mediante la scelta del fluido operativo e dei parametri di processo. Sono stati specificati 5 casi di temperatura del fluido termovettore proveniente dalla sorgente termica ed altrettanti per la temperatura di ingresso al condensatore da parte del fluido di raffreddamento. È stato dimostrato che il rendimento exergetico nel caso TLC risulta superiore rispetto all’ORC in ogni intervallo di temperatura scelto. Lo svantaggio principale è però quello di presentare per basse temperature della sorgente, a causa della bassa pressione raggiunta dall’acqua, un’elevata portata volumetrica e quindi dimensioni eccessive per l’espansore bifase. In un secondo studio [7] sono stati scelti fluidi organici come fluido operativo per il ciclo trilaterale. Tra gli obiettivi posti vi era proprio quello di ridurre la portata volumetrica per basse temperature della sorgente termica. Paragonando i risultati del primo e secondo studio è emerso che per basse temperature al fine di ottimizzare il rendimento exergetico il miglior ciclo è il trilaterale e il miglior fluido operativo organico per il TLC è il ciclopentano. Il problema principale del ciclo trilaterale è l’espansore bifase che proprio come avviene per i cicli transcritici risulta tutt’ora in fase di sviluppo.

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16 1.4.5. Ciclo Flash a fluido organico

Al fine di evitare il problema dei cicli trilaterali, ossia la presenza di un espansore bifase, il liquido saturo viene laminato ottenendo una miscela bifase. I componenti della miscela vengono poi successivamente separati all’interno di un evaporatore flash che quindi sostituisce il processo di evaporazione, altrimenti necessario all’interno dello scambiatore di calore. In questo modo si avvicinano le curve di cessione e acquisizione del calore riducendo le irreversibilità relative allo scambio termico. Successivamente il vapore è inviato all’interno dell’espansore dal quale si estrae potenza utile. In figura 1.10 da [8] è riportato lo schema dell’impianto, figura a) e le trasformazioni sul grafico T-s per un fluido asciutto, figura b).

Figura 1.10: schema impiantistico a) e diagramma termodinamico b) ciclo a singolo flash

In figura 1.10 si possono individuare le trasformazioni principali: riscaldamento isobaro del liquido fino allo stato di liquido saturo (1→2), laminazione del liquido (2→3), separazione all’interno del separatore del liquido dal vapore (rispettivamente: 3→6, 3→4), espansione (4→5), laminazione liquido saturo (6→7), miscelazione vapore surriscaldato e fluido bifase proveniente dalla seconda laminazione (7), condensazione (7→9) e infine compressione del liquido saturo (9→1) che viene immesso nuovamente all’interno dello scambiatore di calore. 1.4.6. Ciclo flash a fluido organico con rigenerazione (OFRC)

La differenza di temperatura tra il fluido termovettore e quello operativo nei sistemi OFC è più bassa rispetto agli ORC quindi è necessario aumentare la superficie di scambio a livello dello scambiatore di calore. Una superficie di scambio maggiore porta a costi maggiori, per questo motivo al fine di ridurre la superficie ed i costi in [17] è stata considerata una nuova configurazione ossia l’OFC con rigenerazione (OFRC). La rigenerazione permette di recuperare parte dell’entalpia del liquido dall’evaporatore flash incrementando la temperatura del fluido operativo all’ingresso dello scambiatore riducendo quindi le sue dimensioni. In [17] sono stati confrontati le configurazioni OFC ed OFRC a singolo flash in condizioni di off-design. Anche in questo caso i costi degli scambiatori di calore sono a favore del sistema OFRC, che risulta avere anche rendimenti globali più elevati.

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17 1.4.7. Confronto cicli analizzati

I cicli descritti hanno tutti come elemento comune l’obiettivo di ridurre la differenza di temperatura tra il fluido termovettore e quello operativo. L’andamento delle 2 curve può essere visivamente riassunto in figura 1.11 da [8], in cui le soluzioni sopra analizzate, fatta eccezione per l’ORC a più livelli di pressione, sono paragonate all’ORC subcritico. Si può osservare come il salto di temperatura ΔT tra le 2 curve di figura 1.11 caso d) sia minore rispetto agli altri casi e quindi con una minore produzione di irreversibilità.

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2. Analisi preliminare

2.1. Definizione della sorgente termica

Il fluido termovettore scelto in questo studio come sorgente termica ad alta temperatura è acqua surriscaldata. Le condizioni di progetto della sorgente termica sono: temperatura di 150°C e portata di 2640kg/h. Al fine di simulare il comportamento aleatorio della sorgente termica sono stati scelti due range: uno di temperatura compreso tra 110°C e 170°C e uno di portata compreso tra 2350 kg/h e 2930 kg/h, in cui la sorgente ha assunto valori discreti di temperatura e portata. Un fluido termovettore con queste caratteristiche può rappresentare un fluido di raffreddamento per processi industriali, caso di “waste heat”.

2.2. Definizione del fluido operativo

La scelta del fluido operativo si basa sullo studio condotto in [17 e 24], in cui è stato analizzato uno screening di 8 fluidi organici diversi per un range di temperature della sorgente termica compresa tra 80°C e 170°C, sia per l’OFRC che per l’OFC. I fluidi organici analizzati sono: N-nonano, N-eptano, ciclopentano, I-pentano, N-pentano, R365mfc e R245fa. L’analisi ha inoltre tenuto conto del tipo di fluido di raffreddamento utilizzato per il condensatore, aria o liquido, assumendo sempre un approach e pinch point rispettivamente di 10°C e 8°C.

I parametri di merito per la scelta del miglior fluido operativo sono 3: 1) Rendimento exergetico: associato al tipo di fluido organico scelto.

2) Portata volumetrica del fluido operativo: legata al valore di densità del fluido organico. 3) Dimensioni del condensatore: collegate alle proprietà fisiche del fluido organico. 2.2.1. Rendimento exergetico

Alle basse temperature presenti al condensatore, nel caso di raffreddamento a liquido, le differenze in termini di rendimento di secondo principio sono trascurabili per ogni fluido organico scelto. Alle alte temperature presenti nello scambiatore di calore il miglior comportamento in termini di rendimento di secondo principio è dato dagli alcani (composti appartenenti alla famiglia degli idrocarburi costituiti solamente da carbonio ed idrogeno) ad elevato peso molecolare. Questo fatto è dovuto alla vicinanza delle curve isobare tipica di questi composti. Quindi per una data perdita di pressione nel processo di laminazione il titolo di vapore risulta essere più elevato, un titolo più elevato comporta una minor perdita exergetica e quindi un rendimento di secondo principio maggiore.

2.2.2. Portata volumetrica

Gli espansori volumetrici sono la miglior scelta per i sistemi di recupero di calore che adottano la tecnologia a ciclo flash. La dimensione e quindi il costo di questi espansori è direttamente collegata alla portata volumetrica e quindi al volume specifico del fluido inversamente

(19)

19

proporzionale alla sua densità. La portata volumetrica per alcani ad alto peso molecolare risulta essere eccessiva, per questo motivo i migliori fluidi organici in questo caso risultano essere: isopentano (I-pentano), R245fa e R365mfc.

2.2.3. Dimensioni del Condensatore

Il condensatore è un altro componente dell’impianto che comporta un notevole aumento dei costi. I cicli flash nonostante presentino un’efficienza minore rispetto ai tradizionali ORC scambiano una maggior quantità di calore e questo si traduce in una dimensione maggiore del condensatore. Un parametro di merito, relazione (2.1) da [32], indica la quantità di calore trasferito per unità di costo del condensatore, maggiore è il suo valore minore risulta essere la dimensione del condensatore.

. . calore latente v f operativo h G

  (2.1)

Anche in questo caso i fluidi organici che minimizzano le dimensioni del condensatore sono: isopentano, R245fa, R365mfc.

2.2.4. Conclusione

Nel range di temperatura considerato, l’isopentano, pur comportando un basso rendimento di secondo principio, presenta una bassa portata volumetrica e richiede una componentistica ridotta tra cui: condensatore, scambiatore di calore, espansori e pompe, abbattendo notevolmente i costi dell’impianto.

In [17] è stato condotto un ulteriore studio per impianti OFC e OFRC nel caso di singolo flash. Mediante lo screening di più fluidi organici e ottimizzando la temperatura di flash per ogni fluido analizzato è stato dimostrato che l’isopentano, assieme all’R365mfc e MD4M, restituiscono i migliori risultati in termini di potenza netta prodotta.

Per questi motivi l’isopentano è il fluido organico scelto come fluido operativo nel presente studio sia per l’OFC che per l’OFRC.

(20)

20

2.3. Descrizione cicli OFC e OFCR

2.3.1. Ciclo organico a doppio flash (OFC)

Il ciclo organico a doppio flash, OFC, come mostrato in figura 2.1, si compone dei seguenti componenti e trasformazioni principali:

1) Una pompa, alla quale si fornisce una potenza “P” per pompare il fluido operativo nello scambiatore di calore. Trasformazione 14→1.

2) Uno scambiatore di calore in cui il fluido operativo è scaldato dal fluido termovettore a temperatura maggiore. Trasformazione 1→2.

3) Valvola di laminazione o flash, in cui il liquido subisce una diminuzione di pressione passando da uno stato monofase ad uno bifase. Trasformazione 2→3.

4) Primo separatore di vapore nel quale la fase di vapore è separata da quella liquida. Rispettivamente le trasformazioni 3→4 e 3→6.

5) Il vapore uscente dal primo separatore subisce un’espansione all’interno dell’espansore ad alta pressione, dal quale è estratta una potenza “W-1”. Trasformazione 4→5. Contemporaneamente il liquido uscente dal primo separatore è laminato in una seconda valvola fino a raggiungere la pressione del vapore in uscita dall’espansore. Trasformazione 6→7. Il vapore e il liquido sono poi miscelati nel primo miscelatore, punto 8.

6) Il fluido bifase così ottenuto entra nel secondo separatore di vapore in cui la fase di vapore è nuovamente separata da quella liquida. Rispettivamente le trasformazioni: 8→9 e 8→11.

7) Il vapore uscente dal secondo separatore subisce un’espansione all’interno dell’espansore a bassa pressione, dal quale si estrae una potenza “W-2”. Trasformazione 9→10. Contemporaneamente il liquido uscente dal secondo separatore è laminato in una terza valvola fino a raggiungere la pressione del vapore in uscita dall’espansore. Trasformazione 11→12. Il vapore e il liquido sono poi miscelati nel secondo miscelatore, punto 13.

8) Il fluido bifase uscente dal secondo miscelatore è inviato al condensatore, dove il fluido operativo a temperatura maggiore cede calore al fluido di raffreddamento a temperatura minore. Trasformazione 13→14.

(21)

21

Figura 2.1: schema impianto OFC.

2.3.2. Ciclo organico a doppio flash con rigeneratore (OFRC)

Il ciclo organico a doppio flash con rigenerazione, OFRC, è mostrato in figura 2.2, gli elementi e le trasformazioni di cui si compone l’OFRC sono gli stessi dell’OFC fino al punto 6, quindi partendo dal punto successivo si ha:

7) Il vapore in uscita dal secondo separatore di vapore subisce un’espansione all’interno dell’espansore a bassa pressione dal quale è estratta la potenza “W-2”. Trasformazione 9→10. Il liquido, a differenza del caso OFC, non subisce alcuna laminazione ma entra direttamente all’interno del secondo miscelatore. Trasformazione 8→11.

8) Il vapore dopo l’espansione nell’espansore a bassa pressione entra all’interno del condensatore ancora nello stato di vapore surriscaldato. All’interno del condensatore il fluido operativo cede calore al fluido di raffreddamento passando direttamente allo stato di liquido saturo. Trasformazione 10→12.

9) Il fluido operativo nello stato di liquido saturo viene compresso dalla prima pompa, alla quale è fornita una potenza “P-1”, alla pressione del liquido saturo in uscita dal secondo separatore di vapore. Trasformazione 12→13.

(22)

22

10) Sia il liquido saturo compresso dalla prima pompa che quello proveniente dal secondo separatore di vapore vengono miscelati all’interno del secondo miscelatore, punto 14.

11) Infine il liquido saturo in uscita dal secondo miscelatore è compresso da una seconda pompa, alla quale è fornita una potenza “P-2”, fino alla pressione presente nello scambiatore di calore.

(23)

23

2.4. Metodologia

In questo paragrafo sono mostrate le relazioni generali per le trasformazioni ideali. A livello dello scambiatore di calore e del condensatore sono stati considerati semplici bilanci entalpici, eventuali perdite di carico a livello delle tubazioni sono state trascurate e il processo di condensazione è stato assunto isobaro. La laminazione è stata considerata come una trasformazione isoentalpica e il separatore di vapore come un dispositivo adiabatico ed isobaro. Le seguenti relazioni sono valide sia per l’OFC che per l’OFRC. A livello dello scambiatore di calore vale il seguente bilancio entalpico:

2 1

FT in out FO

mhhm hh (2.2) La potenza termica ceduta dal fluido termovettore a temperatura maggiore al fluido operativo a temperatura minore è data da:

p FT,

ceduta FT in out FT in out

QmhhmCTT (2.3) Dove: 𝑚̇𝐹𝑇 è la portata del fluido termovettore a temperatura maggiore, 𝑚̇𝐹𝑂 è la portata del

fluido operativo a temperatura minore, ℎ𝑖𝑛 e ℎ𝑜𝑢𝑡 sono rispettivamente le entalpie specifiche

del fluido termovettore in ingresso e uscita dallo scambiatore di calore e 𝐶̅𝑝,𝐹𝑇 è il calore

specifico a pressione costante medio tra l’ingresso e uscita del fluido termovettore. Il calore disponibile è definito come:

0

disponibile FT in

Qmhh (2.4) Dove ℎ0 è l’entalpia specifica del fluido termovettore a temperatura ambiente.

Il rendimento di recupero del calore è definito dal rapporto tra la potenza termica che il fluido termovettore cede al fluido operativo e la potenza termica disponibile:

ceduta

disponibile

Q Q

  (2.5)

Il rendimento termodinamico di primo principio del ciclo è definito dal rapporto tra la potenza meccanica netta e la potenza termica ceduta dal fluido termovettore al fluido operativo:

netta ciclo ceduta P Q   (2.6)

Il rendimento globale di primo principio è definito dal prodotto tra il rendimento termodinamico del ciclo e il rendimento di recupero:

(24)

24

0

netta globale ciclo FT in P m h h

 

  (2.7) Dove 𝑃𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 è la potenza netta estratta dal sistema.

2.4.1. Relazioni termodinamiche per l’OFC

In figura 2.3 è mostrato il ciclo termodinamico sul piano T-s per l’OFC, corrispondente allo schema impiantistico di figura 2.1. La portata di fluido organico, sotto forma di vapore saturo, che passa all’interno dell’espansore ad alta pressione è data da:

4 FO 3

mmx (2.8) Dove 𝑥3 è il titolo di vapore nel punto 3 in seguito alla laminazione, trasformazione 2→3. Il

valore di questa portata, una volta definito il fluido operativo e quindi la forma della curva di saturazione, è strettamente collegato alla prima pressione di flash scelta. La portata di fluido organico nello stato liquido saturo uscente dal separatore di vapore è invece data da:

6 FO 1 3

mm  x (2.9) Al punto 6, il liquido saturo subisce una seconda laminazione, entra all’interno del primo miscelatore dove avviene la miscelazione con il vapore surriscaldato e dove vale la seguente equazione di bilancio:

7 7 5 5 8 8

m h m h m h (2.10) La miscela bifase risultate entra poi nel secondo separatore dove viene separata. Questa separazione è obbligatoria quando si opera con basse temperature della sorgente termica (<180°C) a causa del basso titolo di vapore in uscita dal miscelatore, che altrimenti non permetterebbe una efficiente espansione. La massa di vapore attraverso il secondo espansore è data da:

9 FO 8

mmx (2.11) Dove 𝑥8 è il titolo di vapore nel punto 8 in seguito alla miscelazione.

La portata di fluido organico sotto forma di liquido saturo uscente dal secondo separatore di vapore è invece data da:

11 FO 1 8

mm  x (2.12) Il liquido saturo è poi laminato in una terza valvola di laminazione e miscelato assieme al vapore surriscaldato proveniente dall’espansore a bassa pressione in un secondo miscelatore, dove vale la seguente equazione di bilancio:

(25)

25

12 12 10 10 13 13

mhmhmh (2.13) Il fluido bifase al punto 13 è poi inviato al condensatore. Al livello del condensatore vale la seguente equazione di bilancio:

13 ( 14 13) FR in FR out FR

mhhm h h (2.14) Dove 𝑚̇𝐹𝑅, ℎ𝑖𝑛−𝐹𝑅 e ℎ𝑜𝑢𝑡−𝐹𝑅 sono rispettivamente: la portata e le entalpie in ingresso e uscita al condensatore del fluido di raffreddamento.

La potenza termica prelevata dal fluido di raffreddamento al fluido operativo è data da:

.

p FR

condensatore FR in FR out FR

QmCT T (2.15) In uscita dal condensatore il fluido organico è poi inviato alla pompa per essere immesso nuovamente all’interno dello scambiatore di calore. La potenza da fornire alla pompa è data da: 14 14 pompa P P m

 

    (2.16) Dove 𝛥𝑃 , 𝜌14, 𝜂𝑝𝑜𝑚𝑝𝑎, rappresentano rispettivamente: la differenza di pressione tra la

pressione al condensatore e la massima pressione del ciclo, la densità del fluido operativo e il rendimento della pompa. Le potenze estratte dagli espansori ad alta (H.P) e bassa pressione (L.P), rispettivamente W1 e W2, sono date da:

1 H P. FO 3 4 5 W

m  x hh (2.17)

2 L P. FO 8 9 10 W

m  x hh (2.18) Dove 𝜂𝐻.𝑃 e 𝜂𝐿.𝑃 sono rispettivamente i rendimenti isoentropici per gli espansori ad alta e

bassa pressione. La potenza netta estratta dall’impianto è data da:

1 2

netta

(26)

26

Figura 2.3: diagramma termodinamico ciclo OFC.

2.4.2. Relazioni termodinamiche per OFRC

In figura 2.4 è mostrato il ciclo termodinamico sul piano T-s per l’OFRC, corrispondente allo schema impiantistico di figura 2.2. Il ciclo flash organico con rigenerazione si differenzia dal classico OFC dal secondo separatore di vapore in poi. Il fluido operativo in uscita dall’espansore entra nel condensatore nello stato di vapore surriscaldato. All’interno del condensatore il fluido operativo passo dallo stato di vapore saturo a quello di liquido saturo. La potenza termica prelevata è data anche in questo caso dalla relazione (2.14). Il liquido saturo in uscita dal condensatore è pompato nel secondo miscelatore alla pressione del liquido saturo in uscita dal secondo separatore di vapore dalla Pompa-1, alla quale è fornita la potenza P1, data da:

1 1 12 13 pompa 1 P P m

 

     (2.20) Nel secondo miscelatore vale la seguente equazione di bilancio:

11 11 13 13 14 14

m h

 

m

h

m

h

(2.21) Infine il liquido saturo è pompato dalla Pompa-2 all’interno dello scambiatore di calore. La potenza fornita alla seconda pompa è data da:

2 2 14 14 pompa 2 P P m

 

     (2.22)

(27)

27

Le relazioni delle potenze fornite dagli espansori ad alta e bassa pressione, W1 e W2 sono le

stesse di (2.16) e (2.17). La potenza netta estratta dal sistema è pari a:

1 2 1 2

netta

P

 

W W

 

P P

(2.23)

Figura 2.4: diagramma termodinamico ciclo OFRC.

2.5. Vantaggi principali della configurazione OFRC rispetto alla OFC

Il ciclo flash organico con rigenerazione da un punto di vista impiantistico è molto simile al caso senza rigenerazione come si può vedere dalle figure 2.1 e 2.2. Il liquido uscente dal secondo separatore di vapore nel caso OFRC non viene però laminato come accade per l’OFC, ma è utilizzato per recuperare calore da parte del fluido operativo in ingresso allo scambiatore di calore. Come risultato la rigenerazione comporta una temperatura più alta del fluido termovettore in uscita dallo scambiatore di calore rispetto al caso senza rigenerazione, con un minor scambio di calore e quindi un minor rendimento di recupero (ε) a livello dello scambiatore. L’efficienza del ciclo (ηciclo)nel caso OFRC risulta però essere maggiore rispetto

all’OFC, in risposta alla minor quantità di calore introdotta in ingresso allo scambiatore di calore. Il rendimento globale dei due impianti risulta quindi essere simile. La differenza sostanziale tra i due cicli sono le dimensioni sia dello scambiatore di calore che del condensatore. A livello dello scambiatore di calore nel caso OFRC rispetto all’OFC, essendo la quantità di calore traferita minore, minore risulterà essere la superficie di scambio e quindi minori risulteranno essere i costi. Il condensatore nel caso dell’OFRC deve condensare una quantità di fluido operativo, proveniente dall’espansore a bassa pressione, molto minore

(28)

28

rispetto al caso OFC, che invece deve condensare tutto il fluido operativo circolante nell’impianto. Il condensatore proprio come nel caso dello scambiatore di calore necessita quindi una superficie di scambio maggiore nel caso OFC rispetto all’OFRC e quindi un costo maggiore. La realizzazione di un impianto OFRC invece che di un semplice OFC, è giustificata, anche nel caso di parità in termini di rendimento globale, da una riduzione dei costi dello scambiatore di calore e del condensatore.

3. Costruzione modello HYSYS

Aspen HYSYS è un programma di Aspen Technology [33]. HYSYS è un software di simulazione e modellazione dei processi industriali utilizzato dai principali produttori mondiali di petrolio, gas e da raffinerie o società di ingegneria per la simulazione, progettazione e ottimizzazione dei processi industriali. Per la simulazione è stato scelto come “fluid package” Refprop [34], un insieme di equazioni che fa riferimento al database NIST.

Sia per l’OFC che per l’OFRC, di figura 2.1 e 2.2, gli stati termodinamici e la portata del fluido operativo circolante all’interno dell’impianto sono stati calcolati in Aspen HYSYS, assegnando valori iniziali come input e definendo variabili e vincoli. Il dimensionamento dei singoli componenti degli impianti OFC e OFRC sono trattati nei sotto paragrafi successivi, ricordando che per entrambi i tipi di impianti sono state analizzate 2 varianti: una in cui gli espansori sono uguali per il ciclo flash non rigenerato e rigenerato ed una invece in cui sono ottimizzati sia per il rigenerato che per il non rigenerato. Lo scambiatore di calore e il condensatore sono invece i medesimi per le 2 varianti di OFC e OFRC analizzate. Gli schemi impiantistici progettati all’interno di Aspen HYSYS sono riportati in appendice nelle figure 1 e 2.

3.1. Espansori volumetrici

Gli espansori utilizzati sono di tipo rotativo derivanti dal motore Wankel e sono adatti per impieghi a bassa potenza. I dati dell’espansore sono stati ottenuti da un modello Matlab sviluppato al dipartimento D.E.S.T.eC già utilizzato in [17]. In questo studio l’espansore assume un ruolo comparativo, ovvero permette un confronto in termini di potenza e rendimento globale tra le varie configurazioni analizzate. Aspen HYSYS per il dimensionamento dei due espansori richiede la creazione di curve di efficienza e potenza in forma di tabelle. Nelle tabelle per una data velocità di rotazione dell’espansore devono essere specificate: portate, potenze ed efficienze. Per la creazione delle tabelle sono stati imposti limiti di minima e massima velocità di rotazione, rispettivamente di 500rpm e 3000rpm, sia per l’espansore ad alta che a bassa pressione. Infatti al di sotto di 500rpm la potenza dell’espansore risulta essere troppo bassa, mentre il limite di 3000rpm è stato imposto a causa della riduzione del rendimento alle alte velocità. Quindi sono stati scelti 4 valori distinti di velocità di rotazione sia per l’espansore ad alta che a bassa pressione: 500rpm, 1000rpm, 1500rpm, 2000rpm e 2500rpm. Data la condizione di progetto della sorgente termica sono

(29)

29

state definite le cilindrate e dal modello Matlab sono state ricavate le curve di funzionamento in condizioni di off-design.

3.1.1. Espansori volumetrici per gli impianti OFC e OFRC

Come prima analisi sono stati utilizzati gli stessi espansori sia nel caso OFC che OFRC. La cilindrata dell’espansore ad alta pressione è di circa 435cm3 mentre quella dell’espansore a

bassa pressione risulta essere più grande, a causa della maggior portata che l’attraversa e pari a circa 2765cm3. Le dimensioni dei 2 espansori sono state ottenute considerando valori

intermedi di: pressione, portata e temperatura del fluido operativo in ingresso agli espansori ad alta e bassa pressione, nel caso OFRC e OFC, per le condizioni di progetto della sorgente termica. I dati relativi a tali espansori sono riportati rispettivamente nelle tabelle da 3.1 a 3.5 per l’espansore ad alta pressione e da 3.6 a 3.10 per l’espansore a bassa pressione.

500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

247,41 1,07 71,40 297,85 1,89 75,33 349,60 2,70 74,10 381,26 3,19 72,83 424,43 3,85 70,79 468,73 4,52 68,71 514,25 5,18 66,68 537,52 5,52 65,63 561,13 5,85 64,64 585,12 6,19 63,64 Tabella 3.1. 1000 RPM

Portata [Kg/h] Potenza [kW] Efficienza

474,22 1,96 68,06 570,91 3,54 73,73 670,10 5,15 73,62 730,78 6,11 72,65 813,53 7,40 70,96 898,43 8,70 69,04 985,69 10,01 67,13 1030,28 10,66 66,16 1075,55 11,31 65,18 1121,53 11,97 64,25 Tabella 3.2

(30)

30

1500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

659,83 2,43 60,68 794,36 4,73 70,69 932,38 7,04 72,36 1016,81 8,43 72,04 1131,95 10,30 70,97 1250,08 12,18 69,49 1371,50 14,08 67,89 1433,54 15,03 67,06 1496,53 15,98 66,19 1560,50 16,94 65,36 Tabella 3.3. 2000 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

783,65 2,31 48,54 943,42 5,19 65,27 1107,34 8,08 69,98 1207,61 9,84 70,81 1344,35 12,19 70,72 1484,65 14,58 70,04 1628,85 16,96 68,86 1702,54 18,17 68,23 1777,34 19,37 67,55 1853,32 20,59 66,89 Tabella 3.4. 2500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

825,07 1,33 26,46 993,28 4,63 55,38 1165,87 7,95 65,35 1271,43 9,97 68,17 1415,41 12,69 69,90 1563,12 15,40 70,24 1714,94 18,16 70,02 1792,52 19,55 69,74 1871,28 20,97 69,45 1951,28 22,36 68,97 Tabella 3.5.

(31)

31

500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

539,64 5,02 76,34 626,15 6,78 76,45 712,01 8,51 75,20 975,59 13,86 70,42 1153,76 17,43 67,22 Tabella 3.6. 1000 RPM

Portata [Kg/h] Potenza [kW] Efficienza

1034,36 9,49 72,68 1200,17 12,89 75,79 1364,74 16,29 75,07 1869,94 26,68 70,72 2211,45 33,64 67,70 Tabella 3.7. 1500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

1439,21 12,74 72,68 1669,93 17,66 74,64 1898,90 22,48 74,44 2601,85 37,33 71,10 3077,02 47,32 68,45 Tabella 3.8. 2000 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

1709,27 14,24 68,40 1983,28 20,28 72,18 2255,22 26,32 73,42 3090,08 44,75 71,76 3654,42 57,08 69,52 Tabella 3.9. 2500 RPM

Portata [kg/h] Potenza [kW] Efficienza

1799,61 13,38 61,03 2088,10 20,11 67,96 2374,42 26,84 71,08 3253,40 47,59 72,49 3847,56 61,76 71,44 Tabella 3.10.

(32)

32

Nelle figure 3.1 e 3.2. sono riportate le curve di efficienza e potenza degli espansori ad alta e bassa pressione.

Figura 3.1: curve di potenza ed efficienza espansore ad alta pressione.

(33)

33

3.1.2. Espansori volumetrici ottimizzati per l’impianto OFC ed OFRC

Come seconda analisi invece gli espansori sono stati ottimizzati secondo il tipo di impianto consideratoper le condizioni di progetto della sorgente termica.

Nel caso dell’OFC le dimensioni degli espansori ad alta e bassa pressione sono rispettivamente: 472cm3 e 2770cm3. Nel caso dell’OFRC le dimensioni degli espansori ad alta

e bassa sono invece: 402cm3 e 2560cm3.

Anche in questo caso per ognuno dei 4 espansori si riportano all’interno di Aspen HYSYS le tabelle in cui per ogni valore di velocità di rotazione dell’espansore sono specificate: portata, potenza ed efficienza. Per ogni espansore si ottengono le curve interpolate dei dati sia per l’efficienza che per la potenza come per le figure 3.1 e 3.2.

In tabella 3.11 sono riportate le dimensioni caratteristiche degli espansori sopra elencati nei casi in cui vengano utilizzati gli stessi espansori per entrambi gli impianti (OFC&OFCR) e nel caso siano ottimizzati per lo specifico impianto considerato (OFC, OFRC):

OFC&OFCR OFC OFRC

Espansore alta

pressione 435 cm3 472 cm3 402 cm3

Espansore bassa

pressione 2765 cm3 2770 cm3 2560 cm3

Tabella 3.11

3.2. Scambiatori di calore e condensatori per gli impianti OFC ed OFRC

Il dimensionamento degli scambiatori di calore e dei condensatori è stato fatto mediante il software Aspen Exchanger Design & Rating, sempre di Aspen Technology, con lo scopo di minimizzare i costi di entrambi i componenti compatibilmente con i requisiti di sistema ed evitando situazioni di lavoro potenzialmente pericolose, come ad esempio eccessive vibrazioni dei tubi degli scambiatori. Sono stati considerati solamente scambiatori a fascio tubiero, “shell and tube” dal momento che HYSYS non permette in ambiente di simulazione di trattare altri tipi di scambiatori. Le parti principali che si possono individuare all’interno di uno scambiatore di calore a fascio tubiero sono:

• Testata anteriore e posteriore, che delimitano il volume costituito dalla parte interna di tubi detta lato tubi.

• I tubi stessi, fissati ad una piastra forata detta piastra tubiera.

• Il mantello “shell”, ovvero l’involucro esterno che delimita il volume interno ai tubi, detto lato mantello.

Sia per lo scambiatore di calore che per il condensatore sono stati considerati i seguenti coefficienti di fouling: 2 ∙ 10−4[m2∙K/W] per il circuito ad acqua e 4 ∙ 10−4 [m2∙K/W] per il

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34

circuito ad isopentano [17 e 23]. I due condensatori sono stati progettati per la pressione del fluido di raffreddamento di 1.1bar, circa la pressione atmosferica, per evitare infiltrazioni di aria e quindi la necessità di installare costosi deareatori presenti ad esempio per i condensatori con pressioni sub-atmosferiche. La temperatura del fluido di raffreddamento (acqua), in ingresso ai condensatori, è stata considerata pari a 15°C, tipica temperatura di un corso d’acqua.Gli scambiatori di calore sono stati dimensionanti per la condizione di progetto della sorgente termica. Per il dimensionamento dei due scambiatori di calore, sia nel caso OFC che OFRC, sono stati considerati inizialmente un approach e pinch point rispettivamente di 15°C e 12°C. Sia il pinch che l’approach point sono però stati aumentati per tutti gli scambiatori di calore dimensionati, infatti non esistono scambiatori di calore in grado di scambiare la potenza termica richiesta con un salto di temperatura media così piccola.

Le regole per la progettazione degli scambiatori a fascio tubiero sono definite da TEMA. TEMA è l’associazione dei costruttori di scambiatori di calore a fascio tubiero (Tubolar Exchanger Manufactures Association) statunitense, che cura la pubblicazione di norme relative alla classificazione, dimensionamento e costruzione degli scambiatori di calore [34]. Le geometrie costruttive degli scambiatori a fascio tubiero o “shell and tube”, sono distinte in base al tipo di: testa frontale (o anteriore), testa posteriore e mantello. La scelta dei tipi di testa anteriore e posteriore è principalmente una considerazione di carattere progettuale, infatti, mentre le teste anteriori sono sempre fisse, le teste posteriori, come le piastre tubiere, possono essere fisse o flottanti. Le piastre tubiere fisse sono economicamente più vantaggiose rispetto alle flottati, queste ultime però permettono una pulizia e manutenzione più agevoli con la possibilità di sfilare il fascio tubiero dal mantello. In questo studio visto l’obiettivo di minimizzare i costi sono state scelte teste posteriori fisse nella progettazione degli scambiatori. TEMA ha stabilito un codice di 3 lettere per definire la geometria costruttiva degli scambiatori a fascio tubiero:

• La prima lettera rappresenta la testa frontale o anteriore dello scambiatore di calore. Gli scambiatori di seguito progettati sono identificati come prima lettera, dalla lettera “B”, che specifica una piastra tubiera fissa alla estremità anteriore con copertura integrale, ossia senza la possibilità di accessi per la pulizia e manutenzione dei tubi e della piastra tubiera.

• La seconda lettera rappresenta il mantello. Le lettere identificative con cui sono stati progettati gli scambiatori di seguito sono: “E” ed ”F”. La lettera “E” definisce un tipo di mantello che garantisce il miglior trasferimento di calore, con lo svantaggio di maggiori perdite di carico. Questa configurazione è generalmente utilizzata per applicazioni in controcorrente e sovrapposizione di temperatura dei 2 flussi. La lettera “F” invece identifica un tipo di mantello a doppio passaggio, che può aumentare l’efficienza dello scambio termico nel lato mantello e mantenere un flusso in controcorrente per applicazioni in cui si ha sovrapposizione di temperatura dei 2 flussi.

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• La terza lettera rappresenta la testa posteriore. Gli scambiatori di seguito progettati sono identificati come terza lettera dalla lettera “M”. La lettera “M” indica che la testa posteriore e la piastra tubiera sono fisse.

Per ogni scambiatore di calore e condensatore dimensionato, Aspen Exchanger Design & Rating, stabilisce inoltre un prezzo, espresso in dollari $, al fine di valutare e permettere un confronto in termini economici tra una configurazione ed un'altra. Il prezzo è stabilito prendendo in considerazione più variabili dello scambiatore stesso tra cui ad esempio: geometria, pressione e tipo di materiali impiegati per la costruzione.

3.2.1. Scambiatore di calore impianto OFC

Lo scambiatore ottimale è risultato essere un BFM a 2 passaggi nel mantello e 2 passaggi nei tubi. Nel mantello dello scambiatore di calore circola il fluido termovettore, acqua surriscaldata, mentre il fluido operativo, l’isopentano circola nel fascio tubiero. Nella tabella 3.12 sono riportati i dati principali dello scambiatore di calore a fascio tubiero. In figura 3.3 è riportato il layout dello scambiatore di calore: vista laterale a) e vista frontale b), dove sono presenti anche la disposizione e le dimensioni caratteristiche del fascio tubiero. In figura 3.4 è riportato il grafico della temperatura dei 2 fluidi in relazione alla lunghezza dello scambiatore di calore per le condizioni di progetto della sorgente termica. Infine in figura 3 in appendice è riportato il TEMA-sheet dello scambiatore di calore a fascio tubiero, shell and tube.

Geometria scambiatore BFM

Numero tubi 136

Diametro tubi OD1 [mm] 19,05

Distanza centro tubi [mm] 23,81

Lunghezza tubi [mm] 10000

Diametro mantello ID2 [mm] 336,55

Diametro mantello OD [mm] 355,6

Numero passaggi tubi 2

Numero passaggi mantello 2

Costo scambiatore [$] 26740

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Figura 3.4: andamento temperature all’interno dello scambiatore di calore impianto OFC.

3.2.2. Condensatore impianto OFC

Il condensatore ottimale è risultato essere un BEM a 1 passaggio nel mantello e 2 passaggi nei tubi. Nel mantello del condensatore circola l’isopentano, mentre l’acqua surriscaldata circola nel fascio tubiero. Nella tabella 3.13 sono riportati i dati principali del condensatore. In figura 3.5 è riportato il layout del condensatore: vista laterale a), vista frontale b), dove sono presenti anche la disposizione e le dimensioni caratteristiche del fascio tubiero. In figura 3.6 è riportato il grafico della temperatura dei 2 fluidi in relazione alla lunghezza del condensatore per le condizioni di progetto della sorgente termica. Infine in figura 4 in appendice è riportato il TEMA-sheet del condensatore.

Geometria scambiatore BEM

Numero tubi 265

Diametro tubi OD [1] [mm] 19,05

Distanza centro tubi [mm] 23,81

Lunghezza tubi [mm] 6000

Diametro mantello ID [2] [mm] 488,95

Diametro mantello OD [mm] 508

Numero passaggi tubi 2

Numero passaggi mantello 1

Costo condensatore [$] 28649

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Figura 3.6: andamento temperature all’interno del condensatore impianto OFC.

3.2.3. Scambiatore di calore impianto OFRC

Lo scambiatore ottimale è risultato essere anche in questo caso un BFM a 2 passaggi nel mantello e 2 passaggi nei tubi. Nel mantello dello scambiatore di calore circola il fluido termovettore, acqua surriscaldata, mentre il fluido operativo, l’isopentano circola nel fascio tubiero. Nella tabella 3.14 sono riportati i dati principali dello scambiatore di calore a fascio tubiero. In figura 3.7 è riportato il layout dello scambiatore di calore: vista laterale a), vista frontale b), dove sono presenti anche la disposizione e le dimensioni caratteristiche del fascio tubiero. In figura 3.8 è riportato il grafico della temperatura dei 2 fluidi in relazione alla lunghezza dello scambiatore di calore per le condizioni di progetto della sorgente termica. Infine in figura 5 in appendice è riportato il TEMA-sheet dello scambiatore shell and tube.

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Geometria scambiatore BFM

Numero tubi 72

Diametro tubi OD [1] [mm] 19,05

Distanza centro tubi [mm] 23,81

Lunghezza tubi [mm] 10000

Diametro mantello ID [2] [mm] 257,45

Diametro mantello OD [mm] 273,05

Numero passaggi tubi 2

Numero passaggi mantello 2

Costo scambiatore [$] 19720

Tabella 3.14: Diametro esterno [1] e interno [2].

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Figura 3.8: andamento temperature all’interno del condensatore impianto OFRC.

3.2.4. Condensatore impianto OFRC

Il condensatore ottimale anche in questo caso è risultato essere un BEM a 1 passaggio nel mantello e 2 passaggi nei tubi. Nel mantello del condensatore circola l’isopentano, mentre l’acqua surriscaldata circola nel fascio tubiero. Nella tabella 3.14 sono riportati i dati principali del condensatore. In figura 3.9 è riportato il layout del condensatore: vista laterale a), vista frontale b), dove sono presenti anche la disposizione e le dimensioni caratteristiche del fascio tubiero. In figura 3.15 è riportato il grafico della temperatura dei 2 fluidi in relazione alla lunghezza del condensatore per le condizioni di progetto della sorgente termica. Infine in figura 6 in appendice è riportato il TEMA-sheet del condensatore.

Geometria scambiatore BEM

Numero tubi 209

Diametro tubi OD [1] [mm] 19,05

Distanza centro tubi [mm] 23,81

Lunghezza tubi [mm] 5100

Diametro mantello ID [2] [mm] 438,15

Diametro mantello OD [mm] 457,2

Numero passaggi tubi 2

Numero passaggi mantello 1

Costo condensatore [$] 23953

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