• Non ci sono risultati.

Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPie

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPie"

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)
(2)





XI

Indice

*

Prefazione ... Comitato revisione atti ... Organizzatore convegno

Comitato scientifico ... Comitato organizzatore ...

Premio “Franco Ferrero” ... Note di presentazione ... Canto, voce e prosodia: prospettive etnomusicologiche ...

III XIV XV XV XVII XVIII XXI

Riassunti delle relazioni a invito

Prosodia di ieri, prosodia di oggi. Un esperimento di autotrapianto sul parlato televisivo (pp. 3-16)

Massimo Pettorino ...

Il riconoscimento automatico del parlato e la lingua delle notizie: alcune riflessioni su dati estratti dall’applicazione web mediamonitor (pp. 17-32)

Maria Palmerini ...

Costruire una lingua nazionale. Il parlato nei documentari e negli sceneggiati Rai degli esordi (pp. 33-40)

Giuliana Caterina Galvagno ...

Archiviazione e annotazione del parlato nell’Atlante Linguistico della Sicilia (pp. 41-56)

Vito Matranga ...

Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPIE (pp. 57-66)

Federica Cugno ...

Canti di devozione privata: la passione e altre “orazioni” registrate in Romagna (pp. 67-88)

Cristina Ghirardini ...

Target Reaching in Melodic and Prosodic Analysis: Some Observations Following the Examination of a Performance of Sardinian A Mutetus Longus Poetry (pp. 89-104)

Paolo Bravi ... 3 5 7 9 11 13 15



* Numeri di pagina dei testi pdf sul CD allegato.



(3)

Indice

XII Riassunti delle relazioni presentate alla conferenza

Applicazioni tecnologiche

The BAVIECA open-source speech recognition system. Experiments on adult and child Italian speech (pp. 107-114)

Piero Cosi, Giulio Paci, Giacomo Sommavilla, Fabio Tesser ...

Applying durational metrics to speech vs. TTS (pp. 115-128)

Paolo Mairano ...

Phonetic syllables applied to continuous emotion tracking (pp. 129-140)

Antonio Origlia, Vincenzo Galatà ...

Gestione degli errori in un corpus di dialogo uomo-macchina: strategie di riformulazio-ne (pp. 141-156)

Fabio Poroli, Andrea Paoloni, Massimiliano Todisco ...

Riconoscimento automatico di richieste di aiuto e comandi di domotica per Ambient

As-sisted Living (pp. 157-172)

Emanuele Principi, Stefano Squartini, Francesco Piazza ...

Mayday: a software for multimodal articulatory data analysis (pp. 173-184)

Francesco Sigona, Antonio Stella, Mirko Grimaldi, Barbara Gili Fivela ...

Interazione vocale a distanza in ambiente domestico (pp. 185-196)

Alessandro Sosi, Mirco Ravanelli, Marco Matassoni, Luca Cristoforetti, Maurizio Omologo, Samuel Ramella ...

Il salvataggio di materiale etnomusicale presso il Centro Regionale Etnografico Lingui-stico: esperienze di progetto (pp. 197-204)

Marco Stefano Tomatis ...

19 21 23 25 27 29 31 33

Voce, intonazione, multimedialità

È vero – perché è vero: un caso di verum focus in italiano (pp. 207-218)

Laura Baranzini, Edoardo Lombardi Vallauri ...

Voce e apprendimento multimediale (pp. 219-228)

Anna De Meo, Marilisa Vitale, Elisa Pellegrino ...

On the Importance of Fine Alignment and Scaling Differences in Perception: The Case of Turin Italian (pp. 229-254)

Barbara Gili Fivela, Grazia M. Interlandi, Antonio Romano ...

Variabilità sociofonetica nel luogo di articolazione delle affricate dentali a Bolzano (pp. 255-270)

Chiara Meluzzi ...

Storie ordinarie di gente comune: la riproduzione del parlato nel racconto televisivo (pp. 271-292)

Simona Messina ...

Automatically detecting syllables: a two-way bridge between linguistics and technology (pp. 293-304)

Antonio Origlia, Valentina Schettino ...

Prosodia e coarticolazione. L’influenza della gerarchia accentuale sulla coarticolazione anticipatoria nella sillaba CV (pp. 305-318)

Claudio Zmarich, Cinzia Avesani ...

37 39 41 43 45 47 49

(4)

Indice

XIII

Testualità e forme del raccontare

Leggende metropolitane: il telefono senza fili della narrativa contemporanea (pp. 321-332)

Laura Bonato ...

L’espressione delle emozioni nel parlato argomentativo di tipo politico. Evidenze di pianificazione testuale (pp. 333-350)

Ferdinando Longobardi ...

Aspetti metrici e prosodici dell’epica francoveneta (pp. 351-364)

Piero Andrea Martina ...

Le identità narrate della sordità (pp. 365-376)

Franca Orletti, Maria Tagarelli De Monte ...

Raccontarsi: tra lingua di casa e lingua di scuola (pp. 377-387)

Silvia Sordella ... 53 55 57 59 61

(5)

Atti del X Convegno dell’Associazione Italiano Scienze della Voce



57

VOCI DEL PASSATO E DEL PRESENTE NELLE ALPI

PIEMONTESI: IL PROGETTO CLAPIE

Federica Cugno

Università degli Studi di Torino

federica.cugno@unito.it

0. Il progetto Culture e Lingue nelle Alpi del Piemonte (CLAPie), il cui sottotitolo è

A-tlanti linguistici, musei etnografici: percorsi multimediali per l’educazione al territorio al-pino, è una ricerca multidisciplinare in corso di realizzazione presso l’Università degli

Stu-di Stu-di Torino, a cui partecipano Stu-dialettologi e antropologi appartenenti alla medesima istitu-zione universitaria1.

Sia il tema principale della ricerca, l’alpicoltura, ambito contraddistinto ancora da una forte vitalità e connotato da aspetti di conservazione e innovazione, sia la sua collocazione territoriale, ovvero la Val Pellice, la Val Germanasca e la bassa Valle Chisone, situate sul versante alpino del Piemonte occidentale, sono indirettamente suggeriti dall’acronimo del progetto, clapie, termine che presso le comunità occitane delle valli citate indica i cumuli di pietre derivati dallo spietramento, presenti accanto ai terreni coltivati o ai prati, simbolo di una paziente opera di addomesticazione del territorio2. Lo scopo principale del progetto consiste infatti nello studio di diversi aspetti dell’alpicoltura mediante il recupero, l’armonizzazione e la valorizzazione di risultati di campagne di ricerca etnolinguistiche correlate, grazie a un’apposita piattaforma informatica, sia con quanto è stato archiviato lo-calmente sia con i risultati di diverse indagini sul patrimonio culturale delle Alpi occidenta-li condotte in ambito accademico. Si tratta quindi da un lato di contribuire alla salvaguardia e alla promozione del cosiddetto patrimonio culturale intangibile di quest’area del Piemonte nota per le sue peculiarità linguistiche e storico-culturali, dall’altro di rendere più fruibili dati linguistici ed etnoantropologici spesso di difficile reperibilità sia per i ricercatori sia per i profani.

2. Per ciò che concerne l’aspetto etnolinguistico la ricerca si fonda in primis sulla do-cumentazione linguistica ed etnografica, edita e inedita, inerente all’alpicoltura e a tutti gli aspetti ad essa connessi reperibile presso i cantieri degli atlanti linguistici che hanno svolto delle indagini nel territorio considerato3. Quindi tra i materiali già pubblicati figurano quelli dall’Atlas Linguistique della France (ALF), individuati all’interno di 43 carte contenenti materiali riconducibili all’alpeggio, e quelli dell’Atlante Italo-Svizzero (AIS) raccolti nel VI volume dell’Opera nella sezione “Allevamento del bestiame grosso e minuto/Il pascolo”, corrispondente a circa 100 carte4. Invece, per quanto riguarda l’Atlante Linguistico Italiano (ALI) e l’Atlante Linguistico Etnografico del Piemonte Occidentale (ALEPO), i dati

atti-

1

Collaborano attivamente alla ricerca Federica Cugno, Federica Cusan, Giulia Fassio, Va-lentina Porcellana, Riccardo Regis e Matteo Rivoira.

2

Cfr. clapie “mucchio disordinato di sassi ai margini dei campi, pietraia” (Pons & Genre, 1997).

3

Per un quadro generale delle ricerche etnolinguistiche sulle Valli Valdesi si veda Rivoira (2009).

4

(6)

Federica Cugno

58

nenti all’ambito prescelto risultano ancora inediti e sono stati reperiti nei rispettivi archivi 5. Tali documenti linguistici sono stati poi completati dai dati toponomastici, selezionando quelli pertinenti all’oggetto della ricerca all’interno del repertorio dei toponimi dei comuni delle Valli Valdesi custodito presso l’archivio dell’Atlante Toponomastico del Piemonte

Montano (ATPM). Grazie a un complesso e articolato lavoro di uniformazione e

armoniz-zazione dei materiali a partire dalle domande e dalle voci dei questionari dei singoli atlanti si è giunti alla definizione di un repertorio di concetti intorno al quale comporre il sistema di relazioni con gli elementi extralinguistici ad essi correlati; nel contempo, sulla base degli ambiti più problematici e lacunosi riscontrati tra i dati già reperiti, sono state programmate specifiche indagini etnolinguistiche sul campo, con le quali raccogliere anche una docu-mentazione più recente del lessico dell’alpicoltura.

Sul versante demoetnoantropologico sono stati considerati i dati custoditi presso musei locali ed ecomusei presenti nello stesso territorio o rintracciati in collezioni private 6, a cui è seguita una campagna di inchiesta sia con gli alpigiani tuttora attivi, sia con una parte di quelli che hanno cessato la propria attività per ricostruire una serie di saperi, usi e pratiche relativi all’alpeggio, per delinearne l’evoluzione nel corso degli ultimi decenni e per pre-sentare una sorta di mappatura georeferenziata degli alpeggi delle valli considerate.

3. Il supporto informatico per l’archiviazione, la correlazione e l’interrogazione dei dati è stato sviluppato sul modello di MuseoTorino (http://www.museotorino.it/), una specie di museo virtuale messo a punto dalla sezione dei Servizi Museali e del Patrimonio culturale della città di Torino, poiché tale sistema permette di costruire uno spazio virtuale in cui dati eterogenei possono stabilire correlazioni semanticamente pertinenti grazie all’adozione del-la filosofia del web 3.0 (web semantico), basato su un data base a grafi. In seguito ad un accordo di collaborazione, l’architettura di MuseoTorino è stato ampliata e adattata, nello specifico, alle esigenze dettate dall’approccio prettamente linguistico e antropologico del progetto, con la messa a punto, ad esempio, di nuove tipologie di classi di schede, che co-stituiscono l’impianto del sistema, tra cui quelle relative al linguaggio. Questo sistema è parso infatti particolarmente funzionale a mettere in relazione dati tra loro eterogenei allo scopo di illustrare mediante i collegamenti tra ‘parole’ e ‘cose’ gli aspetti più salienti dell’alpicoltura del passato e del presente.

3.1. All’interno di questa struttura è poi stata dedicata particolare attenzione al tipo di relazioni concettuali che intercorrono tra la parola (il significante), il suo contenuto seman-tico (significato) e l’oggetto al quale si riferisce (il referente). Tali relazioni sono state co-struite ricorrendo a grafi nei quali i nodi rappresentano oggetti reali e ‘linguistici’, ma an-che, ad esempio, processi, mentre le linee che li connettono descrivono le relazioni che in-tercorrono tra essi, in modo tale da poter individuare e prevedere, nei singoli esempi studia-ti, tutti i percorsi attraverso i quali si possono articolare i rapporti tra dati anche eterogenei. Il programma permette anche di visualizzare dinamicamente la rete e i livelli di relazioni costruite tra vari nodi e di richiamare in primo piano uno dei nodi. Così, come illustra la Fi-gura 1, alla scheda concetto ‘forma per il formaggio’, che contiene una sintetica descrizione



5

Fanno eccezione alcune carte dell’ALEPO riguardanti insetti molesti al bestiame pubbli-cate nel modulo III.Il Mondo animale apparso nel 2013 (Canobbio & Telmon, 2013). Per le caratteristiche dei singoli atlanti coinvolti nel progetto si veda Cugno & Massobrio (2010). 6

(7)

Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPIE





59

dell’oggetto, sono collegate le schede che si riferiscono alle designazioni ricavate dagli at-lanti linguistici a Ruata di Pramollo (AIS), Ghigo di Prali (ALI), Serre di Angrogna (ALI), Pramollo (ALEPO), San Martino Perrero (ALEPO) e Villar Pellice (ALEPO). I termini dia-lettali vengono proposti in due grafie: la prima è quella elaborata da Arturo Genre per le parlate occitane del Piemonte e comunemente usata in ambito accademico per la loro tra-scrizione; la seconda, reperibile nelle immagini di ciascuna scheda ‘significante’, segue l’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA). Come risulta ancora dalla Figura 1, il termine raccolto in tutte le località è la feisel(l)o, a Villar Pellice nella variante la fisella, con l’eccezione di Serre di Angrogna, dove è attestato la ruscha 7.

Figura 1: Collegamenti tra scheda ‘concetto’ e schede ‘significante’.

2. Alla scheda concetto sono altresì collegate delle schede ‘oggetto’ (Figura 2) riferite a ar-nesi che rappresentano realizzazioni concrete di varie tipologie di forme per il formaggio impiegate un tempo nell’area indagata e reperite nei musei della zona. Troviamo quindi 1) la forma in legno forata sulla superficie laterale e sul fondo, composta di un pezzo unico, usata per la scolatura del latticello durante la preparazione del formaggio e conservata pres-so il museo di Rodoretto in Località Villa di Rodoretto (Prali) e prespres-so il Museo Valdese di Prali; 2) la forma più elaborata a doghe, una sorta di mastello cilindrico, anch’essa forata, di cui sono schedati due esemplari, conservati rispettivamente nei musei di Rodoretto e di Torre Pellice (si noti che quest’ultima scheda è a sua volta collegata, mediante la relazione ‘contiene’ a quella relativa ad una sorta di coperchio, costituito da un disco di legno su cui si posava un peso, generalmente delle pietre, per pressare il formaggio e favorire l’uscita del siero); 3) la cosiddetta ‘fascera’ conservata presso il Museo Valdese di Prali, formata da



7

Si tratta rispettivamente di continuatori del lat. fĭscella ‘cestella di vimini’, diminutivo di

fĭscus nel significato di ‘cesto di vimini; sporta per i denari’, e della voce germanica *rusca

(8)

Federica Cugno

60

un’unica fascia di legno elastico e curvato, le cui estremità sono inserite l’una nell’altra in modo tale che la circonferenza possa stringersi o allargarsi di alcuni centimetri, fissata di volta in volta da corde.

Figura 2: Esempi di schede ‘oggetto’.

Accanto agli oggetti conservati nei musei, figurano anche quelli documentati tramite fo-tografia o disegno nel corso delle inchieste linguistiche svolte per l’AIS, l’ALI e l’ALEPO e riportati nel campo fototeca della corrispettiva scheda ‘significante’. Come illustra la Fi-gura 3, la nostra tipologia di oggetti si arricchisce quindi del tipo in latta, forato e a forma di secchio, fotografato dall’ALEPO a Perrero, di cui dà conto anche l’AIS a Ruata di Pra-mollo sotto forma di note all’inchiesta, laddove si specifica che [la fei̯ˈsllo] indica un sec-chio o una scodella di latta “per piccoli formaggi di produzione familiare”; invece la foto ALEPO di Pramollo documenta forme del formaggio in legno, seppure più basse di quelle conservate nei musei.

Infine, grazie alla campagna di inchieste appositamente svolte per la ricerca, si dà conto anche del tipo moderno, a cui è dedicata un’apposita scheda ‘oggetto’, composto di una su-perficie laterale di forma cilindrica in acciaio in cui sono praticati numerosi fori per la fuo-riuscita del latticello e di un disco in acciaio che ne costituisce il fondo. Tale strumento è stato fotografato presso l’alpeggio La Roussa, che figura in una scheda ‘luogo’, a sua volta collegata ad una scheda ‘processo’ destinata a descrivere le attuali modalità di caseificazio-ne in altura (Figura 4.). In questo modo è possibile avere, accanto alle designazioni lingui-stiche dei vari strumenti, anche un’immagine sinottica di quelli più antichi e di quelli

(9)

mo-Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPIE





61

derni, per seguire eventuali cambiamenti di ordine sia linguistico sia tecnico. Nel nostro ca-so, oltre alla persistenza del lessotipo feisella, la cui etimologia rimanda al tipo di oggetto più antico di materiale vegetale, si può notare l’ormai completa sostituzione del legno con il metallo, ovvero l’acciaio 8, il cui impiego risulta comunque già documentato dall’AIS e più recentemente dall’ALEPO.

Figura 3: Esempi di documentazione fotografica correlata alle inchieste linguistiche.

Figura 4: Esempi di collegamenti tra schede a partire dalla scheda ‘concetto’.



8

(10)

Federica Cugno

62

L’impianto strutturale del sistema a grafi, rappresentato nella Figura 5, è quindi costitui-to da un insieme di schede, ciascuna delle quali, corrispondente ad un nodo, contiene tutte le informazioni ad essa pertinenti, con la possibilità di richiamare le varie altre schede cor-relate. Pertanto, a seconda della scheda selezionata, si può poi procedere l’indagine secondo diverse direzioni: dalle singole forme dialettali, come ad esempio [la fejˈslo], si risale all’informatore, qui Luigi Rostan, e al suo luogo di residenza, ovvero Ghigo di Prali, che è il Punto d’inchiesta n. 47 dell’Atlante Linguistico Italiano (ALI), nonché, eventualmente, al raccoglitore. Dalla moderna forma per il formaggio si passa alla scheda relativa all’attuale processo di caseificazione descritto nelle sue varie fasi con l’ausilio della documentazione fotografica contenuta nella fototeca e, eventualmente, anche alla scheda luogo dedicata all’alpeggio La Roussa, in cui è stata svolta l’inchiesta etnolinguistica.

Figura 5: Esempio di struttura ‘a grafi’.

3.3. Un aspetto qualificante di questa piattaforma consiste poi nella georeferenziazione che permette di proiettare sulla mappa geografica dell’area di interesse non soltanto le schede luogo, ma anche i dati linguistici a partire da un determinato concetto fornendo così una visione sinottica delle denominazioni dialettali estratte da banche dati diverse 9. Ad esempio, per restare nell’ambito della caseificazione, a partire dalla scheda concetto ‘ca-glio’ otteniamo la localizzazione sulla mappa dei luoghi da cui provengono i dati linguistici e, cliccando sulle loro icone, è possibile visualizzare le forme dialettali ivi raccolte: In

que-

9

La georeferenziazione sarà applicata anche per illustrare gli itinerari della monticazione e per localizzare gli alpeggi che sono stati oggetto di indagine specifica.

(11)

Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPIE





63

sto caso si tratta di risposte sostanzialmente uniformi del tipo [la pərˈzyro] a San Martino Perrero, Ghigo e Pramollo, con la variante [pərˈzyra] di Villar Pellice e Serre di Angrogna, a cui si aggiunge il tipo [lu kaˈʎet] raccolto a Ruata di Pramollo e a Bobbio Pellice (Figura 6).

Figura 6: La georeferenziazione.

3.4. L’archiviazione e la correlazione di dati multimediali, in particolare di documenti audiovisivi e fotografici, permette poi di illustrare con maggiore precisione alcuni aspetti passati e recenti dell’alpicoltura. Ad esempio, sempre rimanendo nell’ambito della caseifi-cazione, per il ‘frangicagliata’, detto la batouiro/la batouira, utensile impiegato per smi-nuzzare la cagliata, è stato possibile reperire una documentazione fotografica della versione moderna dell’oggetto, in acciaio, impiegata in alcuni degli alpeggi visitati, nonché testimo-nianze visive dell’arnese più antico, in legno, documentato dalle fotografie correlate alle in-chieste svolte dall’ALEPO a Pramollo e a Villar Pellice. In questo caso, con il videoclip correlato (Video 1), alla possibilità di vedere l’oggetto si aggiungono i gesti che ne defini-scono meglio l’uso e le indicazioni dell’informatrice di Bobbio Pellice in merito alle moda-lità della sua costruzione.

Altrettanto interessante è l’esempio della stamigna, ovvero della tela impiegata per rac-cogliere la cagliata, chiamata appunto stamënha o reirolo, per la quale è stato possibile non soltanto reperire una documentazione fotografica, come quella relativa all’oggetto conser-vato presso il Museo Valdese di Prali, ma anche osservarne il reale impiego di un tempo mediante il videoclip con i gesti dell’informatrice di Bobbio Pellice (Video 2), nonché l’uso ancora attuale presso gli alpeggi visitati.

(12)

Federica Cugno

64

In altri casi, la documentazione audiovisiva è servita a corredare di una veste fonica i dati reperiti in trascrizione fonetica dagli atlanti. Tra le videoregistrazioni effettuate sono stati quindi selezionati i passi più interessanti sotto il profilo linguistico, da quali poter an-che ricavare informazioni di carattere etnografico. Ad esempio, la risposta lou calhét, lette-ralmente ‘stomaco dei capretti’, raccolta dall’AIS a Ruata di Pramollo e incontrata anche nelle interviste svolte a Bobbio Pellice, a differenza del tipo la përzura/la përzuro che con-traddistingue le altre località, si chiarisce grazie alla testimonianza dell’informatrice, la quale racconta le fasi di preparazione del caglio naturale usato prima dell’imporsi del caglio chimico e ricavato appunto dallo stomaco essiccato dei capretti (Video 3).

3.5. Infine un particolare tipo di scheda chiamata ‘processo’ permette di illustrare nel loro complesso e nella loro articolazione particolari attività legate all’alpicoltura, tra le qua-li, ad esempio, la caseificazione della ricotta o della toma, la monticazione e la demontica-zione, la mungitura etc., le cui fasi, oltre ad essere descritte, sono documentate visivamente mediante l’ausilio della fototeca collegata. Così, ad esempio, come illustra la Figura 7, nella scheda riguardante la produzione della toma, sono tratteggiati tutti i momenti salienti della caseificazione: “Il latte munto è raccolto in un secchio in alluminio e versato in un bidone dopo essere stato filtrato; il filtro, una sorta di imbuto dotato di una reticella, è di plastica così come il bidone. Il latte, intero, viene versato in una caldaia in rame della capacità di circa 250 litri posta su un fornello alimentato a gas; è quindi portato ad una temperatura di circa 36-40 gradi, stimata dal casaro senza l’utilizzo di strumenti. Una volta raggiunta la temperatura, il fuoco viene spento e al latte viene aggiunto il caglio chimico in polvere; si lascia quindi riposare per circa 40 minuti. La cagliata viene rotta grossolanamente con un frangicagliata in acciaio (spino), dopo un successivo riscaldamento, ad una temperatura leggermente più alta, è nuovamente rotta in frammenti più minuti, circa delle dimensioni di un chicco di riso. La cagliata è fatta riposare per alcuni minuti quindi raccolta utilizzando un telo di lino che viene immerso nella caldaia, estratto ed inserito in una forma di acciaio forata posta su una spersola in acciaio. Viene quindi eseguita manualmente una prima pres-satura per favorire la fuoriuscita del siero; una successiva prespres-satura più lunga è ottenuta fissando un peso (una tanica piena d’acqua) ad una leva che comprime il coperchio della fascera. A seconda del prodotto che si vuole ottenere, il formaggio viene fatto riposare per alcune ore, rivoltato e salato sulle due facce; la stagionatura, della durata di 20-60 giorni, avviene in appositi locali (cantine) dove la forma è posta su scaffali in legno e girata diver-se volte”.

Di ciascuna delle fasi principali della lavorazione, ad esempio il riscaldamento del latte, la preparazione e l’aggiunta del caglio, la rottura della cagliata e la sua raccolta, la pressatu-ra manuale e quella meccanica, la fuoriuscita del siero, la stagionatupressatu-ra delle forme, è pre-sentata la documentazione fotografia nella fototeca allegata alla scheda (Figura 8).

(13)

Voci del passato e del presente nelle alpi piemontesi: il progetto CLAPIE





65

Figura 7: Esempio di scheda ‘processo’.

Figura 8. Immagini tratte dalla fototeca allegata alla scheda processo ‘caseificazione della toma’.

Grazie alla documentazione raccolta, riguardo ad alcune di queste fasi di lavorazione e, come in parte si è già visto a proposito della forma del formaggio e del frangicagliata, an-che rispetto ad alcuni strumenti impiegati, è possibile attuare un confronto con il passato. Ad esempio, per ciò che concerne il processo di coagulazione del latte, si può rilevare l’uso odierno del caglio chimico, acquistato, a differenza del caglio naturale impiegato un tempo, ricavato dallo stomaco essiccato dei capretti macellati in inverno, a cui si aggiungevano set-te grani di sale, come racconta un’informatrice nel video allegato alla scheda. Invece, l’atto di raccogliere la cagliata, documentato, come si è detto, tramite il video che mostra i gesti

(14)

Federica Cugno

66

dell’informatrice, è rimasto lo stesso sia rispetto allo strumento impiegato, il panno di lino, sia rispetto alla modalità del suo uso.

4. Benché il progetto sia ancora in corso e sia pertanto prematuro discuterne i risultati, in attesa del completamento della banca dati con i materiali ricavati dalle inchieste recenti, si possono comunque formulare alcune considerazioni sulla validità del software elaborato. Con l’immissione progressiva dei dati, lo schema progettato si è rivelato funzionale e le prime esperienze di navigazione all’interno di questa rete di dati eterogenei mostrano come l’organizzazione delle informazioni permetta di considerare i singoli oggetti, termini, luo-ghi o eventi immersi nel complesso contesto socioculturale circostante, definito anche at-traverso le loro molteplici interrelazioni. Infatti la piattaforma informatica si è mostrata par-ticolarmente efficace nel far interagire con immediatezza dati sia di natura linguistica ed extralinguistica sia appartenenti ad epoche diverse. In tal modo è possibile individuare e successivamente descrivere e analizzare quei tratti di conservazione e di innovazione che contraddistinguono diversi ambiti dell’alpicoltura, quali il sistema di gestione dell’alpeggio, la monticazione, le tecniche di caseificazione e di accudimento del bestiame etc., con un’attenzione particolare a eventuali riflessi sul piano linguistico. Ad esempio, da una pri-ma sompri-maria indagine sulla conservazione o meno del lessico tradizionale legato all’alpicoltura si può constatare che, almeno nell’area indagata in cui comunque l’alpicoltura è ancora praticata da nuclei di famiglie indigene, a fronte di evidenti cambia-menti di ordine sociale ed economico, si assiste ad una sostanziale permanenza dei termini originari. Come si è cercato di illustrare con gli esempi proposti, ciò è stato probabilmente favorito, da un lato, dalla conservazione, seppure in un contesto ormai ‘modernizzato’, dei saperi tecnici tradizionali, con la compresenza tanto degli attrezzi tradizionali, testimoni di una cultura e di un saper fare in parte confinato al passato, quanto dell’oggetto contempo-raneo di uso quotidiano, che però spesso si discosta dal precedente solo nel materiale; dall’altro dalla connotazione fortemente positiva dell’immagine dell’alpigiano diffusasi presso le ultime generazioni, come mostra fra l’altro la presenza di diversi giovani inten-zionati a proseguire l’attività di famiglia, collocandosi quindi in una tradizione di cono-scenza ed utilizzo approfondito del territorio.

BIBLIOGRAFIA

Canobbio, S. & Telmon, T. (2013), Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occi-dentale – ALEPO, III-Il Mondo animale, I-La fauna; II-Caccia e pesca, Edizioni dell’Orso, Alessandria.

Cugno, F. & Massobrio, L. (2010), Atlanti linguistici della Romània, Edizioni dell’Orso, Alessandria.

Pons, T. & Genre, A. (1997), Dizionario del dialetto occitano della Val Germanasca, Edi-zioni dell’Orso, Alessandria.

Porcellana, V. & Sibilla, P. (2009), Alpi in scena: le minoranze linguistiche e i loro musei in Piemonte e Valle d’Aosta, Daniela Piazza, Torino.

Rivoira M. (2009), Ricerche etnolinguistiche nelle Valli Valdesi, in Héritage(s). Formazio-ne e trasmissioFormazio-ne del patrimonio culturale Valdese (D. Jalla ed.), Claudiana, Torino, 283-288.

Riferimenti

Documenti correlati

Le informazioni di seguito riportate descrivono le fasi principali del Suo progetto protesico- riabilitativo ed hanno lo scopo di farLe conoscere le modalità di svolgimento

Le informazioni di seguito riportate descrivono le fasi principali del Suo progetto protesico- riabilitativo ed hanno lo scopo di farLe conoscere le modalità di svolgimento

Le informazioni di seguito riportate descrivono le fasi principali del Suo progetto protesico- riabilitativo ed hanno lo scopo di farLe conoscere le modalità di svolgimento

Sarebbe inoltre di grande beneficio un accordo che prescinda dal criterio dei saldi netti, risolvendolo in base a criteri di distribuzione degli oneri tra paesi più ricchi e

Sentiti il Relatore e - qualora presente(i) – l’eventuale (gli eventuali) Correlatore(i) ai fini della valutazione critica dell’impegno dello studente e del suo

Il laureando potrà iniziare le attività inerenti la tesi di laurea non meno di 6 (per le tesi compilative) o 8 (per le tesi sperimentali) mesi prima della data della seduta.. Sarà

Il Consiglio Scientifico del master determina il titolo di studio previsto per l’accesso degli uditori che in ogni caso non può essere inferiore al diploma di scuola media

la comunicazione e la diffusione dei propri dati personali a Enti pubblici o privati che ne facciano richiesta, al fine di agevolare l’orientamento, la formazione e