i n e d i t a , 4 8 s a g g i
In copertina:
iscrizione in onore di Pomponio Leto, dedicatagli da Marco Antonio
Altieri e T. Antonio Settimuleio Campano (CIL 6,v,3477), oggi nel Museo
delle Terme di Diocleziano (con l’autorizzazione del Museo)
RR inedita, 48 saggi
Roma nel Rinascimento
via della Scrofa, 80
00186 – Roma
tel. e fax +39066832038
e-mail: rremail@fastwebnet.it
www.romanelrinascimento.it
ISBN 88-85913-52-0
POMPONIO LETO
TRA IDENTITÀ LOCALE E CULTURA
INTERNAZIONALE
Atti del convegno internazionale
(Teggiano, 3-5 ottobre 2008)
a cura di
A
nnAM
odigliAni, P
AtriciAo
sMondM
AriAnneP
Ade, J
ohAnnr
AMMingercon la collaborazione di AngelA cAlocero, elettrA cAMPerlingo
Roma nel Rinascimento
2011
SOMMARIO
g
iusePPed’e
liA, Parole di apertura ... VII
A. M
odigliAni, P. o
sMond, M. P
Ade, J. r
AMMinger, Premessa ... IX
M
AssiMoM
iglio, Homo totus simplex. Mitografie di un personaggio ... 1
r
ossellAB
iAnchi, Gli studi su Pomponio Leto dopo Vladimiro
Zabughin ... 17
A
rturod
idier, La patria di Pomponio Leto: cultura e società a Diano
nella prima metà del Quattrocento ... 27
M
AriAA
ccAMe, Note scite nei commenti di Pomponio Leto ... 39
l
uciAg
uAldor
osA, La fortuna ‒ e la sfortuna ‒ di Seneca nel Rinasci-
mento europeo e il contributo alla ricerca della verità
simo romano da Lorenzo Valla a Marc-Antoine Muret ... 57
F
ABios
tok, Pomponio Leto e Niccolò Perotti ... 79
M
AriAnneP
Ade, Pomponio Leto e la lettura di Marziale nel
Quattro-cento... 95
g
iAncArloA
BBAMonte, Il commento di Pomponio Leto alle opere di
Virgilio: problemi ecdotici ... 115
F
rAncescAn
iuttA, Fortune e sfortune del Romanae historiae
dium di Pomponio Leto. Con notizie su alcuni codici ... 137
A
ngeloM
Azzocco, Biondo e Leto: protagonisti dell’antiquaria
quattrocentesca ... 165
P
AtriciAo
sMond, Testimonianze di ricerche antiquarie tra i fogli
di Sallustio ... 179
F
edericor
AusA, Pomponio Leto, Pirro Ligorio e la querelle
cio decagono dell’Esquilino ... 199
A
nnAM
odigliAni, Pomponio Leto e i Romani: tracce della memoria di
J
ohAnnr
AMMinger, Pomponio Leto’s Nachleben: A phantom in need of
research? ... 237
A
nnAlisAe
sPosito, «Olgiato, è bine a conservare questi fogli nella
libriria...»: il cardinal Federico Borromeo raccoglie notizie intorno
a Pomponio Leto (ms. Ambr. G 285 inf.) ... 251
Indici:
- dei manoscritti e delle fonti d’archivio ... 269
- dei nomi ... 273
F
edericor
AusAPomponio Leto, Pirro Ligorio e la
querelle sull’edificio decagono
dell’Esquilino
L’assetto topografico di Roma antica, con le sue strade e i suoi
mo-numenti, fu un tema ampiamente trattato e dibattuto negli studi antiquari
fin dall’età del primo Umanesimo. Le fonti antiche, rappresentate da tardi
Cataloghi Regionari, non sempre apparivano agli studiosi congruenti con
le notizie fornite da altre fonti letterarie e da quanto rimaneva del
patrimo-nio monumentale. Né d’altra parte la ricostruzione della topografia antica
dell’Urbe era confortata da scavi sistematici e un documento fondamentale
come la pianta marmorea della città cominciò a venire alla luce in
fram-menti e ad essere progressivamente compreso solo a partire dalla seconda
metà del Cinquecento
1. Il quadro topografico generale che si presentava agli
studiosi mostrava dunque discrepanze, lacune vere o presunte, omissioni.
In questo clima la tendenza all’interpolazione dei testi dei Cataloghi
Regionari [cioè, il Curiosum e la Notitia del IV secolo] cominciò a farsi
strada fin dal Quattrocento e Pomponio Leto fu il primo interpolatore
2. Il
co-dice Vat. lat. 3394, intitolato de regionibus ed appartenuto a Fulvio Orsini
3,
attesta gli interventi sul testo da parte dell’umanista mediante integrazioni
1 Sulla scoperta e l’interpretazione dei frammenti della Forma Urbis Marmorea
tra Cinque e Seicento vd. M.P. Muzzioli, Bellori e la pubblicazione dei frammenti
della pianta marmorea di Roma antica, in L’Idea del Bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori. Catalogo della mostra, Roma 29 marzo-26
giu-gno 2000, a cura di E. BoreA, C. gAsPArri, Roma 2000, II, pp. 581-583 con
prece-dente bibliografia.
2 Per gli interessi topografici di Pomponio Leto vd. G.B. de rossi, Note di topografia romana raccolte dalla bocca di Pomponio Leto e testo pomponiano della
Notitia Regionum urbis Romae, in «Studi e Documenti di Storia e Diritto», 3 (1882), pp. 49-87; V. zABughin, Giulio Pomponio Leto. Saggio Critico, II, Grottaferrata
1910-1912, pp. 170-194; M. AccAMe lAnzillottA, Pomponio Leto e la topografia di
Roma, in «Rivista di topografia antica», 7 (1997) [1999], pp. 187-194; eAd.,
Pom-ponio Leto. Vita e insegnamento, Tivoli 2008 (Biblioteca pomponiana, 1), pp.
174-185. Per i testi del Curiosum e della Notitia, vd. R. VAlentini, G. zucchetti, Codice
topografico della città di Roma, I, Roma 1940, pp. 63-192.
3 P. de nolhAc, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, pp. 206, 365,
nr. 83 («Un volume de regionibus Urbis Romae, coperto di corame lionato»); R.VAlentini, G. zucchetti, Codice topografico, IV, Roma 1953, p. 194; ivi (pp.
ricavate da fonti letterarie a lui ben note, tra le quali specialmente Varrone
4.
La rielaborazione del Catalogo Regionario da parte di Pomponio Leto
rivela, nella vastità della sua erudizione, gli interessi sulla topografia
ro-mana documentati anche da altre sue opere dalla marcata connotazione
to-pografica, gli Excerpta e le Stationes Romanae
5. I primi consistono in una
descrizione topografica di Roma, sotto forma di una “visita guidata” della
città per un forestiero dell’Europa del nord, le seconde descrivono invece
un percorso devozionale che, toccando le chiese meta dei pellegrini nella
Roma dell’epoca, offrono il pretesto di ricordare i monumenti antichi nei
paraggi.
L’approccio metodologico alla topografia antica, di matrice
chiaramen-te umanistica, colloca Pomponio Leto all’inchiaramen-terno di quel filone di studi
anti-quari della prima tradizione ‘umanistica’, operante tra la metà circa del XV
secolo e prima del Sacco di Roma del 1527 e rappresentata da personalità
come Biondo Flavio, Francesco Albertini e Andrea Fulvio
6.
4 AccAMe, Pomponio Leto cit., pp. 178-179 con bibliografia precedente. 5 I titoli completi delle due opere sono rispettivamente Excerpta a Pompo-nio dum inter ambulandum cuidam domino ultramontano reliquias ac ruinas Urbis ostenderet (ed. de rossi, Note cit.) e Stationes Romanae quadragesimali ieiunio,
pubblicate in FrAnz schott, Itinerarii Italiaererumque Romanarum libri III,
An-twerpiae 1600. Sulla ricomposizione del testo degli Excerpta vd. AccAMe,
Pompo-nio Leto cit., p. 175 nota 153.
6 Vd. la sintesi in e. MAndowski, c. Mitchell, Pirro Ligorio’s Roman Antiqui-ties. The Drawings in ms. XIII.B.7 in the National Library in Naples, London 1963,
pp. 12-15; sulle singole personalità si rimanda a: R. weiss, Andrea Fulvio,
antiqua-rio romano (c. 1470-1527), in «Annali della Scuola Normale di Pisa», ser. II, 28, 1/2
(1959), pp. 1-44; id., Biondo Flavio archeologo, in «Studi Romagnoli», 14 (1963),
pp. 335-341; S. PAtitucci, Biondo Flavio: la fondazione della topografia di Roma e
dell’Italia antica. Per la storia della topografia nel VI centenario della nascita, in
«Rivista di topografia antica», 2 (1992), pp. 183-194; G. dAltroP, Zum Verständnis
der antiken Statuen in dem Opusculum von Francesco Albertini, in Il Cortile delle Statue: der Statuenhof des Belvedere im Vatikan, hrsg. M. winner, Mainz 1998, pp.
77-81; M. ceresA, Andrea Fulvio erudito, antiquario e classicista, in Roma nella
svolta tra Quattro e Cinquecento. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Roma
28-31 ottobre, a cura di S. colonnA, Roma 2004, pp. 143-149; M. dAly dAVis,
Die antiken Münzen in der frühen antiquarischen Literatur, in Die Renaissance-Medaille in Italien und Deutschland, hrsg. G. sAtzinger, Münster 2004, pp.
367-398; M. lAureys, Das alte und das neue Rom in Andrea Fulvios Antiquaria urbis, in
Das alte Rom und die neue Zeit: Varianten des Rom-Mythos zwischen Petrarca und dem Barock, hrsg. M. disselkAMP, Tübingen 2006, pp. 201-220; M.A. Pincelli, La
Roma triumphans e la nascita dell’antiquaria: Biondo Flavio e Andrea Mantegna, in «Studiolo», 5 (2007), pp. 19-28 Una biografia di Biondo Flavio è in preparazione da parte di Angelo Mazzocco. Per un confronto tra i due antiquari, si veda la rela-zione di Mazzocco in questo volume, Biondo e Leto: protagonisti dell’antiquaria
quattrocentesca.
Questo fecondo filone di studi trovò, tuttavia, un acerrimo antagonista
in Pirro Ligorio (1513 ca.-1583)
7, esponente di quella «New
Archaeolo-gy» romana della seconda metà del XVI secolo sorta intorno alle figure di
Antonio Agustín, Fulvio Orsini e Marcello Cervini e legata al mondo delle
accademie
8. Negli scritti ligoriani l’archeologia ‘umanistica’ fu spesso
ber-saglio polemico riguardo alle identificazioni dei monumenti di Roma antica,
ritenute solitamente false e frutto di una errata e fraudolenta interpretazione
delle fonti antiche nonché di una maldestra lettura dell’evidenza
archeolo-gica. Il nome di Pomponio Leto è spesso associato a quello di altri
colle-ghi/rivali contemporanei di Pirro Ligorio, tra i quali Giovanni Bartolomeo
Marliani − autore di una celebre Urbis Romae topographia
9−, Giovanni
7 Sulla figura e la personalità scientifica di Pirro Ligorio negli ultimi anni la
bibliografia si è ampiamente arricchita; oltre il pionieristico saggio di MAndowski,
Mitchell, Pirro Ligorio’s Roman Antiquities cit., si segnalano, tra i numerosi recenti
contributi di carattere generale: G. VAgenheiM, Les inscriptions ligoriennes: notes
sur la tradition manuscrite, in «Italia medioevale e umanistica», 30 (1987), pp.
199-309; id., Pirro Ligorio, Artist and Antiquarian, ed. R.W. gAston, Cinisello Balsamo
(Milano) 1988; A. schreurs, Das antiquarische und das Kunsttheoretische Konzept
Pirro Ligorios, in Archäologisch-antiquarische Forschung und Kulturverständnis im 16. und 17. Jahrhundert, Berlin 1994 (Kölner Jahrbuch, 26, 1993), pp. 57-83;
eAd., Antikenbild und Kunstanschauungen des neapolitanischen Malers,
Architek-ten und Antiquars Pirro Ligorio (1513-1583), Köln 2000 (Atlas. Bonner Beiträge
zur Renaissanceforschung, 3); R.W. gAston, Merely Antiquarian: Pirro Ligorio and
the Critical Tradition of Antiquarian Scholarship, in The Italian Renaissance in the Twentieth Century, ed. A.J. grieco, Firenze 2002 (Villa I Tatti, 19), pp. 355-373;
B. PAlMA Venetucci, Pirro Ligorio and the Rediscovery of Antiquity, in The
Redis-covery of Antiquity: the Role of the Artist, ed. J. FeJFer, Copenhagen 2003, pp.
63-88; D.R. coFFin, Pirro Ligorio: the Renaissance Artist, Architect and Antiquarian,
University Park (Penn.) 2004; S. russel, Pirro Ligorio, Cassiano dal Pozzo and
the Republic of Letters, in «Papers of the British School at Rome», 75 (2007), pp.
239-274; C. occhiPinti, Pirro Ligorio e la storia cristiana di Roma: da Costantino
all’Umanesimo, Pisa 2007; C. cieri ViA, Tempus vincit omnia: Pirro Ligorio fra
Roma e Ferrara, in Programme et invention dans l’art de la Renaissance, ed. M.
hochMAnn, Paris 2008, pp. 127-152.
8 Vd. la sintesi in MAndowski, Mitchell, Pirro Ligorio’s Roman Antiquities
cit., pp. 29-34; per le singole personalità vd.: M. dAly dAVis, Zum Codex
Cobur-gensis: frühe Archäologie und Humanismus im Kreis des Marcello Cervini, in An-tikenzeichnung und Antikenstudium in Renaissance und Frühbarock. Akten des
in-ternationalen Symposions, Coburg 8-10 settembre 1986, hrsg. R. hArPrAth, Mainz
am Rhein 1989, pp. 185-199; eAd., Antonio Agustin between Renaissance and
Counter-Reform, ed. M.H. crAwFord, London 1993 (Warburg Institute, University
of London); G.A. cellini, Il contributo di Fulvio Orsini alla ricerca antiquaria, in
«Accademia Nazionale dei Lincei, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Memorie», ser. IX, 18.2 (2004), pp. 227- 512.
9 Antiquae Romae Topographia libri septem …, Romae 1534, 1544, 1622;
Tarcagnota – autore di un Delle Antichità della città di Roma in cinque libri
e di un Antichità della città di Roma, pubblicati sotto gli pseudonimi
rispet-tivamente di Lucio Fauno e Lucio Mauro
10– e il celebre architetto Andrea
Palladio – autore di un Antichità di Roma
11.
La vis polemica di Pirro Ligorio, dai toni sovente aspri e sferzanti, non
trova sempre una oggettiva giustificazione. Anzi, al contrario, alcune sue
ricostruzioni risultano chiaramente errate rispetto a quelle dei suoi
avver-sari da lui stigmatizzate. Spigolando nella sconfinata vastità del corpus dei
manoscritti ligoriani si deduce, ad esempio, che Ligorio pose l’ubicazione
della Suburra
12«nella detta Valle, la quale fa il quarto lato al Palatino verso
il Celio, andando dall’arco di Costantino alla chiesa di san Gregorio»
13con-futando, come egli scrisse, l’opinione altrui:
nelle cento paradosse mie contra Pomponio Læto, contra al Blondo e Pal-ladio, et ad Andrea Fulvio, e contra al Blondo, et ancora di Onuphrio Pan-vinio e contra a Bartholomeo Marliano e contra a Lucio Fauno e Lucio
netiae 1588; L’Antichità di Roma (trad. di Ercole Barbarasa da Terni) Roma 1588. Su G.B. Marliani vd. M. lAureys, Bartolomeo Marliano (1488-1566): ein Antiquar
des 16. Jahrhunderts, in Antiquarische Gelehrsamkeit und bildende Kunst: die Ge-genwart der Antike in der Renaissance, hrsg. K. corsePius, Köln 1996, pp. 151-167.
10 Lucio Fauno: edd. Venezia 1548, 1549 (in latino), 1552, 1553; Lucio Mauro:
edd. Venezia 1556, 1558. Su Giovanni Tarcagnota, vd.: M. dAly dAVis, Two early
“Fundberichte”: Lucio Fauno and the Study of Antiquities in Farnese Rome, in Opere e giorni: studi su mille anni di arte europea dedicati a Max Seidel, a cura di
K. Bergdolt, Venezia 2001, pp. 525-532; eAd.,“Alli lettori”, in Delle antichità della
citta di Roma, raccolte e scritte da M. Lucio Fauno con somma brevità, et ordine, con quanto gli Antichi ò Moderni scritto ne hanno, Libri V (Venezia 1548), ed. M.
dAly dAVis, c. dAVis, Heidelberg 2008 (E-Quellen und Dokumente zur Kunst
1350-1750, Fontes 13), http://archiv.ub.uni-heidelberg.de/artdok/volltexte/2008/580/.
11 Edd. Venezia 1554, XVII secolo, Roma 1566, 1587, 1618, 1625, 1650,
Pe-rugia 1600. Sugli interessi antiquari di A. Palladio vd.: M. dAly dAVis, Andrea
Pal-ladio’s “L’antichità di Roma” of 1554, in «Pegasus» 9 (2007), pp. 151-192; eAd.,
Dietro le quinte dell’ “Antichità di Roma di M. Andrea Palladio raccolta brevemente da gli auttori antichi, et moderni”: quanto Palladio?, in Palladio: 1508-2008, a
cura di F. BArBieri, Venezia 2008, pp. 196-198; C. occhiPinti, Daniele Barbaro,
Pir-ro Ligorio e Andrea Palladio: incontri Pir-romani, ibid., pp. 109-112; F. lenzo, Roma
1545-1547: Ligorio, Palladio e l’epigrafia, ibid., pp. 113-116.
12 Sul sito vd. K. welch, s.v. Subura, in Lexicon Topographicum Urbis Romae,
a cura di E.M. steinBy, IV, Roma 1999, pp. 379-383.
13 Paradosse, f. 35; vd. ora l’edizione elettronica Libro di M. Pyrrho Ligori Napolitano delle antichità di Roma, nel quale si tratta «de’ circi, theatri e anfitheatri,
con le Paradosse del medesimo auttore, quai confutano la commune opinione sopra varii luoghi della città di Roma», Venezia (presso M. Tramezzino) 1553, a cura di M. dAly dAVis, p. 65 in E-Quellen und Dokumente zur Kunst 1350-1750 (Fontes 9
-http://archiv.ub.uni-heidelberg.de/artdok/volltexte/2008/562).
Mauro, opere composte dal Tarcagnotta sotto tali tituli da lui ritrovati per avere delli testimoni per confermare le sue falsità scritte e dette che in esse opere si possono leggere, tutte composte per guadagno più che per altro14 .
Certamente più corretta è la posizione indicata dalla tradizione di studi che
discende dal Biondo («s
uBurrAuBi... hinc manifestum erit viam nunc satis
habitatoribus frequentem, quae a Santa Lucia usque ad Sanctum Hadrianum
protenditur, in cuius medio turris est quam vulgo Suburram appellant,
fuis-se potissimam Suburrae partem»)
15e seguita dal Marliani («Suburra igitur
principium habuit à Fo[ro] Ro[mano] et recta veniendo per forum Nervae
ad clivum Suburranum, unde initium viae Praenestinae est, desinebat»)
16,
da Lucio Mauro («Suburra fu tra la punta del Viminale, e l’Esquilie: Fu
questa una celebre contrada e strada, che, incominciava dal Foro di Nerva,
e si stendeva sotto le Carine fino al principio della strada Tiburtina, che
divideva l’Esquilie per mezzo: onde ne fu quella sallita chiamata il Clivo di
Suburra»)
17e dal Palladio, che la colloca «sotto s. Pietro in vincola»
18.
Per altri casi topografici le posizioni si ribaltano. Per ricordare un
esempio fra i molti, di un monumento come il tempio di Saturno
19, sede
dello aerarium dello stato romano, Pirro Ligorio dimostra infatti di avere
esatta cognizione topografica ponendolo «nel capo del Vico Iugario, et nel
capo del foro sotto la Rocca del Campidoglio»
20contrariamente al Biondo e
14 ASTo, ms. a. II.3 (vol. 16), f. 251. La citazione del passo ligoriano, come
tutte le altre che seguono, è presa dal sito Pirro Ligorio e la storia cristiana di Roma (2005), a cura di C. occhiPinti (http://pico.sns.it/ligorio2/ligorio.php?tipo=home).
15 Biondo FlAVio, Roma instaurata, in VAlentini, zucchetti, Codice topogra-fico cit., IV, pp. 296-297; cfr. anche l’edizione a stampa con la traduzione di lucio
FAuno, Roma ristaurata et Italia illustrata, Venezia 1548, II, pp. 31-32 e 38-39: «è
facil cosa conoscere, dove fusse Suburra p(er)che dice Varro(n)e Suburra esser detta così, quasi ch’ella stesse sotto il muro de le Carine: hor dunque ella fu la strada assai hoggi abitata, che è da santa Lucia à S. Adriano, e si fa di questa nostra opinione fede ne la vita di san Gregorio Papa, il quale, si legge, che ordinò la chiesa di Gotti, ch’è in Suburra».
16 MArliAni, Antiquae Romae Topographia cit, V.iv, f. 114v; cfr. ed. 1588,
IV. xiii, f. 73: «Frà il Monte Esquilino, & il Viminale, è posta la Contrada (detta pur’hoggi) Suburra, la qual cominciava dal Foro di Nerva, ò vogliamo dire da la Torre de Conti, et per la medesima via finiva à’l Clivo Suburrano, ch’è vicino à la Chiesa di S. Briscedia, & fù detta Suburra, quasi Suburbe, cioè perch’ella era posto sotto le mura de la Città».
17 lucio MAuro, Le antichità de la città di Roma, Venezia 1556, p. 81.
18 AndreA PAllAdio, L’antichità dell’alma città di Roma, Roma (ed. 1609), p.
26.
19 Sul monumento vd. F. coArelli, s.v. Saturnus, aedes, in Lexicon, IV cit., pp.
234-236, con bibliografia precedente.
20 Paradosse, f. 30v (ed. cit., p. 58); cfr. anche ASTo, ms. a. II. 2 (vol. 15), f.
132.
ai suoi epigoni che, senza distinzione, identificavano l’edificio con la chiesa
di S. Adriano
21. E così anche Pomponio Leto negli Excerpta
22:
Sub Capitolio est parva ecclesia dirruta quae imminet hospitali sanctae Mariae de porticu: ibi fuit templum Saturni et Opis eius uxoris, in quo templum (sic) fuit aerarium populi Romani.
Ma come ‘caso’ emblematico del dibattito polemico innescatosi, negli anni
intorno alla metà del XVI secolo, su questioni di topografia romana può
essere utilmente ricordato quello relativo all’identificazione del grandioso
edificio decagono dell’Esquilino, presso la chiesa di S. Bibiana
23(figg. 1-3).
L’imponente struttura, oggi svilita dalla soffocante prossimità degli
edifici moderni e dalla contiguità con i binari della linea ferroviaria ma
an-cora alla fine del XIX secolo maestoso e solitario rudere circondato da orti
e vigne, fin dal Medioevo ricevette, per ragioni onomastiche ancora non
accertate, il nome di «Caluce» o «Galluze».
La vulgata produsse, verosimilmente per il condizionamento della mole
gigantesca dell’edificio e per evidente assimilazione con i ruderi dei grandi
complessi termali ancora superstiti, un improprio «Terme di Galluzze»
24.
Più raffinata, ma come vedremo ugualmente errata, la lettura filologica di
21 L’identificazione sembra risalire già a Poggio Bracciolini (De varietate For-tunae, 1448; vd. VAlentini, zucchetti, Codice topografico cit., IV, p. 235) mentrenell’opera del Biondo compare nella traduzione del Fauno (Roma ristaurata cit., II, p. 27r. 82); MArliAni, Antiquae Romae Topographia cit., III.xvi, f. 60: «Sequitur
sta-tim recta nunc divi Hadriani, olim Saturni Templum»; cfr. ed. 1588, III.v, ff. 36v-37: «Il tempio di Saturno, era già posto nel Foro, dove hoggi è la chiesa di Santo Adria-no; ... nel quale vi si co(n)servava il Tesoro pubblico (detto erario) trasportatovi da quel te(m)pio di Saturno del Campidoglio»; lucio FAuno, De Antiquitatibus Urbis
Romae ... libri quinque, in AlBert henride sAllengre, Novus Thesaurus
Antiquita-tum Romanarum, Hagae ComiAntiquita-tum 1716, I, II, xi (f. 226): «Saturni templum id fuisse
olim existimatur quod D. Adriani hodie appellant»; MAuro, Le antichità cit., p. 21:
«La chiesa di S. Adriano fu il tempio di Saturno, et il più celebre di quanti ne havea Saturno in Roma, che ve ne havea molti: per che quivi era l’Erario»; PAllAdio,
L’an-tichità dell’alma città di Roma cit., p. 22: «Dell’Erario, cioè camera del commune,
et che moneta si spendeva in Roma in quei tempi − Il secondo (i.e. l’erario) fù poi dov’è hora la chiesa di S. Adriano».
22 ff. 25v-26 (de rossi, Note cit., pp. 58, r. 39-59, rr. 1-2).
23 E. gAtti, s.v. Horti Liciniani: “Tempio di Minerva Medica”, in Lexicon cit.,
III, Roma 1996, pp. 66-67; cfr. anche S. rizzo, s.v. Horti Liciniani, ibid., p. 65; F.
guidoBAldi, Il “Tempio di Minerva Medica” e le strutture adiacenti: settore privato
del Sessorium costantiniano, in «Rivista di Archeologia Cristiana», 74 (1998), pp.
485-518: 487-492 note 2-6 dove è utilmente riassunta la storia degli studi sul mo-numento.
24 Cfr. in proposito FAuno, De antiquitatibus cit., IV, iii, f. 264: «Thermas vero
ita vocant, vel quod omnia ingentia aedificia Thermas vulgus appellat».
basilica Caii et Lucii, formulata già dall’antiquaria umanistica e che
ritene-va il toponimo «Caluce/Galluze» la sua forma corrotta. Una seconda dotta
esegesi, parimenti frutto di un travisamento delle fonti antiche, faceva
in-vece discendere il nome da un tempio di Ercole, dedicato in questa area
da Bruto Callaicus. Evidentemente l’ignoranza di un testo fondamentale
sulla questione, il passo delle Res Gestae Divi Augusti
25dove si menziona
il monumento e il suo esatto sito, impedirono agli antiquari quattro e
cin-quecenteschi di inquadrare correttamente l’edificio ricordato da Svetonio
nella biografia di Augusto
26e di identificarlo con la medesima basilica Iulia
eretta nel Foro Romano che solo per un breve periodo di tempo, coincidente
con la ricostruzione augustea del 12 d.C., assunse il nome di basilica Caii
et Lucii
27.
L’identificazione dell’edificio come basilica compare per la prima volta
in un passo della Roma Instaurata di Biondo Flavio (1444-1446):
BAsilicAcAietl. AcAesAreFActA. Fuitque ea insignis basilica, quam
Sue-tonius scribit Caium Caesarem Caio et Lucio nepotibus extruisse28.
Essa, nel Cinquecento, fu accolta e nobilitata da Giovanni Bartolomeo
Mar-liani che, nella sua opera maggiore, parla di
insignis illa Basilica, & Porticus, quae Caesar ab nomine nepotum Caij & Lucij erexit29.
Alcuni anni più tardi, a circa un secolo dalla sua prima divulgazione a
stam-pa, l’identità del decagono con la basilica è confermata senza indugi nelle
descrizioni antiquarie di Roma antica pubblicate sotto i nomi di Lucio
Mau-ro e di Lucio Fauno:
Su l’altra parte dell’Esquilie, che è tra la porta di S. Croce, è quella di S. Lorenzo, fu edificata da Augusto una bellissima Basilica, co(n) un magni-fico portico in nome di Gaio, e Lucio suoi nipoti: se ne vede anco hoggi una volta bellissima quasi intiera: il volgo chiama questo luogo Galluccio, in vece di Gaio, e Lucio30.
25 Sebbene individuato già nel 1555 dal van Busbeck ad Ankara, il testo del cd. Monumentum Ancyranum non fu studiato prima della fine del XIX secolo, quando
per interessamento di Th. Mommsen ne furono tratti dei calchi; vd. Res Gestae Divi
Augusti. Das Monumentum Ancyranum, hrsg. H. VolkMAnn, Berlin 1969, p. 4.
26 suet., Aug. 29.
27 Sul monumento vd. C.F. giuliAni, P. Verduchi, s.v. Basilica Iulia, in Lexicon
cit., I, Roma 1993, pp. 177-179 con precedente bibliografia.
28 VAlentini, zucchetti, Codice topografico cit., IV, p. 294. 29 MArliAni, Antiquae Romae Topographia cit., V. xv, ff. 113v-114. 30 MAuro, Le antichità cit., pp. 73-74.
In Exquiliarum extrema parte, quae cum moenibus terminat, inter majo-rem et D. Laurentii Portam, nobilissimam Basilicam ab Augusto extruc-tam accepimus, atque unà superbissimam Porticum Caij et Lucii nepotum nomine; quare hodie Gallucei Thermas hunc ipsum locum depravatè, qua-si Caji et Lucii, vulgò nominant31.
Alla fine del secolo il rapporto tra l’edificio e i nipoti di Augusto può dirsi
ormai canonizzato. Esso compare nelle Antichità di Roma, traduzione in
ita-liano della Topographia del Marliani ad opera di Ercole Barbarasa (1588):
La Basilica di Caio, & Lucio, la quale insieme con un bel Portico fece fare Augusto, à nome di Caio, & Lucio suoi Nepoti, era posta frà la detta Chiesa di santa Bibiana, & le mura de la Città, dove ancora si vede uno Edificio di figura rotonda, perfetto, il quale (dopo la machina del Panteon, ò vogliam dire la Retonda, è la maggior Fabrica di Roma di rotondità, questo luogo vulgarmente si chiama le Terme di Galluzzo32.
e nelle Memorie di Flaminio Vacca (1594), accolto anche se con una
va-riante:
Appresso detta vigna vi è un tempio antichissimo di Cajo, e Lucio, per corrotto vocabolo oggi è chiamato Galluzzi33.
Anche la cartografia cinquecentesca risente, come è comprensibile, delle
coeve esegesi antiquarie. Nella pianta di Leonardo Bufalini (1551)
l’edi-ficio, completato con un lungo porticato rettangolare, evocante una pianta
basilicale, è definito «basilica et porticus Caii et Lucii Augusti nepotum
facta ab eo»
34.
Unica voce discorde, in tale unanime coro di voci, fu quella di Pirro
Ligorio il quale contro questa «falsa oppenione» avviò un confronto
tenace-mente polemico che si andò esacerbando nel corso del tempo.
Già in due passi del ms. Canon. Ital. 138 della Bodleian Library di
Ox-ford, un manoscritto della prima recensio delle «Antichità», Ligorio sembra
prendere nettamente le distanze dai colleghi:
Di quel tempio il quale è nelle Exquilie, che oggidì i moderni scrittori han discritto esser la Basilica di Caio e Lucio, il che è falsamente sentenziato
31 FAuno, De antiquitatibus cit., IV, iii, ff. 263-264. 32 MArliAni, L’Antichità di Roma cit., IV. xvi, f. 69.
33 Memorie di varie antichità trovate in diversi luoghi della città di Roma, scritte da Flaminio Vacca nel 1594 ora date più corrette, e più complete, ed. C. FeA,
in Miscellanea filologico-antiquaria, Roma 1796, I, p. 62.
34 A.P. FrutAz, Piante di Roma, Roma 1962, II, tav. 193. CIX. 4.
206 F
edericor
AusAteMPiodiesculAPiooVerAltridei. Questa pianta è in Roma tra porta San
Lorenzo e Porta Maggiore. Gli scrittori moderni, non riguardando le ra-gioni che si dovrebbero considerare in far iudicio di così fatte cose, ingan-nati dal nome, che volgarmente si chiama le Galluzze, han creduto esser la basilica di Caio e di Lucio. Noi, che non discompagnamo punto li pareri e conietture nostre da le ragioni di buoni scrittori, non discostandoci da le regole d’architettura e da l’autorità di Vitruvio, diciamo che facendosi le basiliche di forma quadrata con portichi intorno, per regola osservata ella non può esser basilica, e che la forma istessa di quello edificio, qual’è di diece ancoli, mostra ben chiaro l’errore di coloro che l’han così chiamata, onde con più ragionevoli considerazioni siamo in opinione che fosse tem-pio, ma a chi dedicato non sappiamo. Questa ragion di architettura mi pare che debba valere, nondimeno non lasciarò dire35.
Già in questa prima fase dell’elaborazione del suo trattato antiquario, forse
concepito come un De antiquitatibus Urbis connesso concettualmente con
la stesura della pianta topografica di Roma (1553, 1561), il confronto con
i «moderni scrittori» è mantenuto entro i termini di una polemica
modera-ta. Le obiezioni mosse concernono deduzioni critiche non sufficientemente
meditate, con particolare riferimento alle «ragioni», vale a dire la
precet-tistica architettonica, dalle quali discende ogni corretto «iudicio».
Ligo-rio, pur dichiarando la propria incapacità nell’attribuire una titolarità certa
all’edificio, ritenuto un tempio forse di Esculapio, conclude con un preciso
richiamo al testo e all’autorità di Vitruvio.
L’opera del celebre trattatista romano, fonte imprescindibile degli studi
sull’architettura antica da parte degli antiquari moderni, offre motivo a Pirro
Ligorio di ritornare sull’argomento in uno scritto dichiaratamente polemico
come le Paradosse, edite nel 1553:
dellABAsilicAdicAioetlVcio. Tacerò io, che essi dicono, che quel
Tem-pio decagono, che è su l’estremo dell’Esquilie verso la via Prenestina tra la vigna di M. Francesco d’Aspra, et di M. Cosimo medico, è la Basilica di Caio, et di Lucio: et nondimeno Vitruvio descrive la forma della Ba-silica non in forma Decagona, ma quadrata ò dupla ò sesquialtera, et col suo peripteros intorno, cio è circondata di colonne: senza che non si trova auttore, che dica, che la Basilica di Caio, et di Lucio fosse da Augusto edi-ficata in quella parte, si come à suo luogo si dirà, et pur non si vergognano d’allegar Suetonio in confirmation della lor falsa opinione: il quale se ben parla della Basilica di Caio, et di Lucio, et non dice però in che parte ella si fosse. Ma hora per gratia di Dio si sono scoperte inscrittioni che dimostrano esser la detta Basilica quel Tempio di santa Maria Egittiaca presso ‘l ponte Senatorio, ò vogliamo dir di santa Maria. Del cui edificio parlaremo dove sono disegnate le cose antiche36.
35 Ff. 10, 26; sul manoscritto vd. th. AshBy, The Bodleian MS. of Pirro Ligorio,
in «Journal of Roman Studies», 9 (1919), pp. 170-201: 176, 182.
36 Paradosse, ff. 39v-40 (ed. cit., p. 72).
Il passo ha il tono della disputa accademica, costruita retoricamente, con la
quale si confutano opinioni contrarie, sostenendo le proprie, sostanziate di
dottrina e di dati di recente acquisizione. Circostanze che tuttavia non
mise-ro al ripamise-ro Ligorio da una grave imprecisione, consistente nell’identificare
la basilica Caii et Lucii con il tempio di Portuno nel Foro Boario, allora
chiesa di S. Maria Egiziaca
37. Rispetto all’identico brano in ms. it. 1129
della Bibliothèque Nationale de France di Parigi, contenente il testo delle
Paradosse e altri libri delle Antichità dal contenuto topografico e
architet-tonico
38, sono stati omessi gli elementi eccessivamente polemici costituiti
dall’incipit, «contra tutti gli anticarii», e da un explicit, «per rendere ragion
di giustizia». Inoltre manca ancora ogni riferimento ad personam e i
soste-nitori della «falsa oppenione» sono evocati genericamente.
Il testo delle Paradosse risente del dibattito apertosi con la
pubblica-zione della descripubblica-zione topografica del Marliani, la tradupubblica-zione italiana della
Roma instaurata del Biondo e l’edizione a stampa delle opere antiquarie
di Lucio Fauno, Lucio Mauro, Andrea Palladio. L’intento ligoriano era in
questo momento quello di affermare con forza le proprie ricostruzioni
topo-grafiche, annunciando già in forma preliminare le sue differenti opinioni, in
vista dell’auspicata edizione integrale dei suoi volumi sulle Antichità.
Nei più tardi manoscritti della serie torinese, redatti durante il
soggior-no ferrarese di Pirro Ligorio e appartenenti alla celebre enciclopedia
alfabe-tica del mondo antico, l’ipotesi che il decagono fosse il tempio dedicato alla
Minerva Medica menzionato nei Cataloghi Regionari
39è proposta come un
dato certo, suffragato dall’evidenza archeologica e da contrapporre
risolu-tamente alla identificazione allora circolante, frutto delle «sciocchezze» dei
contemporanei. Siamo negli anni tardi della carriera ligoriana, quando la
vana speranza di una pubblicazione della sua opera antiquaria, organizzata
tematicamente, aveva lasciato il posto ad un acre risentimento:
teMPluMMinerVAeMedicAe, altramente detto Pantheum. Fu dove hoggidì
è detto l’edificio delle Galluzze, di forma decagona, vicino de la via Pra-enestina, a man sinistra, nell’andare alla porta detta Maggiore della città, come si vede nel disegno impiedi posto nella Roma stampata. Lo quale tempio i moderni scrittori tirati dalla poca diligenza l’hanno posto per la basilica di Caio e di Lucio, lo quale era nel Foro Boario, talchè l’hanno poste le cose dell’oriente nell’occidentale sito della città. Ma per tace-re delle loro sciocchezze, ditace-remo come Antonino Pio fu l’autotace-re di esso tempio, come si trova nella medaglia e nella sua vita, e quivi fu accanto la
37 Sul tempio vd. C. Buzzetti, s.v. Portunus, aedes, in Lexicon cit., IV, pp.
153-154 con precedente bibliografia.
38 C. 23. Sul manoscritto vd. A. sironi, I disegni di Pirro Ligorio del codice di Parigi sugli edifici degli Orti Sallustiani, in «Palladio», 11 (1993), pp. 55-70: 55-56.
39 VAlentini, zucchetti, Codice topografico cit., I , p. 106 r. 2 nota 1:
«Miner-bam Medicam».
Schola de’ Medici, cioè la Schola Medicorum, dalla quale fu tolta l’imma-gine di Aesculapio e posta nell’atrio Palatino da Marco Commodo impe-ratore. Ora delle cose ch’erano dedicate in questo tempio si sono vedute le immagini rotte a minutoli, e trovate da messer Cosmo Medico Iacomelli, e quantunque fossero rottissime, chi avea ingegno poteva conoscere la condizione delle cose, e per li nomi d’alcune scritti40.
In un secondo brano di un altro volume della medesima serie (fig. 4)
com-pare, per la prima volta negli scritti ligoriani, l’intera sequenza di quei
«mo-derni scrittori» che con «grossissimo equivoco» hanno travisato le fonti
let-terarie e l’evidenza archeologica:
Il tempio e il pantheon di Minerva Medica fu d’ordine rotondo decagono, ad ogni faccia erano grandissimi nicchioni o delubri delle statue, ornate di alcune colonne, composto intorno, alcuni nicchi piccioli di marmo mi-schio verde e bianco, variate, ove erano statue di Minerva, di Apollo, di Chirone, di Aesculapio, delle figliuole di Epiona mogliere di Aesculapio, con le sue gente chiamate Iaso, Hygia, Rome, Aceso, Calonoe, Pluto, Pan-hygia, e vi erano in due luoghi fonti artificiosi e fu edificio d’Antonino Pio Augusto. Et allato vi era la scuola de’ Medici. Lo qual tempio gli moderni scrittori come Pomponio Leto, il Blondo da Furlì, Marliano e Fauno e Mauro l’hanno preso per la Basilica di Caio e di Lucio, con grossissimo equivoco, perché il vulgo lo chiama le Galluzze, perché vi sono trovati de galletti delli voti che si davano del gallo al Sole et a Aesculapio Medico, e vi trovata la statua di Venere e quelle delle Muse, tutte rovinate e peste, facendovi cavare Cosimo Iacomelli medico e padrone del luogo, e vi fu-rono trovate alcune tavolette di rame con note d’argento che accusava in alcune statuette di Minerva cognominata Medica41.
In questo passo Pirro Ligorio trascina sul banco degli imputati anche
Pom-ponio Leto. Non si tratta di un caso isolato: il nome del dotto umanista di
Diano compare infatti in altri luoghi dei manoscritti ligoriani come
bersa-glio polemico dell’antiquario napoletano. Oltre a respingere le
identifica-zioni pomponiane sulla posizione della aedes Saturni (vd. supra), Ligorio
attribuisce a Pomponio Leto la confusione tra Quirinale ed Esquilino a
pro-posito dei cosiddetti “Trofei di Mario” e della Curia Hostilia («Ordunque
i primi che in tale errore si confusero in questa loro falsa oppenione
fu-Pomponio Laeto et il Blondo da Frullì, che non conoscevano i colli della
città e presero il colle Quirinale per le Esquilie, con infiniti inconvenienti
40 ASTo, ms. a.III.12 (vol. 10), f. 136v.
41 ASTo, ms. a.II.4 (vol. 17), f. 56v; il passo è citato in R. lAnciAni, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, Roma 1990, III,
p. 170.
e di sciocchi errori»)
42, l’errata identificazione del sito della Suburra
43, la
falsa esistenza delle terme di Decio sull’Aventino
44− confermata invece
dall’evidenza archeologica −, ancora la confusione tra Palatino e Celio circa
l’ubicazione della Curia Hostilia
45, la falsa notizia del ritrovamento dei fasti
consolari nel Foro Romano
46. Ora questa sequenza di «sciocchezze»,
miran-te a screditare l’atmiran-tendibilità degli scritti topografici di Pomponio Leto, non
trova riscontri tra le opere note dell’umanista. Così come l’identificazione
del decagono con la basilica di Gaio e Lucio Cesari.
Qualsiasi cenno al monumento è infatti assente sia negli Excerpta sia
nelle Stationes Romanae quando Pomponio Leto attraversa idealmente quel
settore della città:
Exquiliae ab excubando, idest vigilando, quasi excubiae. Quia Servius Tullus rex urbis Romae in eo colle habuit vigilias propter praedones et alios47.
Iuxta portam S. Laurentii ad dextram exeuntibus, est templum S. Bigia-ne, et sex millium martirum. Ibi vocabatur antiquitus ad Ursum Pileatum: quod ibi fuit imago ursi habentis pileum in capite48.
Fana quoque Eusebij, Marij vicina trophaeis / ad Praenestinam sunt adeu-nda viam49.
Crux repetenda etiam, cui Naevia proxima porta est50.
Dell’opinione corrente sulla funzione originaria del decagono non si
trova-no tracce neanche nell’interpolazione pomponiana dei Regionari,
circostan-za che sembra plausibilmente escludere una sua formulazione all’interno
degli excursus topografici presenti nelle lectiones su Varrone e Floro:
42 ASTo, ms. a.II.1 (vol. 14), f. 10v. 43 Vd. supra.
44 Parigi, Bibliothèque Nationale de France, ms. it. 1129, p. 36. Le terme in
questione, assenti tra i monumenti ricordati da Pomponio, sono menzionate invece in MArliAno, Antiquae Romae Topographia cit., V. iv, f. 103 («Thermas Decianas
in honorem Decij Imp. à S.P.Q.R. aedificatas in eodem monte [i.e. Aventinus] fuisse volunt»). Sull’edificio vd. L. lA Follette, s.v. Thermae Decianae, in Lexicon cit.,
V, pp. 51-53, con precedente bibliografia.
45 ASTo, ms. a. III. 4 (vol. 2), f. 150. 46 ASTo, ms. a.II.2 (vol. 15), f. 123v. 47 Excerpta, p. 61. 28-29.
48 Ibid., p. 62.13-16.
49 schott, Itineraria cit., p. 276. 50 Ibid., p. 277.
regioVexquilinAcuMturrietcolliViMinAli
Lacus Prometheus, Macellum Liviani, Nympheum divi Alexandri, Cohor-tes VII vigilum, Horti Plantaniani, [Aedes Veneris Ericiniae ad portam
collinam], Horti Maecenatis, [Regia Servi Tullij], Hercules Sullanus,
Am-phiteatrum Castrense, Campus Exquilinus [et lucus], Campus Viminalis sub aggere, Lucus Petelinus, Templum Iunonis Luciniae, Lucus Fagutalis,
Domus Aquili Iurisconsulti [Q. Catuli et M. Crassi], Ara Iovis Viminei,
Minerva Medica, Isis Patricia, Lavacrum Agrippinae, Thermae
Olympia-dis51.
È legittimo dunque interrogarsi su quali basi documentarie Pirro Ligorio
abbia coinvolto Pomponio Leto in questa querelle topografica, o meglio,
anche in questa. Di Pomponio Leto, oltre la raccolta epigrafica della dimora
sul Quirinale
52, Pirro Ligorio conosceva un «trattato di Roma, lo quale avea
monsignore Agnelo Colotio episcopo di Nocera»
53, plausibilmente fonte
delle sue informazioni sugli studi di topografia romana dell’umanista.
Seb-bene l’opera ricordata da Ligorio non sia individuabile con certezza, essa
sembrerebbe coincidere con una edizione ‘scorretta’ degli Excerpta (cui
sa-rebbe più appropriata la definizione di trattato di Roma)
54, probabilmente
contenuta nelle raccolte di Antichità edite dal Mazzocchi
55, piuttosto che
con il «commento … sopra Varrone», intitolato Pomponii viri clarissimi
in Varronem dictata e identificato con il Vat. lat. 3415, già appartenuto al
Colocci, e poi confluito nella biblioteca di Fulvio Orsini
56.
La polemica nella quale Pirro Ligorio coinvolse il capo
dell’Accade-mia Romana sottese in realtà la sostanziale divergenza nell’approccio
me-todologico al tema della topografia di Roma antica. La quasi totalità delle
51 VAlentini, zucchetti, Codice Topografico cit., I, pp. 213-215. In corsivo
sono indicati i monumenti aggiunti dall’interpolatore.
52 Napoli, Biblioteca Nazionale, ms. XIII.B.8, ff. 184v, 193v; ASTo, ms. a. III.
3 (vol. 1), p. 115; a. II. 2 (vol. 15), f. 116; a. II. 13 (vol. 26), f. 198. Sulle raccolte di antichità di Pomponio Leto vd. S. MAgister, Pomponio Leto collezionista di
anti-chità. Note sulla tradizione manoscritta di una raccolta epigrafica nella Roma del tardo Quattrocento, in «Xenia Antiqua», 7 (1998), pp. 167-198; eAd., Pomponio
Leto collezionista di antichità. Addenda, in Antiquaria a Roma. Intorno a Pomponio Leto e Paolo II, Roma 2003 (RR inedita, 31 saggi), pp. 51-124.
53 ASTo, ms. a.II.1 (vol.14), f. 22.
54 Ringrazio sentitamente Maria Accame Lanzillotta per le utili informazioni
fornitemi in proposito.
55 Vd. De Roma prisca et nova varii auctores prout in sequenti pagella cernere est, Romae 1523 e il Pomponii Laeti de antiquitatibus Urbis Romae libellus,
conte-nuto in una raccolta di scritti di storia e topografia romane di vari autori (Eutropio, A. Schonovius, G.B. Marliani e P. Vittore) edita a Basilea (apud Th. Platter) nel 1538.
56 Vd. de nolhAc, La bibliothèque de Fulvio Orsini cit., pp. 80-82, 249-259; S.
lAttès, Recherches sur la Bibliothèque d’Angelo Colocci, in «Mélanges
d’Archeo-logie et d’Histoire de l’Ecole Française de Rome», 48 (1931), pp. 308-344.
identificazioni proposte da Pomponio Leto – molte delle quali, come è stato
osservato, furono smentite dai riscontri della moderna indagine
topografi-ca
57– si fonda sulle notizie ricavate dalle fonti letterarie e non mancano,
nella descrizione dei monumenti, reminiscenze dei Mirabilia medioevali.
Solo raramente egli attinge alle notizie di rinvenimenti di scavo, come nel
caso della straordinaria scoperta di una porzione del lastricato marmoreo
dell’horologium Augusti del Campo Marzio
58.
D’altra parte tutta l’opera topografica e cartografica di Pirro Ligorio era
costruita con l’ausilio di una documentazione archeologica, complementare
alle fonti tradizionali, derivante da scavi e scoperte osservate e registrate
direttamente sul terreno. E proprio il grande decagono illustra bene
que-sto discrimine metodologico. L’interpretazione ligoriana dell’edificio come
tempio di Minerva Medica, poi rivelatasi col tempo erronea seppur basata
sui dati dei Regionari, si fondava su notizie di ritrovamenti avvenuti
nel-le vigne circostanti tra gli anni del pontificato di Giulio III (1550-1555) e
il 1568 (anno della partenza di Pirro Ligorio da Roma)
59, ignorati sia nei
trattati di antichità romane apparsi negli anni ’30 e ’40 del XVI secolo, ma
anche nelle successive riedizioni nonché nelle opere che videro la luce in
quel lasso di tempo.
La querelle sul decagono non ebbe né vincitori né vinti. A lungo la
funzione dell’edificio oscillò tra quella di basilica (basilica Caii et Luci),
suggerita dalla toponomastica ma improponibile sulla scorta di Vitruvio,
e quella di edificio sacro (‘tempio di Minerva Medica’), attestato dai tardi
autori dei Regionari e da Ligorio, non esenti tuttavia da sospetti di
frau-dolenza
60. È in tempi recenti che le ricostruzioni fantastiche hanno ceduto
57 Vedi in merito AccAMe lAnzillottA, Topografia cit., p. 188 n. 1: «Possiamo
però essere certi, data l’esistenza di più redazioni, che Pomponio deve essere tornato spesso sulla sua opera nel corso degli anni apportando aggiunte e variazioni … Va-lentini e Zucchetti pur rilevando come sia piccolo il contributo della rielaborazione pomponiana alla conoscenza della topografia romana scorgono nell’opera la pas-sione propria degli umanisti, che spingeva alla ricerca e al culto delle ‘antichità’».
58 Excerpta, p. 427.9-13, citato in AccAMe, Pomponio Leto cit., p. 177. Si veda
anche VAlentini-zucchetti, Codice Topografico cit., I, p. 195 sulle aggiunte
appor-tate al Curiosum nella sua versione interpolata non solo da fonti letterarie ma, ad es., dalla base dei vicomagistri, recentemente venuta alla luce. Pomponio si preoccupò anche di integrare notizie delle più recenti scoperte epigrafiche nella sua ultima re-dazione del Romanae historiae compendium, su cui vd. F. niuttA, Il Romanae
hi-storiae compendium di Pomponio Leto dedicato a Francesco Borgia, in Principato
ecclesiastico e riuso dei classici. Atti del convegno, Bari-Monte Sant’Angelo 22-24
maggio 2000, a cura di d. cAnForA, M. chiABò, M. de nichilo, Roma 2002, pp.
321-353: 330-336.
59 lAnciAni, Scavi cit., pp. 170-173.
60 Già nella pianta di Roma Antica di E. Du Pérac (1574 – FrutAz, Piante cit.,
II, tav. 40. XII. 3) si ricorre ad un compromesso tra le due interpretazioni, collocando
finalmente il passo ad un’interpretazione archeologicamente plausibile del
monumento come aula per riunioni del vasto complesso residenziale
co-stantiniano del Sessorium
61.
una Basilica Caii et Lucii contigua al tempio di Minerva Medica, evidente riflesso della diffusione di nuove ipotesi sul monumento che il cartografo francese dovette recepire rispetto all’elaborazione della pianta ‘piccola’ di Roma antica, edita l’anno precedente, dove l’edificio viene ricostruito in alzato secondo la pianta disegnata dal Bufalini (v. supra); in proposito v. il commento in FrutAz, Piante cit., I, p. 68; per le
incertezze interpretative si veda inoltre, ad es., A. niBBy, in F. nArdini, Roma antica,
Roma 18184, pp. 21-23.
61 Oltre le dispute di età umanistica e rinascimentale, la funzione dell’edificio è
rimasta a lungo incompresa, anche in tempi recenti (si vedano i contributi di gAtti,
Horti Liciniani cit.; M. ciMA, Gli Horti Liciniani: una residenza imperiale romana
della tarda antichità, in Horti Romani. Atti del convegno internazionale, Roma 4-6
maggio 1995, a cura di E. lA roccA, M. ciMA, Roma 1998, pp. 425-452; F. coArel -li, Roma [Guide archeologiche], Bari 19994, pp. 227-228). È merito di F. Guidobaldi
(Il “Tempio di Minerva Medica” cit., passim) di avere correttamente inquadrato il complesso, ricollegandolo alla residenza costantiniana del Sessorium. Mi è gradito ringraziare lo studioso per gli utili suggerimenti e indicazioni fornitemi sul monu-mento e la sua fortuna.
Fig. 1- Roma, edificio decagono di età costantiniana: stato attuale
P
oMPoniol
eto, P
irrol
igorio215
Fig. 2- Roma, edificio decagono di età costantiniana: situazione
Fig. 3- Roma, edificio decagono di età costantiniana: pianta delle due fasi edi-lizie, da J. Ward-Perkins, Architettura romana, Milano 1979, fig. 297
Fig. 4- ASTo, ms. a.III.12 (vol. 10), f. 136v: Pirro Ligorio, pianta di Roma moderna (1552, ed. del 1572): particolare con il decagono costantiniano. Su conces-sione dell’Archivio di Stato di Torino