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vie di segnalazione mediate da mTOR nella tumorogenesi.

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Capitolo 1 3

Introduzione 3

L’encefalo 4

Il glioblastoma 6

Origine dei glioblastomi 7

Epidemiologia 8

Caratteristiche cliniche: Sintomi 10

Genetica 11

Trattamenti attuali 13

Nuove terapie 13

Capitolo 2 15

Terapie mirate e bioterapia 15

Bersagli per i recettori della tirosina chinasi. 15

Bersaglio EGFR 15

Inibitori dell’EGFR o inibitore della tirosina chinasi (KTI) 16

Anticorpi anti-EGFR 16

Bersaglio PDGFR e VEGFR 16

Bersaglio: vie di segnalazione 17

Vie Ras/MAPK 17 Proteina chinasi C (PKC) 18 Via PI3K/AKt 18 Inibitori dell’mTOR 19 Bersaglio: angiogenesi 19 Bersaglio VEGF 19 Talidomide e derivati 20

Inibitori delle integrine 20

Interferoni (IFN) α e β 21

Inibitori della COX-2 21

Endoteline 22

Capitolo 3 23

Ruolo della segnalazione di mTOR nella tumorogenesi 23

Rapamicina 23

Ruolo dei componenti nella via di segnalazione dell’mTOR nella tumorogenesi. 27

Componenti presenti nei complessi mTORC1 e mTORC2. 27

mTOR 27

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mTORC1: componenti specifici 30

Raptor 30

mTORC2: componenti specifici 31

Rictor 31

Sin1 (MAPKAP1) 32

mTORC1 regolatori a monte 33

TSC1/2 33

Rheb 36

RAG 37

AMPK 38

Capitolo 4 40

Ruolo di mTORC1 e mTORC2 nell’adesione cellulare 40

Ruolo della Rapamicina nell’adesione cellulare 42

Ruolo di mTOR nell’adesione cellulare 44

Alterazioni di mTORC1 o mTORC2 sopprimono l’adesione cellulare 47 S6K1 elemento essenziale nell’adesione cellulare mediata da mTOR 51 4E-BP1/eIF4E: essenziale per l’adesione cellulare mediata da mTOR 55 Akt non contribuisce all’adesione cellulare mediata da mTOR 58

Capitolo 5 60

mTORC2 nel centro della riprogrammazione metabolica del cancro 60

Riprogrammazione metabolica nel cancro 60

La via PI3K / AKT / mTOR: obiettivo terapeutico nel cancro ovarico 62

Conclusioni 69

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Capitolo 1

Introduzione

L’uomo è costituito da milioni di cellule, raggruppate in tessuti ed organi. Ogni cellula contiene dei geni che ne regolano lo sviluppo, il funzionamento, la riproduzione e la morte. In condizioni di normalità le cellule obbediscono alle istruzioni dettate dai diversi geni, ma a volte può accadere che queste istruzioni divengano confuse in alcuni ambienti cellulari. Queste strutture perciò adottano un comportamento non abituale, sviluppandosi e moltiplicandosi in condizioni di totale anarchia. Dopo un certo periodo, questi gruppi di cellule anormali formano una massa chiamata tumore. I tumori possono essere benigni o maligni; le cellule che costituiscono un tumore benigno sono ben localizzate, mentre quelle che consentono la formazione di un tumore maligno sono in grado di invadere i tessuti adiacenti. Ogni tessuto presente a livello dell’organismo può essere sede dello sviluppo di un tumore; un tumore cerebrale è indicato con un gruppo di cellule anormali all’interno dell’encefalo. I tumori cerebrali primitivi si formano nel cervello ed, anche in questo caso, possono essere di tipo maligno oppure benigno. Nel momento in cui un tumore benigno si sviluppa in qualsiasi parte del corpo, esso non presenta gli stessi rischi di un tumore maligno; nell’encefalo, i tumori benigni, così come i tumori maligni possono essere gravi e mettere anche in pericolo la vita del paziente. I tumori cerebrali benigni non contengo delle cellule cancerose, in grado di invadere le strutture vicine, ma possono esercitare una pressione su certe parti dell’encefalo. I tumori cerebrali primitivi maligni sono costituiti da cellule cancerose, che hanno la tendenza di svilupparsi rapidamente aumentando la pressione interna. Queste possono estendersi anche dall’encefalo al midollo spinale, determinando così lo sviluppo di tumori che sono molto gravi e mettono seriamente in pericolo la vita del soggetto.

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L’encefalo

Centro di sorveglianza di tutto l’organismo, costituito da una massa di tessuto molle e spugnoso. Esso fa parte del sistema nervoso centrale, assieme al midollo spinale, ed è costituito da tre diverse zone:

- Cervello:

Questo è la sede della vista, del pensiero, della parola, del movimento. Il sistema sensitivo periferico invia i diversi stimoli a livello cerebrale, in modo tale che esso possa elaborare i segnali e indicare la possibile reazione allo stesso. Il cervello occupa la più grande porzione dell’encefalo. Esso è diviso in due metà, dette emisferi. L’emisfero destro controlla lato sinistro del corpo, mentre l’emisfero sinistro controlla il lato destro. Ogni emisfero, a sua volta, è suddiviso in diverse sezioni o lobi.

- Cervelletto:

situato al di sotto del cervello, nella parte posteriore dell’encefalo. Il cervelletto è la sede dell’equilibrio e della coordinazione.

- Tronco cerebrale:

situato in basso dell’encefalo, consente la formazione di una sorta di ponte tra l’encefalo stesso ed il midollo spinale. Responsabile delle funzioni vitali dell’organismo, quali la tensione arteriosa, il battito cardiaco, la respirazione ed i riflessi.

Vi sono, infine, tre sottili membrane, dette meningi che rivestono l’encefalo. Un liquido acquoso, detto liquido cefalorachidiano (LCR), riempie gli spazi tra le meningi e funge da cuscino ammortizzante. L’encefalo è ugualmente protetto dalla scatola cranica.

Nell’encefalo sono presenti due tipi di cellule: le cellule nervose, dette neuroni e le cellule gliali. Le cellule nervose sono organizzate in diversi fasci che consentono il flusso delle informazioni dalla zona centrale verso la periferia e viceversa. Le cellule gliali circondano le cellule nervose. Esistono diversi tipi di tumori cerebrali, ma nell’adulto, la maggior parte di essi si sviluppa a livello delle cellule gliali; essi perciò sono definiti gliomi.

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Il glioblastoma è un tumore che si sviluppa nel cervello e rappresenta la forma più comune ed aggressiva di tutte le forme tumorali che interessano questa zona. La speranza di vita attuale dei pazienti affetti da tale patologia è di appena qualche mese. Nella lotta contro questo cancro sono utilizzati dei trattamenti standard, quali la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia. Questi trattamenti aumentano le aspettative di vita di appena qualche mese, ma sono stati osservati dei casi in cui i pazienti hanno vissuto anche qualche anno in più. Ultimamente, grazie alla scoperta e alla comprensione dei meccanismi che stanno alla base dello sviluppo di tale patologia, sono state introdotte nuove molecole che potrebbero migliorare le diverse terapie da utilizzare.

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Il glioblastoma

- Definizione

Le cellule gliali sono delle cellule del cervello localizzate accanto ai neuroni; ne esistono di tre tipi: gli astrociti, gli oligodendrociti e i microgliociti. I gliomi maligni o tumori gliali sono i tumori del cervello più comuni, caratterizzati da una proliferazione anarchica delle cellule gliali stesse. Essi rappresentano il 70% dei nuovi casi di tumori primari maligni del cervello diagnosticati ogni anno negli Stati Uniti. Più della metà dei gliomi maligni sono dei glioblastomi multiformi, che sono i sottotipi più aggressivi. I glioblastomi multiformi sono dei tumori infiltranti. Gli astrocitomi sono stati classificati in differenti gradi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in funzione della loro istologia. I gliomi di grado I o astrocitomi pilocitici hanno un potenziale di proliferazione limitato e sono, in generale, curabili con la chirurgia. Questi si sviluppano principalmente nei bambini. I gliomi di grado II o astrocitomi diffusi sono dei tumori dell’adulto giovane e si evolvono in 7-8 anni in tumori anaplastici e poi in glioblastomi multiformi. Il glioblastoma di grado III o astrocitoma anaplastico è un tumore maligno che evolve in glioblastoma multiforme in soli due anni. Infine il glioblastoma di grado IV o semplicemente glioblastoma è il tumore più aggressivo e presenta i pronostici peggiori (Louis DN, Ohgaki H, Wiestler OD, et al. 2007)1. Questi tumori hanno un’evoluzione rapida, tra i 2 e 3 mesi dopo la diagnosi, senza trattamento. Anche con i trattamenti standard, il tasso delle recidive dei glioblastomi è molto alto e inevitabile (più del 90% dei casi). Questo è dovuto al fatto che le cellule cancerose possono infiltrarsi nel cervello e progrediscono nuovamente dopo qualche mese dall’intervento chirurgico, in generale in un perimetro di 2 cm intorno al tumore d’origine. La sopravvivenza media di un paziente che riceve un trattamento è di 9-12 mesi, senza chemioterapia e può raggiungere anche i 15 mesi con la terapia. La sopravvivenza senza progressione del tumore dopo il trattamento è in generale inferiore a 6 mesi (Stupp R, Mason WP, van den Bent MJ et al. 2005)2.

I glioblastomi possono essere distinti in due tipi principali:

- I glioblastomi primari o de novo: rappresentano il 95% della totalità di tali forme;

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- I glioblastomi secondari: gliomi di stadio II o III che evolvono in gliomi di stadio IV.

Al tempo stesso le caratteristiche istopatologiche di questi due tipi non sono differenti (Ohgaki H, Kleihues P 2007)3. Sono stati identificati anche altri tipi di gliomi: a cellule giganti, a piccole cellule, gliomi con caratteristiche d’oligodendrogliomi, gliosarcomi1.

Origine dei glioblastomi

L’origine cellulare dei glioblastomi multiformi è ancora poco conosciuta ma sembra che le cellule staminali neuronali abbiano un ruolo nella patogenesi e nella resistenza degli stessi ai diversi trattamenti. Il sistema nervoso centrale contiene delle cellule staminali neuronali capaci di rigenerarsi autonomamente, di proliferare e di differenziarsi in diverse tipi di cellule mature (Reynolds BA and Weiss S.1992)4. Degli studi hanno provato che le cellule staminali neuronali o progenitrici cellulari relative possono trasformarsi in cellule staminali cancerose e provocare un aumento dei gliomi maligni, riuscendo a sfuggire ai meccanismi di controllo, di proliferazione e di differenziazione (figura 2) (Assanah M, Lochhead R. et al 2006)5, (Beier D, Hau P,

Proescholdt M. 2007)6. Da altri studi, si osserva che queste cellule staminali cancerose

contribuiscono alla resistenza dei gliomi maligni alle terapie standard. (Bao S, Wu Q. et al. 2006)7, (Dean M, Fojo T et al. 2005)8. Al tempo stesso non sappiamo ancora né

che tipo di cellule sono né quali sono le principali vie di segnalazione coinvolte nella trasformazione iniziale delle cellule in strutture tumorali. Questa trasformazione è dovuta alla squilibrio di fattori epigenetici e genetici delle cellule staminali.

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Epidemiologia

Il glioblastoma è un tumore raro. Secondo la classificazione internazionale delle malattie oncologiche è codificato come 9440-3. Le prime cifre indicano la morfologia del tumore e le seconde cifre topografiche indicano la sua topografia, /0 per il tumore benigno, /3 per il tumore maligno e /1 per i tumori dei quali ancora non conosciamo esattamente il comportamento. L’incidenza annuale del glioblastoma multiforme è da 2 a 3 casi ogni 100000 persone rispettivamente in Europa e negli Stati Uniti9.

Rappresenta il 25% di tutti i tumori del sistema nervoso e il 50% di tutti i tumori gliali (Brandes AA, Tosoni A et al 2008)10. Il tasso di incidenza del glioblastoma è superiore nei paesi sviluppati come l’Australia oppure gli Stati Uniti, così come nei paesi in via di sviluppo, quali l’India. L’unico fattore di rischio nitidamente delineato è l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, terapeutiche e non. Altri fattori sono stati messi in causa, come la pratica di certe attività, quali quelle fisiche oppure i pompieri, così come le esposizioni professionali ad agenti cancerogeni, l’alimentazione contenenti nitriti oppure l’utilizzo dei cellulari. Al tempo stesso gli studi condotti su questi criteri non hanno consentito di identificare un’unica linea con l’incidenza del glioblastoma multiforme (Ohgaki H, Kleihues P. 2005)11. L’incidenza di questa

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patologia ha la tendenza ad aumentare nei giovani adulti e negli adolescenti. È stata supposta una relazione tra il tasso di incidenza e l’utilizzo crescente dei cellulari in questi ultimi anni, ma gli studi Interphone condotti dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) non ha stabilito un legame tra i due12. Esiste una differenza di età media tra i due tumori (Tabella I). I glioblastomi multiformi primari appaiono tardivamente con un’età media di 62 anni mentre i glioblastomi secondari si sviluppano nei pazienti più giovani, la cui età media è di 45 anni (Ohgaki H, Dessen P et al 2004)13, (Ohgaki H and Kleihues 2005)14. Esiste ugualmente un differenza di prevalenza in funzione del sesso del paziente, i glioblastomi primari appaiono più frequenti negli uomini, con un rapporto uomo/donna di 1,33. La tendenza è, invece, invertita nel glioblastoma secondario con un rapporto uomo/donna di 0,6513. Diversi studi dimostrano ugualmente un rapporto uomo/donna più elevato nel glioblastoma primario (GBMI) che nel glioblastoma secondario (GBMII)15,16 e 17. La media di sopravvivenza dei pazienti con un glioblastoma secondario è di 7,8 mesi, questa è più lunga che per i pazienti con un glioblastoma primario, che è di 4,7 mesi. Questo è dovuto probabilmente al fatto che i pazienti con un glioblastoma sono più giovani13-14. Il pronostico è debole, considerando i risultati di alcuni studi clinici randomizzati, il tasso si sopravvivenza dei pazienti affetti da un glioblastoma era inferiore al 30% a un anno ed uguale al 5% a 3 anni (Stewart LA 2002)18.

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10 Figura 3: tabella 1

Caratteristiche cliniche: Sintomi

I sintomi possono essere differenti in funzione della localizzazione e della taglia del tumore. Esistono dei sintomi generali quali dolori alla testa, nausea e vomito, che si traducono in una tensione intracranica dovuta allo sviluppo di un edema. Possono comunque apparire dei deficit neurologici progressivi, una muscolatura debole e dei cambiamenti d’umore. Infine, i sintomi, come per esempio l’emiparesi o l’afasia, convulsioni e perdite di memoria, sono ugualmente possibili. La diagnosi dei tumori cerebrali, spesso, è stabilita diversi mesi prima rispetto all’apparizione dei primi sintomi, soprattutto nei pazienti con mal di testa intermittente oppure con problemi neurologici o motori non specifici.

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Genetica

È stato osservato che i glioblastomi primari e secondari hanno delle caratteristiche epidemiologiche e cliniche differenti. Queste differenze sono ugualmente presenti a livello genetico. In effetti, le modifiche genetiche specifiche del glioblastoma possono essere differenti o variare in proporzione in funzione del sottotipo del tumore stesso. L’alterazione genetica più comune nel GBM è la perdita d’eterozigosi sul cromosoma

10q. Questa appare nel 63-70% dei GBMII e I rispettivamente19,20,21.

L’amplificazione del recettore del fattore della crescita epidermica (EGFR), così come le mutazioni del gene PTEN (fosfato-tensina omologo) sono le modificazioni genetiche tipiche del GBMI (Tohma Y, Gratas C et al. 1998)22. Le mutazioni del gene p53 sono, invece, specifiche del GMBII (figura 3). Queste modifiche genetiche provocano delle alterazioni in tre vie di segnalazione coinvolte nello sviluppo del glioblastoma:

- La via EGFR/PTEN/Akt/mTOR:

questa via è importante per lo sviluppo dei GBMI. EGFR è attivato dal legame del fattore della crescita come EGF al suo dominio extracellulare. Questa attivazione provoca la fosforilazione del PIP2 (fosfatidilinositolo 4,5 bifosfato) in PIP3 (fosfatidilinositol 3,4,5 trifosfato) dall’intermedio della chinasi PI3K. Questo permette l’attivazione delle molecole effettrici come Akt (proteina chinasi B) e mTOR (mammalian Target of Rapamycin) che innesca la proliferazione cellulare ed aumenta la sopravvivenza delle cellule, bloccando l’apoptosi. La proteina PTEN può inibire PIP3, ma il gene che codifica per questa proteina è situato sul cromosoma 10 che è distrutto per il 60% nei soggetti affetti dal tumore. Il gene PTEN può essere mutato nel 15-40% dei casi di GBMI22. In più EGFR è amplificato nel 40% dei GBMI e sovraespresso in più del 60% dei casi, che determina ancora il blocco dell’apoptosi13-16. Diversi fattori mutanti dell’EGFR sono conosciuti, la forma più conosciuta è chiamata EGFRvIII. L’amplificazione o la sovraespressione di questa mutazione è correlata ad un debole pronostico.

- La via TP53/MDM2/p14ARF:

questa via è fortemente implicata nello sviluppo dei GBMII. La proteina p53 regola diverse processi cellulari del ciclo cellulare, l’apoptosi, la risposta delle

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cellule ai legami del DNA, la differenziazione cellulare e la neovascolarizzazione. Nelle cellule normali, questa proteina non è quasi per niente espressa ed è regolata dalla proteina MDM2. L’attività di quest’ultima è controllata dalla proteina p14ARF. In caso di stress cellulare, le modifiche post-trasduzionali inducono la dissociazione dell’MDM2 e del p53 che potrà così regolare la trascrizione. Delle mutazioni del gene p53 o alla perdita dell’espressione della p14ARFpossono portare ad una perdita della funzionalità

della proteina p53. Nei GBMII, il gene che codifica per la proteina p53 è mutato nel 65% dei casi e meno del 30% dei casi nel GBMI13-16. Si osserva una perdita dell’espressione del p14ARF nel 76% dei GBM (Nakamura M, Watanabe T ,et al 2001)23.

- La via p16INK4a/Rb1:

ha un ruolo importante per i due tipi di GBM. La proteina Rb1 controlla la progressione del ciclo cellulare dalla fase G1 fino alla fase S attraverso l’intermedio della proteina p16INK4a (Ueki K, Ono Y et al. 1996)24. Delle

delezioni omozigoti, quali la metilazione della zona promotrice del gene Rb1, sono ritrovate frequentemente nelle GBM I e II (Biernat W, Tohma Y 1997)25.

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Trattamenti attuali

Tre assi di trattamento sono attualmente utilizzati per tentare di prolungare la sopravvivenza dei pazienti, cercando di garantire loro una qualità di vita accettabile. Si tratta innanzitutto di realizzare un’operazione chirurgica. In seguito il paziente è trattato tramite la radioterapia associata ad una chemioterapia concomitante ed adiuvante. La molecola citotossica maggiormente utilizzata è la Temozolide (Temodal®).

Nuove terapie

Il progresso realizzato in chirurgia così come i risultati ottenuti fino ad ora non erano sufficienti ed essendo le biotecnologie in pieno sviluppo, i ricercatori hanno deciso di rivolgersi alle terapie utilizzanti le cellule staminali. Questo è ugualmente vero per gli altri tipi di patologie. Attualmente, più di 800 medicinali biologici sono in fase di sviluppo con più di 100 malattie (figura 6). Attraverso questi prodotti biologici in sviluppo, 352 utilizzati contro il cancro, dei quali 11 vengono utilizzati in maniera specifica contro il glioblastoma e 7 contro il glioma.

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Figura 6: tipi di terapia contro il cancro

Numerosi meccanismi provocano la resistenza dei glioblastomi alla chemioterapia. Le vie di segnalazione del GBM entrano ugualmente in gioco e rappresentano il bersaglio per la maggior parte di queste molecole (figura 7).

I medicinali della terapia mirata non sono utilizzati separatamente ma in combinazione con i trattamenti standard.

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Capitolo 2

Terapie mirate e bioterapia

Malgrado gli anni di ricerca, lo schema di trattamento standard dei glioblastomi dà sempre dei risultati insufficienti poiché questo cancro rimane ancora incurabile. Al tempo stesso queste hanno permesso di identificare le alterazioni genetiche che conducono allo squilibrio di diversi processi come un’alterazione della crescita e della proliferazione cellulare così come una resistenza all’apoptosi. Diverse vie di segnalazione ed i loro recettori ne sono le cause; la loro determinazione ha permesso di comprendere meglio lo sviluppo dei GBM primari e secondari. I medicinali emergenti, biologici e non, hanno come bersaglio delle componenti specifiche delle vie di segnalazione. Queste nuove molecole consentono di agire in maniera specifica sulle cellule del GBM, limitando gli effetti indesiderati e tossici, rilevati durante i trattamenti chemioterapici per esempio.

Bersagli per i recettori della tirosina chinasi.

Bersaglio EGFR

L’EGFR è uno dei bersagli più studiati al momento poiché è all’origine dell’attivazione delle vie di segnalazione coinvolte nella tumorogenesi del GBM. D’altronde il suo gene è mutato nel 40-50% dei casi ed è amplificato nel 40-60% dei GBM. Queste mutazioni sono osservate soprattutto nei GBMI. Si tratta di un recettore della tirosina chinasi, membro della famiglia delle proteine Her/Erb.

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Inibitori dell’EGFR o inibitore della tirosina chinasi (KTI)

Le prime molecole sviluppate e dirette contro l’EGFR sono degli inibitori specifici di questo recettore. Agiscono bloccando un dominio intracellulare ATP. Le due molecole più studiate sono l’Erlotinib (Tarceva®) e il Gefitinib (Iressa®). Esse sono state studiate nelle prove di fase I e II. Soltanto il 10-20% dei pazienti risponde a questi trattamenti, sembra che l’efficacia di queste molecole sia associata ad un profilo molecolare particolare con co-espressione di EGFRvIII e di PTEN del tumore. Più studi hanno tentato di dimostrare una linea con l’efficacia dei trattamenti, la condizione dell’EGFR, la sovraespressione o l’amplificazione dell’EGFR e la presenza di PTEN intatta ma senza una risposta chiara26,27,28, con dei risultati talvolta contraddittori29,30. In più, i risultati di questi studi non sono incoraggianti con un tasso di sopravvivenza senza progressione a sei mesi inferiore al trattamento con la Temozolomide o Carmustina, 11,4 % con Erlotinib contro il 24% con TMZ.

Anticorpi anti-EGFR

Vi sono due anticorpi anti-EGFR principali che hanno raggiunto la fase di studio III, il Nimotuzumab (Theraloc®) e il Cetuximab (Erbitux®). Il Nimotuzumab è un’immunoglobulina G1 (IgG1) capace di legarsi con specificità ed alta affinità all’EGFR e di bloccare il legame del fattore della crescita, inibendo così l’attivazione delle vie di segnalazione. Il Cetuximab è un anticorpo chimerico avente le stesse proprietà. Questi sono somministrati per via intravenosa, il Cetuximab ad una posologia di 400mg/m2, alla prima somministrazione, che poi diviene 250mg/m2 ogni

settimana. Il vantaggio è che gli anticorpi sono ben tollerati ma la loro attività resta limitata (Neyns B, Sadones J et al. 2009)31.

Bersaglio PDGFR e VEGFR

PDGFR è un recettore cellulare avente un ruolo nella crescita cellulare nell’angiogenesi (Ostman A 2004)32. La sua attivazione e sovraespressione sono

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implicate nella patogenesi dei GBM. Alcuni inibitori del PDGFR sono stati sintetizzati e testati. Il Mesilato d’Imatinib (Gleevec ®) è l’inibitore della tirosina chinasi per il quale sono disponibili la maggior parte delle informazioni. Esso è molto ben tollerato, somministrato per via orale e possiede un’attività più interessante in associazione con il Temozolomide, rispetto alle monoterapie (Dresemann G 2005)33. Uno studio di fase II ha dimostrato che l’Imatinib in associazione con il TMZ dà una media di sopravvivenza senza progressione di 14 settimane e un tasso di progressione fino a 6 mesi del 24% (Reardon DA, Egorin MJ et al 2005)34. VEGFR è un recettore dei fattori della crescita ed implicato nell’angiogenesi.

Bersaglio: vie di segnalazione

Il legame dei fattori della crescita ai loro recettori implica l’attivazione degli stessi e di più vie di segnalazione. La trasmissione del segnale avviene attraverso il reclutamento di numerosi effettori e porta all’alterazione della proliferazione cellulare, della differenziazione e della crescita cellulare. Tutti questi effettori sono dunque dei bersagli potenziali delle nuove terapie.

Vie Ras/MAPK

Una sovraespressione del RAS è osservata nella maggior parte dei GBM (Knobbe CB, Reifenberger J 2004)35. La sua attivazione e sovraespressione sono implicate nella

patogenicità dei GBM. È attivata dalla farnesil transferasi in Raf attivato. Raf fosforila una chinasi MEK, che attiva MAPK o ERK ed induce l’attività di fattori di trascrizione nucleari e dunque un’anomalia dei processi citati precedentemente (Howe L, Leevers S et al 1992)36. Degli inibitori della farnesil transferasi come il Tipifarnib (Zarnestra®) e il Lonafarnib (Sarasar®) sono stati sviluppati ma mostrano solamente una debole attività (Rao S, Cunningham D et al 2004)37, (Van Cutsem E, van de Velde H et al 2004)38. Il Sorafenib, un inibitore del Raf e del PDGER, avente ugualmente delle proprietà angiogeniche attraverso l’inibizione del VEGFR, dà dei risultati

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incoraggianti in vitro e sugli animali. Una media di sopravvivenza di 44 giorni è stata osservata nei topi aventi dei tumori intracranici e trattati con il Sorafenib somministrato oralmente, mentre il gruppo di topi non trattati, è di soli 12 giorni (Jane EP, Premkumar DR et al. 2006)39, (Sathornsumetee S, Hjelmeland AB et al. 2006)40.

Proteina chinasi C (PKC)

L’attivazione delle PKC permette la fosforilazione degli effettori come Raf, in grado di attivare la via MAPK (Kolch W, Heidecker G et al.1993)41. La proliferazione dei

gliomi maligni è correlata a l’attività dei PKC (Couldwell WT, Uhm JH et al 1991)42.

Attualmente vengono studiate le molecole che presentano come bersaglio le PKC, il Tamoxifene e l’Aurina. Il primo è un anti-estrogeno sintetico già utilizzato per il trattamento del cancro al seno. Questo medicinale può anche inibire l’azione dei PKC (Couldwell WT, Hinton DR et al. 1994)43. Al tempo stesso i risultati degli studi non sono incoraggianti poiché l’efficacia del Tamoxifene non è stata provata. Lo studio clinico di fase II condotto da Spense et al. è stato sospeso, a causa dell’inefficacia del trattamento (Spence AM, Peterson RA et al 2004)44, (Muanza T, Shenouda G 2000)45. L’Enzastaurine interferisce ugualmente con le PKC. Gli studi preclinici hanno dimostrato gli effetti antiproliferativi ed antiangiogenici su gliomi maligni (Keyes K, Mann L 2004)46. È ben tollerato (Butowski N, Chang SM et al 2010)47 ed ha mostrato dei risultati promettenti negli studi di fase II ed al tempo stesso gli studi di fase III hanno dimostrato che l’efficacia dell’Enzastaurine non è superiore a quella della sola Lomustina (Wick W, Puduvalli VK et al 2010)48.

Via PI3K/AKt

La via PI3K è una via importante nello sviluppo dei gliomi, dovuti ad alterazioni genetiche; in più l’attivazione di queste vie conferisce una resistenza dei GBM alle radiografie e al Temozolomide. PI3K e Akt sono stati perciò oggetto di numerose ricerche.

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Gli studi che mirano a ricercare degli inibitori potenziali dell’Akt (Perifosine e Nelfinavir) o del PI3K sono controversi. Certi mostrano un aumento della sensibilità alla RT ed al TMZ (Nakamura JL, Karlsson A et al 2005)49, (Jiang Z, Pore N et al 2007)50 mentre altri dimostrano il contrario (De la Pena L, Burgan WE 2006)51.

Inibitori dell’mTOR

mTor è un effettore attivato da Akt; esso permetto la fosforilazione della proteina ribosomiale S6 attraverso la proteina chinasi S6. Questo determina l’inizio della traduzione. Sono stati sviluppati più inibitori dell’mTOR, dei quali i più importanti sono il Sirolimus (Rapamune®) il Temsirolimus (Torisel®) e l’Everolimus (Afinitor®). I risultati, però, non hanno dimostrato dei prolungamenti della durata di vita per i pazienti comparativamente ai trattamenti standard, malgrado una buona tolleranza ai trattamenti52,53,54,55.

Bersaglio: angiogenesi

L’angiogenesi è un target di scelta per le nuove terapie bersaglio, poiché il GBM è uno dei tumori maggiormente vascolarizzati. In questa situazione vengono presi in considerazione diversi fattori, sui quali agire.

Bersaglio VEGF

:

implicato nella patogenesi del GBM, dove è generalmente espresso, ma non risulta presente invece nei gliomi di grado più basso (Plate KH, Breier G et al. 1992)56. Degli studi hanno provato che l’inibizione del VEGF inibisce la crescita dei gliomi e permette una regressione dei vasi sanguigni (Kim KJ, Li B et al. 1993)57, (Cheng SY, Huang HJ et al. 1996)58. L’angiogenesi è indotta dall’attivazione del VEGFR in seguito al legame del VEGF. La sua sintesi è attivata e regolata da due vie. La prima è quella dell’ipossia, presente nel microambiente dei tumori e che induce la produzione

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del VEGF (Shweiki D, Itin A et al. 1992)59. La seconda via è quella dell’EGFR che

attiva la via PI3K/Akt/mTOR, che induce la produzione del VEGF (Zhong H, Chiles K et al. 2000)60. Questa produzione può ugualmente essere aumentata inducendo la trascrizione dell’mRNA attraverso l’attivazione di zone promotrici VEGF attraverso l’EGFR (Maity A, Pore N et al. 2000)61. Vi sono dei composti che fungono da

inibitori dei VEGFR; in particolare sono stati testati diversi inibitori della tirosina chinasi, quali il Cediranib (Recentin®) oppure Vandetanib (Zactima®). Questi inibitori sono ben tollerati (Conrad C, Friedman H, et al. 2004)62, (Drappatz J, Norden AD et al. 2010)63. Sono stati sintetizzati anche degli anticorpi anti-VEGF, quali il Bevacizumab (Avastin®); questo è il medicinale della terapia mirata, il più evoluto ed utilizzato attualmente in associazione con i trattamenti standard. Esso è stato riconosciuto dalle autorità della salute americana (FDA) come trattamento del GBM ricorrente. Questo farmaco è un anticorpo monoclonale umanizzato di tipo IgG1 che si lega in maniera specifica al VEGF ed impedisce l’attivazione del VEGFR e dunque dell’angiogenesi.

Talidomide e derivati

:

la talidomide ha delle proprietà anti-angiogeniche ed antitumorali (D’Amato RJ, Loughnan MS et al. 1994)64, (Sampaio EP, Sarno EN et al 1991)65. La Talidomide in combinazione con il TMZ ha dimostrato una tolleranza accettabile ed una buona efficacia con una sopravvivenza media di 73 settimane (Chang SM, Lamborn KR et al. 2004)66.

Inibitori delle integrine

:

le integrine sono dei recettori di adesione cellulare con un dominio transmembrana. Queste sono costituite da una sub-unità α ed una sub-unità β, ed esistono 24 diversi tipi, che si distinguono tra di loro semplicemente per la specificità del loro legame e per la taglia della loro sotto unità. Le integrine specifiche αVβ3 e αVβ5 sono presenti a volte sulle cellule endoteliali e tumorali e coinvolte nell’angiogenesi. Le integrine sono ugualmente implicate nella migrazione, nella proliferazione, nella

(21)

21

differenziazione e nella sopravvivenza cellulare. La Cilengitide è un inibitore delle integrine αVβ3 e αVβ5 ed è somministrata per via intravenosa. I risultati degli studi clinici si sono rilevati promettenti in combinazione con il Temozolomide con un tasso di PFS-6 del 69% e del PFS-12 del 33%. La media di sopravvivenza globale è di 16,1 mesi (Stupp R, Hegi ME et al 2010)67.

Interferoni (IFN) α e β

:

L’interferone α è stato testato in uno studio di fase III in combinazione con la Carmustina (Buckner JC, Schomberg PJ et al. 2001)68, dopo aver provato la sua

efficaci negli studi precedenti (Rajkumar SV, Buckner JC et al. 1998)69, (Brandes AA,

Scelzi E et al. 1997)70. Al tempo stesso i risultati delle prove della fase III condotti da BuCkner et al. non sono stati portati a termine poiché l’IFN-α non ha dato delle prove di aumentare la durata di vita o la sopravvivenza del paziente. L’IFN-α è stato testato in combinazione con altri agenti, ma senza ottenere delle prove della sua efficacia.

Inibitori della COX-2

:

La ciclo-ossigenasi 2 (COX-2) è un enzima capace di indurre la formazione delle prostaglandine. Il fatto che esse siano espresse nei gliomi è correlato con il loro grado di malignità ed è associato ad una durata di sopravvivenza più debole (Shono T, Tofilon PJ et al 2001)71. Gli inibitori della COX-2 quali il Celecoxib (Celebrex®), generalmente utilizzati per le loro proprietà antiinfiammatorie, hanno proprietà anti-angiogeniche ed anti-tumorali (Joki T, Heese O et al 2000)72, (Masferrer JL, Leahy KM et al 2000)73.

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22

Endoteline

:

i recettori endotelina-A (ET-A), specifici per le endoteline 1 (ET-1) sono molto presenti nei glioblastomi (Harland SP, Kuc RE et al 1995)74. L’ET-1 è un fattore di crescita cellulare importante, implicato nella regolazione della proliferazione cellulare. Atrasentan è un inibitore selettivo del recettore ET-A sviluppato per bloccare il legame ET-1 con l’ET-A, inibendo così la proliferazione cellulare e l’angiogenesi durante la crescita dei gliomi (Stiles JD, Ostrow PT et al 1997)75.

(23)

23

Capitolo 3

Ruolo della segnalazione di mTOR nella

tumorogenesi

mTOR (target meccanicistica della Rapamicina) è una chinasi serina/treonina atipica coinvolta nella regolazione delle funzioni cellulari principali, tra cui la crescita e la proliferazione. L’anomalia nel processo di segnalazione che coinvolge l’mTOR è una delle forme più comunemente osservate nei tumori umani. A tale scopo, è stato intrapreso lo studio dell’mTOR, come potenziale bersaglio in una terapia mirata ed efficace contro il cancro. Affinché questo sia possibile, è necessario condurre una serie di approfondimenti dei ruoli fisiologici di questi fattori, in modo tale da orientare le diverse terapie mirate.

Rapamicina

La Rapamicina è un farmaco immuno-soppressore, estratto da un ceppo batterico isolato sull’Isola di Pasqua (C. Vezina, A. Kudelski et al 1975)76. Nel 1991, uno

studio genetico per le mutazioni Rapamicina-resistenti condotto sul lievito di Saccharomyces cerevisiae ha portato alla scoperta di entrambi i geni, TOR1 e TOR2 (J. Heitman, N.R. Movva et al. 1991)77, omologhi di mTOR dei mammiferi. Studi biochimici successivi, in cellule di mammifero, hanno portato all’ulteriore identificazione di una proteina di 290 kDa, denominata mTOR78,79,80.

mTOR è una chinasi serina/treonina atipica che appartiene alla superfamiglia PIKK (fosfoinositide 3-chinasi correlata alla proteina chinasi), che comprende più membri di proteine chinasi di grandi dimensioni, coinvolti nella rilevazione del nutrimento (mTOR) e nella riparazione del DNA (ATM, ATR e DNA-PK) (C.J. Bakkenist and M.B. Kastan 2004)81. Nel lievito, i due geni TOR sono identificati e definiti come

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24

TOR1 e TOR2, che partecipano separatamente a due complessi proteici, rispettivamente TORC1 e TORC2 (S. Wullschleger, R. Loewith et al 2006)82. In

particolare, sia TOR1 che TOR2 sono presenti nel complesso TORC1, che regola principalmente la crescita cellulare; nel complesso TORC2 è presente solo TOR2, importante per la polarizzazione ciclo-dipendente del citoscheletro di actina della cellula (K. Inoki, M.N. Corradetti et al. 2005)83. Nel mammifero, fino ad ora è stato identificato solo un gene mTOR. Inoltre, come una chinasi evolutivamente conservata, mTOR funziona in gran parte come una subunità catalitica di due complessi proteina chinasi, designati come mTORC1 (mTOR complesso 1) e mTORC2 (mTOR complesso 2), rispettivamente (R. Zoncu, A. Efeyan et al. 2011)84. mTORC1 ed mTORC2 hanno delle subunità in comune, tra cui mTOR e mLST8 (mammalian lethal with SEC13 protein 8, detta anche GβL)85,86,87, mentre mTORC1un’unica subunità, Raptor (proteina regolatrice associata al target mammifero della Rapamicina), e le componenti specifiche comprese Rictor (Rapamycin-insensitive companion of mammalian target of rapamycin) e mSin1 (MAPKAP1), che definiscono mTORC288,89,90,91(fig 6).

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Criticamente, sia Raptor che Rictor fungono da impalcatura per le proteine per regolare l’assemblaggio, la localizzazione e il legame del substrato dell’mTORC1 e mTORC2, rispettivamente (M. Laplante and D.M. Sabatini 2012)92. Tuttavia, sembra che mLST8 sia essenziale per l’interazione mTOR/Rictor, ma non per quella di tipo mTOR/Raptor, anche se il meccanismo di base non è stato ancora pienamente compreso (D.A. Guertin, D.M. Stevens et al. 2006)93. Sin 1 è anche considerato come una proteina dell’impalcatura che regola l’assemblaggio e l’attività dell’mTORC2, mentre l’organizzazione del complesso rimane ancora incompleta, in parte a causa della mancanza di prove strutturali per l’mTORC2. Sono stati segnati, inoltre, altri componenti regolatori coinvolti nella funzione complessa dell’mTOR92. Ad esempio

DEPTOR (DEP dominio contenente strutture che interagiscono con mTOR) agisce come un inibitore endogeno di mTOR, che nella maggior parte dei tumori è espresso a livelli bassi (T.R. Peterson, M. Laplante et al. 2009)94. A differenza di DEPTOR, che inibisce sia mTORC1 e mTORC2, PRAS40 (prolina ricco Akt 40KDa) si lega al dominio chinasi mTOR attraverso una fosforilazione e sopprime solo l’attività della chinasi di mTORC1 (E. Vander Haar, S.I. Lee et al. 2007)95, (L. Wang, T.E. Harris et

al. 2007)96. D’altra parte, Proto 1/2 (proteina osservata con Rictor 1 e 2) si lega a

Rictor ed è presente perciò solo in mTORC2, per aumentare l’attivazione

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26

mediata di SGK-1 (siero/ glucocorticoide regolatore della chinasi-1) (L.R. Pearce, X. Huang et al. 2007)97, (L.R. Pearce, E.M. Sommer et al. 2011)98. Il percorso di

segnalazione di mTOR è fondamentale nella regolazione delle funzioni cellulari principali, tra cui la crescita cellulare, la proliferazione ed il metabolismo. A tale scopo, mTORC1 e mTORC2 hanno dimostrato di avere dei ruoli distinti nel controllo di diversi processi cellulari. In particolare, mTORC1 regola gran parte del processo di traduzione delle proteine ed il metabolismo cellulare, attraverso stimoli intracellulari ed extracellulari, quali stress, energetici, i livelli di ossigeno ed i fattori della crescita. In aggiunta, esso è in grado di fosforilare molti fattori a valle, tra cui 4E-BP1 (fattore vincolante-1 di inizio della traduzione eucariotica), S6K (S6 chinasi), SREBP e componenti autofagi per promuovere le proteine e la sintesi dei lipidi, la biogenesi dei lisosomi, il metabolismo energetico e inibire l’autofagia. D’altra parte, mTORC2 è meno sensibile ai nutrienti ma sostanzialmente risulta reattivo ai fattori di crescita extracellulari. Tuttavia, l’esatto meccanismo molecolare di come mTORC2 stimoli la crescita extracellulare è ancora poco chiaro, mentre l’unica conoscenza disponibile è che la sezione ribosomiale del mTORC2 è critica per la sua attivazione. Tuttavia, una volta che mTORC2 è attivato, fosforila notevoli proteine a valle, tra le quali la famiglia di AGC chinasi, come Akt, SGK e PKC (L.R. Pearce, D. Komander et al. 2010)99 per aumentare ulteriormente la cascata delle chinasi in modo che possano

esercitare la loro funzione cellulare. In accordo con un ruolo fondamentale nella regolazione della crescita cellulare ed il metabolismo, l’alterazione della segnalazione mTOR è comunemente osservata nei tumori umani100,101,102. A tal fine, le mutazioni o la perdita delle funzioni dei geni regolatori a monte, come TSC1/2 (sclerosi tuberosa 1/2) o LKB1 (fegato chinasi B1) sono strettamente legati alle sindromi tumorali cliniche, tra cui rispettivamente il complesso della sclerosi tuberosa e a sindrome di Peutz-Jeghers (P.B. Crino, K.L. Nathanson et al. 2006)103, (A. Hemminki, D. Markie et al. 1998)104. L’iper-attivazione di PI3K e Akt, la perdita genetica, la mutazione di PTEN oppure un soppressore negativo della segnalazione PI3K sono stati osservati in molti tipi di tumori umani (J.A. Engelman, J. Luo et al. 2006)105. Dato che l’iper-attivazione della via mTOR contribuisce all’innesco dello sviluppo del cancro, i componenti della via dell’mTOR potrebbero rappresentare potenziali elementi per le strategie contro il cancro. In realtà l’FDA, ha approvato la Rapamicina ed alcuni analoghi, quali Temsirolimus e Everolimus per i trattamenti di alcuni tipi di tumori, tra cui il carcinoma a cellule mantellari ed il linfoma a cellule renali (S.A. Wander,

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27

B.T. Hennessy et al. 2011)106. Tuttavia, considerando che la Rapamicina ed i suoi

analoghi hanno raggiunto solo scarsi risultati in prove cliniche in corso è necessario acquisire una comprensione più approfondita dei meccanismi molecolari del percorso di segnalazione di mTOR, nonché di individuare nuovi bersagli terapeutici lungo questa cascata di segnali, ottenendo così nuovi bersagli per la terapia del cancro.

Ruolo dei componenti nella via di segnalazione

dell’mTOR nella tumorogenesi.

Componenti presenti nei complessi mTORC1 e mTORC2.

mTOR

:

nel 2006, nel tentativo di chiarire la funzione fisiologica di mTOR, sono stati generati due gruppi di topi, in modo indipendente, dal fenotipo 𝑚𝑇𝑂𝑅−/− ed è stato scoperto che la perdita di mTOR porta alla morte embrionale nelle fasi 5.5-6.5, a causa della proliferazione cellulare alterata ed alla gastrulazione (M. Murakami, T. Ichisaka et al.

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28

Considerando i topi 𝑚𝑇𝑂𝑅+/−, questi si sviluppano normalmente e non mostrano eventuali difetti di sviluppo. È interessante notare che i topi 𝑚𝑇𝑂𝑅𝐻/𝐻 (mutazione

ipomorfica di mTOR), che risultano visualizzabili ed esprimono il 25% del livello totale di mTOR, confrontandolo con i topi selvaggi, mostrano circa il 20% in più di vita media, indicando così che l’inibizione di mTOR può prolungare la sopravvivenza (J.J. Wu, J. Liu et al. 2013)109. Al fine di indicare la funzione fisiologica di mTOR in diversi tessuti, è stato generato un modello di topo mTOR condizionale KO (Knockout), attraverso l’ablazione del gene mTOR nel muscolo.

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29 Figura 10: una illustrazione schematica di vari modelli murini knockout tessuto-specifici per i componenti di segnalazione mTOR critici indicati. Si prega di notare che alcuni specifici tipi

cellulari knockout

In questi topi si osserva una grave miopatia ed una morte prematura a causa del metabolismo ossidativo alterato ed all’accumulo di glicogeno (V. Risson, L. Mazelin,M et al. 2009)110, che indica un ruolo critico di mTOR nei processi metabolici.

mLST8

I topi 𝑚𝐿𝑆𝑇8−/− muoiono intorno all’E10.5 in parte a causa di difetti nello sviluppo della struttura di vascolarizzazione. Inaspettatamente, anche se mLST8 è presente in

entrambi i complessi mTORC1 e mTORC2, i topi 𝑚𝐿𝑆𝑇8−/− hanno mostrato deficit

funzionali nel complesso mTORC2, ma non nel complesso mTORC1. Coerentemente,

𝑚𝐿𝑆𝑇8−/− 𝑀𝐸𝐹 (fibroblasti embrionali di topo) hanno mostrato Akt compromessa e

la fosforilazione del PKCα, con un’inalterata fosforilazione del S6K. Meccanicamente, studi biochimici hanno dimostrato che mLST8 è funzionalmente

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30

necessario per l’interazione mTOR/Rictor ma non nell’interazione Raptor/mTOR; si conferma perciò che l’ablazione genetica di mLST8 influisca solo sulla segnalazione di mTORC2 e non su quella di mTORC1. Tuttavia sono necessari ulteriori approfondimenti per capire il meccanismo molecolare alla base dei diversi ruoli di mLST8, nel governare l’attivazione del complesso mTORC1 contro mTORC2.

mTORC1: componenti specifici

Raptor

:

Raptor−/− è letale per i topi a livello embrionale e ne determina il decesso a E5.5-6.5, a causa dell’insufficienza dei blastociti per l’espansione e la differenziazione. Considerando il ruolo essenziale del Raptor nel mantenere l’organizzazione e la funzione del complesso mTORC1, diversi tessuti specifici Raptor KO (knockout) di topo ha anche mostrato i fenotipi simili a deficit nella funzione dell’mTORC1. In particolare, i topi Raptor KO specifici adiposi-specifici hanno molto meno tessuto adiposo e sono spesso soggetti a forme di ipercolesterolemia ed obesità, che enfatizza il ruolo critico del Raptor e dell’mTORC1 nel metabolismo delle cellule adipose e nell’omeostasi energetica dell’organismo (P. Polak, N. Cybulski et al. 2008)111. Si

possono osservare inoltre delle distrofie gravi a livello muscolare, che possono determinare anche morte prematura (C.F. Bentzinger, K. Romanino et al. 2008)112.

Allo stesso modo, i topi Raptor KO specifici per il cuore muoiono a causa di scompensi cardiaci, cinque settimane dopo che il Tamoxifene ha indotto l’ablazione genetica del Raptor, probabilmente causata dall’assenza della crescita dei cardiomiociti, nonché a causa di un aumento dell’apoptosi e dell’autofagia a livello del tessuto cardiaco (P. Shende, I. Plaisance, et al. 2011)113. Facendo eco del ruolo

fondamentale dell’mTORC1 nello sviluppo, il sistema nervoso centrale dei topi Raptor KO mostra una crescita lenta del cervello a partire da E17.5 e muoiono dopo la nascita (D. Cloetta, V. Thomanetz et al. 2013)114. L’unico modello di topo Raptor KO

condizionale praticabile è quello specifico del fegato, che espone una massa epatica più piccola del 40%, epatociti più piccoli e con un minore contenuto proteico (S. Sengupta, T.R. Peterson et al. 2010)115, sostenendo un ruolo fisiologico critico

(31)

31

particolare, il modello del topo Raptor KO (TAM) Tamoxifene (TAM)- inducibile (Raptor fl/fl/CreER+TAM) è stato generato nel 2012, in cui l’esaurimento del Raptor,

nel topo adulto con TAM in tutti i tessuti, ha causato la perdita di peso corporeo e la morte entro 17 giorni, compromettendo anche i granulociti e lo sviluppo delle cellule (T. Hoshii, Y. Tadokoroet al. 2012)116. Al fine di indagare il ruolo critico di Raptor

nella leucemia mieloide acuta (AML), sono stati generati dei topi

Raptorfl/fl, Raptor+/+/CreER e Raptorfl/flAML attraverso il trapianto del gene

emopoietico modificato MLL-AF9, progenitore delle cellule del topo

Raptorfl/fl, Raptor+/+/CreER in destinatari singenici irradiati letalmente. In

particolare, ulteriori analisi di questi modelli murini affetti da AML si è osservato che l’eliminazione del Raptor altera notevolmente la progressione della malattia, a causa dell’aumento dell’induzione dell’apoptosi cellulare. È interessante notare che, anche se la perdita significativa di Raptor inibisce lo sviluppo dell’AML nelle cellule staminali, la capacità di auto-rinnovamento per queste cellule non è stata influenzata, indicando così che l’attività di mTORC1 è essenziale per la propagazione dell’AML ma non a livello dell’auto-rinnovamento delle cellule staminali AML.

mTORC2: componenti specifici

Rictor

:

simile ai fenotipi dei topi 𝑚𝐿𝑆𝑇8−/−, i topi 𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟−/− mostrano difetti vascolari e

muoiono intorno a E10.5-11.5 (C. Shiota, J.T. Woo et al. 2006)117. Per esaminare il ruolo fisiologico di Rictor in vivo, sono stati stabiliti vari modelli murini KO tessuto-specifici, nel corso degli ultimi anni; in particolare i topi KO Rictor muscolo specifici mostrano un’alterazione dell’assorbimento del glucosio insulino-stimolato, un’elevata attività della glicogeno sintetasi ed una leggera intolleranza al glucosio, che indica una perdita della quantità di glucosio trasportata (A. Kumar, T.E. Harris et al. 2008)118. Simili ai topi Rictor KO muscolo-specifici, i topi KO Rictor del fegato ed il grasso delle cellule specifiche di topi Rictor KO mostrano dei difetti nel metabolismo del glucosio (M. Yuan, E. Pino et al. 2012)119, (A. Kumar, J.C. Lawrence Jr et al. 2010)120. Inoltre, rispetto ai topi selvaggi, i topi Rictor KO neuroni specifici mostrano

(32)

32

una riduzione delle dimensioni del cervello e dei neuroni (R.P. Carson, C. Fu et al. 2013)121. In questi topi si osserva un comportamento schizofrenico in accordo con i

risultati ottenuti mediante studi indipendenti (M.A. Siuta, S.D. Robertson et al. 2010)122. In un recente studio è stato possibile osservare che la durata della vita nei topi di sesso maschile, rispetto a quelli di sesso femminile, era notevolmente diminuita nei soggetti 𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟+/−, nei topi 𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟−/− fegato-specifico oppure nei topi

𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟𝑓𝑙/𝑓𝑙, indicando così l’associazione tra il fattore Rictor con l’invecchiamento in modo genere-dipendente (D.W. Lamming, M.M. Mihaylova et al. 2014)123.

Tuttavia, i meccanismi molecolari alla base che inducono questa differenza rimangono ancora sfuggenti e sono, perciò oggetto di ulteriori approfondimenti. Rictor è stato anche strettamente correlato alla tumorogenesi, secondo i risultati ottenuti dal gruppo Sabatini (D.A. Guertin, D.M. Stevens et al 2009)124. Incrociando i topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/− con quelli 𝑚𝑇𝑂𝑅+/−, 𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟+/−, 𝑅𝑎𝑝𝑡𝑜𝑟+/− o 𝑚𝐿𝑆𝑇8+/−e monitorando il fenotipo canceroso dei loro discendenti, è stato scoperto che sia i topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−/𝑚𝑇𝑂𝑅+/− sia

i topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−/𝑚𝐿𝑆𝑇8+/− presentano una sopravvivenza maggiore rispetto a quelli 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−. Ancora più importante, rispetto ai topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/− che sviluppano spontaneamente il cancro in molti organi, i topi di tipo 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−/𝑅𝑖𝑐𝑡𝑜𝑟+/− mostrano

una minore incidenza di tumori alla prostata, lesioni meno gravi ed una durata di vita maggiore. Dato che Rictor è un gene autoinsufficiente, questo studio supporta l’idea che la segnalazione mTORC2 è necessaria per lo sviluppo del cancro alla prostata negli eterozigoti. Pertanto, lo sviluppo di inibitori specifici per mTORC2 può rappresentare un nuovo approccio terapeutico per il trattamento del cancro nei pazienti affetti, soprattutto nel pazienti privi di Pten.

Sin1 (MAPKAP1)

:

Funziona come un’altra subunità essenziale ed unica, il ruolo critico di Sin1 nel mantenimento dell’integrità e dell’attività del complesso mTORC2 fu il primo ad essere valutato attraverso tre gruppi indipendenti nel 2006. I topi 𝑆𝑖𝑛−/− presentano mortalità a livello embrionale e muoiono nel periodo compreso tra E10.5-15.5, a causa dello sviluppo anomalo della struttura vascolare (A.S. Lazorchak, D. Liu et al. 2010)125. Inoltre la carenza di Sin1 provoca un aumento delle cellule T del timo.

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33

Questa carenza, tuttavia, non ha alcuna influenza sulla crescita e la proliferazione delle cellule T; inoltre presenta un ruolo critico nella regolazione della risposta immunitaria, attraverso la modulazione delle cellule respiratorie B e T. Tuttavia, il ruolo fisiologico di Sin1 nello sviluppo della tumorogenesi rimane sconosciuto.

mTORC1 regolatori a monte

TSC1/2

:

il complesso TSC è generalmente considerato come un eterodimero, costituito da TSC1 (detto anche hamartin) e TSC2 (detto anche tuberina) (A.R. Tee, D.C. Fingar et al. 2002)126. Recenti studi hanno rivelato anche una terza subunità del complesso TSC, detta TBC1D7 (tre2-bub2-cdc16 dominio familiare c1, membro 7) (C.C. Dibble, W. Elis et al. 2012)127. Sotto stimolazione fisiologica innescata da amminoacidi, fattori della crescita, stress, ossigeno, TSC2 è fosforilata a monte da varie chinasi, Akt compresa, (K. Inoki, Y. Li et al. 2002)128, ERK (L. Ma, Z. Chen et al. 2005)129 oppure RSK (P.P. Roux, B.A. Ballif et al. 2004)130, per rilasciare la sua inibizione come un GAP per il Rheb (ras omologo arricchito nel cervello) GTPasi e, per convertire Rheb nella sua forma attiva per l’attivazione dell’mTORC. Nel frattempo, la fosforilazione Akt-mediata di TSC2 comporta anche la dissociazione del complesso TSC dai lisosomi e la conseguente attivazione di mTORC1 (S. Menon, C.C. Dibble et al. 2014)131. D’altra parte, AMPK (chinasi) può fosforilare TSC2, determinando la

soppressione di mTORC1 in condizioni di privazioni energetiche (K. Inoki, T. Zhu et al. 2003 )132. Oltre alla fosforilazione-mediata dall’attivazione di mTORC1, uno

studio recente condotto dal gruppo Sabatini, ha rilevato un meccanismo di attivazione dell’mTORC1 indotto da un aminoacido e Rag-dipendente (R. Zoncu, L. Bar-Peled et al. 2011)133. In particolare le variazioni dei livelli di aminoacidi lisosomiali possono guidare le proteine Rag nel rilascio del complesso TSC1/2 dai lisosomi, nonché reclutare mTORC1 sulla superficie lisosomiale e determinarne l’attivazione (C. Demetriades, N. Doumpas et al. 2014)134. In particolare, la sclerosi tuberosa è una patologia genetica autosomica dominante, definita da mutazioni del TSC1 o TSC2 ed è caratterizzata dalla formazione di amartomi nel cervello, sulla pelle, nei reni, nei

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polmoni, sugli occhi ed a livello cardiaco. Patologicamente, la perdita di eterozigosi del gene del TSC1 o TSC2 è stata riscontrata in molti pazienti affetti da TSC ed è stato osservato che ciò rappresenta un punto di forza per la malattia (J. Jozwiak, S. Jozwiak et al. 2008 )135. Tuttavia, non è stata identificata alcuna mutazione del TSC1 o TSC2, evidenziando un possibile ruolo soppressore per TSC1 o TSC2 nel tumore. Il fenotipo dei topi TSC1/2KO sono riassunti nella tabella 3.

Figura 11: tabella 3

In particolare, più modelli murini supportano chiaramente l’idea che sia TSC1 che TSC2 abbiano la funzione di soppressori tumorali. In particolare i topi 𝑇𝑆𝐶1−/−

muoiono intorno a E10.5-11.5, a causa di alterazioni a livello del tubo neurale, mentre il 64% dei topi 𝑇𝑆𝐶1+/− sviluppano tumori renali ed il 71% dei topi TSC1+/− sviluppano emangiomi epatici (T. Kobayashi, O. Minowa et al. 2011 )136. In aggiunta, i topi 𝑇𝑆𝐶2−/− muoiono di aplasia epatica in E9.5-12.5, mentre i topi 𝑇𝑆𝐶2+/− mostrano il 100% di incidenza di tumori multipli renali bilaterali, il 50% di incidenza di emangiomi epatici ed un’incidenza del 32% di adenomi polmonari (H. Onda, A. Luecket al. 1999)137. Un altro studio indipendente ha osservato i topi 𝑇𝑆𝐶1+/− in

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35

diversi backgrounds genetici ed ha riportato che il 95% dei topi 𝑇𝑆𝐶1+/−𝐶3𝐻 sviluppa tumori renali macroscopicamente visibili, mentre l’80% dei topi TSC1+/−

mostrano carcinomi a cellule renali all’età di 15-18 mesi (C. Wilson, S. Idziaszczyk et al. 2005)138. Inoltre, le lesioni tumorali extrarenali nel fegato, milza ed utero sono stati osservati in entrambi i topi C3H e Balb/c. Presi questi modelli murini sostengono fortemente che TSC2 e TSC1 abbiano un ruolo fisiologico come soppressori tumorali. Per aggirare il problema della letalità embrionale per i topi TSC1/2 omozigoti, sono stati sviluppati un serie di modelli di topo KO condizionali. In particolare, i topi TSC1 KO sviluppano neoplasia intraepiteliale all’età di 6 mesi, che può svilupparsi anche in carcinoma all’età di 16-22 mesi (R.D. Kladney, R.D. Cardiff et al. 2010)139.

In un altro studio, dei topi TSC1 KO fegato-specifico manifestano un carcinoma epatocellulare sporadico accompagnato dall’infiammazione del fegato, necrosi e rigenerazione. Considerando che in base alla disponibilità dei nutrienti il TSC1 regola l’attivazione di mTORC1, questo modello ci consente di comprendere che l’attivazione di mTORC1 potrebbe essere il ponte tra dieta e cancro. Inoltre, è stato introdotto recentemente un sistema di eliminazione inducibile TSC1, introducendo nei topi cellule tumorali mammarie primarie (𝑇𝑠𝑐1𝑓𝑙/𝑓𝑙/𝑀𝑀𝑇𝑉 − 𝑃𝑦𝑀𝑡), che dimostra che la delezione di TSC1 promuove la crescita delle cellule cancerose del seno, in vivo (Y. Chen, H. Wei et al. 2014)140. È stato creato inoltre un altro gruppo di fenotipi

cancerosi di confronto, ossia topi 𝑇𝑠𝑐1𝑓𝑙/𝑓𝑙/𝑃𝑡𝑒𝑛𝑓𝑙/𝑓𝑙/𝐴𝑙𝑏𝐶𝑟𝑒 con topi 𝑇𝑠𝑐1𝑓𝑙/𝑓𝑙/ 𝐴𝑙𝑏𝐶𝑟𝑒oppure topi 𝑃𝑡𝑒𝑛𝑓𝑙/𝑓𝑙/𝐴𝑙𝑏𝐶𝑟𝑒. In particolare, i topi 𝑇𝑠𝑐1𝑓𝑙/𝑓𝑙/𝑃𝑡𝑒𝑛𝑓𝑙/𝑓𝑙/ 𝐴𝑙𝑏𝐶𝑟𝑒 sviluppano tumori al fegato più rapidamente ed in misura maggiore rispetto agli altri ceppi, che indica che la perdita di TSC1 e Pten può lavorare sinergicamente per promuovere la tumorogenesi ( H.L. Kenerson, M.M. Yeh et al. 2013)141. D’altra parte, il ruolo di soppressore tumorale TSC2 è supportato dal rapporto che i topi 𝑇𝑆𝐶2−/−uterini-specifici sviluppano leiomiomi uterini all’età di 3 mesi e la

proliferazione del miometrio all’età di 6 mesi (H. Prizant, A. Sen et al. 2013)142.

Tuttavia, rispetto ai topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−, i topi 𝑃𝑡𝑒𝑛+/−/𝑇𝑆𝐶2+/− non mostrano alcun vantaggio nello sviluppo del adenocarcinoma prostatico, né ne facilitano la progressione (J. Blando, M. Portis et al. 2009)143. Questo suggerisce che TSC2 potrebbe esercitare la sua funzione come oncosoppressore, funzionando in maniera differenziale rispetto a TSC1, garantendo ulteriori indagini per il meccanismo di base.

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Rheb

:

dopo aver stabilito TSC1/2 a monte come regolatore negativo della mTORC1, gli studi successivi, per determinare il legame molecolare tra il complesso TSC e il complesso mTORC1, hanno consentito di identificare il Rheb, una piccola GTPasi144,145,146. Rheb è un membro della superfamiglia Ras di GTP-legante proteine, che è presente in due isoforme (Rheb1 e Rheb2), localizzate sul sistema di endomembrane. Tuttavia, solo il lisosoma membrana associato al Rheb ha dimostrato di possedere capacità attivanti. Modelli murini Rheb KO sono stati stabiliti ed hanno consentito di dimostrare principalmente il ruolo fondamentale di Rheb nel processo di sviluppo. I topi 𝑅ℎ𝑒𝑏−/− muoiono intorno alla metà del periodo della gestazione a

causa di difetti nello sviluppo della struttura cardiovascolare (S.M. Goorden, M. Hoogeveen-Westerveld et al. 2011)147. I disturbi nello sviluppo sono confermati dalle dimensioni del corpo ridotte ed una ridotta capacità di proliferazione dei topi 𝑅ℎ𝑒𝑏−/−/𝑀𝐸𝐹 rispetto a quelli di tipo 𝑀𝐸𝐹 selvatici. Per quanto riguarda i topi con

isoforma specifica knockout, i topi 𝑅ℎ𝑒𝑏1−/− muoiono tra E10.5-11.5, mentre i topi 𝑅ℎ𝑒𝑏2−/− si sviluppano normalmente, non evidenziando difetti evidenti fino all’età adulta, dimostrando così che Rheb1 è essenziale per la sopravvivenza embrionale e la segnalazione mTORC1 (J. Zou, L. Zhou et al. 2011)148. Per esaminare ulteriormente il ruolo fisiologico di Rheb1 in vari tessuti, sono state generate delle cellule progenitrici neurali Rheb1 e consentono l’osservazione di compromissioni a livello della mielinizzazione nel cervello nel periodo postnatale; in particolare, nei primi mesi postnatale non si osservano difetti evidenti nello sviluppo del cervello, suggerendo, così che Rheb1 ha un ruolo fondamentale nell’adattamento selettivo cellulare. Un altro studio con topi Rheb KO fegato-specifico ha dimostrato che questi presentano un maggiore contenuto di mitocondri nel fegato e l’ulteriore localizzazione del Rheb a livello mitocondriale, laddove promuove la mitofagia e contribuisce a mantenere in condizioni ottimali la produzione di energia mitocondriale (S. Melser, E.H. Chatelain et al. 2013)149. Una serie di modelli di topo ed evidenze cliniche supportano anche

l’idea che Rheb possa agire come un oncogene in vari tipi di cancro, potendo così essere considerato come un potenziale target terapeutico per alcuni tipi di tumore150,151,152.

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RAG

:

Simile al Rheb, la cui famiglia è un sottogruppo di Ras-GTPasi, di cui i mammiferi presentano quattro isoforme RagA, RagB, RagC e RagD. A differenza di altri membri della famiglia Ras, le GTPasi Rag formano degli eterodimeri, costituiti da RagA o RagB con RagC o RagD (T. Sekiguchi, E. Hirose et al. 2011)153. Il complesso Rag-Ragulator è essenziale nel rilevare i livelli intracellulari di amminoacidi per facilitare la successiva attivazione di mTORC1 (E. Kim, P. Goraksha-Hicks et al. 2008)154, (Y. Sancak, T.R. Peterson et al. 2008)155. Considerando solo RagA/B, questo può attivare la chinasi mTORC1 anche in assenza di amminoacidi; in particolare l’azione di RagA/B sembra essere predominante rispetto a quella di RagC/D, per cui la maggior parte degli studi genetici condotti sui modelli murini sono più concentrati sulla manipolazione di RagA e RagB. Al fine di illustrare il ruolo fisiologico di RagA, è stato generato un modello murino che esprime la forma attiva costitutiva di RagA(Q66L), nel quale si osservano dei difetti di omeostasi del glucosio ed autofagia; questi muoiono dopo la nascita (A. Efeyan, R. Zoncu et al. 2013)156. Inoltre, i topi 𝑅𝑎𝑔𝐴−/− mostrano la perdita dell’attività di mTORC1, profondi difetti nello sviluppo e muoiono intorno ad E10.5, mentre i topi 𝑅𝑎𝑔𝐵−/− non mostrano lo sviluppo di palesi anomalie e non dimostrano una riduzione dell’attività di mTORC1, indicando così che RagA è più importante per l’attività dell’mTORC1(Efeyan, L.D. Schweitzer et al. 2014)157. Dato che i topi 𝑅𝑎𝑔𝐴−/−/𝑅𝑎𝑔𝐵−/−corpo e fegato specifici mostrano

una notevole diminuzione dell’attività di mTORC1, le differenze fenotipiche tra i topi 𝑅𝑎𝑔𝐴−/− e 𝑚𝑇𝑂𝑅−/− (o 𝑅𝑎𝑝𝑡𝑜𝑟−/−) potrebbero essere dovute agli effetti di compensazione di RagB. È interessante notare che i topi 𝑅𝑎𝑔𝐴−/−/𝑅𝑎𝑔𝐵−/− cuore specifici non mostrano una perdita nell’attività dell’mTORC1, ma manifestano ipertrofia cardiaca, difetti di autofagia ed alterazioni della funzione dei lisosomi, ma nessun topo mostra ipertrofia prostatica (Y.C. Kim, H.W. Park et al. 2014)158. Fino ad ora nessun modello genetico Rag è stato associato allo sviluppo di forme tumorali.

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AMPK

:

La AMPK appartenente alla famiglia delle serina-treonina chinasi; sensore che consente di mantenere l’omeostasi energetica a livello cellulare (D.G. Hardie, D.R. Alessie tal. 2013)159, (M.M. Mihaylova, R.J. Shaw et al. 2011)160. Una volta attivato, in condizioni di basso consumo energico, AMPK inibisce alcuni processi anabolici, quali la biosintesi di proteine e lipidi, promuove alcuni percorsi catabolici, compresa l’ossidazione di acidi grassi ed il processi di glicolisi, con conseguente generazione di ATP. L’AMPK è un complesso costituito da tre tipi di subunità α, β e γ; la prima è una subunità catalitica, mentre le altre due sono di tipo normativo. Nei mammiferi sono state identificate diverse isoforme per ogni subunità (α1, α2, β1, β2, γ1, γ2 e γ3) (D.G. Hardie 2007)161. È stato stabilito che AMPK potrebbe regolare negativamente l’attivazione del complesso mTORC1, indirettamente, in parte attraverso la fosforilazione del regolatore a monte mTORC1 oppure direttamente tramite fosforilazione della componente normativa ed essenziale, Raptor, per innescare la sua interazione con i fattori di dissociazione di mTOR (D.M. Gwinn, D.B. Shackelford et al. 2008)162. Dato che AMPK agisce come un regolatore chiave del metabolismo cellulare, sono stati generati dei modelli di topi AMPK KO per esaminare da vicino il ruolo fisiologico delle subunità AMPK sul metabolismo. La perdita completa dell’attività della chinasi AMPK non è tollerata a livello dell’intero organismo in vivo, che è ben supportata dall’osservazione che i topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼1−/−/𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼2−/−

presentano mortalità embrionale durante la E.10.5. (B. Viollet, Y. Athea 2009)163. Tuttavia, il muscolo scheletrico dei topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼1−/−/𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼2−/− subisce un aumento della massa con miofibre grandi rispetto agli altri topi selvatici ( L. Lantier, R. Mounier et al. 2010)164, che indica appunto un ruolo fisiologico dell’AMPK nel governo dell’attività muscolare. D’altra parte, è ammissibile la perdita di un’isoforma delle subunità catalitiche α1 o α2, nei topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼2−/− sono presenti alti livelli di

glucosio e quindi hanno elevate probabilità di sviluppare l’obesità con una dieta ricca di grassi (B. Viollet, F. Andreelli et al. 2003)165. In questo modo AMPKα1 e AMPKα2 possono non svolgere ruoli eccessivi in vivo. Questa nozione è ulteriormente sostenuta dall’osservazione a livello osseo, laddove i topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛼1−/−

mostravano un tasso di rimodellamento osseo elevato, mentre i topi Ampkα2−/− sono

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l’eliminazione di varie subunità regolatorie dell’AMPK sembra non avere effetti significativi sulla sopravvivenza del topo. I topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛾3−/− un’alterazione nella ri-sintesi del glicogeno dopo l’esercizio (B.R. Barnes, S. Marklund et al. 2004)167.

Inoltre i topi 𝐴𝑚𝑝𝑘𝛽1−/−/𝐴𝑚𝑝𝑘𝛽2−/− muscolo specifici sono fisicamente inattivi e la visualizzazione dei contenuti mitocondriali è ridotta a livello delle cellule muscolari (H.M. O'Neill, S.J. Maarbjerg et al. 2011)168, che sottolinea un possibile ruolo dell’AMPKβ nella regolazione dell’energia a livello muscolare. Queste considerazioni hanno aperto la strada per l’applicazione clinica della Metformina, un farmaco che consente l’attivazione dell’AMPK, nel trattamento del diabete di tipo II, poiché determina un aumento dell’assorbimento del glucosio e l’ossidazione degli acidi grassi nei muscoli scheletrici (G. Zhou, R. Myers et al. 2001)169. È interessante notare che, studi di follow-up indicano che la Metformina può anche ridurre l’incidenza del cancro, in particolare a livello del colon e del fegato nei pazienti diabetici; da questo si ricava un possibile ruolo oncosoppressore dell’AMPK (J.M. Evans, L.A. Donnelly 2005)170.

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