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A proposito della tradizione della Lettera di Aristea

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(1)

il t e st o n e l te m p o

La Tradizione dei Testi

Atti del Convegno

Cortona, 21-23 settembre 2017

a cura di

Claudio Ciociola e Claudio Vela

(2)

il testo nel tempo 1

(3)

- Società dei Filologi della Letteratura Italiana

La Tradizione dei Testi

Atti del Convegno

Cortona, 21-23 settembre 2017

a cura di

Claudio Ciociola e Claudio Vela

(4)

Tutti i diritti riservati

© 2018. Società dei Filologi della Letteratura Italiana (Presidente Prof. Daniela Gionta)

presso l’Accademia della Crusca Via di Castello, 46 - 50141 Firenze (Italia) societadeifilologi@gmail.com - www.sfli.it Progetto grafico e impaginazione: GADesign - Messina

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Comitato scientifico:

Claudio Ciociola, Claudio Vela (curatori del presente volume) Marco Berisso, Monica Berté, Simona Brambilla, Corrado Calenda,

Claudia Corfiati, Daniela Gionta, Claudio Vela (Consiglio direttivo della SFLI)

La collana «il testo nel tempo» è sottoposta a peer review. «il testo nel tempo» is a peer-reviewed series.

(5)

InDICE GEnERALE

DAnIELAGIonTA, Premessa

CLAUDIoCIoCIoLA, «Storia della tradizione» e varianti

d’au-tore (Barbi, Pasquali, Contini)

ALESSIoDECARIA, Il grano e la zizzania. L’autore, il copista,

l’editore

SIMonEALBonICo, Autografi, documenti, archivi. Solitudine

degli originali e configurazioni storiche dei manoscritti letterari

SIMonABRAMBILLA, Spigolature nella tradizione manoscritta

delle “Chiose Selmi”

MARCoBERISSo, Sillogi e serie: leggere la tradizione della poesia

lirica tra Due e Trecento

GIULIoVACCARo, Copisti e filologi. Per la tradizione dei

vol-garizzamenti a Firenze nel primo Trecento

nICoLETTAMARCELLI, Tradizione connotativa e tradizione

de-formante: il caso del “Tancredi” e della “Novella di Seleuco” di Leonardo Bruni

TIzIAnozAnATo- AnDREACoMBonI, Indagini sulla tradizione

dei canzonieri in volgare del Quattrocento

ConCETTABIAnCA, A proposito della tradizione della ‘Lettera

di Aristea’

SEBASTIAnoGEnTILE, Tradizioni in presenza dell’autore: Ficino

e dintorni VII 3 23 51 75 93 117 139 173 191 211

(6)

GIULIARABonI, Storia della tradizione in presenza di

auto-grafo. Applicazioni manzoniane

PAoLAITALIA, Il testimone anfibio. Il dattiloscritto fra

tradi-zione manoscritta e traditradi-zione a stampa

InDICI

Indice dei manoscritti Indice dei nomi

237

253

277 283

(7)
(8)
(9)

ConCETTABIAnCA

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’

«Cum Septuaginta Interpretum continuo ad aures tuas nomen occurrat...»:1così si legge nelle prime righe della dedica a Tedaldo

Della Casa2che precede la traduzione in latino della Lettera di

Ari-stea.3Questa traduzione è conservata nel ms. 25 sin. 9 della

Biblio-teca Medicea Laurenziana di Firenze (Laur.), un codice apparte-nuto al francescano Tedaldo Della Casa ed in parte da lui trascritto.4Ma i fogli contenenti la traduzione della Lettera di

Ari-stea non sono autografi di Tedaldo, ma di una mano fino a pochi

anni orsono rimasta ignota. Ignoto era anche l’autore di questa tra-duzione, in quanto nessuna intitulatio è presente all’inizio del testo:

1Si veda il testo della dedica in Appendice I.

2G. CASnATI, Della Casa, Tedaldo, in Dizion. biogr. degli Italiani, XXXVI, Roma,

Istituto della Enciclopedia Italiana, 1986, 723-25; F. MATTESInI, La biblioteca

fran-cescana di S. Croce e fra Tedaldo Della Casa, «Studi francescani», 57 (1960), 254-316. Un accenno a Tedaldo anche in C. LoREnzIBIonDI, Per una ricostruzione

della biblioteca quattrocentesca di Santa Croce (con una nota sui codici del Plutarco volgare), «La Bibliofilia», 119 (2017), 219-22.

3Vd. C. BIAnCA, Il soggiorno romano di Aristea, «RR Roma nel Rinascimento», 1996, 36-41; EAD., Una postilla ad Aristea, ibid., 1998, 105-9; entrambi gli articoli

sono nati a margine del suggestivo volume di L. CAnFoRA, Il viaggio di Aristea,

Roma - Bari, Laterza, 1996.

4Vd. la scheda di M. C. VICARIo, in Umanesimo e Padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli di testi patristici da Francesco Petrarca al primo Cinquecento, a cura di S. GEnTILE, Roma, Rose, 1997, 153-56; L. AMATo, Sillogi di precoci traduzioni

dal greco raccolte dall’anziano Tedaldo della Casa, in Coluccio Salutati e l’invenzione dell’Umanesimo. Catalogo della Mostra (Firenze, 2 novembre 2008 - 30 gennaio 2009), Firenze, Mandragora, 2008 (= Catalogo), 73-75 (scheda n. 10); C. BIAnCA,

“Maxima copia librorum”. Coluccio Salutati e la biblioteca di Alessandria, in “Me-minisse iuvat”. Studi in memoria di Violetta de Angelis, a cura di F. BoGnInI, Pisa,

ETS, 2012, 127-28. Il codice contiene anche l’anonima traduzione del Caronte di Luciano: LUCIAno DISAMoSATA, Caronte, Timone. Le prime traduzioni, a cura di

(10)

nel 1930 Alberto Vaccari1e nel 1960 Francesco Mattesini2

propo-nevano come autore della traduzione Iacopo Angeli da Scarperia,3

mentre Paul Wendland, editore nel 1900 nella serie teubneriana della Aristeae Ad Philocratem epistula,4ed anche Roberto Weiss

nel saggio Gli inizi dello studio del greco a Firenze proponevano il nome di Leonardo Bruni.5

L’ambiente era sicuramente quello di Coluccio Salutati, il quale con l’arrivo a Firenze di Manuele Crisolora6aveva iniziato a

sot-toporre al dotto bizantino quei codici che tramandassero testi la-tini con citazioni in greco affinché queste citazioni, come molti anni fa osservava Vincenzo Fera,7fossero risistemate con spiriti e

192 ConCETTA BIAnCA

1A. VACCARI, La fortuna della Lettera di Aristea in Italia, «La Civiltà Cattolica», 3 (1930), 308-26, rist. in ID., Scritti di erudizione e di filologia, I, Roma, Edizioni

di Storia e Letteratura, 1952, 3-5.

2MATTESInI, La biblioteca francescana, 307.

3Vd. P. FALzonE, Iacopo Angeli da Scarperia, in Dizion. biogr. degli Italiani, LXII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2004, 28-35; vd. anche R. WEISS,

Iacopo Angeli da Scarperia (c. 1360-1411), in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di Bruno Nardi, II, Firenze, G. C. Sansoni, 1955, 803-17, rist. in ID., Medi

-eval and Humanist Greek. Collected Essays, Padova, Antenore, 1977, 266-77; F. SToCK, Le traduzioni di Jacopo Angeli da Scarperia, in Plutarco nelle traduzioni

la-tine di età umanistica. Seminario di studi (Fisciano, 12-13 luglio 2007), napoli, D’Auria, 2009, 147-87; G. ABBAMonTE, Iacopo Angeli traduttore di alcuni esametri

omerici, in “Apis matina”. Studi in onore di Carlo Santini, Trieste, EUT, 2016, 1-13; G. ABBAMonTE- F. SToK, Iacopo d’Angelo traduttore di Plutarco: “De Alexandri

fortuna aut virtute” e “De fortuna Romanorum”, Pisa, ETS, 2017.

4P. WEnDLAnD, Praefatio ad Aristeae ad Philocratem epistula, Leipzig, Teubner,

1900, 23.

5R. WEISS, Gli inizi dello studio del greco a Firenze, in ID., Medieval and Hu -manist Greek, 244-45 e 254; vd. anche E. BERTI, A proposito di alcuni codici greci

in relazione con Manuele Crisolora e con Leonardo Bruni, «Studi classici e orien-tali», 45 (1997), 281-96.

6S. GEnTILE- D. SPERAnzI, Coluccio Salutati e Manuele Crisolora, in Coluccio

Salutati e l’invenzione dell’Umanesimo. Atti del convegno internazionale di studi (Firenze, 29-31 ottobre 2008), a cura di C. BIAnCA, Roma, Edizioni di Storia e

Letteratura, 2010, 3-48. Vd. anche A. RoLLo, Tra Salutati e Crisolora: il trattato

sugli spiriti, «Studi medievali e umanistici», 1 (2003), 137-52.

7Si tratta del ms. B 26 della Biblioteca Vallicelliana di Roma: V. FERA, Un nuovo libro della biblioteca del Salutati, in “Munusculum”. Studi in onore di Fabio Cupa-iuolo, a cura di G. PoLARA, napoli, D’Auria, 1993, 25-36; vd. anche A. RoLLo,

(11)

accenti.1 Molto spesso, accanto alla mano del Crisolora,2 non

mancava quella di niccolò niccoli,3come accade anche sui

mar-gini del Laur. 25 sin. 9.4Solo di recente la mano che trascrive sia

la tra duzione della Lettera di Aristea sia la dedica è stata identifi-cata con quella di Iacopo Angeli da Scarperia:5infatti la mano del

cosiddetto ‘terzo copista’, così come indicato da Berthold Louis A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 193

nuovo manoscritto, in Talking to the Text: Marginalia from Papyri to Print. Pro-ceedings of a Conference held at Erice (26 september - 3 october 1998), ed. by V. FERA, G. FERRAù, S. RIzzo, I, Messina, Centro interdipartimentale di studi

uma-nistici, 2002, 401-5. Sui due famosi manoscritti ciceroniani appartenuti al Salutati, i Laur. 49, 7 e 49, 18, che recano gli interventi del Crisolora: C. BIAnCA, Traduzioni

interlineari dal greco nel circolo del Salutati: Jacopo Angeli, Niccolò Niccoli, Leo-nardo Bruni?, in Manuele Crisolora e il ritorno del greco in Occidente. Atti del con-vegno internazionale (napoli, 26-29 giugno 1997), a cura di R. MAISAnoe A.

RoLLo, napoli, Istituto Universitario orientale di napoli, 2002, 142-43; ed anche

le schede 68 e 69 di S. zAMPonI- A. DAnELonIin Coluccio Salutati e l’invenzione

dell’Umanesimo. Catalogo a cura di T. DERoBERTIS, G. TAnTURLI, S. zAMPonI,

Fi-renze, Mandragora, 2008, 251-59.

1Vd. A. RoLLo, La trasmissione medievale dei ‘graeca’, in I ‘graeca’ nei libri latini tra medioevo e umanesimo. Atti della giornata di studi in ricordo di Alessandro Daneloni (Messina, 28 ottobre 2015) = «Studi medievali e umanistici», 14 (2016), 3-46; D. SPERAnzI, Mani individuali e tipi grafici dei ‘graeca’ nei codici latini

del-l’Umanesimo, ibid., 247-94; D. GIonTA, ‘Graeca’ umanistici in codici antichi di

Ci-cerone e Columella, ibid., 295-335.

2Vd. A. RoLLo, Problemi e prospettive della ricerca su Manuele Crisolora, in Ma-nuele Crisolora e il ritorno del greco in Occidente, 31-85. Sulla biblioteca del Cri-solora: A. PonTAnI, Manuele Crisolora: libri e scrittura (con un cenno su Giovanni

Crisolora), in Opora. Studi in onore di Paul Canart per il LXX compleanno, III, a cura di L. PERRIAe S. LUCà, Grottaferrata, s. n., 1999, 155-284; A. RoLLo, ‘Titoli

bilingui’ e la biblioteca di Manuele Crisolora, «Byzantinische zeitschrift», 95 (2002), 91-101; ID., Un nuovo titolo bilingue crisolorino, «Studi medievali e

uma-nistici», 2 (2004), 327-29.

3Su niccoli, con precedente bibliografia, C. BIAnCA, Niccoli, Niccolò, in Dizion. biogr. degli Italiani, 2013 (online); T. DERoBERTIS, I primi anni della scrittura

uma-nistica. Materiali per un aggiornamento, in Palaeography, Manuscript Illumination and Humanism in Renaissance Italy. Studies in Memory of A. C. de la Mare, ed. by R. BLACK, J. KRAYE, L. nUVoLonI, London, The Warburg Institute, 2016, 55-85.

4BIAnCA, Traduzioni interlineari dal greco nel circolo del Salutati, 141 e tav. 3, dove si può notare che la traduzione latina di mano del niccoli, relativa ai vv. 5, 127-8 dell’Iliade di omero, si affianca al testo greco di mano del Crisolora.

5S. zAMPonI, Iacopo Angeli copista per Salutati, in Coluccio Salutati e

(12)

Ullman,1è stata identificata con quella di Iacopo Angeli, che

pe-raltro fin dal 1391 collaborava con il Salutati presso la cancelleria fiorentina;2in contemporanea con le osservazioni paleografiche

relative all’identificazione della mano, si sono aggiunte conside-razioni di ordine filologico ed intepretativo che hanno anche ri-badito la paternità di Iacopo Angeli quale traduttore della Lettera

di Aristea.3

nella dedica a Tedaldo Della Casa emergono alcuni dati signifi-cativi: il traduttore si trovava agli inizi della sua conoscenza del greco («inter primos laboris mei fructus Deo primicias dedi») e so-prattutto era stato invitato a tradurre quel testo dallo stesso Te-daldo Della Casa («rem a me quesivisti, religiose vir, pater Tedalde, tua humanitate tuoque habitu dignam»).4L’interesse di Tedaldo

per le Sacre Scritture e per i relativi commenti, in linea con la sua formazione francescana, non sorprende: da giovane nel convento di Bosco di Mugello, «in paucis diebus», aveva trascritto nel 1357 la Postilla di Pier di Giovanni olivi, cioè l’attuale ms. Laur. 10 dex. 8;5nel 1365 aveva trascritto a Firenze la Postilla in Apocalipsim,

oggi Laur. 9 dex. 126e nel 1398 aveva acquistato da un monaco di

San Salvi il commento di Pietro di Tarantasia alle Epistolae di san 194 ConCETTA BIAnCA

1B. L. ULLMAn, The Humanism of Coluccio Salutati, Padova, Antenore, 1963, 268.

2 V. ARRIGHI, La cancelleria fiorentina al tempo di Coluccio Salutati, in Le radici umanistiche dell’Europa: Coluccio Salutati cancelliere e politico. Atti del convegno (Firenze - Prato, 9-12 dicembre 2008), Firenze, Polistampa, 2012, 245.

3F. SToK, La più antica traduzione latina della “Lettera di Aristea”, «Studi uma-nistici piceni», 30 (2010), 77-90; W. oLSzAnIEC, Iacopo Angeli da Scarperia

tradut-tore della “Lettera di Aristea”, «Humanistica», 6, 1 (2011), 25-31; G. ABBAMonTE,

Un altro capitolo del viaggio di Aristea nell’Umanesimo italiano, «RR Roma nel Rinascimento», 2014, 31-37; W. oLSzAnIEC, Errori d’autografo? Ancora sulla

“Let-tera di Aristea”, «Albertiana», 29/1 (2016), 141-46. 4Vd. Appendice I.

5MATTESInI, La biblioteca francescana, 276 e 303; A. M. BAnDInI, Catalogus codicum latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, IV, Florentiae, s. n., 1777, 411-12. 6MATTESInI, La biblioteca francescana, 277; BAnDInI, Catalogus, IV, 426; vd. P. VIAn, I codici fiorentini e romano della “Lectura super Apocalipsim” di Pietro di

Giovanni Olivi (con un codice di Tedaldo Della Casa ritrovato), «Archivum fran-ciscanum historicum», 83 (1990), 463-89.

(13)

Paolo, l’attuale Laur. 12 sin. 4.1Poco importa sapere se Tedaldo

avesse assistito a qualche lezione di lingua greca tenuta a Firenze da Leonzio Pilato;2in ogni caso tale presenza doveva aver

solleci-tato il frate francescano ad interessarsi, anche se indirettamente, dei testi greci, tanto da ricorrere all’aiuto di un giovane che invece doveva conoscere il greco: da questo punto di vista Iacopo Angeli era la persona più adatta, perché aveva viaggiato in Grecia e perché aveva accompagnato Manuele Crisolora da Venezia a Firenze per iniziare l’avventura dell’insegnamento del greco presso lo Studium fiorentino. E dunque, forse meglio di altri, Iacopo Angeli era in grado di accedere a quei libri che Crisolora aveva portato con sé.3

È probabile che tra questi libri ci fosse anche un codice greco delle Sacre Scritture: Iacopo Angeli nella dedica a Tedaldo scrive che la

Lettera di Aristea si trova «ante principium Genesis», cioè ne

co-stituisce una sorta di accessus, mentre nella tradizione latina due lettere di san Girolamo precedono il Vecchio Testamento. Iacopo Angeli, essendo stato vicino a Crisolora prima ancora che questi arrivasse a Firenze, aveva capito come il viaggio del dotto bizantino al seguito dell’imperatore fosse sostanzialmente rivolto a trovare presso i principi d’Europa un sostegno contro l’avanzata dei Turchi e come fossero in qualche modo diversi i fondamenti culturali e A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 195

1MATTESInI, La biblioteca francescana, 293; BAnDInI, Catalogus, IV, 424-25. 2Comunque lo esclude A. PERTUSI, Leonzio Pilato fra Petrarca e Boccaccio. Le sue versioni omeriche negli autografi di Venezia e la cultura greca del primo Uma-nesimo, Venezia - Roma, Istituto per la collaborazione culturale, 1964, 152-53. Su Leonzio vd. L. BERToLInI, L’Omero di Leonzio Pilato, in EAD., “Grecus sapor”.

Tra-miti di presenze greche in Leon Battista Alberti, Roma, Bulzoni, 1998, 1-76; P. FAL -zonE, Leonzio Pilato, in Dizion. biogr. degli Italiani, LXIV, Roma, Istituto della

Enciclopedia Italiana, 2005, 630-35; F. PonTAnI, L’Odissea di Petrarca e gli scolii

di Leonzio, in Petrarca e il mondo greco. Atti del convegno internazionale di studi (Reggio Calabria, 26-30 novembre 2000), a cura di M. FEo, V. FERA, P. MEGnA,

A. RoLLo, Firenze, Le Lettere, 2007 (= «Quaderni petrarcheschi», 12-13,

2002-2003), 295-338.

3Famosa è la lettera del Salutati a Iacopo Angeli: «nunc autem quid te deceat vide. Primum est ut Manuelem horteris; […] alterum, ut adventu quam celeri no-stram expectationem et famem, que quanta sit non facile dixerim, expleatis; tertium ut quam maiorem potes librorum copiam afferas» (Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. noVATI, III, Roma, Forzani e C. tipografi del Senato, 1896, 131).

(14)

ligiosi tra mondo bizantino e latino.1Aver sottolineato la differenza

tra la tradizione greca e la tradizione latina riguardo all’accessus al testo biblico (la Lettera di Aristea precedeva la Bibbia in greco e san Girolamo la Vulgata latina) significava essere in qualche modo pe-netrati all’interno delle dinamiche culturali e religiose che travaglia-vano quegli anni. Quando nella dedica Iacopo Angeli adopera l’espressione «iuxta illorum traditionem»,2cioè la tradizione dei 70

interpreti, viene ad utilizzare il termine traditio nel suo significato originario di passaggio da una mano all’altra, un passaggio nel quale però è importante mantenere la fedeltà al testo tradotto. Da questo punto di vista il passaggio, cioè la traditio, poteva anche essere il passaggio di conoscenza da una consuetudine bizantina al mondo latino, e ciò poteva avvenire solo con la traduzione, una traduzione che, avendo ormai identificato il suo autore e il suo scriba, deve es-sere fatta risalire ante l’arrivo dell’Angeli a Roma, cioè prima del 1402:3infatti il testo della traduzione si trova all’interno di un

ma-noscritto di Tedaldo Della Casa, il quale nel 1406 diede i suoi libri alla biblioteca del convento di Santa Croce, dove peraltro risiedeva.4

non si conoscono altri manoscritti di questa traduzione dell’Angeli, almeno sulla base dei cataloghi e degli inventari dei fondi librari: sembra dunque che, come altri codici appartenuti a Tedaldo Della Casa, anche il Laur. 25 sin. 9 seguì la sorte dei manoscritti di Te-daldo, rimase cioè all’interno del convento francescano di Santa Croce di Firenze. È anche vero che le ordinazioni del ministro pro-vinciale di Toscana emanate nel 1356 consentivano, esclusivamente per il convento di Santa Croce di Firenze, di prestare i libri della biblioteca, come ricorda Jullien de Pommerol.5Questa disposizione

196 ConCETTA BIAnCA

1Vd. J. MEYEnDoRFF, Lo scisma tra Roma e Costantinopoli, con introduzione di A. RIGo, Magnano, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, 2005.

2Vd. Appendice I.

3FALzonE, Iacopo Angeli, 31.

4 MATTESInI, La biblioteca francescana, 255 sgg.

5M.-H. JULLIEn DEPoMMERoL, Le prêt des livres à la fin du Moyen Âge, in Du copiste au collectionneur. Mélanges d’histoire des textes et des bibliothèques en l’hon neur d’André Vernet, par D. nEBBIAI- DALLAGUARDAet J.-F. GEnEST, Turn

(15)

potrebbe giustificare una circolazione più ampia della Lettera di

Ari-stea, forse tradotta nel 1397 e forse pervenuta nelle mani di Coluccio

Salutati che proprio in quel momento stava elaborando il De fato et

fortuna, dove nel capitolo VI del secondo libro inseriva l’invito ad

allestire bibliothecae publicae,1organizzate sul modello della

biblio-teca di Alessandria, con un bibliobiblio-tecario che fosse soprattutto filo-logo e che correggesse gli errori via via introdotti nella trasmissione dei testi.2Forse la traduzione di Iacopo Angeli era arrivata a Pietro

Filargis,3cardinale dei XII Apostoli (poi papa pisano col nome di

Alessandro V),4a cui Iacopo Angeli aveva dedicato la traduzione

del De fortuna Romanorum e del De Alexandri Magni fortuna aut

virtute di Plutarco;5lo stesso Manuele Crisolora ne doveva

cono-scere l’esistenza, se Iacopo Angeli nella lettera a lui indirizzata (pe-raltro contenuta nel Laur. 25 sin. 9) gli raccontava dell’elezione di Gregorio XII e citava un brano della sua traduzione della Lettera

di Aristea; ed anche niccolò niccoli poteva averla letta, dal

mo-mento che appone qualche glossa in alcuni fogli del Laur. 25 sin. 9.6Forse è anche possibile che quella prima traduzione della Lettera

di Aristea fosse giunta nelle mani dei canonici di San Lorenzo di

Fi-renze, sempre attenti alle più svariate suggestioni, con interessi astronomici e matematici.7Tra i canonici di San Lorenzo va

anno-verato Lorenzo Pisano,8autore di alcuni dialoghi come il De amore

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 197

1ora edito con traduzione italiana in M. BERTé- M. PEToLETTI, La filologia me-dievale e umanistica, Bologna, il Mulino, 2017, 214-19.

2BIAnCA, “Maxima copia librorum”, 131-33.

3SToK, La più antica traduzione latina, 81-82.

4A. PETRUCCI, Alessandro V, antipapa, in Enciclopedia dei papi, II, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2000, 610-13.

5M. PADE, The Reception of Plutarch’s Lives in Fifteenth Century Italy, Copen-hagen, Museum Tusculanum, 2007; ABBAMonTE- SToK, Iacopo d’Angelo traduttore

di Plutarco.

6BIAnCA, Traduzioni interlineari, 140-41.

7P. VITI, San Lorenzo e i Medici nel Quattrocento (linee per una ricerca), in Il Capitolo di San Lorenzo nel Quattrocento. Convegno di studi (Firenze, 28-29 marzo 2003), a cura di P. VITI, Firenze, olschki, 2006, 13-20; L. SEBREGonDI, Il

Capitolo laurenziano: volti e sembianze, ibid., 293-303.

8A. TERzI, Lorenzo da Pisa, in Dizion. biogr. degli Italiani, LXVI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2006, 94-96.

(16)

e il De misericordia: è interessante notare che proprio nel dialogo

De amore Lorenzo Pisano ha modo di esaltare le qualità di un suo

giovane nipote, figlio della sorella, Mattia Palmieri. In base a quanto afferma Lorenzo Pisano, il nipote Mattia Palmieri avrebbe tradotto dal greco le Historiae di Erodoto,1prima ancora di Lorenzo Valla,

come ricostruisce con finezza Stefano Pagliaroli.2

Mattia Palmieri3è il secondo traduttore della Lettera di Aristea;

egli si formò a Firenze e, anche attraverso l’aiuto dello zio, il cano-nico Lorenzo Pisano, poté entrare in contatto con diversi ambienti e diverse biblioteche. Da un confronto, sia pure veloce, tra la tra-duzione di Palmieri e quella di Iacopo Angeli non sembra che egli abbia utilizzato quella prima traduzione. Mattia Palmieri dedica la traduzione della Lettera di Aristea a Bartolomeo Malipiero, appas-sionato bibliofilo,4vescovo di Brescia dal 1457 al 1463 (anno della

198 ConCETTA BIAnCA

1Su questa traduzione, conservata nel ms. V G 7 della Biblioteca nazionale di napoli (vd. P. o. KRISTELLER, Iter italicum, II, London - Leiden, The Warburg

In-stitute - Brill, 1967, 547), si veda ora I. DELIGIAnnIS, Cic. Leg. 1.5-8 and Palmieri’s

Proemium to his Latin Translation of Herodotus: An Early Renaissance Approach to the Theory of Historiography, «Medioevo e Rinascimento», n. s., 27 (2016), 55-86; ID., “Witnessing” a Translator at Work: Observations on Mattia Palmieri’s Latin Trans

-lation of Herodotus’ “Histories”, «Mediterranean Chronicle», 7 (2017), 69-88. Un confronto tra la traduzione di Mattia Palmieri, di Lorenzo Valla e di un anonimo traduttore, tutte conservate nel Vat. lat. 1798, è analizzato in S. PAGLIARoLI, L’Erodoto

del Valla, Messina, Centro interdipartimentale di studi umanistici, 2006, 73-99. 2ID., Il proemio di Mattia Palmieri alla traduzione latina delle “Storie” di Erodoto, in Hérodote à la Renaissance, par S. GAMBInoLonGo, Turnhout, Brepols, 2012,

23-43.

3Vd. L. BERToLInI, Mattia Palmieri e la stampa, «La Bibliofilia», 111 (2009), 109-46, edito anche in Subiaco, la culla della stampa. Atti dei convegni (Abbazia di Santa Scolastica 2006-2007), Subiaco, Iter edizioni, 2010, 261-92; M. MIGLIo, Un

reper-torio di uomini illustri. Il “Liber de temporibus suis” di Mattia Palmieri, in Scritti per Isa. Raccolta di studi offerti a Isa Lori Sanfilippo, a cura di A. MAzzon, Roma, Istituto

Storico Italiano per il Medioevo, 2008, 641-68; C. BIAnCA, Mattia Palmieri e la

tra-duzione della lettera di Aristea, in Ritorno ad Alessandria. Storiografia antica e cultura bibliotecaria: tracce di una relazione perduta, a cura di V. CoSTA- M. BERTI, Tivoli,

Tored, 2013, 305-18; E. VALERI, Palmieri, Mattia, in Dizion. biogr. degli Italiani,

LXXX, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2014 (online).

4Malipiero Bartolomeo, in Enciclopedia bresciana, a cura di A. FAPPAno(online); C. VILLA, Brixiensia, «Italia medioevale e umanistica», 20 (1977), 251-52 e

(17)

morte). nella dedica Mattia Palmieri racconta le fasi che avevano portato alla sua traduzione:1Giovanni Tortelli,2qui definito

fami-liaris del vescovo Malipiero, aveva consegnato allo stesso Palmieri

un antico codice greco della Bibbia che iniziava proprio con il testo della Lettera di Aristea. Tortelli, dunque, dopo la morte di niccolò V continuava in qualche modo a svolgere quella funzione di

biblio-thecarius che aveva ricoperto durante gli anni del pontificato di

niccolò V, un bibliotecario che rivedeva i testi da conservare in bi-blioteca, come hanno illustrato Antonio Manfredi e Gemma Do-nati.3Erano anni in cui l’attenzione per il testo biblico era quanto

mai forte: il cardinale Bessarione scriveva il trattatello di esegesi bi-blica Si eum manere volo;4Giorgio Trapezunzio affrontava il

me-desimo passo di Giovanni 1, 22;5Lorenzo Valla scriveva la Collatio

Novi Testamenti.6

La traduzione della Lettera di Aristea allestita da Mattia Palmieri, oltre che nel manoscritto AD IX 21 della Biblioteca Braidense di Milano, segnalato da Remigio Sabbadini nel 1908,7è tradita anche

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 199

1Si veda Appendice II.

2Si veda ora Giovanni Tortelli primo bibliotecario della Vaticana. Miscellanea di studi, a cura di A. MAnFREDI, C. MARSICo, M. REGoLIoSI, Città del Vaticano,

Bi-blioteca Apostolica Vaticana, 2016.

3A. MAnFREDI, L’“Orthographia” di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana,

in Miscellanea Bibliothecae Vaticanae, VI, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1998, 165-298; G. DonATI, L’Orthographia di Giovanni Tortelli, Messina,

Centro interdipartimentale di studi umanistici, 2006; G. ABBAMonTE,

“Diligentis-simi vocabulorum perscrutatores”. Lessicografia ed esegesi dei testi classici nell’Uma-nesimo romano del XV secolo, Pisa, ETS, 2012, 63-72.

4Vd. C. BIAnCA, Da Bisanzio a Roma. Studi sul cardinale Bessarione, Roma, Roma nel Rinascimento, 1999, 62; G. FIESoLI, La “lectio divina” cisterciense e la

rilettura bessarionea, «Medioevo e Rinascimento», n. s., 23 (2012), 13-35. 5Vd. J. MonFASAnI, George of Trebizond. A Biography and a Study of his Rhetoric and Logic, Leiden, Brill, 1976; Collectanea Trapezuntiana. Texts, Documents and Bibliographies of George of Trebizond, ed. by J. MonFASAnI, Binghamton - new

York, Center for Medieval and Early Renaissance Studies, 1984.

6Vd. R. FUBInI, Una sconosciuta testimonianza manoscritta delle “Annotationes in Novum Testamentum” di Lorenzo Valla, in Lorenzo Valla e l’Umanesimo italiano. Atti del convegno internazionale di studi umanistici (Parma, 18-19 ottobre 1984), a cura di o. BESoMIe M. REGoLIoSI, Padova, Antenore, 1986, 179-96.

(18)

dal ms. ottob. lat. 1863 della Biblioteca Apostolica Vaticana.1In

questo codice, appartenuto al Tortelli e da questi annotato con qualche glossa, la Lettera di Aristea segue il De Constantini

dona-tione di Lorenzo Valla e precede il De medicina dello stesso Tortelli.

Il testo tradito nel codice appartenuto al Tortelli, cioè a colui che aveva commissionato la traduzione, risulta in tal modo più vicino all’originale e dunque maggiormente affidabile.

nel 1457 Mattia Palmieri entrava in curia come segretario apo-stolico, ed è probabile che quella sua traduzione fosse in qualche modo una ‘ricompensa’ connessa all’ottenimento della carica stessa. Ma la storia non finisce qui: Mattia Palmieri, probabilmente in-torno al 1467, riprende la sua traduzione della Lettera di Aristea, apporta qualche ritocco e scrive una nuova dedica,2questa volta a

Paolo II, come è attestato dal codice di dedica Vat. lat. 8913,3che

reca lo stemma del pontefice sormontato da tiara; nella miniatura della lettera iniziale ‘C’ è raffigurato il pontefice con mantello rosso su tunica bianca, assiso sul trono papale, con la tiara sul capo, in atto di ricevere il codice dall’autore, inginocchiato, a capo scoperto, e con una veste bleu. Tra i numerosi manoscritti contenenti la tra-duzione della Lettera di Aristea con dedica a Paolo II4va segnalato

il ms. Magl. VIII 3 della Biblioteca nazionale Centrale di Firenze, di mano di Agnolo Manetti,5il figlio di Giannozzo Manetti che si

200 ConCETTA BIAnCA

Soci dell’“Atene e Roma” riuniti a Milano per il III Convegno Nazionale, 21-23 aprile 1908, Milano, Rebeschini di Turati e C., 1908, VI-27, rist. in R. SABBADInI,

Opere minori, I, Classici e umanisti da codici latini inesplorati. Saggi riveduti e cor-retti dall’autore, editi a cura di T. FoFFAno, presentazione di G. BILLAnoVICH,

Pa-dova, Antenore, 1995, 252.

1KRISTELLER, Iter italicum, II, 434; BIAnCA, Il soggiorno romano, 39-40; F. DELLA

SCHIAVA, Giovanni Tortelli e l’Ott. Lat. 1863, in Giovanni Tortelli primo

bibliote-cario, 289-310.

2Si veda l’Appendice III.

3KRISTELLER, Iter italicum, II, 345; BIAnCA, Il soggiorno romano, 40.

4Si segnalano il Laur. S. Marco 512 (P. o. KRISTELLER, Iter italicum, I, London -Leiden, Brill, 1963, 76), il ms. Magl. XL 39 della Biblioteca nazionale di Firenze (ibid., 128), il ms. D 45 sup. della Biblioteca Ambrosiana di Milano (ibid., 297) e il ms. L 2 sup. della medesima biblioteca (ibid., 300); privo della dedica a Paolo II è invece il ms. 766 della Biblioteca Riccardiana di Firenze (ibid., 200).

(19)

prese cura della biblioteca paterna.1Il ms. Magliabechiano

con-tiene ai ff. 31r-67v la traduzione di Mattia Palmieri, in continua-zione ad un registro di conti degli anni 1466-68 e presenta nella dedica al pontefice una variante interessante che lascia presupporre un contatto diretto con il Palmeri: infatti nell’invocazione finale è registrato «sui Mathiae memor» al posto del più diffuso «sui servi memor» o addirittura «servi sui memor».2È probabile che Agnolo

Manetti, che tra il 1466 e 1468 svolse diversi viaggi a Roma e na-poli, possa aver incontrato in curia Mattia Palmieri che forse aveva conosciuto a Firenze negli anni giovanili.

La traduzione di Mattia Palmieri, con una prima dedica al ve-scovo Bartolomeo Malipiero e poi al pontefice Paolo II, si confi-gura dunque come un caso esemplare di archetipo in movimento, secondo quanto ha teorizzato nel 1939 Alessandro Perosa, uno dei fondatori della filologia umanistica.3

Il percorso della traduzione di Mattia Palmieri continua: la Lettera

di Aristea viene messa a stampa per ben due volte, nel giro di pochi

anni, a Roma.4Infatti nell’edizione di Sisto Riessinger del 1467 la

Lettera di Aristea precede il testo delle Epistolae di san Girolamo,5

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 201

Agnolo Manetti, con precedente bibliografia, vd. S. Foà, Manetti, Agnolo, in

Di-zion. biogr. degli Italiani, LXVIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2007, 604-5.

1Vd. C. BIAnCA, La biblioteca della famiglia Manetti, in “Dignitas et excellentia hominis”. Atti del convegno internazionale di Studi su Giannozzo Manetti, a cura di S. U. BALDASSARRI, Firenze, Le Lettere, 2008, 105-15; L. BoSCHETTo, Una nuova

lettera di Giannozzo Manetti a Vespasiano da Bisticci, «Medioevo e Rinascimento», n. s., 15 (2004), 175-206.

2Vd. Appendice II.

3A. PERoSA, Critica congetturale e testi umanistici, «Annali della R. normale

Scuola Superiore di Pisa», s. II, 9 (1940), 120-34, rist. in ID., Studi di filologia

uma-nistica, II, Quattrocento fiorentino, a cura di P. VITI, Roma, Edizioni di Storia e

Letteratura, 2000, 9-27.

4Vd. C. BIAnCA, Le strade della “sancta ars”: la stampa e la curia a Roma nel XV secolo, in La stampa romana nella città dei papi e in Europa, a cura di C. DonDI,

R. AnDREInA, A. RoTH, M. VEnIER, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica

Va-ticana, 2016, 1-8.

5HIERonYMUS, Epistolae, Roma, ISTC ih00160800. Su questa edizione vd. P.

(20)

mentre nel 1471 si trova in testa ai due volumi della Bibbia stampati da Sweynheym e Pannartz1con la cura editoriale di Giovanni

An-drea Bussi. Piccole varianti testuali segnano il testo dell’edizione del 1467 rispetto al codice di dedica al pontefice Vat. lat. 8913, come pure altre varianti segnano l’edizione del Bussi rispetto a quella del 1467. non sorprende che la Lettera di Aristea sia andata a stampa in anni in cui lo stesso Mattia Palmieri era vivo e presente in curia; del resto Mattia Palmieri aveva dimostrato interesse per l’arrivo della stampa in Italia, come ha suggerito Lucia Bertolini,2ma rimane

da chiedersi se gli interventi testuali siano da attribuirsi allo stesso Palmieri o all’editore che curava la messa a stampa del testo: la col-lazione effettuata (v. Appendice III) suggerisce un intervento del Bussi rispetto all’edizione del 1467, come indicano alcune varianti: le due edizioni a stampa sembrano indipendenti e dovrebbero pro-babilmente derivare da un codice forse perduto messo a disposi-zione dallo stesso traduttore Mattia Palmieri. Giovanni Andrea Bussi nella dedica al pontefice Paolo II, datata 15 marzo 1471, se-gnalava come la Lettera di Aristea, con il racconto della miracolosa traduzione dell’Antico Testamento da parte dei 70 interpreti, fosse il miglior modo per entrare nella comprensione della Bibbia,3ed

anzi si lamentava di non avere a disposizione caratteri a stampa ebraici che potessero riprodurre il testo originario.4Era operazione

202 ConCETTA BIAnCA

delle edizioni romane degli Han e di Riessinger negli anni tra il 1466 e il 1470, «RR Roma nel Rinascimento», 1997, 318-26.

1Biblia latina, edidit GIoVAnnIAnDREABUSSI, Roma, Sweynheym e Pannartz, 1471 (non prima del 15 marzo), ISTC ib00535000.

2BERToLInI, Mattia Palmieri.

3GIoVAnnIAnDREABUSSI, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz,

prototipografi romani, a cura di M. MIGLIo, Milano, Il Polifilo, 1978, 56:

«Edidi-mus nos quidem prius multi nominis ac studii auctores celeberrimos, nunc utrius que Testamenti libros, quam Bibliam nominant, cupientibus exhibemus. Et quoniam id quoque putavimus studiosis placiturum, in divini operis fronte Aristeae, magni illius viri, cuius divus etiam Hieronymus in sua praefatione me-minit, libellum apposuimus, ut qua hominum vigilantia, quo Dei munere, quibus praemiis de Hebraeorum veris fontibus ad Graecos in Aegyptum prius, postmo-dum ad nos Vetus Instrumentum derivarit, et qui scierant recolerant, et qui ne-scierant instruantur».

(21)

habe-filologica, quella del Bussi, che riportava la Lettera di Aristea alla sua sede naturale, cioè di accessus al testo biblico.

La traditio della Lettera di Aristea continua il suo cammino apren-dosi a un pubblico più vasto attraverso un’operazione di volgariz-zamento. Artefice di questa istanza fu proprio Bartolomeo Fonzio, a cui Alessandro Daneloni aveva dedicato attenzione e cure filolo-giche e storiche.1Infatti nel 1469 Bartolomeo Fonzio traduceva in

volgare la Lettera di Aristea dedicandola a Borso d’Este ed allestiva di sua mano l’attuale ms. Ross. 407 della Biblioteca Apostolica Va-ticana.2Fonzio si era trasferito a Ferrara fuggendo dal pesante clima

politico fiorentino e confidando nell’aiuto di Borso d’Este;3

proba-bilmente, come suggeriva Giulano Tanturli, aveva avuto la possibi-lità di accedere alla traduzione latina di Iacopo Angeli.4Per uno

strano incastro della sorte, allorquando il volgarizzamento di Bar-tolomeo Fonzio ebbe una qualche circolazione, fu preceduto da una nuova dedica, quella a Ferrante d’Aragona, re di napoli,5come

te-stimoniato dal ms. ottob. lat. 1558 che appartenne alla biblioteca dello stesso Ferrante e fu miniato probabilmente da Francesco Ros-selli:6si tratta di uno dei postillati di Bartolomeo Fonzio segnalati

da Alessandro Daneloni.7

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 203

mus varios illos characteres quos Hebraei in iisdem litteris nonnullis effingunt vel punctis et notis peculiaribus signant».

1Si veda, con precedente bibliografia, A. DAnELonI, Bartolomeo Fonzio (Bar-tolomeo della Fonte), in Autografi dei letterati italiani, Il Quattrocento, I, a cura di F. BAUSIet alii, Roma, Salerno Editrice, 2013, 169-96.

2Ibid., 171.

3R. zACCARIA, Della Fonte, Bartolomeo, in Dizion. biogr. degli Italiani, XXXVI,

Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1988, 808-14.

4G. TAnTURLI, La cultura fiorentina volgare del Quattrocento davanti ai nuovi

testi greci, «Medioevo e Rinascimento», 2 (1988), 218-19, rist. anast. in ID., La

cul-tura letteraria a Firenze tra Medioevo e Umanesimo. Scritti 1976-2016, II, Scritti sul Quattrocento, a cura di F. BAUSIet alii, Firenze, Polistampa, 2017, 490-91.

5Si tratta dell’ottob. lat. 1558 (KRISTELLER, Iter italicum, II, 431).

6KRISTELLER, Iter italicum, II, 431; G. ToSCAno, La biblioteca di Ferrante, in La Biblioteca Reale di Napoli al tempo della dinastia aragonese (napoli, Castelnuovo, 30 settembre - 15 dicembre 1998), a cura di G. ToSCAno, Valencia, éditions de la

Generalitat Valenciana, 1998; D. GALIzzI, Rosselli Francesco, in Dizion. biogr. dei

miniatori italiani, a cura di M. BoLLATI, Milano, Sylvester Bonnard, 2004, 916.

(22)

Il testo della Lettera di Aristea, secondo la versione latina diffusa dal Bussi, rimaneva comunque saldamente attaccato alla tradizione e all’esegesi biblica, come testimoniamo le numerose e successive edizioni della Bibbia.

(23)

APPEnDICE I

Dedica di Iacopo Angeli da Scarperia a Tedaldo Della Casa della tradu-zione latina della Lettera di Aristea1

Laur. 25 sin. 9, 1r

Rem a me quesivisti, religiose vir, pater Tedalde, tua humanitate tuoque habitu dignam: etenim, quum Septuaginta Interpretum continuo ad aures tuas nomen occurrat queve a clarissimis nonnullis viris iuxta illorum tra-ditionem in Scripturarum campo declarata sint, hominis diligentissimi ar-bitror ad id provocari desiderium quod ad complendum tua mihi man-davit caritas. Historiarum namque lumina propemodum cum sint preter rerum gestarum autores, loca, tempora, cause modique, si interpretibus nostris illa que tractavit Aristeus adiciantur, quidam fere oculi historie translationis Pentateuchi subiuncti videbuntur. Quamobrem non invitus iussiones tuas accepi, animadvertens etiam maxime quod hoc Aristei munus, quod ex Greco vertimus in Latinum, soliti sunt Greci ante prin-cipium Genesis ponere, quo loco nos binas illas Hieronymi luculentissi-mas epistolas adiungimus. In qua re non mediocris letitiae expers sum, quod inter primos laboris mei fructus Deo primicias dedi. Ad Deum enim hoc refertur opusculum, cum legis sue santissime rem teneat. Ad virum preterea Deo dicatum, Deo devotum destinatum est, ut, si mea parvitas vix ausa fuerit id subire, propter sudores eos quos transferendi difficultas intulit, his etiam qui doctrina et eloquentia clarissimi per multa secula vi-vunt, non obtusum calcar mihi iniecerit ea quam ex supplicationibus tuis divinis fiduciam sumpserim. Sed, ne suis a desideriis tuam humanitatem morer, silentium agam, ut ipsum Aristeum iam latine loquentem ad fra-trem intelligas.

1Edita in MATTESInI, La biblioteca francescana, 282-83; SToK, La più antica tra-dizione, 82-83; qui si riproduce il testo edito in BIAnCA, “Maxima copia librorum”,

(24)

APPEnDICE II

Dedica di Mattia Palmieri al vescovo Bartolomeo Malipiero ottob. lat. 1863, 106v-7r

Mathie Palmieri pisani proemium in Aristeam de interpretacione LXX interpretum ad reverendum patrem Bartolomeum Maripetrum episco-pum Brixiensem.

Hieronimus, cuius ingenium semper admiror, quom multa in ecclesia preclara egisse sanctitate et sapientia, tum maxime in his operibus excel-lere videtur in quibus aut pro fide contenderit aut obscuratas temporum ignavia sacras litteras illustraverit. Que quidem, etsi merito mirabilium rerum excellentia mentes in se convertant, tamen ego in primis tanti viri admiratione ita interdum afficior, ut ab eius lectione nusquam divelli queam. Tanta est enim illic sapientie magnitudo, tanta humanarum rerum cognitio, que animum oblectent meum, ut legens nonnunquam mente di-strahar, sed inter cetera que in eo egregia duxi, illud semper clarissimum ratus sum quod eius libri miro quodam dicendi genere, sic omni splen-doris varietate ubique fulgeant, ut nihil in illis desiderare possis quod ad summum oratorem spectare videatur.

nam, ut taceam cetera, apud te presertim, qui huius viri non modo cul-tor existis, sed eius gesta dictaque memoriter teneas, quemadmodum ipse clarus excellensque est, ita semper in suis voluminibus prestancium viro-rum commemoratione oblectatur, ut ab illoviro-rum auctoritate quam minime discedat, inter quos cum Aristeam, Ptolomei regis prepositum, magnifa-cere atque eius auctoritatem vel maximam dumagnifa-cere visus sit, non ab re me facturum duxi, si quem summus vir tantopere laudaret, hunc ipse dili-genter perquirerem. Volventi igitur mihi plura et singula avidius perscru-tanti, familiaris tuus Iohannes Arretinus1, vir quidem virtute et doctrina

insignis, pergrandem codicem obtulit, in quo Aristeas ipse inscribebatur; accipio, legendi cu//pidus moraeque impatiens, dum opus, quocumque

1Il copista aveva scritto in fine rigo «Io-», proseguendo al rigo successivo con «-hannes»; Tortelli interviene cancellando «-hannes» e nel margine destro conti-nua sul rigo di «Io-» con «hannes Tortellius». In tal modo il Tortelli intendeva aggiungere il suo cognome, probabilmente anche per distinguersi dai diversi e contemporanei «Iohannes Arretinus».

(25)

ut forte in manus incidit, percurro, dum singula perlustro, statim adepti codicis voluptatem ingens meror interrupit, quoniam corruptus esset liber, adeo ut magnam legendi difficultatem afferret. Insto tamen et per-lego, rerum splendore ductus. Scribuntur enim preclarissimi regis mores, demonstrantur septuaginta interpretes, quo studio, quo ordine sacras lit-teras in grecum sermonem traduxerint, quaque veneratione et magnifi-centia habiti sint. Mira preterea hominum dicta responsaque adduntur, que in sui considerationem legentium mentes suspendant. Tanta enim brevi opuscolo LXX interpretum sapientia relucet, ut nihil usquam sit quod eorum dictis comprehensum non putes. Additur et Eleazari summi pontificis figuratio insignis et pietas, que, dum lego, sic moveor ut absen-tem pontificem quasi coram adorem. Quid sacrorum vasorum, quid au-reae mensae descriptiones referam? Que omnia tanto ornatu fulgent, ut ab eorum conspectu, ceu si presentia intuear, lumine deflectere nequeam. Igitur magna et digna visa sunt que tuo nomini latina facerem, cum ter interpretum sapientiam et singularem pontificis dignitatem, tum prop-ter rerum ipsarum elegantiam. nam cui magis veprop-terum pontificum adta-men ac sapientium dicta communicem quam tibi, qui et presul magnus es et incredibili sapiencie ardore flagrans omne studium omnemque ope-ram in his perquirendis assumas quibus ecclesia illustratur? Tanto enim prestantium virorum desiderio teneris, ut iam inveniatur nemo qui non benignitati tue omnia se debere putet. Ego vero, qui ob summum tuum erga me amorem vel quem non possum tibi debeo, tantum opus tuo no-mini aggressus, si pro Aristeae ipsius prestantia tuaque dignitate, ut volui, nimis perfecero, non inertiae meae magis quam operis difficultati attri-bues. Malui enim in me potius peritiam requirant quam tu amorem aut voluntantem desideres. Sed iam Aristeam ipsum videamus.

Finis proemii Mathie Palmieri pisani in Aristeam.

(26)

APPEnDICE III

Dedica di Mattia Palmieri al pontefice Paolo II

A = Magl. VIII 53, 31rv V = Vat. lat. 8913, 1r-2v

L = HIERonYMUS, Epistolae, Roma , ISTC ih00160800, 1r

B = Biblia latina, edidit GIoVAnnIAnDREABUSSI, Roma, Sweynheym e Pannartz

(non prima del 15 marzo) 1471, ISTC ib00535000, a3r

Paulo II summo pontificia

Cum et antea semper, beatissime Pontifex, intellexerim Sanctitatem tuam in perquirendis maiorum nostrorum splendidis gestis mirifice oblec-tatam et nunc quo amplior sis eo maiori quoque − ut par est − studio ex-cellentium virorum magnifica quaeque perquirere, quom alia quidem omnia, tum ea maxime quae vel ad divini cultus ornatum excolendum pertinent vel ad sacras Patrum nostrorum institutiones firmandas illu-strandasque ducibvideantur (quod profecto studium non ab re sacrato

pectori ab inenunte etate tamcfirmissimo animi instituto divinitus

inhe-sisse omnes faciledpersensimus), sed, veluti in reddendis populo iuribus

iustitiaque servanda magnos excellit Patres, sic etiam in emendandis ho-minum moribus ac sacris omnibusead veram pietatem instituendis

perfi-ciendisque summorum virorum gesta ceufexemplar sibi animo proponat,

quod aut imitetur egregie aut longe exuperet (rem plane summo pontifice dignam, et que hactenus vix paucis divino nempe munere contigisseg

fer-tur, viris quidem quom omni virtute summis, tum amplissimis opibus ac-cumulatis, ex quorum numero, si unum aut alterum coram visendum San-ctitati tue adduxero, neminem factum meumhreprehensurum arbitror),

leget, igitur, Sanctitas tua, si quando ab ingentium negociorum, quibus assidue obruitur cumulis, parum ocii subripere valet, brevem Aristee, viri quidem gravissimi, de septuaginta interpretibus libellum pridem latinum a meifactum; in cuius profecto lectione, beatissime Pater, sacras

summo-a Paulo secundo summo pontifici A Paulo secundo summo pontifici Matthias Palmerius

felicitatem V bduci AB deduci LV ctam om. B dfacile om. B eomnibus om.

BLV fceu ABL seu V gcontigisse ABL accidisse V hmeum ALV nostrum B i

(27)

rum pontificum vestes, vasa, phialas, crateres mensamque auream, tuml

ipsius sacerdotis ac templi ornatum omnem, sic cernere putabitm, ac si ea

omnia coram ante oculos lustranda exponerentur. Additur in hisnquod

iocundissimum est legentio, quom sapientissimorum virorum dicta

re-sponsaque gravissima, tum mira quaedam acpprorsus divina Sacrorum

observatio. Accedunt ad hec quales quantique maximi etqpotentissimir

regis erga sacerdotem ipsum cultus honoresque serventur. Ex quibus rebus facile colligi poterit quanta maxima laude extollenda sit Sanctitas tua, cum neglectus diu Dei cultus ac clerus ipse, improborum insolentia pene conculcatus, tua incredibili industria, tuo labore et diligentia suble-vetur exorneturque ac in veterem ritum veluti ab exilio revocatus summa omnium gratulatione reducatur. Valeat Sanctitas tua, sui Mathiaesmemor.

A PRoPoSITo DELLA TRADIzIonE DELLA ‘LETTERA DI ARISTEA’ 209

ltum ABV cum B mputabit ABL putabis V nAdditur in his A Adduntur praeterea

BLV olegenti ALV legere B pac ALV et B qet AB ac LV rpotentissimi ABV

(28)

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