• Non ci sono risultati.

Pratiche di scrittura nella Pisa del primo Quattrocento: le portate al catasto del 1427 come fonti per la storia dell’alfabetismo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Pratiche di scrittura nella Pisa del primo Quattrocento: le portate al catasto del 1427 come fonti per la storia dell’alfabetismo"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

I

NTRODUZIONE

Le portate al catasto come fonte per la

storia della scrittura

Le fonti di tipo fiscale costituiscono un preziosissimo bacino di dati e di informazioni di varia natura in grado di fare luce sui diversi aspetti della vita di una comunità e sull’evolversi di un’epoca. L’attuazione di mi-sure finanziarie, volte alla stima delle ricchezze, ebbe conseguenze molto importanti sul piano documentario, dal momento che le carte prodotte in quelle occasioni – conservandosi attraverso i secoli – forniscono dati di primaria importanza sul piano economico, demografico e sociale. Le città dell’attuale Toscana – così come avvenne in diversi luoghi della penisola italiana – nel corso del Medioevo elaborarono differenti strategie per la gestione del loro sistema di imposte. Uno dei prodotti creati in quel con-testo ebbe particolare risonanza, ovvero il catasto che Firenze decise di adottare a partire dal 1427, al fine di censire oltre alle sue ricchezze e al-la sua popoal-lazione, anche quelle del suo contado e dei territori sottoposti al suo controllo: fra di essi anche la città e il contado di Pisa.

Come si può facilmente immaginare la documentazione prodotta in quell’occasione fu enorme e l’attenzione particolare che le è stata rivolta da parte degli storici deriva in buona misura proprio dalla sua capacità di offrire un punto di vista omogeneo – sia nei contenuti, sia a livello

(2)

cro-INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

nologico – su di un territorio così vasto. In secondo luogo, di grandissimo rilievo è il fatto che di quel censimento non si conservano solamente i re-gistri compilati dagli ufficiali del comune, ma anche le dichiarazioni rese dai singoli contribuenti, contenenti le descrizioni dettagliate dei beni e delle famiglie. Sono migliaia le dichiarazioni fiscali così conservate – le portate al catasto – raccolte in filze, che in un primo tempo servivano per i controlli e le verifiche, e che oggi aprono scenari insperati agli storici e certamente non ricostruibili attraverso le sole annotazioni dei campioni del catasto.

In ottemperanza agli obblighi fiscali, ogni capofamiglia dovette pro-durre una carta scritta contenente l’elenco delle sue sostanze, immobili e mobili, attraverso una descrizione puntuale di ciascun bene; lo stesso avvenne per la composizione del nucleo famigliare1. Secondo quanto

sta-bilito nei consigli cittadini il catasto avrebbe dovuto coinvolgere le diverse fasce di popolazione, la quale a tal fine era stata suddivisa in categorie definite: dai cittadini ai forestieri, dai religiosi agli enti di vario tipo; que-sta situazione comporterebbe, almeno in via teorica, che le notizie ricava-bili dal catasto si riferiscano omogeneamente a tutte le fasce sociali.

L’obbligo di raccogliere in forma scritta i dati relativi ai beni, me-diante la produzione di un documento il cui onere di realizzazione fu a carico dei contribuenti, ha delle ricadute molto importanti per gli studi attinenti la storia della scrittura e dell’alfabetismo. Infatti sono proprio queste carte scritte ad opera dei singoli e poi conservate dal comune la base da cui trae ispirazione la presente ricerca. Senza entrare nel merito di questioni che verranno analizzate e approfondite nel corso del lavoro, va rilevato fin d’ora che l’adempimento dell’obbligo di scrittura non ebbe come esito necessario il ricorso al notaio da parte dei capifamiglia. Al contrario vennero trovate soluzioni fra loro diverse: dalla scrittura perso-nale alla richiesta di aiuto rivolta a un collega di lavoro o a un vicino o a

1 In merito agli obblighi dei contribuenti la legge che dettava le norme sulla descrizione

dei beni fu molto chiara; essa inoltre prevedeva il calcolo dettagliato del valore di ciascun bene, dalla casa di abitazione – di cui si davano sempre le coerenze, come nel caso di tutti i beni immobili – alla strumentazione legata alla professione. Anche per il nucleo famiglia-re erano pfamiglia-reviste tassazioni specifiche per le teste, a secoda delle età e del sesso. Come si dirà poco più oltre, la legge del catasto è tramandata in due manoscritti appartenenti alla serie del Catasto conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze: ASFi, Catasto, 2 e 3. Il testo della legge fu anche edito a cura di O. Karmin, cfr. O. KARMIN, La legge del catasto.

(3)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

un parente. È evidente che sul piano della storia della scrittura si dispo-ne in tal modo di un bacino ricchissimo di realizzazioni di vario tipo, inol-tre, dato assai significativo, le portate al catasto sono spesso testimo-nianze uniche delle prove grafiche di scriventi la cui attività di “alfabeti” non ha lasciato alcuna altra traccia. Fatte le dovute precisazioni, queste dichiarazioni fiscali appaiono come una sorta di campionario di prove grafiche, raccolte, giustapposte e fissate per sempre in un momento pre-ciso: gli anni che vanno dal 1427 al 1429.

Data la sua ricchezza e straordinarietà una simile raccolta di testi-monianze grafiche ha sempre suscitato l’interesse dei paleografi, anche se la sua mole ne ha di fatto fino a ora impedito uno studio sistematico. Sull’importanza di questi documenti si sono espressi a più riprese diversi studiosi, a partire dalle prime ipotesi di lavoro formulate da Franco Car-dini tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del Nove-cento, fino alle più recenti allusioni di Attilio Bartoli Langeli2.

La principale difficoltà insita nello studio di queste carte è la loro quantità, si tratta infatti di una documentazione sterminata, diretta con-seguenza di una fase storica in cui la produzione documentaria era am-plissima e pervadeva i diversi aspetti delle attività politiche, sociali ed e-conomiche3. In merito a testimonianze di questo tipo, l’impossibilità di

compierne uno studio sistematico e globale, obbliga – come già ebbe mo-do di osservare Franco Cardini – a una campionatura del materiale. Nello specifico la decisione di dedicare questo studio alla città di Pisa, ha reso necessaria l’applicazione di un modello di analisi sincronico, nel quale

2 Nel 1980 Cardini, (F. CARDINI, Sui catasti fiorentini) faceva riferimento a un progetto di studio – purtroppo mai concretizzato per mancanza di finanziamenti – secondo il quale si era ipotizzata la formazione di un gruppo di lavoro che si dedicasse a un’analisi sistema-tica della documentazione dei diversi catasti fra il 1427 e il 1480. Nell’impossibilità di av-viare tale ricerca Cardini suggeriva di operare una campionatura del materiale e formula-va alcune ipotesi di lavoro percorribili. Nel 2000 Bartoli Langeli nel suo saggio dedicato alla storia della scrittura in italiano, nel parlare delle conseguenze che ebbe la comparsa del volgare nell’uso della lingua scritta e della documentazione tardomedievale che lo ri-guarda fece riferimento alla documentazione fiscale, fra cui le portate al catasto, cfr. A. BARTOLI LANGELI, La scrittura dell’italiano, pp. 58-63.

3 All’inizio del Quattrocento la produzione documentaria era all’apice di un processo

e-volutivo che a partire dalla fine del XI e l’inizio del XII secolo aveva visto quella che P. Cammarosano, nel suo studio sulla diffusione delle fonti scritte nel Medioevo, ha effica-cemente definito un’esplosione documentaria, in conseguenza di mutati assetti culturali, ma anche politici ed economici, con l’affermazione del comune cittadino e della classe mercantile, nuovi fulcri della produzione scritta. Cfr. P. CAMMAROSANO, Italia Medievale.

(4)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

l’individuazione del campione è avvenuta su base geografica. Infatti per la città di Pisa si conservano solamente le carte del catasto del 1427, ren-dendo impossibile uno studio diacronico dei fenomeni grafici, per esem-pio per gruppi famigliari o professionali, attraverso le portate dei catasti successivi. In particolare si è scelto di individuare un campione di contri-buenti – e dunque di portate – su base topografica, ovvero in rapporto al-la suddivisione urbana dei quartieri, scegliendo di concentrare l’analisi al quartiere di Ponte. I contribuenti ivi registrati che presentarono la loro dichiarazione agli ufficiali del catasto furono 309, sui 1729 totali4,

tutta-via, come si avrà modo di chiarire più avanti parlando delle scritture, le realizzazioni analizzate sono di fatto 385.

Questo perché negli anni che intercorsero tra la consegna delle pri-me dichiarazioni e l’incapri-merapri-mento definitivo, i contribuenti poterono modificare i dati su cui sarebbe stato calcolato l’imponibile, per esempio nel caso di nascite o di decessi, o in seguito a vendite o acquisti di beni, o ancora per ovviare a dichiarazioni incomplete o fraudolente. Tale possibi-lità comportò spesso la consegna di più di una portata da parte di alcuni capifamiglia, i quali tuttavia non sempre ricorsero al medesimo scrivente per la redazione dei diversi documenti. Questo elemento costituisce un fattore di primaria importanza per lo studio delle prassi scrittorie e rivela molto sugli atteggiamenti degli alfabeti e degli analfabeti. Nell’intenzione di dare rilevanza a tale fenomeno si considereranno singolarmente le di-verse realizzazioni prodotte quando in presenza di più di una portata e-messa da uno stesso contribuente siano diverse le mani che le hanno vergate5.

4 Questo è il dato riferito in C. KLAPISCH-ZUBER –D. HERLIHY, I toscani, secondo le cui

ri-costruzioni gli abitanti in città al momento del catasto era di 7331, cfr. appendice V, tab. 3, p. 92. Il numero dei fuochi è risultato dell’eliminazione di alcune anomalie e registra-zioni doppie dall’elenco di F. CASINI, Il catasto di Pisa, elenco che era stato a sua volta

cor-retto e ridotto a 1731 aggregati in B. CASINI, Aspetti della vita economica, p. 9.

5 A titolo esemplificativo si prenda il caso di Gaspare di Giovanni, della cappella di San

Vito (ASPi, Fiumi e Fossi, 1531, d’ora in avanti P, cc. 101r-103r), il quale presentò due portate, scritte da mani diverse; dal momento che nella compilazione della base dati a ciascun contribuente è stato assegnato un numero identificativo univoco, in questo caso il numero 18, le due realizzazioni verranno indicate come portata 18a e 18b, conservando in tal modo riferimento esplicito al fatto che sono riconducibili alla stessa persona. Si ve-da anche in appendice l’elenco completo dei capifamiglia con le coordinate documentarie relative.

(5)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

Nell’approccio a una fonte così densa, alcuni nodi problematici as-sumono un ruolo centrale e, se scelti come fulcri a partire dai quali con-durre la ricerca, permettono di far emergere tutta la ricchezza e la speci-ficità della situazione culturale di cui sono espressione.

L’utilizzo di un punto di vista determinato permette di trasformare le difficoltà che si incontrano spesso nel trovare delle risposte definitive a certi interrogativi, in nuclei tematici capaci di aprire le prospettive di ana-lisi verso la comprensione di fenomeni culturali assai importanti e non facili da mettere in evidenza. Vi sono infatti situazioni, che nella loro complessità e nelle difficoltà in cui pongono chi le studia, sono testimoni di un universo, quello dell’alfabetismo di una città di fine medioevo, di cui si hanno generalmente pochissime tracce. Tali domande riguardano la fonte in sé (perché esiste questa fonte, scritta e poi conservata, nella forma in cui si presenta?), le forme grafiche e l’abilità degli scriventi (per-ché ci sono così tanti tipi grafici?), la distribuzione degli alfabeti (chi è che scrive le portate?). Questi diversi interrogativi sembrano nascere princi-palmente dalla constatazione di una certa straordinarietà di fenomeni, che non si possono spiegare sulla base di quanto già osservato e che ri-chiedono quindi una chiave di lettura nuova. Per fare solo un esempio, certamente il più significativo, va rilevato che l’impossibilità di stabilire degli indicatori inequivocabili della condizione di alfabeta/analfabeta6

impedisce di esprimere quantificazioni percentuali degli alfabeti su di un campione stabilito. Medesime difficoltà di classificazione si incontrano sul piano documentario e grafico, tanto da richiedere un tipo di analisi che vada alla ricerca non già di soluzioni statistiche, ma di risposte di-verse, capaci di spiegare le attitudini culturali e mentali di coloro che pensarono e produssero simili dichiarazioni.

Come accennato, l’indagine si è concentrata sulle portate al catasto dei contribuenti residenti nel quartiere di Ponte7, sobborgo che si

esten-6 Come fu per esempio nel caso dello studio condotto da J. Ozouf e F. Furet

sull’alfabetizzazione della Francia di antico regime, nel quale gli autori assunsero come elemento rivelatore della condizione di alfabeti la capacità di firmare: F. FURET-J. OZOUF, Lire et écrire.

7 Le cappelle nelle quali risultava diviso il quartiere ai fini fiscali erano 18: San Vito,

Santa Lucia dei Ricucci, San Nicola, San Sisto, San Donato, San Lorenzo in Pellicceria, San Iacopo degli Speronai, Santa Frassa, San Simone a Porta Mare, San Cristofano in

(6)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

deva nella zona nord occidentale della città e alla cui estremità setten-trionale sorgevano il Duomo, il Battistero e il Campanile. Vi erano inoltre ubicati il palazzo del Capitano e la piazza omonima, il palazzo degli An-ziani e dal 1414 lo Spedale dei trovatelli. Nel complesso vi erano venticin-que chiese e due monasteri femminili. Come noto inoltre il quartiere di Ponte aveva subito alcuni dei più importanti interventi di riassetto urba-no in seguito alla presa della città da parte di Firenze. Alcune zone infat-ti, erano state demolite per la realizzazione di opere militari. Proprio ai margini del quartiere era sorto il complesso di Stampace – Porta a Mare, il bastione di Porta al Parlascio e la Cittadella Nuova (in questo caso le poste di una delle cappelle, quella di San Vito erano diminuite dell’ottanta per cento)8.

Vi risiedevano principalmente contribuenti appartenenti ai settori artigianali e produttivi, ma vi erano anche alcuni mercanti, e qualche cit-tadino di famiglia nobile. Pochissimi contribuenti di Ponte si potevano annoverare fra i cittadini più ricchi della città, mentre le condizioni eco-nomiche di circa metà della popolazione del quartiere erano medio-basse9. La situazione dei contribuenti di Ponte risulta dunque assai

ete-rogenea e questo significa poter disporre di un campione che consente di osservare in quale modo esponenti dei diversi ambiti sociali, produttivi ed economici si comportassero nella redazione della portata e, più in genera-le, quale fosse il loro rapporto con questo tipo di documento e con la scrittura.

Ponte, San Tommaso in Ponte, San Concordio, Sant’Apollinare in Barbaricina, San Biagio alle catene o a Porta Mare, San Leonardo in Praticello, San Isidoro, San Giorgio a Porta Mare, Santa Maria Maggiore o Primaziale.

8 Cfr. E. TOLAINI, Forma pisarum, p. 151.

9 Cfr. le stime raccolte in B. CASINI, Il catasto di Pisa, l’elenco delle famiglie nobili in E. CRISTIANI, Nobiltà e popolo e il dettaglio in G. CHERUBINI, Pisani ricchi e pisani poveri. Fra i

cittadini più abbienti vi era per esempio Pietro di messer Stefano Gaetani (80) residente nella cappella di San Nicola, conduttore di mercanzie per mare, il quale possedeva due schiave e uno schiavo; egli era membro di una ricca famiglia pisana ed era al quinto posto sulla scala della ricchezza cittadina. Fra le famiglie più in vista si veda ad esempio la pre-senza dei Lanfranchi, il gruppo numericamente più consistente; essi sono accatastati in diverse cappelle del quartiere, anche se la maggioranza risiede in quella di San Cristofa-no. Si tratta di esponenti di una famiglia nobiliare molto ricca, i quali avevano ottenuto un privilegio fiscale per 15 anni, tale per cui pagando un fiorino per ogni imposta erano esenti da ogni altra gravezza, cfr anche qui più oltre cap. 1, p. 36, il caso di Ceo dei Lan-franchi, il quale nella sua portata “copia” l’attestazione di tale esenzione. Fra i cittadini più poveri vi erano al contrario alcuni salariati o semisalariati della lana, salariati saltuari e i membri dell’artigianato più modesto, dove neanche il possesso di una piccola bottega permetta di essere fuori da questa categoria.

(7)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________

Nello studio qui condotto, che si fonda al contempo sulle scritture e su aspetti culturali più generali, ci si è concentrati in primo luogo sulle caratteristiche documentarie della fonte, per definirne le modalità di pro-duzione e di conservazione. Le portate al catasto si inscrivono infatti nel contesto della produzione fiscale comunale e a essa vanno rapportate e confrontate; se ne vedranno le peculiarità, in rapporto alla normativa in materia fiscale e alla luce della documentazione fiscale coeva e antece-dente, compiendo un’analisi diacronica che permetta di dare alle portate la giusta collocazione nel complesso quadro della documentazione ammi-nistrativa e delle scritture “urbane”.

Sul piano delle forme grafiche, date le note difficoltà metodologiche che si incontrano nello studio delle scritture tardo medievali, si è voluta avviare la riflessione a partire dalle “strategie” di lavoro maturate nel cor-so degli anni nell’ambito della disciplina, per poi definire il quadro grafico generale in cui furono scritte le dichiarazioni per il catasto del 1427. In particolare si è partiti dal concetto di “polo grafico”di attrazione10

attra-verso il quale si sono definite – là dove possibile – le aree di appartenenza delle diverse mani. Si vedrà come la fonte stessa abbia determinato alcu-ne lialcu-nee di lavoro e alcu-ne abbia alcu-necessariamente escluse altre. Data la plu-ralità di scritture e dei loro livelli di resa, particolare attenzione è stata dedicata all’osservazione dei livelli di abilità grafica degli scriventi e più in generale della loro “cultura grafica”.

Questa ricchezza di tipologie scrittorie cela un variegato universo di scriventi. Qual è la fisionomia di coloro che estesero le portate? I loro pro-fili emergono più o meno vividamente dalle scritture tracciate sui fogli, ol-tre che dai testi e dai racconti in essi contenuti. Poiché le portate al cata-sto in alcuni casi furono redatte personalmente dal capo famiglia, si è tentato di stabilire l’incidenza dell’autografia e della delega di scrittura nella realizzazione delle portate. In mancanza di indicatori testuali che ri-levassero l’estensore delle dichiarazioni (se non in rari casi) si sono utiliz-zati tutti i diversi dati di natura formale, grafica, testuale, sociale e per-sonale per tentare di stabilire chi avesse redatto la sua portata. In questa

10 Per una disamina più approfondita del termine e del suo utilizzo si rimanda qui più

oltre, cap. 2, p. 49.

(8)

INTRODUZIONE

________________________________________________________________________ ricostruzione ci si è potuti avvicinare con diversi gradi di probabilità alla definizione dell’autografia e della delega di scrittura. Questo ha permesso di fare alcune riflessioni sulle figure degli alfabeti e dei delegati di scrittu-ra.

In conclusione, mettendo in relazione i diversi elementi, si è tentata una comprensione delle dinamiche dell’alfabetismo nella Pisa del XV se-colo. Anche in questo caso si è voluto partire da una panoramica delle metodologie sviluppate nell’ambito degli studi della storia dell’alfabetizzazione, in particolare sul versante della ricerca paleografica, e che sono state il fondamento della presente ricerca. Si è tentato così di capire quali fossero le modalità di alfabetizzazione e quali i circuiti di for-mazione attraverso i quali i cittadini pisani potevano apprendere la scrit-tura.

La riflessione riguarda le funzioni che la scrittura assolve in un de-terminato contesto e le modalità – oltre che le motivazioni – attraverso le quali ci si appropria di questa competenza: in quali modi si attua la paro-la scritta, per rispondere a quali esigenze e in virtù di quali processi cul-turali e sociali.

Riferimenti

Documenti correlati

Il Rapporto analizza i laureati dei corsi di primo livello, magistrali a ciclo unico e magistrali biennali (attivati in applicazione dei D.M. 509/99) e a quelli del corso

– i laureati che hanno compilato e restituito il questionario (235.992, ossia l’88,5% del totale), per quanto riguarda le sezioni Origine sociale, Condizioni di studio,

– i laureati che hanno compilato e restituito il questionario (199.499, ossia il 92,5% del totale), per quanto riguarda le sezioni Origine sociale, Condizioni di

– i laureati che hanno compilato e restituito il questionario (174.384, ossia il 91,9% del totale), per quanto riguarda le sezioni Origine sociale, Condizioni di

L’informazione è rilevata per tutti coloro che, dopo la laurea di primo livello, si sono iscritti alla magistrale o al corso in Scienze della Formazione primaria o ad un corso

Ai fini della classificazione dei laureati in base alla residenza e alla sede degli studi, si è tenuto conto della sede del corso anziché della sede centrale dell’ateneo.. Si fa

In particolare, per i laureati in possesso di laurea di primo e secondo livello (compresa quella nel corso pre- riforma in Scienze della Formazione primaria) è

Nota: per il primo livello si sono considerati solo i laureati non iscritti ad altro corso di laurea. * Esclude quanti sono impegnati in attività di formazione anche se retribuite.