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STUDIO DI UN SUPPORTO POSTURALE PER CONTRASTARE SINCINESIE, MOVIMENTI PARASSITI E SCHEMI PATOLOGICI NELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE

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(1)

DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITÀ MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

STUDIO DI UN SUPPORTO POSTURALE PER

CONTRASTARE SINCINESIE, MOVIMENTI

PARASSITI E SCHEMI PATOLOGICI NELLA

PARALISI CEREBRALE INFANTILE

CANDIDATO: RELATORE:

DOTT.SSA VALERIA GALLO CHIAR.MO PROFESSORE ALBERTO FRANCHI

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1

RIASSUNTO PAG. 3

CAPITOLO 1

LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE 1.1 Tipi di menomazione della PCI

1.1.1. Menomazioni primarie 1.1.2. Menomazioni secondarie 1.1.3. Menomazioni terziarie 1.2 Cenni storici 1.3 Cause 1.4 Classificazione 1.5 Diagnosi PAG. 4 PAG. 4 PAG. 4 PAG. 4 PAG. 5 PAG. 5 PAG. 6 PAG. 7 PAG. 10 CAPITOLO 2

SCHEMI PATOLOGICI DEL MOVIMENTO: SINCINESIE E MOVIMENTI PARASSATI

PAG. 12

CAPITOLO 3

EQUILIBRIO DEL BACINO E CONCETTO DI BLOCCO OSSEO-MUSCOLARE

3.1 Introduzione

3.2 Biomeccanica del rachide 3.3 Studio delle posizioni

3.4 Stabilizzazione della postura e controllo delle contrazioni cloniche PAG. 15 PAG. 15 PAG. 15 PAG. 18 PAG. 21 CAPITOLO 4

PRESENTAZIONE DEL CASO TRATTATO

PAG. 24 CAPITOLO 5 STUDIO PERSONALE 5.1 Materiali 5.2 Prima fase PAG. 25 PAG. 25 PAG. 25

(3)

2 5.3 Seconda fase 5.4 Terza fase 5.5 Metodi PAG. 27 PAG. 29 PAG. 31 CONCLUSIONI PAG. 33 BIBLIOGRAFIA PAG. 34

(4)

3

RIASSUNTO

La paralisi cerebrale infantile (PCI) fa riferimento a un gruppo di disturbi che colpiscono il sistema nervoso centrale e che comportano alterazioni sia nella postura che nel movimento. Tali disturbi insorgono nel corso della vita fetale o della prima infanzia e si mantengono stabili nel tempo andando a compromettere il successivo sviluppo psicomotorio. I soggetti affetti da PCI sono caratterizzati da difficoltà nell’esecuzione del movimento (sincinesie, movimenti parassiti) e in alcuni casi da compromissione della componente sensoriale, percettiva e della capacità cognitiva.

Durante il tirocinio da me effettuato presso la struttura “Circolo parrocchiale Virtus Uliveto ASD” presieduta dal Professore Alberto Franchi, abbiamo preso in esame un soggetto (N. M.) affetto da PCI che presentava tetraparesi spastica. In questo lavoro di tesi, in collaborazione con i genitori di N. M. abbiamo realizzato uno strumento riabilitativo atto a contrastare le sincinesie e i movimenti parassiti da esso presentati. La costruzione di tale strumento ha visto il susseguirsi di diverse fasi durante le quali sono state apportate varie modifiche ed è stato testato sul soggetto al fine di adattarlo alle sue necessità. Con l’utilizzo di tale strumento siamo riusciti a contrastare in parte le sincinesie e i movimenti parassiti e a diminuire l’iperlordosi lombare. A causa degli eventi avversi a cui siamo andati incontro in questo periodo siamo riusciti ad effettuare un utilizzo perlopiù sporadico di tale strumento ma ci aspettiamo che un suo utilizzo costante possa portare a miglioramenti a lungo termine.

(5)

4

CAPITOLO 1

1. LA PARALISI CEREBRALE INFANTILE

Il termine “paralisi cerebrale infantile” (PCI) fa riferimento ad un ampio gruppo di disturbi eterogenei che colpiscono il sistema nervoso centrale e che insorgono in epoca precoce a causa di lesioni permanenti ma non progressive del cervello in via di sviluppo, che avvengono prima, durante o dopo la nascita (entro il primo anno di vita). Le lesioni coinvolgono aree cerebrali importanti per il controllo del movimento e della postura, per tanto i bambini affetti da tali disturbi possono mostrare problemi motori, debolezza muscolare, difficoltà di equilibrio e di coordinazione. Ai disturbi motori spesso si possono aggiungere disordini sensoriali, cognitivi e/o comunicativi. (1-2)

La PCI influenza la crescita muscolare portando a una discrepanza tra questa e la crescita ossea. Questo a sua volta può portare a deformità ossee e articolari, perdita di funzionalità, dolore. Il decorso clinico tipico della PCI è caratterizzato da deterioramento nel tempo dell'andatura e della funzione muscolare, specialmente durante lo scatto di crescita a cui si va incontro durante l’adolescenza. Tra i fattori responsabili di questo peggioramento troviamo la progressione della patologia muscoloscheletrica e cambiamenti sfavorevoli nel rapporto tra massa corporea e forza. A livello degli arti inferiori, l'interazione tra contratture articolari, debolezza muscolare, co-contrazione di muscoli agonisti e antagonisti, deformità ossee e instabilità articolare a più livelli si traduce in modelli di andatura inefficient i (consumo più elevato di energia), patologici e compensativi. Ciò porta alla limitazione della funzione fisica e/o all'aumento del dolore e dell'affaticamento. (2)

1.1 Tipi di menomazioni della PCI

1.1.1 Menomazioni primarie: sono permanenti e sono dovute all'effetto diretto della lesione cerebrale. Includono sia segni "positivi" come spasticità, co-contrazione e ipereccitabilità, che "negativi" come debolezza, affaticabilità, perdita di controllo muscolare selettivo, scarso equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti, problemi sensoriali e deficit cognitivo. I segni "negativi" sono considerati più dannosi e invalidanti rispetto ai segni "positivi". (2)

1.1.2 Menomazioni secondarie: dovute agli effetti collaterali delle menomazioni primarie, cioè lo squilibrio tra la crescita delle ossa lunghe e le unità muscolo-tendinee.

(6)

5

L'effetto della spasticità sulla crescita e sullo sviluppo del muscolo scheletrico si traduce in un muscolo che ha un minor numero e lunghezza delle fibre e tendini più lunghi. Questo comporta debolezza muscolare con ridotta escursione articolare causata da una ridotta area della sezione trasversale, con conseguente riduzione del range di movimento articolare (ROM). In un bambino con PCI il ritardo dello sviluppo fa sì che questo non riesca ad impegnarsi nelle tipiche attività fisiche importanti in quanto fonti di stimoli necessari all’allungamento muscolare. Inoltre, questi bambini sono caratterizzati da ipertonia che ostacola ulteriormente l’allungamento muscolare, limitando la ROM delle articolazioni colpite. Questo in associazione alla crescita muscoloscheletrica può comportare contratture muscolari "statiche” come la flessione del gomito (bicipiti e pronatori), la flessione del polso (avambraccio), la flessione dell'anca (psoas), la flessione del ginocchio (tendine del ginocchio) e la caviglia equina (gastrocnemio). Le alterazioni muscolari possono portare a deformità ossee che a loro volta possono essere causa di instabilità articolare. (2)

1.1.3 Menomazioni terziarie: sono meccanismi adattativi e/ o risposte alle menomazioni primarie o secondarie. Un esempio è la circonduzione dell'anca nella co-spasticità del retto femorale e del tendine del ginocchio. (2)

1.2 Cenni storici

I disturbi neuromuscolari, oggi conosciuti come Paralisi Cerebrale, sono stati osservati fin dall’antichità. La prima descrizione clinica di tale patologia, si fa risalire a un chirurgo ortopedico inglese, Sir John William Little, che nel 1892 osservò la presenza di deformità scheletriche congenite in bambini con danni neurologici accomunati dal fatto di avere avuto un parto problematico con sofferenza neonatale. Nel 1897, S. Freud, nei suoi studi sulla paralisi cerebrale infantile, attribuì le cause della patologia alla prematurità e alle anomalie dello sviluppo intrauterino piuttosto che alle problematiche evidenziate durante il parto. Nel 1964, Bax, ha definito la PCI come “una turba persistente ma non immutabile della postura e del movimento, dovuta ad una alterazione organica e non progressiva della funzione cerebrale, per cause pre, peri e post natali, prima che se ne completi la crescita e lo sviluppo” (5). Il termine “turba” indica una situazione, uno stato finale quindi non si riferisce

ad una malattia (condizione capace di mutare in senso migliorativo o peggiorativo). L’aggettivo “persistente” rafforza il concetto di turba come situazione stabile e definitiva,

(7)

6

non evolutiva. “Non immutabile” riferito ai danni, motori e non, prodotti dalla PCI, indica che sono possibili cambiamenti migliorativi o peggiorativi, spontanei o indotti. Per quanto riguarda i peggioramenti, nonostante la lesione cerebrale non progredisca ci può essere un aggravamento della disabilità dovuto a deficit accumulati nel corso degli anni in quanto la mancata acquisizione di una determinata funzione può impedire l’acquisizione di funzioni ad essa inerenti. Per “postura” si intende la relazione reciproca tra i segmenti che compongono il corpo, valutata in relazione alle coordinate dello spazio circostante (codificazione geocentrica secondo Berthoz, 1998). Il termine “movimento”, invece, indica lo spostamento nello spazio e nel tempo di uno o più segmenti del corpo, cioè il passaggio da una postura all’altra. Jackson, nel 1874, definì il movimento come “una successione di posture. Si può realizzare soltanto sulla base di un aggiustamento posturale a breve o a lungo termine, prima e durante la sua esecuzione” (Jackson, 1874). Con “alterazione della funzione cerebrale”, infine, si sottolinea che la paralisi determina l’incapacità dell’intero sistema nervoso centrale, piuttosto che alterazioni di singoli organi o apparati (6)

. Tale

definizione è stata rivista nel 2004 e considera la PCI come “un gruppo di disordini permanenti del movimento e della postura che causa una limitazione della funzionalità motoria, attribuiti ad un danno cerebrale non progressivo incorso durante la vita fetale o neonatale. Il disordine motorio è a volte accompagnato da altri disturbi, come disturbi della sensibilità, disturbi cognitivi e della comunicazione, epilessia e problemi muscolo-scheletrici secondari”. Secondo questa definizione la PCI può essere considerata come un insieme di disturbi “dello sviluppo” che interessa principalmente le funzioni motorie. (3)

1.3 Cause

La PC è un insieme di disturbi eterogenei con diversa eziopatogenesi che rende quindi difficoltoso stabilire con certezza i fattori potenzialmente causativi. Secondo i criteri di “classificazione dei fattori eziologici della PC” (Krageloh-Mann, 1995) questi possono essere raggruppati, in relazione all’epoca in cui agiscono sul cervello, in:

Fattori prenatali: agiscono nel periodo che va dal concepimento al travaglio. - Malformazioni cerebrali

- Infezioni materne durante il primo e il secondo trimestre di gravidanza (rosolia, citomegalovirus e toxoplasmosi)

- Disordini metabolici - Sindromi genetiche rare.

(8)

7

Fattori perinatali: che agiscono nel periodo che va dall’inizio del travaglio alla prima settimana di vita.

- Età gestazionale (prematurità < 32 settimane) - Basso peso alla nascita (< 2500 gr)

- Ridotto apporto di sangue e/o ossigeno al cervello fetale - Emorragia cerebrale

- Ipoglicemia neonatale severa - Infezioni neonatali.

Fattori postnatali: che agiscono nelle successive settimane di vita. - Meningo-encefaliti

- Trauma cranico severo e ridotto apporto di sangue al cervello. (14)

1.4 Classificazione

L’evolversi del concetto di PCI negli anni e l’eterogeneità dei quadri clinici ha dato origine a diversi modelli di classificazione. Un primo importante approccio fu quello di Freud nel 1897 a cui seguirono negli anni successivi altre proposte di classificazione, fino a giungere a quella più recente e diffusa avanzata dallo svedese Hagberg (Hagberg et al. 1975). Essa distingue la PCI in tre macro-gruppi in base al disturbo motorio prevalente, ovvero alla tipologia dei segni neurologici (tono muscolare, riflessi, coordinazione ed equilibrio) (3):

1. Forme spastiche: caratterizzate da ipertonia, sintomi di tipo piramidale, accentuazione del riflesso miotatico e area reflessogena più estesa. Queste sono a loro volta classificate in: - unilaterali: emiplegia (sono interessati il braccio e la gamba di un lato del corpo);

- bilaterali: suddivise in diplegia (interessa prevalentemente le gambe) e tetraplegia (colpisce tutti gli arti).

- Emiplegia spastica: è la forma più frequente di PCI, caratterizzata da un quadro spastico di tipo piramidale. Presenta ipertonia estensoria dell’arto inferiore, ipertonia flessoria e adduttoria dell’arto superiore. Neurologicamente è definita dalla presenza unilaterale dei classici segni di lesione del primo motoneurone (fascio cortico-spinale): paresi (deficit di forza, di selezione temporale e spaziale), Anomalie del tono muscolare (ipertono spastico), riflessi osteo-tendinei (clono e iperreflessia), riflessi superficiali. (3)

- Diplegia spastica: interessa prevalentemente gli arti inferiori con presenza di semiflessione, adduzione e rotazione interna, dovute ad ipertonia degli adduttori. Essa è strettamente legata ad anomalie bilaterali della sostanza bianca e in particolare alla

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8

leucomalacia periventricolare. Da un punto di vista neurologico presenta agli arti inferiori le classiche anomalie delle lesioni dei fasci cortico-spinali. Da un punto di vista funzionale e riabilitativo la altera la funzionalità del sistema motorio, con particolare interessamento della funzione del cammino, del sistema visivo e di quello cognitivo. (3)

- Tetraplegia spastica: è un disturbo del tono e del movimento che coinvolge tutti e quattro gli arti. La patogenesi può essere attribuita a danno ipossico-ischemico o emorragico che si verifica in età pre- o peri-natale. È caratterizzato da un ritardo nello sviluppo della postura e della motricità che comporta problematiche nella deambulazione e nella manipolazione degli oggetti. È uno dei casi più gravi di PCI e spesso si può associare a deficit cognitivo, compromissione orofacciale (compromissione della mimica, del linguaggio, della masticazione, della deglutizione) e disturbi visivi. (3-6)

2. Forme discinetiche-atetosiche: sono caratterizzate da posture e movimenti sproporzionati, persistenza di reazioni motorie “primitive” che causano incapacità nell’organizzare e ed eseguire movimenti volontari e nel mantenere la postura. Si distinguono due forme principali:

- forma coreo-atetosica: caratterizzata da discinesie di vario tipo classificate in base alle caratteristiche cinematiche, che comprendono la corea (movimenti rapidi e caotici di piccola ampiezza a carico prevalentemente delle articolazioni prossimali), l’atetosi (movimento lento distale), distonia (contrazione sostenuta di muscoli agonisti ed antagonisti). Discinesie meno frequenti includono: mioclono, ballismo, tremore.

- forma distonica: caratterizzata da cambiamenti del tono muscolare con fasi di rilasciamento e contrazione eccessive di muscoli agonisti ed antagonisti che portano il soggetto ad assumere posture irregolari.

3. Forme atassiche: molto rare, caratterizzate da alterazioni nella coordinazione dei movimenti, problemi di equilibrio, tremore e ipotonia muscolare. Sono causate da lesioni cerebellari. Si possono distinguere due forme principali:

- atassia congenita semplice: rappresenta la maggior parte delle atassie congenite non progressive, in genere dovute a malformazioni cerebellari

- diplegia atassica: caratterizzata dalla presenza di elementi paretico-spastici a carico degli arti inferiori con alterazioni prevalentemente posturali e della marcia. (3-9).

Anche se la classificazione di Hagberg (1975) ad ora è la più utilizzata in ambito clinico, in un recente workshop tenuta a Bethesda nel 2004 è stata proposta una nuova classificazione

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9

in cui ogni aspetto della patologia viene trattato individualmente ed ampiamente (Tabella 1).

(15)

Un'altra classificazione è quella proposta dal gruppo Ferrari e Cioni (2005 e 2010) orientata all’interpretazione dei segni in chiave riabilitativa. L’obiettivo è quello di fornire indicazioni specifiche al terapista e/o al medico riabilitatore per permettere una valutazione più accurate degli interventi (Tabella 2). (4)

(11)

10

1.5 Diagnosi

Ad oggi non ci sono esami in grado di confermare o escludere del tutto la presenza della PCI. Molti dei segni neurologici classici non risultano evidenti nel neonato e/o nel lattante e questo comporta difficoltà nel porre la diagnosi di PCI nei bambini piccoli. Un esempio è l’emiplegia spastica spesso diagnostica solo dopo l’insorgenza di chiare asimmetrie nell’afferramento e nella manipolazione.(16) Questa nei primi mesi di vita è uno degli esempi

più sorprendenti di plasticità e riorganizzazione, e questo ha stimolato la comunità scientifica e terapeutica a considerare la diagnosi precoce come una “best practice” in quanto consente l’accesso precoce ad uno specifico intervento in un’epoca in cui può essere raggiunto un massimo guadagno in termini di neuroplasticità (Novak, 2014). In Figura 1 è rappresentato l’algoritmo utile a diagnostica precocemente la paralisi cerebrale. (17)

(12)

11

Figura1. Algoritmo diagnostico Evidence Based per la diagnosi di Paralisi Cerebrale (Novak, 2014)

Tale algoritmo prevede diverse fasi:

- analisi dei fattori di rischio (nascita pretermine, basso peso alla nascita, infezioni materne, anomalie della placenta, anomali cerebrali congenite etc.)

- esame neurologico e valutazione motoria - neuroimaging

- esclusioni di altri disordini

Quando si parla di diagnosi precoce è utile distinguere due aspetti:

- diagnosi di lesione: insieme di procedure atte ad accettare la presenza di eventuali anomalie morfologiche cerebrali.

- diagnosi di disturbo: si basa prevalentemente sull’osservazione clinica e mira ad individuare definite stabili anomalie del comportamento motorio.

(13)

12

CAPITOLO 2

SCHEMI PATOLOGICI DEL MOVIMENTO: SINCINESIE E

MOVIMENTI PARASSITI

Il nostro cervello è un sistema complesso costituito da singole cellule nervose, i neuroni, che costituiscono le reti neurali che sono alla base delle funzioni cerebrali sia quella sensitivo-percettiva che motoria. Il sistema sensorimotorio è costituito da circuiti integrati che hanno origine dai recettori sensoriali con via finale comune sui motoneuroni (neuroni che controllano l’attività contrattile della muscolatura volontaria) (Sherrington, 1940). “Il movimento può essere considerato come una successione di posture. Si può realizzare soltanto sulla base di un aggiustamento posturale a breve o a lungo termine, prime e durante la sua esecuzione” (Jackons, 1874).

Per postura si intende la posizione del corpo nello spazio e la relativa relazione tra i suoi segmenti corporei. Dalla propria postura dipenderanno i nostri movimenti. (6)

Il movimento comprende tre componenti: - la programmazione motoria

- l’attivazione muscolare

- le sensazioni somatosensitive e posizionali

La programmazione motoria non avviene in base alle informazioni che giungono dagli organi periferici ma avviene in base alla loro posizione. Se consideriamo, per esempio, l’atto motorio del camminare nel bambino possiamo notare come questo debba acquisire sia la consapevolezza degli arti inferiori che la consapevolezza della loro posizione. Nel momento in cui il bambino ha acquisito queste consapevolezze, può prendere coscienza del vero e proprio movimento nello spazio. La programmazione del movimento è dovuta a particolari neuroni, i neuroni di elaborazione che costruiscono in tempo reale l’oggetto, per esempio la gamba, e il circuito motorio ne va a definire la posizione. Questo processo avviene grazie alle informazioni che derivano dai recettori sensoriali e dai fusi neuromuscolari. (8)

Il disturbo motorio viene generalmente considerato il cuore del problema nella PCI in quanto i soggetti affetti presentano “povertà” di movimento ed una sua scarsa modulazione spesso accompagnata da difficoltà nell’acquisizione di competenze antigravitarie. Ad esempio, nella tetraparesi spesso c’è un deficit nel controllo della postura seduta solitamente ostacolata dalla presenza della risposta tonica simmetrica del collo, tonica asimmetrica e dalla reazione di startle. Se non c’è il supporto e la partecipazione delle parti prossimali, in

(14)

13

particolare della colonna vertebrale e dei due cingoli, i segmenti distali non sono in grado di far compiere il movimento al soggetto. Inoltre, una compromissione emilaterale può limitare le potenzialità del lato non interessato. Le alterazioni motorie riscontrate possono essere di due tipi:

- alterazioni gravi: causano ipertono in tutti i distretti corporei

- alterazioni moderate: causano ipertono solo in alcuni distretti corporei per esempio quelli distali. (7)

Inoltre, possono avere delle caratteristiche specifiche, ovvero:

- alterazioni dell’attività gestuale quando è presente una motilità segmentaria.

- alterazioni dell’attività motoria volontaria quando c’è un deficit di realizzazione dell’atto motorio.

- alterazioni dell’attività motoria automatica quando l’atto motorio è correttamente espresso ma è caratterizzato dall’abolizione di automatismi involontari o dalla mancata coordinazione e dalla comparsa di movimenti patologici.

- alterazioni dell’attività motoria riflessa quando viene abolita l’attività muscolare, ma rimane in vigore solo la programmazione e la realizzazione del movimento. (8)

Nei soggetti con PCI, in particolare con tetraparesi, sono evidenti disturbi del movimento volontario, che si manifestano con diminuzione, debolezza e astenia, ovvero mancanza di forza. I movimenti involontari invece sono attività motorie non finalizzate che si manifestano in condizioni di riposo o quando il soggetto sta compiendo un movimento volontario e sono correlati ad alterazioni del tono muscolare e di solito si attenuano durante il sonno. Si possono classificare in base a diversi parametri:

- caratteristiche spazio-temporali: durata, frequenza, rapidità del movimento; - topografia: collocazione dei muscoli interessati.

- condizioni di modulazione e comparsa.

I movimenti involontari comprendono il tic, il tremore, il ballismo, la corea, le sincinesie e altri movimenti anomali. (8)

Per quanto riguarda le sincinesie, sono dei movimenti involontari non coscienti associati a movimenti volontari e coscienti e movimenti di irrigidimento tonico. Quest’ultimi sono determinati dall’ipertono muscolare inteso come un aumento del tono posturale, ovvero del tono deputato a mantenere in una definita relazione reciproca i segmenti mobili del corpo. Nella PCI si riscontra ipertonia in flessione. Il soggetto tende a raccogliersi su se stesso assumendo una posizione simile a quella del feto e le articolazioni coinvolte risultano flesse in maniera più o meno rigida. (19)

(15)

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Distinguiamo tre tipi di sincinesie:

- sincinesie di coordinazione  possono essere omolaterali o controlaterali. Quelle omolaterali sono rappresentate da contrazioni involontarie di gruppi di muscoli sinergici omolaterali, durante la contrazione volontaria di muscoli paretici. Quelle controlaterali, invece, consistono in movimenti che avvengono dal lato paretico in riflesso ai movimenti eseguiti dal lato non interessato dalla patologia.

- sincinesie globali  si manifestano a seguito di un movimento involontario o automatico, come per esempio uno starnuto, o di uno stimolo doloroso. Consistono in una accentuata flessione dell’arto superiore con chiusura delle dita, in una flessione e pronazione del gomito e in una accentuata estensione dell’arto inferiore con estensione di anca e ginocchio e con una flessione plantare. Sono spasmodiche in quanto rispondono ad uno stimolo aspecifico. - sincinesie di imitazione  chiamate anche movimenti a specchio, sono rappresentate da movimenti involontari del lato non interessato dalla patologia che si producono quando ci sono dei movimenti analoghi compiuto dal lato paretico. (6)

(16)

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CAPITOLO 3

EQUILIBRIO DEL BACINO E CONCETTO DI BLOCCO

OSSEO-MUSCOLARE

3.1 INTRODUZIONE

Nella maggior parte dei casi di tetraparesi spastica si riscontra antiversione del bacino e iperlordosi lombare. Per cercare di contrastare questi squilibri si possono fare assumere al soggetto delle posizioni con blocco osseo-muscolare, che porta a far assumere una posizione in retroversione del bacino e ad andare a diminuire l’iperlordosi lombare.

3.2 BIOMECCANICA DEL RACHIDE

La colonna vertebrale è la struttura assile di sostegno del tronco costitutita da una successione di segmenti ossei brevi, denominati vertebre, sovrapposte e articolate fra di loro. Oltre a sostenere il tronco svolge un’azione protettiva del midollo spinale contenuto all’interno del canale vertebrale. Ha una direzione retlinea quando è vista frontalmente (Figura 2) mentre sul piano sagittale (Figura 3) presenta quattro curvature a livello dei tratti cervicale, toracico, lombare e sacrale o pelvico. Nell’adulto la curva del tratto cervicale è concava posteriormente e viene definita lordosi cervicale; la curva del tratto toracico è convessa posteriormente e prende il nome di cifosi dorsale; la curva del tratto lombare è concava posteriormente ed è detta lordosi lombare; la curva del tratto sacrale o pelvico è convessa posteriormente e viene definita curva sacrale-coccigea. (11- 19)

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16

Figura 2 Figura 3

Visione frontale della colonna vertebrale (11) Visione sul piano sagittale della colonna vertebrale (11)

Il tratto lombare svolge un ruolo molto importante nel supportare il peso della parte superiore del corpo. A livello del cingolo pelvico, in posizione eretta, la propulsione del pube rettilineizza o cifocizza il rachide lombare, ma lo può anche lordotizzare. La posizione che adottano gli iliaci è normalmente antiversa o retroversa rispetto all’asse che ne rappresenta l’appoggio sulla testa del femore quindi osserviamo un bacino e una lordosi lombare normale (Figura 4); nella figura 5 osserviamo un bacino retroverso e una rettilineizzazione lombare; nella figura 6 osserviamo un bacino antiverso e un iperlordosi lombare. (10)

Figura 4 Figura 5 Figura 6

(18)

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Il bacino è mantenuto in equilibrio dall’azione di muscoli che garantiscono la normale fisiologia della curvatura lombare. È un importante punto di relè tra le catene muscolari. Quando le catene muscolare anteriori e posteriori lavorano in sinergia, svolgono un’azione equilibrante anche sul bacino. Nel momento in cui questo equilibrio viene alterato, a causa di una prevalenza di attività dei muscoli che agiscono sul bacino rispetto ai loro antagonisti, si possono presentare fenomeni di retroversione o antiversione del bacino (Figura 5 e Figura 6). Il movimento di retroversione porta la sinfisi pubica ad andare verso l’alto e le creste iliache a scendere verso il basso e ad andare posteriormente. I muscoli retroversori sono: - anteriormente  il retto addominale

- posteriormente  il grande gluteo e gli ischiocrurali

La retroversione del bacino viene descritta come una rotazione posteriore sul piano sagittale della parte superiore del bacino, a cui corrisponde una diminuzione della lordosi lombare, dipendente dalla rotazione posteriore del bacino in relazione alle teste femorali, grazie ai muscoli retto dell’addome, ischiocrurali e grande gluteo, con conseguente rettilineizzazione lombare.

Il movimento di antiversione porta le creste iliache in avanti-basso e la sinfisi pubica in basso-dietro. I muscoli antiversori sono:

- anteriormente  il retto femorale e l’ileo-psoas - posteriormente  i lombari

- lateralmente  il tensore della fascia lata

La correzione dell’antiversione del bacino si ottiene per azione dei muscoli estensori dell’anca, gli ischiocrurali e soprattutto del grande gluteo che permette la rotazione del bacino in dietro e riporta la linea bi-spinosa in posizione orizzontale. Nella correzione dell’iperlordosi, il ruole principale e più importante lo hanno i muscoli dell’addome e in particolare i retti dell’addome, che si trovano nella parte della convessità della curva lombare. (11-12)

Il fenomeno dell’antiversione si riscontra frequentemente nei soggetti con PCI la cui caratteristica muscoloscheletrica principale è la mancata crescita longitudinale della muscolatura scheletrica che impedisce il normale allungamento e rilassamento dei muscoli sotto il fisiologico carico di lavoro. I soggetti con PCI presentano antepulsione del tronco, contrattura o retrazione dei muscoli flessori dell’anca, specie dell’ileopsoas; moderata debolezza degli estensori dell’anca, primitiva o secondaria a eccessivo allungamento chirurgico degli ischiocrurali. (13)

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18

3.3 STUDIO DELLE POSIZIONI

Lo studio delle posizioni base del soggetto permette di fare una valutazione scrupolosa sulla colonna vertebrale in modo da poter fare eseguire gli esercizi ed andare a valutare gli effetti.

-Posizione decubito prono

Il soggetto in questa posizione ha la regione anteriore del corpo in appoggio con il petto rivolto in basso, braccia affiancate al corpo e gambe dritte. La posizione è di per sé lordotizzante in quanto comporta un accentuamento della curva lordotica lombare, quindi è sconsigliata per l’esecuzione di alcuni tipi di esercizi (Figura 7).

Figura 7

Posizione decubito prono (9)

-Posizione decubito supino

Il soggetto in questa posizione ha la regione posteriore del corpo in appoggio con il petto rivolto verso l’alto. La posizione di per sé è lordotizzante, il bacino può andare in anteroversione, in quanto c’è un accorciamento dei muscoli anteroversori della colonna vertebrale (Figura 8).

Figura 8

Posizione in decubito supino (9)

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-Posizione decubito laterale con blocco osseo

Il soggetto è posto su un lato del corpo. Si ha la riduzione della curva lombare poiché si crea un angolo di 90° tra la coscia e il tronco con conseguente blocco osseo (Figura 9). Il blocco osseo è una posizione neutra particolamente adatta ai soggetti con PCI, i quali presentano un’antiversione del bacino e un’iperlordosi lombare, in quanto porta ad assumere una posizione in retroversione del bacino con conseguente minore azione dei muscoli ileopsoas e ischiocrurali.

Figura 9

Posizione in decubito laterale con blocco osseo (9)

-Posizione seduta

Solitamente i soggetti con disabilità agli arti inferiori utilizzano la sedia a rotelle e tale posizione è “obbligata”. Spesso la posizione assunta da tali soggetti fa sì che questi vadano in iperlordosi (Figura 10). Per migliorare la postura si può agire sulla posizione degli arti inferiori mediante l’utilizzo di rialzi (Figura 11).

Figura 10 Figura 11

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20 -Posizione in ginocchio

Tale posizione evidenzia nei soggetti lo stiramento del muscolo quadricipite, soprattutto nell’inserzione distale del retto femorale, che comporta l’antiversione del bacino. Ciò porta alla lordotizzazione del tratto lombare della colonna vertebrale (Figura 12).

Figura 12

Posizione in ginocchio (9)

-Posizione in ginocchio seduti sui talloni

È da considerarsi una posizione neutra poiché il bacino può andare sia in antiversione che in retroversione. È da notare che la posizione qui illustrata evidenzia una extrarotazione delle gambe che può risultare dannosa se non controbilanciata dalla posizione a gambe incrociate o del loto (Figura 13).

Figura 13

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-Posizione in piedi

Questa posizione solitamente viene utilizzata per impostare l’equilibrio e quindi la deambulazione ma nel nostro caso specifico può essere ripetuto il discorso della posizione precedente (in ginocchio) dato che l’azione della forza di gravità è ancora più importante.

-Posizione quadrupedica

Tale posizione viene assunta e mantenuta senza lordosi e con un buon supporto delle braccia. Le cosce sono tenute ad un angolo di 90° rispetto al tronco mentre le ginocchia sono tenute ad un angolo di 90° rispetto alle cosce con conseguente blocco osseo (Figura 14). (9)

Figura 14

Posizione quadrupedica (9)

3.4 STABILIZZAZIONE DELLA POSTURA E CONTROLLO DELLE

CONTRAZIONI CLONICHE.

Un fattore fondamentale da tenere in considerazione quando si lavora con soggetti con problemi motori importanti (tetraparesi spastica) è quello di assicurare un corretto posizionamento del soggetto al fine di stabilizzarne la posizione, limitando eventuali compensi. A tal fine possono essere utilizzati supporti atti a ridurre la lordosi lombare e stabilizzare la posizione degli arti inferiori. Tali supporti possono essere già strutturati (Figura 15) o si possono utilizzare pezzi di gommapiuma (Figura 16 e Figura 17) che si rivelano particolarmente adatti perché possono essere tagliati e dimensionati secondo le necessità.

(23)

22

In alcuni casi il soggetto, nell’eseguire certi esercizi o nell’assumere certe posizioni (sedersi nella sedia a rotelle) può presentare contrazioni cloniche (contrazioni di breve durata seguite da una fase di rilassamento e di contrazioni toniche). Tale fenomeno può essere contrastato cambiando gli angoli articolari, sia dell’articolazione prossimale sia di quella distale della parte interessata, a livello dell’articolazione dell’anca, del ginocchio e della caviglia (Figura 18). (9)

Figura 15

Supporto degli arti inferiori (9)

Figura 16 Figura 17

Supporto di gommapiuma (9) Supporto di gommapiuma (9)

(24)

23

Figura 18

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24

CAPITOLO 4

PRESENTAZIONE DEL CASO TRATTATO

Il soggetto preso in esame N. M. ha 34 anni, è di sesso maschile, è nato prematuro alla trentesima settimana di gestazione ed è affetto da tetraparesi spastica dovuta a PCI. La diagnosi clinica iniziale parlava di deficit oculomotori, visivi e di ritardo dello sviluppo cognitivo. Tra i sei mesi e i due anni di età il soggetto ha praticato fisioterapia con scarsi risultati e in seguito ha intrapreso il metodo Doman, metodo che si basa sulla premessa che la riabilitazione debba promuovere al massimo le possibilità residue di ogni individuo. Tale metodo è un sistema integrato di programmi diversi che comprendono quelli fisici per sviluppare la mobilità e la capacità manuale, quelli intellettivi per aumentare le funzioni cognitive del linguaggio, quelli fisiologici che vertono all’eccellenza della nutrizione, della respirazione, del sonno e di altre funzioni fondamentali per il corpo. Solo quando tutte e tre queste aree vengono trattate contemporaneamente il soggetto può procedere nel suo percorso verso il benessere. L’insieme di tale metodo e soprattutto dell’impegno costante dei genitori ha portato a miglioramenti visibili nelle aree del linguaggio, della vista, della percezione sensoriale e della motricità. Ad oggi il soggetto presenta deficit visivi con leggero strabismo; deficit psicomotori, con scarsa capacità di manipolazione degli oggetti, un insufficiente controllo posturale, iperlordosi lombare, valgismo delle ginocchia e varismo delle caviglie; ritardi dello sviluppo cognitivo con deficit nel linguaggio caratterizzato da una buona comprensione ma difficoltà nell’uso della modalità del linguaggio parlato.

(26)

25

CAPITOLO 5

STUDIO PERSONALE

Il presente studio nasce dalla necessità di andare a contrastare sincinesie, movimenti parassiti e schemi patologici riscontrati nel soggetto preso in esame. A tale scopo, inizialmente, il soggetto è stato posto nella posizione di decubito supino in modo che la testa fosse vicino alla spalliera e ne potesse afferrare il primo grado. Tale posizione però portava ad un aggravarsi dello schema patologico dell’arto superiore (extrarotazione con ipertono). Per evitare questo fenomeno, partendo nuovamente dalla posizione di decubito supino, ci siamo avvalsi dell’ausilio di un bastone posto sotto la coscia del soggetto in modo che questo potesse afferrarlo con le mani (Figura 19). Questa posizione permetteva di disattivare lo schema patologico degli arti superiori, limitare la torsione del collo come movimento parassita, far assumere una postura allineata e funzionale agli esercizi che dovevano essere effettuati ma non riusciva a contrastare né lo schema patologico degli arti inferiori (valgismo delle ginocchia) né l’iperlordosi lombare. Abbiamo quindi progettato un attrezzo riabilitativo che ci permettesse di migliorare i vari schemi patologici presenti nel soggetto.

Figura 19

5.1 MATERIALI

La costruzione dell’attrezzo riabilitativo ha visto un susseguirsi di diverse fasi durante le quali veniva testato sul soggetto per verificarne la funzionalità.

(27)

26

5.2 PRIMA FASE

La prima fase di realizzazione dell’attrezzo ha previsto la costruzione di una base, le cui misure sono state adattate al soggetto (lunghezza 79 cm e larghezza 60 cm), a forma di ferro di cavallo (Figura 20) che ha permesso di posizionare il soggetto in posizione di decubito supino (Figura 21).

Figura 20

Figura 21 (Notare lo schema patologico riguardante gli arti superiori)

A tale base sono stati applicati due pioli (Figura 20) progettati in modo che il soggetto fosse in grado di afferrarli e contrastare la presenza del movimento parassita degli arti superiori, come possiamo notare in Figura 22.

(28)

27

Figura 22

Abbiamo inoltre inserito un sostegno morbido che permettesse di far mantenere al soggetto gli arti inferiori divaricati (Figura 20). Il soggetto infatti mostrava alterazioni a livello degli arti inferiori (Figura 23): un ipertono dei muscoli adduttori della coscia e una minore attività dei muscoli abduttori, determinando una alterazione della biomeccanica dell’articolazione coxo-femorale che scaturiva l’atteggiamento in valgo delle ginocchia e un varismo dell’articolazione della caviglia.

Figura 23

Abbiamo notato che correggendo il movimento parassita delle braccia (come possiamo vedere in Figura 21), anche la sincinesia del collo risultava attenuata (Figura 22).

(29)

28

5.3 SECONDA FASE

In questa fase sono state apportate modifiche allo strumento atte a renderlo il più possibile adatto alle esigenze del soggetto. In particolare, entrambi i pioli sono stati spostati per permettergli la corretta distensione degli arti superiori e migliorare la posizione del polso (Figura 24 e Figura 25).

Figura 24

(30)

29

Altre modifiche sono state effettuate a carico del sostegno utilizzato gli arti inferiori il quale è stato reso più alto (Figura 24) in modo da attenuare il varismo delle ginocchia (Figura 26).

Figura 26

5.4 TERZA FASE

Durante questa fase abbiamo cercato di contrastare l’iperlordosi lombare riscontrata nel soggetto aggiungendo un supporto lombare (Figura 27 e Figura 28) e un rialzo posizionato in modo da mantenere gli arti inferiori sollevati (Figura 29). La Figura 30 mostra l’insorgenza dello schema patologico che assume un ruolo predominante sugli arti superiori.

(31)

30 Figura 28 Figura 29 Figura 30 (Notare lo schema patologico riguardante gli arti superiori)

Successivamente, notando che l’iperlordosi lombare non veniva sufficientemente contrastata, abbiamo corretto la postura del soggetto aggiungendo un ulteriore rialzo al di sotto del supporto lombare (Figura 31).

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31

Figura 31

5.5 METODI

I metodi utilizzati al fine di effettuare tale studio sono stati:

- osservazione diretta: l’osservatore funge da strumento di registrazione e misurazione degli eventi osservati e riferisce ciò che una persona dice, fa, dove e quando. I dati raccolti saranno la base da cui poi si trarranno le conclusioni e corrispondono a quelle caratteristiche della realtà che l’osservatore ha ritenuto opportuno rilevare e misurare.

- metodo analitico: in questo metodo i movimenti complessi o difficili vengono scomposti nei loro singoli elementi funzionali e si procede progressivamente dal facile al difficile, fino al movimento globale. Si tratta di un metodo che viene utilizzato quando non è possibile un apprendimento globale o quando da parte di chi apprende, si richiedono dettagli precisi del movimento. Tale metodo permette al soggetto di focalizzare la propria attenzione sui singoli elementi del movimento comportando vantaggi sulla comprensione dei dettagli del gesto e sulla correzione dell’errore.

- problem solving: insieme di tecniche e metodologie necessarie all'analisi di una situazione problematica con lo scopo di individuare e mettere in atto la soluzione migliore. La tecnica del F.A.R.E. racchiude tutte le fasi per il raggiungimento della soluzione:

 Focalizzare: selezione e definizione del problema

 Analizzare: definizione delle informazioni da ricavare e dalla loro importanza per poi raccogliere i dati

 Risolvere: creazione di soluzioni alternative e soluzione della migliore

 Eseguire: definire l’obiettivo desiderato, esecuzione del piano e monitoraggio dei risultati.

(33)

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CONCLUSIONI

I risultati ottenuti nel presente studio forniscono la prova dell’efficacia dello strumento utilizzato nel contrastare in parte le sincinesie e i movimenti parassiti e diminuire l’iperlordosi lombare. In particolare, abbiamo riscontrato miglioramenti nella posizione del polso, correggendo l’angolo (da 115,5° a 140,3°) mediante allungamento dei muscoli flessori del carpo (radiale e ulnare) effettuato utilizzando i pioli inseriti nello strumento, nel valgismo delle ginocchia mediante l’utilizzo del sostegno morbido che ha permesso di mantenere gli arti inferiori in abduzione con conseguente maggiore angolo di inclinazione e stabilità dell’articolazione coxo-femorale. Inoltre, tramite l’utilizzo del supporto lombare siamo riusciti a contrastare l’iperlordosi diminuendo l’antiversione del bacino e quindi ripristinando l’angolo fisiologico (angolo non lordotizzante con blocco osseo e muscolare) della lordosi lombare. Partendo dalla posizione assunta dal soggetto durante l’utilizzo dello strumento riabilitativo abbiamo provato a far eseguire degli esercizi che includevano il movimento di flesso-estensione delle gambe e il passaggio di una pallina da tennis da una mano all’altra. Si è notato che con l’utilizzo di questo strumento il soggetto mostrava una migliore coordinazione e motricità eseguendo gli esercizi in maniera più corretta con miglioramenti dei movimenti parassiti e delle sincinesie. Il programma di lavoro pensato per il soggetto preso in esame, utilizzando lo strumento riabilitativo da noi ideato, includeva esercizi atti a migliorare non solo la motricità e la coordinazione ma anche l’allungamento muscolare e la mobilizzazione. Tale programma prevedeva un uso costante dello strumento al fine di valutare se tali miglioramenti persistevano nel soggetto anche senza il supporto riabilitativo. Ad oggi, a causa degli eventi avversi a cui siamo andati incontro, siamo riusciti ad effettuare solo sporadici esercizi di motricità e di coordinazione ma nonostante ciò abbiamo notato piccoli miglioramenti. Ci aspettiamo quindi che un’esecuzione costante di tale programma possa portare a miglioramenti a lungo termine.

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BIBLIOGRAFIA

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Riferimenti

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