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Purtroppo queste ipotesi non sono state ancora dimostrate in vivo, ma è noto da tempo che l’attività prevalente dell’enzima in condizioni fisiologiche sarebbe quella fosfotransferasica, se non fosse per l’alta K

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4. DISCUSSIONE

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La cN-II è un enzima citosolico espresso in modo ubiquitario nei tessuti umani; spesso è stato definito “enzima bifunzionale” perché, a differenza di altre nucleotidasi, è in grado di catalizzare sia una reazione fosfatasica che una reazione fosfotransferasica. Gli studi sulla cN-II indicano che l’enzima ha una struttura tetramerica e che la sua attività è controllata da un complesso sistema di regolazione comprendente vari modulatori allosterici. Il ruolo fisiologico di questa nucleotidasi non è stato completamente chiarito e attualmente la sua funzione più accreditata, grazie all’attività nucleotidasica, è quella di regolare la concentrazione intracellulare del precursore purinico IMP.

L’attività fosfotransferasica potrebbe invece essere implicata nella via di recupero di alcuni nucleosidi, come l’inosina e la xantosina, che non sono il substrato di nessuna chinasi conosciuta. L’osservazione che alcuni tessuti con una attiva sintesi del DNA hanno un’alta attività dell’enzima, fa supporre che la cN-II possa avere anche un ruolo anabolico, infatti potrebbe essere capace di formare dIMP, utilizzando IMP come donatore di fosfato e deossinosina come accettore del fosfato [Barsotti et al., 2005; Tozzi et al., 1991].

Purtroppo queste ipotesi non sono state ancora dimostrate in vivo, ma è noto da tempo che l’attività prevalente dell’enzima in condizioni fisiologiche sarebbe quella fosfotransferasica, se non fosse per l’alta K

m

verso qualunque nucleoside accettore.

Tuttavia non sorprende la capacità della cN-II di fosforilare in vivo degli analoghi purinici utilizzati nella cura delle infezioni virali [Johnson and Fridland, 1989; Keller et al., 1985], in quanto le dosi di somministrazione di questi farmaci sono così alte che la concentrazione raggiunta dall’analogo risulta sufficiente a far sì che la reazione possa avvenire.

L’attività nucleotidasica della cN-II potrebbe essere implicata anche nella defosforilazione della forma monofosforilata degli analoghi nucleosidici utilizzati nelle terapie antitumorali e quindi essere responsabile dell’insorgenza di chemioresistenze. Molti studi condotti su linee cellulari tumorali da gruppi di ricerca diversi suggeriscono, infatti, che un’alta attività della cN-II rappresenti un fattore predittivo per lo sviluppo di fenomeni di resistenza e quindi per il successo di un protocollo terapeutico.

Considerato il coinvolgimento della 5’-nucleotidasi citosolica II nell’attivazione e

deattivazione di molti farmaci purinici, ma anche il suo coinvolgimento nell’eziologia di

alcune sindromi neurologiche, gli studi strutturali e funzionali su questo enzima risultano

importanti per poter perfezionare l’efficacia terapeutica dei farmaci utilizzati in queste

patologie. Inoltre poiché esiste una certa variabilità genetica nell’espressione e nell’attività

della cN-II, per migliorare il trattamento terapeutico potrebbe essere utile personalizzare i

dosaggi farmacologici. Gli studi sulla cN-II per risolvere i dubbi riguardo i suoi ruoli

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fisiologici e per ottenere una conoscenza approfondita sulla catalisi e sul suo meccanismo di regolazione hanno quindi sia un interesse conoscitivo che un fine terapeutico.

Negli ultimi anni è stata dimostrata l’appartenenza della cN-II e delle altre nucleotidasi intracellulari alla superfamiglia delle aloacido dealogenasi [Allegrini et al., 2001; Allegrini et al., 2004], un gruppo di enzimi che condivide un meccanismo di reazione che procede attraverso la formazione di un intermedio enzimatico fosfo-aspartato, la dipendenza dell’attività catalitica dal catione bivalente Mg

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, e la presenza di quattro motivi aminoacidici conservati. Non potendo disporre del cristallo della proteina, a causa della sua bassa idrosolubilità, l’approccio sperimentale utilizzato per dimostrare l’appartenenza dell’enzima a questa superfamiglia è stato quello della mutagenesi sito-diretta seguita dalla caratterizzazione cinetica dei mutanti ottenuti. Il criterio seguito per la costruzione dei mutanti è stato quello di generare sostituzioni conservative e non conservative, per accertare l’importanza di ogni singolo residuo come tale oppure per le sue caratteristiche chimiche o per il suo ingombro sterico.

Nonostante la bassa omologia di sequenza, i componenti della superfamiglia delle HAD condividono una stessa struttura tridimensionale formata da un α/β core domain, contenente i quattro motivi conservati disposti su quattro loops che formano il sito attivo.

Sito attivo CAP

DOMAIN

α⁄β CORE DOMAIN

Figura 4-A: STRUTTURA TRIDIMENSIONALE DI UN GENERICO MEMBRO DELLA SUPERFAMIGLIA DELLE HAD

Il core domain manca della capacità di chiudere il sito attivo al solvente e di riconoscere

il substrato, ma nella superfamiglia delle HAD sono state adottate diverse strategie per

risolvere questo aspetto. Poiché in uno stesso organismo sono generalmente presenti più

proteine con questo tipico ripiegamento, appare evidente che il bersaglio dell’espansione

evolutiva riguardi la diversificazione del substrato; pertanto l’identificazione delle

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caratteristiche strutturali che sono alla base della specificità di substrato, sono la giusta chiave per l’assegnazione di una data funzione a ciascun membro della superfamiglia [Lu et al., 2005].

Alcuni componenti della superfamiglia presentano un dominio accessorio, il cap domain, coinvolto nella desolvatazione del sito attivo e nel riconoscimento del substrato.

Questo elemento differenziativo, come è stato ampiamente spiegato nella sezione dell’introduzione, suddivide la superfamiglia in tre sottogruppi. L’analisi della sequenza primaria della cN-II mostra che la regione aminoacidica compresa tra i loops I e II è molto più grande rispetto a quella tra i loops II e III e che questa sequenza è più ricca di residui idrofobici e aromatici, utili per le interazioni con molecole di glucosio e di ribosio [Shin et al. 2003]. Queste osservazioni suggeriscono che la cN-II appartenga alla sottofamiglia I, formata da proteine aventi un cap domain localizzato tra i loops I e II.

Il movimento del cap domain sul core domain consente l’identificazione di due stati conformazionali ( “cap aperto” e “cap chiuso” ) che si susseguono durante la catalisi. Il cap domain della sottofamiglia I contiene un importante regione, il loop 5, che nella conformazione chiusa entra nel sito attivo e partecipa al legame con il substrato. Un elemento comune di questo loop è la presenza di una glicina conservata che è responsabile della flessibilità di questa regione e quindi del corretto funzionamento del cap domain e dell’attività catalitica [Lahiri et al., 2004]. Il loop 5, o loop del riconoscimento del substrato, fa parte di un motivo strutturale elica-giro-elica e dall’analisi della struttura secondaria della cN-II, prevista conoscendo la sequenza primaria, si può osservare che nella regione compresa tra i loop I e II sono presenti molti motivi elica-giro-elica. Sulla base dell’allineamento proposto da Rinaldo-Matthis e coll., la glicina che con più probabilità sembra essere quella conservata del loop 5 è la glicina in posizione 99.

Nel mio lavoro di tesi è stata infatti studiata questa glicina per indagare sia sul ruolo di

perno attribuito a questo aminoacido sia sull’effettiva presenza del loop 5. Per studiare la

funzione di questo residuo aminoacidico sono stati costruiti dei mutanti puntiformi che

portano una sostituzione conservativa o una non conservativa. Partendo dal gene

dell’enzima ricombinante bovino e utilizzando la tecnica della mutagenesi sito-diretta sono

stati generati i mutanti G99A, G99V e G99P nei quali la glicina 99 è stata sostituita

rispettivamente con Alanina, Valina e Prolina. Gli enzimi ricombinanti mutati, espressi da

un opportuno ceppo di E. coli, sono stati purificati e sottoposti a dosaggi radiochimici per

poter calcolare i loro parametri cinetici più importanti e cercare di dedurre il ruolo della

glicina in base all’effetto prodotto dalla sua sostituzione con questi aminoacidi.

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Come ci aspettavamo, confrontando le caratteristiche cinetiche del mutante G99A con quelle dell’enzima ricombinante wild-type, si può osservare che la mutazione conservativa non ha alterato in modo significativo nessun parametro cinetico.

Le modificazioni più eclatanti sono state misurate per il mutante G99V che mostra una forte riduzione dell’efficienza catalitica e della V

max

, ma anche un aumento significativo delle affinità per i substrati IMP e inosina e, in modo minore, per il cofattore Mg

2+

. Gli ulteriori dosaggi radiochimici e colorimetrici hanno inoltre evidenziato che il trasferimento del fosfato al nucleoside accettore è sfavorito rispetto al trasferimento all’acqua. Questi risultati suggeriscono che la sostituzione della glicina con la valina ha generato una alterazione nella conformazione del sito attivo, che si è manifestata con un aumento delle affinità per i substrati; inoltre l’aumento dell’ingombro sterico apportato dalla valina, oltre a rende più difficile la reazione di fosfotransferasi, potrebbe aver reso più stabile l’intermedio enzima-fosfato, giustificando la bassa attività registrata per questo mutante.

La sostituzione della glicina con la prolina, un residuo in grado di indurre rigidità nella catena polipeptidica, mantiene, contrariamente alle nostre aspettative, una buona efficienza catalitica e mostra, sorprendentemente, un incremento della V

max

. Gli altri parametri cinetici non subiscono particolari variazioni, ma il rapporto 5’N/PHT sembra indicare che in questo mutante l’attività fosfotransferasica sia favorita rispetto all’attività idrolizzante. I dosaggi radiochimici e colorimetrici, eseguiti in assenza e in presenza di inosina, confermano questo dato e rivelano che il nucleoside accettore del fosfato riesce ad esercitare un effetto attivante sulla prima fase della reazione molto più pronunciato rispetto a quello misurato per il wild-type. Poiché la struttura ciclica della prolina non consente il movimento del legame C

α

−N, la catena polipeptidica sarà bloccata con un preciso grado di rotazione e, considerato l’aumento della V

max

osservato, è stato ipotizzato che questa sostituzione possa aver bloccato l’enzima in una conformazione più attiva e stabile.

La cN-II è un enzima molto instabile che perde facilmente attività, perché in breve tempo tende a denaturarsi; l’aggiunta in soluzione di cloruro di magnesio e ATP riesce a preservare l’attività dell’enzima per un tempo più lungo, come se questi composti facessero assumere alla proteina una conformazione più stabile e forse aggregata, che è meno soggetta alla denaturazione. Per studiare le conseguenze della sostituzione della glicina 99 sulla stabilità della proteina e l’effetto stabilizzante del catione bivalente Mg

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sull’enzima wild-type e sui tre enzimi mutanti, sono state effettuate delle analisi

spettrofluorimetriche in assenza e in presenza dello ione metallico. I risultati ottenuti

mostrano che in assenza del magnesio il wild-type va rapidamente incontro a perdita di

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attività e denaturazione, mentre la presenza di 20 mM MgCl

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conferisce una maggiore stabilità alla proteina proteggendo l’enzima dalla denaturazione. Il comportamento del G99A si è dimostrato simile a quello del wild-type, in accordo con i risultati dei parametri cinetici, mentre quanto osservato per il G99V indica che la valina induce un effetto stabilizzante sull’enzima che non viene però completamente mantenuto in presenza del magnesio. Il comportamento del G99P conferma l’ipotesi formulata, perché anche in assenza dello ione metallico l’enzima non va incontro a denaturazione e conserva una buona attività; la sostituzione con la prolina genera quindi sull’enzima un effetto stabilizzante simile a quello normalmente prodotto dal magnesio.

I risultati ottenuti dall’enzima mutante G99V, in particolare le modificazioni a carico delle affinità per i substrati, fanno ritenere che la glicina 99 entri a far parte dell’architettura del sito attivo; tali variazioni, infatti, non si sarebbero potute verificare se questo residuo aminoacidico non si affacciasse nella tasca idrofobica in cui è localizzato il sito catalitico. La glicina 99, oggetto del presente studio, era stata proposta come la migliore candidata nel conferire flessibilità al cap domain. Se durante la catalisi, il cap domain deve essere in grado di muoversi per passare liberamente da un stato conformazionali all’altro, la sostituzione della glicina con una prolina avrebbe dovuto impedire la funzionalità di questo dominio. I risultati ottenuti dalla caratterizzazione del G99P indicherebbero quindi che questa glicina non rappresenta quella della cerniera.

Nella sequenza primaria della cN-II, vicino al residuo aminoacidico studiato, sono state però individuate altre glicine, che potrebbero possedere questo ruolo di perno. Tuttavia alla luce di queste considerazioni è possibile concludere che:

• la cN-II possiede un loop 5

• la glicina 99 fa parte del loop 5

In attesa della realizzazione della struttura cristallina della cN-II, ulteriori esperimenti di mutagenesi sito-diretta potrebbero essere utili per individuare sia dei residui aminoacidici del loop 5 importanti nella catalisi e nel riconoscimento del substrato sia la glicina della cerniera.

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