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1.1- Gli effetti locali

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

Effetti locali e metodi di analisi

1.1- Gli effetti locali

Gli effetti locali di un sito giocano un ruolo fondamentale nella progettazione anti- sismica e devono essere valutati di volta in volta. L’influenza delle condizioni del terreno e della geologia locale sulle intensità delle scosse sismiche sono ormai ben noti da molti anni: MacMurdo in seguito ad un terremoto che colpì l’India nel 1819 notò che gli edifici fondati su roccia avevano subito molti meno danni di quelli le cui fondazioni non raggiungevano gli strati più profondi e solidi del terreno.

Gli effetti locali di un sito possono condizionare profondamente tutte le caratteristiche di una scossa sismica del terreno (ampiezza, contenuto in frequenza e durata). Il peso di tale influenza dipende dalla geometria e dalle proprietà del materiale nei vari strati e dalle caratteristiche dell’eccitazione sismica. La natura degli effetti locali può essere dimostrata in vari modi, da misurazioni di spostamenti reali in superficie e non, da misurazioni di spostamenti superficiali in terreni con condizioni differenti negli strati sottostanti, oppure, attraverso considerazioni teoriche.

Esistono svariate motivazioni per cui gli spostamenti del terreno in superficie dovrebbero essere influenzati dalle condizioni locali. Nella maggior parte dei siti, la velocità delle onde S e la densità del terreno negli strati superficiali sono minori rispetto a quelle degli strati sottostanti. Se trascuriamo gli effetti di dispersione e di smorzamento del materiale, la conservazione dell’energia elastica delle onde impone che il flusso di energia dagli strati sottostanti alla superficie sia costante (E=•vs•). Per cui, se • e vs diminuiscono man mano che l’onda si avvicina alla superficie, • deve aumentare.

Le caratteristiche di un deposito di terreno possono anche influenzare il campo di frequenze in cui un deposito produce amplificazione dell’onda, più precisamente, i depositi più soffici amplificheranno le basse frequenze, mentre gli strati rocciosi amplificheranno le frequenze più alte. Ciò significa che, dal momento in cui i terremoti producono movimenti del sottostrato roccioso in un certo range di frequenze, alcune

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una condizione più realistica di bedrock elastico, l’amplificazione locale sarà influenzata anche dall’impedenza specifica del bedrock, di conseguenza, ogni descrizione delle condizioni locali dovrebbe includere anche la rigidezza e la densità del sottostrato roccioso.

Ulteriori prove dell’importanza delle condizioni locali possiamo trarle dal confronto di alcune registrazioni che sono state fatte in luoghi differenti. Due esempi molto validi da questo punto di vista sono rappresentati dalle registrazioni effettuate in occasione del terremoto di Michoacan (Messico, 1985) e Loma Prieta (California, 1989). Questi due violenti terremoti sono stati registrati in luoghi aventi una grande varietà di condizioni locali nel sottosuolo. Il terremoto di Michoacan (Ms=8,1), ad esempio, causò solamente lievi danneggiamenti nelle vicinanze dell’epicentro, ma provocò ingenti danni nella città di Messico City a circa 350 km di distanza; gli studi che sono stati effettuati in seguito in tale area hanno evidenziato una chiara relazione tra le condizioni locali del terreno e gli spostamenti che si registrarono in superficie. Le accelerazioni massime che furono registrate nelle zone aventi depositi di terreno molto soffici, diffusi per una profondità considerevole, sono 5 volte superiori a quelle che furono registrate in altre zone della città. Ciò fu dovuto all’effetto dell’amplificazione della scossa sismica, trasmessa dal sottostrato roccioso attraverso il deposito di terreno (densità minore, modulo di taglio molto minore). Tale amplificazione, unita ad un aumento del periodo proprio dell’onda, provocò il crollo di edifici alti tra i 15 e i 60 m (avendo questi un periodo proprio intorno ai 2 secondi si verificò un fenomeno di risonanza). Le stesse considerazioni si possono fare esaminando la locazione dei danni più ingenti provocati dal terremoto di Loma Prieta (Ms=7,1), in cui le aree caratterizzate dalla presenza di depositi recenti più soffici registrarono picchi di accelerazione pari a 0,26g-0,29g, ben 3-4 volte maggiori dei picchi di accelerazione registrati in altre aree equidistanti dall’epicentro.

Le condizioni locali di un sito, quindi, influenzano anche il contenuto in frequenza del moto in superficie e quindi dello spettro di risposta che esso produce.

Seed et al (1976) calcolarono lo spettro di risposta per scosse sismiche registrate su quattro differenti tipologie di terreno. Normalizzando tali spettri, è stato possibile osservare gli effetti delle condizioni locali anche sulla forma degli spettri. Per periodi attorno ai 0,5 sec, l’amplificazione è maggiore nei siti in terra che non nei siti rocciosi, per periodi maggiori, l’amplificazione aumenta con la diminuzione della rigidezza del suolo.

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In conclusione, possiamo parlare di amplificazione stratigrafica ogniqualvolta ci troviamo di fronte ad uno strato di terreno (caratterizzato da una certa densità •s, un modulo di taglio Gsed un rapporto di smorzamento Ds) che giace su uno strato roccioso (caratterizzato da una certa densità •r>•s, un modulo di taglio Gr>>Gs ed un rapporto di smorzamento Dr<<Ds) e, in conseguenza di una eccitazione sismica, si verifica che l’onda sismica, passando dallo strato roccioso a quello superficiale, aumenta l’ampiezza e aumenta il periodo proprio.

Figura 1.1. Amplificazione stratigrafica.

Talvolta, gli effetti delle irregolarità topografiche possono essere altrettanto significativi sulle risposte sismiche dei depositi di terreno, è questo il caso in cui si parla di amplificazione topografica. Questi effetti sono riconoscibili in presenza di determinate condizioni topografiche (creste, picchi…) in cui le onde sismiche provenienti dal basso tendono a riflettersi sulla superficie e focalizzarsi verso la sommità della cresta in modo da far registrare i valori massimi dell’accelerazione in prossimità della cima.

Figura 1.2: Amplificazione topografica.

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1.2-Metodi di calcolo monodimensionali

Oggigiorno sono disponibili svariati metodi per la valutazione degli effetti locali per quanto riguarda la risposta sismica dei depositi di terreno durante i terremoti. Molti di questi metodi sono basati sull’ipotesi che le principali risposte in un deposito di terreno sono causate dalle propagazioni verso l’alto delle onde di taglio provenienti dalle formazioni rocciose sottostanti. Le procedure analitiche basate su questo concetto, che incorporano un comportamento nonlineare del suolo hanno portato a risultati concordanti con le osservazioni sul campo in un gran numero di casi.

Quando si verifica un evento sismico, le onde di volume che scaturiscono dalla sorgente, si diffondono in ogni direzione, ma, non appena queste raggiungono l’interfaccia fra materiali geologicamente diversi, vengono riflesse e rifratte. I criteri di analisi trattati in questa tesi si definiscono metodi monodimensionali, in quanto basati sull’ipotesi di una propagazione verticale delle onde di taglio attraverso gli strati del terreno. Questa ipotesi è prossima alla realtà per i motivi che vengono esposti di seguito.

La velocità di propagazione delle onde generalmente diminuisce dall’epicentro verso la superficie, per cui, l’inclinazione di tali onde, che incontrano strati orizzontali viene corretta attraverso successive rifrazioni fino ad assumere una direzione quasi verticale.

Per questo motivo anche se le onde all’interno del sottostrato roccioso si propagano secondo una direzione inclinata, non verticale, dal momento in cui queste attraversano l’interfaccia tra roccia e terreno, entrando in un mezzo a densità minore, subiscono una rifrazione che imprime loro una direzione quasi verticale.

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Inoltre dal punto di vista ingegneristico, il moto verticale del terreno ha minor rilevanza rispetto al moto orizzontale. Occorre anche aggiungere che, nella maggior parte dei casi, le proprietà del terreno variano più rapidamente nel senso verticale che non in quello orizzontale, per cui una stratificazione che si estende infinitamente nel senso orizzontale e che assume interfaccia fra terreni geologicamente diversi diretta in tal senso è più che legittima.

Negli anni, sono state sviluppate anche teorie che studiano gli effetti del sisma in due ed in tre dimensioni attraverso l’uso degli elementi finiti, ma le semplificazioni attuate con il metodo monodimensionale si sono rilevate attuabili in molte situazioni ed hanno riscontrato ragionevoli conformità con le misurazioni nella maggior parte dei casi.

1.3-Metodi lineari - equivalenti e metodi non lineari.

Dal momento in cui siamo a conoscenza del comportamento nonlineare del terreno, occorre modificare l’approccio lineare per ottenere una stima ragionevole della risposta sismica del suolo. Il comportamento sforzo-deformativo puramente nonlineare di un terreno caricato ciclicamente può essere simulato attraverso proprietà lineari-equivalenti.

Il modello viscoelastico di Kelvin-Voigt rappresenta il modo più semplice per simulare il comportamento sforzo-deformazione durante i terremoti. Tale modello fornisce la possibilità di calcolare la risposta sismica di un deposito di terreno nel dominio delle frequenze utilizzando la funzione di trasferimento (Kramer, 1996). Comunque, tale modello ha alcune limitazioni:

• Il comportamento del terreno è marcatamente non lineare.

• Il rapporto di smorzamento del terreno non aumenta linearmente con la

frequenza ma è piuttosto costante, almeno nel campo di frequenze tipiche dei terremoti.

Per questi motivi, fin dai primi anni ’70, sono stati sviluppati codici di calcolo per analisi monodimensionale di risposta sismica dei depositi di terreno che assumono modelli lineari-equivalenti. Per mettere a frutto tale teoria occorre introdurre un modulo di taglio lineare-equivalente, G, ed un rapporto di smorzamento lineare-equivalente D.

Più precisamente, il primo è preso pari al modulo di taglio secante ed il secondo è preso pari allo smorzamento che, in un ciclo, produce la stessa perdita di energia di un ciclo isteretico reale.

Dal momento in cui un approccio lineare richiede che G e D siano costanti per ogni strato del terreno, il problema consiste nell’individuare valori del modulo di taglio e dello

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smorzamento che siano coerenti con il livello di deformazione indotto in ciascuno strato.

Per risolvere questo problema, è necessaria una definizione oggettiva del livello di deformazione. Le prove di laboratorio da cui si ricavano le curve di decadimento del modulo di taglio e la variazione del rapporto di smorzamento, caratterizzano il livello di deformazione dall’ampiezza del picco della deformazione a taglio utilizzando semplici prove di carico armoniche. La storia temporale della deformazione a taglio per una tipica scossa sismica, comunque, è fortemente irregolare, con picchi massimi che vengono raggiunti solo in poche occasioni durante la registrazione. Quindi, se prendiamo in considerazione una storia di deformazione a taglio armonica realizzata in laboratorio ed una storia temporale di deformazione tipica di un terremoto, aventi gli stessi valori massimi di deformazioni chiaramente possiamo affermare che la storia di carico armonica rappresenta una condizione ben più severa. Per questo motivo, solitamente, le storie di carico di un terremoto vengono caratterizzate in termini di deformazioni effettive, le quali, come è stato dimostrato, variano tra il 50 ed il 70% della deformazione a taglio massima.

Dal momento in cui, il livello di deformazione calcolato dipende dai valori delle proprietà lineari equivalenti, è necessario perciò un processo iterativo che assicuri che le proprietà caratteristiche lineari equivalenti siano compatibili con i livelli di deformazione calcolati in ciascuno strato. Tale procedimento iterativo può essere illustrato nei seguenti passi:

1. Viene eseguita una stima iniziale dei valori del modulo di taglio G e del rapporto di smorzamento D per ogni strato, tali valori iniziali solitamente corrispondono allo stesso livello di deformazione per ogni strato.

2. I valori di G e D iniziali vengono usati per calcolare la risposta del terreno, comprese anche le storie temporali della deformazione a taglio per ogni strato.

3. La deformazione a taglio effettiva in ogni strato viene calcolata dalla massima deformazione letta dalla storia temporale, per lo strato j sarà:

) max(

) ( )

( ) (

j i j

eff

i R γ

γ = γ ⋅ (1.1)

Dove (i) si riferisce all’i-esima iterazione e R è la frazione della deformazione effettiva rispetto alla deformazione massima.

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R dipende dalla Magnitudo del terremoto e può essere stimata secondo la seguente relazione:

10

−1

= M

Rγ (1.2)

4. Da questi valori di deformazione effettiva, vengono calcolati nuovi valori di G(i+1)e D(i+1)per la successiva iterazione;

5. I passi 2 e 4 vengono ripetuti fino a che le differenze tra i valori di modulo di taglio e rapporto di smorzamento in due successive iterazioni non sono inferiori ad un certo valore prefissato. Nonostante la convergenza non sia garantita in senso assoluto, si raggiungono differenze inferiori al 5-10 % dopo 3-5 iterazioni (Schnabel et al., 1972).

Approccio nonlineare:

Sebbene, dal punto di vista del calcolo, il metodo lineare-equivalente sia vantaggioso rispetto a quello nonlineare e sebbene permetta di conseguire risultati soddisfacenti per molte applicazioni, rimane un’approssimazione del processo di risposta sismica veramente nonlineare. Un approccio alternativo potrebbe essere quello di analizzare la risposta sismica di un deposito di terreno attraverso integrazione numerica nel dominio temporale. Nell’integrare l’equazioni di moto, per piccoli intervalli di tempo, può essere utilizzato qualsiasi modello sforzo-deformazione lineare o nonlineare oppure anche modelli costitutivi avanzati. Ad ogni passo di integrazione, la relazione sforzo- deformazione tende a fornire le proprietà del terreno da utilizzare in quel preciso passo, in questo modo, è possibile seguire il comportamento sforzo-deformazione nonlineare attraverso piccoli incrementi lineari.

I modelli veramente nonlineari per analisi di risposta sismica monodimensionale, necessitano di definire la relazione sforzo-deformazione per la prima fase di carico (curva scheletro) e per i cicli di scarico e ricarico. Più precisamente, molti codici per analisi di risposta sismica caratterizzano il comportamento nonlineare sforzo-deformazione attraverso modelli noti, tra questi i più comuni sono il modello iperbolico e iperbolico modificato, il modello di Ramberg-Osgood, il modello HDCP (Hardin, Drnevich, Cundall, Pike), il modello di Martin-Davidenkov e il modello di Iwan; mentre altri sono basati su modelli costitutivi avanzati.

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Il codice di calcolo Charsoil (Streeter et al., 1974) idealizza il deposito di terreno come un mezzo stratificato con un comportamento costitutivo nonlineare modellato attraverso la curva scheletro di Ramberg-Osgood (1943) associata al criterio di scarico e ricarico di Masing (1926). In particolare, il secondo criterio di Masing afferma che le curve isteretiche di carico e ricarico hanno la stessa forma della curva scheletro ma modificate tramite un fattore di amplificazione n pari a 2.

Desra-2C (Lee e Finn, 1982) e la sua versione più recente Desramod (Matasovic, 1993), sono due codici di calcolo in grado di valutare la risposta sismica del terreno in termini di sforzi effettivi attraverso la modellazione dell’accumulo di pressione interstiziale indotto dall’eccitazione sismica. In Desra-2C il deposito di terreno stratificato orizzontalmente è modellato come un sistema discreto di masse connesse fra loro tramite molle e smorzatori. Il comportamento nonlineare è caratterizzato inizialmente attraverso il modello iperbolico (curva scheletro) associato al criterio di scarico e ricarico di Masing.

Un altro criterio di caratterizzare la prima curva di carico e i successivi cicli di scarico e ricarico è quello di adottare il modello di Iwan (1967), cioè una serie di elementi aventi differenti rigidezze e angoli di attrito, tale modello è stato adottato in Nera (Bardet e Tobita, 2001)

Numerosi ricercatori hanno evidenziato che il 2° criterio di Masing aveva alcune limitazioni, ovvero generava fattori di smorzamento troppo elevati e cicli isteretici chiusi.

Per ovviare a queste limitazioni, è stato proposto un 2° criterio di Masing modificato, più flessibile che assume un fattore di scala (n) non necessariamente uguale a 2 (Pyke, 1979).

Nel codice di calcolo Onda (Lo Presti, et al., 2006), che verrà analizzato in dettaglio in seguito, la relazione sforzo-deformazione nonlineare viene caratterizzata attraverso il modello di Ramberg-Osgood, associata alle curve di scarico e ricarico del 2° criterio di Masing modificato di cui abbiamo appena discusso.

Per concludere questo capitolo introduttivo è utile sintetizzare la procedura analitica affrontata nei codici di calcolo attraverso i tre passaggi successivi:

1. Determinare le caratteristiche dei moti che più probabilmente si possono sviluppare nella formazione rocciosa sottostante, e selezionare un accelerogramma con tali caratteristiche da utilizzare nell’analisi. L’accelerazione massima, il periodo caratteristico e la durata effettiva sono i parametri più importanti di un terremoto. Le

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in esame sono stati stabilite per scosse di diversa magnitudo (Gutemberg e Richter, 1956, Seed et al, 1969, Schnabel e Seed, 1972). Una scossa di progetto con le caratteristiche desiderate può essere selezionata tra gli accelerogrammi che sono stati registrati durante i precedenti terremoti violenti o può essere generata tramite un accelerogramma artificiale.

2. Determinare le proprietà dinamiche del deposito di terreno. Relazioni medie tra il modulo di taglio dinamico e il rapporto di smorzamento, come funzioni della deformazione a taglio e delle proprietà statiche sono state stabilite per vari tipi di terreno.

Così un programma di prova relativamente semplice atto ad individuare le proprietà statiche da utilizzare in queste relazioni può spesso servire a stabilire le proprietà dinamiche con un sufficiente grado di accuratezza. Comunque tipi di suolo per i quali le relazioni empiriche con le proprietà statiche non sono disponibili in letteratura richiedono test empirici più elaborati tra questi test geofisici in sito e prove di laboratorio.

3. Calcolare la risposta del deposito di terreno ai moti provenienti dalla formazione rocciosa sottostante. Se la stratigrafia del terreno è essenzialmente orizzontale può essere utilizzato un metodo di analisi monodimensionale. I programmi di calcolo sviluppati su questa ipotesi si basano generalmente su una delle due soluzioni: simulazione tramite un sistema di masse connesse tra di loro tramite molle (Idriss e Seed, 1968) oppure risoluzione attraverso l’integrazione dell’equazione del moto dell’onda.

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