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Capitolo 2 - Metodi di scalatura

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Academic year: 2021

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Capitolo 2 - Metodi di scalatura

2.1 Scalatura dei propulsori

I primi propulsori ad effetto Hall furono realizzati grazie ad un intenso lavoro di sperimentazione al fine di caratterizzarne le prestazioni e ottimizzarne il funzionamento. L’utilizzo di questo tipo di approccio per la progettazione, ha prodotto ottimi risultati per l’ottimizzazione dei propulsori nell’intervallo di potenze 0.5-1 kW, e permise, grazie all’esperienza maturata, di redigere i primi criteri di scalatura. per ottenere nuovi propulsori nell’intervallo di potenze 0.5-5 kW.

Il continuo sviluppo delle tecnologie di generazione di energia e quindi la possibilità di poter disporre di livelli di potenza, a bordo di veicoli spaziali, sempre maggiori ha spinto i ricercatori a pensare a propulsori ad alte potenze. La possibilità di disporre in futuro di centinaia di kW di potenza consente di ipotizzare l’utilizzo di propulsori di questa categoria anche per applicazioni interplanetarie.

L’interesse per i propulsori HET non si limita alle alte potenze ma anche a potenze più basse, come testimoniano le numerose richieste in ambito commerciale per missioni orbitali terrestri sia per il sollevamento orbitale che per il controllo d’assetto.

Da quanto detto, risulta chiaro come la problematica di progettare propulsori che presentano livelli di potenza o prestazioni diversi da quelli realizzati in precedenza sia estremamente importante e di interesse pratico: l’obbiettivo è quello di riuscire a modificare la scala di un propulsore senza perdere le caratteristiche favorevoli che erano presenti nel propulsore di riferimento.

Per fare questo si utilizzano delle leggi di scalatura, che sono determinate sulla base di relazioni analitiche dedotte dai meccanismi fisici che governano le proprietà di un propulsore ad effetto Hall e che permettono di valutare in modo abbastanza accurato le prestazioni di una nuova configurazione.

(2)

2.1.1 Strategie di scalatura

Una strategia di progettazione possibile, utilizzata ampiamente nel passato, tiene conto di leggi di scalatura basate sull’esperienza sperimentale, tramite l’utilizzo di un database: questo consiste nella raccolta dei dati di funzionamento riguardanti una grande varietà di propulsori, al fine di poter redigere le leggi di scalatura richieste per lo sviluppo di nuovi motori con diverse configurazioni [7].

Questa strategia evidenzia i suoi limiti a causa della scarsa disponibilità di dati consultabili e che non possono essere completati adeguatamente con i modelli numerici per la descrizione dei processi fisici che si sviluppano all’interno del motore, a causa della loro ancora bassa affidabilità.

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è che sviluppando un propulsore con l’ausilio del database generalmente si ottiene un propulsore già esistente. E anche se ciò è a favore della garanzia di funzionamento non permette comunque di comprendere quale può essere la strategia da seguire per ottener e determinate prestazioni finali. Per superare tutti gli inconvenienti intriseci del metodo statistico è stato sviluppato un nuovo procedimento, molto più elastico e flessibile, basato su veri e propri criteri di scalatura e non solo su dati di funzionamento di diversi propulsori [8]. Questo modo di procedere permette di individuare la migliore strategia da seguire per ottenere determinati valori e prestazioni da raggiungere con il nuovo propulsore.

I risultati che si possono raggiungere con questo modello devono essere letti alla luce delle forti ed evidenti semplificazioni che sono state necessarie per rendere il modello sufficientemente flessibile e adatto ad ogni applicazione di scalatura sia per le alte che per le basse potenze. Il modello non ha la pretesa di prevedere il comportamento del propulsore scalato puntualmente all’interno del motore, quindi ciò che si ottiene da una scalatura è una indicazione delle caratteristiche che si possono ottenere da un propulsore se vogliamo che raggiunga certe condizioni operative, e utilizzare queste informazioni come dati di ingresso per un programma di simulazione che possa convalidare tali dati o modificarli per garantire previsioni più aderenti alla realtà [8].

Nei paragrafi successivi saranno descritti i parametri fondamentali di un propulsore ad effetto Hall e i principali fenomeni che si sviluppano al suo interno; saranno ricavate le relazioni matematiche che esprimono con buona approssimazione i principali fenomeni in funzione dei parametri del motore. Infine si procederà con la descrizione del metodo di scalatura adottato e alla sua applicazione al problema in esame.

(3)

2.2 Parametri fondamentali di un HET

I parametri che descrivono un propulsore ad effetto Hall possono essere divisi in tre grandi gruppi, ovvero i parametri che ne descrivono la geometria, i parametri che descrivono il suo funzionamento e i parametri che ne descrivono le prestazioni.

La geometria del motore oggetto dell’analisi è molto schematica e consiste nella sola camera di accelerazione che generalmente è di forma anulare. Quindi possiamo definire tre parametri fondamentali:

d : diametro medio del canale • b : larghezza del canale • L : lunghezza canale

I parametri che descrivono il funzionamento di un propulsore HET sono riportati di seguito:

Brmax : campo magnetico massimo (radiale) • V d : tensione di scarica

m : portata di propellente

n : densità numerica del propellente • Temax : temperatura elettronica massima • u az : velocità di immissione del propellente •

λ

L : indice di magnetizzazione

λ

i : frazione di lunghezza di ionizzazione • λdiff : frazione di lunghezza di diffusione

• λsheath : frazione di lunghezza occupata dalle guaine I parametri che descrivono le prestazioni del motore sono:

J d : corrente di scarica raccolta nel circuito anodo-catodo • P d : potenza di scarica

• εw : frazione di potenza persa alle pareti

• εi : frazione di potenza persa per la ionizzazione • εa : frazione di potenza persa all’anodo

η

T : rendimento di spinta • v e : velocità di scarico efficace

(4)

I sp : impulso specifico • T : spinta

• Θa,w : carico termico (anodo, pareti)

tlife : vita stimata del motore

Questi parametri, arrangiati attraverso le equazioni che descrivono i fenomeni fisici e le relazioni di bilancio, permettono di poter scrivere un modello semplificato di comportamento di un HET.

2.2.1 Rendimento di un motore ad effetto Hall

L’espressione della spinta, nota la portata di propellente e la velocità di scarico, ha la seguente forma:

(

)

12 2 1 2 2 2 i d d d e J V mP e M v m T  ¸ =  ¹ · ¨ © § = = (2.1) con e M J m = d i (2.2) 2 1 2 ¸¸ ¹ · ¨¨ © § = i d e M eV v (2.3) d d d J V P = ⋅ (2.4)

Il rendimento di spinta può quindi essere espresso nella forma seguente.

d T P m T  2 2 = η (2.5)

In realtà il rendimento di conversione dell’energia in spinta effettiva è ridotto da diversi fenomeni di perdita che vanno ad incidere sul rendimento complessivo del propulsore e che verranno analizzati di seguito.

L’effettiva tensione responsabile dell’accelerazione del propellente è solo una frazione della differenza di potenziale totale V impiegata nel circuito anodo-catodo ovvero d possiamo scrivere: d i i eV u M 2 2 = ε η (2.6)

(5)

dove con M e i ui sono rispettivamente la massa e la velocità media della particella ionica. La (2.6) rappresenta il rendimento del meccanismo di trasferimento di energia, essendo il rapporto tra l’energia cinetica media e l’energia che lo ione acquisterebbe dal campo elettrostatico con differenza di potenziale VD se non vi fossero perdite dovute alla guaina all’anodo e al potenziale residuo del plasma all’uscita del canale.

Se indico con V la tensione necessaria alla sola fase di accelerazione degli ioni posso a riscrivere la relazione precedente, detta rendimento di tensione, come segue:

d d a d d a V V V V V V V ∆ − = − − = = 1 1 ε

η

(2.7)

dove il termine ∆V Vd tiene conto di diversi fenomeni che si sviluppano all’interno del motore durante il funzionamento e in particolare le perdite alle pareti laterali (εw), le perdite per la guaina all’anodo (εa) e il costo di ionizzazione (εi).

i a w d L V V ε ε ε ε = ∆ = + + (2.8)

Possiamo quindi riscrivere il rendimento di tensione come

L

ε

ηε = 1− (2.9)

Introduciamo poi il rendimento di corrente, che rappresenta la frazione di corrente elettrica che effettivamente entra in gioco nell’accelerazione degli ioni.

i J J D i i = =1−

η

(2.10)

dove Jd = Ji +Je rappresenta la somma della correte ionica ed elettronica e i =Je Jd . La portata totale di propellente include, oltre alla parte principale costituita dal propellente ionizzato, anche una frazione di neutri che non influiscono sulla produzione della spinta. E’ quindi utile introdurre un rendimento di massa definito come

tot i m m m   =

η

(2.11) con e M J m i i i =  (2.12)

Questo termine misura la riduzione di rendimento di spinta in base alla percentuale del gas che effettivamente viene ionizzato.

(6)

2 2 2 cos i iz u u ≈ ≈

ϕ

η

ϕ (2.13)

in cui si è indicato con u e iz u rispettivamente la media della componente assiale della i velocità e la velocità media della particella ionica; ϕ rappresenta l’angolo di divergenza del fascio.

La (2.13) è detta anche efficienza di divergenza del fascio ed indica quanta parte di energia non partecipa alla spinta assiale nel motore. La causa principale di questo fenomeno è da attribuirsi alle collisioni tra atomi neutri e ioni nella zona di uscita, con questi ultimi che perdono molto della loro energia così da essere più sensibili alla presenza di campi elettrici radiali [9].

2 2 i i u u = ν

η

(2 .14)

detto anche efficienza di dispersione di velocità che indica quanto è attendibile il termine legato alla media delle energie delle singole particelle.

Possiamo adesso esplicitare la relazione completa che esprime il rendimento di spinta per un propulsore ad effetto Hall:

(

)

ϕ ν ν ϕ ε η η η η ε η η η η η ηT = ⋅ im⋅ ⋅ = 1− Lim⋅ ⋅ (2.15)

2.2.2 Ionizzazione, diffusione, accelerazione

In questo paragrafo si analizzano le regioni caratteristiche interne al canale anulare in di un propulsore ad effetto Hall in condizioni di lavoro.

Nella fig. 2.1 sono illustrate le varie zone in cui può essere idealmente suddiviso il canale di accelerazione di un motore ad effetto Hall SPT, in modo da confrontare le dimensioni relative tra le varie zone presenti [10].

Bishaev e Kim [11] hanno diviso il canale del propulsore in varie regioni in ognuna delle quali si sviluppano diversi processi e che portano, nelle condizioni caratteristiche di lavoro, allo sviluppo dell’accelerazione del propellente e la conseguente produzione di spinta.

Escludendo la zona immediatamente a contatto con l’anodo (in cui si sviluppa una guaina anodica), le regioni principali che costituiscono il canale sono tre e in particolare è presente una prima zona (BD) di diffusione in cui il campo elettrico è praticamente

(7)

trascurabile, non si ha produzione di ioni e quelli presenti si muovono in direzione dell’anodo, contrariamente al flusso di propellente che invece esce dall’anodo.

Figura 2.1 - Confronto fra le zone del canale di accelerazione: la zona AB rappresenta la guaina anodica, BD la regione di diffusione, DH la regione di ionizzazione, HE la regione di accelerazione, C la fine della zona di pre-guaina, S sezione sonica per il flusso di ioni, E la fine del canale, P la sezione di neutralizzazione del fascio; sono inoltre riportati i flussi assiali delle diverse specie di particelle coinvolte nel processo.

La seconda zona (DH) presenta un intenso processo di ionizzazione delle particelle ed è caratterizzata dalla presenza di picchi di densità del plasma e temperatura.

La terza zona (HE), detta di accelerazione, si estende anche ad di fuori dell’uscita del canale in una regione chiamata plume e nella quale la caratteristica più rilevante è l’elevato salto di potenziale che accelera il propellente ionizzato producendo cosi la spinta.

Verranno di seguito descritte brevemente le regioni caratteristiche interne al canale anulare di un propulsore ad effetto Hall e i fenomeni ad esse correlati. Si arriverà, poi, a determinare le relazioni con i parametri fondamentali del propulsore di ogni lunghezza caratteristica, in modo da ottenere delle informazioni da utilizzare in seguito nella trattazione vera e propria della scalatura. Per una descrizione più dettagliata delle vari regioni si rimanda alla consultazione di [8].

Ionizzazione del gas

Come abbiamo visto in precedenza (paragrafo 1.3) il processo accelerativo del gas è causato dalle forze elettrostatiche applicate. Poiché il gas in ingresso è neutro, per avere un buon rendimento del motore è necessario che il processo di ionizzazione sia efficace, cioè che la maggior parte del propellente iniettato nel canale dall’anodo venga ionizzato, dato che le particelle neutre non partecipano alla generazione della spinta.

(8)

Figura 2.2 - Schema delle collisioni tra particelle

Solitamente in un motore ad effetto Hall si usa come propellente lo xeno a causa del suo basso valore dell’energia di prima ionizzazione e il cui processo di ionizzazione può essere espresso come:

− +

+

+e Xe e

Xe 2 (2.16)

è da notarsi che viene preso in considerazione soltanto il processo di prima ionizzazione del gas.

Con il termine ionizzazione si intende una serie di processi molto complicati, che hanno l’effetto di separare dalla particella neutra uno o più elettroni. Tale processo è innescato da fenomeni collisionali tra particelle cariche ad elevata energia interna e gli atomi neutri del gas.

Il numero di ioni prodotti nell’unità di tempo e nello spazio delle velocità può essere espresso [7], [12]

( )

g n n g

( )

g dg

Rioni = ae⋅ ⋅σi ⋅ (2.17)

dove n è la densità di neutri, a n la densità di elettroni, g la velocità relativa di e collisione e σi

( )

g la sezione d’urto relativa ad una collisione neutro-elettrone.

La velocità di ionizzazione totale verrà ricavata dall’integrazione su tutto lo spazio delle velocità relative di collisione e si trova che per motori ad effetto Hall tipici ha una dipendenza del tipo:

2 3 e e a ioni n n T R = ⋅ ⋅ (2.18)

Infine introduciamo due parametri che discendono direttamente dallo studio dei processi di ionizzazione e che sono importanti per la progettazione di un motore ad effetto Hall.

(9)

Ipotizzando che le particelle neutre mantengano per tutta la lunghezza del canale la loro velocità di immissione (u ) e trascurando i termini di ricombinazione possiamo az definire la lunghezza di ionizzazione:

= ⋅ > < = a e i az i n v u L

σ

cost (2.19)

Tale grandezza rappresenta la lunghezza di scala del processo e, affinché la ionizzazione si possa considerare completa, essa deve essere una piccola frazione della lunghezza del canale.

La frazione del canale adibita alla completa ionizzazione del gas è rappresentata dalla grandezza adimensionale: L Li i = λ ~ 1 2 3 << ⋅ ⋅ e a az T L n u (2.20) da cui si deduce 2 3 e T ~ az i a u L n ⋅ ⋅

λ

(2.21)

Questa approssimazione è valida nell’intervallo di ionizzazione 12.1 eV e 50 eV che rappresenta la prima energia e il picco di ionizzazione per lo Xeno.

Durante la fuoriuscita del propellente dall’anodo i neutri che collidono anelasticamente con gli elettroni producono fenomeni di ionizzazione o di eccitazione e comunque gli elettroni vengono spinti verso livelli di energia più alti e durante la fase di decadimento nella configurazione iniziale emettono radiazioni nel campo del visibile formando la caratteristica luminescenza di questi propulsori.

Per tener conto della totalità di queste energie si può considerare un multiplo dell’energia di prima ionizzazione (EI)

I

ion E

E =(2÷3)⋅ (2.22)

Quindi nell’equazione dell’energia deve essere tenuto in considerazione anche il termine aggiuntivo: p ion p i M E m P =  (2.23)

dove M rappresenta la massa atomica del propellente (generalmente Xeno quindi p

Xe

p M

M ≡ ).

(10)

Se vogliamo scalare correttamente le dimensioni del canale, è importante considerare anche la regione del canale che precede la regione di accelerazione.

Questa regione di pre-ionizzazione è formata dalle zone di guaina e pre-guaina, che verranno analizzate in seguito e rappresentano una piccola parte di questa regione, e dalla zona di diffusione. Quest’ultima è caratterizzata da una bassa ionizzazione delle particelle e il fenomeno di diffusione è dominato dai gradienti di pressione.

Il fenomeno di diffusione di Bohm rappresenta il meccanismo preponderante per il trasporto delle particelle all’interno di un propulsore ad effetto Hall: per una trattazione approfondita sull'argomento si rimanda a [7], [8] e [13].

Il parametro che caratterizza la regione di diffusione, ai fini della scalatura del propulsore, è rappresentato dalla lunghezza di diffusione LD che, utilizzando l’approccio descritto da Ahedo [10], risulta essere:

D L ~ B n Te ⋅ 2 3 (2.24)

Dalla relazione precedente è facile ricavare frazione adimensionale di lunghezza del canale che corrisponde alla regione di diffusione:

L LD diff = λ ~ L B n Te ⋅ 2 3 (2.25) Regione di accelerazione

A valle del sottile strato di ionizzazione vi è la regione di accelerazione (HE). In questa parte del canale del propulsore gli ioni vengono accelerati dall’intenso campo elettrico. La differenza di potenziale, la temperatura e la pressione elettronica sono ancora elevati. La fase di accelerazione continua anche al di fuori del canale, nella parte denominata plume, e questo comporta un adeguamento anche per le equazioni di governo del flusso. Oltre il punto P il catodo, che emette una corrente di elettroni sia verso l’anodo che in verso contrario al propulsore, neutralizza il fascio di ioni uscente dal canale anulare, annullando quindi l’effetto del campo elettrico sulle particelle non più cariche.

La frazione di lunghezza del canale del propulsore a disposizione per la fase di accelerazione del flusso si può valutare semplicemente tramite la conoscenza delle frazioni di lunghezza di ionizzazione, λi, e di diffusione, λd.

diff i

acc λ λ

(11)

2.2.3 Interazioni con la parete e fattori di perdita

Un plasma ha la particolarità di essere una miscela quasi-neutra: questo significa che se si ha la comparsa di zone elettricamente cariche assisteremo alla nascita di campi elettrostatici locali tali da ristabilire la neutralità.

Tali variazioni di carica possono avvenire in regioni di spazio dalla lunghezza caratteristica, detta lunghezza di Debye:

2 0 e n T k D ⋅ ⋅ ⋅ =

ε

λ

(2.27)

dove con ε0 si indica la costante dielettrica del vuoto.

Questa situazione si verifica in prossimità delle pareti della camera di accelerazione e dell’anodo ed è causata dalla maggior mobilità degli elettroni rispetto agli ioni. Ciò comporta che le pareti si carichino negativamente, mentre il plasma rimane caricato positivamente, con la comparsa di un campo elettrostatico tendente ad accelerare gli ioni verso le pareti per ristabilire la quasi-neutralità.

La zona interessata da questo fenomeno è dell’ordine di alcune lunghezze di Debye e viene chiamata guaina (sheath). La guaina è una vera e propria barriera di potenziale che confina la maggior parte degli elettroni all’interno del plasma: soltanto le particelle con elevata energia interna riescono a superare il potenziale creato dalla guaina e a collidere con le pareti, avendo perso parte della loro energia nel superare la barriera di potenziale.

Nelle fig. 2.1 e 2.2 è riportata schematicamente la situazione descritta.

(12)

Figura 2.4 - Distribuzione particelle in prossimità di una parete

Dalla figura si nota che nella guaina è molto ridotta la presenza di elettroni, mentre il loro numero diventa apprezzabile nella zona confinante, chiamata pre-guaina (presheath) in cui si ha comunque ancora la presenza di campi elettrostatici.

La densità degli ioni è più alta di quella degli elettroni in prossimità delle pareti per effetto del campo elettrico negativo associato con il flusso di elettroni che sfuggono verso di esse.

La conduzione degli elettroni verso le pareti della camera di accelerazione rappresenta il principale meccanismo di perdita energetica, influente sul rendimento del propulsore attraverso una riduzione del potenziale di accelerazione degli ioni.

Nel tentativo di quantificare la potenza perduta è necessario studiare il fenomeno dell’emissione secondaria di elettroni da parte del materiale delle pareti.

Durante il funzionamento del motore le varie specie presenti nel plasma possono entrare in collisione con le pareti. Nel caso degli atomi neutri, essi verranno riflessi in maniera diffusa nel flusso principale. Se la particella è uno ione, esso verrà neutralizzato al contatto con la parete e riemesso come neutro. Infine, se ad urtare la parete è un elettrone, questo innescherà la cosiddetta emissione secondaria. Tale fenomeno è particolarmente evidente nei materiali isolanti utilizzati negli SPTs (Nitruro di Boro, Alumina, Silice,…) e vede l’elettrone impattare la parete strappando da essa un altro elettrone, a volte appartenente agli strati meno superficiali e sempre con un contenuto energetico inferiore. Nella fig 2.5 si riporta la caratteristica struttura di una curva di produzione di elettroni secondari in cui si è indicato con:

(13)

-Emax energia per cui si raggiunge il massimo della produzione di elettroni secondari, -EII energia per cui la produzione torna ad essere inferiore all’unità,

-∂max elettroni prodotti per numero di elettroni incidenti.

Figura 2.5 - Andamento tipico della curva di produzione degli elettroni secondari in funzione dell’energia degli elettroni primari.

Nella Tabella 2.1 sono riportati i dati sull’emissione secondaria di alcuni materiali. L’incompletezza dei dati su EII è dovuta alla limitata energia disponibile nei test. In genere il massimo del coefficiente di emissione secondaria degli isolanti è molto più alto di quello dei metalli e dei semiconduttori. La produzione di elettroni secondari è influenzata da molteplici fattori tra cui anche lo stato superficiale delle pareti e la sua influenza sulle prestazioni del propulsore è di notevole complessità.

In primo luogo la produzione di elettroni da parte delle pareti abbassa la barriera di potenziale della guaina, permettendo ad un numero maggiore di elettroni di oltrepassarla raggiungendo quindi la parete. Inoltre gli elettroni emessi, a causa della loro bassa energia interna, non contribuiscono alla ionizzazione del gas. La perdita energetica da attribuire a tale fenomeno è dell’ordine del 10%. Ne consegue che per ottenere un miglioramento del rendimento il materiale utilizzato dovrà possedere un coefficiente di emissione secondaria basso e un elevato valore di EI .

(14)

Tabella 2.1 - Dati sull’emissione degli elettroni secondari per alcuni materiali

In realtà sono stati trovati anche dei vantaggi nella produzione di elettroni secondari: essi infatti alimentano gran parte della corrente di ionizzazione ed inoltre tendono a stabilizzare la scarica.

L’interazione del plasma con le pareti, come abbiamo visto, gioca un ruolo cruciale nel funzionamento di un propulsore HET contribuendo in maniera determinante al trasporto degli elettroni e rappresenta il meccanismo più rilevante di perdita di energia.

Le perdite di energia alle pareti possono essere descritte tramite l’utilizzo del modello di guaina e pre-guaina, insieme all’emissione secondaria di elettroni, sviluppato da Ahedo [10]. Come descritto in [14] possiamo considerare, per motivi di semplificazione, solo il caso stazionario in cui il flusso di ioni alle pareti è dato da

[

s

( )

p

]

w p w i =Γ ⋅ −δ T Γ, , 1 (2.28)

dove δs

( )

Tp è la funzione di emissione secondaria ed è definito come:

( )

w p w s p s T , , Γ Γ =

δ

(2.29)

con Γ , s ,w Γp,w, T rispettivamente il flusso alle pareti degli elettroni secondari, il flusso p di elettroni primari e la loro temperatura.

Esprimendo il flusso di ioni alle pareti in termini di densità numerica ionica ni,Q all’interfaccia guaina-preguaina e di velocità di Bohm otteniamo:

2 1 , , , ¸¸ ¹ · ¨¨ © § ⋅ ⋅ = ⋅ = Γ i e M i Bohm Q i w i M KT n u n

ϕ

(2.30)

(15)

Essendo

ϕ

=ni,Q ni,M il rapporto tra le densità numeriche degli ioni al confine della guaina e nella parte centrale del plasma. Il problema consiste nel valutare

δ

s e

ϕ

. In condizioni di limite di saturazione della carica (CSL, indicato dal simbolo * per i termini che si riferiscono a questa condizione), cioè quando il campo elettrico alle pareti si annulla, otteniamo i seguenti dati sperimentali [15]:

-

δ

s =0.983 per Tp =21 eV

- una caduta di potenziale in guaina

φ

w,Qe Tp =1.02, con

(

Tp Te

)

∗ =1.02 e

ϕ

* =0.45. In queste particolari condizioni possiamo scrivere

Bohm M i w i n, u * , =

ϕ

Γ (2.31)

Ipotizzando che vi sia completo trasferimento di energia dagli elettroni primari alle pareti, per unità di area, possiamo scrivere:

s w i e w KT Q

δ

− Γ = 1 2 3 *, (2.32)

Per rendere questa espressione più aderente alla realtà dovremmo integrarne il valore lungo tutta la lunghezza del canale poiché la condizione di limite di saturazione di carica non è continuamente verificata, ottenendo quindi:

( )

( )

z KT

( )

x d dz z P L e s w i w ⋅ ⋅ − Γ =

³

π

δ

2 2 3 1 0 , (2.33)

Una semplificazione del problema può essere ottenuta considerando il trasferimento del calore solamente la dove le condizioni di CSL sono verificate. Questa imposizione porta ad una forma molto più semplice della porzione di potenza persa alle pareti:

L d T K M T K n P e i e s w ⋅ ⋅ ⋅ − Φ =

π

δ

2 2 3 1 * (2.34)

Dove i termini sopra-segnati rappresentano i valori massimi e il termine Φ è un parametro correttivo che ingloba tutte le costanti e i fattori trascurati nel passaggio si semplificazione e che può essere considerato una costante per un dato materiale.

Considerando i soli legami di dipendenza possiamo quindi affermare che:

w

P ~nTe32dL (2.35)

Da cui posiamo ricavare il rapporto tra la potenza persa alle pareti e la potenza totale Pd

d w w P P =

ε

~ d e P L d nT 32 ⋅ (2.36)

(16)

Per completare l’analisi possiamo esplicitare la potenza P nel seguente modo d d az i m d i i m d d d mV e n u d b V M e V J P = = = ⋅ ⋅ ⋅

π

⋅ ⋅ ⋅

η

η

η

η

 ~ nuazdbVd (2.37) Per cui sostituendo nella :

w

ε

~ d az e d az e V b u L T V b d u n L d nT ⋅ = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ 32 2 3 (2.38) che comporta 2 3 e T ~ u b E* L V b u d w az az w =

ε

ε

(2.39)

con E campo elettrico medio lungo il canale. Dalla formula precedente e dalla (2.21) si * vede che la variazione della temperatura elettronica è esprimibile in funzione di parametri differenti e quindi risulterà necessaria la scelta del tipo di variazione da imporre al valore di T in base alla strategia di scalatura ritenuta più efficace. e

Dato che anche l’anodo presenta una guaina allora possiamo ricavare il relativo termine di perdita in maniera analoga a ciò che è stato fatto per la perdita alle pareti:

d a a P P =

ε

~ d az e d e V u T P b d nT 32 32 = ⋅ (2.40)

Infine per le perdite dovute alla ionizzazione, ricordando l’equazione (2.23)

e E J M E b d u M n M E m P i ion Xe ion m az Xe az Xe ion p i p = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = =     (2.41)

possiamo quindi scrivere:

d d i i d i i V J J e E P P = =

ε

~ d i V

η

(2.42)

2.2.4 Vita stimata e carichi termici

Un altro parametro importante per quanto riguarda la scalatura è rappresentato dalla vita operativa del propulsore, che è limitata dall’erosione del canale. Basandosi sui dati disponibili e pubblicati [16] e su un semplice modello di erosione [17] si può ottenere la seguente relazione: life t ~ 2 1 nT hins ∆ (2.43)

(17)

Per propulsori scalati verso dimensioni e livelli di potenza elevati, lo spessore dell’isolante può essere stimato come:

ins

h

~ b (2.44)

mentre una legge più conservativa può essere preferibile se si scala verso dimensioni più piccole

ins

h

~ b (2.45)

I dati così ricavati servono solo ad avere una stima dell’ordine di grandezza per la vita operativa del propulsore e possono presentare errori significativi per valori molto elevati del potenziale in quanto nel modello non si tiene conto dell’aumento dell’energia subito dagli elettroni, che comporta un maggiore fenomeno di erosione all’interno del canale. Durante il disegno del propulsore, soprattutto nel caso di piccole dimensioni, si richiede di verificare i carichi termici all’anodo e sulle pareti del canale. Una stima della potenza per unità di superficie può essere ottenuta dividendo la potenza che interessa lo specifico componente per l’area totale dello stesso. Questo porta alle relazioni per l’anodo e per le pareti

a a a A P = Θ ~ 32 e nT w w w A P = Θ ~ 32 e nT (2.46) 2.2.5 Il propulsore di riferimento

Il metodo della scalatura si propone di passare, variando determinati parametri attraverso adeguati fattori di scala, dalle caratteristiche di un particolare propulsore, definito propulsore di riferimento, ad un nuovo propulsore che permetta di soddisfare determinate condizioni operative.

E’ necessario quindi definire il propulsore di riferimento in maniera tale che risponda a criteri di funzionamento e prestazioni ottimali, avendo cura che la scelta sia basata su dati sperimentali attendibili e comprovati da prove di volo superate in ambiente spaziale.

In base al database degli HET di ALTA – Centrospazio è stato scelto come propulsore di riferimento il motore SPT-100 (riportato in fig. 2.6). Le ragioni principali dietro questa scelta sono la grande quantità di dati disponibili per questo propulsore (in riferimento a molti punti operativi differenti), il fatto che in Russia ha accumulato una significativa esperienza di volo (cosa che garantisce una buona affidabilità dei dati disponibili) e la sua potenza di scarica ha un valore intermedio (~1 KW), che consente

(18)

al propulsore di poter essere considerato un riferimento per scalature sia verso le alte che le basse potenze.

Figura 2.6 - Propulsore SPT-100

Le caratteristiche del propulsore SPT-100 possono essere individuate grazie ai numerosi test condotti presso diversi istituti, che hanno permesso di individuare numerosi punti di funzionamento. Di seguito sono riportati i dati scelti per il propulsore:

dmed =85 mmb=15 mmL=22 mmPd =1350 WVd =300 VoltJd =4.5 Am =5 mg/sBrmax =200 G

λ

i =0.18 •

λ

diff =0.62

(19)

ε

w =0.25 •

ε

a =0.054 •

ε

i =0.136 • Temax =33 eV

η

v =0.95 •

η

ϕ =0.95 •

η

m =0.98 •

η

i =0.82 •

η

=0.47 • Isp =1486 sT =86.9 mN

Le varie lunghezze adimensionali e i termini di perdita sono stati ottenuti per via indiretta attraverso modelli di calcolo della dinamica del plasma presenti in letteratura, in particolare facendo riferimento a [10],[18].

Noti i flussi di potenza alle pareti e all’anodo è possibile determinare i carichi termici e la vita stimata del propulsore nel caso particolare di pareti realizzate in Nitruro di Boro di tipo HP e spessore dell’isolante pari a 10mm.

• Θw =18.8 Watt /cm2 • Θa =4.45 Watt /cm2 • tlife =4000 hours

Possiamo stabilire il livello di magnetizzazione del plasma, attraverso il raggio di Larmor, e la lunghezza adimensionale delle guaine, facendo riferimento a ciò che è stato detto in [7] e [19], indifferentemente tra parete interna ed esterna:

• = , ≈0.043 L rLe L

λ

• = 2⋅10⋅ ≈0.091 b D sheath

λ

λ

(20)

2.3 Matrice di scalatura

Il metodo usato per la scalatura in questa relazione rappresenta l’ultima versione di un metodo sviluppato e raffinato nel corso degli anni presso ALTA e Centrospazio [7], [8]: con tale metodo si è cercato riscrivere le classiche matrici di scalatura e di dar loro un significato fisico e rendere il modello sufficientemente flessibile.

Di seguito verranno mostrate le relazioni algebriche generali utilizzate per la scalatura dei propulsori, successivamente saranno stabilite quali sono le variabili da prendere come riferimento e si procederà allo sviluppo di una matrice di scalatura per ogni variabile. Fatto questo si uniranno tutte le matrici trovate per ottenere quindi un’unica matrice di scalatura che successivamente applicheremo al caso particolare di nostro interesse.

2.3.1 Algebra di scalatura

In questo paragrafo sarà introdotto il formalismo che utilizzeremo per descrivere le operazioni di scalatura su un motore di riferimento al fine di ottenere i parametri necessari per un nuovo motore con una diversa configurazione. Siamo interessati al modo in cui i differenti parametri caratteristici di un dato dispositivo variano in seguito ad un cambiamento delle sue dimensioni.

Definiamo y i parametri caratteristici del sistema preso come riferimento e i y gli i' stessi parametri considerati però nella nuova configurazione che vogliamo ottenere. Possiamo riferire i due insiemi di valori introducendo un nuovo parametro detto fattore di scala: i i i y y ' =

ϕ

(2.47)

Definiamo modo di scalatura una procedura in grado di trasformare un sistema di parametri attraverso un parametro di scalatura

ς

in accordo con le relazioni di scalatura ricavate precedentemente; l’applicazione di un modo di scalatura richiede di dover fissare determinati parametri e di mantenerli fissi in numero pari al grado di liberta del sistema di equazioni ricavate.

(21)

Il modo di scalatura risulta definito dal vettore degli esponenti

[ ]

α

i , che definiscono la potenza a cui il parametro di scala deve essere elevato per ciascuno dei parametri del sistema, in altre parole ogni modo di scalatura definisce le nuove variabili come:

i i i y y'= ⋅

ς

α (2.48) dove si è considerato i i α

ς

ϕ

= .

Il modo di scalatura che mi permette di esprimere la precedente trasformazione può essere rappresentato attraverso la matrice A ovvero ς

[

i

]

Aς =

ς

α (2.49)

Nel caso di due modi di scalatura A e ς B occorre utilizzare due fattori di scala ovvero: ς

[

i i

]

B

Aς⋅ ζ =

ς

α

ζ

β (2.50)

Il prodotto di queste due trasformazioni da come risultato la matrice G :

[

i

]

B A

Gξ = ς ⋅ ζ =

ξ

γ (2.51)

dove

γ

e

ξ

possono essere facilmente ricavati come mostrato di seguito:

i i i p

α

q

β

γ

= ⋅ + ⋅

ξ

=

ς

ζ

(2.52)

ζ

ς

ς

ln ln ln + = p e q= 1− p (2.53)

Nel caso particolare di fattori di scala coincidenti il problema si semplifica nel seguente modo:

(

i i

)

/2 i

α

β

γ

= + e

ξ

=

ς

2 (2.54) e quindi

( )

( i i) i i i i i i i i y y y y

ξ

γ

ς

α β

ς

α β

ϕ

= = = 2 + /2 = + ' '' ' (2.55)

Il problema può essere facilmente generalizzabile per tre o più modi di scalatura:

= j j i ij α

ς

ϕ

oppure =

¦

j j ij i α ς ϕ ln ln (2.56)

Imponendo un certo numero di fattori di scala su determinate variabili sarà necessario utilizzare uno stesso numero di modi di scalatura indipendenti tra loro. Cosi facendo il problema si riduce alla risoluzione di un sistema di equazioni lineari

[

lnϕk

] [

= αkj

] [

⋅ lnςj

]

(2.57)

dove l’indice k si riferisce al numero di condizioni imposte sulle variabili mentre i vari

k

(22)

scalatura relativi alle condizioni imposte. L’indice j si riferisce alle posizioni occupate dalle grandezze fissate.

Invertendo le matrici si perviene alla determinazione delle incognite ottenendo l’effettiva matrice di trasformazione Gξ

[

] [

] [

]

G

[

i

]

k kj j γ ξ ξ ϕ α ς = − ⋅ ln → = ln 1 (2.58) dove

¦

= j j ς ξ ln , =

¦

j j ij i α p γ ,

¦

= j j j j p ς ς ln ln (2.59)

I termini p rappresentano i pesi delle singole matrici nella trasformazione j complessiva.

2.3.2 Relazioni di scalatura

La prima relazione che consideriamo è quella che esprime la portata m , che può essere espressa come b d u M n m = ⋅ Xeaz ⋅ ⋅ (2.60)

dove n è la densità numerica, MXe è la massa atomica del propellente (generalmente Xenon), la velocità di uscita del propellente dall’anodo, d e b le dimensioni del diametro del propulsore e larghezza del canale di accelerazione.

La corrente J raccolta sul circuito principale anodo-catodo, che varia nello stesso d modo della portata, si può esprimere nella seguente forma

d J ~ d b L B V n b d B e n r d r ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ max max (2.61)

Poiché il modello non ha la pretesa di descrivere puntualmente ciò che succede dentro il canale, la condizione di non precisare il punto in cui e collocata la corrente descritta in questo modo è del tutto legittima.

Dalla relazione che esprime J si può ricavare il valore del campo magnetico d

max r B ~ d b L J V n d d ⋅ ⋅ (2.62)

Nota la corrente è inoltre possibile esprimere la potenza di scarica:

d d

d J V

(23)

Per quanto riguarda i processi di ionizzazione e diffusione nel paragrafo 2.2.2 sono state indicate le rispettive frazioni di lunghezza del canale che ne sono responsabili. Possiamo qui riassumere quei risultati:

L Li i = λ ~ 1 2 3 << ⋅ ⋅ e a az T L n u (2.64) L LAD diff = λ ~ 1 2 3 << ⋅ L B n Te (2.65)

Sono inoltre descrivibili sia lo spessore delle guaine alle pareti, come multiplo della lunghezza di Debye, sia il raggio di Larmor come mostrato di seguito:

b D sheath λ λ = 2⋅10⋅ ~ b n Te (2.66) L rL L = λ ~ b n Te (2.67)

Per poter descrivere, attraverso un modello, il comportamento del propulsore in maniera verosimile è necessario tenere in considerazione anche le varie perdite che limitano il valore del rendimento, esprimibile come:

(

ε

)

η η ηϕ ην η = − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = = L i m d e e d T P v T P m T 1 2 2 2  (2.68) dove εLwai.

I tre termini di perdita possono essere espressi, con buona approssimazione, mediante adeguati coefficienti, utilizzando le seguenti relazioni:

d w w P P =

ε

~ d e P L d n T 32 ⋅ ⋅ ⋅ (2.69) d a a P P =

ε

~ d e P b d n T 32 ⋅ ⋅ ⋅ (2.70) d i i P P =

ε

~ d P m (2.71)

A questo punto può essere espressa la relazione che esprime la velocità di scarico equivalente secondo la seguente relazione:

0 2 g I m P v d T sp e = ⋅ ⋅ =  η (2.72)

(24)

dove g è il fattore di conversione tra 0 v e e I scelto convenzionalmente come il valore sp dell’accelerazione di gravità sul livello del mare.

La spinta stimata si può ottenere sempre dalla velocità di scarico:

e d

v P

T = 2⋅ ⋅

η

(2.73)

Come già visto l’effetto di erosione alle pareti provoca una riduzione della vita operativa del motore che può essere stimata secondo la seguente espressione

life t ~ 2 1 nT b (2.74)

(si è utilizzato la relazione che descrive il fenomeno per le alte potenze vista l’attinenza con l’ambito di indagine di questo elaborato) e le relazioni che descrivono il carico termico sulle pareti laterali e sull’anodo sono espresse da

a Θ ~ 32 e nT Θ ~ w 32 e nT (2.75) 2.3.3 La matrice di scalatura

Per prima cosa occorre ricercare le variabili rispetto a qui riferire le matrici e queste devono essere tali da poter descrivere al meglio le caratteristiche del propulsore.

I motori ad effetto Hall sono soggetti a parametri sia geometrici che fisici. Per quanto riguarda i parametri geometrici possiamo considerare le tre grandezze fondamentali ovvero diametro, larghezza e lunghezza.

Per i parametri fisici possiamo considerare la tensione di scarica e la portata di propellente disponibile all’anodo. Dato però che la portata è funzione di altre grandezze attraverso la relazione (2.60) b d u M n m = ⋅ Xeaz ⋅ ⋅

allora è preferibile utilizzare come variabile non la portata, ma la densità numerica. In questo modo risulta più evidente quando si decide di mantenere fisso il suo valore. Il gruppo delle variabili è dato da

d diametro medio del canale del propulsore

b larghezza del canale del canale

L lunghezza del canale

V tensione di scarica

(25)

La matrice cosi costruita risulterà quindi dotata di cinque gradi di liberta.

La matrice colonna L

Per ottenere la prima matrice di scalatura si mantengono fissi i valori di b, L, V, n e si rende libera di variare la prima variabile ovvero d.

d

b

L

V

n

ς

1

1

1

1

Tabella 2.2 - Scelta della prima variabile

Noti i valori delle variabili si possono ricavare gli altri termini che caratterizzano il propulsore utilizzando le relazioni già analizzate nei paragrafi precedenti. Sostituendo ai vari termini i relativi fattori di scala si possono quindi ricavare i termini da inserire nella matrice di scalatura.

Il primo termine che occorre ricavare è la portata di propellente m attraverso la relazione già vista in precedenza. L’unico termine che può variare è il diametro poiché la densità numerica e la larghezza si mantengono costanti, la massa atomica dipende dal propellente utilizzato e la velocità di uscita del propellente si può considerare costante.

( )

ς ς ς = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =n M u d b m 1 1 1 1 m Xe az 

La corrente J raccolta sul circuito principale anodo-catodo, che varia nello stesso d modo della portata, si può esprimere nella seguente forma

( )

ς ς

( )

ς

ς m = → Jd =

Dalla relazione che esprime J si può ricavare il fattore di scala del campo magnetico d

max r B ~

(

)

1 1 1 1 1 max ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ς ς ς r d B b d L J V n

e il fattore di scala della potenza

( )

ς ς ς = ⋅ = → ⋅ = d d 1 d J V P P

Se imponiamo alla temperatura di rimanere costante possiamo utilizzare le varie relazioni già riportate in precedenza per valutare le frazioni di lunghezza e ricavare i rispettivi termini di scalatura

(26)

L

λ

~ 1 1 1 1 ) ( max = ⋅ = → ⋅ L r e L B T

λ

ς

i λ ~ 1 1 1 1 1 ) ( 2 3 → = = ⋅ ⋅ e i az T L n u λ ς diff λ ~ 1 1 1 1 1 ) ( max 2 3 = ⋅ = → ⋅ diff r e L B n T

λ

ς

sheath

λ

~ 1 1 1 1 ) ( = = → sheath e b n T

λ

ς

Per quanto riguarda i vari termini di perdita possiamo scrivere

w

ε

~ 2 ( ) 1 1 1 1 3 = ⋅ ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅

ς

ς

ε

ς

w d e P L d n T a

ε

~ ( ) 1 1 1 1 2 3 = ⋅ ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅

ς

ς

ε

ς

a d e P b d n T i

ε

~ → ( )= =1

ς

ς

ε

ς

i d P m

Noti i termini di perdita può essere valutato il valore dell’efficienza

η

T, da cui posso ricavare di I e T . sp

Per quanto riguarda i carichi termici all’anodo e alle pareti di seguito sono riportati i rispettivi termini: a Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1 a e nT ς w Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1 w e nT ς

Infine può essere ricavato anche il fattore di scala per la vita presunta del propulsore

life t ~ 1 1 1 1 ) ( 2 1 → L = = nT b

λ

ς

Siamo finalmente in grado di scrivere in forma completa la matrice L con tutti i termini di scalatura relativi all’unica variabile d.

La matrice colonna R

Mantenendo tutte le variabili costanti tranne la larghezza b, come riportato nella seguente tabella, si può ottenere la seconda matrice che chiameremo Laterale.

(27)

d

b

L

V

n

1

ς

1

1

1

Tabella 2.3 - Scelta della seconda variabile

Analogamente a quanto fatto per la matrice L si procede alla determinazione dei vari parametri di scala e dei rispettivi ordini di grandezza sfruttando le solite relazioni che brevemente vengono riportate di seguito. Si ipotizza che il profilo della temperatura elettronica sia sempre lo stesso sia nel motore di prova si in quello che si intende realizzare. Portata di propellente all’uscita dall’anodo

( )

ς ς ς = ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ =n M u d b m 1 1 1 1 m Xe az 

La densità di corrente varia nello stesso modo della portata

( )

ς ς

( )

ς

ς m = → Jd =

Valore di picco del campo magnetico

max r B ~

(

)

1 1 1 1 1 max ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ς ς ς r d B b d L J V n

Fattore di scala della potenza

( )

ς ς ς = ⋅ = → ⋅ = d d 1 d J V P P Frazioni di lunghezza L

λ

~ 1 1 1 1 ) ( max = ⋅ = → ⋅ L r e L B T

λ

ς

i λ ~ 1 1 1 1 1 ) ( 2 3 → = = ⋅ ⋅ e i az T L n u λ ς diff λ ~ 1 1 1 1 1 ) ( max 2 3 = ⋅ = → ⋅ diff r e L B n T λ ς sheath λ ~ → ( )= 1 1 =ς−1 ς λ ς sheath e b n T Termini di perdita w ε ~ 2 1 3 1 1 1 1 ) ( = ⋅ ⋅ ⋅ = − → ⋅ ⋅ ⋅ ς ς ε ς w d e P L d n T

(28)

a ε ~ ( ) 1 1 1 1 2 3 = ⋅ ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ ⋅ ς ς ε ς a d e P b d n T i ε ~ → ( )= =1 ς ς ε ς i d P m

Carichi termici all’anodo e alle pareti

a Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1 a e nT ς w Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1 w e nT ς

Fattore di scala per la vita presunta del propulsore

life t ~

ς

λ

ς

=

ς

⋅ = → 1 1 ) ( 2 1 L nT b

Una alternativa a questa procedura è modificare il valore massimo della temperatura in maniera tale che le perdite alle pareti rimangano inalterate:

w ε ~ 2

( )

23 3 1 ) (ε ς ς ς = → = → ⋅ ⋅ ⋅ e w d e T P L d n T a ε ~ ς ς ς ς ε ς = ⋅ ⋅ ⋅ ¸ ¹ · ¨ © § = → ⋅ ⋅ ⋅ 1 1 ) ( 2 3 3 2 2 3 a d e P b d n T i ε ~ → ( )= =1 ς ς ε ς i d P m

Oltre ai termini di perdita variano anche le frazioni di lunghezza infatti si ottiene

L

λ

~ 13 3 2 max 1 1 ) (

λ

ς

ς

ς

= ⋅ = → ⋅ L r e L B T i

λ

~ 1 2 3 3 2 2 3 1 1 1 ) ( = − ¸ ¹ · ¨ © § ⋅ ⋅ = → ⋅ ⋅ e

ς

λ

i

ς

ς

az T L n u diff

λ

~ 12 2 3 3 2 max 2 3 1 1 1 ) (

ς

ς

λ

ς

= ⋅ ¸ ¹ · ¨ © § = → ⋅ diff r e L B n T sheath

λ

~ 23 3 2 1 ) ( = = − →

ς

ς

ς

λ

ς

sheath e b n T

Carichi termici all’anodo e alle pareti

a

Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1

a e

(29)

w

Θ ~ 32 → (Θ )=1⋅1=1

w e

nT

ς

Fattore di scala per la vita presunta del propulsore

life t ~ 23 2 1 3 2 2 1 1 ) ( ς ς ς λ ς = ¸ ¹ · ¨ © § ⋅ = → L nT b

La matrice colonna trovata presenta quindi 2 colonne, una relativa al caso di temperatura elettronica massima costante e una con la temperatura elettronica variabile e tale da mantenere costante il termine di perdita εw. La divisione parte a cominciare dal termine di magnetizzazione del plasma

λ

L poiché tutte le relazioni che seguono dipendono dal termine T . e

Le matrici colonna A, V, N

Seguendo la stessa procedura già utilizzata in precedenza è possibile ricavare le altre tre matrici dette A, V, N che corrispondono alla variazione di L,V,n rispettivamente.

La prima matrice A, che definiremo assiale, permette alla lunghezza di poter variare mantenendo il potenziale costante, mentre il campo elettrico nominale può invece variare al variare della lunghezza L.

Nella matrice V si permette solo alla tensione di scarica di poter variare lasciando tutte le altre variabili costanti. Tutti gli altri parametri variano di conseguenza. In particolare rispetto alle precedenti matrici, in questo caso la scalatura avviene solamente su parametri fisici mantenendo tutti i termini geometrici costanti.

L’ultima matrice, N, da determinare riguarda quella relativa alla densità numerica n per la quale, come nel caso precedente, le dimensioni e la tensione di scarica del propulsore rimangono pari a quelle del propulsore di riferimento.

I valori ricavati (gli esponenti a cui sono elevati i parametri di scala) vengono riportati nella tabella seguente.

A

V

N

d 0 0 0

b 0 0 0

(30)

V 0 1 0 n 0 0 1 m ,J d 0 0 1 P 0 1 1 max r B -1 1 0 e T 0 0 0 L

λ

0 -1 0 i λ -1 0 -1 diff λ -1/2 -1/2 -1/2 sheath λ 0 -1/2 0 w ε 1 -1 0 a ε 0 -1 0 i ε 0 -1 0 life t 0 0 -1 w a Θ Θ 0 0 1

Tabella 2.4 - Matrici A,V,N

I valori riportati rappresentano gli esponenti che definiscono la potenza a cui il parametro di scala deve essere elevato per ciascuno dei parametri del sistema.

La matrice colonna A non modifica ne la potenza ne gli altri parametri di prestazione. Invece Ad un aumento della lunghezza del canale L corrisponde un aumento della perdita alle pareti e una diminuzione del valore massimo necessario del campo magnetico.

Dalla matrice V si vede come un aumento della tensione di scarica comporti una diminuzione delle perdite con un diretto vantaggio sul rendimento.

Dalla matrice N si vede come aumentando la densità numerica del propellente aumenti anche la spinta, la potenza richiesta e la portata, ma si ha anche una riduzione di frazione di lunghezza di ionizzazione e di diffusione come ci si aspettava poiché aumentando n aumenta anche la probabilità di collisione tra neutri ed elettroni quindi

(31)

una riduzione della regione di ionizzazione e diffusione ed un aumento della regione del canale del motore responsabile dell’accelerazione degli ioni con un conseguente aumento della spinta.

La matrice di scalatura completa

Dai risultati ottenuti è possibile scrivere la matrice di scalatura completa M.

L

R

A

V

N

d 1 0 0 0 0 b 0 1 0 0 0 L 0 0 1 0 0 V 0 0 0 1 0 n 0 0 0 0 1 m ,J d 1 1 0 0 1 P 1 1 0 1 1 max r B 0 0 -1 1 0 e T 0 0 2/3 0 0 0 L

λ

0 0 1/3 0 -1 0 i λ 0 0 -1 -1 0 -1 diff λ 0 0 1/2 -1/2 -1/2 -1/2 sheath λ 0 -1 -2/3 0 -1/2 0 w ε 0 -1 0 1 -1 0 a ε 0 0 1 0 -1 0 i ε 0 0 0 0 -1 0 life t 0 1 2/3 0 0 -1 w a Θ Θ 0 0 1 0 0 1

(32)

La matrice di scalatura che possiamo definire per brevità M, è costituita dalla cinque colonne L, R, A, V, N, che sono state determinate imponendo cinque variabili, d, b, L, V, n, quindi la matrice possiede cinque gradi di libertà.

E’ interessante notare la particolare somiglianza tra le matrici L e N che in effetti differiscono solo per la variabile libera di cambiare (d per la matrice L e n per la matrice N), le frazioni di lunghezza necessarie per la ionizzazione e la diffusione, i carichi termici all’anodo e alle pareti e per la vita operativa stimata.

La matrice assiale A permette la variazione della lunghezza L del canale del propulsore e modifica il valore del campo magnetico massimo e le frazioni di lunghezza λi e λdiff . La scalatura del propulsore di riferimento avviene fissando uno o più parametri e ricavando i vari fattori di scala relativi ai vari vettori colonna che costituiscono l’intera matrice M.

Nella prima colonna L varia il diametro mentre gli altri parametri fisici caratteristici rimangono costanti. Si modifica solamente la portata con lo stesso fattore di scala del diametro a causa dell’aumento dell’area della sezione trasversale. Dato che la corrente varia nello stesso modo della portata allora all’aumento del diametro corrisponde anche un aumento della corrente.

Nella seconda colonna R viene variata la larghezza del canale b e questo comporta, nel caso di temperatura elettronica costante, una generale invarianza dei parametri dei processi fisici tranne che per le perdite alle pareti che invece possono cambiare. Modificando la temperatura invece vengono mantenute costanti le perdite alle pareti e variano le perdite all’anodo. Seguendo questa strada si modificano anche gli altri parametri di lunghezza λi, λdiff ,

λ

L.

La terza colonna modifica la lunghezza L del canale del motore modificando, di conseguenza, tutti quei parametri dimensionali che descrivono i fenomeni nella direzione assiale, λi e λdiff , e le perdite alle pareti poiché aumenta la superficie di scambio del calore.

La quarta colonna, denominata V, lascia inalterate le dimensioni del propulsore e la densità numerica del propellente utilizzato ma modifica la tensione di scarica V . La d variazione di potenziale ha effetti diretti sul processo di diffusione, modificando la relativa lunghezza dimensionale λi, e sui termini di perdita εw, εa, εi. Inoltre la variazione di V comporta effetti anche sul campo magnetico necessario per i vari d

(33)

processi interni, modificando quindi anche la magnetizzazione del plasma

λ

L essendo questa dipendente dal raggio di Larmor.

La colonna definita con la lettera N non modifica alcun parametro geometrico del motore ma permette di modificare la densità numerica del propellente utilizzato. Ricordando la relazione (2.60) ad una variazione della densità numerica n si associa una variazione della portata m oltre che ad una variazione delle lunghezze dimensionali di ionizzazione e diffusione poiché dipendono fortemente dalla concentrazione di particelle all’interno del canale del motore.

Nella matrice di scalatura non sono stati riportati alcuni parametri fondamentali per la descrizione del funzionamento del propulsore come la spinta, l’impulso specifico e il rendimento: questi parametri, per il propulsore nella configurazione finale, sono stati ricavati matematicamente a partire da quelli ottenuti tramite la scalatura.

(34)

Figura

Figura  2.1  -  Confronto  fra  le  zone  del  canale  di  accelerazione:  la  zona  AB  rappresenta  la  guaina  anodica, BD la regione di diffusione, DH la regione di ionizzazione, HE la regione di accelerazione,   C  la  fine  della  zona  di  pre-guain
Figura 2.2 - Schema delle collisioni tra particelle
Figura 2.3 - Distribuzione potenziale in prossimità di una parete
Figura 2.4 - Distribuzione particelle in prossimità di una parete
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