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Tribunale di Milano Seconda Sezione civile

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Tribunale di Milano Seconda Sezione civile

* * *

Fallimento Ovin. Comm d’Abruzzo Srl

R.g. n. 900/16

Giudice Delegato Dott. Federico Rolfi Curatore Avv. Elisa Castagnoli

* * *

VALUTAZIONE COMPLESSO AZIENDALE

Considerazioni annesse al contratto d’affitto di ramo d’azienda

Copia della presente è stata consegnata a mani dello scrivente al curatore RELAZIONE DI STIMA

Redatta dal perito Dr. Mario Franco

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RELAZIONE DI STIMA

Premesse

In data 20-21 ottobre 2016 veniva dichiarato il fallimento Ovin. Comm.

D’Abruzzo Srl., con sede in Milano, Via G. Carducci n. 17, e sede operativa in Pianella (PE) Contrada Fontanoli e Contrada Collecchio, con nomina a Curatore dell’Avvocato Elisa Castagnoli, e G. D. Dott. Federico Rolfi.

In data 02-11-2016 il curatore incaricava lo scrivente Dott. Mario Franco con studio in Milano, Via Urbano III n. 3 al fine di procedere alla valutazione del complesso aziendale della società fallita, concesso in affitto, nonché considerazioni annesse al contratto di cessione in affitto di ramo d’azienda sottoscritto fra la odierna fallita e la Ovin Comm. Srl - con sede in Torino Via Vittorio Amedeo II n. 19 - stipulato in data 17-12-2013 e registrato a Pinerolo in data 9 gennaio 2014.

Acquisite le prime informazioni per lo svolgimento dell’incarico affidato, in data 30-11-2016 si provvedeva ad effettuare accesso in Pianella (PE) località Contrada Fontanoli e Contrada Collecchio ove insistono due immobili adibiti allo svolgimento dell’attività della fallita.

Per quanto possibile i dati in oggetto sono stati vagliati nella loro attendibilità e congruenze, compatibilmente con le finalità di cui alla presente stima ed ai tempi ad essa necessari.

Prima di procedere oltre nel riferire in ordine alle modalità di stima possibili ed adottate, il sottoscritto ritiene di doverosamente premettere quanto segue:

le considerazioni che il sottoscritto andrà ad esporre, e le conseguenti valutazioni, terranno sempre in considerazione il particolare stato giuridico

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della società, posto che è evidente come essa sia passata negli ultimi anni attraverso momenti di grande difficoltà il cui punto di non ritorno è ovviamente ravvisabile nella stessa dichiarazione di fallimento.

La situazione societaria venutasi a creare negli ultimi anni (come più avanti si avrà modo di meglio significare) ha certamente intaccato l’azienda e la sua capacità d’essere presente nel mercato in modo vitale.

Quanto sopra è di fondamentale importanza, ai fini della stima, poiché si tratta di vicende che, se possono aver intaccato in bassa misura il valore della maggior parte dei beni materiali, certamente influenzano la valutazione del bene oggetto del presente elaborato, nonché ed in maggior misura quel bene immateriale tipicamente insito nell’azienda, generalmente qualificato come “avviamento”.

I metodi di analisi disponibili verranno in seguito illustrati e si addiverrà alla scelta del più idoneo, adattando le tipologie al caso specifico.

* * * L’Azienda

Prima di addentrarci nell’esame della problematica di cui si è dato cenno, giova premettere alcune brevi considerazioni sulle caratteristiche fondamentali delle aziende che operano in settori commerciali similari a quello della fallita.

La tipologia di attività svolta necessita di licenze e di autorizzazioni strettamente collegate all’ambiente di lavoro e alle caratteristiche proprie dell’imprenditore che ne fa richiesta.

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Se da un lato fattuale l’avvio o la prosecuzione di un’attività dedicata al macello di animali per la rivendita delle carni per l’alimentazione può risolversi in una mera individuazione di terreni e spazi sufficientemente adeguati, lo svolgimento dell’attività sottostà a regole di natura sanitaria e di carattere qualitativo che richiedono il rilascio di Determinazioni emesse dalla Direzione Sanitaria – Servizio Veterinario e Certificazioni di qualità Iso 9001 rilasciate da organismi specifici.

Le prime riguardano procedure di riconoscimento condizionato e definitivo degli stabilimenti che trattano prodotti di origine animale destinati al consumo umano ai sensi del Regolamento CE 853/2004 (ivi incluse le eventuali procedure di sospensione, cessazione e revoca).

La predetta circolare norma alcuni aspetti peculiari del procedimento unico di cui alla Legge Regionale n. 3/2008 (articolo 1, commi 16-32) applicato ai riconoscimenti comunitari ed, in particolare, disciplina le interazioni tra i SUAP, i Dipartimenti di prevenzione delle ASL e l’Assessorato regionale dell’Igiene e Sanità e dell’Assistenza Sociale – Servizio prevenzione, per quanto concerne le seguenti fattispecie:

1. avvio di nuovi stabilimenti;

2. aggiornamento del riconoscimento a seguito di modifiche strutturali e/o impiantistiche e/o di gamma produttiva tali da richiedere una rivalutazione dei requisiti igienico sanitari; ASSESSORATO DELL’IGIENE E SANITA’

E DELL’ASSISTENZA SOCIALE Direzione generale della Sanità Servizio prevenzione 2/5

3. cambio di ragione sociale e/o titolarità dello stabilimento già riconosciuto.

I primi due casi comportano la convocazione della Conferenza di Servizi da

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parte del SUAP competente, mentre il terzo è in immediato avvio, fatte salve le verifiche successive e l’aggiornamento degli elenchi ufficiali degli stabilimenti riconosciuti (sistema SINTESI) attraverso l’emissione di apposita determinazione da parte dell’Assessorato dell’Igiene e sanità e dell’Assistenza sociale – Servizio prevenzione. Ferme restando le disposizioni della circolare in argomento, alle quali si rinvia integralmente, si rende necessario dare indicazioni operative ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL relativamente al procedimento di rilascio del riconoscimento condizionato, ai sensi del Regolamento CE 854/2004 (articolo 3, paragrafo 1 lettera b), ascrivibile all’avvio di nuovi stabilimenti, e del successivo riconoscimento definitivo. Procedura per il rilascio del riconoscimento condizionato in caso di avvio di nuovi stabilimenti: il procedimento è avviato su istanza del legale rappresentante dell’impresa alimentare ed è disciplinato secondo le indicazioni e la tempistica riportate nella circolare interassessoriale n. 9191 del 23-06-2009, in particolare: - Il rappresentante legale dell’impresa alimentare presenta al SUAP del Comune dove è situato lo stabilimento, la DUAAP (dichiarazione unica di autocertificazione di attività produttiva) e gli allegati pertinenti, comprensivi della planimetria dello stabilimento e della relazione tecnica descrittiva del processo produttivo; - il SUAP, verificata la correttezza formale dell’istanza e degli allegati, trasmette la documentazione, secondo la tempistica definita, agli Enti coinvolti nel procedimento, tra i quali, in ogni caso, il Dipartimento di prevenzione della ASL ed il Servizio prevenzione regionale; - il Servizio veterinario della ASL, ricevuta la DUAAP e la documentazione a corredo, effettua una visita in loco per verificare la rispondenza dello stabilimento ai

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requisiti relativi alle infrastrutture ed alle attrezzature, ivi compreso il requisito concernente la predisposizione di procedure basate sui principi del sistema HACCP adeguate rispetto alla natura ed alla dimensione dell’impresa alimentare, procedure che potranno successivamente essere riadattate dopo l’avvio dell’attività; ASSESSORATO DELL’IGIENE E SANITA’ E DELL’ASSISTENZA SOCIALE Direzione generale della Sanità Servizio prevenzione 3/5 - Il Servizio Veterinario trasmette la check list - comprensiva del giudizio complessivo sulla sussistenza dei requisiti igienico - strutturali ed il parere favorevole o sfavorevole al rilascio del riconoscimento condizionato - al Servizio Prevenzione regionale; nel caso di approvvigionamento idrico autonomo dello stabilimento, il SIAN trasmette al Servizio Prevenzione regionale il giudizio di idoneità d’uso dell’acqua e il parere sulla idoneità dell’area di salvaguardia (vedasi circolari dell’Assessorato n. 6353 del 25-03-2010 e n. 11237 del 09-05-2011). I suddetti pareri dovranno essere inviati in tempo utile affinché il Servizio prevenzione regionale possa esprimersi in sede di Conferenza di Servizi; - il SUAP, in caso di esito positivo della Conferenza di Servizi, trasmette il relativo verbale al Servizio prevenzione regionale e al Dipartimento di prevenzione della ASL oppure, in caso di esito negativo, trasmette il provvedimento di diniego; - il Servizio prevenzione regionale, acquisito il verbale della Conferenza provvede, con atto formale, ad attribuire numero di riconoscimento (approval number) allo stabilimento, e ad iscriverlo provvisoriamente nell’apposito elenco ufficiale (sistema SINTESI) con riconoscimento condizionato; tale atto dovrà essere inviato al SUAP. Si precisa che il provvedimento di riconoscimento condizionato ha una validità

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di 3 mesi, prorogabile per altri 3 mesi alle condizioni specificate al punto 2 della procedura di riconoscimento definitivo. - il SUAP emana il provvedimento unico finale al quale sarà allegata la determinazione regionale, e provvede quindi a notificarlo, oltre che al titolare dell’impresa alimentare, al Servizio prevenzione regionale e al Dipartimento di prevenzione della ASL. Procedura per il rilascio del riconoscimento definitivo in caso di avvio di nuovi stabilimenti: il procedimento è avviato d’ufficio e non è disciplinato secondo le disposizioni del procedimento unico di cui alla L.R. n. 3/2008 e della circolare n. 9191 del 23-06-2009;

esso si svolge nel modo seguente: - entro 3 mesi dal rilascio del riconoscimento condizionato il servizio veterinario della ASL effettua un sopralluogo presso lo stabilimento al fine di verificare la sussistenza di tutti i pertinenti requisiti della legislazione alimentare, compresi i requisiti gestionali; ASSESSORATO DELL’IGIENE E SANITA’ E DELL’ASSISTENZA SOCIALE Direzione generale della Sanità Servizio prevenzione 4/5 - il sopralluogo presso lo stabilimento può dare origine ad uno dei seguenti casi:

1) il Servizio veterinario verifica la sussistenza di tutti i pertinenti requisiti della legislazione alimentare, compresi i requisiti gestionali, ed esprime il proprio parere favorevole al rilascio del riconoscimento definitivo; in tal caso il Servizio veterinario trasmette al Servizio prevenzione regionale la check list comprensiva del giudizio complessivo sullo stabilimento e del parere favorevole al riconoscimento definitivo. Il Servizio prevenzione regionale emana la determinazione di riconoscimento definitivo e provvede all’aggiornamento del sistema SINTESI;

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2) il Servizio veterinario verifica che lo stabilimento non soddisfa ancora tutti i pertinenti requisiti della legislazione alimentare e, qualora siano stati comunque compiuti progressi evidenti nella gestione dell’attività, concede la proroga del riconoscimento condizionato, di durata non superiore a 3 mesi e provvederà, contestualmente, ad impartire le opportune prescrizioni al titolare dello stabilimento. L’atto di concessione della proroga da parte della ASL determina il verificarsi della condizione per la proroga della validità del provvedimento di riconoscimento condizionato emanato dal Servizio prevenzione regionale. Il riconoscimento condizionato non potrà in ogni caso superare la durata totale di 6 mesi. La check list e l’atto di concessione della proroga sono quindi trasmessi al Servizio prevenzione regionale.

3) il Servizio veterinario verifica la mancanza di uno o più requisiti tali per cui non è possibile concedere proroghe e, pertanto, dispone la chiusura dell’attività. Il riconoscimento condizionato decade e l’impresa deve cessare di operare, così come previsto dall’articolo 4, comma 4, del Regolamento CE 853/2004. Il Servizio veterinario invierà quindi l’esito del sopralluogo con la disposizione di chiusura al Servizio prevenzione regionale che provvederà ad emettere la determinazione di revoca del riconoscimento condizionato ed alla cancellazione dello stabilimento dal sistema SINTESI.

Si precisa infine che, per quanto attiene ai casi di chiusura temporanea o definitiva degli stabilimenti riconosciuti, è necessario distinguere tra sospensione/cessazione volontaria dell’attività e sospensione o revoca del riconoscimento ai sensi dell’articolo 54 del Regolamento CE 882/2004: - la sospensione/cessazione volontaria è comunicata, a cura del rappresentante legale dell’impresa alimentare, al SUAP competente, attraverso la

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compilazione della modulistica pertinente; successivamente il SUAP provvederà ad inoltrare la documentazione al Servizio veterinario della ASL e al Servizio prevenzione regionale per gli adempimenti di rispettiva competenza; in caso di richiesta di sospensione volontaria dell’attività si precisa che lo stabilimento potrà essere riavviato solo previo parere favorevole del Servizio veterinario della ASL a seguito di sopralluogo ispettivo. Considerato che ai sensi articolo 6 paragrafo 2 del Regolamento CE 852/2004, l’Operatore del Settore Alimentare è tenuto a comunicare all’Autorità Competente ogni variazione intervenuta nell’attività, il Servizio veterinario vigila sulla corretta applicazione di tale disposizione; - i provvedimenti di sospensione o revoca del riconoscimento ai sensi dell’articolo 54 del Regolamento CE 882/2004 sono adottati dal Servizio prevenzione regionale su impulso del Servizio veterinario della ASL e non prevedono il coinvolgimento del SUAP. I provvedimenti di sospensione, cessazione o revoca del riconoscimento determinano l’aggiornamento del sistema SINTESI.

Il secondo riguarda le norme della serie ISO 9000 definite dall’International Organization for Standardization per delineare i requisiti per i sistemi di gestione della qualità all’interno delle aziende. Si tratta di norme generali e flessibili, applicabili ai processi e settori aziendali più svariati.

La certificazione ISO 9001 deve essere richiesta ad un Ente Certificatore avvalendosi in parallelo si una Società di Consulenza specializzata nella creazione e gestione di Sistemi di Gestione della Qualità (SGQ). Una volta realizzatiti tutti i passi necessari a creare e a implementare il Sistema di Gestione della Qualità e dopo aver implementato correttamente la norma Iso

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9001 nel tessuto Aziendale e nei processi Aziendali, si richiederà all’Ente Certificatore di verificare ed attestare la conformità dell’azienda rispetto ai requisiti delineati dalla ISO 9001.

Il percorso di certificazione consiste in diverse fasi, le quali avranno il compito di individuare le carenze dell’azienda rispetto alla normativa di riferimento e mettere a punto un programma di interventi finalizzati alla loro riduzione. Questo percorso andrà a toccare tutti i livelli della struttura aziendale, puntando alla realizzazione di una “politica della qualità”

efficiente e coerente all’interno dell’impresa.

Ulteriori passi fondamentali del processo di certificazione sono costituiti dalla formazione del personale interno, dalla redazione della documentazione richiesta dall’Ente di Certificazione e dal monitoraggio costante del sistema.

Si può quindi affermare che le aziende in regolare possesso di tali documenti si collocano all’interno del mercato con una alta caratterizzazione della qualità del servizio offerto, sottoposta a strette e relativamente complicate procedure.

E’ altrettanto evidente come le attestazioni ottenute, come sopra rappresentato, appartengono all’azienda certificata e solo attraverso di esse è possibile lo svolgimento dell’attività di macellazione.

Queste caratteristiche lette nell’ottica della concorrenza di mercato rende l’azienda regolarmente certificata più appetibile sia per i potenziali acquirenti della stessa che per i clienti che in essa individuano quelle realtà commerciali su cui basare un rapporto di fidelizzazione e certezza nel rinvenire il prodotto di qualità.

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Tale introduzione era d’obbligo, al fine di presentare la particolare realtà economica in cui esercitava la propria attività la società ora fallita, nonché per far meglio comprendere quegli elementi caratteristici del settore di cui bisognerà tenere conto in sede valutativa: dalle problematiche e le difficoltà oggettive di ottenimento delle certificazioni alle modalità di svolgimento dell’attività.

La valutazione in oggetto

Ancorché l’incarico ricevuto abbia per oggetto la sola valutazione del ramo d’azienda della società oggi fallita, la valutazione del contratto di affitto stipulato in data 17-12-2013 fra la stessa e la Ovin Com Srl risulta necessaria e propedeutica alla determinazione economica finale cui il sottoscritto giungerà.

E’ appena il caso di rappresentare che il fallimento, giusta autorizzazione del GD emesso il 14-12-2016 e depositato il 15-12-2016, ha ritenuto utile e necessario procedere ad una prosecuzione temporanea del rapporto contrattuale in essere con la sola modifica della durata del contratto individuata al 31-03-2017.

In particolare, per ciò che attiene l’impresa si tratta di procedere alla determinazione economica di un complesso aziendale costituito solo da quell’elemento immateriale noto come avviamento essendo di fatto l’azienda, intesa come complesso di beni materiali destinati allo svolgimento di un’attività, non più esistente.

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La valutazione d’azienda infatti ha come caratteristica peculiare quella di considerare l’oggetto di valutazione come un qualcosa di perdurante nel tempo e di produttore economico: il fallimento della società ha evidentemente spogliato la stessa di quelle caratteristiche proprie che possano permettere di considerare l’azienda come un soggetto economico produttore di reddito.

L’esistenza alla data di fallimento di un contratto di affitto di ramo d’azienda permette per contro di rilevare come comunque l’azienda fallita possa produrre astrattamente un reddito che può e deve essere utilizzato come elemento caratterizzante le valutazioni economiche che si andranno ad effettuare.

L’azienda Ovin Comm. D’Abruzzo Srl risulta avere sede in Milano, Via G.

Carducci n. 17. Soci risultano essere:

- LAMBS & PIGS INT. SRL per il 90%

- RASIA MAURIZIO per il 10%.

L’oggetto sociale della fallita risulta essere, in estrema sintesi, l’attività di macellazione e rivendita di ovini e bovini, cosi come attestato dal certificato

del Registro delle Imprese di Milano, presso il quale è iscritta al n. 01579930684 nonché alla Camera di Commercio di Milano REA n. 1771767.

In data 17 dicembre 2013, il sig. Ivo Rasia, in qualità di legale rappresentante della Ovin Comm d’Abruzzo Srl, stipulava un contratto d’affitto di ramo d’azienda con la soc. Ovin Comm. Srl con sede in Torino in persona della procuratrice speciale Sig.ra Senestro Anna Teresa.

Per facilità di lettura si allega copia del contratto in oggetto.

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Oggetto dell’atto in parola risulta essere “il compendio aziendale costituito dal nome commerciale, i simboli eventualmente posseduti e/o utilizzati dalla concedente, le attrezzature, i mobili e gli arredamenti di proprietà della concedente indicati negli elenchi allegati; i beni mobili iscritti in pubblici registri; i rapporti di lavoro in essere con 12 dipendenti addetti all’attività del compendio aziendale come da elencazione nominale; il know-how tecnico e commerciale; le certificazioni, i permessi, le autorizzazioni amministrative atte e necessarie all’esercizio dell’attività.” Veniva altresì specificatamente dato atto che l’affittuaria avrebbe potuto prelevare i beni costituenti le giacenze a fronte del pagamento di un prezzo determinato fra le parti.

Il prezzo del canone complessivo pattuito risulta essere pari ad € 107.000,00 oltre IVA, pagato in unica soluzione mediante accollo del debito di pari importo che la concedente aveva nei confronti dei singoli lavoratori trasferiti per tutte le competenze da questi maturate fino alla data di sottoscrizione dell’atto di affitto, con eccezione del TFR che rimaneva in capo alla Concedente.

La durata del contratto è stata prevista in mesi 18 con specifica possibilità per l’affittuaria di diritto di recesso e cessazione dell’affitto secondo quanto stabilito dall’art 10 del contratto medesimo.

Ancora, all’articolo 12 veniva concesso all’affittuaria un opzione d’acquisto del compendio aziendale al prezzo complessivo di € 128.000,00; in caso di esercizio dell’opzione, tale prezzo sarebbe stato corrisposto mediante l’accollo del debito TFR maturato dall’affittuaria alla data di sottoscrizione del contratto di affitto.

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Infine, l’affittuaria si riconosceva la possibilità di prorogare la durata del contratto per ulteriori 42 mesi al canone di € 1,00 al mese qualora la concedente non avesse saldato integralmente alla data di scadenza originaria dell’affitto – 15 marzo 2015 - i debiti commerciali sorti prima della stipula del contratto.

Poiché i locali ove l’azienda svolgeva la sua attività risultano essere di proprietà di terzi, l’affittuaria sarebbe subentrata nei rapporti intercorrenti fra la proprietà e la cedente, come specificato nel punto 10) del contratto.

Nel punto 3) lett. V) vengono specificatamente citate le “licenze, autorizzazioni e concessioni tutte, rilasciate dalle autorità competenti”.

Lo scrivente ha espressamente richiesto di prender visione di dette licenze, ottenute in data 17-11-2016.

Per quanto riguarda i dipendenti in forza alla concedente alla data della stipula del contratto, al punto 8) dello stesso si fa espressa previsione che l’affittuaria sarebbe subentrata ex. art. 2112 c.c. nei rapporti di lavoro subordinato.

Lo scrivente rileva che il fatto che i dipendenti siano passati in automatico dalla concedente all’affittuaria, senza interruzione alcuna del rapporto di lavoro, dimostra la effettiva capacità degli stessi ed un reale interesse dell’affittuaria nei loro confronti.

Si ritiene possibile nel caso in specie di poter parlare di “capitale umano”

quale componente del capitale di funzionamento: pur essendo la letteratura sugli “intangible assets” di per se controversa, le peculiarità economiche che fanno corrispondere i valori di cui al contratto in linea con i debiti riconducibili al personale ne dimostrano il reale peso.

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Inoltre il fatto che specificatamente nel contratto sia stato previsto il passaggio dalla concedente alla affittuaria di tutto quanto riconducibile al know-how tecnico e commerciale; le certificazioni, i permessi, le autorizzazioni amministrative atte e necessarie all’esercizio dell’attività permette di ben individuare quegli elementi caratterizzanti la peculiarità dell’attività svolta dalla fallita e quantificarne l’importanza e l’incidenza economica, ancorché nello stesso contratto non ne sia data valenza monetaria.

Lo scrivente ritiene doveroso segnalare come tale contratto non paia elaborato con l’intento di salvaguardare l’azienda, sia per ciò che attiene la determinazione economica dei valori in esso contenuti sia per la modalità prevista di pagamento, sia infine per le opzioni finali concesse all’affittuaria.

Lasciando agli organi di procedura le valutazioni che riterranno più necessarie al fine di esperire eventuali azioni risarcitorie, si rappresenta che nonostante le perplessità dell’accordo de quo lo stesso verrà utilizzato come elemento base sul quale viene elaborato il presente scritto, contenendo in sé quegli unici elementi contabili certi alla data dichiarativa di fallimento

Metodi di stima

Come è noto, la determinazione del valore economico (di un azienda o di un ramo aziendale, come nel caso in specie) può avvenire mediante l’applicazione di metodi diretti e/o indiretti.

I metodi diretti si basano su specifici indicatori costituiti utilizzando i prezzi praticati sui mercati ufficiali (Borsa Valori) per transazioni di quote di

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capitale di aziende similari, L’indicatore più utilizzato nella pratica è dato dal rapporto tra la capitalizzazione di Borsa e gli utili netti d’esercizio (Price/Earnings). Nella pratica professionale, per la valutazione del capitale economico di aziende editoriale, tali metodi diretti vengono applicati raramente, per le seguenti ragioni:

- il numero delle società quotate è molto ristretto, e quindi è difficile individuare dei prezzi rappresentativi dei diversi tipi di aziende;

- il “flottante” di Borsa è costituito dalle sole quote di minoranza dei capitali azionari. Ne consegue la scarsa significatività dei prezzi praticati per transazioni aventi ad oggetto quote maggioritarie

- i prezzi di Borsa non consentono di raggiungere un adeguato grado di neutralità nella valutazione del capitale economico, poiché influenzati dalle condizioni soggettive di negoziazione. Quello editoriale è un settore molto strategico e di conseguenza appetibile, indipendentemente dall’effettiva redditività. I prezzi praticati potrebbero quindi discostarsi in modo significativo dal valore del capitale economico.

I metodi indiretti sono pertanto preferiti, e, secondo le impostazioni teoriche e pratiche ormai consolidate, sono i seguenti:

1. metodo finanziario

2. metodo reddituale o sintetico 3. metodo patrimoniale

A questi vengono poi ad aggiungersi quelli che nella prassi operativa vengono definiti “metodi misti”, i quali consistono nella applicazione contemporanea di due o più dei metodi base.

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La scelta della metodologia discende dalla natura e dalle caratteristiche dell’azienda oggetto di valutazione, ma in linea generale la validità teorica dei tre criteri base è decrescente, e cioè vale a dire più alta per il primo (il finanziario) e diminuisce nel secondo e nel terzo; viceversa, l’ultimo criterio (il patrimoniale) è di più facile applicazione rispetto al secondo, mentre la corretta applicazione del primo (il finanziario) genera le maggiori difficoltà.

In particolare, i metodi finanziari sono sostanzialmente analoghi a quelli utilizzati per la valutazione delle altre imprese industriali, pertanto molto validi da un punto di vista della razionalità, ma non si prestano ad essere applicati facilmente. Nel caso di aziende editoriale poi, i vantaggi di questi metodi rispetto a quelli reddituale sarebbero rilevanti. Infatti, i flussi di cassa (siano determinati nella configurazione di flussi lordi di gestione o netti disponibili) vengono espressi sempre al netto degli investimenti incrementali in capitali fisso ed in capitale circolante: non sono pertanto influenzati dalle diverse politiche di ammortamento attuabili. Nelle imprese editoriali gli investimenti sono molto elevati ed ad alto contenuto tecnologico (basti pensar alle rotative di stampa).

A – Il metodo finanziario

La valutazione dell’azienda con tale metodo ha il vantaggio di rispecchiare la logica di un ipotetico investitore che a fronte di un esborso immediato si attenda una serie di flussi di cassa futuri. Il metodo finanziario si fonda sul presupposto che il valore di un’azienda sia pari alla sommatoria dei flussi finanziari che la stessa potrà generare nel corso della propria vita economica, attualizzati ad un tasso appropriato.

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Si tratta del metodo più valido in assoluto sotto il punto di vista teorico e concettuale, ma è di difficoltosa applicazione pratica, in quanto l’identificazione dei flussi di cassa (in uscita ed in entrata) ai quali l’azienda potrà dar luogo nel tempo sono di difficilissima, se non impossibile, individuazione.

La formula per addivenire alla determinazione del valore dell’azienda secondo tale metodo è la seguente:

n

W = ∑ fs • vs + Tn • vn 1

Dove:

W è il valore della azienda al momento attuale

fs è il flusso monetario generato dall’azienda nell’anno “s” (con “s”

variabile da 1 a “n”)

vs è il coefficiente di attualizzazione (1+i)1/s in cui “i”i è il tasso di attualizzazione, con “s” variabile da 1 a “n”

Tn esprime il valore residuo dell’azienda al tempo futuro “n”

vn è il coefficiente di attualizzazione al tempo futuro “n”

Il problema di più difficile soluzione riguarda la determinazione dell’arco temporale di analisi; spesso viene risolto considerando la vita dell’azienda come illimitata, ma tale ipotesi non può essere accettata in quanto è chiaro che non esiste azienda che può generare profitti a tempo indeterminato.

Inoltre, è ancor meno applicabile al caso in esame, trattandosi di un’azienda che per vicissitudini societarie ha cessato produrre reddito in modo drastico.

Altro problema di non facile soluzione riguarda la determinazione del valore

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residuo dell’azienda al termine del periodo valutativo; spesso lo si considera pari al valore netto risultante dalla liquidazione delle attività e delle passività: tale approccio però considererebbe la società alla stregua di un impianto che può essere smantellato e liquidato, considerazione che non può essere attribuita ad un’azienda funzionante.

Per quanto riguarda il tasso di attualizzazione, vi è da ricordare che esso si basa sulla remunerazione di un investimento privo di rischio: per determinare il tasso che il mercato riconosce agli investimenti privi di rischio si fa riferimento al rendimento dei titoli di Stato

In particolare, i metodi finanziari sono sostanzialmente analoghi a quelli utilizzati per la valutazione delle altre imprese industriali, pertanto molto validi da un punto di vista della razionalità, ma non si prestano ad essere applicati facilmente. Nel caso di aziende editoriale poi, i vantaggi di questi metodi rispetto a quelli reddituale sarebbero rilevanti. Infatti, i flussi di cassa (siano determinati nella configurazione di flussi lordi di gestione o netti disponibili) vengono espressi sempre al netto degli investimenti incrementali in capitali fisso ed in capitale circolante: non sono pertanto influenzati dalle diverse politiche di ammortamento attuabili. Nelle imprese editoriali gli investimenti sono molto elevati ed ad alto contenuto tecnologico (basti pensar alle rotative di stampa).

B – Il metodo reddituale

Dalla pur breve e sintetica illustrazione del metodo finanziario, si ricavano in via immediata quali sono i problemi che lo rendono di difficoltosa applicazione pratica.

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Per ovviare almeno in parte a tali difficoltà, spesso si ricorre al metodo reddituale, in applicazione del quale il valore di un’azienda è funzione dei redditi che essa potrà produrre nel prosieguo della sua vita.

Secondo la prassi ormai consolidata, il reddito ha durata illimitata nel tempo, e quindi il valore della azienda deriva, in questo caso, dalla applicazione della formula della rendita perpetua.

Quindi:

W= R / i Dove:

W è il valore dell’azienda R è il reddito normale atteso i è il tasso di remunerazione

La difficoltà principale nell’applicazione di tale metodo, risiede nella individuazione del reddito da capitalizzare e nella scelta del tasso di remunerazione.

I redditi da capitalizzare sono i redditi attesi nel futuro e quindi andrebbero desunti da quelle che sono le aspettative aziendali future, i budget revisionali e i programmi strategici di lungo periodo. Spesso l’azienda non ha dati interni idonei ad indagini di questo tipo, e laddove poi l’azienda faccia capo ad un soggetto economico in “crisi”, come il caso in esame, le difficoltà aumentano notevolmente. Nella applicazione pratica di tale metodo di valutazione si tiene conto perciò del “passato” quale punto di riferimento per il “futuro”: molto spesso quindi il reddito atteso scaturisce da una media ottenuta tra i redditi dei passati esercizi.

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Per quanto riguarda il tasso di remunerazione si rimanda a quando esposto a proposito del metodo finanziario.

C – Il metodo patrimoniale

Tale metodo trova il suo fondamento nella ipotesi che il valore della azienda corrisponda al patrimonio della stessa, opportunamente rettificato. Si tratta di un metodo che ha una validità teorica più limitata rispetto ai precedenti, in quanto il valore di un’azienda non sta solo nel suo patrimonio, quanto nella capacità di dare reddito. I risultati che scaturiscono dall’applicazione del metodo patrimoniale hanno però il pregio della certezza e della affidabilità, in quanto frutto di dati certi ed oggettivi.

La corretta applicazione del metodo presuppone che si addivenga dapprima alla quantificazione del capitale netto, desunto da una situazione patrimoniale aggiornata e redatta secondo principi contabili corretti, per poi procedere alla rettifica dei valori attivi non monetari (immobili, partecipazioni, magazzino, ecc.)

Le rettifiche conseguenti alla revisione dei suddetti valori porteranno alla individuazione di plusvalenze e/o minusvalenze che andranno a rettificare il capitale netto contabile.

D – I metodi misti patrimoniali-reddituali

Nella corrente applicazione pratica vengono ad essere largamente utilizzati i cosiddetti “metodi misti”, in quanto consentono di compendiare gli elementi di certezza tipici del metodo patrimoniale con la validità teorica e concettuale del metodo reddituale. L’utilizzo di tale metodo è ancor più

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opportuno laddove l’applicazione del metodo patrimoniale e reddituale forniscano risultati notevolmente diversi: quando il metodo reddituale darà luogo ad un risultato superiore rispetto al metodo patrimoniale, si evidenzierà un “godwill” (avviamento); nel caso contrario si realizzerà un

“badwill” (avviamento negativo).

Nel metodo misto si tiene conto in misura limitata del “godwill” (o dell’eventuale “badwill”), dovuto anche al fatto che le incertezze che caratterizzano il metodo reddituale consigliano una certa cautela nel calcolo dell’avviamento.

* * * * *

La valutazione del capitale economico della società

A – La scelta della metodologia di valutazione

Come si è più sopra illustrato, i metodi di valutazione di una qualsiasi azienda fanno capo a due principali impostazioni:

• quella economica - finanziaria

• quella patrimoniale

Inoltre i risultati che pervengano dalla applicazione di tali due metodi possono essere combinati tra loro dando origine ai

• metodi misti patrimoniali – reddituali

• L’impostazione economica – finanziaria, che individua il valore della azienda oggetto di stima come funzione dei risultati dalla stessa conseguiti, può a sua volta attingere alla metodologia finanziaria ovvero a quella reddituale.

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Si è proceduto alla valutazione cercando di attribuire maggior importanza ai metodi di tipo “misto” che permettono una valutazione più equilibrata e contemperano sia le componenti di natura economica – finanziaria che quelle patrimoniali.

La componente economica – finanziaria è stata determinata facendo ricorso al metodo reddituale, da preferirsi a quello finanziario perché capace di esprimere valori meno aleatori. Il metodo reddituale si basa sulla attualizzazione di un “reddito medio atteso” per un periodo di tempo futuro, e consente di addivenire a risultati più affidabili. Il reddito medio atteso può essere individuato facendo riferimento alle previsioni per il futuro, tenuto conto dell’andamento del reddito nel presente e nel recente passato.

B – Metodo patrimoniale : il capitale netto rettificato

Per capitale netto rettificato si intende la differenza tra il valore reale delle attività e delle passività della azienda, e rappresenta quindi la sintesi del suo valore patrimoniale.

Nel caso oggetto di valutazione il patrimonio netto dell’azienda viene ad identificarsi con i valori dei cespiti iscritti a bilancio, in quanto l’avvenuto dissesto della società, determina, di fatto, l’irrilevanza (in questa sede) dei valori attribuibili ai crediti iscritti in bilancio ed ai debiti ed altre passività potenziali. Nessun debito e/o credito è, infatti, destinato a seguire l’azienda.

Il valore al 31/12/2014 delle immobilizzazioni materiali, al netto dei relativi fondi di ammortamento, ammontano a € 5.860,00.=

Non si ritiene possano essere considerati gli ulteriori valori iscritti e relativi alle merci e/o ai crediti: lo status di fallimento in cui si trova la realtà

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oggetto di analisi non permette – in ossequio al superiore principio di prudenza – di ritenere considerevoli tali importi, anche alla luce della

“anzianità” del bilancio di riferimento.

Il Patrimonio Netto dell’azienda, ai fini della presente valutazione, è pertanto da assumersi in misura pari alla sommatoria dei valori iscritti a bilancio per le immobilizzazioni materiali e dei valori attribuiti in ossequio al principio della prudenza alle rimanenze finali, e cioè a €. 5.860,00.=

Per ciò che attiene alle immobilizzazioni immateriali, occorre fare molta attenzione alla loro natura.

In sede valutativa si dovrebbe tentare di stimare il know-how aziendale avendo come riferimento a

• i costi sopportati dalla azienda e la loro capitalizzazione;

• il costo di sostituzione o riproduzione di tali beni.

Volendo procedere all’estrapolazione autonoma di tali costi dai bilanci aziendali si rischia di incorrere in errori di misurazione molto grandi, posto che l’eventuale capitalizzazione di tali costi può discendere (e di fatto spesso discende) dalle politiche di bilancio adottate: scelte di natura civilistica e/o fiscale possono avere, infatti, condizionato colui che ha proceduto alla formazione dei bilanci, inducendolo alla imputazione di costi allorquando i bilanci determinavano risultati positivi, ovvero all’inverso alla capitalizzazione eccessiva laddove i bilanci evidenziavano risultati negativi.

I costi oggetto dell’analisi dovrebbero, infatti, essere tipicamente tutti quelli riconducibili alla categoria dei costi di “ricerca e sviluppo” e “pubblicitari e/o promozionali e/o di propaganda”.

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Nel caso in esame risulterebbero Immobilizzazioni Immateriali pari ad

€ 44.367,00.=.

Tale valore, applicando la società fallita una “contabilità mista”, è già nettizzato del cd. Fondo di ammortamento relativo: pertanto il valore iscritto in bilancio verrà preso nella sua interezza.

Per quanto riguarda quello che dovrebbe essere il costo di sostituzione o riproduzione dei beni, non se ne rinviene nel caso in esame alcuna reale applicabilità, posto come già evidenziato la peculiarità dell’azienda oggetto di valutazione.

Pertanto, il valore del Capitale netto rettificato - Wp - diventa

€ 5.860,00 + € 44.367,00= € 50.227,00 Quindi, arrotondando

Wp= 50.000,00

C – La valutazione col metodo reddituale

La valutazione del capitale economico dell’azienda secondo le impostazioni economico – finanziaria, è stata effettuata facendo riferimento al metodo reddituale basato sulla attualizzazione del reddito medio atteso per un periodo di tempo futuro. Si è quindi fatto riferimento alla cosiddetta formula della “rendita perpetua”, basata sul rapporto R/i, dove R = reddito medio atteso, ed i = tasso di attualizzazione.

1 – determinazione del reddito medio atteso

La determinazione della media dei redditi passati nel caso in esame difficilmente può essere presa inconsiderazione, stante la costante perdita economica cui la società è stata sottoposta nel corso degli ultimi anni.

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Inoltre, il bilancio di riferimento ultimo a mani della procedura risulta essere quello al 31-12-2014, vecchio di ben oltre 2 anni rispetto alla valutazione odierna.

Il risultato che si otterrebbe a questo punto aprirebbe il capitolo di una serie di ulteriori interpretazioni, che mal si adattano alla situazione oggetto di analisi. Si dovrebbe, infatti, approfondire se l’azienda valutata sia una

“azienda in perdita” – e cioè quella azienda sulla cui redditività si ritenga di poter intervenire, riuscendo ad invertire i risultati negativi entro un certo periodo di tempo – ovvero se si tratti di una “azienda con dote” – ove cioè si ha la convenienza di cedere l’azienda versando del denaro al soggetto acquirente. La dottrina in materia è assai vasta e ricca di interpretazioni (basti per tutti Guida alla Valutazione d’azienda ed. Il sole 24 Ore – Pellati/Rinaldi), ma difficilmente può essere utilizzato uno dei due concetti per una realtà fallita. Ne’ pare legittimo allo scrivente utilizzare il badwill (avviamento negativo) che si viene a creare quale risultato economica da attualizzare: è infatti noto che ove vi sia un Goddwill (avviamento positivo, o piu’semplicemente avviamento), questo diminuirebbe al crescere del tasso di attualizzazione; nel caso di badwill invece si otterrebbe l’effetto opposto, determinando un aumento del valore dell’azienda, correndo l’evidente rischio si sopravvalutare la realtà economica oggetto di analisi rispetto alle sue possibilità reali.

Nel caso in esame, pertanto, lo scrivente fa’ proprio quanto previsto dallo IAS 38, al paragrafo 8, il quale definisce una attività economica come una risorsa controllata dell’impresa che è la conseguenza di eventi passati e dalla quale si ritiene fluiranno benefici economici futuri, precisando altresì che al

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fine di quantificare una risorsa economica quale specifica voce è necessario che siano soddisfatte tre condizioni fondamentali:

A) autonoma identificabilità B) controllo

C) aspettativa di ottenere futuri benefici economici Ulteriormente, evidenzia che quale criterio fondamentale per qualificare una risorsa quale “bene intangibile”, meritevole di autonomo apprezzamento economico e quindi di autonoma valutazione, è che la identificabilità di cui al punto A possa derivare da diritti contrattuali o altri diritti legali.

Il punto C, infine, viene studiato grazie all’applicabilità di una tabella derivata dal FASB, la quale riassume i beni intangibili a secondo che siano legati al marketing, clienti, arte, contratti, accordi e/o royalties, tecnologia.

Come già evidenziato in premessa, pertanto, torna di estrema utilità il contratto sottoscritto.

Detto contratto rientra certamente fra le categorie di cui alla tabella FASB, ed ha in se tutti quegli elementi che lo possono rendere oggetto di valutazione – al netto delle considerazioni circa la sua congruità di cui si è dato atto in precedenza: la autonoma identificabilità anche economica, il controllo n quanto regolarmente registrato e sottoscritto, la aspettativa di ottenere benefici.

In forza di detto contratto, si ritiene congruo determinare una redditività media pari al valore dell’affitto previsto: detto importo è infatti da considerarsi da un lato come un risultato economico di un azienda per le motivazioni di cui sopra; dall’altra parte un valore economico riconosciuto

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certo dall’affittuaria, e che pertanto nella sua economia aziendale un ritorno economico dell’attività svolta.

Nel caso in parola, l’affitto originariamente pattuito risultava essere pari ad

€. 107.000,00 per 18 mesi, oltre l’ipotesi di proroga a € 1,00 in caso di determinate circostanze (circostanze che di fatto si sarebbero prodotte realmente).

Pertanto , considerando la data di stipula – 17-12-2013 - quale momento iniziale e la data di rilascio da parte del G.D. di autorizzazione alla procedura per la prosecuzione del rapporto nel rapporto quale momento finale 31-03-2017 -, il valore complessivo determinato risulta essere pari ad

€. 107.000,00 + €. 21,00 = 107.021,00 (canone iniziale per 18 mesi oltre 1,00 euro per mese fino alla data individuata quale finale), da cui un valore medio annuo pari ad €. 32.929,54 che arrotondato diventa

R= 33.000,00

2 – determinazione del tasso di attualizzazione

Il tasso di attualizzazione consiste nella sommatoria tra il “tasso opportunità” di un ipotetico investitore (rendimento di investimento privo di rischio), ed il cosiddetto “premio di rischio”, e cioè il maggior rendimento tale da compensare l’investitore per aver rinunciato ad un investimento

“certo e tranquillo” a favore di un investimento “aleatorio e rischioso”. Il tasso-opportunità è di facile individuazione, identificandolo con quello relativo ai rendimenti dei titoli di Stato (poiché per l’anno corrente la prossima emissione più vicina alla presente relazione è prevista fra il 15 e il 20 settembre, e l’ultima emissione dell’anno prevedeva un rendimento netto pari al 1,50%, allo scrivente non sembra errato attribuire ai futuri titoli

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annuali un rendimento almeno pari al 1,50% netto, e pertanto ai fini della presente valutazione, tale tasso viene attribuito quale tasso-opportunità).

Il premio-rischio deve invece tener conto del contesto economico-sociale nel quale l’azienda opera, degli effetti dell’inflazione sull’attività d’impresa, nonché del livello di rischio proprio dell’azienda oggetto di stima: stante la tipologia di attività svolta, la forte concorrenza legata anche alla nuova corrente che combatte la produzione di generi alimentari provenienti da animali, e considerato che la dottrina e la prassi quantifica in valori prossimi allo 1 percentuale il premio per rischiosità nulla, 2 rischiosità bassa, 4 rischiosità media e 5 rischiosità alta, nel caso in esame si ritiene congruo ed idoneo quantificare il rischio in 4. punti percentuale oltre il tasso- opportunità

Quindi:

i = 4,5%

la valutazione del capitale economico effettuata con il metodo reddituale basato sulla attualizzazione dei redditi medi attesi porterà quindi al seguente risultato:

Wr = R/i = 33.000,00 : 0,055 = 600.000,00

D – La valutazione col ricorso ai metodi misti patrimoniali e reddituali Lo scopo dei metodi di valutazione misti, come abbiamo visto in sede di presentazione, sta nel conciliare i valori di natura patrimoniale con quelli di natura reddituale, consentendo la determinazione di un goodwill (avviamento) ovvero di un badwill laddove il valore sia negativo. Tale

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valore va sommato (sottratto) al capitale netto rettificato al fine di addivenire alla stima globale e finale del capitale economico dell’azienda.

Poiché le modalità applicative dei metodi misti sono numerose, il sottoscritto ha ritenuto di adottare due diversi criteri: quello della media e quello della stima autonoma del goodwill.

A – metodo della media

Consiste nella determinazione della media aritmetica semplice dei valori ottenuti con l’analisi patrimoniale (Wp) e quella reddituale (Wr). La sommatoria dei due valori viene divisa per due e si giunge così alla individuazione del valore Wm1.

La formula è la seguente:

Wm1 = (Wp + Wr) / n = (50.000,00 + 600.000,00) / 2 = 325.000,00 Quindi

Wm1 = 325.000,00

B – metodo della stima autonoma del goodwill

Consiste nella determinazione del goodwill (badwill) in via del tutto autonoma rispetto alle metodologie precedenti, così da ricavare un valore da aggiungere al valore patrimoniale.

La formula matematica in questo caso è la seguente:

W = K + ani’ (R – iK) Dove:

K = capitale netto rettificato (Wp)

n = numero degli anni per i quali si procede alla attualizzazione del sovra- reddito

i’ = tasso di attualizzazione del sovra-reddito

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i = tasso di remunerazione normale del capitale investito R = reddito netto

In pratica, utilizzando questo metodo, si tende a determinare il valore dell’azienda aggiungendo al capitale netto rettificato (K), un goodwill (avviamento) calcolato attualizzando ad un tasso i’, per un certo numero di anni, il sovra-reddito (R-iK), cioè quella quota di reddito che eccede una remunerazione normale (calcolata al tasso i) del capitale netto rettificato.

Nel caso di aziende poco redditizie, anziché di goodwill si parlerà di badwill, e ciò in quanto l’azienda produrrà un reddito inferiore a quello giudicato “normale” per il valore patrimoniale attribuito alla azienda medesima.

Sfortunatamente nel caso in esame tale formula non può essere utilizzata in quanto mancherebbe l’elemento tempo caratterizzante l’ipotesi di produzione di reddito perdurante.

* * * * * Conclusioni

In conclusione, dalla applicazione dei diversi criteri e metodi di stima indicati e sommariamente descritti, si è addivenuti ai risultati che qui di seguito si riepilogano:

Metodo patrimoniale - capitale netto

rettificato Wp = 50.000,00

Metodo reddituale – attualizzazione

dei redditi Wr = 600.000,00

Metodi misti – media

Stima autonoma del

Wm1 = 325.000,00

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goodwill Wm2 = 0,00

Come citato in premessa, tutti i metodi applicati sono meritevoli di apprezzamento, anche se ognuno presenta aspetti positivi e/o negativi.

Il metodo patrimoniale ha in se una serie di congetture legate soprattutto alle operazione che hanno portato alla determinazione delle rettifiche al valore da considerare quale capitale netto.

Il metodo reddituale, invece, si basa, come abbiamo visto, sulla attualizzazione infinita (come la dottrina considera un’attività commerciale) di un reddito dato da un contratto di affitto, e perciò su dati distorti dalla situazione deficitaria che ha portato al fallimento.

Lo scrivente ritiene perciò che il metodo misto sia quello di più corretta applicazione; in particolare, il metodo della stima autonoma del goodwill, per la sua complessità e peculiarità ancorché sarebbe da preferire a quello della media manca della determinazione fondamentale del tempo, mentre il metodo misto della media riassume i pregi e i limiti dei precedenti.

E’ il caso di sottolineare come il valore così determinato non si discosti di molto da quanto pattuito fra le parti in sede di sottoscrizione del contratto: il canone di affitto previsto (€. 107.000,00) oltre a quanto ipotizzato per il

riscatto finale (€. 128.000,00) porta ad un valore complessivo pari ad

€. 235.000,00 che può ben ricondursi alla quantificazione del cd “capitale umano” quale intangibile assets.

La mancata valorizzazione di tutto ciò che è riconducibile alle importanti licenze, autorizzazioni e know-how pur essendo specificatamente richieste e dichiaratamente riconosciute come necessarie per lo svolgimento e la prosecuzione dell’attività, può a ben ragione essere quantificata come il

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delta fra il valore del contratto e la determinazione finale cui lo scrivente è giunto.

Si stima quindi il valore complessivo dell’azienda, ogni passività ed oneri esclusi, ed esclusi altresì i crediti riferiti alla società, in complessive

€ 325.000,00

* * * * *

Il risultato a cui si è addivenuti è, con i limiti del caso, da intendersi quale riferito alla data di dichiarazione del fallimento.

Come si è evidenziato in premessa, l’azienda oggetto della presente valutazione è oggetto di contratto d’affitto, rapporto che è proseguito in capo al fallimento come dato atto in precedenza; si ritiene pertanto doveroso specificare che il valore complessivo determinato in €. 325.000,00 dovrebbe essere decurtato dei canoni incassati, qualora il bene fosse alienato alla società affittuaria.

* * * * *

I valori a cui è pervenuto il sottoscritto rappresentano le conclusioni con il solo scopo di far conoscere la verità, con serena coscienza di aver operato secondo giustizia.

La presente stima consta di n. 33 pagine e di n 8 allegati

Con osservanza.

Milano, 13 febbraio 2017

Dr. Mario Franco

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