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Assisi, riaperta la «casa» di San Francesco

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Academic year: 2022

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01CUL01A0108 ZALLCALL 12 21:44:55 07/31/99

l’Unità 17 Domenica 1 agosto 1999

Acqua sulla Luna? Dal satellite nessuna prova

D oveva essere la conferma della pre- senza di acqua sulla luna. Ma quan- do alle 11,52 ora italiana di questa mattina la piccola sonda della Nasa Lunar Prospector è stata fatta precipitare in un cratere del polo sud lunare, dalla terra nessun telescopio ha visto l’attesa nube di polvere contenente vapore acqueo. Questo, spiegano alla Nasa, l‘ ente spaziale statuni- tense, nonvuoldirechel’esperimentosiafal- lito. Speciali telescopi con filtri per gli ultra- violetti continueranno a cercare un qualche segnale che l’impatto abbia sollevato del va- pore acqueo nel cielo lunare, ma l’analisi dei

dati acquisiti potrebbe richiedere delle setti- mane. Gli scienziati ritengono comunque che la sonda,inorbitadalgennaioscorso,ab- bia centrato il cratere dove si rkitiene che sia presentedelghiaccio.

Lunar Prospector ha dapprima acceso i motori per portarsi verso il suolo del satellite in prossimità di un cratere situato al polo sud, largo tra i cinquanta e i sessanta chilo- metri, dove i responsabili della missione ri- tengonochevipossaesseredelghiaccio.«Ab- biamo fattoschiantare Lunar Prospector alle cinque e cinquantadue del neridiano di Greenwich», è l’avviso rilasciato dalla Nasa.

«Non abbiamo visto prove dell’impatto, non abbiamo visto la polvere, è stata un po‘ una delusione», ha commentato David Gol- dstein, uno scienziato dell’Osservatorio Mc Donalddell’UniversitàdelTexas.

«Sappiamo che si è schiantata anche se non sappiamo esattamente dove», ha ag- giunto. Con la sonda sono precipitate sul suolo selenico anche le ceneri contenute in una capsula dell’astronomo americano Eu- gene Shoemaker, lo studioso della luna mor- to in un incidente stradale in Arizona nel 1997, che diventa così il primo essere umano a riposare per sempre su un corpo celeste di-

verso dalla Terra. Shoemaker e sua moglie hanno scoperto venti comete e ottocento asteroidi, tra cui una cometa che si schiantò controGiovenel1994.

La presenza di acqua sulla luna era stata re- gistrataperlaprimavoltatreannifa,quando la sonda Clementina scoprì l’esistenza di ghiacciomischiato al terricciolunare.Sisup- pone che l’enorme penombra prodotta dai craterilunaripossaavereconservatoilghiac- cio portato dalle comete precipitate in epoca remota, forse fino a 200 milioni di tonnella- te. Ciò renderebbe molto più vicino il sogno della colonizzazione del satellite naturale

della terra. Secondo David Morse, un porta- vocedell’AmesResearchCentercaliforniano che coordina le ricerche di segnalidel vapore acqueo,l’assenzadidetritivisibilirappresen- ta addirittura«un buon segno». «Se avessimo colpito il bordo del cratere o la superficie lu- nare, i detriti sarebbero ben visibili», ha os- servato in un’intervista alla Cnn. Secondo la Nasa, l’impatto della sonda equivale a quello di un’auto di due tonnellate lanciata contro una superficie ghiacciata a 1700 chilometri l’ora e dovrebbe vaporizzare 18 chili del ghiaccio conservato nelleprofonditàdelcra- tere.

EVENTI ■ IERI UNA GRANDE CERIMONIA PER INAUGURARE LA BASILICA

Assisi, riaperta la «casa»

di San Francesco

E la basilica del santo sarà pronta a Natale

La potenza distruttiva della terra, quel 26 settembre del ‘97, non infie- rì contro la basilica di Santa Maria degli angeli. L’edificio rinascimen- tale subì qualche lieve danno, ben poca cosa però in confronto alle gravi ferite sofferte dalle basiliche di San Francesco, di Santa Chiara, di Santa Maria Maggiore, dall’abbazia di San Pietro, dalla chiesa di San Ru- fino. Tuttavia questa chiesa costrui- ta tra il 1569 e il 1679 su progetto dell’Alessi, con facciata rifatta nel 1928, a pochi chilometri dalla citta- dina, simbolicamente parlando ba- sta e avanza a mandare in brodo di giuggiole un pellegrino doc: fu edi- ficata là dove San Francesco fondò il suo primo cenacolo, da allora pro- tegge la chiesa in cui Francesco con- sacrò Chiara «sposa di Cristo», non bastasse qui il figlio del commer- ciante si ritirò per esalare l’ultimo respiro, il 3 ottobre del 1226. Perché qui pulsava il cuore del francescane- simo che propagava la parola della semplicità così allegramente risuc- chiata, e spesso allegramente tradi- ta, da quella chiesa che nei secoli l’ha tanto predicata. Santa Maria de- gli angeli ha comunque blasone a sufficienza per attirare caterve di pellegrini. Il perimetro originario del capitolo dei frati francescani, fu messo a dura prova da un terremoto e da un incendio, finché nel XVII secolo non venne deciso di costruire la nuova chiesa. Inglobando sotto il tetto la cappella del Transito, luogo esatto dove, si narra, Francesco chiuse gli occhi. Basilica a tre nava- te (poco francescana, per chi cerca magari la purezza del romanico) cer- to non scarseggia di opere. Oltre alla statua di Andrea della Robbia che raffigura il santo, la ornano affre- schi del Tre e Quattrocento e dello Spagna, del primo Cinquecento. Pe- raltro qui è stato «scoperto», duran- te le cure post-terremoto, l’affresco del Perugino che tempo fa occupò le pagine dei giornali italiani e stranie- ri. Salvo che molti studiosi ritengo- no l’opera di scuola peruginesca, non del maestro. Ma in fondo sono quisquilie: conta più l’andamento dei lavori complessivo. Ad Assisi, nonostante la complessità degli in- terventi, procede regolare (la riaper- tura della basilica di San Francesco è prevista a Natale). Preoccupano più i tecnici della soprintendenza um- bra i paesini più lontani, dove han- no notato troppi consolidamenti di case a base di cemento quando il tradizionale legno o nuovi materiali risponderebbero meglio alla biso-

gna. Stefano Miliani

DALL’INVIATO ALBERTO CRESPI

ASSISI L’orologio di Santa Ma- ria degli Angeli segna le 18.55 quando la statua della Madonna, dorata, pesantissima e sostenuta da una gru, vienesollevatada ter- ra per essere rimessa al suo posto, in cima alla facciata della basilica costruita per ordine di Pio V nel 1569. L’operazione è delicata, e dura quasi 20 minuti, scanditi dalla musica dell’organo e dagli applausi nervosi della folla radu- nata sulla piazza. Nessuno osa dirlo, ma l’interrogativo è palpa- bile: cade?, non cade? E guardan- do quella statua che vola, soste- nuta solo dalle imbragature, non può non venire in mente l’inizio della Dolce vita di Fellini, con il Cristo che sorvola Roma soste- nuto da un elicottero.

Non cade, per fortuna, e un’altra ferita del terremoto del ‘97 viene risanata. Dalle 19.15 in poi, la chiesa riapre, per i fedeli e per i turisti, che da queste parti sono attesi a frotte in occasione del Giubi- leo. È una buona notizia per tutti, per i Frati Minori (che in questo luogo vennero «fonda- ti», da San Francesco), per la municipalità di Assisi, per i fe- deli sinceri e per gli operatori turistici. Ovvero per tutti colo- ro che nel Giubileo sono coin- volti, con l’anima e con il lavo- ro.

Le ferite di Assisi, feroce- mente colpita dal sisma di due anni fa, sono ancora visibili:

arrivando in auto dalla statale 147, la splendida cittadina ar- roccata sul colle appare come un mosaico di gru e di impal- cature. Ma ieri l’«evento» si compie fuori Assisi, nella pia- na sottostante, a Santa Maria degli Angeli, dove Francesco si rifugiò nel 1206 in una località che si chiamava «Portiuncula»

e che oggi, per tutti i fedeli, è la Porziuncola. Qui sorge una delle due Basiliche Patriarcali che hanno sede in Assisi (l’al- tra è la chiesa di San France- sco, nel centro storico, ancora aperta solo a metà; le Basiliche Patriarcali sono 7 in tutto, nel mondo, e le altre 5 sono a Ro- ma).

Gravemente danneggiata dal terremoto, oggi Santa Maria

degli Angeli riapre, con quasi due mesi di anticipo sul previ- sto. E la ricollocazione della statua della Vergine è un gesto fortemente simbolico: subito dopo il terremoto, la statua era stata rimossa dai vigili del fuo- co perché pericolante, e oggi un’altra gru la ri-

mette al suo posto, di fronte a una fol- la che racchiude un po‘ tutti gli aspetti di questa Italia che si avvia al Giubileo alternando chiasso- sità e spiritualità.

Arrivando sulla piazza verso le 17, si è accompagnati da frotte di frati e di turisti. Un tizio vestito come San Francesco nel Due-

cento, con un sacco di juta sul- le spalle e i piedi scalzi, tenta di arringare la folla annun- ciando il ritorno dell’umiltà e della povertà, ma pochi sem- brano dargli retta; a pochi me- tri da lui, un tendone sponso- rizzato da una marca locale di

olio d’oliva attende i turisti, e un fraticello che entra nella piazza accanto a noi si lascia sfuggire la frase: «Ma è un pic- nic!».

Sì, è qualcosa a metà fra il picnic e la messa all’aperto, fra la preghiera collettiva e lo

«struscio» del saba- to pomeriggio, è un rituale al quale do- vremo probabil- mente abituarci in vista del 2000, e se il tizio in juta fa ve- nire in mente il

monaco Zenone

dell’Armata Branca- leone («sarai mondo se monderai lo mondo»), l’insieme suscita una volta di più il ricordo della Dolce vita, stavolta l’episodio del miracolo.

La cerimonia di riapertura della basilica inizia puntuale alle 18, e fino alle 18.55, ora in cui, come si diceva, la statua spicca il volo, tocca al vescovo di Assisi, monsignor Sergio Goretti, e al frate francescano

Raniero Cantalamessa (sì, lo sappiamo, non ci crederete mai: ma si chiama proprio co- sì) intrattenere le folle. In par- ticolare, frate Raniero tiene una lunga predica in cui riesce a citare Dante Alighieri e Kier- kegaard, il presidente Ciampi (con lode) e i partiti politici (che dovrebbero «affratellarsi invece di dividersi»), gli uteri in affitto (con toni d’accusa) e la scarsa natalità dell’Occiden- te, il tutto per ricordare come il Giubileo, istituito da Bonifa- cio VIII (il papa che il suddetto Alighieri mise all’inferno pri- ma ancora che fosse morto) per «lucrare le indulgenze» in un mondo dove «la fede era un fatto scontato», deve diventare oggi l’occasione per una «ri- conquista quotidiana della fe- de, messa in discussione dalla società materialista».

La predica di frate Raniero dura il quintuplo del breve sa- luto del vescovo, e d’altronde qui i francescani sono una for- za, per altro molto attiva nelle opere di ricostruzione.

Lo hanno sottolineato an-

che i politici presenti, dal mi- nistro dei Lavori Pubblici Enri- co Micheli al sottosegretario dei Beni Culturali Giampaolo D’Andrea (il ministro Melandri non c’era), fino al sottosegreta- rio alla Protezione Civile Fran- co Barberi. Micheli si è limita- to a confessare che, per un um- bro come lui, quello di ieri era

«un giorno particolarmente emozionante», e a pronostica- re che «il Giubileo sarà per l’Umbria un momento di gran- de rinascita».

D’Andrea ha sottolineato che «la riapertura di questa ba- silica, con due mesi di anticipo rispetto alle previsioni, è un se- gnale positivo, che ci fa spera- re di restituire al culto tutti i luoghi francescani per il Giubi- leo».

Per certi versi le parole più

«politiche» le ha dette il mini- stro provinciale dei Frati Mino- ri dell’Umbria, frate Massimo Reschiglian - che coordinava la conferenza stampa - parlando di «esempio forte di coopera- zione fra Stato e enti religiosi»

e di «segno di speranza nel dif-

ficile cammino della ricostru- zione».

Per la cronaca: Santa Maria degli Angeli, per tutto agosto, sarà aperta anche dalle 21 alle 23. E per Natale dovrebbe ria- prire anche San Francesco, in città: forse anche prima, quan- do il Papa verrà in Umbria, e allora l’Anno Santo, ad Assisi, comincerà davvero prima che a Roma.

Gli affreschi nella Porziuncola. Sotto i pompieri issano la statua della Madonna sulla sommità della basilica

Il terremoto del ‘97 mostra

ancora ferite Ma i lavori procedono verso il Giubileo

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01ECO01A0108 ZALLCALL 12 22:11:37 07/31/99

l’Unità 13 Domenica 1 agosto 1999

Vino Moscato, la vendemmia si avvicina

ma fra produttori e industriali non c’è l’accordo

01ECO01AF01

Muggiano, consegnate alla marina malese due corvette costruite dalla Fincantieri

■ Continua la guerra traproduttoridiuvae industrialidell’Asti Spumantesuprezzi e garanziedel Moscato.La soluzione venerdì sembrava vicina: stessoprezzo dell’annoscorso per l’uva, 16.700 lireal miriagrammo; modifiche allaresa perettaro da100 a 90 quintali. Mapoi latrat- tativa si è bloccata. Leorganizzazioniprofessionali hanno fatto saperedi voler consultarei propri iscritti prima di firmare qualsiasidocumento.Intantole diverse multinazionali che con- trollano alcuni marchidell’Astiinsistono nel sollecitare più profitti.Leprevisioniannunciano unavendemmia di circa 85 milionidichilidiuvaMoscatochesta maturandosui filari deivi- gnetisparsi per52 Comunipiemontesi concentrati perlo piùtra Astie Alessandria.

■ La Fincantieriha ieri al Muggiano ha consegnato allaRealeMarina Maleseleultime due cor- vettemissilisticheda650 tonnellate delle quattro commissionate.Leprimedueeranostate consegnate,sempre al Muggiano,nel lugliodel1997.Leduecorvette hanno una storialunga etravagliata.Furono costruitedall’allora cantiereBredadi Venezia all’inizio degli anni ottanta per l’Iraq, mamai consegnate per l’embargo attuato nei confrontidiquel paese.IlMuggiano provvidepoia trasformarle per la marinaMalese.Le dueunità, che lasceranno La Spezianei prossimi giorni perKualaLumpur,hannounequipaggiodi 47 persone,sono lunghe62 metrie sonoin gradodi raggiungereuna velocità massima di 36nodi.

Immigrati, l’Inps lancia la lotta al sommerso

«Così ridurremo il costo del lavoro». Per uno straniero su due niente contributi

PREVIDENZA

Il 47% degli assegni finisce al Nord Al Sud solo il 29%

FERNANDA ALVARO

ROMA I lavoratori stranieri sono diventati una risorsa preziosa per l’Italia. Lo dice il Governatore della Banca d’Italia spiegando come la maggior presenza di im- migrati potrebbe portare all’Inps maggiori contributi. Lo sostiene il sindaco di Milano, Albertini che nel suo patto pensa non sol- tanto a trovare per gli stranieri un’occupazione, ma anche a fare formazione e a rendere più facile l’integrazione attraverso l’inse- gnamento della lingua. Almeno così dice, visto che per i progetti bisognaaspettareancoraunpo’.

Malavoratoriextracomunitari in questo Paese ce ne sono già quasi 700mila. Peccato che sol- tanto la metà ha una posizione previdenziale regolare. Peccato che c’è quello che il direttore ge- nerale dell’Inps, Fabio Trizzino il

«sommerso nell’emerso» pari al 50% dei regolari. Ci sono datori dilavoro che nonversanocontri- buti per 330mila stranieri che so- no alle loro dipendenze. Tra gli immigrati ammessi regolarmen- te per motivi di lavoro ce ne sono 330mila che se un’occupazione ce l’hanno, è al «nero». I dati so- noInpsesonoaggiornatial22lu- glio scorso. E allora? Perché non mandare gli ispettori a verificare proprio le posizioni di questi? Il segretario della Cgil, Sergio Cof- ferati, aveva chiesto il recupero dell’evasione contributiva nel sommerso degli immigrati. «Fa parte delle grandi strategie più volte illustrate dal presidente Massimo Paci e dal direttore ge- nerale Trizzino - fanno sapere al- l’Istituto di previdenza - riservare una sempremaggiore attenzione al versante delle entrate. Soltan- to concentrandosi su questo si può arrivare a ridurre il costo del lavoropertutti».

In attesa che partano le ispe-

zioni c’è già un effetto immigrati sulla previdenza: dal 1990 al 2010i contributiversatidagliim- migrati ammonteranno a 70mi- la miliardi. Erano 1000 miliardi nel 1990, pari all’1% del Prodot- to interno lordo, saranno 6900 nel 2010, parial 2,2%delPil.Stia- mo parlando di lavoratori a tutti gli effetti che hanno un’unica differenza con quelli italiani, quella della nazionalità. Già og- gi, sono sempre dati Inps, ce ne sono 38milaimpegnatinelsetto- re metallurgico e metalmeccani- co e 15mila nel settore della chi- mica e della gomma. Stranieri in regola eperiqualivengonopaga- tiregolaricontributi.

Saranno loro asalvare lenostre pensioni?

Forse, ammesso che nel 2005, anno della famosa «gobba»

(quando per ragioni demografi- che la spesa previdenziale tende- rà ad impennarsi) il «sommerso dell’emerso» sia uguale a zero e nonal50%.

01ECO01AF02 3.0

11.50

IL DIBATTITO

Pensioni, da Scalfaro sì a Fazio Amato: «Non sono Dracula»

■ Laspesaprevidenzialefinisce per lo più al Nord.Risiedeinfatti nelle regioni settentrionalidel paese la maggior partedei pen- sionati. NelMezzogiornoinfatti è più basso, rispettoalNord, il numerodipersoneche godono deitrattamentiprevidenziali. La confermaarrivadall’Istat che, in una analisi, spiegache su cir- ca16milioni dipensionati, escludendoi residenti all’estero e icasi nonripartibili(3%), il 47,4% vivenell’areasettentrio- nale del paese(oltre 7,5milioni dipensionati). Adire il vero,pe- ròil Sudnon èilfanalino di coda nella classificaperareegeogra- fichedellaprevidenza.Infatti al Centrocisonomeno pensionati rispettoalMezzogiorno. Secon- doi datidiffusi dal’Istat,il29%

deltotale deipensionati italiani risiede nelle regioni meridionali, mentre solo il 20,6% in quelle centrali. L’Istat aggiunge chei beneficiaridelle pensioniinvali- dità, vecchiaia esuperstiti sono maggiormente concentrati nel- le regionisettentrionali (49,9%).

Itrattamentiindennitarimo- strano invece una attenuazione della differenzatra Nord eSud ed unmaggior pesodei soggetti residentinelle regioni centrali (22,7%).Alcontrarionel caso deipensionati titolaridipresta- zioniassistenziali, la maggio concentrazionedeibeneficiari siha nelleregionimeridionali (45,6%).

Nel Sudviè lamaggioranza (44,3%)dicoloro chesommano pensioniindennitarie eassi- stenziali.

ROMA Il sì più convinto e autore- vole a Fazio e alla sua richiesta di una politica lungimirante verso gli immigrati arriva dall’ex presi- dente della Repubblica Oscar Lui- gi Scalfaro: «Ho apprezzato molto il discorso del Governatore della Bancad’Italia,cheierihadichiara- to che gli immigrati sono una ri- sorsa per l’Italia. L’attenzione ver- so la povertà è un’e-

spressioned’amore».

Come si ricorderà, ieri sia il Governatore che il direttore gene- rale dell’Inps, Trizzi- no, avevano ricorda- to l’importanza stra- tegica dei lavoratori immigrati per il futu- ro del sistema econo- mico italiano e per le stesse sorti della no- stra previdenza pub- blica. Da qui l’apprez- zamento dell’ex in- quilinodelColle.

La questione-pen- sioni insomma conti- nua a tenere banco.

Anche in vista della ripresa politi- ca di settembre, quando il dibatti- tosiriaccenderà.

Ieri il ministro del Tesoro Giu- liano Amato è intervenuto per di- fendersi dalle interpretazioni date da parte della stampa al suo inter- ventoin Senato sul Dpef.«Nonso- no il Dracula che vuole ilsangue dei pensionati», scrive il ministro del Tesoro in una lettera a Repub- blica. In quell’intervento - spie- ga Amato - «ho cercato di deli- nerare i compiti che abbiamo

davanti per consentire all’Italia di partecipare, senza esserne emarginata o addirittura impo- verita, al mondo nuovo in cui siamo entrati». Aggiunge il mi- nistro del Tesoro: «A coloro che, a sinistra, guardano con diffi- denza alla necessità di cambia- mento e preferiscono dipingere me come un tecnocrate, ho det- to che affrontarli non è opera appun- to di tecnocrati, ma opera di riformi- smo».

Tutto ciò, afferma Amato, è stato «es- siccato, distorto, e ricondotto alle bat- tute obbligate del copione di un tea- trino dei pupi, nel quale io sono il Dra- cula che vuole il sangue dei pensio- nati, altri no, e altri ancora fanno da mediatore o frena- tore».

Per un Amato che tiene il punto, un altro ministro che cerca di placare le acque al- l’interno dell’esecutivo e della maggioranza. Si tratta del re- sponsabile del Lavoro, Cesare Salvi: nessun contrasto con il collega del Tesoro, assicura.

Con Amato ci sono «sensibilità diverse ma andiamo - ha detto in un’intervista - perfettamente d’accordo». Ma il leader del Pdci Armando Cossutta avverte:

«Se Amato vuole tagliare, me- glio che se ne vada».

Mario Dondero

L a tesi dell’immigrazione straniera come risorsa preziosa, rilanciata dal governatore della Banca d’Ita- lia Fazio e dal direttore gene- rale dell’Inps Trizzino, vista da Sud induce a più di una perplessità. Ed è opportuno tradurre questa perplessità in quesiti che, approfonditi, po- trebbero forse ridurre l’appa- rente carattere provocatorio, inteso da Sud, insistiamo, del- la tesi stessa.

Una premessa: interrogarsi sulla tesi non significa rifiu- tarla a priori né ancor peggio proporre in alternativa barrie- re di marca razzista. Piutto- sto, come ancora si dice nei confronti politici al bar dello sport, qui nel Sud vorremmo capire...

Dunque, sostengono i due protagonisti autorevoli citati, gli immigrati, dato l’invec- chiamento della popolazione ed il suo calo, divengono in prospettiva una fonte impor- tante di sostegno per un siste- ma previdenziale il cui equili- brio si fa precario.

Sicché, invece di respingerli la società farebbe meglio ad

accoglierli ed integrarli.

Le analisi dei demografi e degli esperti dell’economia del lavoro confermano, si aggiun- ge, che il nostro paese ha biso- gno di lavoratori stranieri. E del resto, sono cifre fornite proprio da Trizzino, dall’inte- grazione degli stranieri nel mercato del lavoro il sistema Italia trae benefici importanti visto che già quarantunomila immigrati sono inseriti nel set- tore metallurgico e meccanico e sedici mila nella chimica e nella gomma.

Non solo, ma - dato nuovo su cui riflettere - il loro impie- go non avviene più solo in set- tori produttivi a bassa qualifi- cazione.

E, a seguire, rigorosi son- daggi dimostrano che gli im- prenditori italiani sono dispo- sti ad assumere extracomuni- tari fino ad un quarto del tota-

le dei loro di- pendenti. Se questo è il quadro, letto da Sud, riba- diamo, susci- ta perplessità già intuibili.

L’apertura agli immigra- ti, totale e in- differenziata, sembrerebbe indicare con l’occhio al tasso di disoccupa- zione nel Mezzogiorno l’accet- tazione piena e senza limiti di un mercato del lavoro simile al modello neoclassico che si studia nei manuali di macroe- conomia.

Ovvero le proiezioni sulla denatalità permettono un otti- mismo sulla coesistenza tra flussi di emigrazione e recupe- ro dell’attuale disoccupazione,

sapientemente finora celato per non creare effetti al rialzo sui salari?

Attenzione, c’è un elemento inedito che potenzia le perples- sità.

Fino a ieri nei ragionamenti sul tema, a favore degli immi- grati, c’era il riconoscimento del loro prevalente carattere di complementarietà (e non di sostituibilità) rispetto all’of- ferta di lavoro esistente; ovve- ro di supplenza in quei se- gmenti della domanda che per la loro scarsa «qualità» non avrebbero trovato comunque copertura qualunque fosse sta- to il tasso di disoccupazione autoctono.

Questo schema sembra tra- sformarsi ed emerge addirittu- ra una mobilità interna della stessa immigrazione straniera:

il 57% dei lavoratori extraco- munitari con permesso di la-

voro rilasciato al Sud si sono spostati in al- tre aree del

paese dove

evidentemente sono presenti opportunità a diversi livelli, dalla comple- mentarietà al- la sostituibili- tà.

Spieghiamo

meglio: le perplessità conti- nuano ad aumentare se da questa visione statica si passa ad ipotesi dinamiche, l’innal- zamento cioè del rapporto per- centuale tra lavoratori immi- grati e popolazione: pari all’1,4% nel 1991 e previsto nel 3,6% nel 2025.

Vogliamo dunque capire.

Dietro questa analisi c’è forse l’avvenuta interiorizzazione

dell’inattendibilità dei tassi di disoccupazione nel Sud e la fiducia in una singolare mi- scela di precariato pubblico, sommerso, flessibilità assisti- ta, buona, magari se coniuga- ta con una ripresina dell’emi- grazione Sud-Nord, a far per- manere il mercato del lavoro del Mezzogiorno quale esem- plificazione di un’istituzione sociale in grado di trovare i suoi equilibri fuori dalle stati- stiche e dalle politiche attive ufficiali?

Secondo punto di riflessio- ne: per riequilibrare i conti dell’Inps la riduzione dei

«senza lavoro» nel Mezzogior- no non farebbe altrettanta

«cassa»?

O la flessibilità degli immi- grati stranieri, già del resto teorizzata nel modello Alberti- ni per le grandi aree urbane, fa anche più «lib»?

L’INTERVENTO

MA PENSIAMO ANCHE A DARE UNA CHANCE AI DISOCCUPATI AL SUD

MARIO CENTORRINO

SCADENZE

Si apre oggi

la nuova «finestra»

per gli autonomi

■ LA PROPOSTA DI FAZIO Vista dal Sud induce a più di una perplessità Ma non è da scartare a priori

■ ANCHE ILSUD È UNA RISORSA Regolarizzare i disoccupati del Mezzogiorno non gioverebbe lo stesso ai conti dell’Inps?

■ Si apre oggi una nuovafinestraper

ilavoratori autonomi.Sono inte-

ressati artigiani, commerciantie

coltivatoridiretti che,alla datadel

30settembre ‘98, hanno matura-

to 35anni di contributie compiuto

i 57anni d’età. Chi èinteressato

all’uscita di agosto devepresenta-

re ladomanda di pensione all’Inps

entrolafine del mese. Mala sca-

denza nonè tassativa.Chidecide

diaspettare non deve rimettersi in

codain attesadella finestra suc-

cessiva, ma, avendo giàperfezio-

nato irequisiti, può presentare la

domandaquandovuolee ladecor-

renza della pensione saràdalme-

se successivoalla presentazione

della domanda. Chi invece,purav-

valendosidellafinestradi agosto,

vuole continuarel’attività lavora-

tiva,può farloanchese avràuna

pensioneridotta. In questo caso

l’Inps garantisce iltrattamento

minimo (709.550 liremensili)più

la metàdella quota eccedente.

(3)

01EST01A0108 ZALLCALL 12 22:25:27 07/31/99

Domenica 1 agosto 1999 10 NEL M ONDO l’Unità

All’entrata un grande cimitero è una specie di avvertimento:

ai lati delle strade solo case distrutte

Il 6 aprile del 1992 l’attacco dei serbo-bosniaci di Karadzic

12mila i cittadini morti nel conflitto

01EST01AF01 3.0

16.50

Sarajevo, la città martire non scorda le sue rovine

Dopo 4 anni di pace c’è ancora molto da ricostruire

DALL’INVIATO PIERO SANSONETTI

SARAJEVO L’aeroplano scende tra i monti di Sarajevo e sulla sinistra si vede un grande cimitero, con le la- pidi di marmo bianco piantate in verticale sulla terra, come sono i ci- miteri musulmani. È la porta della città: una specie di didascalia, di av- vertimento. Appena fuori dall’aero- porto, superate un paio di postazio- ni militari (un carroarmato tedesco, due autoblindo olandesi, un gruppo di carabinieri) si incontrano le pri- me distruzioni. C’è un grattacielo di cemento - di ex cemento... - che sembra quasi essere stato sciolto in pentola: è rimasto un Menhir, senza forma precisa, più stretto in cima, più largo alla base attorno al Men- hir c’è solo ferraglia, e per terra quel che resta di vetri metallo cemento.

Cos’era? Era la splendida sede del più importante giornale di Sarajevo,

«Oslobogenj». Lo hanno colpito tra il 1992 e il 1995 con un migliaio di granate.

L’autobus corre per una strada lar- ga, con lo spartitraffico, e sui due la- ti sfilano le case distrutte: chi non le ha mai viste, come me, anche se sa- peva che qui c’è stata la guerra, resta gelato. Viene da piangere a vedere i resti ancora vividi di questa follia.

Dall’albergo, Holiday-Inn (ricostrui- to quasi interamente negli ultimi quattro anni) si vede il relitto di un grattacielo che è restato in piedi ma dentro è tutto vuoto, scavato dalle granate. Era il Parlamento. Anche di fronte all’albergo di Belgrado, dove sono stato a maggio, c’era un relit- to, quasi identico a questo, ed era la ex sede della Lega comunista di Ti- to.

Dopo un paio di giorno ti abitui a camminare tra le rovine. Così come ci eravamo abituati a Belgrado. Ma la prima impressione è tremenda. E vedendo le casette diroccate, senza tetti, senza finestre, e i muri di tutti gli edifici graffiati da milioni di col- pi di fucile, ho creduto di capire un po’ meglio i certi articoli di Adriano Sofri scritti durante la guerra del Ko- sovo. Leggendoli, in aprile e mag- gio, mi ero stupito che uno spirito critico come quello di Sofri potesse aderire in modo così convinto alla guerra contro i serbi. Ora, pensando che ha vissuto qui per mesi, sotto le granate, un po’ mi rendo conto.

***

6 aprile. È una data del destino nella storia di Sarajevo. Cinquantacinque anni fa, il 6 aprile, i partigiani titini insorsero e misero in fuga i tede- schi. È il giorno della vittoria. Poi la storia si è ripetuta alla rovescia e la

festa è diventata tragedia. Sei aprile del ‘92: all’alba la gente di Sarajevo è svegliata dai colpi di cannone. Ti- rano dalle colline. Sono i soldati ser- bo-bosniaci di Karadzic. Nella notte - dicono le leggende metropolitane più o meno veritiere - settantamila cittadini di Sarajevo, cittadini serbo- ortodossi, hanno lasciato in gran fretta la città. La gente allora scende in piazza. Migliaia di persone in cor- teo, per protestare. Si radunano da- vanti a un ponte, proprio sotto la collina, molto vicini al cimitero ebraico, dove le milizie serbe hanno piazzato i cannoni. Vogliono parla- re con i serbi, spiegare. Dalla collina partono colpi di fucile. Cade a terra, bagnata dal sangue, una ragazza di venti anni, una studentessa di me- dicina, Soada Liblerovic. È morta. In quel momento esatto - appena una settimana dopo la proclamazione dell’indipendenza e la secessione dalla Jugoslavia, che è del 1 0 aprile - inizia la guerra di Bosnia e l’assedio interminabile di Sarajevo. Da quella mattina, prima della pace, sono pas- sate millequattrocentocinquanta mattine e mille millequattrocento- cinquanta notti, e ogni mattina e ogni notte si è sparato. Su Sarajevo sono cadute tre milioni di granate e alcuni miliardi di colpi di fucile. Tra i musulmani, cioè tra gli assediati, ci sono stati dodicimila morti di cui milleduecento bambini. Tra gli assa- litori e tra i civili serbo-bosniaci che abitavano sulle colline, non si sa, ma le vittime furono parecchie. Sa- rajevo è una conca circondata dalle montagne, ripidissime e vicinissime al centro stori- co. Sulle monta- gne stavano i serbi, nelle pic- cole case coi tet- ti rossi e nelle roccaforti, ed erano armati be- ne. I bosniaci stavano nel cati- no, avevano po- co per difender- si e poco da ma- giare. Dalle montagne si vedono tutte le case e tutte le strade di Sarajevo a occhio nudo, una per una. Si può colpire chi si vuole, quando si vuole, come si vuole. Oggi il ponte sotto il cimi- tero ebraico porta il nome della ra- gazza uccisa il 6 aprile, ponte Lilbe- rovic.

***

Come sono adesso i rapporti tra serbi, musulmani e croati? Ottimi, mi risponde Zahida Milasevic, una signora di etnia musulmana che mi accompagna in giro per la città. Lei

è sposata con un montenegrino che ha vissuto e lavorato a Sarajevo du- rante tutto il periodo dell’assedio, e che tutti rispettavano. Zahida mi giura che i rapporti sono sempre stati buoni tra le etnie, eccetto in quei tre anni di follia della guerra, che nessuno si sa spiegare. Zahida mi dice: «Guardami bene: da che lo capisci che sono musulmana? Da niente, solo dal nome. Che differen- za c’è tra me, una croata, una serba, un’albanese? Nessuna, vedi, siamo tutti la stessa gente. C’è solo una differenza di religione, ma si può fa- re una guerra di religione nel Due- mila?».

I musulmani bosniaci in grandis- sima parte sono gli eredi di una vec- chia setta cristiana-eretica, i Bogo- mil, fondata da un frate bulgaro nel decimo secolo. I Bogomil dicevano che dio aveva avuto due figli, Logo e Satanael, e il secondo - cioè il dia- volo - aveva creato la terra e la pec- caminosa materialità. Poi Logo, det- to Cristo, scese sulla terra, si incar- nò, sconfisse Satanael e ricreò lo spi-

rito. I Bogomil riconoscevano il Vangelo ma non il Vecchio Testa- mento ebraico. Si diffusero nei Bal- cani, specie in Bosnia. Furono perse- guitati dalla Chiesa e quando nel XIII secolo i turchi invasero la Bo- snia, i Bogomil si convertirono all’I- slam. Nasce così l’islamismo slavo.

Non è mai stato, e neanche oggi è, un islamismo fondamentalista.

***

La ricostruzione di Sarajevo va avanti. Almeno mezza città è stata già rimessa in piedi e restaurata, pe- rò resta moltissimo da fare. Sia dal punto di vista edilizio e architetto- nico sia da quello delle grandi strut- ture: musei, biblioteche, scuole, in- dustrie, strutture dell’economia. So- no arrivati molti aiuti e molti anco- ra ne arriveranno. Il problema è uti- lizzarli bene e riuscire a tenere lon- tana la criminalità organizzata. Non esiste posto al mondo dove un gran- de piano di ricostruzione, che fa correre molti miliardi ed è gestito da una non gigantesca struttura stata- le, non alimenti la speculazione e la

mafia.

***

Oggi Sarajevo è una città a stra- grande maggio- ranza bosniaco- musulmana e con una mino- ranza serba. È la capitale di tutta Bosnia. Vedia- mo i dati attuali della Bosnia: tre milioni e due- centomila abitanti (un milione in meno rispetto all’ «anteguerra»: du- centocinquantamila morti e sette- centocinquantamila profughi all’e- stero). Di questi, i due terzi vivono nella federazione croato-bosniaca (a larghissima maggioranza etnica mu- sulmana, più o meno il rapporto è di sette a tre tra musulmani e croati) e l’altro terzo vive nella Repubblica serbo-bosniaca. Il Parlamento dello Stato è composto da due terzi di seg- gi assegnati alla federazione e un terzo alla Repubblica serba. La presi-

denza è collettiva: tre presidenti - uno serbo, uno musulmano e uno croato - di cui uno a turno diventa presidente dei presidenti. Il governo è nominato dalla presidenza. A par- te la politica estera, il commercio internazionale la politica moneta- ria, tutti gli altri poteri non spettano al governo centrale ma alla federa- zione e alla repubblica. La Repubbli- ca serba è unitaria, la federazione croato-musulmana è divisa in can- toni, dieci cantoni, di cui cinque a netta prevalenza musulmana, due a netta maggioranza croata, e due mi- sti. La federazione è decisamente più ricca della Repubblica perché ha ricevuto aiuti assai più generosi.

Nella federazione il reddito mensile medio è di 280 marchi, nella Repub- blica di 30. I prezzi però sono molto più convenienti nella Bosnia serba.

I dati medici sono drammatici: l’a- spettativa di vita, per i maschi, è di poco più di cinquant’anni, e la mor- talità infantile è di trentasette su mille. Già, un bambino su venticin- que muore poco dopo essere nato.

PRIMO PIANO

Kosovo, i russi fermano

un generale dell’Uck Bambini giocano in un cortile di un quartiere di Sarajevo D.Krstanovic/ Reuters STANKAJ TensioneinKosovo.Ancora.Isol-

datirussidellaforzamultinazionaledipace, la Kfor, hanno trattenuto per diverse ore il capo di stato maggiore dell’Esercito di libe- razione del Kosovo (Uck), generale Agim Ceku. L’episodio è stato denunciato dal lea- der dell’organizzazione militare indipen- dendista albanese, Hashim Thaci. L’alto uf- ficiale dell’Uck è stato bloccato a Kijevo.

«Esprimo preoccupazione per l’accaduto», ha detto, «questo atto va contro l’accordo per la smilitarizzazione dell’Uck e lo con- danniamo energicamente». Thaci si è ap- pellato al comandante della Kfor, il genera- le britannico Mike Jackson: «perché i solda- ti russi, accolti con diffidenza dalla popola- zione albanese a causa dei tradizionali vin- colidiamiciziaconiserbi,sianotenutisotto controllo.

Intanto alcuni paramilitari serbi sono scesi dalla montagna poco prima dell’alba, aprendo il fuoco su un villaggio albanese che probabilmente credevano abitato ma nel quale, nonostante la tregua, era tornata a viveresolo unafamigliacontadina.Un’in- cursione militarmente fallita, ma che è ba- stata a far risalire la tensione al confine tra Kosovo e Montenegro, dove la popolazione albanese è tornata a chiederediessere arma- ta. L’incidente è accaduto l’altro ieri matti-

na, nel piccolo villaggio di Stankaj, tra le montagne del Kosovo occidentale. «Mi sembrava di essere ripiombato inunincubo - racconta Uke Kurtaj, 56 anni - i paramilita- ri sono scesi dalla vetta “Pascolibelli” intor- no alle cinque del mattino. Erano divisi in quattro gruppi e hanno cominciato a spara- re con mitragliatrici pesanti e fucili di preci- sione. Abbiamo sentito anche due esplosio- ni, forse eranogranate».Kurtaj,insiemeagli altri otto componenti della sua famiglia, tra cui due bambini, è riuscito a dare l’allarme soltanto ieri sera quando, a piedi, ha rag- giunto la città di Pec. Ieri mattina sono in- tervenuti sul posto una trentina di soldati italiani del III Reggimento alpini che insie- meadunelicotterodacombattimentohan- no perlustrato la montagna ma senza trova- retracciadeiserbi.

La tenda della famiglia Kurtaj è in cima a una ripida collina coltivata a frumento. Ci sono ancora gli strumenti da lavoro abban- donati per terra insieme a coperchi e tega- mi. «Non abbiamo fatto in tempo a portare via nulla - racconta l’uomo - siamo stati pre- si dal panico, abbiamo abbandonato anche il nostro bestiame». Uke però è deciso a tor- nare. «Quella - ha detto - è la terra nella qua- le sono nati i nostri genitori e dove stanno crescendo i figli e i nipoti. Se i soldatiitaliani

non resteranno, ci diano le armi e ci difen- deremo da soli». I contadini di altri villaggi frontalieri (sono in tutto 17) sostengono che tra queste montagne al confine tra Ko- sovo e Montenegro sitroverebbeungruppo composto da un’ottantina di paramilitari serbi, che si sarebbe rifiutato di consegnare le armi. «Vogliono terrorizzarci per costrin- gerci a scappare - dicono - vogliono farci sa- pere che sono pronti a tornare». Domenica scorsa un incidente analogo era accaduto nel villaggio di Moistir, nel Kosovo nord- occidentale al confine con la Serbia. Una trentina di paramilitari, dopo aver tentato di rapire un contadino albanese e il figlio di 14 anni, avevano ingaggiato una sparatoria con gli abitanti della zona durata un’ora e unquarto.

Intanto ieri, in apparente controtenden- za con il processo di smilitarizzazione in corso e con gli accordi firmati, il capo del

«governo provvisorio» del Kosovo Hashim Thaci ha deciso i gradi per gli ufficiali del- l’Uck. Secondo quanto rende noto il quoti- diano di Pristina, «Kosova Sot», Thaci ha emesso un decreto con il quale fissa isimbo- li che contraddistingueranno da oggi in poi

«ufficiali e sottufficiali dell’Uck». Con la stessa decisione vengono indicati anche i criteriperlepromozionideimilitari.

BALCANI

E a Belgrado la stampa

snobba il vertice

■ Tace a Belgrado la stampa di regi- me sui risultatidelvertice di Sara- jevo per iBalcani:solo il giornale

«Borba», controllato dal partito

«Jul» della «first lady» Miirjana Markovic,pubblica un articolo di insulti.Parlano peròi giornali indi- pendenti,che dallafine della guer- ra cercanodi scavalcare laferrea censura impostadalpotere. «Vai avantiEuropa, senza dinoi»,titola il quotidiano “Glas” citandouna notaballata del poeta ecantauto- reDjordje Balasevic: «Non sono colpevolii parassiti che ci hanno distrutto,la colpa ènostraper averlo permesso.Vaiavanti Euro- pa, senza di noi, vai avantimondo, qui calala notte».“Glas” non ha trovato ilcoraggiodi pubblicare il pezzo in prima pagina:piùaudace è “Blic”,chesotto unagrandefo- tografiaa tutta pagina dei potenti della Terrascrive: «Senzaaiuti fin- ché Milosevicresterà al potere».

Fotografiae contenuti dell’artico- lo sottolineano l’isolamentointer- nazionale impostodal regime di Slobo. «L’Occidentehafinalmen- te deciso di domare i Balcani»,è il titolo di apertura di“Danas”,che plaude all’accordo trovato dalla

«calmaEuropa e dagli irrequieti Balcani».Perla Serbia, prosegue il giornale,«leporte saranno aper- te solo conla democrazia».Il Pae- se per ora ètagliatofuoridalla tor- tadi 30 miliardi didollari che ver- ranno stanziatiperil Sud-Est euro- peo:e senza aiuti, laSerbia accu- muleràunritardo economico di 50 anni. Nei loro resoconti sul vertice di Sarajevo, “Blic”,“Glas”e “Da- nas” hanno in parteabbandonato la cautelafinora usataper trattare gliargomenti «scomodi»:la cen- suraa Belgrado è stata tolta uffi- cialmente con la fine della guerra, ma ilregime può sempre contare sulla vecchiaburocrazia comuni- sta per ricattarei mezzi diinfor- mazione.

■ CONVIVERE È NORMALE Oggi i rapporti tra le persone di diverse etnie sono tornati ad essere del tutto civili

■ SALUTE

A RISCHIO

L’aspettativa

di vita per i maschi

è di 50 anni

e la mortalità

infantile è

ancora alta

(4)

01INT01A0108 ZALLCALL 12 21:38:48 07/31/99

Domenica 1 agosto 1999 6 LE C RONACHE l’Unità

Denuncia da Bruxelles: anche importatori italiani acquisterebbero le bestie vive a basso costo

per poi rivenderle con ampi margini di profitto

01INT01AF01

Azzannatrice a passeggio nel Mugello

Diossina, in Italia maiali comprati

in saldo nel Belgio

Il ministero della Sanità aumenta i controlli La Francia proibisce l’import non certificato

■ Una tartaruga «azzannatri- ce» di settechilie duecento grammi, originariadegli Sta- ti Uniti, dotatadiunpotente rostroche puòinfliggere gra- vi ferite, èstataritrovata da alcune persone chepasseg- giavano in un prato aVicchio nel Mugello. L’animale,che in Italiaviene venduto picco- lissimo perornamentodaac- quario, èstatoportato al Centro di scienze naturali di Galceti chelo ha presoincu- stodia.Questa specie di tar- taruga -haspiegato il diret- toredel Centro GilbertoTozzi - èconsideratafra le piùag- gressivenelgruppodelle

«azzannatrici».Allostato naturalevivein ambienti flu- vialie lacustricibandosi di pesci, piccoli mammiferie uccellie puòraggiungeredi- mensioniragguardevolico- mequellaritrovataa Vic- chio.

Se lasciatanegliacquari,in- vece,muoredopounpo’ di tempo senzaraggiungeredi- mensionipericolose perl’uo- mo.Tozzi ha per questo rin- novatol’invito anon acqui- stareanimali esotici di nes- sun tipo «perché èsbagliato toglierli dalproprioambien- te naturale», masoprattutto anon abbandonarlipoi in luoghidovepossonoprodur- re squilibri naturalie rischi perl’uomo.

GIUSEPPE VITTORI

ROMA Maiali vivi provenienti dal Belgio vengono rivenduti in Italia con ampi margini di pro- fitto, mentre le autorità belghe preannunciano un certificato di garanzia anti-diossina per la carne di maiali e pollo da espor- tazione.

La segnalazione viene da fon- ti anonime del governo. Secon- do la denuncia - rilanciata da fonti attendibili aBruxelles-im- portatori italiani, tedeschi e di altri stati dell’Ue stanno com- prando maiali a buon mercato (anche a solo venticinque fran- chi, cioé milleduecento lire al chilo) per rivenderli a quasi il doppio (quarantuno franchi, circa millenovecento lire al chi- lo)neipropripaesi.

In Belgio, a causa dello scan- dalo della diossina finita nei mangimi per animali, il prezzo dei maiali vivi è sceso appunto da quaranta a venticinque fran- chibelgialchilo.

Il governo belga intanto ha acconsentito ieri, come richie- sto dall’Ue, a che tutte le impre- se esportatrici di carne di maiale o di pollame debbano far esami- nare dalle autorità fino al 31 agosto campioni rappresentati- vi dei loro prodotti al fine di escludere la presenza della so- stanza cangerogenera diossina o del policloruro pcb da cui ha origine.

Solo le imprese i cui prodotti saranno risultati esenti da pcb riceveranno un certificato di ga- ranzia. Le modalità degli esami, che riguarderanno anche i pro- dotti derivatida carnenoncerti- ficata, saranno resi noti doma- ni,lunedì.

Intanto, per quanto riguarda l’Italia, sono stati «ulteriormen- te intensificati», fin dai giorni scorsi, i controlli su animali vi- vi, carni e loro derivati prove- nienti dal Belgio. Ne dà notizia, in una nota, il dipartimento ali- menti, nutrizione e sanità pub- blica veterinaria del ministero della sanità, proprio a proposito delle notizie di speculazioni nell’acquisto di carni di maiale

dalBelgio.

Tutte lemerci,siaffermanella nota, «vengono sottoposte si- stematicamente a vincolo sani- tario ed alla verifica analitica preventiva circa la presenza di diossinaoPcb».

Fortimisure dicontrollosono state adottate intanto in un al- tro grande paese dell’Europa, che aveva già affrontato la sua parte di problemi nei giorni

«caldi» dello scandalo del pollo alla diossina. In base a un decre- to pubblicato ieri dalla Gazzetta Ufficiale, tutti i prodotti di car-

ne e uova belgi non potranno essere importati in Francia se non saranno accompagnati da una dichiarazione ufficiale del- le autorità belghe attestante, sulla base di analisi, che non so- no contaminati dalla diossina o dalpiralene.

Il testo chiede anche agli im- portatori di ritirare dalla com- mercializzazione le carni di maiale, di pollame e le uova bel- ghe, spedite tra il 7 e il 31 luglio, periodo incuinuoviallevamen- ti sono stati posti sotto seque-

stroinBelgio. Visitatori in un allevamento di maiali in Belgio Logghe/ Ap

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7.0

Esodo tragico, 14 morti sulle strade

Code di chilometri soprattutto sul Brennero, quattro milioni in viaggio Tutte le insidie delle vacanze, ecco come difendersi dagli animali sgraditi

ROMA Anche ieri un pesante bilan- cio sulle strade italiane: 14 morti che si aggiungono alle altrettante vittime di venerdì. In Val Venosta, la scorsa notte, uno degli incidenti più gravi:

due quindicenni che viaggiavano sui loro motorini sono stati investiti e uc- cisi da un’autovettura guidata con ogni probabilità da un ubriaco. Altri due morti sulla A/25, in un incidente in cui è rimasta coinvolta un’intera fa- miglia: le vittime sono due coniugi to- scani, mentre i loro figli - di 7 e 10 an- ni - sono rimasti gravemente feriti.

Una giovane di 18 anni, che viaggiava insieme ad un’amica su un ciclomoto- re, sulla strada litoranea vicino a Lati- na, è morta dopo essere stata investita da una Mercedes, mentre un’altra ra- gazza di 19 anni è deceduta in provin- cia di Modena.

La giornata di passione è iniziata già la notte scorsa, per gli italiani in fuga, direzione vacanze. Quattro milioni in viaggio solo ieri, 11 da venerdì a lune- dì (il 60% vacanzieri). Affollati i porti verso la Sardegna e la Grecia, e gli ae- roporti anche se l’effetto Malpensa ha tolto un po‘ di «carico» passeggeri a Fiumicino. È sulle strade però che si è vissuta la situazione più pesante. I punti più «caldi» la A22 del Brennero dove per un incidente, si sono formati 15 chilometri di coda che per due ore

ha tenuto in coda le auto (dalle 16 alle 18) e la Salerno-Reggio Calabria dove per un cantiere la coda di 15 chilome- tri iniziata in mattinata, è stata co- stante fino a sera. Critica anche la si- tuazione sulla Como-Brogeda, area fiorentina e innesto tra A1 e A14 (Adriatica). Dieci i chilometri di coda

tra Bari e Molfetta a causa di un tir che ha preso fuoco. Traffico sostenu- to, ma senza code sulle autostrade da Torino per Savona, sulla Torino-Ao- sta, sulla Torino-Bardonecchia verso il Frejus e sulla Torino-Milano direzione laghi.

Ma le vacanze non sono solo esodo.

Gite all’aria aperta nascondono anche piccole insidie, incontri ravvicinati con meduse, ragni, vipere, calabroni, scorfani, mosche cavalline, pipistrelli.

Ecco in sintesi un brevissimo manuale di sopravvivenza estiva.

Attenzione al pesce serra. È l’ulti- mo arrivato nei nostri mari e già ha fatto parlare di se. Nei giorni scorsi un bambino di dieci anni è stato azzan- nato al piede mentre era in vacanza a Donoratico con la famiglia, vicino Piombino. Ha la bocca dotata da una chiostra di denti superiori e da una placca ossea inferiore. Il pesce serra è tropicale e molto aggressivo, ed è sta- to pescato anche nel Tirreno centro settentrionale. La vipera. In Italia ne esistono quattro specie, ma i casi di morte stile Cleopatra, morsi cioè da un serpente velenoso sono molto rari.

Per gli esperti in tutt’Europa sono una cinquantina i casi di morte per il mor- so di una vipera. La serpe, infatti, ha paura dell’uomo e morde soltanto se viene avvicinata o calpestata. Ecco perché tra i consigli più efficaci c’è quello di «avvertire» la vipera ad esempio battendo pesantemente il terreno su cui si cammina. Quando, invece, la vipera attacca e morde, oc- corre evitare di affaticarsi, altrimenti il veleno iniettato entra in circolo più rapidamente. Subito dopo, però, biso- gna incidere la ferita, disinfettarla e succhiare il veleno, accertandosi di non avere ferite in bocca. Il rimedio ideale resta, comunque, il siero. Il ra-

gno di Volterra. È uno dei più temibi- li ragni e il suo morso può provocare addirittura la morte. È nero, ma ha 13 puntini rossi che lo rendono facil- mente identificabile. La femmina può raggiungere al massimo un centime- tro di lunghezza, mentre il maschio è tre volte più piccolo. In caso di morso, il primo sintomo che si avverte è il tremore: occorre quindi avvertire su- bito il medico, che in genere sommi- nistra farmaci a base di gluconato di calcio e solfato di magnesio. Il pappa- tacio. È un insetto piccolissimo, al massimo raggiunge i tre millimetri, molto simile ad una zanzara. Assiduo frequentatore delle campagne, laddo- ve sono presenti detriti organici. Una sua puntura può provocare anche ma- lattie virali, come la febbre del pappa- tacio (detta anche dei tre giorni), e cu- tanee, ad esempio la leishmaniosi. Le meduse. La specie di medusa più co- mune è la cosiddetta «Polmone di ma- re». Urtarle inavvertitamente provoca un’infiammazione della pelle, con successiva comparsa di bolle. Per ri- mediare, basta spalmare pomate anti- staminiche, ma anche semplice am- moniaca. Il rimedio più antico ed an- che più efficace è comunque l’aceto:

basta versarne un po‘ sulla lesione e oltre al bruciore sparirà anche la cica- trice che lasciano questi animali.

■ SE L’AMICO È VELENOSO Ragni, meduse vipere e ora le nuove specie nel Mediterraneo Un manuale dice come evitarli

Controllo degli elicotteristi della polizia di Napoli sull’esodo di inizio Agosto Fusco / Ansa

Tartarughe troppo innamorate

denunciate per schiamazzi notturni

In tribunale la causa di un cittadino disturbato dal rumore

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7.0

LA SCHEDA

Amori davvero bestiali

La hit parade dei fracassoni

LUCCA Ruggiti, urla, ultra- suoni, gracidii, muggiti. L’a- more nel mondo degli ani- mali non si consuma certo sottovoce, anzi all’apice del piacere il volume scelto è sempre altissimo. I più «fra- cassoni» nell’amplesso sono coccodrilli e alligatori che tra muggiti e turbolenze creano vere e proprie tempe- ste d’acqua. Il più «dotato»

ed anche il più rumoroso, ma per fortuna con gli ultra- suoni, è invece il capodo- glio che grazie ad un mem- bro di un metro e mezzo (il più lungo registrato tra gli animali) si lascia andare a vere e proprie acrobazie ero- tiche con tanto di verso ad ultrasuoni, il cosiddetto clic, che se venisse captato dal- l’orecchio umano lo assor- derebbe.

Questo manuale di «ars

amandi» nel mondo animale è opera di Francesco Petretti, biologo del Wwf e condutto- re sulla Rai dell’ «Anello di Re Salomone». «Molto rumorosi -dice Petretti- sono anche i leoni che intercalano i loro amplessi, fatti a ripetizione, con altissimi ruggiti. Più ru- morosa è la leonessa che nel balletto erotico finge di non gradire le attenzioni del leo- ne con vocalizzi ad altissimo volume». Ma nella hit parade dell’amore fracassone ci sono anche altri animali che scel- gono l’amplesso senza freni.

Primi fra tutti gli uccelli che prima, durante e dopo l’amore manifestano il loro piacere cantando a squarcia- gola. La palma va all’aquila urlatrice che, come dice il nome, si accoppia urlando.

Tra gli uccelli, come racconta Petretti, si registra anche l’ac-

coppiamento più acrobatico.

Si tratta di quello del rondo- ne che sceglie di fare l’amore in volo a 150 chilometri l’ora tra picchiate e giri della mor- te. A prova di udito anche l’a- more fra le rane. «I maschi - spiega Petretti- cantano senza sosta e il loro gracidio viene amplificato dai palloncini che si gonfiano sulle guance diventando casse di risonan- za». Il più armonioso è l’amo- re delle scimmie: esse emet- tono borbottii e sussurri, vere e proprie frasi d’amore pro- nunciate durante l’amplesso.

«Alcune scimmie poi come lo scimpanzé pigmeo consuma- no l’amore più simile a quel- lo dell’uomo -dice Petretti- si accoppiano infatti per puro piacere o amore, indipenden- temente dalla funzione ripro- duttiva».

Naturalmente rumorose anche testuggini e tartaru- ghe che scelgono un rappor- to a colpi assordanti di cara- pace. In questo panorama dell’amore animale viene re- gistrato anche l’amplesso più lungo: è quello del rinoce- ronte che dura più di un’ora e per questo il suo corno è ri- cercato più del Viagra.

LUCCA Ogni notte lo stesso incubo, quel rumore insop- portabile che gli toglieva il sonno. Si affacciava alla fine- stra, sbirciava di sotto nel giardino del vicino e il fra- stuono si faceva più nitido, chiaro. Ma non vedeva nulla, là sotto non c’era proprio nulla. Solo un rumore secco, inconfondibile. «Shhhh...si- lenzio...». Un suono sordo al- le sue proteste. Così notte dopo notte, con le finestre aperte e il rumore e il caldo.

Fino a quando ha improvvi- samente capito, riaffaccian- dosi alla finestra ha capito:

tartarughe innamorate.

Quella nenia erano i colpi appassionati di carapace di due tartarughe in accoppia- mento. Che fare? Protestare col vicino, chiedere l’inter- vento dei vigili, chiamare la protezione animali? No, lo

sdegnato signore di Lucca, sfinito da quel tormentone notturno, ha pensato ben al- tro: una denuncia al magi- strato con tanto di carta bol- lata per schiamazzi e distur- bo della quiete pubblica.

La causa, strano a dirsi, è andata avanti. La magistratu- ra ha preso in esame il caso e poi si è anche pronunciata.

In questi giorni, dopo aver affidato alla forestale un so- pralluogo nel giardino su ri- chiesta del querelante.

Naturalmente hanno vinto loro, le tartarughe innamora- te, di cui purtroppo non co- nosciamo il nome. L’incarta- mento è stato archiviato e quel signore - nemmeno di lui è dato sapere il nome, e questa volta per fortuna, la sua - che non sopportava più i «colpi» di passione si è do- vuto rassegnare. Quell’amore

assordante - ha sentenziato il giudice - potrà continuare perché non è riconducibile ad alcun reato, né a quello di atti osceni in luogo pubblico, né di schiamazzi notturni, né di disturbo della quiete pub- blica.

Resta una ragionevole cu- riosità. Quale intensità frago- rosa abbiano raggiunto gli amplessi per scatenare tanto?

Non è dato sapere, né potre- mo immaginare quanti deci- bel abbiano propagato nell’a- ria i due «amanti» inconsa- pevoli di arrecare tanto di- sturbo al vicinato nel com- piere un atto come natura comanda.

Gli uomini della forestale hanno potuto alla fine solo appurare le condizioni nelle quali erano tenute le tartaru- ghe, che sono risultante ec- cellenti, evitando così di sfi-

dare il ridicolo affidando al-

l’Arpat il compito di installa-

re un fonometro durante gli

accoppiamenti. La procura

ha tolto d’imbarazzo anche il

Comune di Lucca che, maga-

ri, sarebbe stato costretto ad

emettere un’ordinanza per

far rientrare nei ranghi della

decenza le tartarughe, il loro

legittimo proprietario, il vici-

no inbufalito e questa storia

estiva, purtroppo, straordina-

riamente vera.

Riferimenti

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Eppure questo libro cerca di dimostrare – al di fuori di ogni retorica consolatoria e del rischio sempre pre- sente del reducismo – che la storia non può finire e che lo spirito di

«sia nella giurisprudenza penale che in quella amministrativa, è consolidato il c.d. principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti. Ciò comporta

* Francesco, giunto un giorno nella città di Gubbio, apprese con dolore che la popolazione era spaventata, a causa di un grosso e feroce lupo che da molto tempo tormentava gli

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