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La sanatoria della notificazione: presupposti e limiti

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La sanatoria della notificazione: presupposti e limiti

di Angelo Buscema

Pubblicato il 10 giugno 2008

Principi

La sentenza n. 12051 del 6 marzo 2008 (dep. il 14 maggio 2008) della Corte Cass. sez.

tributaria, ha statuito i seguenti importanti principi:

1) La validità di un avviso di accertamento dipende dall’esistenza dei requisiti stabiliti dalle singole leggi d’imposta e non dalla ritualità della sua notificazione, che integra un atto distinto e successivo, esclusivamente finalizzato a portare a conoscenza del contribuente la pretesa dell’ente impositore.

2) La notificazione dell’avviso di accertamento tributario affetta da nullità (1) rimane sanata, con effetto “ex tunc”, dalla tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso tale avviso, atteso che, da un lato, l’avviso di accertamento ha natura di “provocatio ad opponendum” (2), la cui notificazione è preordinata all’impugnazione, e, dall’altro, l’art. 60, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 richiama espressamente le “norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile”, così rendendo applicabile l’art. 160 del codice medesimo, il quale, attraverso il rinvio al precedente art. 156, prevede appunto che la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo.

Perciò il contribuente non ha interesse a dedurre il mero vizio di notificazione dell’atto se non collegato ad una specifica ulteriore deduzione quale la tempestività dell’impugnazione o l’eventuale decadenza di controparte dal potere impositivo.

In buona sostanza, la Corte di cassazione, sez. tributaria, con la sentenza citata ha

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del cpc, e pertanto la tempestiva proposizione del ricorso avverso gli avvisi di accertamento significa che è stato raggiunto lo scopo della notificazione.

SANATORIA

L’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo nel caso di impugnazione dell’atto la cui notificazione sia affetta da nullità significa che, se il contribuente mostra di avere avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto e ha potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa, lo stesso contribuente non potrà, in via di principio, dedurre i vizi relativi alla notificazione a sostegno di una domanda di annullamento. A diverse conclusioni deve peraltro pervenirsi se la sanatoria, costituita dalla proposizione del ricorso alle commissioni sia intervenuta quando il termine per l’esercizio del potere di accertamento è scaduto (sentenza n.

21409 del 11 ottobre 2007 della Corte di Cassazione sezione tributaria).

Orbene, la sanatoria delle nullità degli atti per raggiungimento dello scopo costituisce espressione di un principia di ordine generale applicabile sia con riferimento agli atti processuali, per i quali è stato codificato, sia, in mancanza di impedimenti di carattere normativo o logico sistematico, per quegli atti di natura sostanziale che come gli atti di imposizione fiscale, per avere efficacia e consentire all’interessato l’impugnazione in sede giudiziaria, devono essere notificati (Sent. n. 7498 del 17 febbraio 2005 dep. il 12 aprile 2005 della Corte Cass. sez. tributaria).

Il principio della sanatoria processuale della nullità degli atti, in caso di raggiungimento dello scopo cui i l’atto è destinato, si concreta nella regola che qualsiasi nullità (ma non inesistenza) della notificazione è sanata quando si ha la prova dell’avvenuta comunicazione (anche se irrituale) e della conoscenza dell’atto da parte del soggetto cui è diretto, e ciò in particolare accade quando il soggetto impugna l’atto o presenta all’ufficio accertamento con adesione.

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essendo la sanatoria un limite all’invalidità.

La sanatoria non può comunque operare allorquando si versa (non innanzi a notifiche illegittime-nulle ma) in presenza di notifiche radicalmente inesistenti.

La sanatoria del vizio per il raggiungimento dello scopo a causa della tempestiva proposizione del ricorso è preclusa dall’inesistenza della notifica, che si verifica solo quando la notifica esce dallo schema legale degli atti di notificazione, ossia quando difettano totalmente gli elementi caratterizzanti che consentono la qualificazione di atto sostanzialmente conforme al modello legale delle notificazioni.

La proposizione del ricorso avverso l’avviso di accertamento sana con effetto processuale ex tunc la nullità della notifica dell’avviso stesso ma non determina il venir meno della decadenza – eventualmente verificatasi medio tempore – della Amministrazione dal potere sostanziale di accertamento.

L’applicazione, per l’avviso di accertamento, delle norme sulle notificazioni, contenute nel codice di procedura civile, comporta anche l’applicazione dell’art. 156 del codice di procedura civile e del principio della sanatoria delle nullità degli atti per raggiungimento dello scopo, purché il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento(Cass. SS.UU. n. 19854 del 2004; Sent. n.

24962 del 23 settembre 2005 dep. il 25 novembre 2005 della Corte Cass. sez. tributaria).

Capisaldi

Giova, pertanto, evidenziare i seguenti capisaldi in tema di notificazione:

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v La sanatoria della notificazione(Corte di cassazione SS.UU. sentenza n. 19854 del 5 ottobre 2004 )non opera in relazione all’intervenuta decadenza dall’esercizio del potere.

v Non è suscettibile di sanatoria l’atto “inesistente”.

v Dalla notificazione decorre il termine perentorio di 60 giorni per l’impugnazione dell’atto, proponibile dall’interessato per evitarne la definitività;

v La presentazione del ricorso da parte del contribuente sana ex art. 156 del codice di procedura civile la nullità della notifica dell’atto (Sent. n. 15849 del 15 marzo 2006 dep. il 12 luglio 2006 della Corte Cass. sez. tributaria) ma non l’omessa notifica di atti presupposti a quello irregolarmente notificato;

v La sanatoria della nullità di un atto, per effetto del raggiungimento dello scopo cui era destinato, retroagisce al momento del compimento della notifica (sebbene viziata).

v L’atto notificato privo delle indicazioni circa il termine di impugnazione ed il giudice competente a decidere del giudizio – ai sensi dell’art. 3, comma 4 della l. 7 agosto 1990, n.

241 – non determina la decadenza dal diritto ad impugnare (Sent. n. 1701 dell’11 dicembre 2007 dep. il 25 gennaio 2008 della Corte Cass. sez. III civile). La mancata indicazione del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere, a norma dell’art. 3, legge n. 241/1990, non determina l’annullamento dell’atto di accertamento tributario, ma comunque, incide sulla decorrenza del termine per ricorrere; in particolare, tale mancata indicazione può configurare errore scusabile e di conseguenza la rimessione in termini del destinatario dell’atto (sentenza n.

26116 del 13 dicembre 2007 della Corte di Cassazione).

v La notifica nulla che manca dei requisiti formali per il raggiungimento dello scopo è insanabile

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E’ recessiva ormai la seguente ricostruzione ermeneutica (Corte di Cassazione sentenza n.

5924, depositata il 21/4/2001):

a) l’atto amministrativo (rectius: impositivo) per venire a giuridica esistenza deve essere debitamente notificato al contribuente in modo da raggiungere il suo scopo (cd. conoscenza effettiva);

b) l’articolo 156 del cpc statuisce che la nullità di un atto non può essere pronunciata se l’atto stesso ha raggiunto lo scopo a cui è destinato; peraltro, la sanatoria di cui all’articolo 156 del cpc vale per gli atti processuali e non per quelli amministrativi esplicitanti la mera potestà impositiva;

c) gli articolo 156 e 160 del cpc hanno una valenza esclusivamente processuale e pertanto trattasi di disposizioni applicabili solo nel processo tributario e non anche in tema di diritto sostanziale: le notificazioni di cui agli articoli 156 e 160 del cpc attengono solamente al processo tributario e non alla fase sostanziale della notifica dell’atto impositivo;

d) l’articolo 156 del cpc attiene alla sanatoria degli atti processuali in senso proprio mentre l’avviso di accertamento e’ atto amministrativo esplicativo della potestà impositiva; l’avviso non è configurabile coma atto processuale specificamente funzionale al processo ma come atto preparatorio del processo poiché il giudizio si instaura con il deposito del ricorso.

e) non ha rilievo che il contribuente venga a sapere della pretesa fiscale ma ha rilevanza la correttezza del modo in cui tale informazione è arrivata al contribuente stesso;

f) il vizio della notifica deve ritenersi assorbente del merito della controversia ex articolo 276 del

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ATTO INESISTENTE

L’atto è da ritenersi inesistente se è privo degli estremi e dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come atto; l’atto inesistente (es. è inesistente la notificazione priva della sottoscrizione dell’ufficiale notificatore; è inesistente la notificazione quando manchi del tutto o è effettuata in modo assolutamente non previsto dal cpc) è inidoneo a produrre non solo gli effetti processuali che gli sono propri ma anche ad essere preso in considerazione sotto il profilo giuridico (Cassazione sentenza n. 6377 del 26/11/1988; Cassazione sentenza n. 8372 del 29/07/1995; CT Provinciale di Latina sez. 1 sentenza n 76 depositata il 21/3/2000). Quando la notificazione non è eseguita secondo le forme prescritte dalla legge essa è invalida. La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data salva l’applicazione degli artt. 156 e 157″.

La nullità della notificazione degli avvisi e degli altri atti nei confronti del contribuente può discendere soltanto da uno dei motivi tassativamente indicati nell’articolo 160 C.P.C. (Cass.

4863/2002; 7284/2001). Il vizio di notificazione importante nullità sanabile ai sensi del combinato disposto degli articolo 160 e 156 C.P.C. si ha quando, nonostante l’inosservanza delle formalità o delle disposizioni di legge, tra cui quelle concernenti la persona alla quale può essere consegnata la copia dell’atto, la notificazione, tuttavia, è materialmente avvenuta mediante rilascio di copia nel luogo e a persona che possano avere un qualche riferimento con il vero destinatario della persona medesima; il vizio di notificazione è insanabile quando questa sia eseguita in luogo e presso persona che non siano in alcun modo e per nessuna via riferibile al soggetto passivo della notificazione medesima, essendo riferibile a tutt’altro soggetto, assolutamente estraneo al destinatario e all’atto da notificare (Cass. 14393/1999; 5788/1955).

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L’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest’ultima sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioè da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura, mentre si ha mera nullità allorché la notificazione sia stata eseguita, nei confronti del destinatario, mediante consegna in luogo diverso da quello stabilito dalla legge, ma che abbia pur sempre un qualche riferimento con il destinatario medesimo (Cass. 7949/1999; 2195/1999; 12002/1998; 9372/1997; 1084/1996; 272/1996;

11963/1995; 8372/1995; 3819/1991; 4806/1988; 4562/1986; 3260/1986; 3191/1984).

L’inesistenza della notifica di un’atto processuale non può, pertanto, essere ricollegata a una sua qualsiasi irregolarità, ricorrendo, per converso, solo qualora essa sia del tutto mancata, ovvero risulti effettuata secondo forme e modalità assolutamente non previste dal codice di rito, e tali da non consentirne la sussunzione nella sfera del rilevante giuridico, con la conseguenza che l’eventuale consegna della copia dell’atto da notificare a persona diversa da quella cui l’atto stesso era destinato (o cui avrebbe potuto comunque essere efficacemente consegnata secondo le norme del codice affinché fosse poi legittimamente portata a conoscenza del destinatario) può essere assimilata alla radicale mancanza della notificazione solo se la persona ricevente sia totalmente estranea al reale destinatario dell’atto (Cass. 2147/1998).

Sul piano degli effetti giuridici, la differenzia sostanziale tra nullità e inesistenza della notificazione consiste nel fatto che la prima è suscettibile di sanatoria ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., mentre la seconda non può essere in alcun modo sanata e viene per questo effetto a identificarsi con quella che altra parte della giurisprudenza definisce nullità insanabile (o assoluta) della notificazione.

L’ipotesi della inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando quest’ultima manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioè, da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura, mentre si ha mera nullità allorché la notificazione sia stata eseguita, nei confronti del destinatario, mediante consegna in luogo o a soggetto diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre un qualche riferimento con il destinatario medesimo (Cassazione sezione tributaria, sentenza 28 luglio 2003 n. 11623 ).

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Angelo Buscema

Maggio 2008

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NOTE

1) L’avviso di accertamento tributario costituisce atto amministrativo, esplicativo della potestà impositiva degli uffici finanziari, e non atto processuale, né funzionale al processo, poiché non ad esso, ma alla presentazione del ricorso alla commissione tributaria, si correla l’instaurazione del procedimento giurisdizionale. Pertanto, alla notificazione dell’avviso di accertamento non sono applicabili i principi processuali attinenti al rilievo d’ufficio delle nullità. (Cassazione civile Sentenza 23/04/2008, n. 10477).

Se la relata di notifica viene apposta, anziché “in calce”, sul frontespizio dell’originale della sentenza, non trova applicazione il principio secondo cui si presume fino a querela di falso che l’atto sia stato consegnato nella sua integralità e, di conseguenza, la notificazione così eseguita è nulla ai sensi dell’art. 156, comma 2, del codice di procedura civile, perché

“l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”. Tale rilevante assunto è stato statuito dalla recente sentenza n. 6750 del 21 marzo 2007 della Corte di Cassazione sez. v.

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dichiarazione degli elementi utilizzati dal fisco nelle sue determinazioni, mentre la seconda concerne la dimostrazione di tali elementi fattuali nel processo tributario; la mancata prova della pretesa comporta l’accoglimento del ricorso del contribuente e non già il vizio di forma dell’accertamento.

La motivazione dell’atto impositivo attiene alla legittimità formale dell’avviso, mentre la fondatezza della pretesa riguarda il rapporto sostanziale fisco contribuente accertato in sede giurisdizionale; essa attiene unicamente alla legittimità formale e deve essere distinta dalla prova dei fatti che concerne la fondatezza sostanziale della pretesa tributaria.

La motivazione si manifesta solo al momento dell’accertamento, mentre la fondatezza rileva in sede giurisdizionale; è ipotizzabile, pertanto, la fattispecie i cui l’atto impositivo è legittimo sotto il profilo formale o motivazionale ma non è fondato sotto il profilo sostanziale. La motivazione non deve convincere il contribuente della fondatezza della pretesa, ma deve mettere quest’ultimo in condizioni di ricostruire l’iter logico giuridico seguito dall’ufficio nella determinazione della pretesa; la natura di provocatio ad opponendum (Cass. sez. V, sent. n.

12394 del 2 agosto 2002) dell’avviso d’accertamento comporta che la motivazione deve porre il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e quindi di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur.

La funzione della motivazione è quella di mettere in condizione il contribuente di conoscere la pretesa tributaria e di sviluppare le proprie deduzioni difensive. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato, che l’obbligo di motivazione deve ritenersi soddisfatto sempre che il contribuente sia posto in condizioni di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di un’efficace contestazione sull’an e sul quantum debeatur (ex pluribus, Cass. 10 gennaio 2002, n. 213; Cass. 28 gennaio 2002, n. 1034). L’atto di accertamento in tal modo costituisce una mera “provocatio ad opponendum” e cioè un semplice veicolo per portare la controversia tra Fisco e contribuente davanti agli organi di giustizia tributaria, così che sarà solo in un secondo momento che si confronteranno i fatti costitutivi della pretesa dell’Ente impositore e gli eventuali fatti modificativi o estintivi della stessa, che il contribuente potrà addurre.

Il carattere di “provocatio ad opponendum” dell’avviso notificato consente di ritenere soddisfatto l’obbligo di motivazione ogniqualvolta l’Ente abbia posto il contribuente nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne la fondatezza, sotto il profilo dell'”an” e del “quantum” (Cassazione sentenza n. 7707 del 13 aprile 2005; Cass. 20 novembre 2001, n. 14566; Cass. 22 agosto 2002, n. 12394; Cass. 18 aprile 2003, n. 6232). Giova osservare che non e’ consentito all’ Ente integrare e modificare l’atto

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impugnato non integrabile e non modificabile in sede contenziosa.

Non è superfluo precisare che la parte resistente non può modificare o integrare la motivazione dell’atto impositivo (cd. divieto della motivazione successiva nel corso del processo): gli elementi che non risultano nel provvedimento impugnato non sono idonei ad integrare la motivazione atteso che il provvedimento stesso deve recare in se la propria motivazione la quale non può seguire cronologicamente la determinazione assunta dall’Ente .Tuttavia , l’ Ente nel corso del giudizio ben può ridurre la pretesa tributaria, rinunciando a determinate pretese ovvero riconoscendo la fondatezza del ricorso del contribuente su determinati punti. I giudici della Corte di Cassazione hanno riconosciuto al fisco la facoltà di ridurre nel corso del giudizio la pretesa erariale nei confronti del contribuente, allorché si avveda della fondatezza dell’eccezione avanzata dallo stesso, sia pure per la prima volta in grado di appello. Tale riduzione della domanda, è ammissibile anche se operata per la prima volta in grado d’appello, con conseguente dovere del giudice di valutare la pretesa fiscale residua (Sentenza n. 11265 del 18-7-2003, sez. V civ.).

IL PRESENTE INTERVENTO E’ ESPRESSIONE DI OPINIONI PERSONALI DELL’AUTORE

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ALLEGATO

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tributaria

Svolgimento del processo – Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Varese, presentato in data non precisata, P.K. proponeva opposizione avverso l’avviso di rettifica n.

932V000800, ai fini dell’Invim, che l’ufficio del registro del Comune di Luino gli aveva fatto notificare per la vendita di terreni di sua proprietà, siti in territorio di quello di Tignale, con atto rogato il 5.10.1993, al prezzo dichiarato di L. 33.050.000, a favore della società I.R.

N.V., che aveva fatto acquiescenza all’accertamento. Esponeva che oggetto della cessione era stata soltanto la nuda proprietà del suolo, giacché il diritto di superficie, a tempo indeterminato, spettava alla società Cooperative V.V. di S.T. U.A., con sede in Olanda. Senonchè l’ufficio aveva accertato il valore finale nella misura di L. 1.050.000.000 ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, mentre aveva confermato quello dichiarato ai fini dell’Invim. Il contribuente deduceva la nullità dell’avviso, in quanto la notifica di esso era appunto affetta da tale vizio, essendo stata fatta a mani di soggetto del tutto estraneo alla sua sfera di rapporti.

In via subordinata osservava che i presupposti per la rettifica mancavano, atteso che essa aveva riguardato beni diversi da quelli compravenduti, e perciò chiedeva l’annullamento dell’atto impugnato.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio del registro dal suo canto contestava la fondatezza del ricorso, in quanto, per la questione della notifica, l’eccezione sollevata mirava soltanto a differire “sine die” il pagamento di quanto dovuto; mentre per la subordinata osservava che l’accertamento si era basato sul metodo sintetico-comparativo svolto con un’indagine compiuta dall’Ute di Brescia, per la quale si era tenuto conto anche dei prezzi di mercato per gli immobili aventi la stessa tipologia nella zona, e pertanto il resistente chiedeva il rigetto dell’opposizione.

Quella commissione, con sentenza n. 202 del 2000, disattendeva l’eccezione procedurale relativa alla pretesa nullità dell’avviso, e, accogliendo il ricorso, lo annullava, osservando che gli elementi forniti dall’Ute non erano sufficienti per un giudizio di congruità della rettifica, come pure i beni indicati in ricorso e oggetto della compravendita non corrispondevano del tutto a quelli specificati nell’avviso di rettifica.

Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate di Verese, ufficio di Luino, proponeva appello, cui K. resisteva con memoria, dinanzi alla commissione tributaria regionale della

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delibare la questione inerente alla sussistenza dei presupposti della rettifica del valore dichiarato.

Avverso questa pronuncia il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo un unico articolato motivo.

K. ha resistito con controricorso, e ha depositato memoria.

Motivi della decisione – Col motivo addotto a sostegno del ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa pplicazione degli artt. 100 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 51 e 38, nonché omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la commissione tributaria regionale non ha considerato che l’eventuale nullità della notifica dell’avviso di rettifica non poteva riguardare l’atto impositivo, ma semmai era limitata ad un adempimento successivo diretto alla

“provocatio ad opponendum”, sicchè il contribuente era carente d’interesse ad opporsi all’avviso, dal momento che non aveva eccepito l’eventuale decadenza dell’amministrazione ad operare la rettifica stessa.

Il motivo è fondato.

A parte la questione relativa alla pretesa nullità della notificazione dell’avviso, posto che con la dichiarazione ai fini dell’Invim il contribuente, se non eleggeva domicilio, doveva comunque indicare il recapito, al quale l’ufficio doveva attenersi se non intervenivano modifiche, nel caso in esame la dedotta nullità non poteva estendersi all’atto impositivo, trattandosi di adempimento successivo alla rettifica;

in ogni caso la notifica aveva raggiunto lo scopo, sicchè la dedotta nullità era stata sanata.

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irrilevante la mancata consegna dell’avviso al contribuente destinatario, al quale, peraltro, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, accordava tutela a fronte della mancata o nulla notificazione di un atto presupposto, quale l’avviso di accertamento, consentendogli l’impugnazione di questo unitamente alla cartella, autonomamente impugnabile (Cfr. anche Cass. Sezioni Unite: n. 19854 del 2004, Sentenze n. 458 del 2005, n. 7120 del 2003).

Inoltre va rilevato che il preteso vizio della notificazione di quell’atto tributario investiva solamente la sua notificazione e non anche l’avviso di rettifica notificato, sicchè questo non poteva essere annullato soltanto per il difetto della sua notificazione, ma era necessario che il contribuente avesse dedotto vizi propri di esso atto (nella specie, un avviso di accertamento), non essendo idoneo il mero vizio della notificazione a far venir meno il contenuto di quell’atto se non idoneamente impugnato (V. pure C

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