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È LOMBARDO IL PIÙ ANTICO DINOSAURO CARNIVORO DI GRANDI DIMENSIONI: UN RECORD GIURASSICO MONDIALE

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Academic year: 2022

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È LOMBARDO IL PIÙ ANTICO DINOSAURO CARNIVORO DI GRANDI DIMENSIONI:

UN RECORD GIURASSICO MONDIALE

di Cristiano Dal Sasso, Simone Maganuco, Andrea Cau

Il “saltriosauro” ha ora un vero nome scientifico, Saltriovenator zanellai: è il più antico ceratosauro del mondo e il primo dinosauro giurassico italiano, che anticipa la comparsa dei grandi dinosauri predatori di ben 25 milioni di anni. Lo afferma uno studio dettagliato pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica PeerJ da paleontologi italiani guidati da Cristiano Dal Sasso, del Museo di Storia Naturale di Milano. La più importante istituzione scientifica del Comune di Milano-Cultura chiude così al meglio, con un regalo di Natale tutto speciale, il suo 180° anno di vita.

I dinosauri carnivori risalenti al Giurassico inferiore sono molto pochi e in genere sono di piccole dimensioni. Saltriovenator invece era un enorme predatore, che visse in Lombardia circa 200 milioni di anni fa. Quasi otto metri di lunghezza, una tonnellata di peso, un cranio di ottanta centimetri armato di denti aguzzi come pugnali e arti anteriori muniti di quattro dita, di cui tre possenti e artigliate, ne facevano una terribile “macchina da guerra”.

I suoi resti fossili erano venuti alla luce nel 1996 in una cava di Saltrio (Varese), a meno di ottanta chilometri da Milano, ma per estrarre dalla dura roccia e ricomporre le ossa ridotte in piccoli frammenti ci sono voluti anni. Ora, finalmente, il lungo studio è stato completato da un team tutto italiano di paleontologi che, oltre a Cristiano Dal Sasso, comprende Simone Maganuco (collaboratore Museo di Storia Naturale di Milano) e Andrea Cau (Museo Geologico “Capellini” di Bologna). I risultati indicano che il dinosauro di Saltrio era piuttosto diverso dal suo primo identikit: gli arti anteriori avevano quattro dita, non tre, dunque non era un allosauro primitivo ma il più antico e più grande ceratosauro del Giurassico. E questo è un vero record mondiale. Di qui il nome scientifico, nuovo di zecca come l’immagine oggi rivelata dalle sue ossa.

Dopo il piccolo e ormai famoso Scipionyx - detto Ciro - trovato a Pietraroia (Benevento), Saltriovenator è in ordine di tempo il secondo dinosauro venuto alla luce nel nostro paese, risulta la terza specie di dinosauro italiano istituita ufficialmente, la prima risalente al periodo Giurassico, ed è il primo, e per ora unico, dinosauro lombardo.

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PERCHÉ NON SI CHIAMA PIÙ “SALTRIOSAURO”?

Quando fu annunciato il ritrovamento, nel 2000, erano passati pochi mesi dall’estrazione delle ossa in laboratorio. Il dinosauro di Saltrio fu provvisoriamente soprannominato “Saltriosauro” in quanto non era stato ancora esaminato in dettaglio e quindi non vi erano dati sufficientemente certi per pubblicarne una descrizione scientifica. Tuttavia il nome latinizzato Saltriosaurus comparve per errore su una rivista giapponese, senza essere accompagnato da una diagnosi accettabile dalla Commissione Internazionale di Nomenclatura Zoologica (che regola il modo con cui i nomi scientifici delle specie vengono definiti).

Tecnicamente divenne un “nomen nudum”, non più utilizzabile dalla scienza.

Per evitare equivoci e fraintendimenti con il nome “ufficioso” non più valido, gli autori dell’articolo di PeerJ hanno mantenuto il nome della località nel nuovo nome, stavolta accettato ufficialmente anche perché composto da due parole, che identificano genere e specie: Saltriovenator zanellai.

Il termine “venator” in latino significa “cacciatore”, mentre il nome della specie,“zanellai”, è un omaggio ad Angelo Zanella, che scoprì il fossile nel 1996.

UN MOSAICO DI “SEGNI PARTICOLARI”

La carta d’identità di Saltriovenator zanellai è oggi molto dettagliata, tanto da occupare un articolo di ben 78 pagine: una vera e propria monografia, che è scaricabile liberamente online

(https://peerj.com/articles/5976).

“Sebbene frammentario, lo scheletro di Saltriovenator mostra un mosaico di caratteri anatomici ancestrali e derivati, che si trovano rispettivamente nei dinosauri con mani a quattro dita, come i

dilofosauri e i ceratosauri, e nei teropodi tetanuri che hanno mani con tre dita, come gli allosauri”, dice il primo autore Cristiano Dal Sasso, che per riuscire a identificare le ossa più frammentarie è andato fino in California (Berkeley) e a Washington (Smithsonian), ritrovandone la posizione precisa su scheletri più completi.

Quel che oggi pare ovvio a chi osserva le illustrazioni dell’articolo con le ossa ricomposte deriva da un paziente e sistematico lavoro di analisi, frammento per frammento, come si fa con le tessere di un mosaico distrutto. Tanto che “alcune di quelle illustrazioni sono state ottenute combinando più di 150 file di immagini”, continua Dal Sasso. “Non tutti i frammenti combaciano, ma molti sono adiacenti e ci permettono di ricostruire così la forma di intere ossa. Per completare il puzzle è stato significativo l'uso di una stampante 3-D: per esempio, parte della scapola sinistra è stata trasformata in scapola destra grazie ad una ‘stampa a specchio’, ottenendo un osso più completo”.

Dunque ecco i nove segni particolari di Saltriovenator:

1. La scapola è stretta e allungata, molto simile a quella di Ceratosaurus.

2. Il coracoide (un osso del petto) ha una forma ellittica, come in Dilophosaurus.

3. L’omero (l’osso più grande del braccio), ha una enorme cresta deltopettorale (superficie di inserzione per i muscoli deltoide e pettorale).

4. Nel polso è presente un solo osso carpale, come in molti altri ceratosauri.

5. Nella mano, unica è la forma del secondo osso metacarpale: possiede una profonda fossa orlata da una cresta ossea prominente, mai così sviluppata in alcun altro dinosauro. Ciò indica che le mani erano capaci di trattenere le prede con molta forza.

6. La mano ha quattro dita e falangi piuttosto corte e tozze, caratteristiche del gruppo dei ceratosauri.

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7. Nel petto c'è un osso a forma di V, chiamato furcula, che un tempo si credeva tipico di carnivori più evoluti, come gli allosauridi, e che oggi è presente solamente negli uccelli.

8. Nella caviglia le ossa tarsali hanno una forma più primitiva, da ceratosauro.

9. Le ossa metatarsali, invece, mostrano gli adattamenti dei grossi carnivori successivi: sono robuste e in stretto contatto nella parte superiore ma ben allargate verso le dita, in modo da sostenere meglio il peso del corpo.

GRANDE, GROSSO E… ANCORA GIOVANE

Nonostante siano state trovate poche ossa, alcune di esse sono intere (omero) o quasi complete

(caviglia) e ci forniscono dati preziosi per calcolare le proporzioni corporee e il peso dell’intero animale.

Dal confronto con scheletri completi di altri dinosauri predatori del Giurassico, tra cui Ceratosaurus, “si stima che Saltriovenator fosse lungo 7,5 metri e pesasse almeno una tonnellata”, dice il coautore Simone Maganuco.

L’esame delle ossa indica che si trattava di un esemplare non ancora adulto, che dunque avrebbe potuto crescere ancora. “L’analisi paleoistologica degli anelli di crescita presenti nelle ossa mostra che Saltriovenator era un individuo subadulto ancora in crescita, pertanto la sua taglia stimata è davvero impressionante, nel contesto del Giurassico inferiore”. Conclude Maganuco: “la ‘corsa agli armamenti’

tra predatori più possenti e dinosauri erbivori sempre più grandi era già iniziata 200 milioni di anni fa”.

PERCHÈ SALTRIOVENATOR AIUTA A CAPIRE LE ALI DEGLI UCCELLI?

Tutti i dinosauri carnivori appartenevano al gruppo dei teropodi ed erano bipedi. Nella loro evoluzione avevano sollevato da terra gli arti anteriori, che non servivano più per camminare, modificandoli per la cattura delle prede. E, successivamente, anche per… volare.

L’evoluzione della mano degli uccelli a partire dai loro antenati dinosauriani è ancora dibattuta, ma certamente avvenuta. “Tra i paleontologi ci sono due correnti di pensiero: una sostiene che l'ala sia derivata dalla fusione del primo, secondo e terzo dito della mano dei teropodi, e l'altra ritiene che sia invece frutto dell’unione del secondo, terzo e quarto dito”, commenta il coautore Andrea Cau. Nel 2009, sulla rivista Nature i fautori di questa seconda ipotesi portarono come prova un nuovo ceratosauro vissuto alla fine del Giurassico e chiamato Limusaurus, caratterizzato da una bizzarra mano in parte atrofizzata.

Con i suoi 198 milioni di anni di età, il dinosauro di Saltrio smentisce questa seconda ipotesi e ci apre una finestra su un passato assai più remoto. “Saltriovenator è un ceratosauro molto più primitivo di Limusaurus, ma dotato di una mano perfettamente funzionante, non atrofizzata. Esso testimonia un momento chiave nell’evoluzione della mano nei teropodi, finora poco noto”, conclude Cau.

Il nuovo studio dei paleontologi italiani dimostra che furono il quarto e quinto dito a sparire nel corso dell’evoluzione dei teropodi, e furono quindi le prime tre dita a dare origine all’ala degli uccelli.

Questo il motivo per cui l’articolo di PeerJ ha un titolo che pare un po’ sibillino, ma è invece

assolutamente coerente: “The oldest ceratosaurian (Dinosauria: Theropoda), from the Lower Jurassic of Italy, sheds light on the evolution of the three-fingered hand of birds”.

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LA LOMBARDIA NEL GIURASSICO

Spiagge tropicali e foreste lussureggianti si alternavano, nell'epoca sinemuriana (la fase del Giurassico Inferiore in cui visse Saltriovenator), in quella parte dell’Oceano di Tetide che oggi corrisponde alla Lombardia occidentale. Lo dicono gli studi geologici ma anche le ossa di Saltriovenator, zeppe di tracce che osservate con attenzione ci dicono chi le ha prodotte: pesci e invertebrati marini, che si sono nutriti delle ossa del gigante carnivoro. È il primo caso registrato su ossa di dinosauro. Ciò indica che la

carcassa andò alla deriva e poi affondò, depositandosi sul fondo del mare per mesi o addirittura anni, prima di essere sepolta dai sedimenti e poi fossilizzare. Un fenomeno analogo si osserva, oggigiorno, quando il corpo di una balena morta è colonizzato da una comunità di organismi capace di rosicchiarne le ossa in modo simile a quanto vediamo sul dinosauro di Saltrio.

Questo accadde a poche decine di metri di profondità, dove arriva la luce solare, quindi in un fondale non lontano dalla terraferma. Infatti le calcareniti (fini sabbie calcaree diventate roccia) che

costituiscono la Formazione di Saltrio sono composte in gran parte da scheletri frantumati di

echinodermi (ricci, stelle e gigli di mare), oltre che da ammoniti e nautili, che sono serviti anche per la datazione del dinosauro: questi fossili appartengono a specie tipiche del Sinemuriano (“fossili-guida”).

Le foglie fossili di grandi conifere primitive trovare in giacimenti limitrofi e contemporanei confermano che all’inizio del Giurassico, in un’area geografica corrispondente a gran parte del Varesotto e del Luganese, esistevano delle terre emerse. E queste dovevano essere sufficientemente vaste da poter sostenere una catena alimentare al cui apice erano i Saltriovenator.

DALLA SCOPERTA A OGGI

Riassumiamo qui per sommi capi la storia di questo eccezionale ritrovamento.

Domenica 4 agosto 1996 Angelo Zanella, del “Gruppo Brianteo Ricerche Geologiche” di Paina di Giussano (Como), trova nella cava “Salnova” di Saltrio (Varese) alcuni massi che sembrano contenere ossa ma non riesce a trasportarli perché troppo pesanti. La mattina del giorno seguente Zanella li recupera con l'aiuto dei figli e li mostra ai paleontologi del Museo di Storia Naturale di Milano, i quali verificano che si tratta effettivamente di ossa fossili e conducono un sopralluogo nella cava per salvare altri resti. La ricerca si presenta difficoltosa perché lo strato di roccia calcarea in cui giacevano le ossa è stato fatto esplodere con la dinamite in centinaia di grossi blocchi che saranno rimossi di lì a poco da potenti scavatori e poi trasportati al frantoio della cava.

Il Laboratorio di Paleontologia del Museo è sovraccarico di lavoro e i blocchi rocciosi recuperati nella cava di Saltrio restano nei depositi per un paio di anni. Finalmente nel giugno del 1999 si decide di estrarre le ossa fossili con una tecnica di preparazione chimica.

La matrice rocciosa, composta di carbonato di calcio, viene letteralmente sciolta da un acido organico diluito in acqua. L’acido formico non intacca le ossa, che sono composte di fosfato di calcio e vengono protette dalla corrosione con speciali consolidanti.

Il processo è lento perché ogni 48 ore occorre ripetere un ciclo continuo di acidatura-lavaggio-asciugatura- impregnazione-acidatura, per un massimo di otto ore consecutive di immersione in una soluzione acquosa contenente soltanto il 5% di acido. E si devono sciogliere così almeno tre quintali di roccia.

L'estrazione di tutte le ossa viene completata nel maggio del 2000, dopo 1800 ore di bagni acidi. Dai blocchi calcarei vengono recuperati 132 resti ossei, la metà dei quali è frammentaria e non è determinabile

immediatamente, ma si individuano anche una dozzina di segmenti di costole e soprattutto 35 ossa, appartenenti allo scheletro degli arti di un grande rettile terrestre, ben identificabili.

Solo allora si capisce che si tratta dei resti di un dinosauro carnivoro di dimensioni più che ragguardevoli.

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UNA CAVA STORICA

La cava nella quale sono venuti alla luce i resti di Saltriovenator ha una lunga storia, essendo nota da almeno 400 anni. Con essa sono state edificate, per esempio, le parti superiori della facciata del Teatro alla Scala, della Galleria Vittorio Emanuele e di Palazzo Reale a Milano, parte della Mole Antonelliana e della stazione di Torino, e la Cappella Colleoni di Bergamo. Le pietre lombarde erano preferite al

travertino laziale in quanto di grana più fine e di colorazione più chiara, ma soprattutto per avere una maggiore resistenza all’alterazione degli agenti atmosferici.

La vecchia cava consisteva in grandi vani il cui tetto a volta era sostenuto da pilastri naturali formati da roccia lasciata in posto. In tempi recenti le moderne attrezzature di scavo hanno reso possibile

l'estrazione con lavori a cielo aperto.

I DINOSAURI ITALIANI STUDIATI AL MUSEO DI MILANO

Con questo studio il Museo di Storia Naturale di Milano si conferma ancora una volta come istituto leader nelle ricerche e nella divulgazione sui dinosauri italiani. Una leadership costruita scoperta dopo scoperta, negli ultimi 25 anni. La più clamorosa, che invase i media di tutto il mondo, fu quella di

Scipionyx samniticus (detto “Ciro”): il primo dinosauro scoperto in Italia (1993), ancora oggi unico al mondo per l’eccezionale conservazione degli organi interni, divenne una star mondiale grazie alla copertina di Nature (1998), su cui non era mai comparso alcun fossile italiano. Poi venne il ritrovamento del dinosauro di Saltrio (2000) e, più recentemente, la scoperta di orme di antenati dei dinosauri presso il lago d’Iseo (2009), la monografia completa su Scipionyx (2011), nonché la scoperta e la pubblicazione del primo dinosauro sauropode della penisola (2016), un titanosauro soprannominato “Tito”. Ma le sorprese non sono finite…

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CARTA DI IDENTITÀ

Nome scientifico Saltriovenator zanellai

Significato “cacciatore di Saltrio”, “di Zanella” (cognome dello scopritore) Classificazione Dinosauri > Saurischi > Teropodi > Ceratosauri

Luogo e data di nascita Saltrio (Varese), 198 milioni di anni fa (Giurassico inferiore)

Età quasi adulta, circa 24 anni

Sesso ignoto

Habitat ambiente costiero di clima tropicale, a nord-ovest dell'oceano Tetide

Distribuzione geografica ignota: finora, al mondo, non sono stati scoperti altri

esemplari

Stile di vita andatura bipede con coda sollevata e testa protesa in avanti, caccia d'agguato

Dieta carne di dinosauri erbivori, forse anche di piccoli carnivori Segni particolari denti aguzzi e seghettati, mani a quattro dita di cui tre armate

di artigli ricurvi

N. B. è il più antico ceratosauro e il più grande dinosauro predatore del Giurassico inferiore

SALTRIOVENATOR IN NUMERI

7,5 lunghezza stimata del dinosauro, in metri 3 altezza stimata dell'esemplare, in metri 1 tonnellate di peso dell'animale in vita

300 chilogrammi di roccia sciolti in acido per estrarre le ossa 1.800 le ore impiegate per l'estrazione di tutte le ossa

132 numero di parti scheletriche recuperate al termine della preparazione 35 numero di parti anatomiche che hanno permesso la diagnosi

4,5 centimetri di lunghezza dell'unico dente trovato

90 estensione, in centimetri, degli arti anteriori

4 le dita di cui era provvista ogni mano

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La cartella stampa completa di immagini e filmati

è disponibile a partire dalle ore 13:00 di mercoledi 19 dicembre sul sito del Museo di Storia Naturale di Milano

www.comune.milano.it/museostorianaturale/index.html

IMMAGINI

Immagine 1

Mappa dell’Italia, con la Lombardia e la posizione di Saltrio, nella cui cava Angelo Zanella ha scoperto il cosiddetto “saltriosauro”, ora ribattezzato Saltriovenator zanellai. Grafica Simone Maganuco.

Immagine 2

Le ossa di Saltriovenator fotografate man mano che emergevano dal sedimento che le inglobava (dall’alto al basso). L’acidatura controllata, ovvero lo scioglimento chimico dei blocchi di dura roccia calcarea, ha richiesto più di un anno di lavoro. Foto: Cristiano Dal Sasso e Giovanni Bindellini.

Immagine 3

Al Museo di Storia Naturale di Milano il paleontologo Cristiano Dal Sasso (a sinistra) e i co-autori della ricerca Andrea Cau e Simone Maganuco (al centro e a destra) esaminano le ossa di Saltriovenator, depositate nelle collezioni scientifiche. Foto Gabriele Bindellini.

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Immagine 4

L’elemento più diagnostico di Saltriovenator è un massiccio osso della mano, chiamato secondo metacarpale: ha una profonda fossa orlata da una cresta così prominente, che non ha confronto in nessun altro dinosauro. L’articolazione con la sua falange, che è corta e tozza (in basso), rivela che le dita erano forti e avevano una ampia mobilità. Foto Gabriele Bindellini.

Immagine 5

Schema evolutivo semplificato dei dinosauri carnivori (teropodi). Saltriovenator anticipa di ben 25 milioni di anni la comparsa dei grandi teropodi predatori: è il più antico ceratosauro e il carnivoro più massiccio del Giurassico inferiore. Durante il Giurassico comparvero i tetanuri, che ridussero a tre il numero delle dita della mano. Da questi ultimi si originarono gli uccelli. Grafica Andrea Cau.

Immagine 6

Le ossa di Saltriovenator presentano morsi (frecce verdi) e altre tracce di nutrizione (frecce rosse) prodotti da pesci e invertebrati marini, mai trovati su ossa di dinosauro. Ciò indica che la carcassa dell’animale andò alla deriva e poi si depositò sul fondo del mare, dove rimase a lungo prima di essere sepolta dai sedimenti. Foto Giovanni Bindellini.

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Immagine 7

Cristiano Dal Sasso (a sinistra) e Angelo Zanella (a destra) accostano le ossa ricomposte del cinto scapolare e del braccio destro di Saltriovenator ad un profilo del dinosauro in grandezza naturale. Le parti colorate sono copie delle ossa originali, quelle in bianco sono ricostruite sulla base di confronti con specie simili (Ceratosaurus e Dilophosaurus). Foto Gabriele Bindellini.

Immagine 8

Lo scheletro di Saltriovenator zanellai può essere ricostruito confrontando la forma e le proporzioni delle ossa ritrovate (in arancione) con quelle di dinosauri affini e più completi. A fare da scala è Angelo Zanella (alto un metro e sessantasette): trovò il dinosauro che ora porta il suo nome. Disegno Marco Auditore.

Immagine 9

Cristiano Dal Sasso (a sinistra) e Angelo Zanella (a destra) accanto ad una silhouette di Saltriovenator zanellai (lunga 7 metri e mezzo). Il genere affine Ceratosaurus è stato usato come base di riferimento per ricostruire le parti mancanti dello scheletro. Disegno Marco Auditore, foto Gabriele Bindellini.

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Immagine 10

È probabile che Saltriovenator fosse ricoperto di protopiume filamentose. La presenza di corni sopra le ossa lacrimali e nasali è dedotta dalla stretta parentela con dinosauri che li possiedono, come per esempio Ceratosaurus. Illustrazione: Davide Bonadonna.

Immagine 11

Al Museo di Storia Naturale di Milano, il tecnico Andrea Passoni modella le ossa mancanti di Saltriovenator e completa le copie di quelle originali. Foto: Gabriele Bindellini.

ATTENZIONE:

l’utilizzo delle immagini è autorizzato esclusivamente nell’ambito dell’esercizio del diritto di cronaca.

In tutti i casi, ogni immagine pubblicata

deve essere accompagnata dai crediti indicati in didascalia.

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FILMATI

Video A

Video-riassunto su recupero, estrazione dalla roccia e duplicazione delle ossa fossili di Saltriovenator.

Immagini originali e suoni registrati nella cava di Saltrio con Angelo Zanella, che scoprì il dinosauro ora a lui dedicato, e nel Laboratorio di Preparazione del Museo di Storia Naturale di Milano, dove le ossa sono state liberate dalla dura roccia e duplicate con silicone e resine sintetiche. Riprese: Cristiano Dal Sasso e Gabriele Bindellini.

Video B

Al Museo di Storia Naturale di Milano il paleontologo Cristiano Dal Sasso (voce) e i co-autori della ricerca Simone Maganuco e Andrea Cau (al centro e a destra) esaminano le ossa di Saltriovenator, depositate nelle collezioni del Museo. Riprese: Gabriele Bindellini.

Video C

Cristiano Dal Sasso descrive i carattteri anatomici più diagnostici di Saltriovenator zanellai, nuovo genere e nuova specie di dinosauro predatore che rappresenta il ceratosauro più antico del mondo e il primo dinosauro del Giurassico italiano. Molte ossa mostrano tracce scavate da invertebrati marini, mai segnalate su resti di dinosauro. Riprese: Gabriele Bindellini.

Video D

Al Museo di Storia Naturale di Milano, il paleontologo Cristiano Dal Sasso e il tecnico Andrea Passoni modellano le ossa mancanti di Saltriovenator e completano le copie di quelle originali, per poi assemblare la scapola, il braccio e la caviglia che verranno esposti al pubblico. Riprese: Gabriele Bindellini.

Video E

Al Museo di Storia Naturale di Milano il paleontologo Cristiano Dal Sasso confronta la ricostruzione del braccio destro e della caviglia destra di Saltriovenator con una sagoma dell’intero dinosauro in

grandezza naturale. Le proporzioni delle ossa conservate indicano un “cacciatore” (venator in latino) di ben sette metri e mezzo e del peso di una tonnellata. Riprese: Gabriele Bindellini.

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