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1 Introduzione 1.1 Il particolato e l’ambiente

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

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1 Introduzione

1.1 Il particolato e l’ambiente

Il particolato rappresenta l’inquinante a maggiore impatto ambientale nelle aree urbane, tanto da indurre le autorità competenti a disporre dei blocchi del traffico per ridurne il fenomeno.

Le particelle sospese sono sostanze allo stato solido o liquido che, a causa delle loro piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi; le polveri totali sospese o PTS vengono anche indicate come PM (Particulate Matter).

Il particolato nell’aria può essere costituito da diverse sostanze: sabbia, ceneri, polveri, fuliggine, sostanze silicee di varia natura, sostanze vegetali, composti metallici, fibre tessili naturali e artificiali, sali, elementi come il carbonio o il piombo, ecc..

Il PM10, che ha destato molto interesse da parte delle autorità mediche e scientifiche negli ultimi tempi, è la frazione più piccola di tali particelle; precisamente sono tutte le particelle con diametro aereodinamico inferiore ai dieci micrometri. Allo stesso modo il PM2.5, la cui importanza vedremo più avanti, è particolato con dimensioni inferiori ai 2.5 micrometri. Tornando all'origine del particolato, possiamo dire che esso è comunque presente in ambiente incontaminato, seppure in concentrazioni modeste, innocue per gli organismi viventi. Nelle zone urbanizzate invece le concentrazioni aumentano considerevolmente, specie per quanto riguarda il PM10; cambia la "forma" e la composizione delle singole particelle, le quali sono ricche di composti organici carboniosi, residui di combustione altamente tossici e cancerogeni.

Gli effetti del particolato sul clima e sui materiali sono piuttosto evidenti.

Il particolato dei fumi e delle esalazioni provoca una diminuzione della visibilità atmosferica; allo stesso tempo diminuisce anche la luminosità assorbendo o riflettendo la luce solare. Negli ultimi 50 anni si è notata una diminuzione della visibilità del 50%, ed il fenomeno risulta tanto più grave quanto più ci si avvicina alle grandi aree abitative ed industriali. Le polveri sospese favoriscono la formazione di nebbie e nuvole, costituendo i nuclei di condensazione attorno ai quali si condensano le gocce d’acqua, favorendo così il verificarsi dei fenomeni delle nebbie e delle piogge acide, che comportano effetti di erosione e corrosione dei materiali e dei metalli.

Il particolato inoltre danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d’arte e riduce la durata dei tessuti. Le polveri (ad esempio quelle emesse dai cementifici), possono depositarsi sulle foglie delle piante e formare così una patina opaca che, schermando la luce, ostacola il processo della fotosintesi.

Gli effetti del particolato sul clima della terra sono invece piuttosto discussi. Sicuramente un aumento del particolato in atmosfera comporta una diminuzione della temperatura terrestre per un effetto di riflessione e schermatura della luce solare, in ogni caso tale azione è comunque mitigata dal fatto che le particelle riflettono anche le radiazioni infrarosse provenienti dalla terra. E’ stato comunque dimostrato che negli anni immediatamente successivi alle più grandi eruzioni vulcaniche di tipo esplosivo (caratterizzate dalla emissione in atmosfera di un’enorme quantità di particolato) sono seguiti degli anni con inverni particolarmente rigidi. Alcune ricerche affermano che un aumento di 4 volte della concentrazione del particolato in atmosfera comporterebbe una diminuzione della temperatura globale della terra pari a 3.5°C.

1.2 Il particolato e la salute

È nota già da tempo la pericolosità delle polveri sottili nei confronti dell'uomo e dell'ambiente; sono stati effettuati studi che dimostrano l'esistenza di un collegamento tra una alta concentrazione di PM10 e un aumento dei casi di malattie respiratorie più o meno gravi, di intossicazioni e soprattutto di cancro.

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Introduzione

2 L'apparato respiratorio dell'organismo umano è strutturato in modo tale da funzionare come “filtro” nei confronti dei corpi estranei; mediante meccanismi ad impatto inerziale, i vari organi riescono a separare gran parte della frazione di polveri di grande dimensione; essi sono invece inefficaci nei confronti delle particelle più piccole che riescono a raggiungere la parte più interna dell'apparato respiratorio.

A prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre degli effetti indesiderati sull’uomo sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, infatti nel processo della respirazione le particelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse dal naso. Il particolato che si deposita nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come l’infiammazione e la secchezza del naso e della gola; tutti questi fenomeni sono molto più gravi se le particelle hanno assorbito sostanze acide (come il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, ecc.).

Per la particolare struttura della superficie, le particelle possono anche adsorbire dall’aria sostanze chimiche cancerogene; trascinandole nei tratti respiratori e prolungandone i tempi di residenza ne accentuano gli effetti. Le particelle più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima che vengano rimosse, per questo sono le più pericolose. Queste polveri aggravano le malattie respiratorie croniche come l’asma, la bronchite e l’enfisema.

Le persone più vulnerabili sono gli anziani, gli asmatici, i bambini e chi svolge un’intensa attività fisica all’aperto, sia di tipo lavorativo che sportivo.

Nei luoghi di lavoro più soggetti all’inquinamento da particolato l’inalazione prolungata di queste particelle può provocare reazioni fibrose croniche e necrosi dei tessuti che comportano una broncopolmonite cronica accompagnata spesso da enfisema polmonare.

1.3 Quadro normativo

A partire dal 1980 l’Unione Europea (UE) ha approvato una serie di direttive che riguardavano la qualità dell’aria, le emissioni di grandi impianti industriali, ponendo dei valori limite di emissione e di concentrazione in aria per alcuni agenti inquinanti. A seguito dell’approvazione del V Programma di azione in materia ambientale del 1992 si inaugurava un nuovo corso per le politiche comunitarie per la Qualità dell’Aria (QA) che, forte delle nuove scoperte in campo medico-epidemiologico e scientifico, si poneva degli obiettivi a lungo termine e considerava una gamma più vasta di sostanze.

Con la Direttiva 96/62/CE “Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente”, definita

direttiva quadro, il legislatore comunitario persegue la finalità di proteggere la salute umana e

l’ambiente secondo criteri e procedure armonizzate a livello europeo. Gli inquinanti specifici sono stati normati dalle direttive “figlie”, che sono la Direttiva 99/30/CE “Valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo” e la Direttiva 2000/69/CE “Valori limite di qualità dell'aria ambiente per benzene ed il monossido di carbonio” e la Direttiva 2002/03/CE “Valori limite di qualità dell'aria ambiente per l'ozono”. Con queste direttive si fissano appunto dei limiti sui singoli inquinanti.

La Direttiva 99/30/CE stabilisce i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, i cui valori limite sono riportati in Tabella 1.1, assieme ai termini entro i quali dovranno essere raggiunti e al numero massimo di superamenti consentiti in un anno.

La direttiva stabilisce un periodo transitorio per l’adeguamento dei livelli reali d’inquinamento ai limiti fissati: è previsto un margine di tolleranza che diminuisce linearmente fino al rispetto del limite nella data fissata. Questi margini non devono essere intesi come deroghe ai limiti, ma come un riferimento operativo per far attivare dei piani di risanamento.

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Capitolo 1

Valore limite

Inquinante (nmax superamenti/anno)

350 µg/m3 (24) 1 ora 1° gennaio 2005 125 µg/m3 (3) 24 ore 1° gennaio 2005 Biossido di zolfo per la protezione degli ecosistemi 20 µg/m3 Anno civile e inverno (1°ottobre - 31 marzo) 19.lug.01 200 µg/m3 (18) 1 ora 1° gennaio 2010

40 µg/m3 Anno civile 1° gennaio 2010

Ossidi di azoto per la protezione

della vegetazione 30 µg/m

3 Anno civile 19.lug.01

50 µg/m3 (35) 24 ore 1° gennaio 2005

40 ug/m3 Anno civile Data di entrata in

vigore del decreto 50 µg/m3 (7) 24 ore 1° gennaio 2010

20 µg/m3 Anno civile 1° gennaio 2010

Piombo 0,5 µg/m3 Anno civile 1° gennaio 2005

Biossido di azoto

PM10 fase 1

PM10 fase 2

Periodo di

mediazione Data di rispetto

Biossido di zolfo

Tabella 1.1 Valori limite previsti dalla 99/30/CE.

Nell’aprile del 2002 è stata pubblicata dal DG Environment della Commissione Europea la “Guida agli annessi della Decisione 97/101/EC sullo Scambio di Informazioni come aggiornata dalla Decisione 2001/752/EC”, che si presenta come un testo tecnico per i soggetti competenti nel monitoraggio dell’aria ambiente, in cui sono specificati:

9 la lista degli inquinanti, i parametri statistici e l’unità di misura;

9 le informazioni riguardanti le reti, le stazioni (classificazioni)e le tecniche di misurazione; 9 la procedura di validazione dei dati e di verifica della qualità;

9 le minime coperture temporali per poter aggregare i dati; 9 i formati per lo scambio dei dati.

Questo atto, fornendo delle indicazioni pratiche molto particolareggiate, è di notevole importanza per la standardizzazione delle reti di monitoraggio e per l’implementazione di metodi di campionamento, di analisi, di validazione e di valutazione uniformati a livello europeo.

In Italia un momento di profondo rinnovamento dell’impianto legislativo si è avuto con l’adozione del Decreto Legislativo 4 Agosto 1999 n. 351 e con i successivi decreti attuativi che, recependo la Direttiva quadro europea 96/62/CE, ha posto nuovi obiettivi e criteri omogenei a livello nazionale e comunitario per la valutazione e la gestione dell’aria ambiente.

1.4 Obiettivi

Nell’ambito degli studi sul particolato atmosferico, per la caratterizzazione di questo e per il futuro prossimo in cui saranno posti dei limiti sui singoli inquinanti risulta di fondamentale importanza la comprensione dell’origine delle particelle di particolato. Il primo problema a cui ci si trova di fronte è il continuo evolversi delle particelle nell’atmosfera ed il loro continuo accrescersi tanto da renderle irriconoscibili anche ad uno studio approfondito. Per risolvere il problema di “identificazione delle particelle”, e risalire quindi alla loro origine cioè alla sorgente che le ha generate, sono stati fatti vari tentativi. Inizialmente sono stati usati sia modelli fisici che matematici. Nel presente lavoro si utilizza il modello a recettore CMB per identificare il contributo di ogni singola sorgente all’inquinamento. Si dà soprattutto una metodica di lavoro seguita all’interno dell’università per l’analisi chimica, visto l’impiego di tecnologia d’avanguardia come il

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Introduzione

4 microscopio a scansione elettronica, che permette di accoppiare ad una analisi elementare dei componenti presenti anche un’informazione visiva, in pratica una foto della particella grazie alla quale è possibile risalire alle principali caratteristiche fisiche di questa. Si può così tentare di classificare le particelle non solo più in base alla composizione, ma anche in base alle dimensioni, alla superficie, al volume o a qualsiasi altro parametro ricavabile dall’immagine. Nel presente lavoro si è cercato tramite appunto l’utilizzo di CMB di confrontare diversi tipi di informazioni chimiche: analisi di laboratorio con analisi SEM-EDX per cercare di ricavare un metodo ottimale di lavoro.

Figura

Tabella 1.1 Valori limite previsti dalla 99/30/CE.

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