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LA RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA

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Academic year: 2021

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Capitolo 5

LA RESPONSABILITA’

SOCIALE D’IMPRESA

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5.1 Introduzione.

Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una crescita sostenuta dell’economia globale. La vasta diffusione del progresso economico a livello mondiale, in alcuni casi, ha portato con sé un aumento di benessere: l’aspettativa di vita è aumentata, i livelli d’istruzione si sono alzati in ogni continente, il livello di alimentazione e le condizioni igienico-sanitarie sono migliorate.

Esistono però anche degli aspetti negativi legati a questo fenomeno, di cui bisogna tenere conto. Mentre l’economia cresce, infatti, s’intensificano le pressioni sui sistemi naturali e sulle risorse della terra. La realtà è che l’economia continua ad espandersi ma l’ecosistema dal quale dipende non lo può fare, creando una relazione sempre più critica tra i due elementi. Mentre gli indicatori economici come gli investimenti, la produzione ed il commercio sono decisamente positivi, gli indicatori ambientali chiave sono sempre più negativi. Le foreste stanno scomparendo, le riserve d’acqua stanno assottigliandosi, l’erosione dei suoli aumenta, le temperature stanno crescendo e molte specie animali e vegetali scompaiono per sempre a danno della biodiversità1. L’economia globale così com’è strutturata non può continuare ad espandersi se l’ecosistema dal quale dipende continua a deteriorarsi al ritmo attuale in quanto, semplicemente, le risorse del nostro pianeta non sono illimitate.

Nel corso degli anni ‘70 alcuni sociologi ed economisti (“neomalthusiani”), riprendendo precedenti teorie economiche, hanno posto in evidenza i limiti che limitate risorse naturali possono determinare per lo sviluppo economico, prevedendo in tempi brevi l’inizio del declino del genere umano. Ad essi si è risposto che apocalittiche visioni per il futuro dell’ umanità non si sarebbero verificate grazie all’evoluzione tecnologica, in grado di rendere possibile lo sfruttamento di nuove risorse e, soprattutto, di migliorare costantemente il rendimento di ciascuna di esse. Anche se fortunatamente i fatti hanno smentito le teorie neomaltusiane (l’ umanità non è scomparsa), l’ intuizione sulla quale si fondavano non è del tutto errata, avendo avuto il difetto di enfatizzare un problema che comunque ha una oggettiva ed evidente gravità.

La politica, stimolata inizialmente da tali dispute teoriche e successivamente dall’ incrementarsi di segnali globali di dissesto ambientale, parallelamente, ha avviato un processo che attraverso varie conferenze internazionali ha condotto alla definizione del concetto di Sviluppo Sostenibile (1987 Commissione Brundtland), termine che evidenzia in

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La biodiversità indica una misura della varietà di specie animali e vegetali nella biosfera ed è il risultato di lunghi processi evolutivi.

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modo semplice ed intuitivo come una crescita economica illimitata ha dei limiti che oltretutto non devono essere intesi solo come quantitativi ma anche qualitativi, non consentendo un’acritica equazione crescita = benessere e sviluppo.

Problemi relativi alla crescita illimitata ed alla necessità di un’equa distribuzione del reddito, alla smisurata crescita demografica, alla gestione equa ed ottimale di risorse naturali limitate, all’inquinamento, rappresentano questioni importanti e connesse, tali da costituire una sorta di puzzle nel quale il quadro d’insieme (il significato stesso di “Sviluppo Sostenibile”) risulterebbe mancante di qualche elemento se non si prendessero nella dovuta in considerazione.

5.2 Il concetto di sviluppo sostenibile.

5.2.1 La politica ambientale internazionale.

Diverse statistiche a livello internazionale sottolineano l’attenzione e preoccupazione che le problematiche ambientali suscitano nell’opinione pubblica. Queste preoccupazioni hanno iniziato a manifestarsi in maniera visibile fin dalla metà degli anni ‘60 con la nascita di movimenti d’opinione

ambientale diffusi, costituiti in seguito allo scalpore suscitato in America per la scoperta degli effetti devastanti sulla fauna del DDT. Nel tempo l’opinione pubblica ha manifestato un’attenzione altalenante ma crescente sulle problematiche ambientali, da attribuire probabilmente all’influenza dei media ed alla loro tendenza a dare più spazio ed enfasi a tali questioni solo al verificarsi di gravi disastri ecologici, ma nonostante ciò, difficilmente tali variazioni lasciano presagire una inversione di tendenza.

In presenza ed in concomitanza con tale tendenziale, crescente, pressione esercitata dall’opinione pubblica mondiale, ed in considerazione delle caratteristiche transnazionali delle problematiche ambientali, dagli anni ‘70 iniziarono a svolgersi una serie di tentativi politici a livello internazionale volti a discutere delle interrelazioni tra sviluppo ed ambiente.

Per “politica ambientale ” si intende quell’insieme di interventi che vengono posti in essere da autorità pubbliche (od anche soggetti privati), al fine di disciplinare quelle attività umane che riducono la disponibilità di risorse naturali o ne peggiorano la qualità e la fruibilità.

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L’adozione di una politica ambientale in campo internazionale si suole far risalire alla Conferenza di Stoccolma (1972), organizzata dalle Nazioni Unite ed intitolata Human

Environment, per sottolineare che l’intenzione era quella di concentrare l’attenzione sui

rapporti tra l’uomo e natura. A seguito della conferenza, si afferma il principio in base al quale l’ ambiente è patrimonio comune dell’umanità e nasce l’UNEP (United Nations Environmental Programme), il programma ambientale dell’O.N.U. che avrebbe assunto il ruolo di osservatorio internazionale per il coordinamento delle azioni degli Stati.

Successivamente, per iniziativa dell’UNEP, venne costituita nel 1983 la “Commissione

mondiale per l’ambiente e lo sviluppo”, cui fu attribuito il compito di analizzare i punti critici

dell’ interazione tra uomo ed ambiente e di proporre misure concrete per fare fronte alle problematiche di deterioramento ambientale. I risultati della ricerca presieduta dall’allora Primo Ministro norvegese, la signora Gro Harlem Brundtland, furono pubblicati in un rapporto significativamente intitolato “Our Common Future”2. Tale rapporto contiene la definizione canonica di sviluppo sostenibile, in base alla quale: ...lo sviluppo è sostenibile se

soddisfa i bisogni delle generazioni presenti, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Il concetto di sviluppo sostenibile implica quindi dei limiti, non dei limiti assoluti, ma imposti dal presente stato dell’organizzazione tecnologica e sociale nell’uso delle risorse ambientali e dalla capacità della biosfera di assorbire gli effetti dell’attività umana.” Questi concetti implicano consapevolezza degli

attori, decisioni strategiche ed azioni adeguate per utilizzare, mantenere e tramandare le risorse disponibili alle future generazioni affinché esse governino saggiamente tale eredità (patrimonio ambientale), riducendo progressivamente i deficit ambientali che potrebbero rappresentare un fardello e una minaccia per la posterità.

Alla luce di quanto finora esposto, è chiaro che sviluppo e sostenibilità debbano seguire cammini paralleli, integrandosi a vicenda:

- la sostenibilità diviene condizione essenziale di uno sviluppo duraturo, con il mantenimento delle risorse delle attuali e future generazioni;

- lo sviluppo si presenta come soluzione per superare la povertà, mediante una gestione razionale delle risorse, per garantire contemporaneamente gli obiettivi di equità sociale (all’interno delle singole comunità e nel rapporto tra di esse e gli individui che ne fanno

2

Il futuro di tutti noi., Rapporto della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo, edito in Italia dalla Bompiani, Milano, 1988.

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parte), equità interlocale e/o interregionale (tra le varie comunità territoriali), equità intergenerazionale (tra le presenti e le future comunità).

5.2.2 Lo sviluppo sostenibile.

L’idea di sviluppo sostenibile nasce dalla maturazione della consapevolezza che tra crescita economica ed ambiente vi è una relazione di reciproca interdipendenza.

In effetti, appare evidente che crescita economica e sviluppo non possono essere utilizzati come sinonimi. Si è in presenza di crescita economica se il PIL (misura della produzione di beni e servizi ai prezzi di mercato) è in aumento, mentre il termine sviluppo ha un significato più amplio che non si riferisce solo al puro aumento di redditi reali ma anche alla qualità delle condizioni di vita. Lo sviluppo non consiste necessariamente nella sola crescita dei beni che sono prodotti e scambiati sul mercato, ma più in generale, ...in tutte le innovazioni che si

possono realizzare nel sistema socio-culturale e che sono suscettibili di aumentare il benessere degli individui e della società. La qualità dell’ambiente va dunque considerata

come una componente essenziale della qualità della vita e del livello di benessere in una società, quindi come una caratteristica essenziale dello sviluppo.

Come sostiene Giorgio Ruffolo nella prefazione all’edizione italiana del rapporto Brundtland, l’ambiente viene posto alla base della piramide dello sviluppo il quale, per incrementarsi realmente (e non essere solo crescita economica), deve presupporre un allargamento della sua base (l’ambiente e le risorse da esso estraibili) ottenuto tramite una salvaguardia sempre maggiore della stessa. Lo sviluppo sostenibile equivale cosi a “sviluppo economico socialmente ed ecologicamente sostenibile”, esprimendo un suggestivo concetto di sintesi che, a differenza di modelli di sviluppo basati sulla sola crescita economica illimitata, contempera aspetti ambientali e sociali con quelli economici. Oltretutto, a differenza delle irrealistiche soluzioni proposte dai fautori della così detta “crescita zero”, l’attuazione di tale modello non comporta una rinuncia a priori della crescita economica, ma piuttosto l’adozione di sistemi caratterizzati da eco efficienza, cioè da massimizzazione della produttività dell’energia e dei materiali in input nei processi produttivi e dalla riduzione di rifiuti ed inquinanti per unità di prodotto, cosa che potrebbe generare risparmi di costo nei processi e vantaggi di mercato per i prodotti.

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5.3 La responsabilità sociale d’azienda

Il concetto di responsabilità sociale delle imprese significa essenzialmente che esse decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società e rendere più pulito l’ambiente.

Le imprese sono sempre più consapevoli del fatto che la responsabilità sociale può rivestire un valore economico diretto. Anche se la loro responsabilità principale è quella di generare profitti, le imprese possono, al tempo stesso, contribuire ad obiettivi sociali e alla tutela dell’ambiente, integrando la responsabilità sociale come investimento strategico nel quadro della propria strategia commerciale, nei loro strumenti di gestione e nelle loro operazioni. La responsabilità sociale dell’impresa, così come la gestione della qualità, deve essere considerata come un investimento e non come un costo. La Responsabilità sociale delle imprese, Corporate social responsibility (Csr), è il nuovo strumento con cui le aziende si mettono in gioco sul mercato. Le imprese oggi si sentono “soggetto sociale” e destinano parte del loro budget alla realizzazione di partnership con la comunità e con il territorio.

Il 65% dei consumatori , per esempio, dichiara di preferire il prodotto di una impresa orientata effettivamente al sociale. Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate.

All’interno delle imprese, le prassi socialmente responsabili hanno riflessi in primo luogo sui dipendenti e riguardano ad esempio gli investimenti nel capitale umano, nella salute e nella sicurezza e nella gestione del cambio, mentre le prassi ecologiche responsabili riguardano soprattutto la gestione delle risorse naturali utilizzate nella produzione.

Attualmente, una delle maggiori sfide che debbono affrontare le imprese è di attrarre e conservare i lavoratori qualificati. Particolare importanza rivestono l’istruzione e la formazione lungo tutto l’arco delle vita con i responsabili locali che elaborano i programmi d’istruzione e formazione, facilitando il passaggio dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro attraverso, ad esempio posti di apprendista; valorizzando la formazione, in particolare grazie alla convalida dell’esperienza precedente e instaurando un ambiente propizio all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita, più in particolare dei lavoratori meno istruiti, meno qualificati, e più anziani.

Tradizionalmente i temi della salute e della sicurezza nel lavoro sono stati affrontati prevalentemente attraverso misure legislative e coercitive. Le imprese, i governi e le organizzazioni professionali si interessano sempre di più a forme complementari di

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promozione della salute e della sicurezza, facendo di questo elemento un criterio di relazione per l’acquisto di prodotti e servizi. Una serie di criteri di salute e di sicurezza nel lavoro sono stati inseriti, a vari livelli, nei programmi esistenti di certificazione e di etichettatura dei prodotti o attrezzature. Le ristrutturazioni su grande scala registrate in Europa suscitano inquietudine in tutti i lavoratori dipendenti e nelle altre parti interessate, poiché la chiusura di un’impresa o massicci licenziamenti possono provocare una crisi economica, sociale o politica grave in una comunità. Secondo uno studio, meno di una ristrutturazione su quattro raggiunge gli obiettivi e porta a ridurre i costi, aumentare la produttività e migliorare la qualità e il servizio alla clientela, poiché spesso essa crea condizioni pregiudizievoli alla motivazione, alla creatività e alla produttività del personale.

Nella gestione degli effetti sull’ambiente e delle risorse naturali, la riduzione del consumo delle risorse o delle emissioni inquinanti e dei rifiuti può comportare una diminuzione delle ripercussioni sull’ambiente. Tale strategia può recare vantaggi all’impresa riducendo la sua fattura energetica, le spese di materie prime e di misure contro l’inquinamento.

La responsabilità sociale delle imprese si estende al di là del perimetro dell’impresa, integrando la comunità locale e coinvolge, oltre ai lavoratori dipendenti e agli azionisti, un ampio ventaglio di parti interessate : partner commerciali e fornitori, clienti, poteri pubblici e ONG che rappresentano la comunità locale e l’ambiente. Le imprese recano il loro contributo alla comunità, in particolare alla comunità locale, fornendo posti di lavoro, salari e prestazioni ed entrate fiscali. Lavorando in stretta collaborazione con i partner commerciali, le imprese sono in grado di ridurre la complessità delle loro operazioni e i costi, aumentando la qualità. Le grandi imprese hanno anche rapporti commerciali con le piccole società in qualità di clienti, fornitori, subappaltatori o concorrenti.

Alcune grandi imprese manifestano la propria responsabilità sociale promuovendo lo spirito imprenditoriale nella regione ospitante.

Una delle dimensioni della responsabilità sociale delle imprese è fortemente collegata ai diritti dell’uomo in particolare per quanto riguarda le operazioni internazionali e le catene di produzione a livello planetario. Questo aspetto è riconosciuto da strumenti internazionali

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quali la Dichiarazione dell’OIL3 relativa ai principi e diritti fondamentali nel lavoro e i

Principi direttivi dell’OCSE4 destinati alle imprese multinazionali. Il tema dei diritti

dell’uomo è estremamente complesso e pone problemi di ordine politico, giuridico e morale.

5.4 Il bilancio sociale

"Il Bilancio Sociale è uno strumento straordinario, rappresenta infatti la certificazione di un profilo etico, l'elemento che legittima il ruolo di un soggetto, non solo in termini strutturali ma soprattutto morali, agli occhi della comunità di riferimento, un momento per enfatizzare il proprio legame con il territorio, un'occasione per affermare il concetto di impresa come buon cittadino, cioè un soggetto economico che perseguendo il proprio interesse prevalente contribuisce a migliorare la qualità della vita dei membri della società in cui è inserito. La missione aziendale e la sua condivisione sono elementi importanti per ottenere il consenso della clientela, del proprio personale, dell'opinione pubblica".

È uno strumento di rendicontazione sulle quantità e sulle qualità di relazione tra l’impresa ed i suoi gruppi di riferimento rappresentativi dell’intera collettività, mirante a delineare un quadro omogeneo, puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli socio-politici connaturati e conseguenti alle scelte fatte.

5.5 Il bilancio ambientale

La crescente attenzione dell’opinione pubblica e dei governi alle problematiche ambientali legate alle attività produttive ha portato le aziende a produrre degli strumenti di comunicazione prettamente ambientali.

Rispetto al Bilancio Sociale, il Bilancio Ambientale si occupa di una parte determinata dell’attività aziendale, analizzandola con dei parametri specifici e seguendo linee guida definite da diverse organizzazioni internazionali quali ad esempio:

- CEFIC (Council of European Chemical Industry); - PERI (Public Enviromental Reporting Initiative);

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Dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, 1998.

4

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- FEEM (Fondazione ENI Enrico Mattei.

Il Bilancio Ambientale è "un documento informativo nel quale sono descritte le principali relazioni tra l’impresa e l’ambiente, pubblicato volontariamente allo scopo di comunicare direttamente con il pubblico interessato".

In esso sono contenuti degli indicatori di:

1. Gestione ambientale, che valutano l’impegno profuso nel controllo degli aspetti ambientali;

2. Ambientali assoluti, che misurano, in assoluto, l’entità dei fattori d’impatto generati dall’impresa;

3. Prestazione ambientale, che valutano l’efficienza ambientale svincolandola dalle fluttuazioni del livello di produzione;

4. Effetto potenziale, che danno valutazione dell’effetto che potrebbe produrre l’attività dell’impresa sull’ambiente;

5. Effetto ambientale, che valutano le variazioni effettive dell’ambiente dovute all’attività dell’impresa.

Altri indicatori sono in corso di classificazione e standardizzazione come la norma ISO 14031 o lo schema del Global Reporting Initiative.

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