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Simulazione di reazioni e processi in materiali per l'hydrogen storage

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Academic year: 2021

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E PROCESSI IN MATERIALI

PER L'HYDROGEN STORAGE

di Simone Meloni

I materiali in stato solido per l’immagazzinamento di idrogeno sono i più promettenti per applicazioni auto-motive. Il miglioramento di questi materiali richiede una modellizzazione computazionale dei processi fisici e delle reazioni chimiche che avvengono durante la deidrogenazione. In questo articolo descriviamo i risultati ottenuti nello studio di questi processi sugli alanati di sodio, uno dei materiali più interessanti.

• Abstract

The adoption of hydrogen as fuel for automotive applications requires the development of effective technologies for its storage on board. The most promising materials for this application are those in which hydrogen is stored in solid phase, being part of the struc-ture of the material. This technology allows an high hydrogen density together with an high weight percentage and a low risk in case of accident.

The development of the next generation of this class of materials requires a proper modelization of the chemical reactions and physical processes occurring during the re-lease and uptake of hydrogen, and in particular the role played by catalysts. In fact, to-gether with an higher capacity, the next generation of solid state hydrogen storage materials, the first expected to be used in real applications, must be able to achieve a higher life cycle (higher number of charge-discharge cycles).

Our research focused on the study of the de-hydrogenation path in one of the most known material: sodium alanates (NaAlH4, Na3AlH6). Combining modern methods for the reconstruction of the free energy surface and an ab-initio calculation for the mod-elization of interatomic forces (density function theory in generalized gradient approx-imation), we were able to demonstrate that the limiting step of the de-hydrogenation process in this material is the diffusion of hydrogen atoms from one defective AlH6 unit to another in its nearest neighbor shell. We also shown that this process is not af-fected by the catalyst. We therefore concluded that a further study of this process, fo-cusing on the chemical reaction rather than on the diffusion process is needed to understand the role played by the catalyst.

Dott. Simone Meloni CASPUR

Gruppo di Scienza dei Materiali e Finanza Computazionale s.meloni@caspur.it

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Eij-nden, Courant Institute, New York, Rodolphe Vuilleumier, École Normale Supé-rieure, Parigi, Fabio Sterpone ed io, Simone Meloni, CASPUR.

Iniziamo questo racconto spiegando quale siano le sfide scientifiche e tecno-logiche da vincere per realizzare la locomozione con alimentazione ad idrogeno. La tecnologia basata sull’idrogeno consiste di tre componenti: produzione di idro-geno (l’idroidro-geno non è un combustibile presente in natura ma un veicolo ener-getico che deve essere prodotto, possibilmente da fonti eco-compatibili), immagazzinamento (in dispositivi adatti per l’impiego nel campo della locomo-zione) e “combustione” in opportuni dispositivi (‘semplici’ motori a combustione o celle a combustibile).

Noi ci siamo concentrati sull’immagazzinamento dell’idrogeno. Anche in que-sto caso possiamo fare una classificazione che ci potrà aiutare nella comprensione degli obiettivi ed i risultati della nostra ricerca. L’idrogeno può essere immagaz-zinato come gas, come liquido, assorbito in materiali solidi o, infine, come ele-mento strutturale in materiali solidi. Quest’ultima classe di dispositivi di immagazzinamento è quella tecnologicamente più interessante perché consente una maggior densità di idrogeno (serbatoi più piccoli), una maggior percentuale in peso di idrogeno (serbatoi più leggeri), una maggior semplicità del dispositivo di immagazzinamento (controllo del rilascio di idrogeno controllato dalla tempe-ratura del materiale solido) ed una maggior sicurezza (non c’è rilascio di idrogeno in caso di rottura del serbatoio).

Il Department of Energy (DoE) degli Stati Uniti redige periodicamente una lista di requisiti tecnici ed economici che debbono essere soddisfatti dai materiali per l’immagazzinamento di idrogeno affinché questa tecnologia risulti conve-niente per applicazioni automotive [1]. Tra queste, una molto importante è quella di essere capaci di rilasciare ed incamerare idrogeno in condizioni blande (a pres-sione atmosferica e temperatura vicina a quella ambiente). Lungamente si è pensato che questo obiettivo fosse irraggiungibile per quei materiali in cui l’idro-geno sia strutturale, fino a quando Bogdanovi e Schwickardi nel 1997 [2] hanno dimostrato che dopando opportunamente degli alanati (composti di alluminio ed idrogeno ed un contro-ione come sodio o litio) è possibile realizzare cicli di carica e scarica a temperature poco superiori di quella ambiente (80-150°C). Suc-cessivamente, è stato anche dimostrato che il numero di cicli di carica e scarica che questi materiali sono capaci di sopportare prima che le prestazioni (quantità di idrogeno immagazzinato) degradino è compatibile con un loro impiego tec-nologico.

Da allora, molto lavoro, soprattutto sperimentale, è stato svolto allo scopo di migliorare le proprietà di questi materiali. Nonostante ciò non è stato ancora compreso quale sia il meccanismo di rilascio ed incameramento dell’idrogeno e, ovviamente, quale sia il ruolo del catalizzatore in questo meccanismo. È proprio la mancanza di una modellizzazione di questi processi che rende più difficile lo sviluppo di nuove classi di materiali e catalizzatori più efficienti. Il nostro obiettivo è quindi quello di sviluppare una modellizzazione del processo di deidrogena-zione per mezzo di simulazioni atomistiche, che forniscono un livello di dettaglio inaccessibile agli esperimenti. La nostra ricerca, complementare a quella speri-mentale, potrebbe quindi contribuire a disegnare nuovi materiali capaci di

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disfare i requisiti che il DoE ha stabilito per il 2015 (anno nel quale si pensa que-sta tecnologia possa essere matura per una prima significativa immissione sul mercato).

Abbiamo concentrato la nostra attenzione sull’alanato di sodio (NaAlH4), il materiale per immagazzinamento di idrogeno meglio conosciuto. Le nostre simu-lazioni sono consistite sia nello studio di specifici processi che si ritenevano rile-vanti per la cinetica del rilascio di idrogeno, come la diffusione di idrogeno in materiali con difetti puntuali (vacanze di idrogeno), sia lo studio della reazione di decomposizione dell’NaAlH4:

3 NaAlH4 ⇆ Na3AlH6 + 2 Al + 3H2↑ (1) Na3AlH6 ⇆ 3 NaH + Al + 3/2 H2↑ (2)

Vediamo più nel dettaglio queste due classi di problemi. Gli esperimenti indicano che lo step limitante nella deidrogenazione di campioni dopati consiste in un pro-cesso con cinetica rapida che coinvolge atomi di idrogeno. Due ipotesi sono state avanzate sulla natura di questo processo. Secondo la prima il fenomeno consiste nella riorganizzazione di atomi di idrogeno attorno ad un’unità AlH5 (ossia un’unità AlH6 con una vacanza di idrogeno), for-matasi durante la reazione (1). Nell’ipotesi alternativa si imma-gina che il fenomeno osservato sia dovuto al trasferimento di un idrogeno da un AlH6 ad un AlH5, portando così alla diffusione di idrogeno. Inoltre, non è chiaro se la cinetica di questi processi sia aumentata dalla presenza del dopante. Gli esperimenti hanno dimostrato che questo processo ha un’energia di attivazione, ossia una barriera di energia (li-bera) che deve essere superata affinché il fenomeno accada, pari a 0.13eV, ossia circa ~ 1200K se espressa in unità di tempera-tura.

Questi dati indicano che la si-mulazione atomistica di questo processo dovrà superare diverse difficoltà, sia concettuali che computazionali. Innanzitutto, i fenomeni di riarrangiamento strutturale e di diffusione sono “eventi rari”, ossia processi che

I metodi TAMD, SSM e SM

Descriviamo brevemente in cosa consistano i metodi TAMD, SSM e SM citati nel-l’articolo. Innanzitutto, dobbiamo dare alcune definizioni: uno stato termodina-mico è definito dal valore assunto (realizzazione) da un set di proprietà che lo definiscono. In meccanica statistica queste proprietà dipendono dalle coordinate e dagli impulsi delle particelle che costituiscono il sistema e vengono per questo chiamate coordinate collettive (qi(p,q)). Quindi, l’energia libera è funzione del valore assunto da queste coordinate collettive (loro realizzazione), che tipica-mente si indica con zi, più altre variabili termodinamiche (e.g. temperatura, pres-sione, etc.). Ad esempio, l’energia libera di un sistema a numero di particelle, temperatura, volume costanti che debba assumere anche un valore definito z1 per la coordinata qi(p,q) si indica F(N, V, T, z1).

Il TAMD consente di campionare lo spazio delle fasi secondo un “potenziale” che è in realtà l’energia libera del sistema alla temperatura fisica. Per far questo si svolge una dinamica molecolare su un sistema esteso che include anche le zi. La cosa interessante è che la dinamica delle zi può essere svolta anche a tem-peratura più alta, permettendo così al sistema di campionare in modo efficiente anche le regioni di barriera di energia libera che separano gli stati stabili.

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accadono con frequenza bassa, benché quando si verificano si svolgono rapida-mente. Con una barriera di attivazione del valore misurato negli esperimenti la possibilità di osservare in condizioni di temperatura ambiente un numero consi-stente di questi eventi in una semplice dinamica molecolare è assolutamente scarsa. Questo significa che non può essere fatto uno studio statistico del feno-meno osservato e quindi non è possibile stimare l’energia libera di questo pro-cesso attraverso un’applicazione diretta di questa tecnica di simulazione. Il problema dell’enorme costo computazionale per svolgere questo tipo di simula-zione è ulteriormente esasperato dal fatto che non esistono ancora potenziali clas-sici affidabili per modellizzare la formazione e la rottura dei legami Al-H e Na-H. È quindi necessario svolgere simulazioni atomistiche che comprendano esplicita-mente i gradi di libertà elettronici. Nel nostro caso, le forze interatomiche sono state calcolate sulla base di simulazioni ab-initio1. È stato possibile svolgere

si-mulazioni così onerose solo grazie alle risorse computazionali messe a disposi-zione di questo progetto dal CASPUR. In particolare, nel corso di circa un anno e mezzo sono state utilizzate circa 200000 ore/CPU, sommando quelle utilizzate sulla macchina IBM Power5 a quelle utilizzate sul cluster CMSCluster (AMD Opteron interconnesso con rete Infiniband).

Per risolvere il problema degli eventi rari siamo ricorsi a tecniche di campio-namento dello spazio delle configurazioni che ci hanno permesso di accelerare la dinamica. In particolare, abbiamo usato la combinazione di tre tecniche: la Tem-perature Accelerated Molecular Dynamics (TAMD) [3], il Single Sweep Method (SSM) [4], e lo String Method (SM) [5] (vedi il box per maggiori dettagli). Con la TAMD abbiamo potuto determinare gli stati termodinamicamente più stabili e la regione dello spazio delle configurazioni statisticamente più rilevante per il pro-cesso di conversione da uno stato ad un altro (vedi Figura 1). Con il SSM abbiamo ricostruito la superficie di energia libera in questo dominio (vedi Figura 2). Infine, attraverso lo SM abbiamo calcolato il percorso di minima energia sull’ipersuperficie di energia libera ricostruita (vedi Figura 2). Calcolando la differenza di energia li-bera tra gli stati stazionari ed il punto di sella lungo il percorso di minima energia libera abbiamo calcolato l’energia di attivazione dei vari processi ipotizzati, giun-gendo alla conclusione che quello osservato sperimentalmente corrisponde al processo di diffusione di idrogeno da una unità di alanato ad un’altra nella sua shell di prima coordinazione. Avendo ottenuto questi risultati in assenza di cata-lizzatore, abbiamo anche dimostrato che il processo favorito da quest’ultimo non è quello di diffusione ma, probabilmente, un altro relativo alla prima reazione di decomposizione. Studi sullo step attivato dal catalizzatore sono attualmente in corso. Questo studio, ancora più complesso sia dal punto di vista della modelliz-zazione teorica che da quello della simulazione computazionale, potrà essere svolto solo utilizzando le risorse che potranno esserci messe a disposizione dal CASPUR con il cluster Matrix di prossima apertura.

CASPUR ANNU

AL REPOR

T EDIZIONE 2009

Figura 1

Esempio di evento di diffusione ottenuto durante una dinamica TAMD. L’atomo indicato in rosso è l’idrogeno che diffonde da una unità AlH6 and una AlH5.

1I calcoli ab-initio svolti sono basati sulla teoria del funzionale della densità (DFT) utilizzando l'approssimazione del gradiente generalizzato

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• Bibliografia

[1] http://www1.eere.energy.gov/hydrogenandfuelcells/tech_validation/ e http: //www1.eere.energy.gov/vehiclesandfuels/index.html.

[2] Bogdanovi, B., & Schwickardi. M. (1997). Ti-doped alkali metal aluminium hydrides as potential novel reversible hydrogen storage materials. Journal of Alloys and Compounds, 1, 253.

[3] Maragliano, L., & Vanden-Eijnden, E. (2006). A temperature accelerated method for sampling free energy and determining reaction pathways in rare events simulations. Chemical Physics Letter, 426, 168.

[4] Maragliano, L., & Vanden-Eijnden, E. (1997). Single-sweep methods for free energy calculations. Journal of Chemical Physics, 128, 184110.

[5] Ren, W., & Vanden-Eijnden, E. (2002). String method for the study of rare events, Physical Review, B 66, 052301.

Figura 2

Superficie di energia libera rico­ struita attraverso il metodo Sin­ gle Sweep. Le variabili CAl1 e CAl2 indicano il numero di coor­ dinazione degli atomi di allumi­ nio 1 e 2 (vedere la definizione di variabili collettive nel box). I cerchi bianchi riportati indicano la posizione dei centri del set di base gaussiano utilizzato per la ricostruzione (vedere box). In­ fine, la linea continua bianca rappresenta il percorso di ener­ gia libera minima per la diffu­ sione di un atomo di idrogeno.

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