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Editore: Associazione culturale QUATTRO. Registrato al Tribunale di Milano al n. 397 del 3/6/98. Sede legale: viale Umbria 58, 20135 Milano Redazione: via Tito Livio 33 - tel. 02 45477609 – 3381414800 e-mail: quattro@fastwebnet.it Sito internet: www.quattronet2.it Videoimpaginazione: SGE Servizi Grafici Editoriali Stampa: Centro Servizi Editoriali srl - Stabilimento Galeati Via Selice, 187/189 - IMOLA (BO).

Direttore responsabile: Stefania Aleni. Redazione: Vanda Aleni, Fiorenza Auriemma, Patrizia Avena, Lorenzo Baio, Sergio Biagini, Athos Careghi, Luca Cecchelli, Giovanni Chiara, Rita Cigolini, Lidia Cimino, Giulia Costa, Antonella Damiani, Elena Gadeschi, Valentina Geminiani, Giovanni Minici, Gianni Pola, William Porzio, Francesco Pustorino, Alberto Raimondi, Emiliano Rossi, Azzurra Sorbi, Riccardo Tammaro, Alberto Tufano. Hanno collaborato a questo numero: Umberto Di Donato, Margherita Maroni. Tiratura 16.500 copie. COPIA OMAGGIO

Giornale di informazione e cultura della zona 4

ATHOS

L’indifferente

Nel giro di tre giorni nella nostra zona sono avvenute due impor- tanti inaugurazioni.

Giovedì 27 settembre è stata aperta al pubblico la nuova piazza su cui si affacciano Fondazione Prada e la nuova sede di Fastweb, in uno degli edifici del progetto Symbiosis di Beni Stabili.

Ottima la scelta dell’Ammini- strazione comunale di intito- lare la piazza ad Adriano Oli- vetti, a sottolineare la dimen- sione umana del lavoro che può fondersi con l'innovazione tecnologica e l’idea di Comu- nità che Milano vuole rappre- sentare.

Sabato 29 è stata invece la vol- ta di piazza Angilberto II, og-

getto di un intervento di par- ziale pedonalizzazione. Negli spazi liberati sono stati posi-

zionati grandi vasi di piante e fiori, panchine, due tavoli da ping pong, una postazione di bike sharing e stalli per le biciclette. Il pomerig- gio, soleggiato e festo- so, ha visto una grande partecipazione di citta- dini, di rappresentati municipali e comunali che si sono anche con- frontati coi residenti per possibili criticità che si cercherà di superare.

L’importante è che lo spazio restituito all’uti- lizzo pedonale sia un luogo di incontro e di svago, conservato e ani- mato dai cittadini stessi e dalle associazioni ter- ritoriali.

Per due piazze in più

C’è molta attenzione alla cultura in que- sto nostro numero 199 di QUATTRO.

A ottobre, infatti, ripartono le stagioni teatrali e musicali dei numerosi teatri di zona, presenza che dobbiamo conservare e valoriz- zare. Dedichiamo quindi ampio spazio alla presentazione delle loro stagioni.

Come sempre, poi, sono innumerevoli le ini- ziative ricreative, aggregative, culturali che si svolgono nella nostra zona grazie all’iniziativa delle associazioni e delle realtà sociali che ani- mano la vita dei quartieri. Una varietà di of- ferta sorprendente, per tutte le età e i gusti, quasi sempre offerti gratuitamente, anche per il contributo del Municipio. Riprendiamo poi il “filone” delle storie industriali e produttive.

Grazie all’iniziativa promossa lo scorso 22 settembre da QUATTRO sulla Lagomarsino, Azzurra Sorbi ci racconta la storia della storica fabbrica di macchine calcolatrici di viale Um- bria.

Elena Gadeschi, invece, ripercorre la storia dell’azienda Fratelli Ingegnoli, grazie ai ricordi di Francesco Ingegnoli, attuale presidente, che abbiamo incontrato negli uffici di via Salo- mone 65, nell’edificio all’angolo con via Pru- denzio, già sede della Fructamine (vedi nr.

109 di QUATTRO).

Di fronte alla sede, in via Salomone 68, un am- pio vivaio abbellisce parte di un’area già ap- partenente al demanio statale e acquistata da uno “sviluppatore” che al momento però non ha ancora “sviluppato” niente, lasciando aree incolte e scheletri di vecchi magazzini.

Buona lettura!

Stefania Aleni

In questo numero…

Tante sono le famiglie che con la propria munificenza e capacità imprenditoriale nei secoli hanno fatto grande que- sta città ed è sempre affascinante riuscire a svelarne qualche segreto per poter fare un po’ più luce sulla più ampia e complessa storia di Milano.

È il caso della famiglia Ingegnoli, le cui prime notizie risalgono ad- dirittura al ‘500, ma le cui fortune hanno inizio nel 1817, quando il loro nome si lega all’attività di produzione, selezione e commer- cio di piante e sementi, in quello che fu il primo stabilimento agra- rio e botanico italiano.

Fin dal 1700 la famiglia Burdin, proveniente dalla Savoia francese, aveva deciso di espandere i propri interessi anche in Italia, trasferen- dosi prima a Torino e poi a Milano e portando con sé la propria atti- vità vivaistica nell’attuale piazza Duse, nei pressi dell’orto dell’ex convento dei Cappuccini, facil- mente raggiungibile da una via che, proprio per il diretto collega- mento con le loro coltivazioni di gelso, proveniente dalle Filippine e all’epoca molto richiesto in Lombardia per la produzione della seta, venne a chiamarsi via Viva- io.

Nel 1880 Francesco Ingegnoli, il maggiore dei fratelli, acquistò per

la cifra di 75mila lire i vivai Bur- din, che nel frattempo si erano tra- sferiti in corso Loreto, attuale cor- so Buenos Aires, dove – 14 anni più tardi – al numero 54 la fami- glia avrebbe fatto costruire, in uno splendido palazzo affrescato dal Quarenghi, la propria nuova sede, che sarebbe rimasta tale per circa un secolo. L’edificio era prospi- ciente al famoso podere I Tre Mer- li dove, per la zona ricca d’acqua, era possibile la coltivazione di una freschissima insalata che la dome- nica le carrozze dei signori anda- vano a prendere e trasportavano lungo tutto corso Venezia diretta- mente alla loro tavola. Lì venivano prodotti anche alberi da frutto e piante ornamentali che nel 1893 avrebbero contribuito alla costitu- zione di Parco Sempione, secondo il progetto dell’architetto Alema- gna.

Inizialmente però gli Ingegnoli erano specializzati nella produzio- ne di sementi per grandi agricol- ture come grano, orzo e avena, ol- tre che miscugli da prato per mi- gliorare l’alimentazione di bovini, ovini, suini e caprini, e fu alla fine del 1800 che Francesco Ingegnoli decise di arricchire la propria pro- duzione intraprendendo grandi viaggi verso il Giappone, l’Argen-

Fratelli Ingegnoli: una storia di famiglia

segue a pag. 3

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Allons Enfant cerca volontari

Allons Enfant, una onlus che offre un doposcuola gratuito ai bambini e ragazzi della zona 4, cerca persone di tutte le età, che vogliano dedicare due ore pomeridiane, una o due volte alla set- timana, ad aiutare i bambini che per tanti motivi si trovano in difficoltà a fare i compiti da soli: conoscono ancora poco l’ita- liano, hanno disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia ecc.), hanno bisogni educativi speciali di vario tipo. Vanno dalla seconda elementare alla terza media.

Per diventare volontari di Allons Enfant non occorre nessuna conoscenza specifica, basta avere voglia di mettersi in gioco ed essere disponibili a partecipare gratuitamente ai corsi formativi che l’associazione organizza ogni anno con psicologhe esperte.

Dall'anno scorso abbiamo accolto un gruppo di bambini cinesi e abbiamo urgente bisogno di una persona che conosca la lingua cinese (solo parlata) per affiancare i volontari che li seguono.

La sede è in via Tommei 8; coordinatrice dell’associazione è Rosanna Romano. Per contatti: tel. 327 242 71 77 - www.asso- ciazioneallonsenfants.it

Scuola Popolare Calvairate

Presso la parrocchia S. Pio V di via Lattanzio 58 (secondo piano), sono in partenza i corsi serali gratuiti (solo per maggiorenni) di

Preparazione all'esame di terza media in convenzione con CPI

Italiano Preparazione test A2 Orario delle lezioni:

Corsi di italiano: lunedì - mercoledì e giovedì primo turno dalle 19.30 alle 21 / secondo turno dalle 21 alle 22.30

Corso terza media: dal lunedì al venerdì dalle 20.30 alle 22.30 Info su: www.scuolacalvairate.it

Milano città aperta e plurale Trasformazioni sociali e urbane

La tematica, scelta quest'anno da Milanosifastoria, si svilupperà in una settimana di convegni, mostre ed altre attività in vari luo- ghi della città dal 5 all’11 novembre. La Rete omonima, orga- nizzatrice dell'evento, è costituita da decine di istituzioni e ha come scopo il rilancio della cultura e della formazione storico- interdisciplinare nell’area milanese.

A seguire ci sarà un intero anno di iniziative legate al tema prescelto (info e programma dettagliato su https://it-it.facebook.com/mila- nosifastoria/): tutto avrà inizio all'Urban Center, il 5 novembre alle 14.30, con un convegno al quale parteciperanno l’assessore Pierfrancesco Majorino, Serena Vicari Haddock (Università

Studi di Milano-Bicocca e TU Delft), Christian Novak (Poli- tecnico di Milano) e Riccardo Tammaro (Fondazione Milano Policroma).

Eurospin in arrivo in via Zante

Novità in vista per l’area posta in via Zante angolo via Mecenate, dismessa dopo la chiusura, un paio d’anni fa, del distributore di carburanti Tamoil e annessa officina autolavaggio.

È infatti pervenuta in Municipio 4 la richiesta di permesso di costruire un edificio ad uso commerciale.

Hanno illustrato l’intervento il progettista e un rappresentante della proprietà: verrà realizzata una struttura di vendita della catena Eurospin di circa 1000 metri quadrati con la realizzazione di parcheggi e percorsi pedonali. Su via Mecenate si affaccerà il retro del supermercato, mentre l’ingresso sarà sul lato opposto di fronte all’area parcheggio di circa 47 posti riservati ai clienti.

La superficie complessiva dell’area è di circa 5.300 metri qua- drati, di proprietà di Aler, poi acquistata all’asta da una società immobiliare.

Rispetto al progetto inizialmente presentato, e dietro richiesta della Commissione Paesaggio e del Municipio, verrà potenziata

la dotazione di verde soprattutto verso via Mecenate.

I tempi di inizio lavori non dovrebbero essere lunghi (inizio 2019), dopo il completamento dell’iter edilizio.

La struttura è piuttosto standard, in linea con gli altri punti ven- dita della catena del più grande discount italiano. Questo edificio in particolare sarà autosufficiente dal punto di vista energetico, data la presenza sul tetto di pannelli fotovoltaici in grado di ga- rantire riscaldamento e raffreddamento.

Trattandosi poi di una struttura di medie dimensioni dovrebbe soddisfare una clientela locale che può raggiungerla a piedi o con i mezzi pubblici, senza aumentare il traffico veicolare. Infine, darà lavoro a circa 40 dipendenti sui diversi turni.

Valentina Geminiani

Il mercato contadino del Suffragio fra iniziative e ricerca di nuovi spazi

Il mercato agricolo del sabato di piazza del Suffragio, promosso dal Consorzio Agrituristico Mantovano, è sempre più un appun- tamento settimanale molto attrattivo.

Oltre alle 15/16 postazioni dei produttori e venditori, si svolgono a cura del Consorzio stesso e del "Gruppo Quartiere Suffragio"

una serie di attività collaterali.

È ripartito il progetto solidale “Una mela per tutti”, cioè la di- stribuzione gratuita di mele – tramite le associazioni solidali – alle persone con

scarse possibilità. Il progetto si finanzia attraverso l’acqui- sto di mele di se- conda scelta a € 1 (di ottima qualità, ma rifiutate dalla grande distribuzio- ne per ragioni pura- mente estetiche) presso il gazebo di Marco, allevatore di struzzi e ideatore dell’iniziativa.

Sono poi in calen- dario laboratori di cultura contadina guidati dai contadi- ni stessi: sgranatura pannocchie mais e macina, facciamo il formaggio, faccia- mo il succo di me- le, pigiatura del- l’uva, aperitivo ru- rale, esibizione wri- ters sul mondo agreste.

È ripartito anche lo scambio di giocat-

toli e bici per bambini e ragazzi. Chi porta e chi ritira, gratis na- turalmente. E ancora, riprenderà la raccolta di coperte, indumenti invernali e scarpe per le persone in disagio (con la raccoman- dazione che siano in buono stato).

Non manca, come sempre, la presenza di artisti di strada.

Per tutto questo, lo spazio a disposizione del mercato è piuttosto ridotto, per cui il Consorzio, il Gruppo Quartiere Suffragio e il Comitato di quartiere XXII Marzo, hanno chiesto al Consiglio di Municipio di valutare e trasmettere al Comune di Milano la richiesta di autorizzare l’ampliamento dell'area di occupazione del "Mercato Contadino" negli spazi calpestabili della limitrofa area verde per consentire l’incremento dei gazebo.

Disegno provvisorio dell’intervento

Scambio giochi

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tina e gli USA per portare con sé nuove e importanti varietà, che potessero migliorare, tra- mite incroci, i prodotti nostra- ni.

Dopo la crisi del 1929, che in- vestì anche il settore immobi- liare cui erano legati gli stessi Ingegnoli, venne a mancare il polmone finanziario del- l’azienda rappresentato dalla banca ebraica di Zaccaria Pisa, che nel giro di pochi anni fu costretta a chiudere, lasciando Paolo Ingegnoli - nel frattem- po succeduto al fratello - in

gravi difficoltà economiche e obbligandolo a vendere al- l’asta nel 1933 e nel 1935, an- no poi della sua morte, la sua imponente collezione d’arte che vantava ben 429 dipinti, che negli anni aveva acquista- to da artisti del calibro di Se- gantini, Michetti, De Nittis, Boldini, con cui egli stesso era in rapporto di amicizia, facen- dosi guidare nella scelta delle opere dal suo innato buongu- sto.

In seguito l’eredità dell’azien- da fu raccolta da Tomaso In- gegnoli, che dal 1938 al 1987 si è occupato di portare avanti l’attività, passando attraverso i cruciali anni della guerra

quando i 43000 ettari di colti- vazioni a Cologno Monzese venivano disertati dai vivaisti a favore di un lavoro più red- ditizio come quello offerto a quei tempi dall’acciaieria Falk per la produzione di armi. Nel 1960 tutti questi terreni ven- nero lottizzati e venduti, e ad oggi i Fratelli Ingegnoli, che nel 2017 hanno festeggiato i 200 anni di attività, sono di- ventati a tutti gli effetti un’azienda commerciale, che si appoggia a imprese agricole con contratti di coltivazione.

Ufficio tecnico e Garden Cen- tre, vero punto di riferimento

per la clientela milanese, han- no trovato da qualche anno nuova sede in via Salomone sotto l’esperta guida di Fran- cesco Ingegnoli, dal 2008 pre- sidente della società.

Questo vorticoso viaggio nella storia di una famiglia così an- tica e salda nelle sue tradizioni e nella sua attività, premiata negli anni per la sua notevole lungimiranza e una capacità imprenditoriale non comune, non può non rendere orgoglio- si anche tutti noi, che spesso inconsapevolmente ci muovia- mo in questa grande città, che tanti episodi e vicende come queste custodisce.

Elena Gadeschi

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Fratelli Ingegnoli: una storia di famiglia

segue da pag. 1

Primi del ‘900: concorso per premiare i migliori produttori di frumento fucense.

Sabato 22 settembre, co- me anticipato nel prece- dente numero di QUAT- TRO, si è tenuta una giornata dedicata alla Lagomarsino, storica azienda italiana pro- duttrice di macchine calcola- trici. Una giornata dedicata al- l’unicità della sua storia indu- striale; alla visione del fonda- tore e alla sua famiglia; ai suoi quasi duemila lavoratori che per più di 70 anni hanno ani- mato gli stabilimenti di viale Umbria e ai suoi prodotti così innovativi per il mercato di ri- ferimento, ma anche alla tra- sformazione e rigenerazione del sito produttivo che è riu- scito a mantenere la sua voca- zione iniziale.

Un luogo che testimonia tut- t’oggi le proprie radici e che allo stesso tempo è aperto a un nuovo e dinamico futuro.

Ospiti dello show-room di Abitare In, i numerosi visita- tori intervenuti, hanno avuto la possibilità di ammirare in esposizione alcune macchine da calcolo dell’azienda stessa e di capirne la meccanica e il funzionamento grazie al sup- porto di Umberto Di Donato, presidente del Museo della Macchina da scrivere di Mi- lano. Nel pomeriggio in un clima informale e conviviale, dopo l’introduzione di Stefa- nia Aleni che ha ripercorso la storia della fabbrica e la tra- sformazione del sito in “citta- della artigianale”, diversi i contributi per raccontare da più punti di vista la storia in- dustriale della Lagomarsino.

Il primo, quello di Vito Reda- elli, architetto e curatore con Stefania Aleni del testo edito da QUATTRO, Storie Indu- striali. Passato e presente nel sud est di Milano, ci ha intro- dotti in una riflessione sulla capacità di Milano di trasfor- marsi. Una trasformazione che però non dimentica la sua sto- ria e la sua identità riflessa nei suoi manufatti. Lo stesso pa- trimonio edilizio della Lago- marsino testimonia proprio questo doppio movimento:

una innovazione verso il futu- ro nel momento in cui l’origi- naria attività produttiva viene meno, ma allo stesso tempo,

la conservazione dello stabile entrato oramai nel DNA della città che riesce a prendere nuova vita. Se questa alchimia di passato e futuro funziona, la città diventa più attrattiva e riconoscibile. Viceversa, se le tracce del passato vengono az- zerate, cancellando e annul- lando ciò che è stato, si rischia di perdere qualsiasi carattere distintivo e le città si appiatti- scono, iniziando a so- migliarsi tutte l’una con l’altra, diventan- do dei veri e propri

‘non luogo’.

Il pomeriggio di sa- bato è stata anche oc- casione per i discen- denti del fondatore di ritrovarsi e di celebra- re, dopo lunghi anni di silenzio, la storia gloriosa della fabbri- ca di famiglia. Per troppo tempo la bel- lezza creatrice della Lagomarsino è stata sottaciuta e archiviata a causa di un epilogo doloroso che ha toc- cato non solo i lavo- ratori, ma anche la fa- miglia stessa. Un epi- logo che ne ha porta- to poi alla chiusura definitiva a causa di un mercato che si è orientato velocemente verso l’elettronica, superando la meccanica applicata alle mac- chine calcolatrici.

Marco Scaler, nipote degli sto- rici proprietari, presente all’in- contro, ha raccontato come qualche anno fa ha iniziato la ricostruzione della storia della

fabbrica per riabilitarne la me- moria e restituire alla propria famiglia e alla città di Milano un passato industriale iniziato nel lontano 1896. Trova poco o nulla in casa, idem nello sterminato mondo di internet, decide quindi di creare una pa- gina Instagram ‘Lagomarsino Totalia’, che ispira la creazio- ne di una pagina dedicata su Wikipedia: un effetto domino

generato da un movimento del tutto spontaneo. È bastato creare un canale che desse vo- ce a vissuti ed esperienze per raccogliere e alimentare rac- conti legati ad una storia che come brace sotto la cenere non si è mai spenta, ma anzi aspettava solo tempi propizi

per mostrarsi di nuovo.

L’ultima voce intervenuta al- l’incontro è stata inaspettata quanto ricca e densa di vita.

Tra il pubblico intervenuto c’era anche un responsabile commerciale che ha dedicato molti anni della sua vita alla fabbrica di viale Umbria. Con orgoglio e commozione, ha ri- cordato come la Lagomarsino, negli anni più floridi, fosse se- conda solo alla Olivetti e co- me fosse presente con ben 22 filiali su tutto il territorio ita- liano per assistere al meglio i clienti nelle loro necessità. La produzione provvedeva a tutta la componentistica delle mac- chine calcolatrici; come era usuale in quel periodo storico, ogni azienda realizzava inter- namente tutte le parti per l’as- semblaggio dei prodotti, aven- do al suo interno falegnameria e minuteria metallica. Quando le calcolatrici elettroniche giapponesi arrivarono in Italia, cambiarono radicalmente le logiche produttive e di consumo: non più migliaia di pezzi da realizzare e comporre, ma solo una dozzina di schede elettroniche che ne ampliarono le funzioni, ben al di là delle canoniche quat- tro operazioni; ma so- prattutto, la forza la- voro ridotta di più della metà. Questa ri- voluzione, alla quale la fabbrica non era pronta, portò la Lago- marsino alla crisi, profonda ed irreversi- bile. Questi sono an- che gli anni delle lotte sindacali che non riu- scirono a trovare un punto di incontro con la proprietà, seguendo la sentenza del ‘tutti o nessuno’, si assistet- te a una lenta e dolo- rosa chiusura avvenuta defini- tivamente nel 1970. Lagomar- sino non è stata solo questo, non saremmo qui a parlarne affascinati ed emozionati da una storia che ha solo iniziato a farsi conoscere.

Azzurra Sorbi

Lagomarsino in mostra

Radici e futuro di una storia industriale

Modello Totalia

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Sull’ultimo vagone della tradotta, quello aperto, che viaggiava verso il fronte s’erano raccolti in sette, tutti “ragazzi del ‘99” tolti alle famiglie per essere scaraventati contro le linee austriache. Gli altri vagoni erano chiusi, ma stipati al punto da non rigirar- cisi, quella di salire sull’ultimo in pratica vuoto era all’inizio parsa una buona idea. Poi era arrivato il freddo vero, quello che mordeva, e i sette giovani avevano un bel raccogliersi su se stessi mentre con l’avanzare delle ombre la temperatura pre- cipitava.

Nel nulla di una campagna una sosta, e un vociferare; e sul va- gone gelato ecco salire quattro

“fiamme nere”, gli arditi, ru- morosi e spavaldi. Il treno ri- prendeva a percorrere la notte, e loro si guardavano intorno, ai sette spaventati fanti abbracciati ai ’91 sì e no un’occhiata. Sag- giavano le pareti di legno del vagone, e dopo essersi bisbi- gliati qualcosa avevano estratto il pugnale e s’erano messi a ca- vare schegge, le avevano am- monticchiate nel centro per do- po accenderle. Ne era nato un piccolo fuoco che in quel fred-

do sembrava il sole stesso, con loro che continuavano a scarnificare le pa- reti per alimentarlo.

Uno guardò i sette spaventati fanti, ri- se, e fece cenno che si avvicinassero al fuoco.

Durò tutta la notte, le fiamme bruciavano anche il pavimento, vi aprivano voragini. Gli arditi non si scoraggiavano, e conti- nuavano a dare calore a quel viaggio verso la morte demo- lendo il vagone, che al mattino sembrava uno scheletro.

Quegli undici giovani uomini divenuti fratelli e complici nel calore forse hanno avuto un tra- gico destino, ma almeno uno è sopravvissuto, Tonio, che nelle serate d’inverno, nella fattoria in provincia di Firenze dove era mezzadro, alla luce del lume a petrolio raccontava quell’epi- sodio e altri ancora, la guerra sapeva dare memorie tenaci.

La Grande Guerra e le sue trin- cee putride, dove la vita era sta- to deciso che valesse niente e allora tanto valeva farla perdere lanciando sciami di uomini contro il nemico. Fuoco di ar- tiglieria, a martello. Se il rumo- re è troppo non è più rumore, è prendere l’anima e scuoterla.

Quando le batterie cominciava- no a battere le linee austriache con quella intensità i pensieri svanivano, al loro posto c’era il nulla, nell’attesa del precipi- zio di silenzio che avrebbe pre-

ceduto il comando di innestare la baionetta sulla canna del ’91, gridare “Savoia!” e lanciarsi contro i reticolati e le mitraglia- trici perché gli alti comandi po-

tessero dire ancora una volta di averci almeno provato.

Ma capitava che dal nulla sbu- cassero loro, gli arditi, il solo

vederli rincuorava. Si liberava- no della mantella e uscivano strisciando come grandi luma- che, con i proiettili amici che sibilavano sopra le loro teste, e

che più loro si avvicinavano al- la trincea austriaca e meno ami- chevoli rischiavano di diventa- re. Attaccavano sotto il fuoco,

quando nessuno li aspettava, per questo gli austriaci li teme- vano. Il loro biglietto da visita erano le bombe a mano, cilin- driche come barattoli di con- serva e a bassa carica perché facessero sì danno, ma non tale da restarci coinvolti. Dopodiché si precipitavano nella trincea piena di feriti per completare l’opera.

Avevano il pugnale fra i denti, e alla cintura il revolver 1889

“Bodeo” con il grilletto pieghe- vole perché la fondina occupas- se meno spazio, ma era meglio lasciarlo dove stava, nel tam- buro c’erano sei colpi e non an- davano sprecati, visto che gli austriaci avrebbero tentato di riprendersi la trincea e qualcosa occorreva sparagli addosso. Il vero lavoro era fatto dal pugna- le, ed era da sporcarcisi le ma- ni. Gli arditi sapevano per espe- rienza quanto fosse inutile cer- care di conficcare la lama in un corpo protetto dalle divise di panno, certo migliore di quello italiano, ma sempre pannaccio resistente a lame che non fos- sero quelle delle baionette, che avevano dalla loro quattro chili di fucile a spingerle. Allora mi- ravano alla gola, e il sangue co- lava sulle mani e sull’impugna- tura del pugnale e le impastava insieme. Dopo occorreva ren- dere inoffensive le mitragliatrici conquistate e tornare alle linee di partenza, o voltarle verso il nemico e aspettare che l’arti- glieria tacesse e arrivassero le

ondate dei fanti. In ogni caso c’era la conta, e ogni volta ne mancavano.

Michele raccontava queste cose e altre ancora. Nella cornice della cristalliera teneva infilata una piccola foto che lo ritraeva sotto una mitragliatrice, minuto e bruno, la camicia nera e il pu- gnale infilato nella fusciacca.

Raccontava d’inverno, nella stalla illuminata dal lume a pe- trolio, o nella bella stagione sot- to il cielo stellato da non cre- derci che potessero esistere tan- te stelle. Il racconto era più o meno lo stesso, il variare di qualche dettaglio ma la sostan- za rimaneva quella. Il suo pub- blico erano i paesani del picco- lo borgo di Sicilia alle pendici delle Madonie, e nel tempo s’andava assottigliando, così come s’allontanavano i ricordi di una guerra combattuta in un Nord lontanissimo. Nel giro di un paio di anni Michele si trovò intorno solo pochi vecchi, i gio- vani avevano preso in uggia le sue memorie guerriere. Non potevano sapere che di lì a non molto sarebbe toccato a loro partire per un’altra guerra, e al ritorno avrebbero preso il posto di Michele, nelle stalle o sotto il cielo esploso di stelle, per raccontare le loro gesta infioc- chettandole, e abbellendole del- la sconcia “bellezza” del san- gue versato e visto versare, co- me dacché il mondo è mondo tutti i reduci hanno fatto.

Giovanni Chiara

Una pietra di basalto nero di cir- ca 700 chili, ritrovata in Egitto nel 1799, scolpita con dei se- gni indecifrabili nel lontano 196 a.c.

in onore del faraone Tolomeo V° Epi- fane, consentì dopo oltre venti secoli la decifrazione dei geroglifici.

Non si sapeva niente di chi, come e perché avessero costruito monumenti, templi e piramidi grandi come una montagna, sulle rive del fiume più lun- go della Terra. Ci riuscì, dopo oltre vent’anni di studi e analisi, un ricer- catore francese, Champollion, dopo avere analizzato tre testi in lingue di-

verse, incisi su questa grossa pietra, scoperta per caso nella cittadina di Ro- setta (Rashid) poco lontano da Ales- sandria, sul delta del Nilo, durante la campagna d’Egitto voluta da Napo- leone nel 1798. La pietra, chiamata poi “La Stele di Rosetta”, divenne fa- mosa e fu contesa anche con le armi dagli eserciti contrapposti di Francia e Inghilterra, per finire in mani inglesi che la trasferirono a Londra. I soldati francesi, capita l’importanza del loro ritrovamento, ne avevano fatto diverse copie per proprio uso. Una di queste fu consegnata a Parigi allo studioso

Jean–Francois Champollion, che nel- l’anno 1822 ne decifrò lo scritto, met- tendo a confronto le versioni dei tre testi in geroglifico, demotico e greco antico. Il termine “geroglifico “signi- fica “scrittura sacra incisa” e dalla sua decodificazione il Mondo intero, com- preso lo stesso Egitto, riuscì a cono- scere la storia dei faraoni e a ottenere le informazioni su tutte le scoperte rea- lizzate dagli egiziani in oltre tre mil- lenni, dal 3900 a.c. in avanti, e quindi apprendere particolari importanti sul- l’origine dell’intera civiltà occidentale.

La pietra originale è esposta al British

Museum di Londra e una copia si tro- va anche al Museo Egizio di Torino.

L’argomento sarà trattato il giorno 27 ottobre prossimo, alle ore 15 presso il Museo della Macchina da Scrivere di via Menabrea 10, dall’emerito pro- fessor Pippo Scirè, in una conferenza coinvolgente e affascinante, documen- tata con la proiezione di video e foto.

L’ingresso è libero. Si prega di preno- tare la partecipazione al cell.

3478845560 oppure alla mail: umber- to1935@libero.it.

Umberto Di Donato

59. AVANTI ARDITO

storie di storia

Al Museo della Macchina da Scrivere

Due millenni per decodificare la scrittura geroglifica

Michele Chiara

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Il centenario di Vittorio Veneto verrà celebrato il prossimo 27 ottobre alle 17 presso la sala consigliare del Municipio 4, grazie a una interessante iniziativa dell’associazione

“Amici della città di Vizzini”.

L’associazione, presieduta da Giuseppe Garra, per l’occa- sione ha pubblicato un libro che verrà regalato ai soci e alle autorità, grazie al contributo della Giunta di Municipio, che raccoglie una monogra- fia sul periodo bellico e il ca- talogo degli ar- ticoli scritti dai soci Asso Viz- zini.

Si tratta in molti casi di testimonianze raccolte da pa- renti o amici che hanno partecipato alla Grande Guerra, oppure di con- tributi su diversi aspetti della Prima Guerra Mondiale (ad esempio, l’ordinamento giudiziale militare, l’azione delle Crocerossine, il contributo del servizio meteorologico, e così via). Ed è proprio questa scelta editoriale che ne fa un libro speciale.

Il centenario di Vittorio Veneto

Villa Giusti a Padova, luogo della firma dell’Armistizio del 3 novembre 1918

Èquesto il nome del nuo- vo progetto dell’ASP Golgi-Redaelli, soste- nuto da Fondazione Cariplo e da Fondazione AEM e condi- viso da numerose istituzioni e associazioni culturali milanesi, che vuole restituire alla collet- tività la storia di Milano come centro di una rete di solidarietà e inclusione sociale, dall’Unità nazionale a oggi.

Milano ha saputo inventare fin dall’Ottocento strutture e stru- menti innovativi per accoglie- re le persone in cerca di mi- gliori condizioni di vita e ri- spondere ai bisogni sociali dei

“nuovi milanesi”.

MilanoAttraverso fa conosce- re ai cittadini di oggi la ric- chezza delle esperienze pas- sate della solidarietà milanese, da interpretare anche come spunti per leggere in modo di- verso il presente.

Lo fa attraverso una rete, com- posta da enti con forte radica- mento territoriale, con un Fe- stival che durerà fino a dicem- bre di eventi diffusi, (il 6 ot- tobre sono alla Casa dell’Ac- coglienza), il cui ricco calen- dario si trova sul sito www.milanoattraverso.it, e con un nuovissimo portale

geo-storico, presentato lo scor- so 25 settembre a Palazzo Reale.

La piattaforma partecipativa di MilanoAttraverso permette di esplorare per macro tema- tiche le ricerche storiche e d’archivio che i soggetti della rete aderenti all’iniziativa stan- no studiando ed elaborando.

Il portale geo-referenziato, in particolare, racconta l’evolu- zione del territorio milanese alla luce di cinque aree tema- tiche (migrazione, lavoro, be- nessere sociale, impegno civi- le, trasformazione del territo- rio) che contestualizzano e raccontano la storia economi- ca e sociale della città, le vi- cende dei suoi abitanti, i flussi migratori, la storia delle co- munità che qui si sono forma- te e insediate. Le singole nar- razioni fanno emergere le sto- rie individuali, le biografie dei protagonisti, i luoghi e le isti- tuzioni, anche tramite il cor- redo documentale costituito da immagini, foto, testi d’ar- chivio, cartografie storiche e testimonianze audio/video.

Navigando, ci si può muovere nel tempo e nello spazio, cre- andosi propri percorsi.

Una città tutta da scoprire!

MilanoAttraverso. Persone e luoghi che trasformano la città

Nella prima puntata ab- biamo visto come nel corso di pochi anni, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, si svi- lupparono con grande celerità le linee extraurbane a vapore verso il sud est e sino al piaz- zale di Porta Romana per la li- nea Milano-Melegnano-Lodi, e verso il nord est, lungo l’as- se viale Porta Romana e Porta Vittoria sino all’attuale piaz- zale Oberdan, per le linee di Vaprio – Cassano - Treviglio.

Un’idea di questa rete di tra- sporto è sintetizzata nella car- tina allegata, dove è indicata con una freccia la posizione della stazione/deposito di viale Monte Nero. Questo assetto, con qualche modifica, rappre- senterà sostanzialmente l’os- satura della rete tranviaria ex- traurbana che tra qualche de- cennio sarà gestita dall’Azien- da Tranviaria Municipale. Po- co prima e durante il conflitto della Prima Guerra Mondiale furono introdotte delle signi- ficative modifiche sui pre-esi- stenti tracciati poiché le ridon- danze erano sempre più fre- quenti e fuori controllo da par- te della Deputazione Provin- ciale milanese la quale conce- deva con troppa facilità le concessioni per “fare cassa”.

Spesso la concorrenza delle nascenti linee extraurbane, e non senza conflittualità, era con la rete ferroviaria che nei decenni prima e dopo l’Unità d’Italia si stava sviluppando e ammodernando rapidamente.

Un esempio per ciò che ci ri- guarda era rappresentato dal primo tronco della linea fer- roviaria “Imperial Regia Pri- vilegiata Strada Ferrata Lom- bardo-Veneto”, dedicata al- l’imperatore Ferdinando I d’Austria e meglio nota come Ferdinandea, che collegava Milano a Venezia.

La stazione di Porta Tosa (og- gi Porta Vittoria) sorgeva lun- go il viale della Circonvalla- zione (oggi la individuerem- mo come “Interna”, per distin- guerla da quella “Esterna”) che attraversava le vie Col di Lana, Bligny, Sabotino, Monte Nero, Premuda, Piave verso Porta Venezia (ex Porta Orien- tale). Dalla stazione/deposito di viale Monte Nero uscivano i mezzi a vapore del Gruppo

Pistorius che s’immettevano subito sulla Circonvallazione tranviaria, a quei tempi per- corsa, a binario unico, dalle ippovie della Società Anonima degli Omnibus (SAO). In via- le Premuda incrociavano la stazione ferroviaria di Porta Tosa dove si attestava la linea Milano-Treviglio verso il bi- vio Acquabella, con una possibile sosta dei passeggeri al pa- diglione del Caffè Gnocchi.

Alla stazione di Porta Tosa si innestarono in seguito anche le linee ferroviarie per Pia- cenza e per Pavia, provenienti dal nodo di Rogoredo. In poco tempo il carico di passeggeri sulle tram- vie a vapore della dorsale sud Milano verso Vaprio-Trevi- glio diminuì sensibil- mente creando non pochi problemi al- l’esercizio a vapore che, da un paio d’an- ni, era gestito dalla nuova Società delle Tramvie Interprovin- ciali Padane (TIP). Va anche ricordato che nel frattempo stava assumendo sempre maggior rilevanza il servizio automobili- stico con l’impiego di autobus, alimentati prima a benzina e poi a nafta, perché si dimostravano più flessibili, veloci e meno costo-

si in termini di acquisto e di esercizio sulle piccole e medie tratte.

Intanto, mentre si attuavano una serie di modifiche alla rete ferroviaria cittadina sulle linee di cintura esterna in previsione dello spostamento della vec- chia e inadeguata Stazione Centrale posta nella piazza

omonima (poi piazza Fiume e oggi Repubblica), la stazione di Porta Tosa, sul finire del-

l’Ottocento, viene chiusa al servizio passeggeri, per restare ancora qualche anno solo sca- lo merci (ne resta traccia os- servando con attenzione le vie Archimede, Marcona e Sotto- corno). Per resistere alla con- correnza e sotto l’impulso del rapido processo di elettrifica- zione delle tramvie urbane ef- fettuato dalla società Edison, al fine di rispondere efficace- mente alla domanda di tra- sporto sulle linee extraurbane convergenti in Milano, nel 1918 la TIP decide di avviare l'esercizio a trazione elettrica sui tronchi Porta Venezia-Cre- scenzago, sulla linea Milano- Vaprio, e Porta Romana-Ro- goredo, sulla linea Milano- Melegnano-Lodi.

La conversione al nuovo siste- ma di trazione con alimenta- zione elettrica in corrente con- tinua inoltre s’imponeva in quanto, utilizzando parte dell’armamento urbano della società Edison (che aveva già soppiantato la SAO ed elettri- ficato la Circonvallazione), i lenti e lunghi convogli a va- pore risultavano d’intralcio al ser- vizio urbano.

Dalla stazione/de- posito di viale Monte Nero scom- paiono così gra- dualmente le mo- trici a vapore e fanno la loro com- parsa le motrici elettriche, in segui- to identificate con la serie A.1÷A.4.

Saranno costruite in economia dalla stessa TIP che riu- scirà a convertire alcune carrozze equipaggiandole con motori elettri- ci TIBB. Il mate- riale mobile sarà poi ceduto rispet- tivamente alla STEL, a partire dal 1926 con RD n. 1565, e da que- sta, con l’Atto Ri- volta del 30 giu- gno 1939, alla neonata ATM nel 1939. Ma di que- sto parleremo nella prossima puntata.

Gianni Pola

C’era una volta un deposito: viale Monte Nero/2

Mappa Brenna - Stazione di Porta Tosa (A), Circonvallazione tranviaria (B), bivio Acquabella per Venezia e per Piacenza (C).

Distribuzione delle linee interurbane agli inizi del Novecento (G. Cornolò, Fuori Porta in Tram – le tramvie extraurbane milanesi 1876-1980)

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Il prossimo numero di

esce il giorno 7 novembre 2018

La Strada, cooperativa so- ciale attiva nella periferia sud-est di Milano, torna a far parlare di sé per una delle novità che più sta caratterizzan- do il suo operato negli ultimi mesi. La Strada infatti, come altre organizzazioni del terzo settore, ha avviato programmi di volontariato aziendale carat- terizzati da una sensibilità co- stante verso i bisogni specifici del territorio che dal Corvetto si estende fino al quartiere For- lanini. Per capirne di più, inter- locutrice naturale è stata la re- ferente dell’iniziativa, Lisa Ghezzi.

È noto che dopo la crisi finan- ziaria del 2008 le imprese sono state progressivamente chiama- te a puntare su etica, trasparen- za e sostenibilità per orientare le scelte via via più avvertite dei propri consumatori. «È pro-

prio sul ruolo e i valori sociali veicolati oggi da queste società che il volontariato aziendale poggia le sue radici», spiega la responsabile del progetto. «Con questo tipo di programmi – ag- giunge – i dipendenti di realtà private offrono per un giorno il proprio impegno volontario, collaborando sul campo in uno degli ambiti di intervento della cooperativa, con la garanzia che le ore “donate” saranno normal- mente retribuite dall’azienda in cui prestano servizio». Eppure, è risaputo, si fa presto a dire vo- lontariato: «Anche su questo versante, così, abbiamo cercato di rimanere fedeli al nostro sti- le, nel segno dell’interazione fra chi dona e chi riceve, attra- verso tre sostanziali tipologie di attività». Si va dalle opere manuali, fondamentali per re- stituire bellezza ai diversi am- bienti frequentati dall’utenza,

agli incarichi di natura relazio- nale (accompagnamento di an- ziani in gita, feste nei centri d’accoglienza, pomeriggi al- l’aria aperta con i giovani presi in carico dalle strutture afferen- ti), fino alla messa in comune di competenze specifiche, pre- ziose, ad esempio, per la reda- zione di un curriculum o per un ripasso in vista di un’interroga- zione importante. Ogni azione è pensata a beneficio di quel ba- cino di persone in condizioni di fragilità con cui La Strada è abituata a interfacciarsi.

Qualche dato: «Nel 2017 abbia- mo sviluppato 36 iniziative con 9 aziende e un totale di 238 di- pendenti, che hanno offerto 1.164 ore di volontariato a fa- vore di oltre 380 dei nostri as- sistiti», specificano dalla coo- perativa. Il tutto con una serie di vantaggi per ciascuna delle

parti coinvolte: quello del vo- lontariato in impresa, infatti, è uno strumento che permette all’azienda di qualificarsi in po- sitivo, sviluppando team buil- ding, legittimando il proprio operato a livello locale e con- tribuendo a motivare e soddi- sfare il personale, finendo così per generare un circuito di po- sitività. «L’arricchimento è dav- vero reciproco - conferma Lisa - tanto che queste esperienze, oltre a rafforzare lo spirito di gruppo e il senso di appartenen- za, portano spesso a ribaltare il proprio punto di vista, relativiz- zando le difficoltà del quotidia- no a fronte di un’apertura verso il mondo delle onlus». C’è chi ha piantato fiori all’ingresso della sede di via Piazzetta e chi ha scartavetrato finestre, chi ha trascorso un pomeriggio con gli anziani e chi ha organizzato una caccia al tesoro per bambini,

chi ha smaltato le ringhiere del Centro Giovanile e chi ha simu- lato colloqui di lavoro: tra aule scolastiche, comunità e appar- tamenti in gestione, sono dav- vero tante le occasioni in cui i lavoratori “in prestito” possono cimentarsi.

La riqualificazione della Casci- na Nosedo, a ridosso del Parco della Vettabbia, è al centro degli ultimi accordi siglati da La Strada con una serie di ditte in- teressate a questi particolari percorsi di volontariato: anche questo ha permesso di salvare il casolare dal degrado in cui a lungo è stato costretto, fino a divenire una delle buone prati- che di maggior riferimento per il vicinato. La scorsa primavera è qui che, tra taglio dell’erba, piantumazione del verde, tin- teggiatura e allestimento del pergolato, alcuni dipendenti di

Nielsen (azienda globale di mi- surazione e analisi dati, cono- sciuta in Italia per il sistema di campionatura dell’ascolto tele- visivo Auditel) hanno potuto dedicare una giornata intera alla nostra città. Due anni fa è stata invece la volta dell’arrampicata sportiva con gli adolescenti del centro diurno In-Presa, presso la palestra Rockspot di via Fan- toli: un altro momento ad alto significato simbolico che, come dichiarato a QUATTRO da fon- ti interne al gruppo, «ha reso l’incontro con La Strada unico per tutti noi, tanto da sfociare in una collaborazione e in un’amicizia continuative».

Obiettivo pienamente centrato, dunque: nella “metropoli-che- cresce”, senza dimenticare la ri-umanizzazione dei suoi tempi e dei suoi spazi, anche questo è possibile.

Emiliano Rossi

È l’ora del volontariato aziendale

La Strada: “Aumentano le richieste in zona, coinvolta anche la Cascina Nosedo”

«Come hanno rispo-

sto gli affittuari del Mercato Mor- senchio al bando lanciato dal Comune per la riqualificazio- ne della struttura di viale Un- gheria e l’affidamento in con- cessione del mercato?» Ponia- mo la domanda a Sergio Mon- frini, presidente Assofood e responsabile del Consorzio Morsenchio, nonché uno degli esercenti del Mercato.

«Sono perfettamente d’accor- do a partecipare fin da quando abbiamo cominciato i colloqui per mettere a punto la collabo- razione con il Comune. La co- sa che ho sempre sostenuto e difeso era che ci dovesse esse- re una fattibilità del progetto e dovesse essere sostenibile dal punto di vista economico. Noi ci faremo carico di tutta la ma- nutenzione straordinaria. Par- teciperemo anche in presenza di altri soggetti e faremo del nostro meglio per vincere».

I fattori sui quali contano tutti gli esercenti è di avere l’op- portunità e la capacità di ri- spondere velocemente a quelle che sono le esigenze del mer- cato commerciale, che oggi ha un ricambio incredibile «con le proposte di prodotti nuovi, il cliente un giorno vuol man- giare salutistico e dopo qual- che giorno cambia idea, cam- biamenti che imprimono al mercato una velocità di rinno- vamento continua e paurosa»

- come la definisce Sergio.

Da non sottovalutare anche una gestione più dinamica, ra- zionale, adatta ai tempi e non legata a regole e balzelli, in modo che questo tipo di Mer- cato «esca, non dal 1900, ma dal 1800 come è ora ed entri nel XXI secolo» - puntualizza Monfrini, che qui gestisce una panetteria e che mentre rac- conta continua a preparare i panini da mettere in forno e amalgama pasta e burro per fare le brioche.

Il Mercato di Morsenchio, un tempo mappato come “El lo- cho da Morsungia”, è nato ne- gli anni 60 quando vennero costruite le case dei ferrovieri e dei dipendenti Atm, e oggi ha un vasto bacino di utenza:

dai pensionati alle casalinghe, a chi lavorando in altre zone al ritorno si ferma a fare la spesa. «Una rivista di cucina – interviene Sergio Monfrini – ha fatto un servizio su di noi ed è arrivata gente anche da altri quartieri». A riprova che il servizio e la qualità pagano.

Un Mercato che non teme la concorrenza della grande di- stribuzione; il target del con-

sumatore è diverso e, fattore non indifferente, qui il rappor- to umano è tangibile, invita a venire tutti i giorni a prendere quello che serve; si dialoga, ci si conosce, il negoziante ti consiglia, ti accontenta «se vuoi un arrosto da sette etti il macellaio ti dà sette etti. Al su- permercato devi guardare tra le vaschette e non sempre tro- vi il peso che cerchi» - con-

clude Monfrini. Un mercato dove trovi la merce fresca e, come afferma Sergio, «faccia- mo del nostro meglio offrendo un servizio di qualità, con pro- dotti di eccellenza, prodotti di nicchia, prodotti su misura».

Uno degli esempi ai quali fa riferimento Sergio Monfrini sono i mercati esteri, luoghi ben organizzati che offrono al pubblico una serie di servizi eccellenti, e senza uscire dai confini nazionali un modello è il Mercato di Firenze che de- finisce «un fiore all’occhiel- lo».

I numeri del Mercato: quan- ti esercenti e quante persone sono impiegate in questa struttura?

«Come detto, ci sono 14 tito- lari (i posti sono 20 ma diversi esercenti hanno due o tre spazi n.d.r.) e una media di tre im- piegati: circa settanta persone.

Rispetto ad altri Mercati ab- biamo dei numeri molti im- portanti». Tra i diversi com- mercianti alcuni sono “storici”

come uno dei due ortolani, il pescivendolo è qui dalla co- struzione del Mercato, mentre altri hanno aperto “bottega”

nell’88, il barista, seguito a ruota nel 1990 da Sergio Mon- frini.

C’è stato ricambio nel tem- po? e come vede un giovane al quale si offrisse la possi- bilità di rilevare uno spazio?

«Nel tempo ci sono stati di- versi avvicendamenti e giusto a giugno è arrivato un secondo ortolano. I giovani vengono da una cultura dove non è pre-

visto fare sacrifici e stare die- tro un banco è degradante ri- spetto agli studi che hanno fat- to. Lavorare dietro un banco non è solo lavoro in sé, richie- de attenzione; queste non sono botteghe, sono micro-piccole imprese a seconda del numero di persone occupate e quindi devi ragionare non come bot- tegaio, ma da imprenditore.

Devi fare piani di investimen-

to, stare aggiornato col mer- cato, con le esigenze della clientela».

Come ben puntualizzato da Monfrini, per questo lavoro ci vuole impegno, passione, non bisogna guardare l’orologio, molte volte il sabato e la do- menica sono giorni come gli altri, e inoltre non ci si può improvvisare in questo settore:

«Quando dai un prodotto, devi sapere cosa stai vendendo, co- noscere il mercato e i prodotti, sapere cosa dare al cliente.

Cose importanti e fondamen- tali».

Non rimane che aspettare l’uscita del bando, l’importo da accollarsi per chi ne uscirà vincitore non è indifferente trattandosi di un milione di eu- ro a fronte però di una conces- sione ventennale, ma qui al Mercato di Morsenchio sono tutti fiduciosi di poter affron- tare questa nuova sfida e i pre- supposti ci sono. «Noi aspet- tiamo – chiude la chiacchiera- ta Sergio Monfrini –. I passi li abbiamo fatti e li stiamo fa- cendo per fare ciò che ci aspetta. Siamo sì delle imprese indipendenti, ma ci siamo messi a tavolino, fatto quattro conti, discusso e trovata una linea comune, dato il nostro contributo a livello di idee e di progetto: se remiamo tutti nella stessa direzione la barca va dritta».

L’impressione è che i “rema- tori” abbiano già infilato i re- mi negli scalmi.

©Sergio Biagini

Mercato Morsenchio:

una nuova avventura

Dipendenti Nielsen all'opera

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