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ALLERGIA DA ANIMALI DA LABORATORIO (LAA)

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Academic year: 2022

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ALLERGIA DA ANIMALI DA LABORATORIO (LAA)

DA LABORATORIO (LAA)

Manuale informativo

Edizione 2016

Inail - Direzione centrale pianificazione e comunicazione Piazzale Giulio Pastore, 6 - 00144 Roma

dcpianificazione-comunicazione@inail.it

www.inail.it ISBN 978-88-7484-512-5

2016

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DA LABORATORIO (LAA)

Manuale informativo

2016

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Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale

Coordinamento scientifico Maria Concetta D’Ovidio1

Autori

Maria Concetta D’Ovidio1, Annarita Wirz2, Gennaro Liccardi3,4, Paola Melis1, Simona Di Renzi1, Maria Cristina Riviello5,2

Curatori

Maria Concetta D’Ovidio1, Annarita Wirz2

Editing e grafica Laura Medei1

1 Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale

2 Fondazione Santa Lucia, Roma

3 Dipartimento pneumo-onco-ematologico, Divisione di pneumologia e allergologia, Ospedale “A. Cardarelli”", Napoli;

4 Scuola di specializzazione in medicina respiratoria, Università Tor Vergata, Roma

5 Cnr-Istituto di biologia cellulare e neurobiologia, Roma

per informazioni

Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale Via Fontana Candida, 1 - 00078 Monte Porzio Catone (RM)

dmil@inail.it www.inail.it

©2016 Inail

ISBN-978-88-7484-512-5

Gli autori hanno la piena responsabilità delle opinioni espresse nelle pubblicazioni, che non vanno intese come posizioni ufficiali dell’Inail.

Le pubblicazioni vengono distribuite gratuitamente e ne è quindi vietata la vendita nonché la riproduzione con qualsiasi mezzo.

È consentita solo la citazione con l’indicazione della fonte.

Tipolitografia Inail - Milano, gennaio 2017

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L’esposizione ad agenti biologici è rappresentata dal Titolo X del d.lgs. 9 aprile 2008, n.

81 e s.m.i. L’articolo 267 definisce: agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe pro- vocare infezioni, allergie o intossicazioni […]. Il Capo II - “Obblighi del datore di lavoro”, nell’ambito della valutazione del rischio (art. 271), tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare: […] dei potenziali effetti allergici e tossici […].

Nell’ambito della valutazione di tutti i rischi occupazionali (art. 17 - “Obblighi del datore di lavoro non delegabili”), il rischio allergologico di origine biologica rappresenta un rischio potenzialmente presente in numerosi ambiti occupazionali. Gli allergeni propria- mente detti non sono specificamente indicati nel d.lgs. 81/2008 e s.m.i., seppur gli effet- ti allergici degli agenti biologici siano riportati per 2 specie di parassiti e 8 specie di fun- ghi presenti nell’Allegato XLVI - “Elenco degli agenti biologici classificati”. L’art. 275 del Titolo X - “Esposizione ad agenti biologici” considera le misure specifiche per i laborato- ri e gli stabulari e in particolare nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei grup- pi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da labo- ratorio deliberatamente contaminati con tali agenti […] e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti […].

In Italia il rischio allergologico da LAA non è ancora sufficientemente riconosciuto a dif- ferenza di altri paesi dove alcune istituzioni hanno fornito informazioni scientifiche e sug- gerito buone prassi da adottare. Nel 1998 il National institute for occupational safety and health negli USA ha pubblicato il documento “Niosh Alert: Preventing asthma in animal handlers”, mentre nel 2002 l’Health and safety executive (Hse) nel Regno Unito ha pub- blicato il testo “Guidance note: Control of laboratory animal allergy”, ponendo l’attenzio- ne sulle possibili conseguenze dovute all’esposizione ad animali da laboratorio.

Il testo “Allergia da animali da laboratorio (LAA1) - Manuale informativo” vuole porre l’at- tenzione su tale rischio allergologico attraverso una divulgazione scientifica indirizzata a

1 Laboratory animal allergy.

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venzione per ridurre al minor livello possibile l’esposizione ad allergeni potenzialmente presenti negli stabulari e il rischio di allergia da animali da laboratorio.

Sergio Iavicoli

Direttore del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale

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Tecnici degli stabulari, veterinari, ricercatori sono alcune delle figure professionali princi- palmente presenti e operanti negli ambienti degli stabulari che ospitano animali da labo- ratorio. Le specie animali maggiormente utilizzate nella ricerca sperimentale sono rap- presentate da topi e da ratti sebbene anche porcellini d’India, conigli, primati non umani possono rappresentare fonti di esposizione di allergeni di origine biologica per gli ope- ratori che a vario titolo operano negli stabulari.

L’idea di realizzare il testo “Allergia da animali da laboratorio (LAA) - Manuale informati- vo” - si è concretizzata a partire dalla necessità di diffondere a tutti gli attori della pre- venzione, in primis i lavoratori stessi, la conoscenza di uno specifico rischio allergolo- gico e delle misure di controllo, prevenzione e protezione da mettere in atto per ridur- re al minor livello possibile le fonti di esposizione agli allergeni animali maggiormente rappresentativi nell’ambito occupazionale degli stabulari. È necessario considerare che la gestione del rischio allergologico va attuata attraverso un sistema di controllo identificato come APC (Allergy program control) che prevede la valutazione, l’identifica- zione, il monitoraggio, il controllo di tutti i fattori esogeni ed endogeni e delle misure metodologiche da mettere in atto nell’ambito di ampie strategie e programmi il cui fine ulteriore è di disporre di risorse tecnologiche e strumentali efficaci per il trasferimento di conoscenze e informazioni. L’ambito occupazionale e di vita riveste molta importan- za per l’esposizione ad allergeni biologici anche per la difficoltà di limitare l’esposizio- ne agli allergeni al solo ambiente di lavoro e/o al solo ambiente di vita. È necessario promuovere adeguata informazione, formazione e comunicazione delle conoscenze utili per comprendere appieno la complessità non solo delle modalità di esposizione agli allergeni animali, ma anche della suscettibilità individuale dei lavoratori che può essere ottimizzata attraverso lo studio della risposta allergologica specifica e del pro- filo immunologico individuale.

Il d.lgs. 26/2014 e il d.lgs. 81/2008 rappresentano regolamenti normativi che non pos- sono e non devono essere scissi ai fini della tutela del benessere e della salute anima- le e umana. Affrontare la tematica della LAA in Italia attraverso lo strumento del manua- le informativo rappresenta un valido inizio per poter diffondere la conoscenza sui vari aspetti caratterizzanti la “Laboratory animal allergy”. L’approccio multidisciplinare con- diviso e scelto per la realizzazione di tale manuale ha visto la partecipazione integrata

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uno strumento efficace e di facile lettura capace di suscitare interesse e rappresenta- re il terreno di partenza per ulteriori approfondimenti. La diffusione e il riscontro da parte di coloro interessati al testo “Allergia da animali da laboratorio (LAA) - Manuale informativo” forniranno spunti critici per approfondire vari aspetti dello studio del rischio allergologico occupazionale.

Maria Concetta D’Ovidio Laboratorio rischio agenti biologici Dipartimento di medicina, epidemiologia,

igiene del lavoro e ambientale

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Introduzione 9

Allergia da animali da laboratorio (LAA) 12

Normativa per l’utilizzo del modello animale nella ricerca scientifica 21

Normativa in ambito occupazionale 24

Metodi per la valutazione della sensibilizzazione allergica 27 Metodi per la valutazione della presenza ambientale degli allergeni 31 È possibile prevedere il rischio di sensibilizzazione allergica ad 35 animali da laboratorio in alcune tipologie di soggetti a rischio?

Misure di controllo, prevenzione, protezione 39

Riferimenti normativi 46

Sitografia 47

Glossario 49

Abbreviazioni 50

Bibliografia 51

Approfondimenti

Selezione di alcuni lavori scientifici riguardanti la LAA 67 Alcune informazioni utili sulle procedure da mettere in atto 75

Procedure suggerite da documenti internazionali 78

Proposta di gestione della LAA 84

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Nell’ambito del piano triennale di attività della ricerca 2013 - 2015 dell’attuale Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail, la Linea di ricerca L04 “Studio del rischio allergologico occupazionale” inserita nel Programma P02 “Rischio da agenti biologici e allergizzanti”, si è occupata dello studio dell’esposizione dei lavoratori indoor e outdoor ad allergeni di varia natura con particola- re attenzione agli allergeni di origine biologica. A partire dall’anno 2016, con l’avvio del Piano di attività della ricerca 2016 - 2018 il Laboratorio rischio agenti biologici prosegue e approfondisce gli studi e le ricerche relativi all’esposizione ad agenti biologici che pos- sono provocare effetti avversi per l’uomo, al fine di mettere a punto e standardizzare metodologie di rilevazione, campionamento ed analisi, di individuare criteri di valutazio- ne e gestione del rischio - garantendo sistemi di diagnosi precoci - e di ottimizzare e standardizzare interventi di prevenzione collettivi e individuali e interventi di bonifica. In particolare svolge: a) valutazione della presenza di allergeni di origine biologica in ambienti indoor e outdoor attraverso metodologie di campionamento su matrici ambien- tali e di rilevazione già standardizzate e da mettere a punto; b) valutazione della suscet- tibilità individuale nei confronti di allergeni aerodiffusi - alimentari e di altra origine - sui lavoratori in ambiente indoor e outdoor. Sia in ambiente indoor che outdoor verranno rac- colti dati utili per la valutazione dei rischi in relazione alle allergie di origine biologica, al fine di evidenziare quali fattori possano contribuire all’instaurarsi di stati di sensibilizza- zione o allergia (attività lavorativa, suscettibilità individuale, ruolo del cambiamento clima- tico e dei fattori ambientali). Le ricerche sono finalizzate altresì all’individuazione di crite- ri di valutazione e gestione del rischio biologico ed allergologico per ottimizzare gli inter- venti di prevenzione collettivi e individuali da mettere in atto nei diversi settori occupazio- nali, finalizzati al controllo del rischio biologico, alla tutela della salute dei lavoratori espo- sti e alla valutazione della loro implementazione.

Sebbene il rischio allergologico non sia specificamente normato dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i. nell’ambito della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, è necessario porre particolare attenzione alla valutazione di tutti i rischi a cui i lavoratori possono esse- re esposti nel proprio ambito occupazionale, come sancito dall’articolo 17 - “Obblighi del datore di lavoro non delegabili”, comma 1, lettera a), la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28 (“Oggetto della valuta- zione dei rischi”) afferma che la valutazione deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari […]. Il rischio allergologico rappresenta un rischio particolare a cui possono essere esposti lavoratori suscettibili ad alcuni allergeni e che prestano la propria attività lavorativa sia in ambienti indoor che outdoor. Le fonti di allergeni possono infatti essere rappresentate da polvere contenente acari presente negli uffici, da specie fungine pre- senti in vari tessuti, arredi interni e vari alimenti, da derivati dermici e da altre matrici bio-

INTRODUZIONE

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logiche di diverse specie animali, da pollini che, dall’ambiente outdoor possono entrare nell’ambiente indoor, da allergeni presenti negli alimenti o derivanti da punture di insetti quali gli imenotteri. Numerose attività lavorative sia indoor che outdoor espongono quin- di i lavoratori al rischio allergologico caratterizzandosi come rischio multifattoriale, di ori- gine diversificata, con sintomatologie tra loro differenziate a livello respiratorio, oculare, cutaneo o sistemico. È importante quindi che tutti i lavoratori siano correttamente infor- mati, formati e addestrati sulla conoscenza del rischio allergologico a cui possono esse- re potenzialmente esposti con particolare attenzione rivolta ai lavoratori suscettibili a determinati allergeni.

Nell’ambito dei rischi occupazionali di natura allergica si annovera il rischio derivante dal- l’esposizione ad animali da laboratorio che può causare la cosiddetta allergia da anima- li da laboratorio (LAA - Laboratory animal allergy). Gli stabulari rappresentano ambiti occupazionali regolamentati da normative specifiche. La realizzazione e il mantenimento delle condizioni tecniche/strutturali degli stabulari, come anche la tutela del benessere animale, devono rispondere ai requisiti specifici previsti dalla normativa italiana ed euro- pea (d.lgs. 26/2014, recepimento della dir. 2010/63/EU, rac. 2007/526/CE). La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è regolamentata a livello nazionale dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i. che considera la valutazione di tutti i rischi in ambito occupazionale e quindi, seb- bene non specificamente esplicitato, anche la valutazione del rischio allergologico in generale. Gli stabulari, in particolare, rappresentano ambiti occupazionali nei quali i lavo- ratori possono essere potenzialmente esposti ad agenti di natura biologica, chimica e fisica. In tale manuale verranno considerati in particolare i rischi allergologici derivanti dall’esposizione ad allergeni di origine animale, quali quelli relativi a topi e ratti, che rap- presentano gli animali più utilizzati nella ricerca biomedica, le cui fonti di esposizione sono rappresentate principalmente da derivati dermici, urina e saliva.

Il rischio allergologico, a differenza di rischi di altra natura, presenta alcune peculiarità derivanti dalla maggiore difficoltà di identificare, valutare, quantificare e quindi prevenire l’esposizione dovuta al concorrere di molteplici fattori coinvolti nella ezio-patogenesi delle allergie in generale e della LAA in particolare. Ulteriori criticità nello studio della LAA sono rappresentate dal ridotto numero di allergeni identificati e caratterizzati delle specie animali stabulate, delle fonti degli allergeni, delle relazioni dose/risposta.

Gli animali da laboratorio, particolarmente topi e ratti, sono una importante causa di patologie allergiche occupazionali tanto che negli Stati Uniti il National institute for occu- pational safety and health ha pubblicato nel 1998 il documento “Niosh Alert: Preventing asthma in animal handlers”, mentre nel 2002 l’Health and safety executive (Hse) nel Regno Unito ha pubblicato il testo “Guidance note: Control of laboratory animal allergy”.

Si evidenzia la differente attenzione data da altri paesi alla LAA, dove da anni è oggetto di studi, ricerche, con emanazione di raccomandazioni istituzionali; in Italia tale allergo- patia da animali da laboratorio ha ricevuto poca attenzione.

Grazie a diversi studi condotti soprattutto a livello internazionale sono stati individuati alcuni aspetti fondamentali relativi alla LAA, tra i quali:

gli allergeni e le fonti derivanti dalle specie animali stabulate: le urine dei topi e dei ratti maschi sono le principali fonti di allergeni e altre fonti sono rappresentate da

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derivati dermici, peli e saliva; il liquido lacrimale dei conigli rappresenta la loro princi- pale fonte di allergeni;

le categorie di lavoratori principalmente esposti: gli addetti agli stabulari, i tecnici, i ricercatori, i veterinari che sono a diretto contatto con gli animali stabulati sono a maggior rischio di esposizione a LAA;

le strategie di gestione del rischio, ovvero la valutazione e le misure di preven- zione per la riduzione del rischio da esposizione: devono essere realizzate ade- guate condizioni di stabulazione con sistemi di contenimento che tengano conto del benessere degli animali, della operatività nella ricerca, della tutela della salute dei lavoratori;

l’anamnesi clinica-occupazionale dei lavoratori attraverso la compilazione di specifici questionari: la conoscenza delle varie sintomatologie/patologie di ciascun lavoratore, quali congiuntivite, rinite, asma, eczema, che compaiono entro i primi tre anni dall’inizio dell’attività lavorativa, della storia occupazionale pregressa e attuale, dell’informativa riguardante l’esposizione in ambienti di vita quali la presenza di ani- mali domestici, rappresenta una fonte di informazioni necessarie a contribuire alla tutela della salute dei lavoratori;

l’informazione, la formazione, l’addestramento, la comunicazione attraverso varie modalità e strumenti: la conoscenza delle varie modalità di esposizione agli allergeni, diretta e/o indiretta, nell’ambiente di lavoro e di vita, delle misure di control- lo, di prevenzione e comportamentali da mettere in atto nell’ambiente di lavoro e di vita, del proprio profilo immunologico e della reattività a specifici allergeni fornisce informazioni sulle caratteristiche essenziali per una partecipazione attiva nell’ambito della gestione del rischio allergologico.

Tale manuale informativo sull’allergia da animali da laboratorio affronta diversi aspetti riguardanti la LAA, con particolare riferimento alla stabulazione di topi e ratti: la descrizio- ne della LAA e degli allergeni ad essa associati; la normativa vigente negli stabulari; la normativa per la tutela della salute e sicurezza degli operatori che, a vario titolo, opera- no negli stabulari; le metodologie che consentono l’individuazione dei lavoratori suscet- tibili e quelle per valutare l’esposizione ambientale agli allergeni; le misure di prevenzio- ne, protezione e controllo; l’informazione, la formazione, l’addestramento e la comunica- zione da rivolgere ai lavoratori. Il manuale presenta inoltre degli approfondimenti e dei box riassuntivi nei quali vengono presentati aspetti diversi riguardanti la LAA attraverso dati ricavati dalla letteratura scientifica. Una sezione dedicata alla sitografia consente la consultazione di siti utili per approfondire la conoscenza e le informazioni.

La LAA rappresenta una condizione che necessita di ulteriori studi finalizzati alla messa in atto di misure tecniche/organizzative/procedurali per eliminare o ridurre al minimo l’e- sposizione agli allergeni di topi e ratti. È inoltre fondamentale informare/formare/adde- strare i lavoratori sulla conoscenza di tale rischio e sull’importanza di mettere in atto misure di tutela generali e particolari. Ciò aiuterebbe a ottimizzare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori potenzialmente esposti alla LAA in ambito occupazionale.

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ALLERGIA DA ANIMALI DA LABORATORIO (LAA)

CHE COS’È L’ALLERGIA

L’allergia rappresenta una reazione abnorme dell’organismo; il termine allergia è stato introdotto in medicina nel 1906 dal pediatra viennese Clemens von Pirquet per definire l’alterata reattività di tipo immunologico. Nel termine allergia sono comprese l’ipersensi- bilità nei confronti di allergeni derivati da polveri, pollini, muffe, alimenti, farmaci, animali e che possono manifestarsi con sintomatologie variabili a livello respiratorio, oculare, nasale, cutaneo di lieve o elevata gravità, che può portare anche alla morte, come nel caso dello shock anafilattico. Le manifestazioni cliniche sono conseguenza di meccani- smi che hanno inizio a partire dal primo contatto tra l’allergene e un particolare tipo di globuli bianchi - i macrofagi - che attivano altri globuli bianchi - i linfociti B - in grado di produrre anticorpi IgE specifici nei confronti dell’allergene. A seguito di un successivo contatto con l’allergene i soggetti sensibilizzati manifestano reazioni quali asma, rinite, congiuntivite, eritema ed altri sintomi; la risposta allergica rappresenta la risultante da attribuire sia all’esposizione a specifici allergeni che a una predisposizione genetica nei confronti di determinati antigeni generalmente innocui ma che assumono la funzione di allergeni agendo come fattori scatenanti l’allergia.

Più precisamente, il termine allergia deriva dal greco allos che significa diverso e ergon che significa effetto; l’allergia rappresenta quindi una reattività spontanea ed esagerata dell’organismo del soggetto allergico a particolari sostanze che risultano innocue nella gran parte della popolazione. La World allergy organization (Wao) auspica l’adozione di un sistema di nomenclatura globale per le malattie allergiche. La terminologia proposta dalla European academy of allergy and clinical immunology (“A revised nomenclature for allergy”) è stata aggiornata dalla Wao nel 2003 nel documento “A revised nomenclature for allergy for global use”. Le manifestazioni allergiche possono variare considerevol- mente sia a livello di interessamento di organi e/o apparati colpiti che di gravità della sin- tomatologia stessa. Asma, rinite congiuntivite e/o rino-congiuntive sono alcuni sintomi che possono interessare l’apparato respiratorio e l’apparato oculare; il coinvolgimento a livello cutaneo può manifestarsi con dermatite, prurito, rossore. Le reazioni più gravi sono quelle sistemiche che determinano crisi cardio-circolatorie, perdita di coscienza e collas- so con possibilità di shock anafilattico con esito anche fatale.

Gli allergeni

La maggior parte degli allergeni è rappresentata da proteine anche se, in alcuni casi, i carboidrati possono assumere il ruolo di allergeni; in ambito occupazionale includono (glico)proteine ad alto peso molecolare di origine vegetale e animale (derivate da cerea- li, lattice, topi, ratti, cani, enzimi, ecc.), così come sostanze chimiche a basso peso mole- colare (isocianati, metalli, biocidi, ecc.). L’esposizione può avvenire fondamentale attra-

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verso quattro modalità: inalazione (pollini, derivati di origine animale, ecc.), ingestione (alimenti, farmaci, ecc.), inoculazione o puntura (veleni di insetti, morsi di animali, far- maci, ecc.), contatto (sostanze a uso topico, cosmetici, farmaci, ecc.).

Ratti e topi sono gli animali più comunemente utilizzati negli studi sperimentali scienti- fici e l’esposizione occupazionale spesso si verifica lavorando con gli animali da labo- ratorio. Il più importante allergene del ratto è Rat n 1 e quello del topo è Mus m 1;

entrambi gli allergeni appartengono alla superfamiglia di proteine chiamate lipocaline, proteine extracellulari che hanno anche la funzione di legare o trasportare piccole molecole idrofobiche. Molte di queste proteine presenti negli animali funzionano come feromoni o feromoni leganti proteine. La principale fonte di esposizione agli allerge- ni derivati dai topi e dai ratti è rappresentata dalle urine ed è dipendente da due prin- cipali fattori quali età e sesso degli animali. Nei maschi adulti di topi e ratti le urine rappresentano la fonte principale di allergeni. I ratti si caratterizzano per una proteinu- ria più marcata. Altre fonti di allergeni nei topi e nei ratti sono rappresentate da peli, derivati dermici e saliva.

Molta importanza nell’esposizione ad allergeni è rappresentata dal bioaerosol, polvere organica di origine biologica che generalmente ha una composizione eterogenea conte- nente molte particelle tossiche e immunogene, per esempio microrganismi patogeni e/o non patogeni (batteri, virus, funghi) e le loro componenti biologicamente attive quali (endo)tossine, (mico)tossine, frammenti di piante (pollini) e materiali derivati dagli anima- li (peli, derivati dermici, allergeni). Va sottolineato che un allergene è una molecola etero- loga, innocua per i soggetti normali, che determina nei soggetti sensibili reazioni immu- nitarie responsabili delle manifestazioni allergiche. Più propriamente è un antigene che evoca una reazione di ipersensibilità immediata (allergica).

La nomenclatura degli allergeni

L’Organizzazione mondiale della sanità (World health organization - Who) ha messo a punto un documento nel 2005 in cui viene indicata la nomenclatura degli allergeni. In particolare, essi sono denominati secondo il nome tassonomico dell’organismo da cui derivano e riportano in sequenza la porzione iniziale, di tre lettere, del termine indicante il genere, una lettera minuscola che definisce la specie e un numero che definisce la cro- nologia della purificazione dell’allergene; ad esempio, nel caso degli allergeni dell’arachi- de (Ara h 1) Ara indica il genere, h la specie, 1 il numero progressivo di isolamento, così come per Fel d 1 per l’allergene del gatto o Der p 1 per quello del Dermatophagoides pte- ronyssinus. La lista delle molecole allergeniche è costantemente aggiornata nella “Official list of allergens” dell’International union of immunology societies allergen nomenclature sub-committee del Who (Who/Iuis) (URL: http://www.allergen.org [consultato settembre 2016]). Sono inoltre disponibili altri data base quali Allergome (URL: http://www.allergo- me.org [consultato settembre 2016]), Food allergy research and resource program (FARRP) (URL: http://www.allergenonline.org [consultato settembre 2016]), InFormAll (http://farrp.unl.edu/resources/gi-fas/informall [consultato settembre 2016]), Food allergy information (http://www.foodallergy.org [consultato settembre 2016]).

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L’ALLERGIA DA ANIMALI DA LABORATORIO

L’allergia da animali da laboratorio rappresenta una condizione particolare, riconosciuta rischio occupazionale in alcuni paesi tra i quali gli Stati Uniti e il Regno Unito. I primi casi riportati di sintomi allergici dovuti agli animali da laboratorio risalgono agli anni ’50; l’alta prevalenza di questa condizione non è stata evidente fino a quando non sono stati con- dotti studi epidemiologici negli anni ’70 e ’80. Il numero di individui esposti agli animali da laboratorio nella loro occupazione varia considerevolmente. Negli Stati Uniti nell’anno 1987 sono stati stimati circa 90.000 individui esposti ad animali di laboratorio e nel 1999 un numero variabile tra 40.000 e 125.000 individui. Coloro che lavorano con gli animali da laboratorio (LAWs - Laboratory animal workers) possono manifestare sintomi allergici entro i primi tre anni lavorativi con sviluppo di asma e rinite occupazionale. Alcuni studi, tra cui quelli americani, stimano una percentuale di suscettibilità tra i lavoratori di circa il 21%; dati derivanti da ulteriori studi indicano che dal 10 al 46% dei lavoratori esposti svi- luppa allergia da animali da laboratorio, con sintomi che possono essere rappresentati da leggera rinite fino ad asma severa. È stato anche riportato che la prevalenza di aller- gia tra gli addetti agli stabulari varia tra il 12 e il 31% nei confronti dei ratti e tra il 10 e il 32% per i topi; studi epidemiologici hanno dimostrato una forte associazione tra aumen- to dell’intensità di esposizione agli allergeni degli animali da laboratorio e aumentata pre- valenza della LAA. Si evidenzia una notevole variabilità di percentuali di suscettibilità/pre- valenza. È comunemente accettato che tale discrepanza sia da attribuire alle diverse metodologie di laboratorio utilizzate per valutare la positività agli allergeni. Concordanza, invece, sembra esserci sul lasso di tempo in cui si manifesta la sintomatologia; in parti- colare dall’inizio dell’esposizione lavorativa fino alla comparsa della sintomatologia a carico dell’apparato respiratorio, nasale oculare e cutaneo, sembra che in circa un terzo degli addetti agli stabulari si manifesti entro il primo anno e comunque in circa il 70% dei lavoratori suscettibili la sintomatologia compaia entro i primi tre anni di esposizione. Va inoltre ribadito che il maggior numero di casi di LAA si presenta nei lavoratori che sono esposti a topi e ratti, non perché tali animali siano più allergenici di altri, ma perché rap- presentano le specie maggiormente utilizzate nella ricerca. Uno studio epidemiologico condotto in Giappone su lavoratori esposti a diversi animali ha riportato la comparsa di sintomatologia in relazione a diversi animali nelle seguenti percentuali: 31% a porcellini d’India, 30% a conigli, 30% a gatti, 26% a criceti, 26% a topi, 25% a cani, 25% a ratti, 24%

a scimmie.

Principali fonti di esposizione

Sebbene non siano stati ancora definiti i livelli specifici di allergeni in grado di indurre sen- sibilizzazione o sintomatologia, i lavoratori regolarmente a contatto con animali con pelo possono sviluppare LAA con una prevalenza di circa il 21%. Le esposizioni maggiori si verificano tra coloro che si prendono cura degli animali e che sono responsabili della pulizia delle gabbie e/o dell’alimentazione degli animali. Altri lavoratori sono rappresen- tati da tecnici, studenti, ricercatori quotidianamente coinvolti soprattutto nelle pratiche

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sperimentali; tali lavoratori possono avere contatti non continuativi e quindi essere espo- sti a bassi livelli di allergeni. La pulizia delle gabbie o la manipolazione degli animali sono associati con più elevati livelli di aeroallergeni di ratti o topi. Le risposte infiamma- torie sintomatiche nei lavoratori sensibilizzati si correlano con le concentrazioni di aller- geni aerodispersi e i sintomi maggiori si verificano quando si effettua la pulizia delle gab- bie rispetto ad altre attività, come ad esempio il trattamento delle gabbie pulite. In ogni caso, anche i lavoratori che non hanno contatti diretti con gli animali possono manifesta- re sintomi correlati alla LAA verosimilmente attribuibili al trasporto passivo degli allergeni attraverso il vestiario, le calzature, i capelli dei soggetti tra le varie aree dello stabulario e tra lo stabulario e l’ambiente ad esso circostante.

Alcune delle attività (citate in ordine alfabetico) a maggior rischio di esposizione sono:

alimentazione degli animali;

cambio filtri della ventilazione locale o della ventilazione della stanza;

cambio gabbia;

iniezioni e altre procedure invasive;

lavaggio delle gabbie;

manipolazione degli animali;

pulizia all’interno delle unità degli animali;

pulizia automatica delle gabbie;

procedure con animali coscienti non coscienti;

procedure post-mortem o con tessuti;

rasatura del pelo;

smaltimento di filtri sporchi.

Gli allergeni responsabili della LAA

Gli allergeni principalmente responsabili della LAA sono delle proteine chiamate lipo- caline. Tali proteine sono state prima classificate come proteine di trasporto, ma suc- cessivamente è risultato evidente che posseggono una grande varietà di funzioni, tra cui olfattiva e di trasporto di feromoni e retinolo, colorazione criptica degli invertebrati, sintesi delle prostaglandine, coinvolgimento nella regolazione dell’omeostasi cellulare e nella modulazione della risposta immunitaria. Come proteine di trasporto possono anche agire nella clearance generale dei composti endogeni ed esogeni. Gli allergeni dei roditori trasportati dall’aria sono compresi in un ampio range di dimensioni particel- lari ed è stato mostrato che sia particelle piccole che grandi possono migrare dallo sta- bulario a locali adiacenti. Questo spiega come anche i lavoratori che non hanno con- tatti diretti con gli animali possano sviluppare problematiche riconducibili alla LAA. Gli allergeni del ratto sono trasportati nell’aria su particelle con un range di diametro aero- dinamico da 1 a 20 μm, maggiormente su particelle di diametro minore di 7 μm e pos- sono rimanere nell’aria per un tempo anche superiore a 60 minuti dopo la loro iniziale dispersione. I livelli di allergeni sono stati studiati in differenti ambienti all’interno degli stabulari ed è stato dimostrato che il livello di esposizione dipende principalmente

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dall’attività lavorativa: livelli maggiori di esposizione si registrano nei luoghi in cui avvie- ne il cambio delle gabbie, nella zona di lavaggio e dove avviene la distribuzione del cibo agli animali. I livelli di esposizione sembrano aumentare con l’aumentare del numero degli animali e con il diminuire dell’umidità relativa. La capacità degli allergeni di essere aerotrasportati rende possibile la loro presenza anche in ambienti extralavo- rativi, potendo, infatti depositarsi sui capelli, sugli indumenti, sulle calzature e su altri supporti ed essere diffusi dai lavoratori al di fuori degli stabulari e - viceversa - gli aller- geni provenienti da ambienti esterni ed estranei agli ambienti dello stabulario possono essere introdotti al suo interno.

Sono stati caratterizzati alcuni dei principali allergeni di topo, ratto, coniglio, cavallo, cane, mucca, appartenenti al gruppo delle lipocaline. I principali aeroallergeni del topo e del ratto sono rispettivamente Mus m 1 e Rat n 1.

Mus m 1

Il principale allergene del topo si trova nelle urine ma è anche presente in estratti di pelle, nel siero, nei follicoli dei peli; è una prealbumina, precedentemente indicata come MA1 (mouse allergen) e come MUP (major urinary protein) originariamente descritto nel 1960 come un complesso di proteine urinarie sintetizzate nel fegato sotto controllo ormonale. In particolare l’espressione di MUP è stimolata da androgeni, prin- cipalmente testosterone, ed è modulata da tiroxina e ormoni peptidici della crescita. La costitutiva espressione di MUP è stata dimostrata nelle ghiandole salivari e lacrimali.

L’espressione di MUP è quindi dipendente dal sesso con una secrezione nei maschi maggiore di circa quattro volte rispetto alle femmine, suggerendo che possa agire come un trasportatore di feromone. Attualmente, sono state caratterizzate sette protei- ne con sequenze di aminoacidi estremamente simili; la sequenza riconosciuta come MUP-6 è stata identificata come Mus m 1, le altre dovrebbero rappresentare isoaller- geni o varianti di Mus m 1. Un secondo allergene Mus m 2 è una glicoproteina trovata nei peli, nei derivati dermici ma non nelle urine del topo. Un ulteriore allergene di topo è l’albumina presente nel siero che può raggiungere gli epiteli, le urine e la muscolatu- ra e - anche se non comunemente - essere alla base di reazioni allergiche “crociate”

ovvero respiratorie/alimentari.

Rat n 1

Il principale allergene del ratto è una proteina urinaria altamente omologa a MUP.

Originariamente, furono identificati due allergeni: una prealbumina e una α2u-globulina nell’urina del ratto. Nel 1986 la International union of immunological societies’ subcom- mittee (www.allergen.org) per la nomenclatura degli allergeni ha assegnato il codice Rat n I per la prealbumina e Rat n II per l’α2u-globulina. Più recentemente, il comitato ha deci- so che le sequenze degli aminoacidi dovrebbero essere la base per la nomenclatura e conseguentemente i nomi più corretti sono Rat n 1.01 per la prealbumina e Rat n 1.02 per l’α2u-globulina. Studi più recenti hanno dato una ulteriore denominazione in Rat n 1A e Rat n 1B, considerandoli varianti di α2u-globulina e identificati nelle urine, saliva, peli.

Rat n 1 è prodotto nel fegato dove è androgeno dipendente, così come nelle ghiandole

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salivari, mammarie e altre ghiandole esocrine dove la sua produzione non è androgeno dipendente. Come nel topo, anche nel ratto l’albumina sierica possiede attività allergiz- zante.

Ory c 1 e Ory c 2

Sono due allergeni identificati nel coniglio. Ory c 1 è stato trovato nella saliva, nei peli e nei derivati dermici. Ory c 2 è stato trovato nei peli, nei derivati dermici e nelle urine.

Recentemente è stato isolato un nuovo allergene del coniglio, appartenente alla famiglia delle secretoglobuline, molto simile all’allergene del gatto. È stato anche suggerito il pos- sibile ruolo del nuovo allergene nella real life.

Cav p 1 e Cav p 2

Rappresentano due frammenti antigenici identificati nel porcellino d’India. Entrambi gli allergeni sono stati trovati nelle urine, nei peli e nei derivati dermici.

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Alcune informazioni utili da ricordare

L’allergia ai topi nei lavoratori è stata descritta nel 1957 e nel 1961 sono stati riportati casi di soggetti con allergia nei confronti di porcellini d’India, ratti, conigli.

La LAA è riconosciuta rischio occupazionale dal National institute for occupational safety and health (Niosh) negli Stati Uniti e dall’Health and safety executive (Hse) nel Regno Unito.

Circa un terzo degli addetti agli stabulari che lavorano con gli animali da laboratorio può manifestare sintomi allergici entro il primo anno dall’inizio dell’attività lavorativa e in tota- le circa il 70% dei lavoratori suscettibili entro i primi tre anni dall’esposizione. La sintoma- tologia può variare dalla rinite lieve all’asma severa con interessamento anche a livello oculare e cutaneo.

I topi e i ratti sono le specie maggiormente responsabili della LAA, non perché siano più allergenici di altri, ma perché sono gli animali più utilizzati nella ricerca scientifica.

La prevalenza di LAA tra gli addetti agli stabulari varia nei confronti dei ratti tra 12 e 31%

e nei confronti dei topi tra 10 e 32%. È riportata un’ampia variabilità con percentuali di LAA tra 4 e 44% anche dovuta alle diverse metodologie di valutazione utilizzate.

I maggiori allergeni dal topo e dal ratto sono proteine lipocaline prodotte dal fegato ed escrete nelle urine. Altre fonti di esposizione sono i peli, i derivati dermici, la saliva e il siero.

I più importanti allergeni di ratto e di topo sono rispettivamente Rat n 1 e Mus m 1.

L’escrezione è sotto il controllo ormonale e il livello del complesso delle proteine Mus m 1 è circa quattro volte maggiore nelle urine dei maschi adulti che delle femmine del topo.

Gli allergeni si riscontrano su particelle con un considerevole range nella dimensione, includendo quelle il cui diametro aerodinamico è > 10 μm.

La maggiore fonte di esposizione ad allergeni sembra essere la lettiera contaminata.

L’esposizione personale ad allergeni di ratto e di topo differisce tra le mansioni lavorati- ve degli addetti agli stabulari; il cambio gabbia e la manipolazione degli animali sembre- rebbero quelli a maggior rischio di esposizione.

La riduzione dell’esposizione ad allergeni può essere pianificata sia a livello strutturale attraverso la pianta strutturale dell’edificio che attraverso procedure inerenti alla stabula- zione.

Il rischio di sensibilizzazione agli allergeni urinari del ratto aumenta con l’aumentare del- l’intensità dell’esposizione. Lavoratori con pregressa atopia hanno un elevato rischio di sensibilizzazione anche a bassi livelli di esposizione ad allergeni; soggetti atopici con sensibilizzazione già in atto nei confronti dei comuni animali domestici (cane, gatto, ecc.) hanno un rischio maggiore di sviluppare LAA rispetto agli atopici, ma non allergici ai comuni animali domestici.

La riduzione dell’esposizione ad allergeni può essere raggiunta attraverso misure di con- trollo, quali l’utilizzo di sistemi di ventilazione, sia per l’alloggiamento che per la manipo- lazione degli animali, e attraverso idonee misure di prevenzione e di protezione dei lavo- ratori.

L’informazione, la formazione, l’addestramento, la comunicazione devono essere messi in atto in maniera tale da rendere i lavoratori consapevoli circa i vari aspetti della LAA e l’efficacia delle misure strutturali e comportamentali, sia in ambiente di lavoro che di vita.

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Topo (Mus musculus)

Ratto

(Rattus norvegicus)

Porcellino d’India (Cavia porcellus)

Coniglio (Oryctolagus cuniculus)

Gatto (Felis domesticus)

Cane (Canis familiaris)

Lipocalina legante proteine

feromoni Non nota

Proteina sierica

Lipocalina legante proteine

feromoni Proteina sierica Non nota

Non nota

Non nota

Proteina sierica Lipocalina inibitore cisteina proteasi Lipocalina

Proteina sierica Peli, derivati

dermici, urine

Peli, derivati dermici Siero

Peli, derivati dermici, urine saliva Siero

Peli, derivati dermici, urine Peli, derivati dermici, urine Peli, derivati dermici, saliva Peli, derivati dermici, urine, saliva Peli, derivati dermici, saliva Siero

Peli, derivati dermici, saliva

Peli, derivati dermici, saliva Siero

17 - 19

16

16 - 21

20

17

17 - 18

19 - 21

18

22 - 25

19

Peso Molecolare

Funzione biologica3 Animale Allergene

(kD) Fonte

Tabella 1 Breve descrizione di caratteristiche di allergeni

di origine animale2

Mus m 1 (prealbumina)

Mus m 2

Albumina

Rat n 1 A Rat n 1 B (α2u-globulin) Albumina

Cav p 1

Cav p 2

Ory c 1

Ory c 3

Fel d 1

Albumina

Can f 1

Can f 2

Albumina

2 Wood RA. Laboratory animal allergens. ILAR J. 2001;42(1):12-16.

3 Raulf M, Bergmann KC, Kull S, et al. Mites and other indoor allergens - from exposure to sensitization and treatment. Allergo J Int. 2015;24(3):68-80.

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Mucca Cane

Porcellino d’India

Cavallo

Gatto

Topo

Coniglio

Ratto

Mäntyjärvi et al. 1996 Konieczny et al. 1997 Mattsson et al. 2010

Fahlbusch et al. 2002 Hilger et al. 2011

Gregoire et al. 1996 Bulone et al. 1998

Smith et al. 2004 Smith et al. 2011

Cavaggioni et al. 2000

Baker et al. 2001

Cavaggioni et al. 2000 20

22 - 25

22 - 27

18

20

17 - 19

18 - 19 22

16

20 18 18 - 21

17 - 18

21

17 - 21 80 - 90

50 - 75

25 - 40

35 - 60

70 - 87

55 - 65

54 76

50 60 - 100 63 38 66

77

66 Derivati dermici Saliva, derivati dermici Saliva, derivati dermici Saliva, derivati dermici Derivati dermici, urine

Derivati dermici, lacrime Saliva

Derivati dermici, saliva, urine Derivati dermici

Saliva Saliva Urine, derivati dermici Saliva, derivati dermici Saliva, derivati dermici Urine

Principale Sensibilizzazione Peso

Riferimento chiave

Animale Allergene fonte (%)* molecolare

Tabella 2 Percentuali di sensibilizzazione determinate da alcuni

allergeni di origine animale4,5

Bos d 2 Can f 1

Can f 2

Can f 4

Cav p 1

Cav p 2

Cav p 3 Equ c 1

Equ c 2 Fel d 1 Fel d 4 Fel d 7 Mus m 1

Ory c 1

Ory c 3

Rat n 1

4 Virtanen T, Kinnunen T, Rytkönen-Nissinen M. Mammalian lipocalin allergens - insights into their enigmatic allergenicity. Clin Exp Allergy. 2012; 42 (4): 494-504.

5 Raulf M, Bergmann KC, Kull S, et al. Mites and other indoor allergens - from exposure to sensitization and treatment. Allergo J Int. 2015;24(3):68-80.

* Percentuali calcolate sulle risposte individuali con metodi differenti e quindi non comparabili.

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NORMATIVA PER L’UTILIZZO DEL MODELLO ANIMALE NELLA RICERCA SCIENTIFICA

NORMATIVA VIGENTE

In Italia, il punto di riferimento legislativo per chiunque intenda effettuare attività di ricer- ca con l’utilizzo di animali da laboratorio è rappresentato dal d.lgs. 26/2014, entrato in vigore il 4 marzo 2014, recependo così la dir. 2010/63/UE. Il d.lgs. 26/2014 ha sostituito il d.l. 116/1992.

Per quanto riguarda la sistemazione e la tutela degli animali impiegati nella sperimenta- zione scientifica, tutti i paesi europei, compresa l’Italia, fanno riferimento alla raccoman- dazione europea 2007/526/CE. Gli stessi requisiti, infatti, si ritrovano anche nell’Allegato III della direttiva europea e della normativa italiana.

Il d.lgs. 26/2014 ha introdotto concetti importanti come il benessere animale e l’adeguata formazione di tutte le figure professionali che, a vario titolo, lavorano con il modello anima- le. Questo decreto si applica a tutte le specie di animali vertebrati e, per la prima volta, anche a una classe di invertebrati, quella dei cefalopodi. Lo scopo principale del d.lgs.

26/2014 è quello di proteggere gli animali usati nelle procedure sperimentali e garantire loro il massimo benessere, limitando il più possibile il dolore, la sofferenza, l’angoscia, i danni temporanei e durevoli che possono prodursi sugli animali nel corso di alcune sperimenta- zioni. Inoltre, si propone anche di ridurre quanto più possibile il numero degli esperimenti e il numero degli animali utilizzati. A tal fine, il decreto prevede anche l’istituzione, in ogni struttura di ricerca, dell’Organismo preposto al benessere degli animali (Opba) che, tra i vari compiti, ha anche quello di esprimere un parere sui progetti di ricerca che si intendo- no svolgere e che devono essere autorizzati dal Ministero della salute.

STABULARI

Gli animali da laboratorio utilizzati nella ricerca scientifica devono essere ospitati in strut- ture apposite, comunemente chiamate stabulari. Esistono tre tipologie di stabulario: uti- lizzatore, di allevamento e fornitore. A seconda della tipologia della struttura, c’è un diver- so regime autorizzativo (Ministero della salute o Comune) e di controllo istituzionale (Ministero della salute o Asl territoriale).

Gli stabulari, in base alla presenza o meno di determinati microrganismi nelle popolazio- ni animali presenti, vengono anche comunemente distinti in stabulario convenzionale e stabulario barrierato.

Stabulario convenzionale

In questo tipo di struttura, sicuramente la più diffusa, sono stabulati animali convenzio-

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nali, cioè quelli in cui possiamo trovare l’intero range di microrganismi infettivi. Non sono previste procedure di accesso e di lavoro estremamente rigorose, ma chi vi accede deve indossare gli appositi dispositivi di protezione individuale (DPI) al fine di garantire un buon livello sanitario, nella salvaguardia del benessere animale.

Gli utilizzatori dello stabulario convenzionale possono entrare a diretto contatto con gli animali e la maggior parte dei materiali, inclusi cibo e acqua, non deve subire processi di sterilizzazione, ma solo adeguati processi di sanitizzazione. È necessario, comunque, prevedere una buona pulizia delle attrezzature e dei locali e corrette procedure di lavoro.

Stabulario barrierato

In questa tipologia di stabulario si ospitano animali appartenenti alle categorie germ-free e specific-pathogen-free (SPF). Gli animali germ-free, ottenuti mediante riderivazione, sono privi di ogni microrganismo individuabile conosciuto.

Gli animali SPF sono quelli sicuramente privi di uno o più microrganismi, stabiliti dalla comunità scientifica ed elencati in apposite liste.

Lo stabulario barrierato prevede regole di accesso e di utilizzo più severe rispetto al con- venzionale, in quanto si deve contenere al minimo il rischio di eventuali contaminazioni da microrganismi patogeni. Pertanto, il contatto diretto con gli animali è riservato al solo personale addetto alla cura e alla pulizia delle colonie. Inoltre, tutti i materiali, inclusi cibo e acqua, devono subire processi di sterilizzazione prima di essere introdotti nello stabu- lario. Questa condizione richiede personale particolarmente esperto e procedure di lavo- ro estremamente rigorose.

Struttura dello stabulario

Uno stabulario, generalmente, dovrebbe essere così suddiviso:

stanze di stabulazione degli animali, compresa la quarantena;

corridoi, prestanze, interblocchi;

stanze di lavaggio, di sanitizzazione ed eventualmente di sterilizzazione delle attrez- zature;

aree di ricevimento e stoccaggio materiali (mangime, segatura, attrezzature, prodotti per le pulizie, ecc.);

aree attrezzate per il contenimento dei rifiuti speciali prima dello smaltimento;

laboratori specializzati (per esempio di diagnostica, di chirurgia, di necroscopia, per radiografie, per attività sperimentali, ecc.);

spogliatoi, bagni e docce per il personale tecnico;

uffici per il personale tecnico;

doppia porta di accesso allo stabulario ed impianto per il controllo degli accessi alla struttura.

In uno stabulario, per garantire sia una corretta movimentazione degli animali e delle attrezzature sia la sicurezza sul lavoro degli operatori, si deve porre particolare attenzio-

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ne nella progettazione e nell’organizzazione delle stanze di stabulazione degli animali e della zona di lavaggio delle attrezzature, in quanto punti critici di tutta la struttura.

Nello stabilire le dimensioni delle stanze di stabulazione occorre tenere presente le spe- cie da ospitare, la tipologia e l’entità delle attrezzature da impiegare e la frequenza dei flussi (movimentazione di materiale, personale e attrezzature). Ciò per permettere un uti- lizzo adeguato degli spazi e un’agevole libertà di movimento ai ricercatori e ai tecnici che utilizzano la struttura. È necessario tenere in considerazione che, per motivi sanitari, i flussi di lavoro ed i percorsi dei materiali e delle attrezzature devono sempre essere diret- ti dal “pulito” verso lo “sporco” e non viceversa.

L’area lavaggio deve essere sufficientemente grande da garantire la netta separazione tra le “attività pulite” e le “attività sporche”, al fine di evitare la possibile trasmissione di patogeni agli animali e un affollamento di personale durante le attività di lavoro.

Inoltre, per la salvaguardia della salute degli operatori e per una buona gestione delle colonie animali, è importante che le aree destinate al personale, quali uffici, coffee-room, spogliatoi, ecc., siano ben separate da quelle per gli animali.

Figure professionali

Negli stabulari operano le seguenti figure professionali: il responsabile del benessere degli animali (denominato, nella vecchia normativa d.l. 116/1992, responsabile dello sta- bulario), il veterinario designato, il ricercatore e il tecnico di stabulario.

In tutti gli stabulari deve essere individuato un responsabile del benessere degli animali, che deve avere un’adeguata e comprovata competenza tecnico-scientifica. Al responsa- bile competono tutti gli aspetti inerenti alla gestione e all’organizzazione, sia delle colo- nie animali sia del personale che opera nello stabulario. Al veterinario designato compe- tono il controllo delle condizioni di salute e del benessere degli animali, oltre all’assisten- za sanitaria nelle diverse fasi pre- e post-sperimentali. Il veterinario può essere un dipen- dente della struttura oppure un libero professionista.

Il ricercatore che utilizza l’animale da laboratorio per la sua attività scientifica deve esse- re persona qualificata e adeguatamente formata. Deve lavorare in stretto coordinamen- to con il responsabile del benessere degli animali e con il veterinario e attenersi alle rego- le di utilizzo della struttura.

Anche il tecnico di stabulario deve avere una formazione adeguata al fine di una corret- ta manipolazione dell’animale da laboratorio e deve lavorare seguendo le indicazioni for- nite dal responsabile. Al tecnico di stabulario competono compiti di pulizia e di gestione delle colonie quali accoppiamenti, svezzamenti, marcature, ecc. oltre alla pulizia dei locali e delle attrezzature dello stabulario. Se adeguatamente formato, il tecnico può svol- gere procedure più specifiche, quali ad esempio somministrazione di sostanze, prelievi di campioni biologici, genotipizzazioni, ecc.

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NORMATIVA IN AMBITO OCCUPAZIONALE

La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori in ambito occupazionale è normata dal d.lgs. 81/2008, modificato e integrato dal successivo d.lgs. 106/2009. Il rischio allergolo- gico rappresenta un rischio occupazionale e come tale è oggetto di valutazione nel d.lgs.

81/2008 e s.m.i. quale obbligo del datore di lavoro (art. 17 “Obblighi del datore di lavoro non delegabili”), comma 1 lettera a) che deve considerare la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28. In particolare la Sezione II - “Valutazione dei rischi”, art. 28 - “Oggetto della valutazione dei rischi”, punto 1 afferma che la valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari […]. Inoltre, nell’ambito delle “Misure generali di tutela” definite dall’art. 15, punto 1, le Misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza […].

Il Titolo X - “Esposizione ad agenti biologici” del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. - Capo I (art. 267 - “Definizioni”) al comma 1 afferma che ai sensi del presente Titolo s’intende per: a) agen- te biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellu- lare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni […]. La “Valutazione del rischio” (art. 271 - Capo II - “Obblighi del datore di lavoro”) affer- ma che il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare […] dei potenziali effetti allergici e tossici. Inoltre l’Allegato XLVI - “Elenco degli agenti biologici classificati” contiene indicazioni che indivi- duano gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o tossiche […].

Nell’ambito della valutazione del rischio il datore di lavoro tiene conto (art. 271, comma 1) […] b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte […]; d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in corre- lazione diretta all’attività lavorativa svolta; e) delle eventuali situazioni rese note dall’autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati. Inoltre, il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata (comma 3).

Molta importanza deve essere data all’informazione e alla formazione; nel d.lgs. 81/2008 e s.m.i. vengono spesso ritrovate nell’ambito della tutela della salute e sicurezza genera- le e specifica per i singoli rischi. La Sezione IV del Titolo I, Capo III del medesimo decre- to - “Formazione, informazione e addestramento” comprende l’art. 36 - “Informazione ai lavoratori” e l’art. 37 - “Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti”. Il datore di

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lavoro (art. 36, comma 2) provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adegua- ta informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le norma- tive di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia […]; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate. Al comma 4 si riporta: Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene pre- via verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.

Il datore di lavoro (art. 37, comma 1) assicura che ciascun lavoratore riceva una formazio- ne sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscen- ze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai pos- sibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteri- stici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda. La formazione (comma 4) e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione di: a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

L’addestramento (comma 5) viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro. La formazione (comma 6) dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamen- te ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

Riguardo l’uso delle attrezzature di lavoro (Titolo III - “Uso delle attrezzature di lavoro”, Capo I), l’art. 73 - “Informazione, formazione e addestramento” prevede che (comma 1) nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione i lavoratori incaricati dell’uso dispon- gano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un adde- stramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente a) alle condizioni di impiego delle attrezzature; b) alle situazioni anormali prevedibili. Al comma 2: Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrez- zature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente immediatamente circo- stante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezza- ture. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori inte- ressati (comma 3). Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7, ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possono essere causati ad altre persone (comma 4). Anche nell’ambito della

“Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro” (Titolo V), le “Disposizioni generali” (Capo I) riportano, all’art. 164 - “Informazione e formazione” (comma 1): Il datore di lavoro prov- vede affinché: a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori siano infor- mati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza impiegata all’in- terno dell’impresa ovvero dell’unità produttiva; b) i lavoratori ricevono una formazione ade- guata, in particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto special-

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mente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa implica l’uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti generali e specifici da seguire.

L’art. 278 - “Informazioni e formazione” (Titolo X - “Esposizione ad agenti biologici”) sta- bilisce che (comma 1) nelle attività per le quali la valutazione dei rischi di cui all’articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati; b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego; e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4); f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al mini- mo le conseguenze. Inoltre (comma 2), Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una forma- zione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle atti- vità in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qual- volta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi (comma 3). Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.

È necessario ricordare che la LAA è riconosciuta come una patologia occupazionale in diversi Paesi, alcuni dei quali hanno pubblicato raccomandazioni formali di salute e sicu- rezza per questo specifico rischio allergologico. In Italia, l’elenco delle Nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura, riporta l’asma bronchiale da esposi- zione a derivati animali: dermici (forfora, peli, piume), liquidi biologici (sangue e urine), escrementi e considera che tali esposizioni possono avvenire in lavorazioni quali alleva- mento, addestramento, accudienza e custodia di animali; attività veterinaria; attività di laboratorio che espongono a derivati animali.

Il National institute for occupational safety and health ha pubblicato nel 1998 il documen- to “Niosh Alert: Preventing asthma in animal handlers”, mentre nel 2002 l’Health and safety executive (Hse) nel Regno Unito ha pubblicato il testo “Guidance note: Control of laboratory animal allergy”. I principali elementi di un programma di salute e sicurezza rac- comandati dal Niosh sono: procedure amministrative, facilità nelle operazioni, metodi per il controllo dell’esposizione, informazione e formazione, servizi di salute occupazionale, valutazione della prestazione delle apparecchiature, reti di gestione delle informazioni, procedure di emergenza, programma di valutazione e di audit. Quelli raccomandati dall’Hse sono: implementazione del sistema di gestione di salute e sicurezza, stima del rischio, prevenzione e controllo dell’esposizione (ventilazione, sistemi di lavoro, misure di prevenzione personali, strutture assistenziali-benessere), mantenimento, esami e test di controllo (ventilazione, misure di protezione respiratorie, sorveglianza sanitaria, informa- zione, insegnamento e formazione).

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METODI PER LA VALUTAZIONE

DELLA SENSIBILIZZAZIONE ALLERGICA

L’approccio migliore per una corretta diagnosi di allergia è basato sulle informazioni otte- nute da una dettagliata storia clinica-anamnestica e da un esame fisico. Una volta che ci sono sufficienti motivi clinici a supporto della diagnosi di allergia, sono suggeriti i test in vivo e in vitro da effettuare per la conferma della diagnosi.

TEST IN VIVO

I test cutanei sono la pietra miliare per l’identificazione degli allergeni causali e per la selezione della terapia, includendo il controllo ambientale e l’immunoterapia. I test cuta- nei sono tra i più accurati strumenti diagnostici per dimostrare che uno specifico allerge- ne induce una risposta immunitaria di tipo IgE e sono storicamente considerati il gold standard per la rivelazione degli anticorpi IgE.

Skin prick test - SPT

L’indagine cutanea per puntura consiste nel porre sulla superficie cutanea una goccia dell’estratto di allergene introducendolo nell’epidermide attraverso puntura avendo cura di distanziare gli estratti di allergene sulla cute; la reazione è di tipo immediato IgE media- ta e il risultato viene letto dopo circa 15 - 20 minuti. Il test è molto variabile in quanto dipende dalla risposta dell’individuo, dalla capacità di esecuzione del test, dalla concen- trazione di allergeni e da altri fattori di esecuzione e valutazione.

Nel 2013 è stato pubblicato un position paper dall’Eaaci (European academy of allergy and clinical immunology) per le allergie occupazionali nell’ambito del quale, pur conside- rando tale test molto efficace per la valutazione delle IgE positive e uno step importante (in associazione con la storia clinica) nella diagnosi delle allergie occupazionali IgE- mediate, emerge che debbano essere considerate alcune criticità, tra le quali: alta varia- bilità nelle proteine e spesso più alta variabilità nel contenuto di antigeni nelle soluzioni utilizzate per i test; necessità di praticare in duplicato ogni test; conferma del risultato attraverso l’esecuzione di test sierologici; standardizzazione del prick test per gli allerge- ni occupazionali. A conferma di questo, è stato evidenziato che tra i kit disponibili esiste una grande variabilità di soluzioni per il prick test per gli allergeni occupazionali e la sen- sibilità di diverse soluzioni è bassa, confermando la necessità di standardizzare le solu- zioni utilizzate per la valutazione degli allergeni in ambito occupazionale.

Patch test

Tale metodica si esegue applicando a livello cutaneo dei cerotti contenenti gli allergeni

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