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Il Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport. Il punto di vista del processualista - Judicium

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Francesco P. Luiso

Il Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport Il punto di vista del processualista (*)

SOMMARIO: 1. Il TNAS nell’ottica dell’ordinamento statale; 2. La “irrilevanza” dell’ordinamento sportivo; 3. Il riparto di giurisdizione; 4. L’ACGS ed il TNAS; 5. L’imparzialità del TNAS; 6. I lodi del TNAS e la giurisdizione amministrativa; 7. Conclusioni

§ 1. Le profonde modifiche, apportate dal nuovo Statuto del Comitato olimpico italiano, adottato il 26 febbraio 2008, ai meccanismi di giustizia interni all’ordinamento sportivo1, ripropongono l’ormai classico ma sempre nuovo problema della giustizia sportiva. Oggetto specifico di questa relazione è il Tribunale Nazionale Arbitrale per lo Sport (TNAS), esaminato nell’ottica del processualista: più esattamente, anche se meno concisamente, si dovrebbe nell’ottica della risoluzione delle controversie che sorgono all’interno di quell’ordinamento.

Si rende opportuno, prima di passare all’analisi specifica dell’argomento sopra indicato, un breve inquadramento generale della materia, e la consequenziale indicazione delle fonti normative cui far riferimento, tenendo altresì conto della situazione antecedente all’approvazione del nuovo statuto del Coni.

Costituisce ormai un dato sufficientemente pacifico che il sistema dello sport costituisce un ordinamento giuridico2: meglio, dovremmo dire che i diversi sistemi sportivi costituiscono una serie di ordinamenti giuridici. E, come tutti gli ordinamenti giuridici, anche quello sportivo determina unilateralmente i propri confini, ed individua i criteri per risolvere i conflitti con altri ordinamenti giuridici compresenti. Analogamente accade per quanto riguarda l’ordinamento statale, il quale definisce autonomamente la rilevanza e la disciplina del fenomeno sportivo.

Poiché ciascun ordinamento disciplina unilateralmente i propri rapporti con gli altri ordinamenti, ben è possibile che si determini un conflitto. Ma non è ovviamente questa la sede né per stabilire quando vi sia e quale sia il conflitto fra ordinamento sportivo ed ordinamento statale, né a favore di quale dei due ciascun conflitto sia risolto: ciò che richiederebbe, oltre

1 Su cui v. da ultimo VIGORITI, La giustizia sportiva nel sistema CONI, in Riv. Arb. 2009, 403 ss.; FROSINI, L’arbitrato sportivo: teoria e prassi, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, nonché l’ampio e documentatissimo saggio di MARZOCCO, Sulla natura e sul regime di impugnazione del lodo reso negli arbitrati presso il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, in www.judicium.it., in corso di pubblicazione su Rassegna di diritto ed economia dello sport. Per la situazione antecedente v. fondamentalmente GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa ed arbitrato, Milano 2007.

2 Sul punto v. da ultimo, anche e soprattutto per i profili internazionali, MERONE, Il Tribunale Arbitrale dello Sport, Torino 2009, 1 ss. In senso critico, ma solo apparentemente (v. n. 6) FERRARA, Giustizia sportiva, in corso di pubblicazione in Enc. Dir. – Annali 2009, che ho potuto consultare grazie alla cortesia dell’Autore.

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www.judicium.it all’individuazione dei punti di contrasto, anche un’indagine per verificare quale delle due normative confliggenti sia di fatto rispettata e quale invece sia disattesa3.

Così pure, non è questa la sede per analizzare il TNAS dal punto di vista dell’ordinamento sportivo: per stabilire, in altri termini, quale sia la disciplina giuridica del TNAS alla luce della sola normativa sportiva, senza tener conto di quanto dispongono le norme statali in relazione agli stessi comportamenti presi in considerazione dalle norme sportive.

(*) Relazione tenuta al convegno L’arbitrato nelle controversie in materia sportiva, Roma 5 maggio 2010.

3 Sul punto sia consentito rinviare a LUISO, La giustizia sportiva. Milano 1975, 582 ss.

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Lo scopo di questa relazione è, più limitatamente, quello di verificare quale sia la disciplina giuridica del TNAS alla luce della normativa statale italiana: e ciò, come già anticipato, privilegiando il punto di vista di chi studia i meccanismi di risoluzione delle controversie. E poiché il TNAS, com’è evidente, risolve controversie rilevanti per l’ordinamento sportivo, la domanda che ci dobbiamo porre è più esattamente la seguente: come sono qualificati, quale disciplina hanno, che effetti producono gli atti, mediante i quali il TNAS risolve controversie rilevanti, oltre che per l’ordinamento sportivo, anche per l’ordinamento statale?

§ 2. Il punto di partenza è sicuramente dato dal D.L. 19 agosto 2003 n. 220, convertito con L. 17 ottobre 2003 n. 280, mediante il quale l’ordinamento statale regola in via generale i propri rapporti con l’ordinamento sportivo. Il comma primo dell’art. 1 esordisce proclamando che “la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale4”: ma in cosa consista questa <<autonomia>> è reso chiaro dal secondo comma dello stesso art. 1, dal quale si ricava che tale autonomia si realizza attraverso la irrilevanza, nell’ordinamento statale, di quanto è invece rilevante nell’ordinamento sportivo5; e – laddove invece un comportamento rilevante per l’ordinamento sportivo sia rilevante anche per quello statale – la disciplina di quest’ultimo trova integrale applicazione senza che in relazione ad essa in qualche modo incida quanto previsto nel primo.

Lo Stato, dunque, in realtà non riconosce l’ordinamento sportivo in quanto tale6: per un verso non dà rilevanza alla normativa sportiva, e conseguentemente non attribuisce dignità di diritti a situazioni sostanziali che sono previste da quelle norme e non dalle norme statali; per altro verso, non coordina le proprie disposizioni con quelle dell’ordinamento sportivo, ma stabilisce che in ogni caso trovi applicazione la normativa statale.

L’ambito di ciò che è giuridicamente irrilevante per lo Stato è previsto dall’art. 2, comma 1 dello stesso D. L. 220/2003: si noti che tale ambito ha subito, ad opera della legge di conversione 280/2003, un ridimensionamento rispetto a quanto previsto nel D.L. 220/20037. È ovvio che delimitare in concreto il confine fra ciò che per lo Stato è giuridicamente rilevante e ciò che è

4 Si noti quindi fin da ora che la normativa in esame si occupa dei rapporti fra il diritto statale e l’ordinamento sportivo che fa capo al Coni: i rapporti fra lo Stato e gli altri ordinamenti sportivo sono disciplinati – beninteso, sempre dal punto di vista dello Stato – dal diritto comune di quest’ultimo.

5 Secondo VERDE, Sul difficile rapporto tra ordinamento statale e ordinamento sportivo, in Fenomeno sportivo e ordinamento giuridico, Napoli 2009, 676, più che di “irrilevanza” giuridica, si tratterebbe di “indifferenza” per lo Stato.

6 FERRARA, Giustizia sportiva, cit., §§ 2-4.

7 Sono infatti venute meno le lettere c) e d), in base alle quali sarebbero stati irrilevanti anche l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; nonché l'organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma illimitato e l'ammissione alle stesse delle squadre ed atleti.

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www.judicium.it irrilevante dà luogo ad incertezze e discussioni8. Non è comunque dubbia la scelta operata dal D.L.

220/2003: ciò che conta – per lo Stato – è solo quanto disciplinato dalla normativa statale.

In quest’ottica si inquadra anche quanto disposto dall’art. 2, comma 2 del D.L. 220/2003:

l’onere di adire, nelle materie che per lo Stato sono irrilevanti, gli organi di giustizia sportiva è la naturale conseguenza della irrilevanza delle situazioni giuridiche sostanziali riconosciute (soltanto) dall’ordinamento sportivo. Poiché per lo Stato non vi sono diritti da tutelare, è ovvio che la giurisdizione statale non può essere utilizzata per tutelare ciò che è una situazione sostanziale protetta solo per il mondo sportivo. Non si tratta, dunque, di un onere in senso proprio, quanto della indisponibilità dell’apparato giurisdizionale statale a fronte della inesistenza di un diritto o interesse legittimo da tutelare.

§ 3. L’art. 3 del D.L. 220/2003 prevede – nei casi di “rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo” (D.L.

220/2003, art. 1, comma secondo) – alcune regole di fondamentale importanza per un corretto inquadramento del TNAS.

In primo luogo vi è un riparto di giurisdizione che può essere sintetizzato come segue:

a) rimane “ferma” la giurisdizione ordinaria “sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti”9. Ovviamente le società e associazioni non esercitano poteri autoritativi, e dunque un problema di riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo non si pone: la giurisdizione spetta necessariamente al giudice ordinario in ordine a tutte le controversie tra questi soggetti. Tali controversie, peraltro, riguardano tutti i rapporti fra questi soggetti, e non solo quelli “patrimoniali”;

b) è istituita la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo10 (e la competenza del TAR Lazio con sede a Roma) per “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2”. La giurisdizione esclusiva sussiste dunque per le controversie relative all’attività di diritto pubblico del Coni e delle sue Federazioni sportive11 (rimanendo così assegnate al giudice ordinario le controversie con il Coni e le

8 V., ad es., sul punto Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2009 n. 2333, in Foro it. 2009, III, 305; Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 2008 n. 5782, in Foro it. 2009, III, 195; Cass. 27 settembre 2006 n. 21006; TAR Lazio 22 agosto 2006; Cons.

Stato sez. VI 30 marzo 2007, tutte pubblicate in Corriere giur. 2007, 1111 ss. con note di CONSOLO, Due Corti e la giustizia sportiva del calcio fra arbitrato e atto amministrativo e, più ancora, tra pubblico e privato, ivi 1113 ss; di VIDIRI, Autonomia dell’ordinamento sportivo, vincolo di giustizia sportiva ed azionabilità dei diritti in via giudiziaria, ivi 1115 ss.; di VIGORITI, Giustizia disciplinare e giudice amministrativo, ivi 1121 ss.

9 Naturalmente in tale settore il ricorso all’arbitrato pone problemi del tutto diversi da quelli che affronteremo nel prosieguo. In arg. v. fondamentalmente VIGORITI, L’arbitrato del lavoro nel calcio, Milano 2004, 16 ss.

10 Circa i dubbi sulla legittimità costituzionale di tale scelta, alla luce dei ben noti principi enunciati da Corte cost. 6 luglio 2004 n. 204, v. VIDIRI, Le controversie sportive e il riparto di giurisdizione, in Giust. Civ. 2005, I, 1633 ss.

11 Onde la giurisdizione spetta al giudice ordinario, quando la controversia riguardi non atti delle Federazioni, ma comportamenti di un loro dipendente: Cass. 21 ottobre 2009 n. 22231.

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www.judicium.it Federazioni sportive in materie disciplinate dal diritto privato12), purché esse coinvolgano situazioni sostanziali rilevanti per lo Stato. Abbiamo infatti visto che le materie riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo, ai sensi dell’art. 2 del D. L. 220/2003, sono quelle che riguardano situazioni sostanziali rilevanti per l’ordinamento sportivo, ma irrilevanti per lo Stato. Non tutta l’attività del Coni e delle Federazioni sportive è dunque giuridicamente rilevante: lo è solo quella che coinvolge situazioni sostanziali che assumono rilevanza nell’ordinamento statale in virtù della normativa propria di quest’ultimo;

c) in relazione alla giurisdizione amministrativa, l’art. 3, comma primo, prima frase, introduce la c.d. pregiudizialità sportiva: prima di rivolgersi agli organi giurisdizionali amministrativi, è necessario che siano “esauriti i gradi della giustizia sportiva”;

d) “in ogni caso è fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2”: così l’art. 3, comma 1, ultima frase13. È dunque astrattamente possibile che la giurisdizione amministrativa possa essere esclusa in virtù di clausole compromissorie previste negli statuti e nei regolamenti del Coni e delle Federazioni. Come ben si intuisce, è questa la norma chiave per poter rispondere alla domanda posta al termine del precedente § 1.

§ 4. Dopo aver brevemente individuato la normativa statale applicabile, occorre ora altrettanto brevemente esaminare quanto previsto nell’ultimo Statuto del Coni con riferimento agli organi di giustizia. L’art. 12 precisa che tali organi sono l’Alta Corte di Giustizia Sportiva (ACGS), disciplinata dall’art. 12-bis, ed il TNAS, disciplinato dall’art. 12-ter.

L’ambito delle attribuzioni del TNAS si determina come segue:

a) presupposto necessario della competenza del TNAS è la sussistenza di una clausola compromissoria. Questa può essere prevista negli Statuti o nei regolamenti delle federazioni sportive nazionali, oppure anche (art. 12-ter, comma secondo) in accordi specifici, che possono essere stipulati pure da soggetti non appartenenti all’ordinamento sportivo;

b) la controversia deve contrapporre una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati. Si noti fin da ora che questa controversia può riguardare: 1) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento sportivo, ma irrilevante per l’ordinamento statale; 2) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento statale e disciplinata dal diritto privato; 3) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento statale e disciplinata dal diritto pubblico;

c) deve trattarsi di controversia che non possa essere portata all’esame degli organi di giustizia interni alla federazione, e che non riguardi l’irrogazione di sanzioni inferiori a centoventi giorni, oppure a 10.000,00 € di multa o ammenda14.

12 AULETTA, Sport, in La giurisdizione. Dizionario del riparto, a cura di Verde, in corso di pubblicazione, §§ 3-4, che ho potuto consultare grazie alla cortesia dell’Autore.

13 L’ulteriore disposizione “…nonché quelle inserite nei contratti di cui all’articolo 4 della legge 23 marzo 1981, n. 91”

non interessa, in quanto riguarda controversie di diritto privato.

14 Le controversie in materia di doping sono attribuite al Tribunale Nazionale Antidoping (art. 13 dello Statuto del Coni).

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www.judicium.it L’ambito di attribuzioni dell’ACGS si determina come segue: sono riservate all’ACGS

a) le controversie relative a diritti indisponibili;

b) le controversie per le quali non sia stata pattuita una competenza arbitrale;

sempre che si tratti di controversie “di notevole rilevanza per l’ordinamento sportivo nazionale, in ragione delle ragioni di fatto o di diritto coinvolte”: art. 12-bis, comma secondo, dello Statuto del Coni.

Anche per la ACGS si verifica quanto, come abbiamo già accennato, accade per il TNAS, e cioè la controversia portata alle decisione dell’ACGS può riguardare: 1) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento sportivo, ma irrilevante per l’ordinamento statale; 2) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento statale e disciplinata dal diritto privato; 3) una situazione sostanziale rilevante per l’ordinamento statale e disciplinata dal diritto pubblico.

§ 5. Concentrando ora l’attenzione sul TNAS, mi sembra che i problemi principali che esso pone, con riferimento all’ordinamento statale, siano i seguenti: da un lato, verificare se la risoluzione arbitrale delle controversie, da esso gestita, abbia i requisiti inderogabilmente previsti dalla normativa statale per l’arbitrato; dall’altro, verificare i rapporti tra tale arbitrato e la giurisdizione amministrativa, quando si tratti di controversie di diritto pubblico, attribuite dal D.L.

220/2003 alla giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrativo.

Prima di procedere nella direzione indicata, occorre tuttavia richiamare un principio fondamentale, i cui contenuti peraltro sono già stati innanzi individuati.

Come abbiamo visto, dal punto di vista dell’ordinamento statale, i rapporti fra questo e l’ordinamento sportivo sono caratterizzati dalla irrilevanza, per lo Stato, dell’ordinamento sportivo:

la “autonomia” dell’ordinamento sportivo, che la Repubblica riconosce e favorisce, si realizza non già attraverso il riconoscimento delle norme vigenti nell’ordinamento sportivo nonché degli atti e dei comportamenti da tali norme regolati, sibbene applicando al fenomeno sportivo unicamente le regole dello Stato, siano esse le regole di diritto comune oppure le regole specificamente dettate per lo sport, come appunto il D. L. 220/2003. Questo principio è decisivo, perché comporta che, nell’analisi che seguirà, dovremo tener conto unicamente della normativa statale, e non anche di quella sportiva15.

Ciò chiarito, il primo punto da esaminare, come già anticipato, riguarda la compatibilità della risoluzione delle controversie da parte del TNAS con la normativa statale relativa all’arbitrato16. Ed a questo proposito, è bene subito chiarire che il TNAS non decide controversie, ma amministra arbitrati17. I compiti del TNAS sono quelli tipici delle istituzioni che amministrano arbitrati. In particolare, spetta al presidente del TNAS la nomina degli arbitri nei casi previsti dagli artt. 718 e

15 Nello stesso senso v. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime, cit., §§ 5 e 6.

16 Ciò che del resto è affermato anche dal regolamento del TNAS, art. 4, il quale dispone che “alle controversie sportive rilevanti per l’ordinamento delle Repubblica si applicano anche i principi e le norme di quest’ultimo ordinamento”.

17 FROSINI, L’arbitrato sportivo, cit., § 2.

18 Nell’ipotesi di pluralità di parti, se queste non riescono a nominare un arbitro unico o un collegio arbitrale di comune accordo, la nomina è fatta dal presidente del TNAS.

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www.judicium.it 1719 del regolamento, mentre la ricusazione spetta all’ACGS (art. 12-ter, comma settimo, dello Statuto del Coni ed art. 18 del regolamento TNAS).

Un’ulteriore caratteristica dell’arbitrato amministrato dal TNAS attiene alla nomina degli arbitri: questi (art. 2, comma secondo del regolamento) debbono necessariamente essere prescelti, sia dalle parti che dal TNAS quando quest’ultimo debba procedere alla nomina di arbitri, nell’albo che – ai sensi dell’art. 12-ter, comma quinto dello statuto del Coni – è composto da un numero compreso fra trenta e cinquanta membri, nominati dall’ACGS. Possono essere iscritti all’albo magistrati, professori e ricercatori universitari di ruolo, avvocati dello Stato ed avvocati del libero foro patrocinanti avanti le supreme corti.

Ora, tutto ciò premesso, il punto più delicato riguarda sicuramente la terzietà ed imparzialità del TNAS e dell’ACGS20. Secondo l’opinione preferibile, infatti, ove un terzo intervenga nella nomina degli arbitri o più in generale nella gestione dell’organo decidente, deve essere garantita la sua equidistanza dalle parti, nel senso che egli non deve essere espressione di alcuno degli interessi in conflitto. È questa, in sostanza, la ratio dell’art. 832, quarto comma, c.p.c., laddove si fa divieto, alle istituzioni di carattere associativo ed a quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali, di nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propri associati o appartenenti alla categoria professionale a terzi. Tale ratio si differenzia da quella della ricusazione perché non coinvolge la vicinanza soggettiva di uno degli arbitri alle parti o ai loro difensori21, ma riguarda la vicinanza oggettiva degli arbitri (qui, del terzo che interviene nella loro nomina) ad uno degli interessi in conflitto22.

Si aggiunga che la necessaria scelta dell’arbitro o degli arbitri in una rosa di nominativi individuata dall’ACGS accentua il problema appena posto. È evidente che, se l’ACGS condividesse, con una delle parti in conflitto, l’interesse di cui questa è portatrice, verrebbe meno una delle caratteristiche essenziali ed inderogabili dell’arbitrato: infatti, “pilotando” la composizione dell’albo attraverso la scelta di soggetti che condividano uno degli interessi in conflitto, sarebbe possibile avere arbitri non equidistanti, perché compartecipi di quello stesso interesse.

I possibili dubbi relativi alla neutralità dell’ACGS e del TNAS rispetto agli interessi contrapposti è tuttavia, a mio avviso, risolto dall’esame delle modalità con cui sono nominati i componenti dell’ACGS: ai sensi dell’art. 12-bis, comma quinto, dello Statuto del Coni, essi sono

19 Si tratta delle ipotesi in cui la parte, cui spetta designare un arbitro non vi provvede; in cui gli arbitri designati non trovano un accordo sul nome del terzo arbitro; in cui la controversia deve essere decisa da un arbitro unico, e le parti non si accordino nell’individuarlo.

20 In arg. v. MARZOCCO, Sulla natura e sul regime, cit., § 12. Sull’analoga questione relativa al TAS, v. MERONE, Il Tribunale Arbitrale dello Sport, cit., 80 ss.

21 Cass. 22 luglio 2004 n. 13667, la quale afferma espressamente che la ricusazione costituisce la manifestazione processuale dell’esigenza che il giudice, considerato come persona fisica, sia imparziale.

22 V. in arg. Corte di giustizia delle comunità europee, sentenza 19 settembre 2006 nella causa C-506/04 (Wilson contro Ordre des avocats du Luxembourg), la quale – proprio con riferimento alla composizione dell’organo decidente – afferma che l’imparzialità è “l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica”, il che presuppone la “neutralità rispetto agli interessi contrapposti”.

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www.judicium.it nominati dal consiglio nazionale del Coni con una maggioranza qualificata non inferiore ai tre quarti dei suoi componenti aventi diritto di voto. Se si aggiunge che, sulla base dell’art. 6 dello statuto, nel consiglio nazionale del Coni sono rappresentate tutte le componenti del mondo sportivo, si deve concludere che non vi è la possibilità che l’ACGS sia composta da soggetti espressione di uno solo degli interessi in conflitto.

Da questo punto di vista, quindi, non vi è alcun ostacolo, da parte delle norme statali, al riconoscimento che gli arbitrati del TNAS hanno tutti i requisiti per poter essere qualificati come tali anche sulla base delle norme dell’ordinamento statale.

§ 6. Ma il problema più delicato è indubbiamente l’altro, sopra indicato: che rapporti vi sono tra l’arbitrato del TNAS e la giurisdizione amministrativa? È bene ricordare, infatti, che la modifica dello statuto del Coni, entrata in vigore nel 2008, e che ha interamente riscritto il sistema di giustizia ed arbitrato per lo sport, introducendo ACGS e TNAS e sopprimendo la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport23, si è avuta in una situazione giurisprudenziale, nella quale la giurisprudenza del Consiglio di Stato (alla quale si è poi adeguata quella del TAR Lazio) affermava che gli atti della Camera di conciliazione non erano lodi, ma provvedimenti amministrativi giustiziali24; con la conseguenza che tali atti non erano di ostacolo all’impugnazione del provvedimento della federazione, che aveva originato la controversia, oggetto dell’intervento della Camera di conciliazione e arbitrato.

È dunque legittimo chiedersi se alla stessa conclusione si deve giungere anche per i lodi del TNAS, oppure se la conclusione deve essere diversa. E la risposta alla domanda parte necessariamente dall’individuazione della portata della clausola di salvezza contenuta nell’art. 3, comma primo, ultima frase del D. L. 220/2003.

Tale norma, come già detto – nell’attribuire alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie aventi ad oggetto atti (ovviamente di diritto pubblico) del Coni e delle Federazioni quando tali controversie, in quanto rilevanti per l’ordinamento statale, non siano “riservate” agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo – fa salvo quanto eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni e delle federazioni sportive. Ebbene, sulla base di quanto già detto in ordine al criterio generale che lo Stato ha prescelto per disciplinare i propri rapporti con l’ordinamento sportivo – e, cioè, lo si ripete, l’autonomia dell’ordinamento sportivo è attuata dalla sua irrilevanza per l’ordinamento statale; nelle materie disciplinate dall’uno e dall’altro ordinamento, per lo Stato conta unicamente ciò che le norme statali dispongono – sembra evidente che la salvezza delle clausole compromissorie opera in

23 In relazione alla quale v., fra i tanti, VALERINI, La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport: natura del procedimento e regime degli atti, in Riv. Arb. 2007, 92 ss. nonché, in giurisprudenza, Cass. 23 marzo 2004 n. 5775, in Giust. civ.m2005, I, 1625 con nota di VIDIRI, Le controversie sportive e il riparto di giurisdizione;

24 TAR Lazio 3 novembre 2008, in Giur. Merito 2009, I, 255; TAR Lazio 5 giugno 2008, in Foro it. 2008, III, 598; TAR Lazio 21 giugno 2007, in Foro it. 2007, III, 473 ed in Giur. Merito 2007, I, 3026; Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2007 n. 268;

Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2006 n. 527; Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2004 n. 5025 in Dir. Proc. Amm. 2005, 990 ed in Riv. Arb. 2005, 555. Ma in senso diverso v. Cons. Stato, sez. VI, 25 novembre 2008 n. 5782, in Foro it. 2009, III, 195 e, in precedenza, TAR Lazio 17 marzo 2005, in Riv. Arb. 2005, 559, poi riformata da Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2004 n.

5025, cit., ambedue commentate da VIGORITI, Giustizia statale e sport: fra ingerenza e garanzia, ivi 435 ss.

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www.judicium.it quanto esse siano idonee, sulla esclusiva base della normativa statale, a sottrarre alla giurisdizione amministrativa controversie, che altrimenti in essa ricadrebbero.

Ciò che preme rilevare, in altri termini, è che in alcun modo la “riserva” di determinate controversie agli organi di giustizia sportiva vale a sottrarre alla giurisdizione statale controversie che altrimenti le apparterrebbero: perché le controversie riservate alla giustizia sportiva sono solo quelle che hanno ad oggetto situazioni sostanziali che sono tali solo per l’ordinamento sportivo;

mentre, se la situazione sostanziale oggetto della controversia è tale anche per l’ordinamento statale, essa non è mai riservata alla giustizia sportiva. Vedemmo infatti che l’ambito della esclusività della giustizia sportiva è delineato con riferimento all’ambito della irrilevanza per l’ordinamento statale.

Così posto il problema, mi sembra evidente che la norma di riferimento debba necessariamente essere l’art. 6, comma secondo, della L. 205/2000, che consente la devoluzione in arbitrato delle controversie concernenti diritti soggettivi (ovviamente disciplinati dal diritto pubblico), purché si tratti di arbitrato rituale di diritto. Non è certo qui il caso di riesaminare se e perché l’interesse legittimo sia disponibile o indisponibile25; se e come si giustifichi l’impossibilità di avere un lodo relativo ad una controversia di diritto pubblico che attenga ad un diritto soggettivo e non lo si possa invece avere in una controversia, sempre di diritto pubblico, che attenga ad un interesse legittimo.

Rebus sic stantibus, mi sembra chiaro che il lodo del TNAS (rectius, pronunciato in un arbitrato amministrato dal TNAS) può essere qualificato come vero e proprio lodo solo se attinente ad un diritto soggettivo: ove fosse pronunciato un lodo attinente ad un interesse legittimo, esso dovrebbe essere qualificato come inesistente – secondo l’opinione prevalente, per la quale il lodo pronunciato in materia indisponibile è inesistente.

Se, viceversa, si tratta di controversia relativa ad un diritto soggettivo, non mi pare dubbio che vi siano tutti i presupposti per la definitiva sottrazione della controversia alla giurisdizione amministrativa.

Infatti, per un verso l’arbitrato presso il TNAS è un arbitrato rituale, come chiaramente si evince dall’art. 12-ter, comma 3, ultima parte dello statuto del Coni e dall’art. 28 del regolamento TNAS, laddove si prevede che il lodo stesso sia impugnabile ex art. 828 c.p.c.: il che esclude che il lodo in questione possa essere qualificato come irrituale, dato che avverso il lodo irrituale non è data l’impugnazione per nullità. La decisione inoltre, ex art. 4 del regolamento TNAS, è presa secondo diritto, come prescrive l’art. 6, comma secondo, della L. 205/2000.

Per altro verso, tale impugnazione dovrà essere proposta alla corte di appello, ancorché la controversia sia fra quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo quanto stabilito dalla Corte di cassazione26.

§ 7. Finché, dunque, non venga abbandonata l’opinione tuttora prevalente, secondo la quale l’interesse legittimo sarebbe indisponibile, alle controversie, in cui si faccia questione di un interesse legittimo, trova applicazione l’art. 12-bis, comma primo, dello statuto del Coni, che riserva appunto all’ACGS le controversie sportive che abbiano ad oggetto diritti indisponibili.

25 In arg. v., proprio con riferimento al fenomeno sportivo, GOISIS, La giustizia sportiva, cit., 231 ss.

26 Cass. 3 luglio 2006 n. 15204, in Giust. civ. 2007, 916; Cass. 12 luglio 2005 n. 14545; Cass. 27 luglio 2004 n. 14090. Sul punto v. AULETTA, Sport, cit., § 5.

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www.judicium.it La decisione dell’ACGS, a mio avviso, ha il regime che, secondo la giurisprudenza amministrativa, aveva la decisione della Camera di conciliazione ed arbitrato27. Sul punto non dovrebbero sorgere dubbi.

Più complesso è il problema dei lodi arbitrali del TNAS. Infatti:

a) se la controversia riguarda un diritto soggettivo, sia esso disciplinato dal diritto pubblico oppure dal diritto privato, la decisione ha il regime del lodo rituale impugnabile ex art.

827 c.p.c.;

b) se la controversia riguarda una situazione sostanziale attribuita dal solo ordinamento sportivo, la decisione non è impugnabile, perché irrilevante nell’ordinamento dello Stato28. Ciò è riconosciuto anche dall’art. 12-ter, comma terzo dello statuto del Coni, laddove esso dispone che l’impugnazione del lodo è possibile “ove la controversia sia rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato”;

c) il problema sorge se la controversia riguarda un interesse legittimo. In questo caso, come abbiamo già detto, il lodo è inesistente. Bisogna tuttavia coordinare tale risultato con quanto prevedono l’art. 3, comma primo, prima parte del D.L. 220/2003, laddove si stabilisce la c.d. pregiudiziale sportiva (e, cioè, che il ricorso al giudice amministrativo può essere proposto quando siano stati esauriti i gradi della giustizia sportiva) e l’art. 12- bis, comma primo, dello statuto del Coni, laddove si stabilisce che, nelle controversie aventi ad oggetto diritti indisponibili – e quindi anche quelle aventi ad oggetto un interesse legittimo – l’ultimo grado della giustizia sportiva è costituito dall’ACGS.

Che succede, dunque, se viene pronunciato un lodo relativamente ad una controversia che ha ad oggetto un interesse legittimo? Fermo che tale decisione, dovendo essere qualificata, per lo Stato, come lodo inesistente, non impedisce l’impugnazione, di fronte al giudice amministrativo, del provvedimento della Federazione sportiva che ha occasionato la controversia, può il giudice amministrativo rilevare che, in realtà, la pregiudiziale sportiva non è stata osservata, perché è stato instaurato un arbitrato presso il TNAS e non è stata invece investita della controversia la ACGS?

A mio avviso la soluzione deve essere negativa. Ciò che conta è che i gradi della giustizia sportiva siano di fatto esauriti: e la pronuncia del TNAS, essendo alternativa a quella dell’ACGS, costituisce l’ultimo grado di giudizio interno alla giustizia sportiva. Del resto, poiché in sede giurisdizionale amministrativa l’oggetto dell’impugnazione non è il provvedimento giustiziale, ma quello originario, la differenza non è rilevante.

27 In arg. v. ampiamente MARZOCCO, Sulla natura e sul regime, cit., § 3.4, nonché, con riferimento alla situazione antecedente le modiche del 2008, GOISIS, La giustizia sportiva, cit., 317 ss., spec. 331 ss.

28 Secondo VIGORITI, La giustizia sportiva, cit., 412, la disposizione contenuta nell’art. 2, comma secondo, del D.L.

220/2003, è strana ed illegittima, in quanto “la riserva di giurisdizione a favore dell’ordinamento sportivo in materia disciplinare non può estendersi fino a vietare l’impugnativa di lodi pronunciati in violazione del contraddittorio, o di qualunque altra regola fissata dalla disciplina codicistica di riferimento, e non pare quindi giustificato porre limiti al diritto di impugnare”. A me pare, invece, che un lodo in tanto sia impugnabile ex art. 827 c.p.c. in quanto decida di una controversia rilevante per l’ordinamento statale: e dunque di una controversia relativa a situazioni sostanziali riconosciute dall’ordinamento dello Stato.

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