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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO

Relazione sulla soluzione di questione di particolare importanza

Rel. n. 45 Roma, 17 maggio 2011 Oggetto: GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Criterio della mera attinenza della controversia ad una materia di giurisdizione esclusiva - Esclusione - Criterio della sussistenza in concreto dell’esercizio di pubblici poteri incidenti sull’oggetto della controversia - Necessità - Materia urbanistica - Istituzione di zona a traffico limitato con delibera annullata - Attinenza alla materia urbanistica e dell’uso del territorio - Restituzione della tariffa corrisposta - Giurisdizione del giudice ordinario - Fondamento.

URBANISTICA - GIURISDIZIONE - Istituzione di zona a traffico limitato - Annullamento di delibera comunale illegittima - Restituzione della tariffa corrisposta - Attinenza alla materia urbanistica - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Esclusione - Giurisdizione del giudice ordinario - Fondamento.

GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - DETERMINAZIONE E CRITERI - IN GENERE - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Mera attinenza della controversia ad una materia di giurisdizione esclusiva - Sufficienza - Esclusione - Criterio della sussistenza in concreto dell’esercizio di pubblici poteri incidenti sulla controversia - Necessità - Materia urbanistica - Istituzione di zona a traffico limitato con delibera annullata - Restituzione della tariffa corrisposta - Giurisdizione del giudice ordinario - Fondamento.

Con la sentenza n. 4614, del 25 febbraio 2011 rv. 616481, (Pres. Rel. Vittoria;

P.M. Iannelli -concl. conf.- in causa Comune di Bacoli c/Guadagni; n. Reg. Gen.

9985/10; resa all’udienza dell’11/01/11; n, Reg. Sez. 10/11) e le ordinanze del 23 marzo 2011 n. 6594, rv. 616518-616519 (Pres. Vittoria; Rel. Fioretti; P.M. Iannelli -

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concl. diff.-); n. 6595, rv. 616520 (Pres. Vittoria, Rel. Petitti; P.M. Iannelli -concl. diff.- ) e n. 6596, rv. 616521 (Pres. Vittoria, Rel. Tirelli; P.M. Iannelli -concl. diff.-), le Sezioni Unite di questa Corte sono ritornate sul riparto della giurisdizione, in particolare sul rapporto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione esclusiva del G.A., anche in tema di risarcimento del danno da attività provvedimentale della P.A.

• La sentenza n. 4614 è intervenuta expressis verbis sull’ambito e sui limiti della giurisdizione esclusiva del G.A., enunciando il principio di diritto così massimato:

<<Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, le norme che attribuiscono al giudice amministrativo la giurisdizione in particolari materie si devono interpretare nel senso che non vi rientra ogni controversia che in qualche modo riguardi una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva, non essendo sufficiente il dato della mera attinenza della controversia con la materia, ma soltanto le controversie che abbiano ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri. Ne consegue che, sebbene la modalità di regolamentazione del traffico nel territorio comunale rientri nella materia dell’urbanistica, intesa come disciplina dell’uso del territorio, la controversia sul rimborso della somma corrisposta da un privato per accedere ad una zona a traffico limitato è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto il diritto soggettivo alla restituzione della prestazione pecuniaria, vantato sul presupposto della già accertata illegittimità della delibera comunale istitutiva della zona a traffico limitato e di un sistema tariffario per l’ingresso degli autoveicoli (delibera, nella specie, annullata dal Capo dello Stato e dal Tar).>>.

• Analogo principio è espresso nell’ordinanza n. 6594, rv. 616518, la quale ha ribadito che: “In tema di riparto della giurisdizione, l’attrazione (ovvero concentrazione) della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che egli ha impugnato, non costituendo il risarcimento del danno ingiusto una materia di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio. Pertanto, qualora si tratti di provvedimento amministrativo rispetto al quale l’interesse tutelabile è quello pretensivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo è colui che, a seguito di una fondata richiesta, si è visto ingiustamente negare o ritardare il provvedimento richiesto; qualora si tratti di provvedimento rispetto al quale l’interesse tutelabile si configura come oppositivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al medesimo giudice è soltanto colui che è portatore dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio direttamente pregiudicati dal provvedimento contro il quale ha proposto ricorso. (Nella specie, sulla base di detto principio, le Sezioni Unite hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia proposta da colui che, avendo ricevuto una concessione edilizia, poi legittimamente annullata, in via di autotutela, aveva chiesto il risarcimento dei danni subiti per l’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole)”.

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Dei suddetti principi è stata fatta applicazione (oltre che nella sentenza n. 4614) nelle ordinanze n. 6594, 6595 e 6596 in fattispecie significative nelle quali le Sezioni Unite, nel regolare in concreto la giurisdizione, hanno dichiarato sussistente quella ordinaria, sulla base delle ulteriori ragioni espresse nelle seguenti massime.

• La controversia nella quale il beneficiario di una concessione edilizia, annullata d’ufficio o su ricorso di altro soggetto in quanto illegittima, chieda il risarcimento dei danni subiti per avere confidato nella apparente legittimità della stessa, che aveva ingenerato l’incolpevole convincimento di poter legittimamente edificare, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto un comportamento illecito della P.A. per violazione del principio del “neminem laedere”, cioè di quei doveri di comportamento il cui contenuto prescinde dalla natura pubblicistica o privatistica del soggetto che ne è responsabile e che anche la P.A., come qualsiasi privato, è tenuta a rispettare; egli, pertanto, non è tenuto a domandare al giudice amministrativo un accertamento della illegittimità del suddetto comportamento, che ha invece interesse a contrastare nel giudizio di annullamento da altri provocato e che può solo subire. (n. 6594, rv. 616519).

• La controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni lamentati per la lesione dell’affidamento riposto nell’attendibilità della attestazione rilasciata dalla P.A. (rivelatasi erronea) circa la edificabilità di un’area (chiesta da un privato per valutare la convenienza d’acquistare un terreno) e nella legittimità della conseguente concessione edilizia, successivamente annullata, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non ravvisandosi un atto o provvedimento amministrativo della cui illegittimità il privato possa dolersi impugnandolo davanti al giudice amministrativo, con le conseguenziali statuizioni risarcitorie, e, quindi, non sollecitando tale situazione di fatto alcuna esigenza di tutela contro l’esercizio illegittimo di un pubblico potere consumato nei confronti del privato, né richiedendo questi un accertamento, da parte del giudice amministrativo, della illegittimità del comportamento tenuto dalla P.A., che egli invece può solo subire e ha interesse a contrastare nel giudizio di annullamento da altri provocato. (n. 6595, rv. 616520).

• “La controversia avente ad oggetto la domanda autonoma di risarcimento danni proposta da colui che, avendo ottenuto l’aggiudicazione in una gara per l’affidamento di un pubblico servizio, successivamente annullata dal Tar perché illegittima su ricorso di un altro concorrente, deduca la lesione dell’affidamento ingenerato dal provvedimento di aggiudicazione apparentemente legittimo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non essendo chiesto in giudizio l’accertamento della illegittimità dell’aggiudicazione (che, semmai, la parte aveva interesse a contrastare nel giudizio amministrativo promosso dal concorrente) e, quindi, non rimproverandosi alla P.A. l’esercizio illegittimo di un potere consumato nei suoi confronti, ma la colpa consistita nell’averlo indotto a sostenere spese nel ragionevole convincimento della prosecuzione del rapporto fino alla scadenza del termine previsto dal contratto stipulato a seguito della gara. (n. 6596, rv. 616521).

Si tratta di decisioni importanti, accomunate dalla medesima ratio di fondo, che si pone in linea di sostanziale discontinuità rispetto all’orientamento (di cui è espressione, ad esempio, la sentenza S.U. n. 8511/2009, non mass.) secondo il quale sufficiente, al fine del radicamento della giurisdizione esclusiva del G.A., sarebbe il mero dato del collegamento (dell’oggetto) della controversia con le materie indicate dalla legge (ad esempio, quella dell’affidamento di pubblici appalti ex artt. 244 d.lgs. n.

163/2006 e 133, co. 1, lett. e, n. 1, cod. proc. amm.; quella urbanistica, ecc.).

Secondo detto orientamento, compito dell’Organo regolatore della giurisdizione sarebbe di delimitare l’area concettuale delle materie delineate dal legislatore, al fine di

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determinare l’inerenza ad esse delle singole controversie, in una logica di sostanziale decostituzionalizzazione del riparto della giurisdizione. In una prospettiva sostanzialmente analoga, si è ritenuto che il processo decisionale che conduce a individuare il giudice competente dovrebbe procedere dalla verifica della “eventuale appartenenza della controversia a materia di giurisdizione esclusiva”, salva la

“necessità, dettata dalla complessità nell’identificazione dei confini delle materie stesse (particolarmente, riguardo all’urbanistica, se si controverta su aspetti di gestione del territorio, se sia ravvisabile l’esercizio di poteri amministrativi o viceversa un comportamento senza potere, se il soggetto che se ne sia reso autore sia pubblico o a questo equiparato) di apprezzare elementi probatori acquisiti al processo, valutabili non già ai fini della decisione di merito ma ai soli effetti dell’identificazione del giudice munito di giurisdizione” (Cass. S.U. n. 9325/2007, rv. 596258; n. 22057/2007, rv.

600001).

Al criterio di riparto “per materia”, estraneo alla nostra Costituzione (fondata sul binomio diritti soggettivi-interessi legittimi), ha guardato con favore il legislatore ordinario quando attribuì al G.A. in sede esclusiva “tutte le controversie in materia di pubblici servizi…” (l’art. 33 d.lgs. n. 80/1998, secondo comma, vi ricomprendeva quelle “riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi”) e le controversie aventi per oggetto anche “i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia” (artt. 34 d. lgs. n. 80/1998).

E’ troppo nota però, per essere qui ripercorsa, la motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004, la quale ha ritenuto illegittima la devoluzione al G.A. in sede esclusiva di blocchi di materie ovvero di materie in blocco, essendo la discrezionalità del legislatore ordinario (di devolvere al G.A. la cognizione di diritti soggettivi “in particolari materie”) costituzionalmente limitata a quelli incisi da provvedimenti amministrativi che costituiscono espressione di pubblici poteri.

La giurisdizione esclusiva del G.A. deve quindi “ritenersi limitata, in conformità al principio di cui all’art. 103 Cost. e alle indicazioni contenute nella sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004, ai soli casi in cui sia in discussione un atto che sia espressione della funzione pubblica e che sia adottato nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato non dalla posizione di parità dei soggetti, secondo lo schema diritti- doveri, ma da una relazione asimmetrica, sintetizzata nella formula potere- soggezione” (con chiarezza Cass. S.U. n. 23667/2009, rv. 609741).

Analogamente, con riguardo al risarcimento del danno ingiusto per la lesione di interessi legittimi causata da provvedimenti amministrativi illegittimi, la legittimità costituzionale della norma attributiva del “potere” risarcitorio al G.A. si giustifica per essere il risarcimento non già una materia a sé di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino, che presuppone, appunto, la pre-esistenza della giurisdizione del G.A. nella controversia secondo l’ordinario criterio fondato sul binomio diritti-interessi.

• A questa impostazione sono state avanzate alcune critiche che si possono schematizzare come segue:

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• si obietta (anche da Cass. S.U. n. 8511/2009 cit.) che il ritenere che solo la presenza di attività autoritativa della P.A. valga a radicare la giurisdizione del G.A.

comporterebbe la cancellazione della giurisdizione esclusiva, che diventerebbe un doppione della giurisdizione generale di legittimità, mentre caratteristica della prima sarebbe proprio l’indifferenza, ai fini della individuazione del giudice competente, della natura (di diritto o interesse) della situazione soggettiva implicata nella controversia;

• il profilo autoritativo dell’agire della P.A. varrebbe solo a connotare la materia in astratto, quale mero parametro di valutazione della legittimità costituzionale della norma attributiva della giurisdizione esclusiva, ma non avrebbe rilevanza ai fini della individuazione del giudice competente nella singola controversia;

• la cognizione del G.A., in sede esclusiva, può avere ad oggetto anche soltanto diritti soggettivi (artt. 7, co. 1 e 5, e 30, co. 6, cod. proc. amm.);

• non mancano casi in cui il G.A. conosce dell’azione amministrativa nel suo complesso, nell’ambito di controversie aventi ad oggetto rapporti paritetici nelle quali non è oggetto di sindacato la legittimità di provvedimenti.

• Si può replicare con gli argomenti che di seguito si riassumono.

• La giurisdizione esclusiva del G.A. si caratterizza per il noto intreccio tra interessi legittimi e “anche … diritti soggettivi” (art. 103, co. 1, Cost.) che si ha quando i primi sono incisi da provvedimenti autoritativi, situazione che innesca la necessità di una doppia tutela davanti a giurisdizioni diverse che è possibile evitare, concentrando la tutela dinanzi al G.A., in materie particolari indicate dalla legge. E’ però evidente che una simile situazione presuppone l’esistenza di una reale (e non virtuale) commistione tra diritti e interessi che si ha, appunto, quando il privato per tutelare il proprio diritto debba tutelare anche il proprio interesse legittimo mediante l’impugnazione del provvedimento di cui deduca l’illegittimità.

Questa situazione non ricorre quando concretamente manca un atto o provvedimento amministrativo della cui illegittimità il privato (che ne è destinatario) possa dolersi impugnandolo davanti al G.A., come nel caso in cui contesti la violazione da parte della P.A. non di norme (c.d. di azione) del procedimento amministrativo che regolano le modalità di esercizio del potere, ma solo di norme o principi generali di comportamento (di tutela dell’affidamento, rispetto della buona fede e correttezza, ecc.) alla cui osservanza è ugualmente tenuto qualunque soggetto giuridico, sia esso pubblico o privato, a protezione della controparte e degli interessi generali.

E’ quanto accade nel caso in cui l’aggiudicatario fondi la propria domanda risarcitoria sul presupposto incontestato della già accertata (e non più controversa) illegittimità dell’aggiudicazione disposta in suo favore, nel qual caso la tutela risarcitoria non assume il carattere di completamento della tutela demolitoria che egli ha, invece, subito su richiesta della controparte, con conseguente lesione dell’affidamento riposto nel provvedimento ampliativo (in dottrina si è osservato che il sorgere dell’affidamento innesca la buona fede la quale, diventando fonte di obblighi di protezione, è la cartina al tornasole dell’esistenza di un rapporto obbligatorio, anche in mancanza di obblighi di prestazione).

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Quest’ultima prospettiva trova corrispondenza nell’osservazione che

“l’annullamento dell’atto concessorio non è chiesto ma, in ipotesi, subito dalla società, la quale, rispetto a quell’annullamento risulta anzi controinteressata, sicché non è neppure ravvisabile l’esigenza di concentrare la tutela demolitoria e quella risarcitoria dinanzi allo stesso giudice, allo scopo di evitare che la parte, ottenuta tutela davanti al giudice amministrativo, debba poi adire il giudice ordinario per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali, compreso il risarcimento del danno” (Cass. S.U. n.

4805/2005, in motiv.).

• Se oggetto della giurisdizione del G.A. - sia quella generale di legittimità sia quella esclusiva che ne costituisce una specie (il rapporto di “genus” a “species” tra le due giurisdizioni è sottolineato da Corte cost. n. 204/2004, nel punto 3.4.2 del Considerato in diritto) - è la contestazione della illegittimità dell’esercizio del Potere (concetto che talora la giurisprudenza ha ipostatizzato e sostituito a quello, non coincidente, di interesse legittimo), ad esso non si può negare rilevanza nel concreto, poiché la giurisdizione amministrativa in tanto può sussistere in quanto nella singola controversia sia concretamente contestata la illegittimità di un potere che dev’essere comunque “riconoscibile come tale, perché a sua volta deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti per valere come atto o provvedimento” (Cass. S.U. n.

13659/2006). Del resto, che il fondamento della giurisdizione amministrativa sia il controllo della illegittimità dell’esercizio del potere è confermato dalla centralità che nel cod. proc. amm. assume l’azione di annullamento (art. 29) alla quale l’azione di condanna (art. 30) resta sostanzialmente subordinata con funzione accessoria e, appunto, di completamento della tutela.

• Ai fini dell’individuazione del giudice competente l’art. 386 cod. proc. civ. (che resta la norma comune di riferimento) dà rilievo esclusivamente alla domanda della parte in funzione del suo oggetto: è alla domanda pertanto che occorre fare riferimento, potendosi concludere in favore del G.A. nel caso in cui il rapporto sostanziale dedotto e controverso nel giudizio sia caratterizzato da una asimmetria sintetizzabile, appunto, nella formula potere-soggezione. In tale contesto le controversie risarcitorie sfuggono alla giurisdizione del G.O. solo quando il risarcimento del danno serva a completare la tutela principale demolitoria richiesta a fronte della dedotta e controversa illegittimità di un provvedimento amministrativo.

• È vero che alcune controversie aventi ad oggetto rapporti paritetici sono devolute alla cognizione del G.A. in sede esclusiva ma si tratta di ipotesi eccezionali (art. 11, co. 5, legge n. 241/1990 e, oggi, art. 133, co. 1, lett. a, n. 2, cod. proc. amm.) nelle quali la P.A. esercita un pubblico potere, seppur avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici (Corte cost. n. 204/2004, al punto 3.4.3 del “Considerato in diritto”). Né varrebbe addurre la tradizionale giurisdizione del G.A. sul pubblico impiego, se si considera che, nell’assetto precedente all’art. 63 d.lgs.

n. 165/2001, il rapporto di impiego era, appunto, di stampo pubblicistico autoritativo (sebbene la controversia avesse ad oggetto prestazioni pecuniarie).

• La tesi secondo cui il giudice, ai fini della giurisdizione, non dovrebbe né potrebbe verificare se la controversia, qualora attinente a materia di giurisdizione esclusiva, abbia come oggetto in concreto il controllo dell’esercizio illegittimo del potere, è ancorata alla logica del riparto della giurisdizione “per materia” che anche di

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recente è stata respinta dalla Corte costituzionale: la sentenza n. 35/2010, con una interpretazione costituzionalmente orientata della norma impugnata (che ne ha evitato la declaratoria di parziale illegittimità), ha ritenuto che l’ampia formulazione dell’art. 4 del decreto-legge n. 90/2008, convertito con mod. dalla legge n. 123/2008 (che devolve “alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati”) non fosse sufficiente a giustificare la giurisdizione del G.A. nelle controversie non aventi ad oggetto in concreto la valutazione di legittimità di atti del potere pubblico.

▪ Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 30, co. 6, cod. proc.

amm. (“Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo”) ben può essere offerta dalla Suprema Corte, quale organo regolatore della giurisdizione, nel senso che i diritti soggettivi che possono essere conosciuti dal G.A., in sede di giurisdizione esclusiva, sono pur sempre quelli “concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni” (vd. art. 7, co. 1, cod. proc. amm.). Il risarcimento del danno non costituisce infatti una materia a sé di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio da utilizzare per rendere giustizia al cittadino.

▪ Le disposizioni sulla giurisdizione contenute nel cod. proc. amm. andrebbero interpretate come prive di qualsiasi elemento di novità rispetto al precedente assetto della giurisdizione, atteso che la legge delega n. 69/2009 (art. 44) “per il riassetto della disciplina del processo amministrativo” indicava come finalità della legislazione delegata solo quella di “disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni”: c’è il rischio, altrimenti, di incorrere nella medesima censura di incostituzionalità (Corte cost. n. 293/2010) che ha recentemente colpito l’art. 43 del t.u. n. 327/2001 proprio per un analogo difetto di delega (in quel caso la legge-delega aveva conferito al legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento “formale” relativo a disposizioni “vigenti”, mentre l’istituto dell’acquisizione sanante disciplinato dalla norma impugnata era connotato da numerosi aspetti di novità, anche rispetto agli istituti di matrice prevalentemente giurisprudenziale).

In tal senso potrebbe considerarsi che il cod. proc. amm. contiene disposizioni (anche sulla giurisdizione) che dovrebbero valere nel (solo) processo amministrativo (artt. 1, 2, ecc.) e (solo) per il Tar e il Consiglio di Stato i quali esercitano la giurisdizione “secondo le norme del presente codice” (art. 4) (a conforto di tale opinione potrebbe indurre la constatazione che il procedimento formativo del suddetto codice, ai sensi dell’art. 44, co. 4, legge n. 69/2009, ha visto il coinvolgimento diretto, in sede redazionale, del Consiglio di Stato che si è avvalso

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della collaborazione di una commissione tecnica in cui la componente magistratuale è stata costituita per la quasi totalità da magistrati amministrativi).

Si potrebbe anche riflettere sull’art. 30 cod. proc. amm. che sottopone l’azione risarcitoria dinanzi al G.A. all’oneroso termine di decadenza di centoventi giorni

“decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo” (co. 3) e, comunque, “dal passaggio in giudicato della relativa sentenza [di annullamento]” (co. 5). Tale decadenza (sulla quale sorvola la recente sentenza del Cons. Stato, ad. pl., n. 3/2011, che pure afferma l’autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella impugnatoria, peraltro con la precisazione che “la mancata impugnazione di un provvedimento amministrativo può essere ritenuto un comportamento contrario a buona fede nell’ipotesi in cui si appuri che una tempestiva reazione avrebbe evitato o mitigato il danno”), in effetti, non dovrebbe valere nei casi in cui la domanda di risarcimento danni è proposta dinanzi al G.O. (e forse anche dinanzi al G.A.) per la lesione di diritti soggettivi.

Le segnalate decisioni delle Sezioni Unite (n. 4614, 6594, 6595 e 6596 del 2011) limitano, quindi, la giurisdizione del G.A. alle controversie in cui il privato, contestando in concreto e direttamente la illegittimità del provvedimento, miri effettivamente a orientare o indirizzare l’esercizio del potere pubblico in una certa direzione: solo in tale ambito il G.A. può disporre il risarcimento del danno come ulteriore forma di tutela e ciò anche autonomamente rispetto all’azione impugnatoria (in tal senso è anche l’ordinanza n. 6595).

Quest’ultima conclusione potrebbe essere verificata alla luce del principio secondo cui presupposto della giurisdizione del G.A. è pur sempre la valutazione della illegittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri, e ciò nel concreto della vicenda processuale. Una tale valutazione in effetti non dovrebbe ricorrere nei casi in cui, essendo il privato titolare di un diritto soggettivo leso da un provvedimento della P.A. già annullato (dal G.A. o dalla stessa P.A.), il rapporto giuridico controverso nel giudizio è caratterizzato da una posizione di parità dei soggetti, secondo lo schema diritti-doveri. Infatti “ciò che conta, nel rapporto sostanziale risultante dal giudicato amministrativo, è che l’atto annullato è tamquam non esset, indipendentemente dalle misure che l’amministrazione intenderà adottare di conseguenza….” (Cass., sez. I, n. 4854/1998, in motiv); ciò vale, in particolare, in caso di annullamento della dichiarazione di pubblica utilità che rende il comportamento della P.A. “illecito ab origine, di carattere permanente, fonte di responsabilità extracontrattuale, per lesione del diritto di proprietà” (Cass., sez. I., n.

13431/2006, rv. 590062). Questa impostazione sembra confermata dalla sentenza della Corte cost. n. 293/2010 che, nel dichiarare l’illegittimità dell’art. 43 del t.u. n.

327/2001 (sulla cd. acquisizione sanante), ha collocato sullo stesso piano sostanziale le ipotesi, considerate omogenee, di occupazione usurpativa “non accompagnata da dichiarazione di pubblica utilità, ab initio o per effetto dell’intervenuto annullamento del relativo atto o per scadenza dei relativi termini”.

(Red. Antonio Lamorgese)

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Il direttore

(Mario Rosario Morelli)

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