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Dichiarazioni rese al difensore: la nuova testimonianza extraprocessuale (dopo il D.l. 132/2014) - Judicium

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LUIGI VIOLA

Dichiarazioni rese al difensore: la nuova testimonianza extraprocessuale (dopo il D.l. 132/2014)

Sommario: 1. Introduzione 2. Il dato letterale 3. Nuova forma di testimonianza 4. Prova precostituita 5. Dies ad quem 6.

Fatti rilevanti 7. Capacità a testimoniare 7.1. La legittimazione alla partecipazione 8. Identificazione e avvertimenti 9.

Chiamata del testimone 10. Conclusioni.

1. Nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 12.9.2014, è stato pubblicato il testo del decreto legge n. 132 recante Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile1, la cui entrata in vigore è prevista per il 13.9.2014 (come indicato all’art. 23 del citato decreto).

L’obiettivo dichiarato dalla riforma è duplice:

-degiurisdizionalizzare, ovvero cercare di risolvere i conflitti inter partes anche con strumenti non prettamente processuali;

-ridurre l’arretrato processuale, anche per il tramite della creazione di nuovi istituti.

Il primo obiettivo vuole essere raggiunto con gli articoli che vanno dal n. 1 al n. 11; questi si occupano di due strumenti, di matrice a.d.r.:

-trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria;

-procedura di negoziazione assistita da un avvocato2.

Il secondo obiettivo vuole essere raggiunto con gli articoli che vanno dal n. 12 al n. 20; questi riguardano le seguenti novità:

-separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile;

-modifica al regime della compensazione delle spese3 (se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti);

-passaggio dal rito ordinario a quello sommario di cognizione4 (il giudice nell'udienza di trattazione, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma

1 Per uno schema e tabella delle novità, si veda BUFFONE, Schema delle novità e tabella: DL riforma Giustizia, in La Nuova Procedura Civile, 5, 2014.

2 Per un primo commento a questa novità, si rinvia a SPINA, Negoziazione assistita: primo commento sul nuovo istituto, in Altalex.com, 2014.

3 Questa novella si si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto de quo.

4 Per approfondimenti su questo rito, tra i diversi contributi, si vedano PORRECA, Il procedimento sommario di cognizione, Milano, 2011; CAPPONI, Note sul procedimento sommario di cognizione, in Judicium.it, 2010; CUTUGNO- DE GIOIA, Il procedimento sommario di cognizione, Forlì, 2009; SALEMI, Procedimento sommario di cognizione, Montecatini Terme (PT), 2010; MANDRIOLI-CARATTA, Come cambia il processo civile, Torino, 2009; VIOLA, Commento agli artt. 702bis-quater c.p.c., in VIOLA (a cura di), Codice di procedura civile (con commenti, schemi, formule), Padova, 2013; LUPOI, Sommario (ma non troppo), in Judicium.it., 2010.

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dell'articolo 702-ter e invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria);

-dichiarazioni scritte; la parte può produrre dichiarazioni di terzi capaci di testimoniare (si tratta di una sorta di testimonianza extraprocessuale);

-riduzione delle ferie; i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonchè gli avvocati e procuratori dello Stato avranno un periodo annuale di ferie di trenta giorni;

-aumento del saggio degli interessi legali;

-iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione;

-altre modifiche al processo esecutivo con monitoraggio.

2. In questa sede, si intende porre attenzione alla figura della dichiarazione scritta, di cui al nuovissimo art. 257 ter c.p.c., introdotto dal citato decreto; il nuovo art. 257 ter c.p.c., rubricato

“Dichiarazioni rese al difensore”, così recita: la parte può produrre, sui fatti rilevanti ai fini del giudizio, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate al difensore, che, previa identificazione a norma dell'articolo 252, ne attesta l'autenticità.

Il difensore avverte il terzo che la dichiarazione può essere utilizzata in giudizio, delle conseguenze di false dichiarazioni e che il giudice può disporre anche d'ufficio che sia chiamato a deporre come testimone.

Il dato letterale sembra consegnare alla parte processuale un’opportunità in più: quella di provare la bontà dell’assunto difensivo anche tramite una dichiarazione, rilasciata da terzi (con capacità a testimoniare), avente per oggetto fatti rilevanti ai fini del giudizio (della decisione).

3. Si tratta di una nuova forma di testimonianza in quanto la previsione de quo:

- è collocata sistematicamente al § 8 (della sezione III, capo II, del codice di rito), che si occupa della prova per testimoni;

- predica la dichiarazione di un terzo su fatti, che poi “entrano” nel processo; e la testimonianza - sia orale che scritta - è proprio una dichiarazione5 proveniente da un terzo6;

- esige la capacità di testimoniare;

- pretende l’identificazione secondo il modello dettato all’art. 252 c.p.c..

Bisogna però distinguerla dalle altre testimonianze:

-nella testimonianza orale, si ha una dichiarazione “verbale” di un terzo estraneo al processo nel senso indicato all’art. 2467 c.p.c., che depone su fatti di causa rilevanti ai fini della decisione, dopo l’ordinanza di ammissione ex art. 245 c.p.c., intimazione ex art. 250 c.p.c., informativa/giuramento ex art. 251 c.p.c.; la deposizione avviene presso il tribunale dove si sta svolgendo la causa (per l’art.

253 c.p.c. il giudice “dovrebbe” interrogare il testimone); si tratta di una prova costituenda;

5 VIOLA, Diritto processuale civile, Padova, 2013, 332

6 Con riferimento alla sola testimonianza orale, si legge in RUSCELLO, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2011, 169, che la testimonianza è una dichiarazione orale eseguita da un terzo, davanti al giudice e sotto giuramento, su fatti attinenti al processo e conosciuti direttamente dal dichiarante; in quest’ultimo senso, anche LEANZA, Le prove civili, Torino, 2012, 182.

7 Per approfondimenti, si veda VIOLA, La testimonianza nel processo civile, Milano, 2012, 110; DITTRICH, I limiti soggettivi alla prova testimoniale, Milano, 2000; MONTESANO-ARIETA, Trattato di diritto processuale civile, I, 2, Padova, 2001, 1308. Si legge in Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 21.5.2014, n. 11204, in La Nuova Procedura Civile, 4, 2014, che l’interesse che determina l’incapacità a testimoniare, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., è solo quello giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l’azione ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in un giudizio già proposto da altri cointeressati. Tale interesse non si identifica con l’interesse di mero fatto, che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui esso sia stato chiamato a deporre, pendente fra altre parti, ma identica a quella vertente tra lui ed un altro soggetto ed anche se quest’ultimo sia, a sua volta, parte del giudizio in cui la deposizione deve essere resa.

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-nella testimonianza scritta8, ex art. 257 bis c.p.c., si ha una dichiarazione di un terzo9 che fornisce, per iscritto, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato, purchè via sia accordo delle parti su tale modalità di deposizione; in questo caso, la testimonianza viene “disposta” all’interno del tribunale (come nel caso precedente), ma eseguita all’esterno; si tratta di una prova costituenda;

-nella testimonianza di cui al nuovissimo art. 257 ter c.p.c., che potremmo definire extraprocessuale, si ha una dichiarazione di un terzo10 per iscritto, comunque capace di testimoniare ed identificato, ma questa viene formulata al di fuori del processo; non vi è una disposizione del giudice come avviene nella testimonianza orale e scritta, ma è la parte che si attiva autonomamente a “raccogliere” la dichiarazione del terzo; sarà la parte stessa a procedere all’informativa e identificazione, nonché autentica; probabilmente11 si tratta di una prova precostituita.

4. Ci si chiede se la nuova prova di cui si discorre abbia natura di prova costituenda oppure precostituita; la domanda non è priva di conseguenze pratiche perché:

-se si attribuisce la natura costituenda, ovvero di mezzo di prova che si forma soltanto nel processo12, allora, per il suo esperimento, se ne dovrà fare richiesta al giudicante, con i connessi termini e modalità;

-se si attribuisce natura precostituita13, allora sarà la parte a produrre in giudizio tale prova, con i connessi termini e modalità.

A favore della natura costituenda, potrebbero indicarsi i seguenti elementi:

-si tratta di una testimonianza, consistendo in una dichiarazione di un terzo, con la conseguenza che, così qualificata, dovrebbe, al pari delle tradizionali testimonianze orali e scritte, riguardare le prove costituende; se è testimonianza, allora è una prova costituenda al pari delle altre forme di testimonianza;

-è pretesa la capacità di testimoniare, al pari delle forme più tradizionali di testimonianza;

-è preteso l’avvertimento dell’utilizzabilità in sede giudiziale.

Tuttavia, tali rilievi non convincono del tutto; si ritiene preferibile attribuire la natura giuridica costituenda perché:

-la dichiarazione può essere prodotta; la produzione normalmente riguarda le prove precostituite14 (come scritto, ad esempio, all’art. 183 comma 6, n. 2, c.p.c., dove è presente l’inciso “produzioni documentali”);

-il fatto che il difensore sia tenuto ad avvertire il terzo che la dichiarazione raccolta potrà essere utilizzata in giudizio non depone nel senso della natura costituenda, ma in favore di quella precostituita; infatti, se tale “prova” è utilizzabile nel processo, allora non si forma nel giudizio, con la conseguenza che non può avere natura costituenda (almeno nel senso tradizionale); id est: se è utilizzabile nel giudizio, allora non si forma dentro questo, ma al di fuori.

5. Accogliendo la preferibile ricostruzione della natura giuridica di prova precostituita, ne segue che la produzione testimoniale de quo seguirà modi e tempi delle più tradizionali produzioni documentali:

8 RINALDI, La testimonianza scritta nel processo civile, Santarcangelo di Romagna (RN), 2010; SAVARRO- BARTOLINI, La testimonianza scritta e orale nel nuovo processo civile, Piacenza, 2009; FERRO, Commento all’art.

257 bis c.p.c., in VIOLA (a cura di), Codice di procedura civile (con commenti, schemi, formule), Padova, 2013.

9 Sempre nello stesso senso di cui all’art. 246 c.p.c.

10 Sempre nello stesso senso di cui all’art. 246 c.p.c.

11 Per le ragioni che verranno spiegate più avanti.

12 MANDRIOLI-CARRATTA, Diritto processuale civile, vol. II, Torino, 2014, 177.

13 Le prove precostituite sono essenzialmente di tipo documentale; così COMOGLIO, Le prove civili, Torino, 2010, 15.

14 In tema di prove precostituite, si veda BALENA, Istituzioni di diritto processuale civile, Bari, 2012, 382.

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-l’attore potrà offrire in comunicazione la dichiarazione resa dal terzo, raccolta prima che il processo iniziasse; ciò in virtù dell’art. 163, comma 3, n. 5, c.p.c. laddove è scritto “in particolare dei documenti che offre in comunicazione”;

-anche il convenuto potrà offrire in comunicazione la dichiarazione resa dal terzo, raccolta prima che il processo iniziasse; ciò in virtù dell’art. 167 c.p.c., con riferimento all’inciso “i documenti che offre in comunicazione”;

-il dies ad quem, però, per il deposito della dichiarazione de quo, che potremmo definire

“testimonianza extraprocessuale”, è dato dalla c.d. seconda memoria di cui all’art. 183, comma 6, n.

2, c.p.c.; questa, difatti, ben può rientrare nella nozione di produzione documentale; eventualmente, può essere raccolta dopo la prima memoria e depositata in occasione della seconda;

-limitatamente al caso di contenuto di “prova contraria15”, la testimonianza extraprocessuale potrà essere depositata in occasione della c.d. terza memoria, ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c.; con riferimento a quest’ultima memoria, in virtù del silenzio della legge sul punto, nulla sembra vietare che la parte possa acquisire la c.d. testimonianza extraprocessuale16 nel periodo intercorrente tra seconda e terza memoria (venti giorni), procedendo al deposito in occasione di quest’ultima.

In pratica: la testimonianza extraprocessuale può:

-sia essere raccolta prima che il processo abbia inizio;

-sia essere raccolta a processo già iniziato; in quest’ultimo caso può:

a) essere raccolta dopo i primi scritti difensivi, ma prima della c.d. prima memoria;

b) essere raccolta dopo la c.d. prima memoria e depositata in occasione della seconda memoria;

c) essere raccolta dopo la c.d. seconda memoria e depositata in occasione della terza memoria; questo può valere solo nei limiti della “prova contraria”.

6. La testimonianza extraprocessuale, di cui si discorre, è ammessa solo su fatti rilevanti ai fini del giudizio; si deve trattare, cioè, di testimonianza che abbia ad oggetto uno o più fatti che siano idonei ad incidere sulla valutazione del giudice, ai fini della soluzione al caso; non una testimonianza su fatti irrilevanti, dunque.

Il riferimento ai fatti è generico, nel senso che non viene precisato se sia necessario riferirsi solo a quelli principali, ovvero anche a quelli secondari.

Invero, ciò è perfettamente comprensibile perché, al di là della distinzione tra principali e secondari17, quello che davvero conta è che possano incidere sul giudizio.

D’altronde, fatti secondari vanno intesi in senso relativo18, ovvero rapportati alla rilevanza in concreto rispetto alla causa petendi; così, esemplificativamente, se si discute di prescrizione, la data non è fatto secondario, ma primario; allo stesso modo se emerge un luogo al posto di un altro, discorrendosi di competenza territoriale.

La rilevanza può essere intesa in senso confermativo o rafforzativo di quanto provato anche in altro modo.

15 Per approfondimenti, si veda VIOLA, L’udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c., Milano, 2011, 191; si vedano anche BOVE-SANTI, Il nuovo processo civile tra modifiche attuate e riforme in atto, Matelica (MC), 2009;

BRIGUGLIO, sub art. 183, in BRIGUGLIO-CAPPONI (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, Padova, 2007; CARRATTA-MANDRIOLI, Come cambia il processo civile, Torino, 2009.

16 Purchè di segno contrario (c.d. prova contraria), secondo un modello di consequenzialità e simmetria (su questo sia consentito un rinvio a VIOLA, L’udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c., già cit.).

17 Per SAPONE, Il principio di non contestazione nel processo del lavoro, Milano, 2012, 70, non ha più senso discorrere di distinzione tra fatti principali e secondari dopo la legge 69/2009 che ha innovato l’art. 115 c.p.c.; per TEDOLDI, La non contestazione nel nuovo art. 115 c.p.c., in Riv. Dir. Proc., 2011, 84, non si può configurare un diverso statuto tra fatti principali e secondari perché tutti concorrono, con diverse gradazioni di rilevanza logica rispetto alla fattispecie legale, a provare l’esistenza o meno della situazione sostanziale dedotta in giudizio.

18 VIOLA, Le domande nuove inammissibili nel processo civile, Milano, 2012, 90.

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7. Relativamente alla capacità a testimoniare, sembra che il legislatore abbia implicitamente fatto riferimento all’art. 246 c.p.c., rubricato incapacità a testimoniare.

L’art. 246 c.p.c. fissa il limite dell’assunzione sotto il profilo della capacità: i soggetti “aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio” non possono essere assunti come testimoni.

Dalla mera lettera della legge si comprende che il giudice deve porre in essere un giudizio latamente condizionale19, chiedendosi se il possibile teste possa o meno avere un interesse alla partecipazione al giudizio; interesse concreto ed attuale visto che viene utilizzato il termine “aventi” al presente e non al futuro: l’interesse che qui può rilevare è quello immediato rapportato al momento in cui si raccoglie la testimonianza extraprocessuale.

L'interesse che determina incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., è solo quello giuridico, personale, concreto e attuale, che non si identifica con l'interesse di mero fatto che un testimone può avere a che venga decisa in un certo modo la controversia in cui esso sia chiamato a deporre20.

Va precisato, comunque, che deve trattarsi di un interesse non di mero fatto, ma giuridicamente esercitabile visto che è scritto “legittimare” e non permettere; pertanto, il giudizio è sì basato sulla possibilità, ma di tipo giuridico.

Relativamente all’art. 246 c.p.c. non rileva la sopravvenuta incapacità a testimoniare, ma solo quella presente; non dovrebbe essere considerato incapace il teste con riguardo al momento storico in cui si decide, ma limitatamente al momento in cui il difensore raccoglie la dichiarazione; se costui testimonia e, poi, in corso di causa dovesse divenire incapace nel senso che sopravvenga un interesse, ex art. 246 c.p.c., allora lo scrutinio del giudice dovrebbe limitarsi all’attendibilità.

7.1. La nozione a cui si riferisce l’art. 246 c.p.c., relativamente alla legittimazione alla partecipazione, non è pacifica in dottrina.

Per un primo filone interpretativo21, la latitudine della norma andrebbe limitata ai casi di solo intervento adesivo, ex art. 105 c.p.v. c.p.c., quello di tipo contrario – se astrattamente configurabile – legittimerebbe all’assunzione testimoniale.

Per un secondo filone interpretativo22, andrebbero estromessi solo i casi di intervento in via principale o litisconsortile, ex art. 105 comma 1 c.p.c.

Per un terzo preferibile filone interpretativo23, la partecipazione vietata va riferita a tutte le possibili modalità partecipative, così comprendendo non solo quella attorea e di convenuto, ma anche quella del terzo che venga chiamato ovvero intervenga nel processo (sia ad adiuvandum che opponendum);

del pari il consulente non potrebbe essere chiamato a testimoniare.

Tale interpretazione estensiva è legittimata dal rilievo che viene usato un termine generico come

“partecipazione” e non litisconsorzio; partecipazione, pertanto, nel senso di divenire parte sul piano sostanziale o processuale.

L'incapacità a testimoniare di cui all'art. 246 c.p.c. è correlabile soltanto ad un diretto coinvolgimento della persona chiamata a deporre nel rapporto controverso e tale da legittimare una sua assunzione della qualità di parte in senso sostanziale o processuale nel giudizio, e non già alla ravvisata sussistenza di un qualche interesse di detta persona in relazione a situazioni ed a rapporti diversi da quello oggetto della vertenza, anche in qualche modo connessi24.

19 VIOLA, La testimonianza nel processo civile, cit., 103.

20 Cass. Civ. Sez. II, 9-5-2007, n. 10545, in Foro It., 2007, 10, 1, 2956.

21 REDENTI, Diritto processuale civile, in VELLANI (a cura di), Milano, 1997, 263; SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 351.

22 ANDRIOLI, Prova testimoniale, in Nuov. Dig. It., XIV, 1967, 336.

23 LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, Milano, 2007, 382.

24 Cass. Civ. sez. II, 27-02-2007, n. 4500.

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La giurisprudenza prevalente condivide il terzo filone interpretativo.

L'interesse a partecipare al giudizio previsto come causa d'incapacità a testimoniare dall'art. 246 c.p.c. si identifica con l'interesse a proporre la domanda e a contraddirvi previsto dall'art. 100 dello stesso codice, sicchè deve ritenersi colpito da detta incapacità chiunque si presenti legittimato all'intervento in giudizio, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva e legittimazione passiva, tra legittimazione primaria e secondaria (intervento adesivo dipendente), tra intervento volontario e intervento su istanza di parte. In particolare, è incapace di testimoniare chi potrebbe, o avrebbe potuto, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario, nonchè il soggetto da cui il convenuto originario potrebbe, o avrebbe potuto, pretendere di essere garantito. La sussistenza di detta incapacità va valutata indipendentemente dalle vicende che rappresentano un posterius rispetto alla configurabilità di quell'interesse a partecipare al giudizio che determina la incapacità stessa, con la conseguenza che la presenza di una fattispecie estintiva del diritto azionabile, quale la prescrizione o la transazione, non fa venir meno il coinvolgimento nel processo e non fa, pertanto, riacquistare la incapacità a testimoniare25.

8. Il difensore è tenuto ad identificare il teste. Ciò deve avvenire secondo le modalità indicate all’art.

252 c.p.c.

Non è prevista una forma particolare per la “deposizione”, per cui non dovrebbe essere necessario:

-seguire il modello della domanda/risposta, di cui agli artt. 244 c.p.c. e 253 c.p.c.;

-utilizzare il c.d. modello ministeriale (come avviene nella c.d. testimonianza scritta), di cui all’art.

103 bis Disp. Att. c.p.c.

Si ritiene che l’identificazione in concreto costituisca un elemento essenziale, senza la quale la testimonianza extraprocessuale non potrà essere validamente “acquisita” al processo (salvo eventuali forme di sanatoria).

La parte deve avvertire il teste:

- che la dichiarazione può essere utilizzata in giudizio;

- delle conseguenze di false dichiarazioni;

- che il giudice può disporre anche d'ufficio che sia chiamato a deporre come testimone.

9. Relativamente al comma 2 dell’art. 252 c.p.c., le eventuali osservazioni delle parti sull’attendibilità del teste non potranno ovviamente essere fatte subito, ma successivamente alla produzione nel processo; precisamente, le osservazioni dovrebbero essere fatte nella prima occasione utile successiva.

E’ comunque possibile che il teste extraprocessuale venga chiamato a giudizio per deporre, tramite una vera e propria testimonianza orale; id est: il teste extraprocessuale può essere chiamato a deporre nel giudizio, visto che la parte finale del comma 2 dell’art. 257 ter c.p.c. recita che “il giudice può disporre anche d'ufficio che sia chiamato a deporre come testimone”.

In particolare, l’inciso “anche d’ufficio” sembra deporre nel senso che la “chiamata” potrà avvenire su iniziativa di parte, ovvero del giudicante.

La testimonianza, per così dire, endoprocedimentale, successiva a quella extraprocessuale, però, deve avere per oggetto quanto già “esposto” in sede di dichiarazione ex art. 257 ter c.p.c., oppure può riguardare anche “altri fatti”?

25 Cass. Civ., sez. III, 23-10-2002, n. 14963, in Gius, 2003, 4, 471.

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Si ritiene che la testimonianza del soggetto, già teste extraprocessuale, che venga chiamato a giudizio possa riguardare anche fatti diversi, purchè ne sia fatta espressa richiesta secondo le modalità di cui all’art. 244 c.p.c.; ciò in quanto:

-non vi è alcun divieto espresso in tal senso;

-lo strumento della testimonianza extraprocessuale è aggiuntivo rispetto alle tradizionali testimonianze (orale e scritta), con la conseguenza che lo stesso soggetto ben può dichiarare fatti diversi (non contraddittori), con modalità diverse (testimonianza orale, scritta, extraprocessuale).

10. Il nuovo strumento processuale appare molto flessibile; non si intravedono rigidi formalismi, ma opportunità defensionali maggiori.

Va anche considerato che può essere particolarmente utile “raccogliere” la testimonianza in via extraprocessuale, magari nell’imminenza del fatto, in quanto ciò potrebbe renderla anche più credibile perché avvenuta nell’imminenza del fatto; diversamente, la testimonianza orale tradizionale, sotto questo profilo, potrebbe risultare meno credibile, soprattutto se espletata a diversi anni di distanza dalla verificazione del fatto.

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