L’ECONOMIA REGIONALE
2020
A cura del Centro Studi e monitoraggio dell’economia di Unioncamere Emilia-Romagna:
Guido Caselli, Matteo Beghelli e Mauro Guaitoli.
Coordinamento
Claudio Pasini, Segretario Generale di Unioncamere Emilia-Romagna Chiuso il 17 dicembre 2020
Indice
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1. Scenario economico ... 3
2. Le previsioni per l’economia regionale ... 4
3. Demografia delle imprese ... 4
4. Mercato del lavoro. ... 6
5. Agricoltura. ... 6
6. Industria in senso stretto. ... 7
7. Industria delle costruzioni. ... 8
8. Commercio interno ... 8
9. Commercio estero. ... 9
10. Turismo. ... 10
11. Trasporti. ... 10
12. Credito. ... 11
13. Artigianato ... 12
L’economia regionale nel 2020
11. Scenario economico
1.1. L’economia mondiale
A seguito della pandemia da coronavirus, l’economia mondiale sta sperimentando la più intensa recessione dalla Grande depressione degli anni 30 dello scorso secolo, contenuta dagli interventi normativi e di politica fiscale e monetaria adottati in tutto il mondo.
Nella previsione dell’Ocse di dicembre il prodotto mondiale si ridurrà del 4,2 per cento nel 2020, per recuperare poi il 4,2 per cento nel 2021. La tendenza differirà marcatamente tra le principali economie. I paesi con un efficace sistema di test, tracciamento e isolamento realizzeranno i migliori risultati dall’avvio della pandemia. Dopo la caduta del 10,3 per cento subita nel 2020, il commercio mondiale avrà solo una parziale ripresa nel 2021 (-3,9 per cento). Secondo l’Ocse, negli Stati Uniti la recessione dovrebbe toccare il 3,7 per cento nel 2020 e essere seguita da una parziale ripresa nel 2021 (+3,2 per cento). La disoccupazione salirà dal 3,7 all’8,1 per cento nel 2020 e dovrebbe ridursi solo gradualmente negli anni, al 6,1 per cento nel 2021.Con una ripresa a “V” successiva alla caduta del primo trimestre, l’andamento del Pil in Cina rimarrà positivo anche nel 2020, seppure con una crescita contenuta (+1,8 per cento), per accelerare decisamente nel 2021 giungendo all’8,0 per cento.
1.2. L’area dell’euro
Dopo la più lunga fase di espansione economica sperimentata nell’area dell’euro dall’introduzione della moneta comune, la pandemia da Coronavirus ha condotto alla più profonda recessione della sua storia, La Banca centrale europea a dicembre prospetta un ulteriore contenimento della forte recessione del prodotto interno lordo dell’area per il 2020 (-7,3 per cento), alla quale dovrebbe fare seguito una più lenta ripresa nel 2021 (+3,9 per cento). L’aumento della disoccupazione contenuto nel 2020 (8,0 per cento) dalla riduzione delle forze lavoro è destinato a proseguire nel 2021 (9,3 per cento). L’indebitamento pubblico nell’area dell’euro salirà dallo 0,6 all’8,0 per cento del Pil nel 2020 e si ridurrà leggermente nel 2021 (6,1 per cento).
1.3. L’economia nazionale
Nel mese di dicembre Istat e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico hanno aggiornato i loro scenari economici relativi all’Italia.
Secondo l’Istat l’Italia registrerà una forte flessione del Pil nel 2020 (-8,9 per cento), seguita da una parziale ripresa parziale nel 2021 (+4,0 per cento).
I dati dell’Ocse non si discostano da quelli dell’Istat, un calo del PIL nel 2020 del 9,1 per cento, una lenta ripresa nel 2021 che si attesterà al 4,3 per cento. Caduta senza precedenti per gli investimenti che al termine del 2020 subiranno una perdita del 14,6 per cento, mentre nel 2021 non saliranno oltre 4,3 per cento. una vera ripresa potrà giungere solo nel 2022. Inoltre, la pandemia ha fortemente colpito le esportazioni di merci e servizi che dovrebbero chiudere l’anno con calo complessivo del 17,8 per cento, a fronte di una ripresa molto contenuta nel 2021 (+5,4 per cento).
Le previsioni Ocse indicano per l'Italia una disoccupazione al 9,4% nel 2020, all'11% nel 2021 e al 10,9%
per il 2022.
Il rapporto tra deficit pubblico e prodotto interno lordo, sempre sulla base dei dati Ocse, passerà dall’1,6 per cento del 2019 a un 10,7 per cento nel 2020 e si ridurrà parzialmente nel 2021 (6,9 per cento), per la ripresa dell’attività, ma potrà essere sostenuto dalla necessità di ulteriori interventi. Il rapporto tra debito pubblico e Pil dovrebbe quindi subire un deciso appesantimento, passando dal contenimento al 134,7 per cento del 2019 a una espansione che lo porterà al 159,8 per cento nel 2020, per poi ridursi lievemente al 158,3 per cento nel 2021. Il ritmo di crescita successivo alla crisi resta il fattore determinante per l’evoluzione del rapporto tra debito pubblico e Pil e per la sua sostenibilità.
1 Documento aggiornato con i dati disponibili al 17 dicembre 2020
Quadro di sintesi. L’economia regionale nel 2020. Aggiornamento dicembre 2020
Unioncamere Emilia-Romagna - Regione Emilia-Romagna 4
Nelle proiezioni di Banca d’Italia la recessione toccherà il 9,0 per cento nel 2020, nonostante il sostegno di ingenti interventi pubblici, e la ripresa non andrà oltre il 3,5 per cento nel 2021. La pandemia ha determinato un crollo delle ore lavorate (-12,8 per cento secondo Banca d’Italia) e una minore riduzione dell’occupazione. L’aumento dei disoccupati è stato contenuto dalla temporanea uscita dal mercato del lavoro di lavoratori non protetti. A fine 2020, secondo Banca d’Italia, l’occupazione dovrebbe scendere dell’1,8 per cento.
2. Le previsioni per l’economia regionale
Secondo Prometeia, “Scenari per le economie locali” edizione di ottobre, nel 2020 gli effetti della pandemia sul sistema economico determineranno una caduta del prodotto interno lordo dell’Emilia- Romagna prossima alle due cifre (-9,9 per cento), a fronte di un calo del Pil nazionale del 9,6 per cento.
Stime più recenti attenuano la flessione nazionale (Istat -8,9 per cento, Ocse -9,1 per cento), per cui è possibile ipotizzare una dinamica analoga in Emilia-Romagna, per una contrazione del Pil regionale compresa tra il -9,5 per cento e il -9 per cento.
Nel 2021 la ripresa dovrebbe essere apprezzabile, (+7,1 per cento, secondo gli scenari Prometeia di ottobre); in questo caso, sulla base delle stime più recenti relative all’Italia, la crescita dell’Emilia-Romagna potrebbe essere rivista al ribasso e compresa tra il 4 per cento e il 5 per cento, tenuto conto che gli effetti della pandemia si rifletteranno almeno sulla prima parte del nuovo anno. In ogni caso serviranno alcuni anni prima di recuperare quanto perso nel corso del 2020.
Per effetto dell’uscita dal mercato del lavoro di lavoratori non occupabili e scoraggiati, le forze di lavoro si ridurranno sensibilmente nel 2020 (-1,4 per cento) e nel 2021 la crescita compenserà solo parzialmente la perdita subita (+0,9 per cento). Nonostante le misure di salvaguardia adottate, l’occupazione nel 2020 si ridurrà del 2,1 per cento e non avrà una ripresa sostanziale nel 2021 (+0,2 per cento). Le misure di sostegno all’occupazione conterranno nel tempo e nel livello gli effetti negativi della pandemia sul tasso di disoccupazione, che nel 2020 salirà al 6,2 per cento e nel 2021 dovrebbe giungere sino al 6,9 per cento il livello più elevato dal 2016.
3. Demografia delle imprese
I dati del Registro delle imprese sulla nati-mortalità delle società da alcuni anni sono integrati con i dati sull’occupazione di fonte Inps, con un ritardo temporale di un trimestre. Al momento della redazione di questa nota congiunturale, i dati delle imprese fanno riferimento al mese di settembre 2020, quelli sull’occupazione a giugno.
Al 30 settembre 2020 le imprese attive in Emilia-Romagna erano poco meno di 400mila, 2.649 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-0,7 per cento), il numero degli addetti nelle imprese – 1,8 milioni a fine giugno 2020 - è diminuito di quasi 47mila unità (-2,5 per cento) rispetto a giugno 2019.
Le aziende straniere in Emilia-Romagna hanno superato quota 50mila, il 13 per cento del totale delle imprese regionali, il 3 per cento in più rispetto all’anno precedente. Si conferma la dinamica che vede il calo delle imprese con titolare italiano e la crescita degli stranieri che avviano un’attività imprenditoriale.
Edilizia, commercio al dettaglio e ristorazione i settori nei quali si concentrano le quote maggiori di società straniere.
Le imprese femminili costituiscono oltre un quinto del tessuto imprenditoriale regionale, il 14 per cento dell’occupazione. Nell’ultimo anno il numero delle imprese femminili è diminuito dello 0,6 per cento, mentre l’occupazione è calata del 3,3 per cento.
Variazioni ancora negative per quanto riguarda le imprese giovanili, diminuite nell’ultimo anno del 3 per cento. Nell’analizzare il dato occorre sempre ricordare che il calo del numero delle imprese giovanili va correlato sia all’andamento demografico della popolazione, sia al basso tasso di disoccupazione regionale;
a differenza di quanto avviene in altre parti del Paese la possibilità di trovare un lavoro alle dipendenze disincentiva scelte volte all’autoimprenditorialità.
I dati sulla demografia d’impresa suddivisi per settore mostrano una tenuta dei servizi avanzati e del comparto chimico, una flessione più marcata per il sistema moda. Per comprendere meglio le dinamiche in atto è opportuno analizzare i dati in maggior profondità.
Quadro di sintesi. L’economia regionale nel 2020. Aggiornamento dicembre 2020 5
Cosa è accaduto alla struttura produttiva regionale durante la pandemia? Prendiamo in esame il secondo e il terzo trimestre del 2020 e consideriamo come variabili le iscrizioni e le cessazioni annotate nel Registro delle imprese. Tradizionalmente i mesi centrali dell’anno rappresentano un periodo di incremento del numero delle imprese e anche il 2020 non ha fatto eccezione: a fronte di 8.455 iscrizioni sono state 6.507 le imprese che hanno dichiarato di aver cessato l’attività, per un saldo positivo di 1.948 nuove aziende.
Rispetto allo stesso semestre aprile-settembre del 2019 si assiste a una riduzione sia delle entrate che delle uscite – 11.409 iscrizioni, 9.579 cessazioni per un saldo positivo pari a 1.830. Dunque, dal punto di vista della nati-mortalità d’impresa la pandemia ha determinato una minor movimentazione ma una dinamica non dissimile da quella del recente passato.
Tuttavia, scavando nei numeri fino ad arrivare alla massima disaggregazione settoriale disponibile è possibile far emergere piccoli spostamenti, segnali di nuove tendenze e di un sistema economico che reagisce proattivamente al mutare dello scenario. Se, complessivamente le iscrizioni del semestre centrale del 2020 sono considerevolmente inferiori a quelle del 2019, vi sono alcune attività che mostrano significativi incrementi. Possiamo stilare una graduatoria delle 10 attività che nel periodo più duro della pandemia hanno registrato una forte propensione alla nascita di nuove imprese2.
La classifica riflette fedelmente i cambiamenti imposti nelle nostre vite dalla diffusione del virus e dal lock down: al vertice delle attività più dinamiche troviamo l’e-commerce, 210 nuove imprese nel semestre considerato, in forte incremento rispetto al trend del 2019 che appariva già in crescita. In generale ad aprire sono attività riconducibili in larga parte alla sanità e alla filiera del commercio a distanza che va dalle telecomunicazioni fino al corriere che consegna a casa.
Le attività più dinamiche.
Dove ne nascono di più Le attività meno dinamiche.
Dove ne nascono di meno
Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto
effettuato via internet
Attività non specializzate di lavori edili (muratori) Commercio all'ingrosso di articoli medicali ed
ortopedici Bar e altri esercizi simili senza cucina
Riparazione di elettrodomestici e di articoli per la casa
Procacciatori d'affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno
Commercio all'ingrosso di articoli antincendio e
antinfortunistici Ristorazione con somministrazione
Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto per corrispondenza, radio, telefono
Tinteggiatura e posa in opera di vetri Altre attività postali e di corriere Servizi degli istituti di bellezza
Altre attività paramediche indipendenti nca Servizi dei saloni di barbiere e parrucchiere Altre attività connesse alle telecomunicazioni nca Attività di mediazione immobiliare
Fabbricazione di apparecchi medicali (incluse parti
staccate e accessori) Confezione in serie di abbigliamento esterno Commercio al dettaglio di strumenti musicali e
spartiti Affittacamere per brevi soggiorni, case e
appartamenti per vacanze, b&b, residence
La stessa classifica la possiamo leggere partendo dal basso, dalle attività meno dinamiche che hanno registrato una forte flessione delle iscrizioni. A soffrire maggiormente le componenti più deboli della filiera delle costruzioni – muratori, artigiani – bar e ristoranti, i servizi alla persona, in particolare gli istituti di
2L’indicatore della propensione all’apertura di nuove attività è costruito tenendo conto del numero assoluto di nuove iscritte nel periodo aprile settembre 2020 confrontato con lo stesso periodo del 2019 e dell’incidenza delle nuove iscritte sul totale delle attive.
Quadro di sintesi. L’economia regionale nel 2020. Aggiornamento dicembre 2020
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bellezza e i saloni di barbiere e parrucchiere. È evidenza la correlazione con le restrizioni che hanno portato queste attività a lunghi periodi di chiusura. Tra le attività maggiormente colpite dall’impatto del Covid anche gli affittacamere per brevi soggiorni, avvisaglia della profonda sofferenza del comparto turistico.
4. Mercato del lavoro.
L’immagine che ci viene restituita dall’indagine Istat sulle forze di lavoro risente fortemente del blocco legislativo dei licenziamenti entrato in vigore a seguito dell’emergenza pandemica da CoVid-19 e che ne attenua fortemente gli effetti sull’occupazione. La vera portata della crisi innescata dal CoVid-19 apparirà nella sua interezza solo quando questo vincolo legislativo verrà meno o sarà attenuato.
Tra gennaio e settembre l’occupazione dell’Emilia-Romagna è mediamente ammontata a circa 1.993.000 persone, vale a dire oltre 37.000 occupati in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, con una contrazione dell’1,8 per cento.
Il tasso disoccupazione, che misura l’incidenza delle persone in cerca di occupazione sul totale delle forze di lavoro (cioè di coloro che hanno un lavoro o lo cercano attivamente), nei primi nove mesi del 2020 è stato mediamente pari al 5,6 per cento, in leggero aumento rispetto al 5,4 per cento dello stesso periodo dell’anno passato.
Il tasso di attività, che misura il peso delle persone con 15 anni e oltre lavorano sulla popolazione complessiva della medesima fascia d’età, nei primi nove mesi del 2020 ha raggiunto il 73,1 per cento.
Da punto di vista del genere va notato come il tasso di attività sia il risultato di un tasso di attività femminile superiore alla media nazionale e pari al 66,6 per cento (il corrispondente dato maschile si colloca al 79,6 per cento). Il tasso di disoccupazione femminile nello stesso periodo si è attestato al 6,8 per cento a fronte di un corrispondente valore maschile del 4,6 per cento.
I dati sin qui esporti non danno quindi conto di un peggioramento sostanziale del mercato del lavoro ma, come preannunciato, risentono positivamente – e in maniera sostanziale – del blocco legislativo dei licenziamenti.
Ben più evidenti gli effetti dell’epidemia da Sars-Cov-2 sui dati della cassa integrazione proprio perché, al fine di mantenere molti posti di lavoro attivi, la cassa integrazione è stata estesa e rifinanziata molte volte da febbraio a questa parte. L’aumento che si è registrato delle ore autorizzate di cassa integrazione è tale da aver modificato l’ordine di grandezza del fenomeno: si è passati dai 15,3 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate per i primi dieci mesi del 2019 agli oltre 252,1 milioni del periodo gennaio-ottobre dell’anno corrente, per un aumento di 16,47 volte (vale a dire il 1.547 per cento in più). A seguito dei diversi strumenti legislativi via, via adottati l’aumento è stato più consistente per la cassa integrazione ordinaria ed in deroga ma, proprio per l’alternarsi degli strumenti utilizzati per far fronte all’emergenza, ciò che conta è l’illustrato andamento complessivo del fenomeno.
5. Agricoltura.
Ricostruire l’andamento congiunturale dell’agricoltura nel suo complesso a questa data è operazione difficile. Alcune indicazioni si possono avere guardando alle singole voci.
Secondo i dati dell’Assessorato regionale relativi alla cerealicoltura, la produzione raccolta del frumento tenero è leggermente aumentata (+2,7), quella del frumento duro si è leggermente ridotta (-2,6 per cento) e quella del mais è aumentata dell’8,7 per cento. Le quotazioni del nuovo raccolto sulla piazza di Bologna hanno avuto un andamento positivo. Sono salite del 4,1 per cento per il frumento tenero fino n° 3, si sono impennate del 22,2 per cento per il grano duro e sono aumentati del 6,5 per cento i prezzi del mais.
Riguardo alla frutticoltura, non si dispone di dati sulla produzione di pere, la più rilevante, ma l’andamento di mercato è stato decisamente negativo dopo l’impennata dello scorso anno. La quotazione alla produzione delle Abate Fetel è caduta del 28,9 per cento e quella della William bianca è scesa del 18,2 per cento. A causa delle gelate tardive tra fine marzo e i primi di aprile, la produzione raccolta di pesche e nettarine è crollata, rispettivamente del 63,9 per cento e dell’81,1 per cento. Le quotazioni di entrambe sono schizzate alle stelle raddoppiando per le pesche e salendo del 138 per cento per le nettarine.
In tema di allevamento, tra gennaio a novembre, le quotazioni dei vitelli baliotti da vita pezzati neri 1°
qualità sono scese ulteriormente dell’12,7 per cento, quelle delle vacche da macello, le mezzene O2-O3, sono invece leggermente aumentate (+2,5 per cento).
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Secondo Agea le consegne di latte in Emilia-Romagna tra gennaio e settembre 2020 sono aumentate del 5,2 per cento, raggiungendo 1.553.138 tonnellate. Secondo il Consorzio tutela del formaggio Grana Padano, tra gennaio e , la produzione piacentina è stata di 560.561 forme con un incremento del 5,0 per cento. La quotazione del Grana Padano con stagionatura di 10 mesi è arretrata parzialmente rispetto allo scorso anno (-16,0 per cento). Secondo il Consorzio del formaggio Parmigiano-Reggiano, tra gennaio e novembre la produzione regionale è stata di 3.197.698 forme con un sensibile incremento (+4,6 per cento).
Le quotazioni hanno ceduto il 21,8 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sotto la pressione della maggiore offerta e della minore domanda.
È risultato negativo l’andamento di mercato dei suini. Da gennaio a novembre, le quotazioni dei grassi da macello (160-176kg circuito tutelato) hanno fatto registrare una nuova flessione (-4,1 per cento), mentre quelle dei lattonzoli di 30kg sono rimaste pressoché invariate (-0,4 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2019.
Ugualmente è risultato negativo il mercato degli avicoli. Il prezzo medio dei polli ha mostrato una nuova flessione (-6,1 per cento) dopo quella del 2019 e le quotazioni dei tacchini hanno invertito la tendenza e subito un ampio arretramento (-11,7 per cento). Infine, ha fatto eccezione il risultato economico delle uova le cui quotazioni sono state sostenute dal comportamento dei consumatori durante il lock down e sono aumentate dell’8,1 per cento.
Prosegue la tendenza negativa delle imprese attive nei settori dell'agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca che a fine settembre 2020 risultavano 54.848 ovvero 1.066 unità in meno (-1,9 per cento) rispetto allo stesso mese del 2019.
6. Industria in senso stretto.
6.1. La congiuntura
La pandemia ha determinato la più rapida recessione della produzione industriale regionale mai sperimentata dall’inizio della rilevazione congiunturale. Dopo un primo trimestre solo parzialmente interessato dal lock down, gli effetti della diffusione del virus si sono pienamente manifestati nel secondo, mentre il terzo trimestre ha mostrato da un lato la volontà di ripartire il prima possibile, dall’altro la difficoltà di riavviare le catene di produzione dopo uno shock di tale rilevanza, nonostante l’attenuazione delle misure di prevenzione.
La produzione industriale regionale tra gennaio e settembre 2020 è caduta dell’12,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019. Il fatturato ha perso l’11,9 per cento e gli ordinativi sono scesi del 10,5 per cento. L’accesso ai mercati esteri meno duramente colpiti nella prima fase della pandemia ha permesso di limitare le perdite, tanto che il fatturato estero si è ridotto del 7,6 per cento e gli ordini esteri sono risultati inferiori del 6,0 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019.
Ha mostrato una maggiore tenuta la produzione dell’industria alimentare e delle bevande (-3,9 per cento). L’industria meccanica e dei mezzi di trasporto perde l’11,1 per cento, la produzione della metallurgia e delle lavorazioni metalliche si riduce del 14,2 per cento, quella delle industrie della moda cade di più di un quinto (-21,2 per cento).
6.2. La base imprenditoriale
Le imprese attive dell’industria in senso stretto regionale a fine settembre 2020 risultavano 43.941 (pari all’11,0 per cento delle imprese attive della regione), con una diminuzione corrispondente a 535 imprese (- 1,2 per cento) rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. La velocità della tendenza negativa si è ridotta rispetto al -1,3 per cento del terzo trimestre 2019. Le imprese attive nell’industria in senso stretto nazionale hanno subito una riduzione analoga (-1,1 per cento).
Rispetto al settembre 2019 tengono le imprese dell’alimentare (+0,2 per cento), ma il segno rosso domina in tutti gli altri settori, in particolare in quello della moda (-3,1 per cento, -202 imprese) ed è rilevante anche la velocità di discesa nell’industrie della ceramica del vetro e dei materiali edili (-2,8 per cento).
Rispetto a cinque anni fa la base imprenditoriale dell’industria regionale è scesa del 6 per cento, perdendo 28.915 imprese. Le flessioni più ampie hanno riguardato l’industria della ceramica del vetro e dei materiali edili (-13,2 per cento), il sistema della moda (-828 imprese, -11,6 per cento), l’industria del legno e del mobile in legno (-10,7 per cento). Tengono meglio l’industria alimentare (-3,0 per cento) e la meccanica (-3,4 per cento).
6.3. Gli addetti delle localizzazioni di fonte Inps
A fine giugno gli addetti delle localizzazioni industriali in senso stretto in Emilia-Romagna ammontavano a 499.191, in lievissima flessione (-0,1 per cento) rispetto alla fine dello stesso mese dello scorso anno. La
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tendenza negativa regionale non appare sostanzialmente divergere da quella nazionale lievemente positiva (+0,2 per cento).
Rispetto allo scorso anno l’occupazione è aumentata nell’aggregato delle industrie meccanica, elettronica e dei mezzi di trasporto e nell’industria alimentare, ma si è sensibilmente ridotta nelle industrie della moda (+6,7 per cento).
7. Industria delle costruzioni.
7.1. La congiuntura
Dopo la fase di recessione di inizio decennio, dall’inizio del 2015, il settore delle costruzioni ha beneficiato di cinque anni di espansione, anche se non privi di incertezze. La pandemia determinato una netta inversione di tendenza che ha prodotto una caduta a due cifre nella prima metà dell’anno, seguita da una più contenuta perdita nel terzo trimestre. La riduzione del volume d’affari a prezzi correnti è comunque stata netta nei primi nove mesi dell’anno (-8,0 per cento), più pesante per le imprese di minore dimensione (-9,4 per cento), mentre quelle con almeno 20 addetti hanno resistito meglio (-4,3 per cento).
7.2. La base imprenditoriale
A fine settembre 2020 la consistenza delle imprese attive nelle costruzioni è risultata pari a 65.248 unità, 64 in più (+0,1 per cento) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si è interrotta la tendenza negativa che aveva raggiunto il culmine nel 2013 e da allora si era andata gradualmente indebolendo. Si è quindi registrato il primo segno di crescita tendenziale delle imprese delle costruzioni dal 2010. Nell’ultimo anno le imprese artigiane, che rappresentano il 77 per cento del totale del settore, sono diminuite di 148 unità, quelle straniere, 35 per cento del totale, sono aumentate di 528 unità.
7.3. Gli addetti delle localizzazioni di fonte Inps
A fine giugno scorso gli addetti delle localizzazioni delle costruzioni in Emilia-Romagna per l’Inps erano 134.280, in leggero aumento (+0,4 per cento) rispetto alla fine del giugno 2019. La tendenza risulta però sensibilmente inferiore alla variazione rilevata a livello nazionale (+1,0 per cento). Calano gli addetti delle attive nella costruzione di edifici (-626 unità, -1,9 per cento), mentre aumentano quelli delle operanti nei lavori di costruzione specializzati (+318 addetti, +0,3 per cento) e si registra un vero boom dell’occupazione nelle imprese di ingegneria civile (+814 addetti, +11,8 per cento).
8. Commercio interno
8.1. La congiuntura del commercio al dettaglio
I dati congiunturali evidenziano come l’epidemia di coronavirus abbia determinato una profonda recessione nel settore del commercio, accelerando e amplificando alcuni processi di cambiamento che erano già in atto. Nei primi nove mesi del 2020 le vendite a prezzi correnti per gli esercizi al dettaglio in sede fissa dell’Emilia-Romagna hanno subito una pesante caduta (-7,9 per cento) rispetto all’analogo periodo del 2019. Il risultato è stato determinato dall’andamento dei primi due trimestri, in particolare del secondo, mentre nel terzo trimestre l’allentamento della pressione della pandemia ha permesso di contenere la flessione. Le vendite dello specializzato alimentare si sono ridotte “solo” del 2,5 per cento, poco meno di quanto avvenne nello stesso periodo del 2009. Il dettaglio specializzato non alimentare ha subito invece una perdita decisamente più ampia (-14,1 per cento) e senza precedenti dall’inizio della rilevazione nel 2003. In particolare, la caduta è stata decisamente più forte per le vendite di abbigliamento e accessori (-25,1 per cento), più contenuta per quelle di prodotti per la casa ed elettrodomestici (-8,6 per cento) e di altri prodotti non alimentari (-10,4 per cento).
Al contrario, iper, super e grandi magazzini hanno registrato risultati economici positivi, grazie alla capacità di gestire la difficile contingenza e alle consegne a domicilio, ottenendo un notevole aumento delle vendite (+6,8 per cento), decisamente superiore a quello dello stesso periodo del 2019 (+0,3 per cento).
8.2. La base imprenditoriale
Al 30 settembre 2020, le imprese con sede in regione e attive nel complesso del commercio e nella riparazione di autoveicoli erano 87.996, il 22,1 per cento della base imprenditoriale. Rispetto ad un anno prima la loro consistenza è diminuita dell’1,6 per cento (-1.472 unità), ma negli ultimi cinque anni si è ridotta di 6.009 imprese (-6,4 per cento). Il macrosettore aggrega tre realtà abbastanza diverse tra loro. Quella con il maggiore numero di imprese è data dal commercio al dettaglio ove operavano 42.821 imprese,
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pari al 10,7 per cento della base imprenditoriale. È il settore che ha subito la flessione maggiore del numero delle imprese, sia negli ultimi dodici mesi, sono scese del 2,4 per cento (-1.055 imprese), sia negli ultimi cinque anni, con una perdita di 4.270 imprese (-9,1 per cento).
Il secondo settore per consistenza è quello del commercio all’ingrosso che vede la presenza di 34.277 imprese, pari all’8,6 per cento della base imprenditoriale regionale. Questo settore ha subito una flessione più contenuta, sia negli ultimi dodici mesi (-1,4 per cento, -492 imprese), sia negli ultimi cinque anni (-5,7 per cento, -2.058 imprese).
Il settore con la minore consistenza delle imprese è quello del commercio e riparazione di autoveicoli, ove operavano 10.898 imprese, pari al 2,7 per cento della base imprenditoriale regionale. Contrariamente ai precedenti, la base imprenditoriale di questo settore è leggermente aumentata sia nell’ultimo anno (+0,7 per cento), sia dal 2015 (+3,0 per cento).
8.3. Gli addetti delle localizzazioni di fonte Inps
Sulla base dei dati di fonte Inps relativi agli addetti delle localizzazioni (sedi o unità locali) di impresa in Emilia-Romagna, a fine giugno gli occupati del commercio ammontavano a 286.632, pari al 16,9 per cento degli addetti in regione, in diminuzione del 2,2 per cento rispetto alla fine dello stesso mese del 2019, per effetto della pandemia.
Il settore con il maggiore numero di addetti è quello del commercio al dettaglio, erano 147.468 pari all’8,7 per cento del totale regionale lo scorso giugno e hanno subito una sensibile flessione dal giugno 2019 (- 2,1 per cento. Il settore del commercio all’ingrosso occupava 100.601 addetti, pari al 5,9 per cento del totale regionale, che sono diminuiti del 2,9 per cento rispetto giugno 2019. Nel più piccolo settore del commercio e riparazione di autoveicoli l’occupazione ammontava a 38.563 addetti, pari al 2,3 per cento del totale regionale, e ha mostrato sia la migliore tenuta negli ultimi dodici mesi, contenendo la riduzione allo 0,5 per cento.
9. Commercio estero.
L’anno che volge al termine si è caratterizzato per gli effetti della pandemia da CoVid-19 su tutti gli ambiti della vita individuale e collettiva. Dal punto di vista economico, il rallentamento dell’attività produttiva e commerciale si è propagato a macchia d’olio tra i Paesi del mondo seguendo la diffusione del virus. Il commercio estero ne ha risentito pesantemente a mano a mano che le diverse aree erano costrette a sospendere o limitare fortemente l’attività economica per rallentare la diffusione del Sars-Cov-2. Questo ha prodotto conseguenze sull’organizzazione internazionale delle catene del valore che, con ogni probabilità, dispiegheranno i propri effetti ancora per gli anni a venire.
In particolare, il virus ha improvvisamente messo in discussione uno dei paradigmi fondamentali della globalizzazione: la possibilità di dislocare le diverse fasi dell’attività produttiva nei luoghi dove fosse maggiore il vantaggio comparato mantenendo il controllo dell’attività stessa. Improvvisamente, coordinare le attività produttive nei diversi Paesi è diventato molto complesso se non – a tratti – impossibile, generando blocchi produttivi per mancanza di input da processare che si sono susseguiti a quelli necessari per ritardare la diffusione del CoVid-19, determinando ingenti perdite economiche. Questo ha reso evidente l’importanza del controllo sugli elementi esterni, ambientali, che circondano le unità produttive mettendo in luce i vantaggi del dislocare la catena produttiva in un unico paese o in un’area a mercato unico, come l’Unione Europea, i cui diversi Paesi si sono sforzati di coordinare le misure di contenimento del virus evitando, il più possibile, blocchi lungo le catene di sub-fornitura.
Venendo alla nostra regione, nei primi nove mesi del 2020 le esportazioni dell’Emilia-Romagna sono state pari a 44,2 miliardi di euro, a fronte dei 49,4 miliardi dello stesso periodo dell’anno passato, per una riduzione del 10,6 per cento, una percentuale notevole, ma inferiore alle fosche aspettative maturate nei primi mesi dell’anno e inferiore alla contrazione registrata a livello nazionale (-12,5 per cento). In termini comparativi, l’Emilia-Romagna continua a mantenere la seconda posizione tra le maggiori regioni esportatrici del Paese alle spalle della sola Lombardia che possiede, però, un peso demografico doppio e che ha fatto registrare, invece, una contrazione superiore alla media nazionale (-13,4 per cento).
Non tutti i settori hanno riportato una contrazione delle proprie esportazioni, in considerazione dei diversi effetti della pandemia sui diversi comparti. I medicinali e prodotti farmaceutici (+37,6 per cento), il tabacco (+17,8 per cento) i prodotti da forno (+15,3 per cento) e le conserve (+10,2 per cento) così come le calzature (+4,7 per cento) e le macchine per agricoltura e silvicoltura (+3,2 per cento) fanno, infatti registrare variazioni positive, in alcuni casi anche di notevole entità. Va sottolineato che per alcuni comparti la crescita
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è da attribuire a una dinamica che riguarda l’intero settore, in altri comparti – in particolare nel tabacco e nelle calzature – il risultato è ascrivibile a pochissime imprese di grandi dimensioni.
Tra i settori che hanno fatto registrare variazioni negative se ne segnalano diversi tra quelli che vengono di norma ascritti all’ampio settore della meccanica. In questo ambito, si va dal -12,6 per cento delle macchine di impiego generale al -25,1 per cento delle macchine per la foratura ed altre macchine utensili.
In forte calo anche i prodotti siderurgici (-23,2 per cento) e i prodotti in cuoio (-22,6 per cento).
Fra i Paesi con un maggior peso sull’export regionale, alcuni hanno fatto registrare variazioni positive.
Si tratta, in particolare, di Svizzera (+8,6 per cento, su cui incide fortemente il dato delle calzature), Giappone (+3,0 per cento, variazione correlata all’export di tabacco) e Canada (+0,7 per cento). Tra i Paesi che hanno registrato una contrazione modesta degli acquisti dalla nostra regione vi sono la Turchia (-2,5 per cento), Cina (-3,8 per cento), Belgio (-6,4 per cento), Germania (-7,1 per cento) e Polonia (-7,8 per cento). Fra i Paesi più importanti per il nostro export, quelli che hanno registrato contrazioni maggiori si collocano Spagna, (-15,0 per cento), Austria (-13,8 per cento), Regio Unito (-13,5 per cento) e Stati Uniti (- 13,5 per cento).
10. Turismo.
Il movimento turistico nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere dell’Emilia-Romagna viene rilevato dall’Osservatorio Turistico Regionale realizzato congiuntamente dalla Regione Emilia-Romagna e da Unioncamere Emilia-Romagna, in collaborazione con Trademark Italia. La metodologia prevede la rivalutazione periodica delle statistiche ufficiali realizzata utilizzando un panel di operatori e riscontri indiretti delle presenze (uscite ai caselli autostradali, arrivi aeroportuali, movimenti ferroviari, ecc.).
Il settore del turismo vive di aspettative positive per il futuro e di percezione positiva del presente per questo motivo è il settore che prima e più intensamente degli altri ha dovuto affrontare le conseguenze della pandemia di CoVid-19. Alla pressoché completa scomparsa dei flussi durante i primi mesi della pandemia è seguita una lenta ripresa nella tarda primavera che si è consolidata durante la parte centrale dell’estate. Ne risulta, comunque, una fortissima contrazione nel saldo dei primi nove mesi dell’anno che, sicuramente, si consoliderà durante l’ultimo trimestre 2020 a seguito dell’impetuoso diffondersi della seconda ondata pandemica su tutto il territorio nazionale e all’estero, a partire dai Paesi europei (nostri maggior clienti turistici).
L’industria turistica regionale chiude, così, i primi dieci mesi del 2020 con una contrazione degli arrivi di oltre il 44 per cento (da poco meno di 12 milioni e 6,6 milioni) e del 36,6 per cento delle presenze. Diverso il comportamento della clientela nazionale e di quella straniera con gli italiani in diminuzione del 26,7 per cento in termini di presenze e gli stranieri del 66,8 per cento – che equivale a dire la riduzione ad un terzo delle presenze straniere.
In termini di prodotti turistici, quelli che hanno maggiormente risentito della diminuzione dei flussi sono state le città (-56,5 per cento di arrivi) a seguito del radicale mutamento della percezione di queste mete determinato dal CoVid-19 che ha consigliato di mantenersi lontani dai luoghi a elevato carico antropico.
All’opposto, la minor contrazione è stata quella registrata dalle località appenniniche (-24,2 per cento), sempre per la stessa ragione. La riviera nei primi dieci mesi dell’anno ha registrato un calo del 37 per cento degli arrivi e del 33 per cento delle presenze.
11. Trasporti.
11.1. Trasporti marittimi
La parte di gran lunga più consistente del trasporto marittimo dell’Emilia-Romagna si svolge attraverso il porto di Ravenna. Le vicende del trasporto marittimo regionale vengono quindi analizzate tramite lo studio della situazione della città romagnola.
Secondo i dati Istat, (il cui ultimo aggiornamento disponibile è al 2017) lo scalo portuale ravennate ha rappresentato il 6,1 per cento del movimento merci portuale italiano, occupando il terzo posto sui quarantatré porti italiani censiti, preceduto da Trieste e Genova e seguito da Livorno e Venezia.
Venendo alla situazione congiunturale, le conseguenze della pandemia da CoVid19 si sono fatte sentire anche sul versante dei trasporti marittimi. Secondo i dati divulgati dall’Autorità portuale ravennate, nei primi
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dieci mesi del 2020 il movimento merci è ammontato a oltre 18 milioni e 529 mila tonnellate, vale a dire un valore inferiore del 16,1 per cento rispetto a quello registrato l’anno passato per lo stesso periodo. Il traffico passeggeri a seguito del blocco delle navi da crociera si è praticamente azzerato, facendo registrare una flessione del 98 per cento.
11.2 Trasporti aerei
Nei primi 10 mesi del 2020 il sistema aeroportuale emiliano-romagnolo ha notevolmente risentito degli effetti della diffusione della pandemia da CoVid-19. In particolare, il maggiore tra gli aeroporti, quello di Bologna, ha fatto registrare una contrazione del proprio trasporto di passeggeri pari al 70,8 per cento, per un totale di 2 milioni e 328 mila a fronte degli oltre 8,4 milioni dello stesso periodo del 2019. In forte contrazione, anche se di una entità decisamente minore, il traffico merci che, con oltre 32mila 500 tonnellate movimentate, fa registrare una contrazione del 20,5 per cento. Il secondo degli aeroporti regionali per traffico passeggeri, quello di Rimini, fa registrare una contrazione ancora superiore (86,5 per cento) dei passeggeri dei primi dieci mesi del 2020, che si fermano a 49.600 unità.
Forte contrazione anche per i passeggeri dell'aeroporto di Parma che sono passati da 70.600 dei primi dieci mesi del 2019 a 24.700 dello stesso periodo del 2020 con un calo del 65 per cento. L’aeroporto Ridolfi di Forlì è tornato all’operatività il 28 ottobre dell’anno in corso, per cui un confronto con l’anno passato non è possibile.
12. Credito.
Secondo i dati della Banca d’Italia aggiornati al mese di settembre i prestiti bancari sono aumentati negli ultimi dodici mesi del 3,1 per cento. A crescere sono maggiormente gli impieghi verso le imprese, 4,3 per cento, mentre quelli erogati alle famiglie hanno registrato un incremento dell’1,4 per cento. In sensibile aumento anche i depositi di imprese e famiglie consumatrici, +10,5 per cento. In calo rispetto al passato il tasso di deterioramento del credito, mentre risulta in aumento il tasso di ingresso delle nuove sofferenze.
I rapporti tra banca e impresa in Emilia-Romagna sono tradizionalmente oggetto di analisi dall’Osservatorio sul credito che Unioncamere Emilia-Romagna e le Camere di commercio attive in regione realizzano congiuntamente dal 2009.
La lenta marcia verso il miglioramento rispetto alle forti criticità innestate dalle crisi degli anni 2008-2011 (due crisi, lo ricordiamo, generate da problemi e squilibri finanziari) sembrava essersi arrestata nel primo semestre 2019. In particolare, la battuta d’arresto appariva più evidente per quel che riguarda i parametri di costo del finanziamento, mentre il livello di gradimento per i parametri d’accesso non registrava mutamenti di particolare rilievo.
Su questa situazione si sono innestate le pesanti conseguenze economiche generate dal diffondersi a livello globale della pandemia da Sars-Cov-2 che però, differentemente da quanto successo per le crisi sopra citate, sono state fronteggiate in maniera celere ed energica sia tramite la politica monetaria dalla BCE (con la riattivazione del quantitative easing più volte rilanciato ed ampliato), sia tramite la politica fiscale espansiva dei singoli governi europei (e, in prospettiva, della stessa Commissione tramite il programma Next Generation EU). Questi interventi sono certamente da mettere in relazione col fatto che il livello di soddisfazione registrato per i parametri di costo del credito (tasso applicato, garanzie richieste e costo complessivo) sono migliorati nel primo semestre 2020, distanziandosi dalla soglia psicologica del 50 per cento ed invertendo la tendenza rispetto all’anno passato.
Completamente diversa la situazione relativa ai parametri di accesso al credito che hanno fatto segnare una contrazione dei livelli di soddisfazione per tutte le metriche rilevate (quantità di credito disponibile, strumenti finanziari offerti dalle banche e tempi di valutazione per le richieste di finanziamento). Con ogni probabilità, la tipologia completamente nuova di crisi rispetto a quelle sperimentate negli ultimi 70 anni ha, da una parte, messo le imprese davanti alla necessità di enormi quantità di credito e di strumenti finanziari nuovi che gli istituti di credito non sono stati in grado di soddisfare, per lo meno non nei tempi imposti da una crisi finanziaria di tale entità e velocità. Anche nel caso dei parametri di accesso al credito, questa evoluzione segna una inversione di tendenza rispetto all’anno passato.
In termini settoriali, i comparti che riportano una situazione migliore rispetto alla media sono meccanica e alimentare, mentre quelli che riportano una situazione meno favorevole sono le tessili, abbigliamento e cuoio.
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Un aspetto particolarmente delicato del rapporto tra banca e impresa, soprattutto alla luce delle problematiche inerenti ai non performing loans bancari nel nostro Paese, è costituito dalla capacità delle imprese di far fronte ai propri impegni con gli istituti di credito. Da questo punto di vista, gli effetti della crisi innescata dal CoVid-19 si sono fatti sentire notevolmente. Mentre nei primi sei mesi del 2019 solo il 3,5 per cento delle imprese non era stato in grado di far fronte ai propri impegni, nello stesso periodo del 2020 tale percentuale è salita al 21 per cento. Di queste, il 16 per cento non ha adempiuto facendo ricorso agli accordi tra ABI e le Associazioni di impresa per la moratoria del credito mentre il restante 5 per cento non ha fatto ricorso a questi accordi.
13. Artigianato
13.1. La congiuntura dell’artigianato manifatturiero
A seguito della pandemia, la tendenza negativa avviata nel terzo trimestre 2018 è divenuta la più ampia e rapida recessione mai rilevata, tanto che l’artigianato manifatturiero regionale ha chiuso i primi nove mesi del 2020 con una forte caduta dell’attività. La produzione è scesa del 15,6 per cento, con un andamento particolarmente pesante nel secondo trimestre (-22,2 per cento). Il risultato appare decisamente peggiore rispetto a quello ottenuto dal complesso della produzione della manifattura regionale (-12,2 per cento). La piccola quota delle imprese operanti sui mercati esteri ha tratto sollievo da una loro maggiore tenuta nel complesso il fatturato è sceso del 15,4 per cento, quello estero del 6,4 per cento.
13.2. La congiuntura dell’artigianato delle costruzioni
Con l’inizio dell’anno, per gli effetti della pandemia, il volume d’affari a prezzi correnti delle imprese artigiane delle costruzioni ha decisamente invertito la tendenza positiva precedente e, nonostante un progressivo contenimento dell’intensità della flessione, nei primi nove mesi dell’anno ha subito una caduta dell’8,6 per cento rispetto all’analogo periodo del 2019. Il movimento accentua lievemente la perdita registrata dal volume d’affari a prezzi correnti del complesso delle imprese delle costruzioni regionali (-8,0 per cento).
13.3. La base imprenditoriale
La base imprenditoriale dell’artigianato dell’Emilia-Romagna consisteva a fine settembre 2020 di 124.625 imprese attive, vale a dire 1.282 imprese in meno (-1,0 per cento) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con una flessione leggermente più ampia rispetto a quella riferita al complesso dell’artigianato italiano nello stesso periodo (-0,5 per cento).
La flessione è da attribuire principalmente alla manifattura, ove risultano attive 26.786 imprese (-559 imprese, -2,0 per cento), al trasporto e magazzinaggio, settore ove operano 9.609 imprese (-278 imprese, -2,8 per cento) e alle altre attività dei servizi (-220 unità, -1,4 per cento) che comprendono 15.087 imprese.
Al contrario sono aumentate di 110 unità (+2,2) le imprese del complesso del noleggio, di agenzie di viaggio e dei servizi di supporto alle imprese che risultano 5.148.
Rispetto a un decennio prima, le imprese artigiane sono state più che decimate (-12,8 per cento, -18.357 unità). La caduta è stata determinata da quella delle imprese delle costruzioni (-16,6 per cento, -10.055 imprese), da quella più rapida nella manifattura (-17,7 per cento, pari a 5.773 imprese) e dalla perdita di oltre un quarto delle imprese dei trasporti e magazzinaggio (-26,7 per cento, corrispondenti a 3.503 unità).
13.4. L’occupazione
Sulla base dei dati Inps, gli addetti delle imprese dell’artigianato dell’Emilia-Romagna a fine giugno 2020 erano 290.750, vale a dire 7.321 in meno (-2,5 per cento) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. La flessione più marcata riguarda il sistema moda, -7,1 per cento, seguita dalla meccanica (- 5,7 per cento), dalla ristorazione (-4,6 per cento) e dalla logistica (-4,2 per cento).
14. Cooperazione
Al 30 settembre 2020 le cooperative attive in regione erano 4.745, il 2,3 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Gli occupati in imprese cooperative a giugno 2020 erano 243mila, il 3,4 per cento in meno rispetto a giugno 2019. Sia in termini di numero di società sia in quello di addetti la cooperazione sembra aver subito maggiormente l’impatto della pandemia. Nello specifico, guardando ai comparti più rilevanti per il mondo cooperativo, le flessioni più elevate riguardano il magazzinaggio (-5,9 per cento le imprese, -7,8 per cento l’occupazione pari -2.400 addetti), il comparto della costruzione di edifici (-15,8 gli
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addetti). Anche l’assistenza sociale non residenziale ha registrato un calo occupazionale che ha sfiorato il 10 per cento; dinamica opposta per l’assistenza sociale residenziale che con un aumento degli addetti del 20 per cento ha compensato la flessione del non residenziale. Altri comparti in crescita sono quelli dei servizi alle imprese (in particolare i servizi di pulizia), i trasporti terrestri e i lavori di costruzione specializzati.
Sulla base delle stime effettuate dal Centro studi e ricerche di Unioncamere Emilia-Romagna il fatturato delle imprese delle cooperative nel corso del 2020 ha registrato una flessione del 7,4 per cento, più contenuta rispetto al -10,7 per cento registrato dalla totalità delle imprese.