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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL RUOLO

Relazione sullo stato della giurisprudenza

Rel. n. 104 Roma, 22 luglio 2010 Oggetto: FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO - IN GENERE - Ordinanza di vendita - Reclamo - Termine - Decorrenza - Dalla effettiva conoscenza del provvedimento - Fondamento.

Con sentenza n. 11503 del 12 maggio 2010, rv. 613225, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione (Pres. Panebianco UR.; Rel Piccininni C.; P.M. Golia A.

– concl. conf. –; in causa Island Finance Icr S.p.a./Curatela fall, Camedil Ferlisi S.r.l.

n. Reg. Gen. 4850/05; resa all’udienza del 4 marzo 2010; n. Reg. Sez. 541/10), ha enunciato il seguente principio di diritto, così massimato da questo Ufficio:

<<Il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo avverso l’ordinanza di vendita immobiliare ai sensi dell’art. 26 legge fall., decorre dall’effettiva conoscenza dell’avvenuta emissione dell’ordinanza medesima e non dalla notificazione o comunicazione del provvedimento, atteso che la formale comunicazione risponde ad una specifica e diversa finalità, che è quella di consentire al creditore di intervenire, facendo valere le proprie ragioni ed assicurandosi la realizzazione di un prezzo adeguato>>.

Nella motivazione della sentenza si rileva che mentre secondo i giudici di merito detto termine sarebbe dovuto decorrere dalla “conoscenza dell’avvenuta emissione delle ordinanze di vendita”, intervenuta “molto tempo prima del canonico termine di dieci giorni”, secondo la tesi prospettata dal ricorrente - che non aveva contestato il fatto della conoscenza del decreto - detto termine sarebbe dovuto decorrere dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza di vendita, che non vi sarebbe mai stata. La pronuncia in esame aderiva, quindi, all’orientamento espresso dalla Corte che valorizzava la specifica finalità cui risponde la notifica dell’ordinanza di vendita, consistente nel consentire ai creditore di intervenire per far valere le proprie ragioni ed assicurarsi la realizzazione di un prezzo adeguato, e che pertanto non rileva ai fini del decorso del termine per l’impugnazione.

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Richiamava, in particolare, due pronunce della Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, la sentenza n. 14002 del 27/09/2002, rv. 557654 e la sentenza n. 4783 del 26/02/2010, rv. 611913.

In particolare la sentenza n. 14002 del 2002 ha affermato il principio così massimato da quest’ufficio: “È inammissibile il reclamo proposto per l’impugnazione congiunta di più provvedimenti separati ed autonomi del giudice delegato al fallimento, tanto più quando per molti di essi, emessi in tempi diversi(nella specie, oltre due mesi prima), il reclamante sia ampiamente decaduto dall’impugnazione, operando detta decadenza “ope legis” allo scadere del termine previsto ex art.26 legge fall. e decorrente dalla conoscenza dei provvedimenti stessi”.

La sentenza n. 5235 del 11/06/1997, rv. 505119, ha affermato il seguente principio: “In sede di liquidazione dell’attivo fallimentare, la vendita di beni mobili inscritti in pubblici registri è soggetta alla disposizione dell’art. 108 legge fall. circa l’obbligo di notificare un estratto dell’ordinanza di vendita ai creditori ipotecari o titolari di diritto di prelazione, atteso che tale norma, ancorché specificamente dettata per i beni immobili, si pone in correlazione al regime pubblicitario per essi previsto e, quindi, deve trovare applicazione analogica nei riguardi dei mobili registrati, sottoposti ad analogo regime di pubblicità. La finalità cui risponde la suddetta notificazione è, in ogni caso, quella di porre i creditori, già ammessi al passivo con diritto di prelazione, in condizione di partecipare all’incanto (o alla gara di alienazione del bene senza incanto) per evitare il pregiudizio che può derivare al loro bene da una vendita insufficiente, e pertanto la mancanza di tale notificazione non comporta che il creditore che sia comunque venuto a conoscenza del provvedimento e sia perciò in condizione di far valere le proprie ragioni, possa esimersi dal rispetto del termine per proporre eventuale reclamo al tribunale ai sensi dell’art. 26 legge fall., essendo a tale fine elemento essenziale non già la notificazione dell’ordinanza che dispone la vendita, bensì la conoscenza effettiva che di quest’ultima abbia avuto il creditore”.

Si segnala che la Prima Sezione civile, con la sentenza n. 4783 del 26/02/2010, rv.

611913, si è pronunciata in maniera difforme rispetto al citato orientamento, enunciando il principio così massimato da questo Ufficio: “In tema di reclamo endofallimentare avverso i decreti del giudice delegato, ai sensi dell’art. 26, comma terzo, legge fall.

(mod. dal d.lgs. n. 5 del 2006), il termine di dieci giorni decorre, per l’istante, dalla comunicazione integrale del provvedimento o dalla sua notificazione fatta dal curatore con modalità idonee a garantirne l’avvenuta ricezione (posta, posta elettronica, telefax); pertanto, nel caso in cui il curatore si sia limitato a dare comunicazione dell’esito negativo dell’istanza, realizzando solo una parziale ed incompleta conoscenza del provvedimento, deve applicarsi il termine lungo di novanta giorni, di cui al quarto comma dell’articolo richiamato”.

Nella motivazione della predetta sentenza la Sezione esponeva i seguenti elementi a sostegno della soluzione prospettata: il tenore letterale della disposizione, che richiede, ai fini della equivalenza della comunicazione del curatore a quella prevista dall’art. 136 c.p.c., che l’atto potenzialmente suscettibile di reclamo sia trasmesso per intero; la necessità di privilegiare comunque una interpretazione costituzionalmente orientata, con riferimento nella specie ad un’adeguata tutela del diritto di difesa, che risulterebbe esageratamente compresso nel caso di eccessiva ristrettezza dei termini di impugnazione, a fronte di una parziale ed incompleta conoscenza del provvedimento suscettibile di censura; la diversità fra ufficio di cancelleria e ufficio del curatore, che non consente una loro equiparazione rispetto alla posizione dell’originario istante e potenziale reclamante, tenuto conto della diversità delle modalità di accesso all’ufficio

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pubblico (aperto continuativamente al servizio dell’utenza) e a quello privato; gli stretti termini previsti per il reclamo (dieci giorni), dettati dalle esigenze di celerità proprie delle procedure concorsuali, ma il cui rispetto presuppone tuttavia la conoscenza completa del provvedimento ovvero la più ampia facoltà di accesso per averne piena notizia; la ragionevolezza dunque di una diversità di disciplina rispetto ai termini di impugnazione fra le comunicazioni di cancelleria e quelle del curatore (idonee le prime a far scattare il termine breve per il reclamo, inidonee a tale scopo le seconde); la

“ratio” della disposizione in esame, finalizzata da un lato a snellire ed accelerare l’andamento della procedura (di qui la previsione della facoltà per il curatore di provvedere direttamente alla comunicazione degli atti, con effetti analoghi a quelli della loro notificazione) e, dall’altro, ad assegnare al curatore compiti in sintonia con la sua posizione di parte (sia pure con connotati del tutto peculiari) nel procedimento fallimentare.

Evidenziava, quindi, la Corte che il termine “comunicazione” riferito dal secondo periodo dell’ art. 26, comma 3, legge fall. risultava adottato non in termini tecnico- processuali (art. 136 c.p.c.), ma atecnicamente, e cioè nel senso di “trasmissione di notizia”, come si evincerebbe pure dalla equiparazione, sotto il profilo effettuale, della notizia data secondo le modalità ivi indicate alla notificazione del provvedimento e che la soluzione adottata dal legislatore fosse in linea con il ruolo ed i compiti assegnati al curatore con l’entrata in vigore della nuova normativa, compiti che ne avrebbero accentuato l’autonomia rispetto all’ufficio del giudice delegato e che mal si sarebbero conciliati con un potere di comunicazione di contenuto analogo a quello esercitato ai sensi dell’art. 136 c.p.c.; assumeva, invece, che la facoltà concessa al curatore di porre in essere attività idonee a determinare effetti equivalenti alla notificazione di un atto nella sua integrità risulterebbe del tutto compatibile con le funzioni che egli è chiamato ad esercitare.

Nel senso della decorrenza del termine per l’impugnazione della comunicazione, e non dalla conoscenza del provvedimento, si segnalano altre pronunce, che si riportano a seguire:

- la sentenza della Prima Sezione civile n. 1746 del 25/01/2008, rv. 601538, così massimata: “In tema di reclamo endofallimentare avverso i decreti del giudice delegato, ai sensi dell’art. 26 legge fall. (nel testo vigente anteriormente al d.lgs. n. 5 del 2006), il termine iniziale di decorrenza per la relativa presentazione coincide con la comunicazione del decreto alla parte, da effettuarsi, di regola, ai sensi degli artt. 136 e s. cod. proc. civ., ovvero con forme equipollenti, che però non possono prescindere da un’attività del cancelliere, organo infungibilmente deputato a tale incombenza processuale, secondo il predetto art. 136 e l’art.

45 disp. att. cod. proc. civ.. (Nella specie, la S.C. cassando con rinvio il decreto del tribunale fallimentare che aveva ritenuto tardivo il reclamo avverso l’ordinanza di vendita immobiliare e il decreto di trasferimento, di cui parte ricorrente era venuta a conoscenza in altro processo esecutivo, ha ritenuto che la predetta conoscenza non fosse in realtà effettiva poichè acquisita non già dalla banca ricorrente bensì da un procuratore legale che la rappresentava in un distinto processo, diverso da quello fallimentare)”;

- la sentenza della prima sezione civile n. 20279 del 20/10/2005, rv. 583855 così massimata: “Il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso straordinario per Cassazione (art. 111 Cost.) avverso il decreto pronunziato in sede di reclamo dal tribunale

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fallimentare ex art. 26 legge fall. decorre dalla sua comunicazione da parte della cancelleria ai sensi degli artt. 136 cod. proc. civ. e 45 disp. att. cod. proc. civ. (consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario), potendo tuttavia detta comunicazione essere validamente eseguita anche in forme equipollenti (Nella specie la S.C. ha ritenuto valido equipollente della comunicazione la dichiarazione resa nella cancelleria dal procuratore della parte, con la quale questi aveva rinunciato alla relativa notificazione)”. (Conf. Cass. Sez. I, Sez. 1, Sentenza n. 2615 del 07/02/2007, rv. 599755);

- la sentenza della Prima Sezione civile n. 5450 del 11/03/2005, rv. 580145, così massimata: “Il perfezionamento della notifica effettuata ai sensi dell’art. 140 cod. pro. civ. - richiede il compimento di tutti gli adempimenti stabiliti da tale norma (deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi; affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario; notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento), con la conseguenza che, in caso d’omissione di uno di essi (nella specie, mancata affissione dell’avviso alla porta dell’abitazione), la notificazione è nulla e, benchè la nullità sia sanata dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, l’effetto sanante si realizza soltanto nel momento di tale ricezione, con la conseguenza che il rispetto del termine d’impugnazione decorrente dalla notificazione dell’atto va computato avendo riguardo a quest’ultima data (nella specie, la Corte Cass. ha riformato la pronuncia di merito, affermando che il reclamo proposto ex art. 26, legge fall., avverso il decreto del giudice delegato, doveva ritenersi tempestivo, dovendo computarsi il dies a quo dell’impugnazione avendo riguardo alla data della ricezione della raccomandata)”;

- la sentenza della Prima Sezione civile n. 11441 del 12/10/1999, rv. 530603, così massimata: “Il termine di dieci giorni per proporre reclamo avverso i provvedimenti del giudice delegato decorre dalla comunicazione ad opera della cancelleria; non può considerarsi equipollente alla comunicazione la pubblicazione del provvedimento (nella specie, ordinanza di vendita di complesso aziendale e altre attività fallimentari) su quotidiani; infatti, le comunicazioni di cancelleria ammettono la possibilità di forme equipollenti, purché da queste risulti la certezza, in forza dell’attività del cancelliere, dell’effettiva presa di conoscenza da parte del destinatario della notizia da comunicare e della data in cui la comunicazione è avvenuta, requisiti assenti nella pubblicazione su quotidiani dell’avviso di vendita di beni fallimentari”;

- la sentenza della Prima Sezione civile n. 10791 del 29/10/1998, rv. 520204, così massimata: “In tema di reclamo endofallimentare avverso i decreti del giudice delegato (art.

26 legge fall.), momento iniziale di decorrenza del termine per la relativa presentazione (originariamente coincidente con la data del provvedimento del G.D.) risulta quello della comunicazione del decreto alla parte, da effettuarsi, di norma, ai sensi degli artt. 136 segg.

cod. proc. civ., ovvero in forme equipollenti (quali, ad esempio, la firma “per presa visione”

apposta, sul provvedimento, dal difensore), che non possono, comunque, prescindere da un’attività del cancelliere, organo infungibilmente deputato a tale incombenza processuale, giusto disposto del ricordato artt. 136 del codice di rito e dell’art. 45 disp. att. cod. proc. civ., con la conseguenza che nessuna efficacia possono rivestire, all’uopo, le eventuali missive inviate dal curatore ai creditori interessati (nella specie, contenenti la comunicazione dell’avvenuto

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deposito del piano di riparto dell’attivo). (Vedi Corte cost. nn. 42 del 1981, 303 del 1985, 55 e 156 del 1986)”.

(Red. Gianluigi Pratola)

Il direttore

(Mario Rosario Morelli)

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Giurisprudenza di legittimità

Cass. Sez. 1, n. 11503 del 15/05/2010, rv. 613225 Cass. Sez. 1, n. 4783 del 26/02/2010, rv. 611913 Cass. Sez. 1, n. 1746 del 25/01/2008, rv. 601538 Cass. Sez. 1, n. 20279 del 20/10/2005, rv. 583855 Cass. Sez. 1, n. 5450 del 11/03/2005, rv. 580145 Cass. Sez. 1, n. 14002 del 27/09/2002, rv. 557654 Cass. Sez. 1, n. 11441 del 12/10/1999, rv. 530603 Cass. Sez. 1, n. 10791 del 29/10/1998, rv. 520204 Cass. Sez. 1, n. 5235 del 11/06/1997, rv. 505119

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