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C. App. BRESCIA Sentenza n.267 del 2014 RG-23.2014

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R E P U B B L I C A I T A L I A N A

I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O

La Corte d’Appello di Brescia, Sezione Lavoro, composta dai Sigg.:

Dott. Antonella NUOVO Presidente rel Dott. Mauro MOCCI Consigliere

Dott. Giuseppina FINAZZI Consigliere ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa civile promossa in grado d’appello con ricorso depositato in Cancelleria il giorno 17/01/14 iscritta al n. 23/14 R.G. Sezione Lavoro e posta in discussione all’udienza collegiale del 29/05/14

d a

INPS-SCCI SPA, in persona del legale rappresentante pro-tempore rappresentato e difeso dall’Avv.to Floriana COLLERONE e Mirella MOGAVERO giusta procura generale alle liti, elett.te dom.to c/o Avv.ra Distrettuale INPS.

RICORRENTE APPELLANTE c o n t r o

BETELLI GIUSEPPINA LETIZIA, rappresentata e difesa dall’Avv.to Loredana BASCHENIS di Bergamo, domiciliatario giusta delega in atti.

RESISTENTE APPELLATA In punto: appello a sentenza n. 941/13 del 12/12/13 del Tribunale di Bergamo.

OGGETTO:

Altre controversie in materia di previdenza obbligatoria

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Conclusioni:

Del ricorrente appellante:

Come da ricorso

Del resistente appellato:

Come da memoria

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 17.1.2014 l’INPS proponeva appello contro la sentenza n. 941/13 del Tribunale di Bergamo, con la quale era stata accolta la domanda di Betelli Giuseppina Letizia ed era stato condannato l’istituto a riconoscerle il periodo contributivo dal gennaio 2004 al 31 marzo 2012, in cui aveva prestato lavoro per la Gruppo Gestioni Scuole s.r.l., poi divenuta Arcobaleno 09 s.r.l. con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e nel corso del quale la datrice di lavoro non aveva versato la dovuta contribuzione alla quarta gestione, avendo il giudice di primo grado ritenuto applicabile anche a questa categoria di lavoratori autonomi il principio di automaticità delle prestazioni. Lamentava l’appellante l’errore di diritto, essendo chiaro che la norma limita al lavoratore subordinato in senso stretto il principio dettato dall’art. 2116 c.c..

Si costituiva in giudizio la Betelli replicando in fatto e diritto agli argomenti svolti a sostegno della impugnazione e chiedendo la conferma della decisione.

All’udienza odierna la causa veniva discussa e decisa come da separato dispositivo, del quale veniva data lettura.

Motivi della decisione

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L’ appello fondato.

Il sistema di assicurazione sociale per l’invalidità la vecchiaia e i superstiti si caratterizza per essere obbligatorio, per tutti i lavoratori subordinati e autonomi, ma solo per quanto riguarda i primi e solo in forza del disposto dell’art. 2116 cod. civ., a cui è stata data attuazione mediante la modificazione dell’art. 27 comma 2 RD n.

636/39 ad opera dell’art. 40 L n. 153/69 e con l’art. 3 d. legisl. n.

80/92, è stabilito il cd principio di automaticità delle prestazioni.

E poiché si tratta di una deroga alle norme generali in materia di assicurazioni sociali, deroga che non sarebbe possibile in assenza di una disposizione specifica, non è consentito applicare quelle disposizioni a rapporti di natura diversa da quelli di lavoro subordinato. In altri termini, non è sufficiente la presenza di un elemento comune, ossia l’imposizione dell’obbligo di versamento dei contributi a soggetto diverso da quello assicurato, per consentire una estensione analogica di una disciplina che, oltre ad essere posta quale eccezione al principio generale della copertura assicurativa, necessiterebbe anche di una copertura finanziaria con oneri a carico della stessa o altre gestioni Inps o dello Stato.

L’art. 2 L n. 335/95 ha introdotto la quarta gestione per attuare una forma previdenziale obbligatoria che comprendesse tutte le categorie di lavoratori altrimenti privi di tutela. In questa gestione sono comprese tipologie di attività lavorativa molto diverse fra loro e anche tipologie di attività che non sono certo assimilabili al lavoro subordinato.

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I collaboratori continuativi, che devono iscriversi nella quarta gestione, sono dall’ordinamento e in particolare dalla L n. 335/95, art.

2 comma 26, assimilati ai lavoratori autonomi ed è pacifico che per i lavoratori autonomi non è prevista da alcuna disposizione l’automaticità delle prestazioni a prescindere dalla copertura assicurativa. La circostanza che le collaborazioni continuative siano state, qualche volta, ma qui la circostanza non è neppure allegata, utilizzate in modo simulato per mascherare rapporti di lavoro subordinato a minor costo per le aziende è ovviamente irrilevante e non giustifica una equiparazione di queste figure di lavoratori autonomi ai lavoratori subordinati e, conseguentemente, rilievi di illegittimità costituzionale per disparità di trattamento.

In senso contrario non può essere richiamata la giurisprudenza in materia di art. 13 L n. 1338/62. Questa disposizione, che consente la costituzione di una rendita vitalizia con onere a carico del datore di lavoro inadempiente all’obbligo di versamento dei contributi (caduti in prescrizione), prevede unicamente una forma di risarcimento del danno in forma specifica.

Ma il risarcimento del danno per equivalente (previsto per i lavoratori subordinati dall’art. 2116 cod. civ.), non è certo precluso, in base ai principi generali, al collaboratore continuativo quando per inadempimento del committente subisca un danno pensionistico.

Né, a sostegno della opposta interpretazione, può essere utilizzata la sentenza delle Corte Costituzionale 374/1997, come pure ha fatto il primo giudice, in quanto il giudice delle leggi, che si

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doveva occupare del diverso problema delle ricongiunzione dei periodi contributivi in gestioni diverse (INPS, per il quale esisteva una omissione da parte del datore di lavoro, e INPDAP) sotto il profilo che il mancato versamento dei primi condizionerebbe la ricongiunzione stessa e quindi la pensione futura.

Nella pronunzia della Corte non si afferma che il principio dell’automaticità delle prestazioni previdenziali vale per ogni lavoratore autonomo o subordinato che sia, salvo che la legge che istituisce quel fondo o quella gestione non lo escluda espressamente.

Così infatti si esprime la Corte “Infatti la ricorrente ha agito in giudizio, originariamente, nei confronti del solo INPS, chiedendone la condanna al versamento a favore dell'INPDAP dei contributi in questione, al fine di ottenere la ricongiunzione del periodo assicurativo interessato; l'INPS ha eccepito che la legge non prevederebbe tale obbligo di versamento; l'INPDAP a sua volta ha sostenuto che in assenza di tale versamento esso non potrebbe riconoscere il relativo periodo assicurativo: e infine il giudice a quo, persuaso della tesi interpretativa dell'INPS, ha impugnato le norme sul trasferimento dei contributi in caso di ricongiunzione, sostenendo che da esse deriverebbe l'addossamento all'assicurato del rischio derivante dalla mancata copertura assicurativa, poiché non troverebbe applicazione il principio di automaticità, secondo cui la prestazione previdenziale spetta anche in relazione ai periodi per i quali i contributi dovuti, nei limiti della prescrizione decennale, non sono stati effettivamente versati.

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Ma tale premessa interpretativa non è esatta.

Occorre infatti tenere distinto il rapporto previdenziale- assicurativo, che riguarda da un lato il lavoratore (e il datore di lavoro), dall'altro l'ente previdenziale alla cui gestione quegli è iscritto, dal rapporto fra i due enti previdenziali, che si instaura nel caso in cui si provveda alla ricongiunzione dei periodi assicurativi.

Nell'ambito del primo rapporto, il principio generale - espresso dall'art. 2116 del codice civile (non a caso inserito fra le pochissime disposizioni codicistiche in materia di previdenza e assistenza obbligatorie), ed espressamente ribadito, con riguardo alla assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti, dall'art. 27, secondo comma, del r.d.l. 14 aprile 1939, n.

636, come da ultimo sostituito dall'art. 23-ter del d.l. 30 giugno 1972, n. 267, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1972, n. 485 - è quello secondo cui le prestazioni spettano al lavoratore anche quando i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati. Tale principio di "automaticità delle prestazioni", con riguardo ai sistemi di previdenza e assistenza obbligatorie, trova applicazione non già, come afferma il remittente,

"solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui", ma - come si esprime l'art. 2116 cod. civ. - "salvo diverse disposizioni delle leggi speciali": il che significa che potrebbe ritenersi sussistente una deroga rispetto ad esso solo in presenza di una esplicita disposizione in tal senso.

Detto principio costituisce una fondamentale garanzia per il

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lavoratore assicurato, intesa a non far ricadere su di lui il rischio di eventuali inadempimenti del datore di lavoro in ordine agli obblighi contributivi, e rappresenta perciò un logico corollario della finalità di protezione sociale inerente ai sistemi di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Garanzia, questa, ulteriormente rafforzata dal legislatore, in attuazione di una direttiva comunitaria, attraverso la sua estensione al caso di obblighi contributivi non adempiuti e prescritti, gravanti su un datore di lavoro sottoposto a procedure fallimentari o di amministrazione straordinaria (art. 3 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, recante "Attuazione della direttiva 80/987/CEE in materia di tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro").

Il rapporto fra i diversi enti previdenziali, che si instaura nel caso di ricongiunzione dei periodi assicurativi, ha invece tutt'altri oggetto e portata. La relativa disciplina, dettata dal legislatore, è volta a realizzare un equilibrio di situazioni patrimoniali fra le diverse gestioni, allorquando in forza della ricongiunzione si venga a costituire presso una di esse una posizione assicurativa, a favore del lavoratore, che sostituisce ed assorbe quella già esistente presso l'altra. A tal fine la legge prevede sia il trasferimento alla gestione di destinazione dei contributi "di pertinenza" della gestione di provenienza; sia, in certi casi, l'accollo all'assicurato di un onere finanziario, inteso a coprire parzialmente il costo che ha per la gestione di destinazione, che sia caratterizzata da prestazioni più favorevoli e da obblighi contributivi superiori, il riconoscimento a

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favore dell'assicurato medesimo di un periodo contributivo maturato nell'ambito della gestione di provenienza, caratterizzata da minori prestazioni e minori contributi (cfr. art. 2, terzo comma, della legge n.

29 del 1979); sia, infine, il principio per cui gli oneri residui eventualmente derivanti dall'applicazione delle norme sulla ricongiunzione, determinandosi il diritto e la misura delle prestazioni in base alle norme in vigore nella gestione di destinazione (art. 7, primo comma), restano a carico di quest'ultima (art. 3 della stessa legge).

Tale regolamento dei rapporti patrimoniali fra le diverse gestioni è indipendente dalla garanzia per l'assicurato delle prestazioni a lui spettanti. Con la ricongiunzione - alle condizioni, ivi comprese quelle relative all'eventuale onere a carico dell'interessato, stabilite dalla legge - l'assicurato consegue il trasferimento presso la gestione di destinazione della medesima posizione assicurativa che già gli spettava presso la gestione di provenienza. Ora, se questa posizione comprendeva anche il riconoscimento di periodi contributivi in ordine ai quali i contributi dovuti non siano stati effettivamente versati - secondo il principio di automaticità di cui si è detto - tale riconoscimento non può non trasferirsi alla posizione assicurativa che si costituisce, con la ricongiunzione, presso la nuova gestione: poiché la ricongiunzione ha proprio la finalità e l'effetto di trasferire presso la nuova gestione la posizione assicurativa già posseduta dal lavoratore presso la gestione di provenienza, nella sua integrale consistenza. Ciò indipendentemente dalla applicabilità o

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meno, su cui il remittente non prende posizione, del principio di automaticità alle prestazioni rese, secondo la disciplina ad esse propria, dalla gestione di destinazione in relazione ai periodi contributivi maturati sotto la propria competenza: ciò che conta infatti nella specie - ed è pacifico - è che la posizione assicurativa da trasferire con la ricongiunzione è caratterizzata dalla applicabilità di quel principio.

Il problema ulteriore, se in tale ipotesi la gestione di provenienza debba anche versare a quella di destinazione i contributi dovuti e non riscossi, sopportando così in definitiva l'onere che ad essa avrebbe comunque fatto carico nel caso in cui avesse dovuto erogare le relative prestazioni previdenziali, ovvero se tale onere debba far carico piuttosto alla gestione di destinazione, in quanto onere "residuo" ai sensi dell'art. 3 della legge n. 29 del 1979, va risolto dal giudice sul piano interpretativo, sulla base delle norme e dei principi da esse ricavabili: fermo restando che detto onere non potrebbe essere addossato all'interessato nemmeno computando i contributi non versati nella differenza fra la riserva matematica necessaria per la copertura assicurativa, presso la gestione di destinazione, relativa al periodo utile considerato, e le somme versate dalla gestione di provenienza, ai sensi dell'art. 2, terzo comma, della legge, poiché altrimenti si verrebbe per altra via a far gravare sul lavoratore il rischio dell'inadempimento contributivo, in contrasto col principio che caratterizza la posizione assicurativa già spettantegli, e trasferita con la ricongiunzione”.

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Nulla, quindi, può arguirsi da questa decisione in relazione all’estensione del principio a categorie di lavoratori autonomi, tanto è vero che, come esattamente ricorda la stessa ricorrente, la consapevolezza che il principio non era, neppure in via di interpretazione costituzionalmente orientata, già presente nel sistema normativo previdenziale, aveva portato alla redazione di ben due progetti di legge che erano all’esame del Parlamento prima della caduta di due diversi governi e che avevano lo scopo di estendere il principio ai lavoratori coordinati e continuativi, ora lavoratori a progetto.

Ne consegue l’accoglimento dell’appello con conseguente reiezione della domanda della Betelli.

La novità della controversia e la qualità delle parti giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

In riforma della sentenza n. 941/13 del Tribunale di Bergamo, respinge la domanda dell’appellata; compensa le spese di ambo i gradi.

Brescia 29.5.2014

Il Presidente est.

Dott. Antonella Nuovo

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