TAGETE -ARCHIVES OF LEGAL MEDICINE AND DENTISTRY
TAGETE 1-2012 Year XVIII ISSN 2035 – 1046
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LA MEDIAZIONE
NEL CASO DI RESPONSABILITA' MEDICA DELL’EQUIPE CHIRURGICA
Silvia Stefanelli*
La recente sentenza Cassazione penale 20/12/2011, n. 46961 - seppure intervenuta in ambito penale per il quale non si applica oggi la preliminare mediazione - mi ha suggerito una serie di riflessioni relativamente ai casi (numerosi) in cui ci si troverà, invece, a gestire la mediazione multiparte in ambito di responsabilità medica.
Vediamo prima brevemente il caso.
La cassazione Penale viene chiamata a decidere sulla condotta dei due sanitari endoscopisti - primo operatore ed aiuto - che avevano proceduto all’asportazione di un linfonodo ed ai quali era stato addebitato di non avere adeguatamente protetto le strutture nervose del collo, sì da determinare, con il fallimento dell’intervento, una lesione irreversibile del nervo accessorio spinale sinistro e di un ramo nervoso pertinente al plesso cervicale sinistro.
La Cassazione coglie l’occasione per precisare alcuni concetti.
1) nozione di attività medico-chirurgica in equipe: la Cassazione stabilisce che l’attività di equipe è quella contraddistinta dalla partecipazione e collaborazione tra loro di più medici e sanitari, che interagiscono per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Tale collaborazione può essere poi
* Foro di Bologna, Mediatore ex DM180/2010.
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a) contestuale: questo è il caso degli interventi chirurgici di gruppo o di equipe, laddove i singoli apporti collaborativi di tipo scientifico (di anestesisti, chirurghi, ecc.) ed i contributi meramente ausiliari (di infermieri specializzati, ecc.) si integrano a vicenda ed in un unico contesto temporale in vista del conseguimento del risultato sperato;
b) successiva, ove invece si ha un unitario percorso diagnostico o terapeutico che si sviluppa attraverso una serie di attività tecnico - scientifiche di competenza di sanitari o gruppi di sanitari diversi, temporalmente e funzionalmente successive (in quanto le une sono il presupposto necessario delle altre: ad esempio, radiografia, analisi cliniche, diagnosi, intervento chirurgico), ma unificate dal fine della cura e salvaguardia della salute del paziente.
2) profili di responsabilità: in ambito di responsabilità di équipe il criterio generalmente applicato è quello del c.d. “principio di affidamento”, in base al quale ogni soggetto non dovrà ritenersi obbligato a delineare il proprio comportamento in funzione del rischio di condotte colpose altrui, ma potrà sempre fare affidamento, appunto, sul fatto che gli altri soggetti agiscano nell’osservanza delle regole di diligenza proprie, salvo il dovere di sorveglianza di chi riveste la posizione apicale all’interno del gruppo
L’applicazione di tale principio non trova però applicazione nei casi - come quello analizzato - in cui la colpa attenga all’inosservanza di obblighi “comuni” o “indivisi” tra i vari operatori. La scelta infatti dei due endoscopisti (primo operatore ed aiuto) che non aver adeguatamente protetto le strutture nervose del collo configurava una “scelta di fondo” rilevanti ai fini dell’intervento, riconducibili ad entrambi gli operatori: per cui entrambi erano da considerare responsabili in concorso.
Chiarito il caso, ragioniamo ora sulle problematicità nell’ipotesi in cui una controversia analoga a questa venisse portata in mediazione, trattandosi - come peraltro la più parte di mediazione in ambito di responsabilità medica - di una mediazione multiparte.
Tale tipologia di mediazione si presenta infatti molto complessa nella sua gestione.
In primo luogo, uno degli elementi più importanti nella mediazione multiparte è la scelta del mediatore.
Quest’ultimo infatti non deve lasciarsi sopraffare dalla molteplicità delle posizioni e/ dei problemi portati in mediazione: non vi è dubbio infatti che ogni soggetto avrà una o più strategie di negoziazione che potranno intersercarsi tra loro ed in qualche modo rendere molto difficoltoso orientarsi per identificare i reali interessi delle parti.
Per questo motivo il mediatore deve essere in grado di concentrasi e gestire bene il processo, più che cercare di ottenere il controllo delle parti.
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In alcuni casi, poi, potrà risultare più opportuno nominare un co-mediatore o addirittura un team di mediatori, che potrebbero gestire separatamente i diversi gruppi di soggetti in mediazione.
Pensiamo, ad esempio, all’ipotesi in cui siano presenti in mediazione la struttura sanitaria, più medici (es. anestesista e chirurgo) e magari altri operatori professionali (infermieri ecc. ) e tutte le relative assicurazioni.
In una ipotesi di tal genere potrebbe verificarsi che ogni soggetto ha una posizione diversa (qualche volta capita che le posizioni delle assicurazioni siano in contrasto con quelle degli assicurati).
In tal caso, dopo avere identificato e coinvolto (tramite l’attività dell’Organismo) tutte le parti che possono essere interessate alla mediazione, sarà necessario sentirle tutte separatamente, identifcare i gruppi di interesse, lavorare sulle diverse MANN e cercare di generare più opzioni possibili, anche attraverso un’attività di informazione separata di tutte le parti, valutanto poi con attenzione il momento adatto per una eventuale mediazione.
A tal fine, essendo opportuno che non trascorra molto tempo tra una sessione ed un’altra, sarà senza dubbio necessario lavorare in co-mediazione o addirittura in un team di mediatori.
Ciò richiederà grande affiatamento e competenza tra i mediatori che lavorano insieme.
Inoltre sarà necessaria una grande capacità di gestione e di controllo della procedura che potrà essere affidata o ad entrambi i co-mediatori o, nel caso di team, ad un mediatore più esperto che potrà coordinare l’intero iter.