• Non ci sono risultati.

Maurizio Hazan

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Maurizio Hazan"

Copied!
39
0
0

Testo completo

(1)

TAGETE 1-2011 Year XVII

209

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA ED ASSICURAZIONE DELLA RC AUTO: OPPORTUNITÀ, LIMITI E PROBLEMI APPLICATIVI.

1

Maurizio Hazan

1) Introduzione: una scelta oculata?; 2) Il rapporto tra la mediazione conciliativa e le procedure obbligatorie stragiudiziali della responsabilità civile auto; 3) Le controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti: loro individuazione; 4) Alcune questioni processuali:

litisconsorzio, patto di gestione della lite, pluralità di danneggiati, acconto provvisionale; 5) Valore e vincolatività della c.d. clausola di mediazione; 6) La proposta del mediatore in caso di “contumacia” di una o più parti.

1) INTRODUZIONE: UNA SCELTA OCULATA?

La nuova disciplina della così detta “mediazione conciliativa” copre oggi – obbligatoriamente – la quasi totalità dei rapporti assicurativi, avendo attratto entro il proprio ambito di applicazione le controversie aventi ad oggetto, da un lato, la materia dei contratti assicurativi, dall’altro l’area del “risarcimento del danno derivante da circolazione dei veicoli e natanti”. Così, a far tempo dal 20

1 Di prossima pubblicazione su un “il Civilista civile” di Giuffrè Edioni

Avvocato, Milano.

(2)

TAGETE 1-2011 Year XVII

210 marzo 20111, l’instaurazione di un procedimento giudiziale dovrà, di necessità ed a pena di improcedibilità, esser preceduto dall’esperimento del tentativo di conciliazione con riferimento a vertenze insorte tra le parti di un contratto assicurativo (e riguardanti la validità, l’interpretazione e/o l’esecuzione dello stesso). Con riguardo alle ben più frequenti controversie in materia di circolazione stradale, nell’ambito delle quali le imprese di assicurazione vengono coinvolte non – o non tanto – in forza di polizza bensì in veste di legittimate passive dell’azione diretta dei terzi danneggiati2, la data di introduzione della mediazione obbligatoria decorrerà - presumibilmente - dal 20 Marzo 20123

Vedremo, tra breve, come l’estensione del campo di applicazione della mediazione conciliativa obbligatoria alla RC auto – esclusa invece dalla stesura del primo schema di decreto legislativo – pur rivelando l’intenzione di assoggettare alla nuova disciplina la quasi totalità delle vertenze di matrice assicurativa - finisca per risultare disomogenea e poco coerente4, recando con sé

1 La previsione di una procedura di mediazione obbligatoria per determinate materie (v. art. 5 del D.Lgs.

28/2010) è stata oggetto di aspre contestazioni da parte del Consiglio Nazionale Forense che in più di una occasione, compresa l’incontro informale tenutosi in data 13 gennaio 2011 alla presenza del Ministro Angelino Alfano, ha chiesto la sua eliminazione e, in ogni caso, un rinvio del termine del 20 marzo p.v.

per la sua entrata in vigore. Si vedano il comunicato stampa del CNF del 3 febbraio u.s. (Mediazione, CNF: bene il lavoro al senato) e la comunicazione dell’Ordine degli Avvocati del 14 gennaio u.s.

(Incontro con il ministro Alfano sulla mediazione).

2 Art. 5, primo comma, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28: “Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto (…) L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale …”

3 E’ di questi giorni la notizia che il decreto c.d. “milleproroghe” potrebbe prevedere il rinvio di un anno della data di introduzione della mediazione obbligatoria per la materia condominiale e per quella relativa al risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. Fonte: Il Sole 24 ore, Per la conciliazione partenza a singhiozzo, 17 Febbraio 2011.

4 In verità, le particolari dinamiche del così detto “indennizzo diretto” e le discussioni conseguentemente sorte attorno alla possibilità di ricondurlo – o meno - all’interno del sinallagma contrattuale/assicurativo avrebbero forse consentito, già prima di tale estensione, di sostenere la riconduzione della nuova procedura liquidativa nell’ambito di applicazione del primo schema di decreto legislativo; non altrettanto, peraltro, avrebbe potuto opinarsi a proposito della procedura stragiudiziale ordinaria di cui all’art. 148 cap., in quanto riguardante soggetti non legati da alcun rapporto negoziale assicurativo.

(3)

TAGETE 1-2011 Year XVII

211 numerosi problemi sistematici e di coordinamento con l’attuale disciplina delle procedure stragiudiziali di liquidazione del danno (di cui agli artt. 145/148 e145/149 del Codice delle Assicurazioni Private).

Ma a prescindere da tali centrali problemi di coordinamento procedurale, vi è anzitutto da chiedersi se la scelta di allargare il campo alle controversie risarcitorie della rc auto risponda ad esigenze di effettiva tutela degli interessi – socialmente rilevantissimi – coinvolti in tale settore (e tra questi, in primis, degli interessi dei terzi danneggiati).

Ove ci si soffermi, infatti, a considerare quali siano le controversie assicurative più frequenti, ben si potrà evidenziare come gran parte del contenzioso riguardi proprio i sinistri della circolazione stradale, ed in particolare quelli aventi ad oggetto danni materiali e lesioni di lieve entità (vale a dire i sinistri rientranti nell’ambito dell’indennizzo diretto).

Ambito, quest’ultimo, caratterizzato dalla crescente preoccupazione - espressa a livello politico, sociale e mediatico5 – circa l’attuale aumento dei premi di polizza: un aumento che i vari – e sovente disarmonici - interventi normativi volti a contrastarlo non sono stati in grado di arginare, data l’incidenza di numerosi fattori avversi e tipicamente locali (tra questi: il grave impatto delle frodi assicurative, il non chiaro assetto liquidativo del danno alla persona, il proliferare della così detta “industria del sinistro” ed i costi di gestione – legale e tecnica – del relativo contenzioso)6.

5 Il 4 gennaio 2011, il Ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, ha incontrato i rappresentanti di Isvap e Ania. La riunione ha avuto ad oggetto la ricerca e l’individuazione di una serie si soluzioni condivise per ridurre gli elevati costi delle polizze della RC auto.

6 Tra i vari interventi normativi destinati direttamente od indirettamente a tale scopo si ricordino la liberalizzazione delle tariffe della RCA avvenuta dal 1 luglio 1994, la legge 57/2001, l’applicazione del rito del lavoro ai giudizi per risarcimento del danno derivante per sinistri stradali (L. 102/2006), la

(4)

TAGETE 1-2011 Year XVII

212 Del resto, in un contesto presidiato dall’obbligo a contrarre, la gestione delle imprese assicurative ha stentato, proprio nello specifico settore della rc auto, a mantenersi in equilibrio, generando più costi che ricavi7.

Di qui la costante ricerca di un difficile punto di convergenza volto ad equilibrare le esigenze – non sempre allineate - di sana e prudente gestione delle compagnie di assicurazione, di tutela dei diritti dei terzi danneggiati e di controllo della sostenibilità dei premi assicurativi (la cui crescita smodata finirebbe per escludere la stessa possibilità di assicurarsi per le fasce economicamente più deboli della popolazione8.

Evidente che siffatte finalità postulano, in primo luogo, una corretta allocazione dei costi e delle risorse e la capacità di intervenire efficacemente sui numerosi elementi distorsivi tipici del mercato italiano.

In quest’ottica, vi è da chiedersi se la nuova procedura di conciliazione sia – o meno – effettivamente funzionale allo scopo.

Se da un lato, infatti, è corretto ritenere che un forte elemento di contrazione dei costi sia correlato alla riduzione di contenziosi giudiziali incerti e dilatati, è altrettanto corretto affermare che tale finalità avrebbe potuto/dovuto già essere assolta dal combinato operare delle “procedure stragiudiziali” di

procedura di risarcimento (“indennizzo”) diretto di cui agli artt. 149 e 150 del Codice delle Assicurazioni private e il loro DPR attuativo n. 254/2006, le c.d. leggi “Bersani” (L. 248/2006 e 40/2007).

7 Nel 2008 la combined ratio del settore assicurativo italiano della RCA è stato pari al 108%. Fonte: Il Giornale, Rc auto, premi da record In Italia sono il doppio di Germania e Francia, 8 giugno 2010.

8 In questi giorni alcuni quotidiani italiani hanno pubblicato la notizia secondo cui sulle nostre strade circolerebbero almeno 3 milioni di veicoli senza copertura assicurativa della RC auto. Tra gli altri, si veda Corriere della Sera del 3 febbraio u.s.

(5)

TAGETE 1-2011 Year XVII

213 liquidazione del danno disciplinate dagli artt. 141, 148 e 149 del Codice delle assicurazioni private. D’altra parte, l’obbligatorietà della mediazione9 conciliativa comporterà la necessità, per le compagnie assicurative, di sostenere nuovi ingenti oneri, correlati all’esigenza di disporre di una organizzazione interna idonea a gestire la nuova procedura (articolando, tra l’altro, una rete di liquidatori/addetti/

fiduciari appositamente incaricati di presentarsi davanti agli organismi di conciliazione di volta in volta “aditi” dai danneggiati).

Ora, la moltiplicazione dei costi di gestione della liquidazione dei sinistri – tanto più se in sede conciliativa si rivelasse opportuna la presenza di legali o di consulenti tecnici – appare evidente; analoga chiarezza non può invece aversi ove si tenti di immaginare quali saranno (o quantomeno sarebbero nella mente del Legislatore) gli effetti realmente deflattivi dello strumento conciliativo: uno strumento che, per quel che diremo tra poco, deve necessariamente seguire l’espletamento di una fase stragiudiziale che ha già sancito un disaccordo non sempre sanabile.

La prima sensazione, dunque, è che il settore della rc auto, pur necessitando interventi risolutivi volti ad affrontare e – se possibile – superare le ben note difficoltà che oggi lo affliggono, non abbisognasse dell’obbligo di mediazione. O piuttosto richiedesse una serie di interventi volti a garantire – nei

9 Sono ben note le accese dispute sulla pretesa incostituzionalità del decreto 28/2010 proprio per quel che attiene alla obbligatorietà della procedura conciliativa: una obbligatorietà che, esorbitando dalle indicazioni della legge delega, parrebbe porsi in contrasto, per motivi che qui non riteniamo di dover approfondire, con il disposto degli art. 24 e 76 della Carta Costituzionale. Il tema della presunta incostituzionalità è stato trattato in dottrina, tra gli altri, da MINELLI, Condizione di procedibilità e rapporti con il processo, in La mediazione a cura di BOVE, Padova 2011,144 ss.; SANTI DI PAOLA - CARNEGLIA, Guida alla nuova conciliazione, Rimini, 2010, 26 ss.; SCARSELLI, LA nuova mediazione e conciliazione: le cose che non vanno, in www. judicium.it, FABIANI, Profili critici del rapporto fra mediazione e processo, in www. judicium.it; CHIARLONI, Prime riflessioni sullo schema di decreto legislativo di attuazione della delega in materia di mediazione ex art. 60 legge n. 69/2009, in Il caso.it, 2009, 179, 8.

(6)

TAGETE 1-2011 Year XVII

214 fatti e non solo sulla carta - l’effettivo perseguimento degli obiettivi sottesi alla riforma codicistica delle procedure liquidative.

Ma esaminiamo, nel dettaglio, le notevoli problematiche sistematiche ed applicative introdotte dall’allargamento dello spettro di applicazione della normativa in commento ai contenziosi inerenti a sinistri della circolazione stradale.

2) Il rapporto tra la mediazione conciliativa e le procedure obbligatorie stragiudiziali della responsabilità civile auto

Come detto, l’estensione dell’ambito di applicazione obbligatoria della mediazione conciliativa al settore del risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli pone severi problemi di coordinamento con la disciplina delle procedure di liquidazione stragiudiziale del danno, così come regolate dal Codice delle Assicurazioni10.

Ed invero tali procedure - incentrate sulla previsione di un termine (di 30, 60 o 90 giorni a seconda del tipo di danno) entro il quale le imprese assicuratrici possono istruire il sinistro e formalizzare una motivata offerta di risarcimento (ovvero motivatamente negarla) - tendono al perseguimento di finalità simili - se non identiche - a quelle sottese al D. Lgs. 28/2010: agevolare il dialogo tra le parti, consentire all’impresa di liquidare correttamente il danno e, conseguentemente, deflazionare il contenzioso.

10 La disciplina delle procedure liquidative del danno nella RCA sono quelle contenute al Titolo X, Capo IV, del Codice delle assicurazioni private. A ciò si aggiunga le procedura particolare dedicata all’intervento del Fondo di Garanzia per le vittime della strada contenuta all’art. 287 cap. Prima del Codice delle Assicurazioni trovava applicazione il Capo III della L. 990/1969, abrogata dall’art. 354 del cap a decorrere dal termine indicato nel successivo art. 355 cap

(7)

TAGETE 1-2011 Year XVII

215 Non solo: l’innovativa introduzione del così detto indennizzo diretto (applicabile ai sinistri aventi ad oggetto danni materiali o lesioni di lieve entità), portando il dialogo stragiudiziale all’interno del rapporto contrattuale tra la compagnia ed i propri assicurati/danneggiati, stimola dinamiche relazionali non esclusivamente correlate alla definizione dell’an e del quantum del risarcimento ma anche, in qualche modo, tese a rinsaldare – o non compromettere - il buon andamento del legame negoziale tra le parti. In ciò perseguendo scopi non dissimili da quelli – anche “facilitativi” - propri della mediazione conciliativa.

D’altra parte, tanto la disciplina della mediazione quanto quella delle procedure liquidative riverberano i loro effetti sull’eventuale fase giudiziale, il cui avvio è subordinato (sia pur con diverse conseguenze a seconda dei casi) alla verifica della regolarità nell’adempimento degli obbligatori incombenti stragiudiziali.

Ci troviamo, insomma, innanzi ad una potenziale duplicazione procedurale sotto il profilo teleologico: ciò per quel che attiene ai sinistri della rc auto, rimanendo estranee alla disciplina del Codice delle assicurazioni quelle diverse fattispecie di danno correlate alla circolazione stradale ma non inerenti all’esercizio dell’azione diretta (ad esempio: danno da insidia stradale o trabocchetto ex art. 2043/2051 c.c11.)

Ebbene, tale potenziale duplicazione – oltre che implicare ulteriori costi gestionali per entrambe le parti del processo liquidativo – rischia di pregiudicare, anziché tutelare, le ragioni dei danneggiati: questi, infatti, ove non soddisfatti dalla compagnia assicuratrice, non potranno far valere le proprie ragioni in

11 Qualche dubbio può porsi in relazione all‘ipotesi in cui il danno da insidia stradale o trabocchetto sia stato patito da un terzo trasportato, non essendo chiaro se anche in tali fattispecie sia da questi invocabile la procedura ex art. 141 cap.

(8)

TAGETE 1-2011 Year XVII

216 giudizio se non dopo aver promosso ed esperito la mediazione conciliativa. Di più, proprio per le liti bagatellari e di minor valore, potrebbero essere spinti a non coltivare l’azione giudiziale: ciò anche a fronte della possibile indisponibilità ad anticipare costi di mediazione ritenuti incongrui rispetto alla posta in palio. Così lo strumento deflattivo potrebbe esorbitare dai perimetri di partenza e risolversi in un barrage disincentivante e diseconomico per tempi e risorse.

Al di là di tali problemi strutturali, la coesistenza di due procedure ugualmente deputate a consentire una liquidazione stragiudiziale del sinistro pone questioni di coordinamento, dovendosi comprendere in quali rapporti di correlazione, anche cronologica, tali procedure si pongano.

Vi è dunque da chiedersi se il danneggiato debba necessariamente proporle entrambe e, in caso di risposta affermativa, se possa farlo congiuntamente o disgiuntamente (e in tale ultima ipotesi quale delle due debba precedere l’altra).

Quanto al primo quesito, l’evidenza delle segnalate criticità ha spinto più di un interprete verso soluzioni radicali, tese financo ad escludere che la mediazione conciliativa possa applicarsi al settore della rc auto.

Da un lato facendo ricorso ad eccezioni di illegittimità costituzionale, sulle quali non ci soffermeremo, limitandosi a rinviare ai numerosi e qualificati contributi offerti dalla dottrina12.

12 Si vedano gli autori indicati alla nota n. 6.

(9)

TAGETE 1-2011 Year XVII

217 Dall’altro denunziando l’antinomia tra i due corpi normativi e tentando di risolverla in applicazione del criterio di specialità, in forza del quale andrebbe ”considerato il brocardo “lex posterior generalis non derogat priori speciali“. Detto criterio anche questo avente natura logico teoretica, limita l’applicazione di quello cronologico, poichè nel caso della norma speciale il rapporto contenutistico prevale sulla dimensione temporale”13.

In sostanza, secondo tale impostazione, la disciplina delle procedure liquidative stragiudiziali, presentando elementi di specialità rispetto a quella della mediazione, prevarrebbe su quest’ultima, finendo per escludere la materia della rc auto dal suo ambito di applicazione.

Tale argomentare non pare convincente, per più di un motivo.

In primo luogo non sembra che tra gli impianti normativi in parola possa sussistere quel rapporto di specialità che giustificherebbe il ricorso al principio sopra enunciato, tanto più alla luce di quanto stabilito al riguardo dalla giurisprudenza, secondo la quale la norma speciale deve contenere tutti gli elementi compresi in quella generale e presentare, in aggiunta, uno o più elementi tipici e specializzanti così da coprire solo un settore dell’area della seconda14.

Ma quel che più rileva è che, in realtà, tra la disciplina del Codice delle Assicurazioni e quella del D. Lgs. 28/2010 non emerge alcuna antinomia, trattandosi di disposizioni che non si sovrappongono e che, anzi, ben possono vivere affiancate.

13 D’Onofrio “La mediazione e il risarcimento danni innanzi al GDP” in www.iussit.eu.

14 Cfr. Cons. Stato 651/76

(10)

TAGETE 1-2011 Year XVII

218 Valga sul punto quanto statuito a più riprese dalla Suprema Corte:

“L'incompatibilità tra le nuove disposizioni di legge e quelle precedenti, che costituisce una delle due ipotesi di abrogazione tacita ai sensi dell'art. 15 preleggi, si verifica solo quando tra le norme considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dalla applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l'inosservanza dell'altra. Ciò non si verifica nel caso in cui la nuova legge abbia determinato esclusivamente il venir meno della "ratio legis" della legge precedente, senza dettare una nuova disciplina nella materia da quest'ultima regolata” (Cass.

14129/2002).

Orbene, pare evidente che la mediazione conciliativa – pur perseguendo finalità analoghe a quelle che presidiano il titolo X del Codice delle Assicurazioni – disegni una procedura del tutto diversa da quella di liquidazione stragiudiziale;

ciò sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

Ed invero, mentre la mediazione si svolge con l’assistenza di un soggetto terzo (il mediatore, appunto) le procedure di cui agli artt. 148 e 149 presuppongono un dialogo a due, senza intromissioni di terzi imparziali15. Quanto all’aspetto oggettivo, poi, i due apparati procedurali appaiono del tutto diversi, per tempi, modi ed impatti sul successivo giudizio.

15 Ciò vale anche nella procedura di indennizzo diretto, nell’ambito della quale la funzione assistenziale assegnata all’impresa gestionaria (a favore del proprio assicurato/danneggiato) non può spingersi al punto tale da farle rivestire il ruolo di terzo imparziale.

(11)

TAGETE 1-2011 Year XVII

219 Non vi è dubbio, dunque, che le norme in commento possano – recte: debbano – convivere, operando su piani applicativi contigui ma distinti.

Merita, peraltro, di esser ricordata un’ulteriore presa di posizione, tesa a ridurre, per altra via, l’impatto pratico delle nuove disposizioni; mi riferisco all’opinione secondo la quale la mediazione conciliativa, norma generale, non troverebbe applicazione nelle materie sottoposte alla competenza - per valore o funzionale – del Giudice di Pace (e cioè dell’organo giudicante al quale è devoluta la maggior parte delle controversie in materia di sinistri stradali). Ciò in quanto al processo davanti al giudice di prossimità si dovrebbe continuare ad applicare il disposto dell’art. 322 c.p.c. – disposizione speciale - che già regolamenta un’ipotesi di conciliazione “in sede non contenziosa”16.

In proposito va rilevata e ribadita la non sovrapponibilità tra le due procedure, date le sensibili differenze di impianto tra loro intercorrenti (e le particolari regole dettate per la sola mediazione). Né può non considerarsi come l’obbligatorietà della nuova disciplina – riverberandosi sulla procedibilità della domanda – nulla abbia a che vedere, anche sotto il profilo finalistico, con quella, meramente facoltativa, prevista dall’art. 322 c.p.c..

Difficile, poi, ritenere che il Legislatore, nello stabilire il perimetro applicativo della mediazione obbligatoria (ex art. 5 del D. Lgs. 28/2010), non abbia tenuto conto dell’ambito delle competenze funzionali del Giudice di Pace,

16Sul punto, si veda D’ONOFRIO, “La mediazione e il risarcimento danni innanzi al GDP”, cit. Il D.Lgs.

28/2010 è stato aspramente contestato dall’Associazione Nazionale dei Giudici di Pace. Nel suo comunicato del 24 giugno 2010 L’ANGDP ha dichiarato che: “la mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, prevista ai sensi del D.Lgs. 28/10 anche per le cause di competenza del Giudice di Pace, è inutile e dannosa per i cittadini. La conciliazione è un non senso per le cause di competenza del Giudice di Pace. Il Giudice di Pace è il giudice della conciliazione previsto dal legislatore. Il processo di conciliazione in sede non contenziosa è infatti disciplinato espressamente dall’art.

322 del codice di procedura civile, che prevede la facoltà per il cittadino con costi irrisori e con la possibilità di avvalersi dell’ausilio di un difensore, di adire il giudice di pace per tentare la conciliazione”.

(12)

TAGETE 1-2011 Year XVII

220 così come stabilito dall’art. 7 c.p.c., e delle relative possibili interferenze applicative. Il che depone per la pacifica coesistenza delle due distinte procedure conciliative.

Vi è semmai da chiedersi se l’effettivo esperimento della procedura in sede non contenziosa possa, ove scelta dalle parti, surrogare il formale accesso alla mediazione conciliativa e così integrare la condizione di procedibilità prescritta dalla nuova disposizione di legge. In assenza di elementi letterali in tal senso, date le particolari caratteristiche – temporali e formali - della mediazione conciliativa, una risposta affermativa non pare autorizzata. D’altra parte ove il Legislatore ha voluto, ha espressamente marcato le aree di disapplicazione del D.

Lgs 28/201017.

* * *

Assodata l’impossibilità di escludere, allo stato, la mediazione conciliativa dall’ambito della rc auto, si tratta di comprendere in quale rapporto di correlazione la nuova procedura si ponga con il disposto degli artt. 148 e 149 del Cap.

Più precisamente, vi è da chiedersi se il danneggiato che intenda far valere le proprie ragioni possa/debba attivare prima la procedura liquidativa stragiudiziale e poi la mediazione o viceversa. Ovvero se possa intraprendere simultaneamente le due vie.

17 Si vedano in tal senso gli artt. 5.1 e 23.2 del D.Lgs. 28/2010.

(13)

TAGETE 1-2011 Year XVII

221 La questione è assai delicata e complessa, e rivela, di per sé sola – al di là dei tentativi di coordinare razionalmente norme tra loro non coordinate – la disarmonia sistematica che inficia l’attuale quadro legislativo.

Affronteremo il tema muovendo da quella che pare essere l’impostazione voluta dal Legislatore e che comunque risponde a parametri di ragionevolezza e logica.

Ai sensi dell’art. 1 lettere a) e c) del D. Lgs 28/2010, la mediazione conciliativa costituisce strumento per la composizione di una controversia. Occorre, dunque, che tra le parti vi sia una controversia da comporre, e quindi una contrapposizione in qualche modo radicata.

Manca, peraltro, tra le definizioni di legge quella di “controversia”, da intendersi, intuitivamente, come conflitto tra due o più parti giuridicamente rilevante.

Volendo investigare più nel dettaglio dovremmo riferirci ai risultati cui la giurisprudenza è pervenuta a proposito di cosa debba intendersi per lite (leggasi:

controversia) nell’ambito della definizione normativa del contratto di transazione.

Il riferimento a tale tipo di negozio risulta agevole, costituendo - la transazione – il punto di approdo naturale (anche se non esclusivo…18) a cui tende la mediazione conciliativa.

18 E’ facile prevedere che, nella maggior parte dei casi, il verbale di conciliazione (accordo amichevole) si sostanzierà in un vero e proprio accordo transattivi. Non può, peraltro, escludersi che sottoscrivendo tale verbale una delle parti finisca per riconoscere in toto le ragioni dell’altro, con il che escludendo la causa tipica del contratto di transazione.

(14)

TAGETE 1-2011 Year XVII

222 Ebbene, secondo la Suprema Corte “…si ha lite in presenza di un conflitto di interessi qualificato dalla pretesa di uno degli interessati e dalla resistenza dell’altro” (Cass. 6636/1983); del resto “il presupposto della res dubia che caratterizza la transazione, è costituito non dall’incertezza obiettiva circa lo stato di fatto e di diritto ma dalla sussistenza di discordanti valutazioni in ordine…ai rispettivi diritti ed obblighi delle parti” (Cass. 4448/1996).

Perché vi sia lite (e quindi controversia) occorre, insomma, l’esistenza di un conflitto concreto ed attuale e cioè di una vera e propria divergenza di posizione, non riconducibile al più vago ed astratto concetto di “potenziale disaccordo”.

Non avrebbe, del resto, senso dar corso ad un procedimento conciliativo in assenza di contrapposizione.

Tali argomenti valgono, a fortiori, nell’ambito della responsabilità della circolazione automobilistica; ambito ontologicamente assicurato e governato in modo stringente dalle regole introdotte dal Codice delle Assicurazioni. In questo senso (e come detto, in ottica di deflazione dei contenziosi) il Legislatore ha inteso bilanciare il rapporto tra imprese e danneggiati ponendo a carico di entrambi precisi obblighi di interazione dialettica e di cooperazione finalizzati alla esaustiva istruzione della posizione e, ove possibile, alla tempestiva liquidazione.

Di qui la previsione di precisi termini (di 30, 60 e 90 giorni) entro i quali le compagnie di assicurazione devono – una volta raccolti, con la collaborazione del danneggiato, gli indispensabili elementi probatori – formalizzare la loro offerta di risarcimento ovvero motivatamente negarla.

(15)

TAGETE 1-2011 Year XVII

223 Trattasi, peraltro, di termini disposti anche a favore delle imprese, essendo finalizzati a stabilire uno spatium deliberandi nel corso del quale le stesse possono determinarsi in ordine all’an ed al quantum della liquidazione.

L’importanza delle procedure stragiudiziali, anche a tutela delle imprese assicurative, è, peraltro, ben attestata dalla sanzione prevista dal legislatore in caso di loro inosservanza da parte dell’assicurato: così un’azione incardinata prima della scadenza dei termini o, peggio, senza aver dato corso alla procedura, conduce necessariamente, ex art. 145 del CAP, alla declaratoria giudiziale della sua improponibilità (non sanabile e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio).

Date tali premesse, davvero non si comprende come possa sostenersi – nelle more della procedura liquidativa stragiudiziale e, comunque, prima che la compagnia si sia definitivamente espressa - l’esistenza di una controversia tale da giustificare l’accesso alla mediazione.

Così, innanzi ad una domanda intempestiva (perché proposta prima dell’avvio o della scadenza della procedura di cui al capo IV, titolo X, del cap. o, comunque, prima che l’impresa abbia espresso la propria formale posizione) l’assicuratore ben potrebbe rifiutarsi di partecipare alla mediazione argomentando l’assenza di res litigiosa e quindi l’inesistenza del presupposto di operatività della procedura conciliativa.

Altrimenti opinando, l‘assicuratore che fosse comunque tenuto a partecipare alla mediazione si troverebbe a dover giocare la partita su due tavoli e probabilmente a dover prendere posizione in ordine alla proposta del mediatore prima che sia definitivamente spirato il termini concessogli ex lege per formulare la propria proposta.

(16)

TAGETE 1-2011 Year XVII

224 In definitiva, per conferire dignità al sistema e per utilmente coordinare le due normative, dovrebbe concludersi affermando la necessità di dar corso alle procedure codicistiche prima di promuovere la mediazione.

Il che, poi, risulterebbe del tutto allineato con il rapporto tra le diverse sanzioni processuali rispettivamente previste per il mancato esperimento delle procedure liquidative (improponibilità) e della mediazione (improcedibilità).

Sarebbe, infatti, illogico ritenere procedibile una domanda improponibile (e non viceversa); il che equivale a dire che il requisito della proponibilità non può che essere integrato prima di quello della procedibilità.

Tali conclusioni meritano, peraltro, di essere corredate da alcune ulteriori osservazioni, tese a verificare cosa possa in concreto accadere laddove la mediazione venga avviata prima della procedura codicistica ovvero (come è presumibile avvenga in molti casi) sia con quella proposta in parallelo.

Ebbene in tali casi va osservato come una proposta di mediazione che anticipi le dialettiche assicurative (o sia svolta in contemporanea), pur censurabile nella prospettiva giudiziale, potrebbe ugualmente dar corso ad un incontro conciliativo idoneo, una volta perfezionato, a definire la possibile controversia (ciò nell’ipotesi in cui le parti, anziché privilegiare la via assicurativa – ed astenersi dal partecipare - decidano di presentarsi davanti al mediatore, formalizzare il loro contrasto e definirlo). Laddove, peraltro, tale accordo non si raggiunga, l’avvio del giudizio non potrebbe comunque prescindere dal compiuto esperimento delle procedure liquidative, pena – come detto – l’improponibilità della domanda. Ma non solo: potrebbe anche sostenersi la necessità di dar corso nuovamente alla mediazione, in quanto svoltasi in un momento in cui nessuna controversia poteva

(17)

TAGETE 1-2011 Year XVII

225 dirsi esistente tra le parti. Ciò, almeno, nelle ipotesi in cui la parte (leggasi: la compagnia) intenzionata ad eccepire l’improcedibilità non abbia in precedenza partecipato alla mediazione ovvero, partecipandovi, abbia sostenuto l’assenza attuale di controversia ovvero dichiarato di non potersi determinare se non allo scadere dei termini di cui agli artt. 148 e 149 del cap.

A ben vedere, nel silenzio della legge, l’inesistenza del presupposto oggettivo (la controversia) potrebbe, in luogo che produrre la nullità/inesistenza del procedimento di mediazione, integrare un motivo di giustificato rifiuto a partecipare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 comma 5 del D.Lgs 28/2010.

Applicando tali principi alla prassi, potrà accadere che:

a) a fronte di una domanda di mediazione intempestiva (svolta dal danneggiato prima dello spirare delle procedure codicistiche), l’impresa assicurativa decida di non parteciparvi e si riservi di eccepire l’improcedibilità del successivo giudizio o, quanto meno, la non applicazione degli artt. 8.5 e 13 del D.Lgs 28/201019;

b) a fronte di una domanda di mediazione parimenti intempestiva, l’impresa assicurativa decida di parteciparvi onde comunque fruire dell’occasione e incentivare - anche al di fuori delle procedure assicurative - la risoluzione non contenziosa del caso; resta da comprendere se, in tale ipotesi, l’eventuale formulazione di un’offerta integri la condizione di proponibilità di cui al codice delle assicurazioni;

19 in questo caso, l’impresa assicurativa ben potrebbe presentare a sua volta, all’esito della procedura stragiudiziale, la propria domanda di conciliazione dando luogo a comprensibili dubbi interpretativi in ordine all’individuazione di quale procedura di mediazione debba prevalere. Si noti che il D.Lgs. 28/2010 si occupa del tema della litispendenza unicamente al suo art. 4, primo comma, dove è disposto che “in caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda”. La questione è stata affrontata anche da BOVE, La mancata comparizione davanti al mediatore, in Soc.,, 2010, 6, 759 ss., il quale non esclude che il giudice possa trovarsi a dover decidere - in presenza di due (o più) proposte che promanino da due diversi procedimenti di mediazione, riguardanti però la medesima controversia - a quale di queste fare riferimento per l’applicazione dell’art. 13 del decreto sulle spese processuali. La questione rimane aperta in attesa di risposte da parte della giurisprudenza che sarà chiamata a decidere casi simili.

(18)

TAGETE 1-2011 Year XVII

226 c) l’impresa di assicurazione assuma l’iniziativa, anticipando il danneggiato e svolgendo domanda di mediazione prima della scadenza dei termini di cui agli artt. 148 e 149 del cap.. Ragioni di coerenza sistematica postulerebbero l’esigenza di far precedere tale iniziativa dalla formalizzazione di un offerta o di un rifiuto (entrambe motivati) in sede liquidativa.

Esaurito il tema relativo alla delicata interrelazione tra mediazione e procedura di liquidazione stragiudiziale del danno, veniamo ad occuparci di altri profili problematici, in buona parte derivanti, ancora una volta, dal difficile raccordo tra il D.Lgs 28/2010 e le norme del Codice delle Assicurazioni.

3) Le controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti: loro individuazione

Il tema merita di essere trattato anche, ma non solo, in vista del possibile slittamento della data di entrata in vigore della mediazione obbligatoria, con specifico riferimento alla “conciliazione” obbligatoria in tema di condominio e sinistri stradali.

Data che, invece, non pare destinata ad essere prorogata per le più generali controversie in materia di “contratti assicurativi”. Potrebbe così accadere che la nuova disciplina sia, in una prima fase, limitata alle controversie assicurative che, pure inerendo alla Rc auto, non abbiano ad oggetto direttamente il risarcimento del danno derivate da sinistri stradali.

Così, l’obbligo di mediazione potrebbe esser sin da subito operante per le liti aventi ad oggetto patologie della polizza (ad es. nullità, annullabilità, impugnazione ex artt 1892/1893 c.c.) o del sottostante rapporto assicurativo (ad es. inadempimento dell’obbligo di pagamento del premio, violazione degli obblighi di informativa precontrattuale e contrattuale, violazione degli obblighi di assistenza tecnica e informativa di cui all’art. 9 del DPR 254/2006, c.c.).

(19)

TAGETE 1-2011 Year XVII

227 Non invece per le controversie strettamente relative a pretese risarcitorie da sinistri causati dalla circolazione di veicoli o natanti (siano esse rientranti nell’ambito di applicazione del cd. “indennizzo diretto”, degli artt. 141 e148 del cap, della procedura liquidativa prevista in caso di intervento del Fondo di Garanzia).

Strettamente connesse alla tematica risarcitoria, ma non destinate ad alcun differimento temporale, risultano le vertenze relative a rivalse, regressi e surroghe.

Mi riferisco, ad esempio, all’azione di rivalsa di cui all’art. 144 Cap, svolta dall’ente assicuratore nei confronti del proprio assicurato per il recupero di somme liquidate a terzi danneggiati nonostante l’inoperatività della garanzia assicurativa (stante la regola dell’inopponibilità, ai medesimi terzi, delle eccezioni fondate sul contratto assicurativo).20

Così pure le domande di regresso tra corresponsabili solidali, pur se evidentemente dipendenti dalle sorti di una precedente vertenza risarcitoria, non paiono integrare una vera e propria ipotesi di controversia in materia di risarcimento del danno da rc auto, tipicamente intercorrente tra il danneggiato ed il responsabile civile.

Parimenti dovrà dirsi nel caso di surrogazione dell’assicuratore – ex art.

1916 c.c. - nel diritto di regresso spettante al suo assicurato verso i terzi corresponsabili.

Un’ipotesi particolare potrebbe esser data dall’esercizio del diritto di surrogazione a fronte di un indennizzo versato al proprio cliente in applicazione di una garanzia diretta (incendio, Kasko, Collisione), laddove il sinistro sia

20 Di particolare interesse speculativo pare essere il tema della rivalsa in caso di sinistro doloso. In questo caso fonte della rivalsa non è strictu sensu il contratto (che non potrebbe ontologicamente coprire l’area della responsabilità per dolo) bensì il diritto vigente, così come elaborato dalla giurisprudenza di legittimità a tutela dei terzi danneggiati. Vi è da chiedersi, dunque, se la relativa vertenza possa effettivamente ritenersi attinente alla materia dei contratti assicurativi o piuttosto esorbitare dalla stessa (con intuibili conseguenze anche sul regime prescrizionale), fuoriuscendo così dal campo di applicazione della mediazione conciliativa.

(20)

TAGETE 1-2011 Year XVII

228 imputabile alla responsabilità civile di altro automobilista: qui, evidentemente, lo slittamento temporale si applicherebbe.

Più generalmente può, tuttavia, osservarsi come la facoltà di surrogazione normativamente concessa all’impresa assicuratrice nei confronti del proprio assicurato rientri nell’ambito di applicazione del D.Lgs. 28/2010 soltanto quanto riguardi un diritto a sua volta rientrante nelle materie disciplinate dalla nuova normativa; così, ad esempio, nel caso di pagamento di un indennizzo a fronte di polizza sanitaria e conseguente surroga nel diritto risarcitorio del paziente/assicurato in caso di malpractice medica.

Certo, la possibile scissura temporale dell’azione risarcitoria diretta (non sottoposta all’obbligo di mediazione) rispetto alla azione di rivalsa (che dalla prima ritrae il suo fondamento e che sarebbe invece sin da subito governata dall’obbligo) potrebbe dar luogo a problemi di coordinamento, potendo creare ostacoli ad una contestuale trattazione delle questioni.

4) Alcune questioni processuali: litisconsorzio, patto di gestione della lite, pluralità di danneggiati, acconto provvisionale

Tra gli ulteriori temi di interesse vi è la questione afferente al regime litisconsortile dell’azione diretta.

E’ noto, infatti, come l’art. 144 del Cap preveda che nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione (mediante esercizio dell’azione diretta) è chiamato anche il responsabile del danno.

Vien dunque da chiedersi se, date le finalità che governano la mediazione e stante il rapporto di pregiudizialità procedurale tra quest’ultima ed il giudizio di cognizione, anche il procedimento conciliativo debba necessariamente ed imprescindibilmente svolgersi nei confronti del responsabile civile, oltre che dell’impresa assicuratrice.

(21)

TAGETE 1-2011 Year XVII

229 Taluna dottrina si è già espressa in senso favorevole, senza peraltro addurre motivazioni particolari e convincenti21.

Certo, pare evidente che lo svolgimento della mediazione in assenza di uno dei litisconsorti necessari possa generare qualche intralcio in corso di giudizio; ciò ove il soggetto eventualmente pretermesso in sede conciliativa – ma poi regolarmente convenuto in giudizio – eccepisca entro la prima udienza (o, in suo luogo, lo faccia il giudice ex officio) l’improcedibilità della domanda svolta nei suoi confronti.

Non vi è dubbio, di poi, che l’affiancamento del danneggiante al suo assicuratore anche nella fase della mediazione potrebbe rivelarsi utile e funzionale alle finalità dialogiche e facilitative proprie della “nuova” conciliazione.

Ma non solo: la simultanea presenza delle parti potrebbe rendere più effettivo quel rapporto di necessaria cooperazione tra impresa ed assicurato che sovente difetta e che invece pare imprescindibile in vista di una corretta gestione ed istruzione di ciascuna posizione di danno (dalla denunzia di sinistro in avanti…).

Ma al di là delle questioni di opportunità, su cui torneremo tra breve occupandoci del così detto “patto di gestione della lite”, non mi pare che la soluzione litisconsortile possa ritenersi veramente necessitata.

Deve, infatti, ricordarsi, in accordo con autorevoli opinioni, che “la mediazione non è un procedimento in senso tecnico, non potendo a questo applicarsi i principi che valgono per il procedimento in generale e per il processo in particolare”. 22

Lo svincolo dalle regole processuali, del resto, ben si percepisce dal complesso delle dinamiche procedurali disciplinate dal D.Lgs 28/2010.

21 “Nel caso di litisconsorzio necessario il tentativo obbligatorio di mediazione dovrebbe essere esperito nei confronti di tutti i litisconsorti, tuttavia in mancanza “si ritiene che l’integrazione del contraddittorio non debba essere subordinata al previo tentativo di conciliazione nei confronti del litisconsorte necessario, prima di notificargli la domanda”. Cfr: BOVE, La mediazione, cit., 172.

22 BOVE, La mancata comparizione innanzi al mediatore, in Soc., 2010, 6, 759

(22)

TAGETE 1-2011 Year XVII

230 Non si comprende, perciò, per quale motivo sarebbe irricevibile una domanda di mediazione nei confronti della sola impresa assicuratrice: in tal caso l’impresa medesima si troverebbe a gestire la vertenza da sola, e in assenza del proprio assicurato, esattamente come in precedenza potrebbe/dovrebbe aver affrontato la procedura liquidativa stragiudiziale.

Qualora la procedura conciliativa approdi ad un accordo, nulla quaestio (ferma restando la possibilità, da parte dell’assicurato, di contestarne i contenuti, ove per lui pregiudizievoli, invocando la mala gestio dell’impresa).

In caso contrario, e solo in tal caso, potrà porsi il problema processuale sopra descritto.

Problema la cui ricaduta pratica appare, peraltro, assai limitata in concreto per un duplice ordine di motivi:

a) il nuovo regime litisconsortile dell’azione diretta, tra 141 del cap ed indennizzo diretto;

b) la naturale presenza (anche in esplicito, tra le condizioni generali di polizza), del così detto “patto di gestione della lite”, in forza del quale l’ente assicuratore si trova, del tutto fisiologicamente, a gestire la posizione del danneggiato.

Più nel dettaglio, quanto al primo punto, occorre rilevare come la procedura di risarcimento del terzo trasportato, così come regolata dall’art 141 del Codice delle Assicurazioni private, introduca a favore di quest’ultimo un’ulteriore opzione processuale, alternativa all’ordinaria azione diretta, e tesa ad ottenere una pronuncia di condanna indipendente dall’accertamento della responsabilità del vettore. Ora, essendo la ratio del litisconsorzio individuata nell'esigenza di accertare la situazione di responsabilità (su cui si fonda, normalmente, la condanna dell’ente assicuratore del responsabile civile) in contraddittorio con il responsabile del danno e di rafforzare la posizione processuale dell'assicuratore (consentendogli di eventualmente dar corso

(23)

TAGETE 1-2011 Year XVII

231 all’azione di rivalsa)23, la presenza del responsabile (né del vettore) non sembra davvero richiesta in un giudizio che prescinde, totalmente, da qualsiasi valutazione in punto an. Per quel che invece riguarda la procedura di indennizzo diretto, regolata dagli artt. 149/150 del cap. e dal Dpr. 254/2006, la questione relativa all’applicabilità – o meno – del regime litisconsortile è ancora aperta in dottrina e giurisprudenza24.

Per quanto sia mia opinione che l’art. 144 – e con esso la regola del litisconsorzio necessario – sia applicabile anche all’indennizzo diretto (non rinvenendosi sostanziali ragioni ostative), non può non considerarsi come la (opinabile) posizione recentemente assunta dalla Corte Costituzionale in ordine alla facoltatività della procedura diretta legittimi un’interpretazione letterale dell’art. 149 tale da escludere ogni necessità di litisconsorzio.

Il che potrebbe ulteriormente – e questa volta di molto - ridurre l’ambito d’inferenza della problematica litisconsortile, anche nei suoi riflessi sul procedimento di mediazione.

Analizzando la questione sotto altro punto di vista, non può omettersi di considerare come la prassi negoziale contempli, in modo di fatto sistematico, l’inserzione tra le condizioni di polizza della clausola di gestione della lite, mediante la quale è trasferito all’assicuratore il governo – “fin tanto che ne ha interesse” secondo la formula normalmente in uso - di ogni evento litigioso anche per conto del proprio assicurato.

Tale clausola – che nei suoi riflessi più semplici trova giustificazione, a mio parere, nella stessa formulazione dell’art. 1917 c.c.25 e forse, ancor prima, nella

23 ROSSETTI, Commento all'art. 144, in Commentario breve al diritto delle assicurazioni, Padova, 2010, 557.

24 A favore del necessario litisconsorzio con il responsabile civile si veda GdP di S. Anastasia 13 giugno 2008.

In senso contrario si veda GdP di Martina Franca 27 marzo 2008 (Il contrasto è posto in evidenza in CIAN- TRABUCCHI, commento all’art. 149 cap., Codice civile e leggi collegate, Padova, 2010, 5516)

25 Il patto di gestione della lite sembrerebbe connaturato al contratto di assicurazione della responsabilità civile (tanto più in quei contratti che prevedono l'azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia di assicurazione), non tanto per le ragioni addotte dalla dottrina più risalente secondo cui tale patto sarebbe un portato naturale dell’art. 1914 c.c., bensì proprio per il disposto del secondo comma dell'articolo 1917, comma

(24)

TAGETE 1-2011 Year XVII

232 stessa previsione dell’azione diretta – risolve, di fatto, gran parte delle problematiche, ferma restando l’esigenza di meglio disciplinarne i contenuti anche in vista, ed in funzione, della procedura di mediazione.

Può, infatti, ritenersi che nella maggior parte dei casi, la presenza della compagnia davanti al mediatore presupponga l’attribuzione, in capo alla stessa, di poteri di gestione della lite per conto del responsabile civile. Il tutto senza omettere di ricordare che l’art. 149 prevede che la liquidazione del danno da parte dell’impresa gestionaria “liberi” – naturalmente – il responsabile civile e la sua impresa assicuratrice dal debito risarcitorio.

Pare, perciò, che la problematica litisconsortile si presenti, con riferimento alla mediazione, nei fatti assai meno urgente di quanto, a prima vista, potrebbe sembrare.

Semmai potrebbe considerarsi la più particolare tematica relativa allo specifico regime litisconsortile previsto dall’art. 140 del cap. in caso di potenziale supero del massimale di polizza (n caso di pluralità di danneggiati).

Neppure in tali ipotesi, peraltro, può escludersi la possibilità che la mediazione sia proposta da uno solo dei danneggiati nei confronti dell’impresa assicuratrice; in tal caso, naturalmente, l’oggetto della mediazione potrebbe essere soltanto la ricognizione del potenziale debito risarcitorio nei confronti del danneggiato medesimo, ferma restando la necessità di rinviarne la successiva liquidazione (integrale o pro quota) nel concorso degli altri danneggiati. Qui, peraltro, l’incapienza del massimale e la potenziale esposizione in proprio del responsabile civile renderebbe necessaria la partecipazione di quest’ultimo anche nella procedura di mediazione, onde non rendere certamente improcedibile

2, c.c. a mente del quale: “L'assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l'assicurato lo richiede”. Secondo una simile tesi, il patto di gestione della lite integrerebbe l’ordine dell'assicurato dato alla propria compagnia già al momento della stipula del contratto di rc, affinché questa provveda a pagare direttamente il terzo. Così, l’utilizzo del termine “pagare” nella norma sottenderebbe anche la possibilità per la compagnia di gestire direttamente il rapporto liquidativo con il terzo.

(25)

TAGETE 1-2011 Year XVII

233 un’eventuale successiva domanda giudiziale volta ad ottenere – dal responsabile mdeseimo - il pagamento della parte di risarcimento non coperta dalla polizza.

Da ultimo merita di esser ricordata la possibilità di dar corso alla causa di merito, anche in assenza di previo esperimento della conciliazione obbligatoria, al limitato fine di ottenere la concessione dell’acconto provvisionale di cui all’art.

147 del cap.

Trattandosi, infatti, di misura a contenuto sostanzialmente cautelare26, ed essendo provvedimento concedibile soltanto nel corso del giudizio di primo grado, non paiono sussistere dubbi circa la possibilità di promuovere la causa proprio al fine di ottenerne la liquidazione. Fermo restando che il Giudice, una volta espressosi sul punto (in via necessariamente preliminare), dovrà prendere atto dell’improcedibilità della causa per la sua trattazione nel merito e perciò rinviare le parti davanti all’organismo di mediazione.

5) Valore e vincolatività della c.d. clausola di mediazione

L’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28/2010 prevede che: “…….se il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. ………….

La domanda e' presentata davanti all'organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti ad un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all'articolo 4, comma 1. “

26 In senso conforme Trib. Ragusa 27/07/2009 in Arch.giur. circol. e sinistri 2009, 11, 929 e - sebbene con riferimento al vecchio art. 24 della L. 990/1969 - si vedano ex multis: Trib. Milano 30/04/1997 in Giur. it. 1997, I, 2, 630 e Trib. Roma 8/05/1995 in Riv. giur. circol. trasp. 1995, 1037. In senso

contrario, si vedano tra le altre: Trib. Bologna, 7/10/1994 in Arch. giur. circol e sinistri 1995, 546 e Trib.

Napoli 12/03/2001 in Riv. giur. circol. trasp. 2002, 387.

(26)

TAGETE 1-2011 Year XVII

234 La disposizione intende estendere la regola dell'improcedibilità del successivo giudizio anche a materie non ricomprese tra quelle oggetto di mediazione obbligatoria, a patto che esista un preventivo accordo tra le parti sul punto. Da qui la definizione di mediazione “pattizia” per contrapporla alla mediazione “obbligatoria” e “delegata”. Il mancato esperimento di questo diverso tipo di mediazione è, del resto, rilevabile solo su eccezione di parte.

Sembra tuttavia potersi sostenere che la previsione in questione possa applicarsi anche alle materie in cui il ricorso alla mediazione sia obbligatorio: ciò al fine di permettere alle parti di stabilire ex ante quale sarà l'organismo di conciliazione deputato a mediare (obbligatoriamente…) le controversie che dovessero insorgere tra loro.

E’ lecito, dunque, prevedere che le imprese si attivino per inserire tra le condizioni generali di polizza una clausola “conciliativa” volta a vincolare le parti ad adire, in caso di controversia, la sede dell’organismo di mediazione contrattualmente prescelta.

Ciò con il precipuo scopo, ben comprensibile nel caso di contratti di massa (fonte di potenziali contenziosi seriali) di contenere, se non evitare, i maggiori oneri potenzialmente correlati alle libere scelte territoriali del cliente.

Naturalmente, in ambito Rc auto, la contrattualizzazione dell’organo competente può avvenire soltanto in relazione a vertenze intercorrenti tra le parti di un medesimo rapporto assicurativo;così, la clausola “conciliativa” potrà integrare le condizioni di polizza soltanto in relazione alle controversie relative alle coperture dirette accessorie/abbinate a quella di responsabilità civile ovvero con riferimento a vertenze rientranti nel campo di applicazione dell’indennizzo diretto (laddove la

“partita” liquidativa si gioca, come noto, tra le parti del contratto assicurativo).

Si pongono, peraltro, alcune delicate questioni, per lo più relative alla vessatorietà ed alla vincolatività della pattuizione in parola.

(27)

TAGETE 1-2011 Year XVII

235 Quanto alla vessatorietà/abusività (rispettivamente ex art. 1341 c.c. e 33 ss.

del Codice del Consumo), una facile suggestione interpretativa tenderebbe ad affermarla assimilando la clausola ad un’ordinaria clausola di deroga alla competenza territoriale.

Sennonché tale percorso ermeneutico non convince appieno, anzi.

Come poc’anzi sottolineato, l’impianto normativo della mediazione conciliativa disegna una procedura che, pur se potenzialmente propedeutica al processo, non ne fa propria la disciplina.

Così, ai fini dell’individuazione dell’organismo competente, lungi dal riproporre i criteri codicistici, la regola stabilita dall'articolo 4 comma 1 del D. Lgs.

28/2010 introduce il criterio della anteriorità/prevenzione, a mente del quale “In caso di piu’ domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale e’ stata presentata la prima domanda”.

Precario, pertanto, e comunque del tutto inopportuno, pare il tentativo di traslocare nel contesto conciliativo il principio della vessatorietà ex lege delle clausole di deroga della competenza. Né può sostenersi, come taluno ha cercato di fare, l’esistenza di un “organismo del consumatore” territorialmente competente, alla stregua di quanto si afferma per il foro del consumatore attraverso un’interpretazione estensiva, ma ormai accreditata, dell’art. 33 lettera u del Codice del Consumo.

Se quanto sopra è esatto, il giudizio circa la eventuale abusività della clausola conciliativa deve esser svolto, caso per caso, avuto riguardo del generale principio protettivo affermato dall’art. 33 comma 1 del D. Lgs . 206/2005 nella parte in cui si afferma la vessatorietà delle clausole che “malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Occorre cioè verificare di volta in volta, e in concreto, se l’introduzione di una clausola avente ad oggetto l’individuazione dell’organismo di mediazione al quale le parti dovranno obbligatoriamente

(28)

TAGETE 1-2011 Year XVII

236 rivolgersi comporti, per il consumatore, oneri od aggravi procedurali autenticamente squilibrati.

Ora, per valutare se vi sia o meno squilibrio di posizione occorre, a mio parere, non soltanto considerare l’assetto negoziale realizzato dalla clausola ma anche la situazione che si verificherebbe in sua mancanza.

E così, venendo al nostro caso, l’ente chiamato a mediare la controversia, in assenza di diversa indicazione contrattuale sarebbe, in forza del sopra richiamato art. 4 comma 1, l'organismo inizialmente adito, senza alcuna regola di favore per il consumatore; questi, infatti, finirebbe per doversi assoggettare alla decisione del professionista in tutti i casi in cui fosse quest’ultimo ad aver attivato (per primo) la procedura. E laddove la sede dell’organismo scelta dall’impresa fosse particolarmente scomoda, sotto il profilo logistico, per il consumatore, questi potrebbe tutt’al più tentare di addurre un giustificato motivo per non partecipare alla procedura, evitando la sanzione di cui all’art. 116 c.p.c. ma perdendo, nei fatti, la possibilità di adoperarsi per addivenire ad un’utile sistemazione della lite in via stragiudiziale.

Potrebbe, perciò, accadere – in modo del tutto naturale ed ammesso dall’attuale disciplina della mediazione – che l’impresa assicuratrice nel respingere un sinistro, o nel formulare una offerta non accettata dal danneggiato, non rimanga in passiva attesa di una eventuale iniziativa di quest’ultimo, ma si attivi immediatamente per dar corso alla procedura di mediazione, presentando istanza (ad esempio) all’organismo più vicino alla propria sede operativa. E il consumatore/danneggiato – allo stato dell’arte - nulla potrebbe obiettare al riguardo, anche nel caso in cui l’organismo si trovi in località scomoda e non facilmente raggiungibile (salva, forse, la possibilità sopra evocata di addurre giustificato motivo per non comparire).

(29)

TAGETE 1-2011 Year XVII

237 Data tale situazione, si tratta di comprendere se l’introduzione di una clausola conciliativa possa, per il consumatore, ulteriormente indebolirne la posizione.

In quest’ottica, parrebbe certamente vessatoria una clausola di conciliazione strutturata in modo tale da prevedere che tutte le controversie relative ad un dato contratto di assicurazione debbano essere proposte esclusivamente davanti ad uno specifico organismo di conciliazione situato, ad esempio, nel luogo in cui la compagnia ha la propria sede legale, senza tener in alcun conto della residenza o del domicilio del consumatore.

Ma un eguale giudizio di vessatorietà non parrebbe potersi dare quando la clausola tenga in qualche modo conto di tale criterio territoriale, individuando – ad esempio – un organismo dotato di strutture locali collocate in modo da non gravare eccessivamente la posizione dei singoli contraenti; così, volendo fornire un ulteriore esempio, la previsione di un organismo di conciliazione presente in ogni capoluogo di regione, pur non consentendo a tutti i consumatori di adire l’organismo loro più vicino, impedirebbe anche alla compagnia di liberamente promuovere la mediazione davanti all'organismo a lei preferito; con il che realizzando un sostanziale contemperamento di interessi, probabilmente non censurabile anche laddove non specificamente negoziato tra le parti.

La questione potrebbe aver perso parte della sua significatività in conseguenza dell’emanazione del DM 180/2010 ed, in particolare, a seguito della previsione di una sezione del registro degli organismi di mediazione dedicata all’“elenco dei mediatori esperti nella materia dei rapporti di consumo”27.

27 Si consideri, sul punto, il disposto dell’art. 141 Cod. Cons.: “1. Nei rapporti tra consumatore e professionista, le parti possono avviare procedure di composizione extragiudiziale per la risoluzione delle controversie in materia di consumo, anche in via telematica. 2. Il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro della giustizia, con decreto di natura non regolamentare, detta le disposizioni per la formazione dell'elenco degli organi di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo che si conformano ai principi della raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale

(30)

TAGETE 1-2011 Year XVII

238 Qualche ulteriore riflessione merita di esser svolta in relazione all’ipotesi di una clausola conciliativa che preveda il necessario accesso a tecniche di conciliazione telematica.

Una simile soluzione, peraltro, non incontrerebbe particolari difficoltà nei contratti del commercio elettronico, ad esempio le polizze della responsabilità civile auto acquistate on line, dove il contraente normalmente dichiara, sin dal principio, di volersi avvalere di quelle tecniche di comunicazione a distanza e, dunque, di possedere i mezzi e le conoscenze per poter adire o aderire al tentativo di conciliazione in via telematica.

Più in generale, il ricorso a strumenti di conciliazione a distanza esclude buona parte delle problematiche, operative e legali, correlate alla diversa collocazione territoriale delle parti coinvolte.

Certo, la tenuta legale di una tale pattuzione dovrebbe essere considerata anche al vaglio dei principi di fondo espressi dal Codice del Consumo e dal regolamento Isvap n. 34/2010 (in tema di accettazione, da parte del Cliente, della tecnica di comunicazione telematica, previa adeguata informativa del diritto concessogli di modificare in ogni tempo le proprie scelte e di avvalersi di strumenti di comunicazione più tradizionali). Il tutto avuto riguardo anche di quanto disposto dall’art. 7, comma 4, del DM 180/2010.

delle controversie in materia di consumo, e della raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Il Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero della giustizia, comunica alla Commissione europea gli organismi di cui al predetto elenco ed assicura, altresi', gli ulteriori adempimenti connessi all'attuazione della risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, relativa ad una rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. 3. In ogni caso, si considerano organi di composizione extragiudiziale delle controversie ai sensi del comma 2 quelli costituiti ai sensi dell'articolo 2, comma 4 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 4. Non sono vessatorie le clausole inserite nei contratti dei consumatori aventi ad oggetto il ricorso ad organi che si conformano alle disposizioni di cui al presente articolo. 5. Il consumatore non può essere privato in nessun caso del diritto di adire il giudice competente qualunque sia l'esito della procedura di composizione extragiudiziale”.

(31)

TAGETE 1-2011 Year XVII

239 Merita, infine, qualche cenno anche un secondo argomento: quello relativo alla vincolatività - o meno - della clausola di conciliazione e degli effetti della sua violazione.

Il citato art. 5 comma 5 del D. Lgs . 28/2010, per quanto soprattutto rivolto a disciplinare le ipotesi in cui il ricorso alla mediazione non sia “obbligatoria”, pare affermare la vincolatività dell’indicazione contrattuale; ed in questo senso, infatti, si prevede che il giudice, una volta rilevata la violazione dell’obbligo contrattuale (su eccezione di parte), assegni alle parti un termine per promuovere o completare la procedura di mediazione davanti all’organismo indicato nella clausola.

Nulla, peraltro, è detto, in modo esplicito, con riferimento all’ipotesi in cui colui che agisce in giudizio abbia sì provveduto ad un tentativo di conciliazione, ma proponendo una domanda davanti ad un organismo diverso da quello indicato nella clausola.

In tal caso, la materiale partecipazione di entrambe le parti finirebbe per sanare l’iniziale violazione, essendo nella loro disponibilità la modifica consensuale, in ogni tempo, della indicazione contrattuale (così come del resto espressamente stabilito dallo stesso art. 5 comma 5).

Non è chiaro, invece, cosa possa accadere nell’ipotesi in cui la parte chiamata alla mediazione (davanti ad un organismo diverso), decidesse di non comparire; laddove una simile fattispecie potesse equipararsi tout court al mancato esperimento del tentativo di conciliazione, la domanda giudiziale sarebbe affetta da improcedibilità (ed il giudice, nel dichiararla, dovrebbe rimettere le parti davanti all’organismo contrattualmente prestabilito).

Laddove, invece, si ritenesse (come in effetti riteniamo) che l’indicazione contrattuale produca effetti soltanto obbligatori per le parti – e non si riverberi sulle sorti del processo – le uniche conseguenze derivanti dalla sua violazione risiederebbero nella possibilità, per la parte chiamata, di invocare un giustificato

(32)

TAGETE 1-2011 Year XVII

240 motivo per non comparire (senza le conseguenze di cui all’art. 116 c.p.c. né, all’evidenza, alcun rischio di sentirsi condannata alle spese di lite nell’ipotesi in cui la proposta del mediatore, laddove resa in contumacia, risulti conforme al contenuto della sentenza, ancorchè favorevole alla parte non comparsa). E, in aggiunta a quanto sopra, potrebbe profilarsi una responsabilità risarcitoria per la violazione dell’impegno contrattuale, ricorrendone i presupposti e l’esistenza di un pregiudizio in concreto dimostrabile.

Il tema relativo alla mancata comparizione di una parte, più volte accennato nel corso di questo scritto, richiede – infine - qualche ulteriore sviluppo, anche in considerazione di quanto stabilito nel decreto ministeriale attuativo n.

180/2010.

6) La proposta del mediatore in caso di “contumacia” di una o più parti Già si sono segnalate le numerose potenziali criticità sistematiche della nuova disciplina ed i dubbi perciò insorti in ordine all’effettivo conseguimento degli obiettivi della vigilia. In particolare, ci si è chiesto quale possa essere l’effettivo impatto della mediazione conicliativa – se virtuoso o, al contrario, pregiudizievole – sul complessivo andamento del settore assicurativo della RC auto; di qui è scaturito un vivace dibattito, soprattutto in seno alle imprese assicuratrici, su quale debba essere la strategia da seguire per affrontare utilmente il nuovo corso procedurale.

Se sia, cioè, più opportuno comparire sistematicamente – sostenendo i relativi costi ed impegnando le proprie risorse aziendali sul territorio - ovvero se sia preferibile non farlo, limitandosi a gestire la procedura stragiudiziale codicistica e, semmai, scegliendo di aderire alla mediazione nei soli casi ritenuti meritevoli di particolare attenzione. O ancora se non sia il caso di muoversi in prevenzione,

Riferimenti

Documenti correlati

Risultato prima delle imposte (A‐B+C+D+E) ‐      17.720.067,21 ‐      

Elettroni energetici ( ~ 1 MeV) possono causare spostamenti atomici nel lattice mediante interazione Coulombiana con il nucleo del solido. La perdita di energia degli elettroni per

il calore passa dal corpo più caldo (borsa) al corpo meno caldo

La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti

• se stiamo effettuando misure in corrente continua, le impedenze sono in realtà delle resistenze, per cui nelle formule entrano solo numeri reali e quindi l’effetto di carico

Globalizzazione e diseguaglianza.. Perché preoccuparsi della distribuzione ineguale del reddito?. 4) The Great

 Cedendo calore l’intensità di energia termica Cedendo calore l’intensità di energia termica (temperatura) è diminuita.. (temperatura)

Al contrario, le città giapponesi di Iwate, Miyagi e Fu- kushima, già alle prese con un rapido processo di invecchiamento della popolazione e di economia stagnante nel