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Sulla conoscenza legale dell’evento interruttivo e sul momento dal quale inizia a decorrere il termine per la riassunzione del processo. - Judicium

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CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE SECONDA, 26 MARZO 2012, n. 4851 – ODDO Presidente – BERTUZZI Relatore – CAPASSO P.M.

Procedimento Civile - Interruzione del processo per morte o impedimento del procuratore - Conoscenza in forma legale dell’evento interruttivo – Comunicazione del decesso del difensore a mezzo di telegramma inviato all'organo giudiziario - Decorrenza del termine per la riassunzione

In tema di interruzione del processo per morte del procuratore costituito, non costituisce mezzo di conoscenza legale dell’evento interruttivo per le altre parti il telegramma inviato dalla parte rappresentata all’organo giudiziario per comunicare l’avvenuto decesso del difensore, ancorché esso venga allegato al fascicolo d’ufficio, risolvendosi tale comunicazione in una mera dichiarazione di scienza proveniente da un soggetto privato ed abbisognando pertanto di essere abbinata alla documentazione ufficiale certificante il decesso.

FABIO SAVINO

Sulla conoscenza legale dell’evento interruttivo e sul momento dal quale inizia a decorrere il termine per la riassunzione del processo.

Sommario: 1. Rilievi introduttivi – 2. La vicenda processuale – 3. L’orientamento della giurisprudenza – 4. Il contenuto della decisione: aspetti poco condivisibili e temi tralasciati.

1. RILIEVI INTRODUTTIVI

La pronuncia in esame si inserisce nell’alveo tracciato dall’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale ribadendo il principio secondo cui, in caso di interruzione del processo per morte del difensore di una delle parti, il termine per la riassunzione o la prosecuzione decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento, ma da quello in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.

La conoscenza dell’evento da cui far decorrere il termine ai fini della riassunzione o della prosecuzione si realizza in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento interruttivo, con la conseguenza che il termine può decorrere per ciascuna delle parti da una data diversa.

La sentenza in commento si caratterizza per un’applicazione eccessivamente rigida del principio appena richiamato e sembra non tener in adeguata considerazione tanto la particolarità della fattispecie, quanto alcuni profili che se esaminati avrebbero probabilmente condotto ad una decisione differente.

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2. LA VICENDA PROCESSUALE

I ricorrenti avevano impugnato una pronuncia resa in grado di appello che aveva riformato la sentenza di primo grado con cui era stata dichiarata l’estinzione del processo interrotto per la morte del difensore di una delle parti e riassunto oltre il termine semestrale individuato dall’art. 305 c.p.c.1. Nello specifico, in seguito alla morte del proprio avvocato, una delle parti aveva inviato al giudice un telegramma con il quale comunicava l’avvenuto decesso e, dunque, l’evento interruttivo.

Sia la Corte di Appello, sia la S.C., applicando il principio richiamato in apertura, hanno ritenuto che il telegramma inviato al giudice dalla parte rimasta priva del proprio difensore costituisse un mezzo inadeguato a determinare la conoscenza legale dell’evento interruttivo ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, in quanto integrante una mera dichiarazione di scienza proveniente da un soggetto privato. Ciò perché la legge attribuisce valore di mezzo di conoscenza legale del fatto in esso rappresentato solo alla dichiarazione proveniente dal procuratore, laddove l’evento colpisca la parte rappresentata, senza riconoscere un analogo effetto alla dichiarazione resa dalla parte personalmente, in caso di evento che colpisca il proprio difensore. Una tale dichiarazione sarebbe di mera scienza privata e, dunque, non assistita da alcuna particolare fede privilegiata atteso che per la Corte l’espressione conoscenza legale “sembra infatti stare ad indicare non solo il mezzo di diffusione della notizia, ma anche la fonte dalla quale essa proviene”. Pertanto, la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, al fine di far decorrere correttamente il termine per la riassunzione avrebbe dovuto comprovare la notizia mediante un atto ufficiale (certificato di morte o certificato di cancellazione dall’Ordine professionale), non essendo sufficiente a tal fine il telegramma inviato, inidoneo di per sé ad essere considerato mezzo di conoscenza legale dell’evento interruttivo per le altre parti, nonostante esso, una volta ricevuto dal giudice, sia stato dallo stesso vistato ed allegato al fascicolo d’ufficio.

3. L’ORIENTAMENTO DELLA GIURISPRUDENZA

La vicenda processuale illustrata fornisce lo spunto per qualche riflessione sulla dibattuta nozione di conoscenza legale e sul complesso tema dell’individuazione del

1 Come noto, il termine semestrale previsto dall’art. 305 è stato ridotto a tre mesi in seguito alla modifica introdotta con l’art. 46 comma 14 della legge 18 giugno 2009 n. 69.

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momento dal quale far decorrere il dies a quo per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto.

Dalla lettura dell’art. 305 c.p.c. nella sua attuale formulazione, emerge che il processo (interrotto) deve essere proseguito o riassunto entro il termine di tre mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.

Se da un lato, la disposizione individua il termine perentorio decorso il quale il giudizio interrotto e non tempestivamente riattivato si estingue, dall’altro, nulla è espressamente sancito in ordine al momento iniziale della sua decorrenza, tant’è che nel corso degli anni si sono posti delicati problemi interpretativi ed applicativi per la cui risoluzione già a partire dalla fine degli anni ‘60 è intervenuta con diverse pronunce la Corte Costituzionale.

La formulazione originaria della norma (ma, in verità, anche quella attuale) tradiva un vulnus abbastanza evidente: mancava, ai fini della corretta individuazione della decorrenza del termine per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto, una differenziazione nell’ambito dei singoli eventi interruttivi. Ciò che poteva trarsi dal tenore letterale era esclusivamente che il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo iniziasse a decorrere dall’interruzione del processo e nulla più. La disposizione non considerava le gravi ripercussioni che si generavano sul processo in tutti quei casi in cui al verificarsi dell’evento seguiva ipso iure l’interruzione del processo2. Ed infatti, poteva accadere che la parte interessata a proseguire o riassumere il processo non lo facesse tempestivamente, per non aver avuto notizia dell’evento interruttivo: si verificava quel fenomeno acutamente definito estinzione misteriosa del processo che andava ad incidere pesantemente sul diritto di difesa. Per ovviare a tale evenienza molto pericolosa anche in un periodo in cui risultava ancora incompiuta l’interpretazione dell’art. 24 della Costituzione3, tra il finire degli anni

2 In generale sull’interruzione del processo si vedano: Calvosa, voce «Interruzione del processo civile», in Novissimo Dig., VIII, Torino, 1962; Punzi, L’interruzione del processo, Milano, 1963; Finocchiaro, voce

«Interruzione del processo (dir.proc. civ.)», in Enc. Dir., XXII, Milano, 1972, 428; D’Alessio, voce

«Interruzione del processo civile», in Novissimo Dig., App., IV, Torino, 1983, 338; Saletti, voce,

«Interruzione del processo», in Enc. Giur., XVII, Roma, 1989; Cavalaglio, voce «Interruzione del processo di cognizione nel diritto processuale civile», in Digesto civ., X, Torino, 1993; Califano, L’interruzione del processo civile, Napoli, 2004; ID., voce, «Interruzione del processo civile», in Il diritto. Enciclopedia giuridica, VIII, Milano, 2007, 182.

3 In tal senso, Califano, L’interruzione del processo, cit., 295, il quale osserva testualmente “V’era dunque da aspettarsi (e, nella specie, meraviglia solo il ritardo, peraltro coerente con la ancora all’epoca incompiuta interpretazione dell’art. 24 Cost.) che la norma fosse sottoposta a numerosi e diversamente definiti esami di legittimità costituzionale…”.

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’60 e l’inizio degli anni ’70 è intervenuta la Corte Costituzionale con due pronunce che hanno fortemente inciso sul contenuto dell’art. 305 c.p.c.4. Una prima la n. 139 del 15 dicembre 19675 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 305 c.p.c., per contrasto con l’art. 24 della Costituzione, nella parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo, e non dalla conoscenza legale dell’evento, il termine per la riassunzione o prosecuzione dello stesso nei casi regolati dal precedente art.

3016; una seconda, la n. 159 del 6 luglio 19717 ha sancito l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 305 nella parte in cui prevede che il termine per la prosecuzione o riassunzione del giudizio interrotto ai sensi dell’art. 299 decorra dall’interruzione e non dal momento in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.

4 Prima degli interventi della Corte Costituzionale, era pacifico che il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto decorresse dal momento in cui si verificava l’evento interruttivo, indipendentemente dall’effettiva conoscenza dello stesso e dalla sua declaratoria. In tal senso: Cass. 4 marzo 1967, n. 39; Trib. Teramo 31 maggio 1962, in Giur. it., 1962, I, 2, 406; App. Roma 7 giugno 1961, in Giust.

civ., 1961, I, 1649; App. Potenza 2 dicembre 1959, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 1960, 80; App. Catania 16 gennaio 1958, in Giur. sic., 1959, 1004; App. Palermo 9 gennaio 1957, in Giur. sic., 1957, 561; Trib. Brescia 12 maggio 1954, in Corti Brescia e Venezia, 1955, 358.

5 La decisione è pubblicata in Giur. cost., 1967, 1653 ss, con nota di Andrioli, Riassunzione del processo civile a tempo indeterminato; con nota di Denti, L’interruzione misteriosa e l’interruzione impossibile, in Riv.

dir. proc. 1968, 603 ss; con nota di Punzi, L’interruzione e l’estinzione del processo civile e l’art. 24 della costituzione, in Giur. it., 1968, I, 1, 750; con nota di Apicella, Osservazioni sulla nuova disciplina dell’interruzione del processo, in Foro amm., 1968, II, 185. Altri commenti alla pronuncia si registrano in Finocchiaro, Problemi vecchi e nuovi in tema di interruzione del processo: il diritto alla difesa e la riassunzione del processo, in Giust. Civ., 1968, IV, 73 ss.; Scardaccione, Appunti sull’interruzione del processo per morte o impedimento del procuratore, in Riv. dir. proc., 1968, 347 ss.; Trocker, Riassunzione del processo e diritto di azione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1968, 1176 ss.; Comoglio, La garanzia costituzionale dell’azione e il processo civile, Padova, 1970, 230 ss.; Andrioli, Le sentenze della Corte costituzionale: consuntivo degli effetti sull’ordinamento positivo, in Foro it., 1969, V, 73 ss., 106 ss.

6 In estrema sintesi, può dirsi che due sono state le principali opinioni emerse in dottrina in relazione alla pronuncia. La prima collegava un effetto meramente eliminatorio della norma incostituzionale, con la conseguenza che il vuoto normativo creatosi avrebbe potuto esser sanato solo con un intervento del legislatore, essendo inammissibile lo svolgimento di una tale funzione da parte del giudice (in tal senso Denti, L’interruzione misteriosa e l’interruzione impossibile, cit., Punzi, L’interruzione e l’estinzione del processo civile e l’art. 24 della costituzione, cit., Finocchiaro, Problemi vecchi e nuovi in tema di interruzione del processo: il diritto alla difesa e la riassunzione del processo, cit., ID., La riassunzione del processo interrotto ex art. 301 c.p.c. ed il preteso vuoto di legislazione, in Giust. civ., 1968, I, 1985). La seconda attribuiva alla pronuncia efficacia “creativa – sostitutiva” nel senso che “la Corte dichiara illegittimo il testo legislativo per il fatto (e limitatamente al fatto) che la disposizione denunciata fosse carente di uno o più precetti, ma dal punto di vista sostanziale comporta l’introduzione nell’ordinamento di quello o di quei (nuovi) precetti” (così Sandulli, Il giudizio sulle leggi, Milano, 1967); o “interpretativa di accoglimento” nel senso che “pur non apportando nessuna modificazione del testo legislativo vi è tuttavia la necessità di darne una diversa lettura, estraendone qualcosa di meno od anche qualcosa di più rispetto al significato che esprimeva prima della decisione della Corte così che la norma integrata si impone a tutti, indistintamente, gli operatori giuridici”

(così, Crisafulli, Le sentenze interpretative della Corte Costituzionale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1967, 1 ss.).

7 La si legge in Foro it., 1971, I, 2117 ss.

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In virtù dei richiamati interventi del Giudice delle Leggi8, deve ritenersi ormai acquisito il principio per il quale nei casi in cui l’interruzione del processo operi ipso iure, ovvero quelli di cui agli articoli 299, 300 comma 3 e 301 comma 1 c.p.c., il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l’evento si è verificato, bensì da quello in cui la parte interessata alla riassunzione o prosecuzione ne sia venuta a conoscenza9.

Di conseguenza, il testo dell’art. 305 va letto sostituendo alla parola “interruzione”, l’espressione “conoscenza del fatto interruttivo”10.

Anche se subito dopo l’intervento del 1967, alcune pronunce hanno comunque continuato ad individuare la decorrenza del termine per la prosecuzione o riassunzione dal momento della conoscenza effettiva dell’evento interruttivo11, di lì a

8 Il principio affermato dalle pronunce richiamate nel testo è stato applicato anche nella sentenza 4 marzo 1970, n. 30 in relazione alla sospensione del processo ed in particolare con riferimento all’art. 297 c.p.c.. La Corte Costituzionale ne ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede che il termine semestrale per la riassunzione decorra dal momento in cui le parti del processo sospeso abbiano avuto conoscenza della cessazione della causa di sospensione, senza che assuma rilievo la potenziale conoscibilità di tale cessazione in un periodo anteriore. Ancora, il medesimo principio è stato affermato anche con la sentenza 19 febbraio 1976, n. 36 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 19, primo comma, della legge 28 luglio 1971, n. 585 (nuove provvidenze in materia di pensioni di guerra), nella parte in cui dispone che il termine per la riassunzione del processo, interrotto a seguito della morte del ricorrente, decorra dall'interruzione, anziché dalla data in cui gli eredi del ricorrente ne abbiano avuto conoscenza. Più di recente, la pronuncia n. 17 del 21 gennaio 2010 ha risolto i dubbi di costituzionalità dell’art. 305 c.p.c. in relazione all’art. 43 L.F. sollevati dal Tribunale di Biella (in Fall. 2009, 955 ss., con nota di Consolo – Muroni, Amministrazione straordinaria e termine a quo dell’interruzione del processo e per la sua riassunzione) riprendendo il ragionamento già svolto con le sentenze 139/67, 159/71 ed affermando che

“accanto all’esigenza primaria di tutelare la parte colpita dall’evento, vi è, però, un’ulteriore finalità sottesa all’istituto dell’interruzione consistente nel tutelare il diritto di difesa anche della parte cui il fatto interruttivo non si riferisce; essa, quindi, deve essere in grado di conoscere se si sia o meno verificato l’evento interruttivo e, in caso positivo, deve essere posta nelle condizioni di sapere da quale momento decorre il termine semestrale per la riassunzione”. Pertanto, l’interruzione prodotta dalla sopravvenuta dichiarazione di insolvenza di una delle parti, ai sensi dell’art. 43 L. F., rappresentando un’ipotesi di interruzione ope legis va letta secondo i principi affermati dal Giudice delle leggi nelle richiamate pronunce relative all’art. 305 c.p.c. e, dunque, facendo decorrere il termine semestrale (oggi trimestrale) per la riassunzione dal giorno in cui la parte interessata abbia avuto conoscenza legale dell’evento. La recente pronuncia ha tuttavia risolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dichiarandola infondata in quanto “per costante giurisprudenza nessuna norma di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima sol perché è suscettibile di essere interpretata in senso contrastante con i precetti costituzionali, ma deve esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione”.

9 In tal senso per tutti, Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Bari, 2012, 273. Si noti comunque che l’esigenza di individuare comunque un dies a quo del termine semestrale era già stata sottolineata da Andrioli, in Diritto processuale civile, I, Napoli, 1979, 972 ss.. Secondo l’autore, in mancanza, si verificherebbe la trasformazione di “uno stato del processo che, come l’interruzione, è tradizionalmente temporaneo e transitorio, in uno stato a tempo indeterminato e indeterminabile…”.

10 Così Verde, Diritto Processuale civile, 2, Bologna, 2010, 166.

11 In tal senso, Cass. 17 giugno 1968, n. 1943, in Giust. civ. 1968, I, 1383 e ss. con nota di Ciaccio, E’soggetta a termine di riassunzione l’interruzione automatica del processo?, che si limita ad affermare che dopo l’intervento della Corte Costituzionale l’art. 305 c.p.c. va letto nel senso che la prosecuzione o

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poco la giurisprudenza in modo costante ha iniziato a ritenere che la conoscenza dell’evento interruttivo idonea a far decorrere il termine per la riassunzione o prosecuzione fosse solo quella legale12, intendendosi con tale espressione quella conseguita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione13, non essendo sufficiente quella aliunde acquisita14.

riassunzione del processo debba avvenire nel termine di 6 mesi dalla conoscenza dell’evento interruttivo da parte del soggetto interessato, altrimenti il processo si estingue ed è il giudice di merito ad accertare nei modi ordinari del procedimento se la prosecuzione o riassunzione sia avvenuta nel termine semestrale di conoscenza. Analogamente, Cass. 5 settembre 1968 n. 2865 ha ritenuto sufficiente per la tempestività della riassunzione che la parte interessata abbia avuto conoscenza dell’evento interruttivo nel periodo di tempo immediatamente precedente alla notificazione dell’atto di riassunzione e che tale immediatezza non sia stata contestata dalla controparte.

12 Cons. Stato 31 dicembre 2010, n. 9608, in Foro amm., CDS 2010, 12, 2672; Trib. Bari 14 dicembre 2010, n. 192, in Giur. mer. 2011, 9, 2137; Cass. 4 maggio 2010, n. 10714; Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085; Corte Conti reg. Marche, sez. giurisd., 16 novembre 2009, n. 267, in Riv. corte conti 2009, 6, 213; App. Bari, 6 ottobre 2009, n. 970 in Giurisprudenzabarese.it; Cons. Stato 29 maggio 2009, n. 3363, in Foro amm. CDS 2009, 5, 1268; Trib. Roma 10 febbraio 2009, in Foro it., 2009, I, 2534; T.A.R. Puglia Bari, 13 gennaio 2009, n. 11, in Foro amm., TAR 2009, 1, 208; Cass. 19 dicembre 2008, n. 29865; Cass. 23 luglio 2008, n. 20361;

Trib. Ascoli Piceno 22 maggio 2008, in Dir e lav. Marche, 3, 307; Cons. Stato 28 marzo 2008, n. 1334, in Foro amm., CDS 2008, 3, 835; Corte Conti 12 dicembre 2007, n. 482, in Riv. corte conti 2007, 6, 140; Cass.

08 marzo 2007, n. 5348; Cass. 16 marzo 2006, n. 5816; App. Torino 14 gennaio 2005, in de jure.giuffrè.it;

T.A.R. Sicilia Palermo 22 ottobre 2003, n. 2187, in Foro amm., TAR 2003, 3094; Cass. 29 aprile 2003, n.

6654; Cass. 18 ottobre 2001, n. 12706; Cons. Stato 1 marzo 2001, n. 1126, in Foro Amm. 2001, 601; Cass. 7 ottobre 1998, n. 9918; Cass. 19 marzo 1996, n. 2340; Corte Conti 16 giugno 1994, n. 83791, in Riv. corte conti, 2, 186; Cons. Stato 31 dicembre 1993, n. 1396, in Foro Amm. 1993, 11-12; Cons. Stato 10 febbraio 1992, n. 101, in Foro Amm. 1992, 553; Corte Conti 16 marzo 1991, n. 71026, in Riv. corte conti 1991, 3, 230;

Cass. 19 maggio 1988, n. 3483; Corte Conti 6 aprile 1988, n. 71871, in Riv. corte conti 1988, 4, 182; Cass. 5 settembre 1985, n. 4618; Cass. 10 giugno 1982, n. 3512; Cass. 29 ottobre 1980, n. 5820; Trib. Napoli 4 luglio 1979, in Foro Nap. 1979, I, 172; Cass. 17 maggio 1976, n. 1746; Cass. 10 ottobre 1972, n. 2993; Cass. 20 gennaio 1972, n. 142; Cass. 19 giugno 1969, n. 2166; Cass. 28 marzo 1969, n. 1010; Cass. 7 ottobre 1968, n.

3138, in Giust. civ. 1969, I, 654 ss. con nota di Ciaccio, Forme di comunicazione dell’evento idonee a fare decorrere il termine di riassunzione del processo in seguito ad interruzione automatica, e in Giur. it. 1970, I, 419 ss con nota di Finocchiaro, Dall’estinzione impossibile a quella imprevedibile.

13 Si osservi, inoltre, che l’art. 24 comma 2 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei T.A.R. ha stabilito che il termine perentorio per la riassunzione del processo interrotto decorre dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione.

14 Cass. 4 maggio 2010, n. 10714; Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085; App. Bari 6 ottobre 2009, n. 970; T.A.R.

Calabria Catanzaro 4 maggio 2009, n. 395, in Foro Amm. TAR 2009, 5, 1584; T.A.R. Lombardia Milano 9 luglio 2007, n. 5349, in Foro Amm. TAR 2007, 7-8, 2278; T.A.R. Campania Napoli 7 settembre 2006, n.

7968, in Foro Amm. TAR 2006, 9, 3008; Cass. 8 ottobre 2008, n. 24857 per la quale “in tema di interruzione del processo per collocamento a riposo e conseguente cancellazione dall’albo del difensore di una parte, che è ipotesi assimilata alla radiazione di cui all’art. 301, il termine per la prosecuzione o riassunzione del processo ex art. 305 decorre dalla data in cui la parte rimasta priva di procuratore ha dell’evento avuto conoscenza legale, risultante da dichiarazione della medesima ovvero da comunicazione, certificazione o notificazione ad essa eseguita: ne consegue che la produzione in giudizio, ad opera della predetta parte, di certificazione del dirigente amministrativo del settore, attestante l’avvenuto pensionamento, dimostra la predetta conoscenza in forma legale sin da tale atto ed epoca”. Nella specie la S.C., rigettando il ricorso avverso la sentenza impugnata, ne ha affermato la correttezza ove essa dava atto che l’estinzione del processo per mancata riassunzione nei termini era avvenuta prima dell’evento-morte di una parte già in occasione del pensionamento del procuratore appartenente all’ufficio legale dell’ente pubblico rappresentato in giudizio, evento noto a quest’ultimo, non seguito dalla riassunzione nel termine semestrale del codice di rito; Cass. 19 gennaio 2006, n. 974; Cass. 7 luglio 2004, n. 12454; App. L’Aquila 14 gennaio 2003, in Giur. Mer. 2003, 1425; Trib. Pescara 18 dicembre 2002, in PQM 2003, 1, 77; Cass. 17 gennaio 2002, n. 440; Cass. 23 marzo

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Le pronunce che a partire dalla fine degli anni 60’ si sono susseguite si caratterizzano per essere tutte sostanzialmente ispirate all’idea interpretativa di fondo per la quale la conoscenza legale si consegue attraverso atti processuali15. Tra esse, mentre alcune in modo più o meno espresso individuano le fattispecie in cui può configurarsi la conoscenza legale dell’evento interruttivo, in altre viene semplicemente affermata l’inidoneità di ipotesi specifiche ad assurgere al grado di conoscenza legale.

Nel primo gruppo, si collocano quelle sentenze in cui la Suprema Corte, valorizzando il profilo delle attività svolte in udienza e la provenienza da atti processuali, ha ritenuto che la conoscenza legale dell’evento interruttivo si perfezioni in seguito ad apposita dichiarazione resa in udienza alla presenza del procuratore dell’altra parte16 o, quelle per le quali il termine per la riassunzione del processo interrotto decorra dall’ordinanza dichiarativa dell’interruzione in caso di relativa lettura in udienza, alla presenza del procuratore della parte interessata alla riassunzione17, mentre in difetto di tale lettura, la conoscenza legale si perfeziona dal giorno in cui la parte acquisisca la conoscenza in forma legale della pronuncia attraverso comunicazione di cancelleria18 o la notificazione del provvedimento19.

2001, n. 4203; Cass. 29 dicembre 1999, n. 14691; Cass. 7 ottobre 1998, n. 9918; Cass. 19 marzo 1996, n.

2340; Corte Conti reg. Sicilia, sez. giurisd., 15 novembre 1994, n. 310, in Riv. corte conti 1995, 1, 346;

Cons. Stato 6 novembre 1992, n. 1170, in Cons. Stato 1992, I, 1572; Corte Conti 26 giugno 1992, n. 72994, in Riv. corte conti 1993, 1, 187; Corte Conti 14 febbraio 1992, n. 65930, in Riv. corte conti, 4, 111; Cons.

Stato 10 febbraio 1992, n. 101, in Giur. It. 1993, III, 1, 219; Cass. 21 settembre 1990, n. 9625; Cass. 6 luglio 1989, n. 3227; Cass. 19 maggio 1988, n. 3483; Cass. 5 settembre 1985, n. 4618; Cass. 7 novembre 1984, n.

5629; Cass. 9 novembre 1983, n. 6618; Cass. 6 novembre 1982, n. 5840; Cass. 10 giugno 1982, n. 3512; App.

Milano 29 settembre 1981, in Arch. Civ. 1981, 987; Cass. 27 luglio 1981, n. 4842; App. Milano 21 ottobre 1980, in Arch. Civ. 1980, 1068; Cons. Stato 26 settembre 1980, n. 960, in Foro Amm. 1980, I, 1644; Cass. 29 ottobre 1980, n. 5820; Cass. 17 maggio 1976, n. 1746; Cass. 14 novembre 1975, n. 3839; Cass. 10 ottobre 1972, n. 2993; Cass. 20 gennaio 1972, n. 142; Cass. 21 gennaio 1970, n. 129; Cass. 7 ottobre 1968, n. 3138.

15 Assolutamente significativa l’affermazione che può leggersi in Cons. Stato 6 novembre 1992, n. 1170, in Cons. Stato 1992, I, 1572, ove emerge che “il termine per la riassunzione decorre dalla data certa di conoscenza, risultante dagli atti…”. E ancora, Ciaccio, nella nota a in Cass. 7 ottobre 1968, n. 3138, Forme di comunicazione dell’evento idonee a far decorrere il termine di riassunzione del processo in seguito ad interruzione automatica, cit., evidenzia che, in difetto di anteriore acquisizione della conoscenza legale della morte del suo difensore, il termine di 6 mesi prende a decorrere per la parte interessata dalla data in cui il nuovo procuratore aveva proposto l’istanza per la fissazione dell’udienza di discussione.

16 Cass. 8 marzo 2007, n. 5348.

17 Cass. 19 gennaio 2006, n. 974; Cass. 17 gennaio 2002, n. 440; Cass. 19 maggio 1988, n. 3483; Cass. 28 luglio 1969, n. 2874 per la quale il termine semestrale iniziava a decorrere dalla data dell’ordinanza di interruzione pronunciata in presenza dell’altra parte. Nello stesso senso, Corte Conti reg. Marche, sez.

giurisd., 16 novembre 2009, n. 267, in Riv. corte conti 2009, 6, 213 per la quale la conoscenza legale si concretizza con la comunicazione dell’ordinanza dichiarativa dell’interruzione del procedimento.

18 Cass. 16 marzo 2006, n. 5816

19 Cass. 19 maggio 1988, n. 3483.

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Allo stesso modo, sono state ritenute idonee a formare la conoscenza legale dell’evento, le ordinanze pronunciate dal giudice in udienza, inserite nel processo verbale ai sensi dell’art. 134: esse si reputano conosciute sia dalle parti presenti, sia da quelle che avrebbero potuto e dovuto intervenire (alle quali, quindi, non devono essere comunicate dal cancelliere) e, dunque, nel caso in cui l’interruzione sia stata disposta con ordinanza pronunciata in udienza, il termine perentorio per la riassunzione decorre, per le suddette parti, dalla data dell’ordinanza stessa, senza che, pertanto, sia necessaria, a tal fine, la presenza in udienza del procuratore della parte interessata alla riassunzione20. Ancora, in senso più o meno analogo è stato individuato il momento di conoscenza legale da parte dell’ente pubblico dell’evento interruttivo costituito dalla cessazione dall’impiego del proprio difensore, nella data in cui lo stesso ente, costituendosi in giudizio con un nuovo difensore, abbia dedotto la cessazione del servizio del primo avvocato e prodotto la relativa certificazione21. Altre pronunce hanno, viceversa, specificamente collegato la conoscenza legale dell’evento interruttivo all’attestazione contenuta nella relata di notificazione22. Guardando, invece, al contenuto di quelle sentenze ove in relazione alle fattispecie dedotte, si esclude che esse siano idonee ad integrare la conoscenza legale dell’evento, è stato anzitutto affermato che la conoscenza legale non può essere surrogata dalla eventuale conoscenza di fatto che sia stata, dalla medesima parte, acquisita in altro modo23 e soprattutto che non si ha conoscenza legale quando la

20 Cass. 29 aprile 2003, n. 6654. In applicazione del medesimo principio, Cass. 16 luglio 2003, n. 11162 ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto la conoscenza legale dell’evento intervenuta in un processo facesse decorrere il termine per la riassunzione anche in relazione ad altri processi cui la parte era assistita dal medesimo difensore. Analogamente, T.A.R. Sicilia Palermo, 22 ottobre 2003, n. 2187, in Foro amm. TAR 2003, 3094 per la quale il termine per la riassunzione decorre dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo e cioè dalla data dell’udienza pubblica nella quale è stata resa la dichiarazione relativa all’evento interruttivo, qualora il procuratore della parte che ha agito per la riassunzione del processo sia stato presente all’udienza stessa.

21 Cass. 23 luglio 2008, n. 20361; Cass. 17 maggio 2007, n. 11521.

22 Così Cass. 6 novembre 1982, n. 5840 ove si afferma che il processo interrotto per morte del procuratore domiciliatario dell’appellante fosse stato da questo riassunto tardivamente sul rilievo che la notizia di tale decesso risultava dalla relata di notifica presso lo studio di detto procuratore, delle comparse di risposta contenenti gli appelli incidentali delle controparti, nonché dalla costituzione delle medesime ai sensi del comma 2 dell’art. 436 c.p.c.; Cass. 19 giugno 1969, n. 2166 per la quale il termine decorre dalla conoscenza dell’evento interruttivo e tale conoscenza è da presumersi acquisita nel momento della presentazione all’ufficiale giudiziario per la notifica del ricorso per cassazione con cui la parte cui era morto il difensore lamenta la violazione dell’art. 301. Ancora, Corte Conti 12 dicembre 2007, n. 482, in Riv. corte conti 2007, 6, 140 secondo cui la conoscenza legale dell’evento interruttivo può ricollegarsi alla data della relata di notifica negativa dell’avviso di udienza contenente l’attestazione della morte.

23 App. L’Aquila, 14 gennaio 2003, in Giur. mer. 2003, 1425; Cass. 7 novembre 1984, n. 5629, ove la Corte ha escluso che alla conoscenza legale possa essere equiparata quella effettiva che dell’evento una delle parti

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dichiarazione dell’evento interruttivo sia resa dal procuratore della parte avversa, tranne che ciò si compia in un’udienza nella quale sia stata presente la parte rimasta priva di difensore24. Ancora, e con particolare riferimento ad un’ipotesi di interruzione derivante dalla sospensione del difensore della parte, è stato affermato che non integra la conoscenza legale dell’evento interruttivo, l’affissione del provvedimento di sospensione del difensore presso la sede competente del consiglio dell’ordine, non avendo tale affissione natura e valore di pubblicità legale25.

Sintetizzando, dunque, i risultati cui è costantemente approdata la giurisprudenza a partire dagli interventi della Corte Costituzionale, si possono fissare i seguenti punti:

a) nei casi in cui l’interruzione del processo operi ipso iure, ovvero quelli di cui agli articoli 299, 300 comma 3 e 301 comma 1 c.p.c., il termine per la riattivazione decorre dal giorno in cui la parte interessata alla riassunzione o prosecuzione sia venuta a conoscenza dell’evento interruttivo; b) la conoscenza dell’evento interruttivo idonea a far decorrere il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo interrotto è quella legale; c) per conoscenza legale dell’evento deve intendersi quella conseguita mediante atti processuali e cioè mediante dichiarazione, notificazione o certificazione dell’evento non essendo sufficiente quella aliunde acquisita, con la conseguenza che il termine non decorre contemporaneamente nei confronti di tutte le parti del processo; d) l’onere di provare la legale conoscenza dell’evento interruttivo in data anteriore al semestre precedente la riassunzione o prosecuzione è a carico della parte che eccepisce l’intempestività della riassunzione, non potendosi gravare l’altra parte di fornire una prova negativa26.

Ed allora, se da un lato, l’orientamento inaugurato con la pronuncia della Corte Costituzionale del 1967 ha posto un freno al fenomeno dell’estinzione misteriosa del processo, consentendo di superare l’incostituzionalità dell’art. 305 con riferimento

abbia avuto aliunde come la conoscenza che il sindaco – quale ufficiale dello Stato civile – abbia avuto della morte del patrono del comune, parte in causa del giudizio; Cass. 10 giugno 1982, n. 3512 ove la Corte ha escluso che la dichiarazione di interruzione del processo fatta dal giudice istruttore in udienza e non notificata alle parti stesse potesse considerarsi conoscenza legale dell’evento interruttivo; Cons. Stato 10 febbraio 1992, n. 101, in Cons. Stato 1992, I, 276 ove si ritiene che non è utile a far decorrere i termini per la riassunzione o prosecuzione del giudizio un atto di natura negoziale, quale la sostituzione del difensore deceduto operante fuori del processo.

24 Cass. 7 ottobre 1998, n. 9918; Cass. 19 marzo 1996, n. 2340; Cass. 25 agosto 1994, n. 7507; Cass. 21 settembre 1990, n. 9625; Cass. 6 luglio 1989, n. 3227; Cass. 5 settembre 1985, n. 4618; Cass. 7 novembre 1984, n. 5629; Cass. 9 novembre 1983, n. 6618.

25 App. Torino, 14 gennaio 2005, in dejure.giuffrè.it.

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all’art. 24 Cost., dall’altro ha introdotto una difficoltà evidente con riguardo alla determinazione del momento in cui si forma la conoscenza dell’evento interruttivo per le parti che intendono riattivare il processo 27.

Tale difficoltà, dapprima inesistente, è venuta in rilievo proprio in ragione della sostituzione, “come dies a quo del termine per la riassunzione, ad un fatto obiettivamente verificabile (l’evento interruttivo), un fatto soggettivo (la conoscenza dell’evento)”28. Ciò è la naturale conseguenza dell’aver ricostruito la nozione di conoscenza legale dell’evento interruttivo, tracciando confini incerti poichè legati alla discrezionalità del giudice29.

Aggiungasi ancora che la conoscenza legale, intesa come un quid pluris rispetto a quella di fatto, cui si accede attraverso atti processuali, potrebbe rivelarsi un’idea eccessivamente rigorosa soprattutto in quelle ipotesi in cui l’interruzione automatica del processo derivi da un evento che riguarda il difensore della parte, atteso che generalmente la giurisprudenza richiede anche a quest’ultima di documentare l’evento mediante certificazioni ufficiali.

Proprio tale ultima idea viene affermata con forza dalla pronuncia in esame che finisce per destare non poche perplessità sia in ordine alla conclusione principale (mancata declaratoria dell’estinzione del processo interrotto per l’inidoneità del telegramma non accompagnato da certificazioni ufficiali a costituire valida fonte rappresentativa dell’evento), sia in ordine alle argomentazioni sviluppate a sostegno di tale conclusione.

4. IL CONTENUTO DELLA DECISIONE: ASPETTI POCO CONDIVISIBILI E TEMI TRALASCIATI

Come anticipato, la mancata declaratoria dell’estinzione del processo basata sull’affermazione secondo cui, al fine di far decorrere il termine per la riassunzione,

26 Cass. 11 febbraio 2010, n. 3085; Cass. 3 settembre 2009, n. 19122; Cass. 29 dicembre 1999, n. 14691;

Cass. 21 settembre 1990, n. 9625; Cass. 10 giugno 1982, n. 3512; Cass. 27 luglio 1981, n. 4842.

27 Verde, Diritto Processuale civile, 2, cit., 166.

28 Così Verde, Diritto Processuale civile, 1, Bologna, 2010, 22, il quale criticamente osserva che “…è noto che non è indice di buona tecnica legislativa ancorare termini di preclusione o decadenza a fatti soggettivi, così che sono spiegabili le difficoltà in cui si è imbattuta la giurisprudenza quando ha dovuto applicare le norme secondo le indicazioni della Corte Costituzionale”. In senso analogo, Caponi, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1996, 572 per il quale “non è la soluzione tecnica ideale quella di ricollegare l’inizio della decorrenza di un termine perentorio ad un fatto soggettivo, come la conoscenza di un evento. Ne sono testimonianza le difficoltà incontrate dalla Corte di Cassazione nell’applicare le decisioni della Corte Costituzionale e la sua risoluzione di trasporre il fatto soggettivo della conoscenza in fatti oggettivi”.

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il telegramma inviato dalla parte al giudice non fosse sufficiente, poiché sprovvisto di certificazioni ufficiali idonee ad attestare l’evento, finisce per rivelarsi non condivisibile.

Le argomentazioni della Corte a sostegno della suddetta conclusione sono alquanto scarne e poco convincenti.

La pronuncia si limita a recepire l’orientamento giurisprudenziale in tema di conoscenza legale basandosi esclusivamente sul rilievo dell’assenza di certificazioni ufficiali a corredo del telegramma ed omettendo invece ogni possibile valutazione, circa la modalità di produzione del telegramma, che almeno prima facie appare del tutto irrituale.

Invero, per chi scrive andavano probabilmente valutati due distinti profili comunque tra loro collegati nel senso che l’esame del primo poteva costituire presupposto logico per la valutazione del secondo.

Nello specifico, dapprima occorreva comprendere se il telegramma inviato al giudice dalla parte rimasta priva del proprio difensore, fosse idoneo a rappresentare l’evento interruttivo, anche se sprovvisto di certificazioni ufficiali a supporto dell’evento dichiarato e, successivamente, risolto tale quesito, andava individuato con precisione il momento dal quale far decorrere il termine per la riassunzione del processo interrotto.

Ed allora, quanto al primo interrogativo, pare potersi sostenere che il telegramma inviato dalla parte rimasta priva del proprio difensore ben poteva costituire idoneo strumento rappresentativo dell’evento interruttivo, senza necessità di essere accompagnato da atti o certificazioni ufficiali.

Ciò per due ordini di considerazioni.

La prima ispirata a ragioni di carattere interpretativo; la seconda dettata da valutazioni più generali.

Sotto il primo profilo, occorre considerare la novità introdotta dal legislatore del 2009 all’art. 300 comma 3 c.p.c..

Partendo da tale dato normativo potrebbero trarsi importanti elementi per evidenziare l’irragionevolezza della conclusione cui giunge la S.C..

29 In tal senso, Cerino Canova, Domanda nuova non notificata ed impugnazione del contumace, in Giur. it., 1979, I, 1, 107 ss, 123 ss ed Andrioli, Diritto processuale civile, cit., 972 ss.

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L’art 300 comma 3 prevede che se l’evento interruttivo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto è documentato dall’altra parte30, o è notificato ovvero è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art. 29231. Pertanto, l’evento interruttivo che colpisce il contumace ha effetti sul processo, sia quando emerge in occasione della notificazione di uno degli atti di cui all’art. 292, sia quando ne sia data notizia dalla controparte.

L’intervento del legislatore del 2009 ha dunque introdotto per la parte non colpita dall’evento un onere di documentazione, allorquando voglia che l’evento interruttivo che ha colpito il contumace produca effetti sul processo.

Il tenore letterale della norma sembrerebbe chiaro. Non basta che la parte costituita a conoscenza dell’evento interruttivo che ha colpito l’altra parte lo dichiari in giudizio:

occorre che la predetta dichiarazione sia accompagnata da documenti che certifichino l’evento32 come ad esempio, la sentenza di interdizione, inabilitazione o morte presunta, la certificazione anagrafica che attesti la cessazione della rappresentanza legale in conseguenza del raggiungimento della maggiore età33, poiché ragionando diversamente sarebbe difficilmente comprensibile la scelta del legislatore di utilizzare il verbo documentare34.

Invero, tale opzione basata sulla esclusiva valorizzazione del dato letterale della norma pare non del tutto persuasiva. Viceversa, sembrerebbe, più logico pensare ad un’interpretazione meno rigorosa del verbo documentare da intendersi, come attività solo lato sensu probatoria, con la conseguenza che nell’ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 300 potrebbe essere sufficiente la sola dichiarazione dell’altra parte che sia

30 Nello specifico è proprio questo breve ma significativo inciso a costituire la novità introdotta del legislatore del 2009.

31 Per un commento assolutamente critico alla novità legislativa introdotta, si veda Califano, La (mancata) riforma dell’interruzione del processo civile nella l. 18 giugno 2009 n. 69, tra impressioni e dubbi di illegittimità costituzionali, in www.judicium.it.

32 In tal senso, Genovese - Risolo, La Riforma del Processo civile, Milano 2010, 218 per i quali “Non è chiara prima facie, la valenza che deve assumere la documentazione dell’evento interruttivo che ha colpito il contumace ad opera dell’altra parte: l’uso del verbo documentare, infatti, non può che suggerire alla lettura una dimostrazione che sia confortata dai documenti".

33 Lombardi, Interruzione del processo, in Giordano - Lombardi, Il nuovo processo civile, Roma, 2009, 324;

Penasa, Commento all’art. 300, in Consolo – De Cristofaro, Codice di procedura civile commentato, La riforma del 2009, Milano, 2009, 207.

34 Genovese – Risolo, ibidem.

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venuta a conoscenza in qualsiasi modo dell’evento interruttivo35 o, al più, qualsiasi principio di prova per iscritto36.

Ed allora, argomentando a contrario dal nuovo inciso normativo, potrebbe dedursi un principio di più ampia portata.

Se per espressa previsione emerge che l’evento interruttivo che colpisce il contumace debba essere documentato dalla parte non colpita allorquando voglia farne reagire gli effetti sul processo, si potrebbe affermare che nei casi in cui sia il difensore della parte (ovviamente non contumace) ad essere colpito da eventi interruttivi, la parte stessa sia esonerata dall’onere di attestare attraverso documentazione ufficiale l’evento verificatosi37.

Tale rilievo sembra essere decisivo nel far ritenere erronea la conclusione della S.C.

Esso si accompagna comunque ad osservazioni più generali per le quali appare eccessivamente gravoso imporre alla parte, già colpita dal decesso del proprio difensore, un onere di documentare tale evento, attraverso apposita certificazione ufficiale che, in fin dei conti, si rivelerebbe forse superflua, trattandosi, peraltro, di un evento facilmente ed obiettivamente riscontrabile (ad esempio presso la sede locale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati).

35 Così, G.F. Ricci, La riforma del processo civile, Torino 2009, 55.

36 Secondo Califano in, La (mancata) riforma dell’interruzione del processo civile nella l. 18 giugno 2009 n.

69, tra impressioni e dubbi di illegittimità costituzionali, cit., “il verbo documentare, piuttosto che segnare un’attività lato senso probatoria, indica semplicemente la (anomala) provenienza della dichiarazione dell’evento che nella specie giunge, appunto, dalla parte non menomata. Si tratterà di spiegare al giudice come si sia entrati in possesso della notizia che, appunto, riguarda un terzo e non se stesso (rectius: il proprio assistito). E, in egual misura, quando l’evento non possa essere dichiarato in udienza, la controparte notificherà un atto nel quale, piuttosto che avvisare il destinatario di ciò che egli già sa, sostanzialmente gli dirà che vuole la reazione dell’evento sul processo e, dunque, che questo resti interrotto”.

37 In verità, per Califano in, La (mancata) riforma dell’interruzione del processo civile nella l. 18 giugno 2009 n. 69, tra impressioni e dubbi di illegittimità costituzionali, cit. anche nell’ipotesi di cui all’art. 300 comma 3, la necessità di documentare l’evento sarebbe superflua. Afferma testualmente l’autore: “Quanto, però in particolare, al caso che l’evento sia “certificato” dalla controparte, emerge che, a differenza che per il caso dell’evento che ha colpito la parte costituita con l’assistenza di un avvocato (cfr. art. 300, comma 1 e 2), non sembra sia qui sufficiente la mera dichiarazione dell’evento; quanto, piuttosto, che esso sia in qualche misura documentato. Per qualche ragione che sinceramente mi sfugge, la notizia che proviene dalla parte estranea all’evento sembra vada corroborata con un documento; sicchè non sarebbe sufficiente la sua mera affermazione… Certo, si potrebbe giustificare la pretesa ragionando sul fatto che qui la dichiarazione proviene dalla parte estranea all’evento e che, dunque, ne ha notizia solo indiretta. Sicchè potrebbe forse giustificarsi la pretesa che la stessa sia rinforzata da un documento (pur informale). E tuttavia, mi sembra che l’accorgimento sia superfluo posto che è difficile immaginare un uso dilatorio della nuova disposizione”.

L’autore si esprime in termini analoghi in AA.VV., Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico la semplificazione e la competitività, legge 18 giugno 2009 n. 69, Napoli 2009, 58.

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Al contrario, la S.C., richiedendo certificazione ufficiale attestante l’evento interruttivo ha finito per imporre alla parte un’attività ed un grado di diligenza che pare davvero eccessivo.

Ed allora, in ragione delle osservazioni appena svolte, il telegramma inviato dalla parte ben poteva considerarsi idoneo strumento rappresentativo dell’evento interruttivo (morte dell’avvocato) senza necessità di ulteriore documentazione ufficiale a supporto del suo contenuto.

Ciò posto e prima di esaminare il secondo aspetto su cui la S.C. ha omesso ogni valutazione e che viceversa avrebbe dovuto considerare, occorre evidenziare come nulla sia stato rilevato circa la modalità di produzione del telegramma. Al riguardo, pochi dubbi sembrerebbero esservi circa l’irritualità della sua produzione: l’invio del documento direttamente al giudice contrasta con evidenza il contenuto dell’art. 87 disp. att. c.p.c.

Tale norma prevede che la parte che intenda utilizzare un documento (sia esso costituito da uno scritto o da qualsiasi altra cosa dotata di efficacia rappresentativa di un fatto) debba offrirlo in comunicazione depositandolo in cancelleria o producendolo direttamente in udienza38. In entrambi i casi, il documento va indicato in un apposito elenco, sottoscritto dal cancelliere (art. 74 disp. att. c.p.c.) e materialmente inserito, insieme al documento stesso39 nel fascicolo di causa della parte che lo ha prodotto40. Nel caso in cui la produzione si perfezioni con il deposito in cancelleria, dell’elenco dei documenti va data comunicazione alle altre parti (art.

87 disp. att. c.p.c.), facendosene menzione nell’atto di parte che viene contestualmente depositato.

Nelle ipotesi in cui un documento venga prodotto irritualmente, come accaduto nella fattispecie in esame, la giurisprudenza ritiene che la finalità di rendere possibile il

38 Taruffo, La prove nel processo civile, Milano 2012, 777; Balena, Elementi di diritto processuale civile, II, Bari 2007, 128. La giurisprudenza ha chiarito che le modalità previste dall’art. 87 disp. att. c.p.c. (produzione in udienza ovvero deposito in cancelleria con comunicazione alle altre parti) riguardano i documenti offerti dopo la costituzione in giudizio, mentre, per quelli offerti all’atto della costituzione stessa, è sufficiente l’inserimento nel fascicolo depositato in tale sede. In tal senso, da ultimo Cass. 18 maggio 2012, n. 7916 ed ancora Cass. 31 agosto 2007, n. 18439 in Guida al dir. 2007, 47, 64.

39 Liebman, Manuale di diritto processuale civile. Principi (a cura di Colesanti, Merlin, Ricci), Milano 2007, 342; Cass. 31 maggio 2007, n. 12783.

40 Petrucci, voce «Fascicolo di parte», in Enc. dir., XVI Milano, 1967, 861. In mancanza della sottoscrizione del cancelliere, qualora sorgano contestazioni in ordine alla produzione di un documento in giudizio, è onere della parte interessata provarne l’effettivo inserimento nel fascicolo: in tal senso Tribunale Verona, 9 maggio 2006, in Giur. merito 2007, II, 378.

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contraddittorio sul documento stesso debba comunque considerarsi conseguita e per l’effetto l’irritualità della produzione sanata, in tutti i casi in cui il giudice abbia tenuto conto del documento, ponendolo a fondamento della propria decisione e la parte che lamenta l’irritualità della produzione abbia censurato la decisione proprio in relazione a tale aspetto dimostrando così di avere avuto conoscenza del documento41. Pertanto, nell’ipotesi della pronuncia in commento, sebbene il telegramma sia stato irritualmente prodotto per l’inosservanza delle modalità di cui all’art. 87 disp. att.

c.p.c., pare potersi ragionevolmente affermare che tale irritualità sia stata sanata, avendo il giudice di primo grado dichiarato l’estinzione del processo, fondandola proprio sul telegramma irritualmente prodotto.

Su tale aspetto i giudici nulla hanno rilevato.

Ma probabilmente il profilo ove la sentenza si mostra maggiormente carente attiene alla mancata individuazione del momento a partire dal quale possa considerarsi perfezionata la conoscenza dell’evento interruttivo utile a far decorrere il termine per la riassunzione del processo.

Come visto, la parte colpita dalla morte del proprio difensore ha inviato al giudice un telegramma contenente la notizia dell’avvenuto decesso ed il giudice, una volta ricevuto il documento lo ha vistato ed allegato al fascicolo d’ufficio.

Sicuramente, tanto il visto da parte del giudice, quanto l’inserimento del telegramma nel fascicolo d’ufficio non sono idonei a formare la conoscenza dell’evento nella sfera delle altre parti del processo che ovviamente non potevano avere conoscenza del telegramma e di quanto in esso rappresentato.

Muovendo da ciò, sembrerebbe però ragionevole presumere che alla prima udienza successiva all’invio del telegramma e alla sua allegazione da parte del giudice al fascicolo d’ufficio, le parti abbiano avuto conoscenza dell’evento interruttivo rappresentato nel documento.

Pertanto, potrebbe individuarsi proprio dalla data di tale udienza il momento dal quale far decorrere il dies a quo ai fini della riassunzione del processo.

41 Cass. 17 giugno 2009, n. 14099 in Guida al dir. 2009, 31, 74; Cass. 19 giugno 2009, n. 14338 in Foro it., Rep. 2009, voce appello civile, n. 43; Cass. 22 gennaio 2002, n. 696 in Giust. civ. Mass. 2002, 102. In senso più o meno analogo Cass. 7 aprile 2011, n. 8004 in Guida al dir., 2011, 31, 77 (in una fattispecie relativa al grado di appello); Cass. Sez. trib. 15 ottobre 2010, n. 21309 in Giust. civ. Mass. 2010, 10, 1332; Cass. 9 marzo 2010, n. 5671; Cass. 20 gennaio 2004, n. 771; Tribunale Napoli 21 aprile 2004, in Dir. e giur. 2004, 501.

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Ed allora, tenuto conto che l’atto di riassunzione del processo interrotto è stato notificato ben oltre il termine semestrale di cui all’art. 305 (nella formulazione vigente all’epoca dei fatti) decorrente dalla data della prima udienza successiva all’invio ed alla allegazione del telegramma al fascicolo d’ufficio, pare potersi ritenere, contrariamente a quanto statuito dalla S.C., che il processo fosse stato correttamente dichiarato estinto in primo grado per la sua tardiva riassunzione.

Di conseguenza, la S.C. avrebbe dovuto, in accoglimento del ricorso, dichiarare l’avvenuta estinzione del processo per essere stato l’atto di riassunzione notificato ben oltre il termine semestrale di cui all’art. 305 c.p.c. nella formulazione all’epoca vigente.

Probabilmente, il percorso argomentativo da seguire avrebbe potuto essere il seguente: posto che il telegramma inviato dalla parte colpita dall’evento interruttivo può essere ritenuto uno strumento idoneo a determinare la conoscenza dell’evento interruttivo, in quale momento esso può reputarsi conosciuto alle altre parti, in modo da far decorrere il termine per la riassunzione del processo?

Su tale punto, come visto, la motivazione è stata del tutto carente.

Da una prospettiva più generale, le omissioni, gli interrogativi e i dubbi posti dalla particolarità della vicenda esaminata dalla pronuncia stimolano una riflessione un po’

più ampia.

La riforma del 2009 ha apportato modifiche di scarso peso in tema di interruzione del processo42 che non hanno interessato il tema della conoscenza legale e dell’individuazione del momento in cui essa si perfeziona.

Su tale aspetto, ancora oggi, incide fortemente una valutazione ancorata ad un elemento soggettivo (la conoscenza dell’evento) che può determinare non poche difficoltà.

Per ovviare a tali incertezze, si potrebbe, de iure condendo, accedere ad una soluzione differente rispetto a quella ormai costantemente affermata dalla giurisprudenza e che nelle ipotesi di interruzione automatica del processo finisce per essere eccessivamente rigorosa e gravosa per le parti.

42 Così Califano in, La (mancata) riforma dell’interruzione del processo civile nella l. 18 giugno 2009 n. 69, tra impressioni e dubbi di illegittimità costituzionali, cit. e in AA.VV., Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico la semplificazione e la competitività, legge 18 giugno 2009 n. 69, cit., 57.

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Illustre dottrina, assolutamente critica rispetto all’idea di collegare l’inizio della decorrenza di un termine perentorio ad un fatto soggettivo, ha prospettato la possibilità di “mantenere il dies a quo del termine per la prosecuzione o la riassunzione ancorato all’elemento oggettivo dell’evento interruttivo, concedendo la rimessione in termini alla parte che dimostri di aver preso conoscenza di tale evento tardivamente ma incolpevolmente, con la previsione di un breve termine perentorio per la richiesta del rimedio e di un termine di sbarramento finale, allo scadere del quale il processo, indipendentemente dalla conoscenza dell’evento interruttivo si estingue”43.

Tale soluzione avrebbe certamente il pregio di escludere il pericoloso collegamento del termine perentorio di cui all’art. 305 c.p.c. con un fatto assolutamente soggettivo, rimesso di volta in volta all’apprezzamento del giudice e si rivelerebbe di certo idonea a garantire un maggiore grado di certezza all’interno del processo che resta sempre un obiettivo fondamentale cui tendere.

43 Caponi, La rimessione in termini nel processo civile, cit., 572.

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