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Discrimen » La “colpa per assunzione” nel diritto penale del lavoro

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J

25,00

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JOVENE EDITORE

NAPOLI 2012

N.PISANILA “COLPA PER ASSUNZIONE” NEL DIRITTO PENALE DEL LAVORO

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NIVERSITÀ DEGLI

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ACOLTÀ DI

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IURISPRUDENZA

NICOLA PISANI

LA “COLPA PER ASSUNZIONE”

NEL DIRITTO PENALE DEL LAVORO

Tra aggiornamento scientifico

e innovazioni tecnologiche

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LA “COLPA PER ASSUNZIONE”

NEL DIRITTO PENALE DEL LAVORO

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LA “COLPA PER ASSUNZIONE”

NEL DIRITTO PENALE DEL LAVORO

Tra aggiornamento scientifico e innovazioni tecnologiche

JOVENE EDITORE NAPOLI 2012

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Roma Tre sono sottoposti a previa e positiva valutazione nella modalità di referaggio peer-review.

DIRITTI D’AUTORE RISERVATI

© Copyright 2012 ISBN 978-88-243-2166-2

JOVENE EDITORE

Via Mezzocannone 109 - 80134 NAPOLI NA - ITALIA

Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (+39) 081 552 06 87 web site: www.jovene.it e-mail: info@jovene.it

I diritti di riproduzione e di adattamento anche parziale della presente opera (compresi i microfilm, i CD e le fotocopie) sono riservati per tutti i Paesi. Le riproduzioni totali, o parziali che superino il 15% del volume, verranno perseguite in sede civile e in sede penale presso i produttori, i rivenditori, i distributori, nonché presso i singoli acquirenti, ai sensi della L. 18 agosto 2000 n. 248. È consentita la fotocopiatura ad uso personale di non oltre il 15% del volume successivamente al versamento alla SIAE di un compenso pari a quanto previsto dall’art. 68, co. 4, L. 22 aprile 1941 n. 633.

Printed in Italy

Finito di stampare nell’ottobre 2012 - Ink Print Service - Cercola (NA).

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con amore

“…non è questo che vogliamo rimproverargli.

Non abbiamo il diritto di lamentarci che sia privo di ciò che non potrà mai possedere.

Ma quando si tratta di questa Corte, la virtù tutta negativa della tolleranza deve cedere il passo a quella meno facile ma più elevata della giustizia.

Soprattutto quando il vuoto dell’animo quale si ritrova in quest’uomo diventa un abisso dove la società può perire.»

Albert Camus, L’etranger (trad. it., Lo straniero, Bologna 2005)

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Premessa sull’oggetto d’indagine ... p. XIII

CAPITOLO PRIMO

OBBLIGHI DI AGGIORNAMENTO E REATI COLPOSI.

PROFILI GENERALI

1. La misura oggettiva dell’obbligo di aggiornamento e il criterio

della prevedibilità dell’evento nella dottrina classica ... » 1 2. (Segue) Il criterio dell’homo eiusdem condicionis et professionis e

la differenziazione dei livelli di informazione a partire dal ruolo

(dover sapere) ... » 5 3. Sguardo panoramico alla giurisprudenza in tema di colpa per

imperizia. La presunzione di competenza tecnica tra colpa per

assunzione e ‘culpa in re ipsa’ nel settore della colpa medica ... » 11 4. (Segue) La giurisprudenza in tema di colpa del datore di lavoro

per mancata acquisizione di informazioni sul rischio. Primi spunti problematici in tema di colpa per mancata acquisizione di

conoscenze ... » 18

CAPITOLO SECONDO

L’OBBLIGO DI AGIRE INFORMATO NEL SETTORE DELLA PREVENZIONE

DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO

1. Obbligo di valutazione dei rischi e obbligo di acquisizione di

informazioni sul rischio ... » 25 2. (Segue) L’art. 2087 c.c. come norma-fonte della Garantenstellung

dell’imprenditore ... » 28

(9)

3. L’art. 41 del d.lgs. n. 277 del 1991 in materia di prevenzione del rumore e la sentenza della Corte costituzionale n. 312 del 1996:

obbligo di acquisizione di un patrimonio di conoscenze scienti- fiche versus standards di produzione industriale generalmente

praticata. Quale coefficiente di rimproverabilità? ... p. 30 4. (Segue) Dovere di sicurezza e obblighi di aggiornamento scienti-

fico nella giurisprudenza comunitaria. Il criterio della reasonable

praticability ... » 33 5. La costruzione giurisprudenziale della ‘colpa da mancato aggior-

namento’ a partire dall’art. 2087 c.c. Il cd. ‘residuo di colpa’ ge-

nerica ... » 36 6. Indeterminatezza contenutistica dell’obbligo di aggiornamento

scientifico-tecnologico come fattore di dilatazione della tipicità

colposa ... » 43 7. (Segue) ‘Cautele procedimentali’ e principio di adeguamento dei

livelli di sicurezza previsti nel T.U. (d.lgs. n. 81/2008) Alcune ulteriori considerazioni conclusive sulle ‘clausole di aggiorna-

mento’ ... » 49 8. Doveri di sapere, conoscibilità della regola cautelare e riconosci-

bilità del pericolo. Prime osservazioni ... » 54 9. Obblighi di aggiornamento in contesti di incertezza scientifica e

principio di precauzione: scientia superveniens e principio di

colpevolezza. Alcune considerazioni critiche ... » 58 10. (Segue) Obblighi di aggiornamento scientifico e obblighi di dif-

fusione di informazione ‘speciali’ sui rischi ... » 64 11. Colpa da difettoso aggiornamento e pre-comportamento. Prime

riflessioni ... » 67

CAPITOLO TERZO

DEFICIT DI INFORMAZIONI

SUL RISCHIO DI INFORTUNI SUL LAVORO E RIMPROVERO PER COLPA

NELLA GIURISPRUDENZA PENALE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA

SUI LUOGHI DI LAVORO

1. Il caso dell’Abestospray. La questione del momento in cui si cri- stallizza la regola cautelare basata sulla ‘consapevolezza col-

lettiva’ del rischio ... » 71 2. Pre-cognizioni sul rischio e riconoscibilità del pericolo. Il caso

del Petrolchimico di Porto Marghera ... » 78

(10)

3. (Segue) La critica alla tesi del ‘patrimonio scientifico consolidato’

e la regola della ‘default option’ nella sentenza della Corte d’ap- pello di Venezia. Accesso alle regole cautelari dotate di coper- tura scientifico-esperienziale versus accesso alle informazioni

‘non qualificate’ sul rischio ... p. 86 4. (Segue) Il livello di conoscenze esigibili dall’agente modello im-

prenditore e lo standard delle ‘più recenti acquisizioni scientifi- che’. La rilevanza degli obblighi informativi ‘intermedi’. La sen-

tenza di Cassazione nel giudizio di Porto Marghera ... » 90 5. L’agente modello “soggetto estraneo alla comunità scientifica”.

Posizione di garanzia e colpa per assunzione ... » 93 6. (Segue) La giurisprudenza in tema di colpa da omessa o errata

valutazione dei rischi. La ‘presunzione’ di competenze tecnico-

scientifiche del datore di lavoro e la ‘colpa per assunzione’ ... » 97

CAPITOLO QUARTO

SEZIONE PRIMA

IL PRE-COMPORTAMENTO

1. Riconducibilità della responsabilità colposa da omessa informa- zione al modello della “colpa per assunzione” (Übernahmen-

fahrlässigkeit). Cenni alla struttura del pre-comportamento ... » 103 2. (Segue) La tesi della colpa per assunzione fondata sulla trasgres-

sione di un obbligo di astensione. Critica. La violazione di ob- blighi di informazione come fattore di tipicità della “colpa per

assunzione” ... » 106 3. Pre-comportamento e imputazione “anticipata”: premessa ... » 109 4. Pre-comportamento e fatto tipico. Il significato del Koinzidenz-

prinzip ai fini della piena attuazione del principio di colpevolezza

per il fatto ... » 113 5. L’ipotesi dell’actio libera in causa. Spunti di riflessione sul pro-

blema dell’imputazione del pre-comportamento ... » 117 6. L’irrilevanza degli stati emotivi e passionali ... » 127 7. Sulla compatibilità con il principio di colpevolezza del modello

di responsabilità per l’assunzione del rischio in relazione alle

ipotesi “tipiche” di precolpevolezza ... » 128 8. La precolpevolezza come criterio di imputazione generale della

responsabilità colposa. La tesi di Hruschka. Critica alla luce

della disciplina positiva della colpa penale ... » 131

(11)

9. Precolpevolezza e colpevolezza di organizzazione: il pre-com-

portamento dell’ente. Rilievi critici ... p. 135 10. Obbligo di garanzia e dovere di diligenza nella costruzione del

“tipo” colposo omissivo. L’inizio della condotta tipica nel reato

colposo d’evento. Critica alla rilevanza di un pre-comportamento » 141 11. Brevi conclusioni sulla rilevanza del principio di coincidenza .... » 147

SEZIONE SECONDA

CONOSCIBILITÀ DELLE REGOLE CAUTELARI E STRUTTURA DEL RIMPROVERO

1. Le situazioni ‘attualizzanti’ e gli obblighi di aggiornamento e

pre-comportamento ... » 149 2. (Segue) Regole cautelari, scientia iuris e colpevolezza ... » 153 3. (Segue) Il fattore di concretizzazione del giudizio di evitabilità.

Necessità di presupporre una causa “psicologica” (Anlaß) che motivi l’agente all’aggiornamento. Distinzione tra regole caute-

lari rigide e regole cautelari elastiche ... » 158 4. Colpa da difettoso aggiornamento e ‘limiti temporali’ del giu-

dizio di evitabilità. Il ‘momento significativo’ del giudizio ... » 165 5. (Segue) I doveri di informazione “intermedi”: rilievo ai fini del

giudizio di evitabilità ... » 168 6. Conoscibilità delle regole cautelari e conoscibilità del fatto.

Culpa facti versus culpa iuris nel diritto penale del lavoro. Rifles- sioni sul ruolo del “garante privato” nella costruzione delle re

gole cautelari. Crisi delle categorie “classiche” ... » 170 7. La questione della misura del potere individuale di Können nei

giudizi di colpa fondati su una pretesa (Sollen). Il problema del- l’esigibilità del dovere di aggiornamento-adeguamento da parte del datore di lavoro. Esigibilità individuale versus esigibilità del-

l’organizzazione. Il ruolo della “situazione organizzativa” ... » 176 8. Il criterio della rappresentabilità personale: suo significato nel-

l’accertamento della colpa “specifica” del datore di lavoro ... » 184

CAPITOLO QUINTO

ESIGIBILITÀ E COLPA DEL DATORE DI LAVORO

1. Il principio di specializzazione delle competenze. Competenze organizzative versus competenze scientifico-professionali: il

sapere “delegato” ... » 195

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2. (Segue) Valutazione dei rischi e modelli di organizzazione e di

gestione ex art. 30 d.lgs. n. 81/2008 ... p. 199 3. Riflessi sulla colpevolezza: quale misura di diligenza nella valuta-

zione dei rischi? Profili di dissociazione tra colpa del garante e

colpa d’organizzazione ... » 202 4. Alcune considerazioni conclusive sul significato dell’indelega-

bilità dell’obbligo di valutazione dei rischi e sui saperi-poteri del

datore di lavoro ... » 205 5. Culpa in vigilando ed “esigibilità” ... » 208 6. Culpa in eligendo e riconoscibilità dell’inadeguatezza soggettiva

dell’incaricato ... » 215 7. Costruzione progressiva del knowhow fattuale ed esigibilità del

dovere di adeguarsi agli standards di sicurezza dovuti, per il

datore di lavoro. Una proposta de iure condendo ... » 228 8. L’obbligo di “aggiornamento” del modello di organizzazione e di

gestione e “l’esigibilità oggettiva” di un diverso comportamento

dell’ente ... » 238

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Negli studi più recenti dedicati, dalla dottrina italiana, alla struttura del criterio di imputazione soggettiva della colpa è co- stante il richiamo ad una tendenza invalsa nella prassi applica- tiva, sempre più marcata, ad un’oggettivizzazione del giudizio di colpa e, cioè, ad un’accentuazione del suo momento oggettivo1. Se da una parte tale fenomeno è forse una conseguenza non vo- luta dell’aver, gli studi meno recenti, posto l’accento sui profili della tipicità del reato colposo d’evento e sulla struttura delle re- gole cautelari2; d’altra parte è significativo che, proprio all’in- terno del filone dottrinale che ha meglio analizzato la funzione

‘tipizzante’ delle regole cautelari nella loro dimensione norma- tiva, e nella dottrina più recente, sensibile alla personalizzazione del rimprovero per colpa, sia stato posto con chiarezza il pro- blema se possa ancora esistere lo spazio per un autentico giudi- zio di colpevolezza nell’ambito della responsabilità colposa. De- sta, inoltre, non poche preoccupazioni la risposta che si è data al- l’interrogativo posto: «il problema è tutt’altro che semplice e risulta amplificato dalla difficoltà di far penetrare nella dimen- sione normativa della colpa le caratteristiche e le capacità dell’a- gente hic et nunc, e non quelle di un suo simulacro»3.

Analoghe considerazioni si levano dalla dottrina che, muo- vendo da una concezione psicologica dell’elemento soggettivo

1D. CASTRONUOVO, La colpa penale, Milano, 2009; A. CANEPA, L’imputazione sog- gettiva della colpa. Il reato colposo come punto cruciale nel rapporto tra illecito e colpe- volezza, Torino, 2011; GROTTO, Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colpa specifica, Torno, 2012; E. MEZZETTI, Colpa per assunzione, in Scritti in memoria di Giuliano Marini, Torino, 2010, 423 ss.

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colposo4, ritiene necessario far rientrare nella base del rimpro- vero di colpa i livelli differenziati di conoscenze causali dell’a- gente, ai fini di una compiuta personalizzazione dell’addebito colposo. Si è detto, al proposito, efficacemente, che «se le carat- teristiche fisiche, psichiche e intellettuali del singolo agente gli hanno impedito di percepire il pericolo, ovvero di rappresentar- selo come effettivo… allora la colpa svanisce»5.

Tuttavia, pur muovendo da prospettive di ricostruzione dogmatica diverse, è significativo che psicologisti e normativisti della colpa concordino sulla necessità che le note intellettuali6 e, quindi, il patrimonio conoscitivo pregresso dell’agente concreto - su cui si radica il ‘potere ‘reale’ di quest’ultimo di prevedere l’e- vento – non possano non essere tenute in considerazione nella formulazione del giudizio di colpa.

Partendo da questa premessa problematica, uno dei terreni di coltura privilegiata di questo filone interpretativo oggettivi- stico è quello della colpa per imperizia e, più in generale delle

“colpe cd. speciali” da una dottrina autorevole contrapposta alla colpa comune7: questo più di altri, appare il settore della re- sponsabilità colposa nel quale il criterio della rappresentabilità dell’evento sembra essere edificato su basi eminentemente pre-

2Cfr. P. VENEZIANI, Regole cautelari “proprie” e “improprie” nella prospettiva delle fattispecie colpose causalmente orientate, Padova, 2003.

3F. GIUNTA, La normatività della colpa. Lineamenti per una teorica, in Riv. it.

proc. pen., 1999, 86 ss., 109.

4Muovendo da una concezione della colpa in chiave di vizio significativo della volontà, una parte della dottrina restringe l’area del penalmente rilevante solo alle ipo- tesi di condotte sorrette da una componente psicologica effettiva rappresentata dalla consapevolezza della violazione della regola cautelare, cfr. M. SPASARI, Esegesi e dom- matica della colpa, in AA.VV., Studi in memoria di G. Delitala, III, Milano, 1984, 172.

Per una stringente critica alla concezione della colpa in termini psicologici restano fon- damentali i rilievi di M. GALLO, Appunti di diritto penale, Volume II, Il reato, parte II, L’elemento psicologico, Torino, 149.

5M. RONCO, La colpa in particolare, cit., 583.

6Per tutti, si veda sul punto M. ROMANO, Commentario sistematico del codice pe- nale, sub. art. 43, Milano, 2004, 468.

7Così F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, ult. ed, 362.

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suntive, e si circoscrive entro quei limiti che sono ricavabili dalla posizione di garanzia e dal livello di mansioni tecniche dell’a- gente quali concorrono a definirne lo status professionale: di im- prenditore, di datore di lavoro etc.8. Tale spostamento sul ter- reno presuntivo dell’accertamento della colpa comporta una du- plice conseguenza nella ricostruzione del rimprovero per colpa:

l’autore di fatto è punito per un generico contegno omissivo, so- vente scollegato con l’evento, ma soprattutto a prescindere da un criterio autenticamente soggettivo di ascrizione.

Insomma, nel processo di costruzione dell’agente modello, la giurisprudenza appare incline a presumere un certo livello di conoscenze senza aver riguardo alle esperienze e conoscenze ac- quisite nella vita pregressa, che hanno inciso sulla formazione del dato patrimonio cognitivo posseduto al momento del fatto pre- scindendo del tutto dal potere dell’agente di riconoscere l’inade- guatezza di tale corredo per far fronte ai rischi tipici connessi allo svolgimento di una data attività a rischio consentito. Ma così facendo, non si chiarisce quale sia la vera essenza del rimprovero del fatto colposo d’evento, caratterizzato – sul piano della tipi- cità – dalla inosservanza di regole cautelari promanati dallo ‘sta- tus tecnico’: è lecito puramente e semplicemente presumere un tale corredo di conoscenze richieste ad un soggetto appartenente ad un determinato circolo di organizzazione sociale, ponendole

‘automaticamente’ alla base del rimprovero a titolo di colpa? Il che equivale a risolvere il rimprovero di colpevolezza, sia nella colpa per imperizia ma anche nella colpa per inosservanza di leggi, sia pur in misura diversa, nel rimprovero per l’assunzione del ruolo (colpa per assunzione): il soggetto è chiamato a rispon- dere per la mancata assunzione di conoscenze nomologiche, di

8F. BRICOLA, Aspetti problematici del cd. rischio consentito nei reati colposi, in Scritti di diritto penale, vol. I, tomo II, Milano, 1997, 67 ss., 96. È utile sottolineare che, tra i parametri di graduazione della colpa, è contemplato il grado di specializza- zione e, cioè, lo standard cognitivo che l’ordinamento collega ad una data specializza- zione tecnico-professionale, Cfr. M. RONCO, La colpa in particolare, 587.

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“saperi pratici” – in definitiva a causa di un deficit di aggiorna- mento tecnico-scientifico e professionale – che lo avrebbe posto in condizione di percepire il pericolo e di rappresentarsi l’e- vento. Ecco perché la colpa per assunzione rappresenta un vero e proprio topos del processo di oggettivizzazione del giudizio di colpa9. E, al contempo, un banco di prova del grado di persona- lizzazione dell’ascrizione a titolo di colpa poiché, a ben vedere, al centro del rimprovero soggettivo nella colpa è quasi sempre un deficit di sapere nomologico o di conoscenza pratica che si ri- chiedeva, per il compimento di attività ‘rischiose’ e consentite dall’ordinamento10.

Va detto subito che non è da escludere, in via di principio, la possibilità (necessità) che anche, ai fini del rimprovero per colpa, possa guardarsi a un momento precedente in cui il sog- getto poteva formarsi acquisendo quel complesso di informa- zioni e di abilità pratiche che lo avrebbero messo in condizione di dominare la situazione di pericolo11. Ciò accade, come già si diceva, nell’ambito di quelle attività intrinsecamente rischiose ma giuridicamente autorizzate, caratterizzate dalla necessità che l’artefice si doti di un corredo di conoscenze e abilità, sicché l’oggetto del rimprovero risiede proprio nell’intrapresa (assun- zione di un ruolo) – in difetto di quelle capacità di fronteggiare il rischio assunto, proprie dell’agente modello corrispondente –

9Sottolineano tale profilo, nella dottrina tedesca, G. FREUND, Strafrecht. Allge- meiner Teil, Berlin-Heilderberg, 2008, 176; G. SEEBAß, Handlungstheoritsche Aspekte der Fahrlässigkeit, in Jahrbuch für Recht und Ethik, 1994, 408 ss.; B. SCHÜNEMANN, Monderne Tendenzen in der Dogmatik der Fahrlässigkeits und Gefährdungsdelikte, in JA, 1975, 791 ss.

10Un discorso analogo deve farsi in relazione alle ipotesi di culpa iuris, ove la normativizzazione del tipo porta a configurare una colpa relativa a conoscenze ed informazioni giuridiche (Tatfahrlässigkeit): ai fini della rappresentabilità del fatto, è consentita l’inclusione di carenze pregresse nella acculturazione giuridica, che risal- gono a momenti largamente anteriori a quello della commissione del fatto? Cfr. sul punto M. DONINI, Teoria del reato. Una introduzione, Padova, 341 ss.

11Sul punto, v. A. FIORELLA, voce Responsabilità penale, in Enc. dir., vol.

XXXIX, Milano, 1988, 1330.

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di un’attività pericolosa dalla quale sia derivato un evento lesivo tipico. Tuttavia, pur dando per ammesso e non concesso, come si diceva, che il fulcro della colpa per assunzione possa individuarsi nella trasgressione di regole cautelari che impongono l’asten- sione da una certa attività a rischio consentito, in difetto del pre- scritto corredo di informazioni sul rischio tipico, un terreno assai meno dissodato è quello della effettiva rimproverabilità della mancata acquisizione delle conoscenze che rappresentano il pre- supposto della “riconoscibilità del pericolo”. Qui il confine tra le carenze intellettuali, per così dire, strutturali e l’ignoranza colpe- vole appare, a tutt’oggi, non adeguatamente tracciato. Eppure, proprio lungo questa linea di confine si staglia il disvalore di at- teggiamento psicologico, proprio della colpa. Detto ancor me- glio: occorre stabilire sino a qual punto possa spingersi la legge penale all’indietro nel tempo nell’assegnare rilievo, ai fini del giudizio di colpa, a deficit di formazione culturale e professionale risalenti alla vita anteatta dell’agente, arretrando sino a un pre- comportamento, che lo abbia reso del tutto incapace, al mo- mento del fatto, di riconoscere i limiti del proprio sapere e, al contempo, di cogliere i rischi connessi all’agire. Un diritto penale orientato verso il fatto singolo può imputare al soggetto «man- chevolezze oramai strutturali (ad esempio un difetto di cultura se- dimentatosi per carenze scolari) pur influenti e magari in maniera penetrante sul presente, ma che non è pensabile che il soggetto fosse obbligato a riparare prima di realizzare la condotta origine dell’evento criminoso», senza con ciò limitarne arbitrariamente lo sviluppo della personalità oltre il limite segnato dall’art. 3, comma 2 Cost.?12

Il quesito posto acquista una stringente attualità, alla luce di alcune prese di posizione della giurisprudenza penale, sia in tema di colpa professionale del medico, ma soprattutto nel set- tore della colpa del datore di lavoro per l’infortunio sui luoghi di lavoro, che è il tema della presente trattazione. Quanto alla

12Così FIORELLA, voce Responsabilità, cit., 1331.

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prima, è sintomatica l’affermazione che, ai fini della valutazione della colpa medica nel caso di prestazioni mediche di natura spe- cialistica, effettuate da chi non sia in possesso di diploma di spe- cializzazione, non si può prescindere dal valutare le cognizioni generali e fondamentali, proprie di un medico specialista13. Data la premessa sull’esistenza di un’autonoma posizione di garanzia del medico specializzando, la Suprema Corte perviene all’affer- mazione della responsabilità penale di quest’ultimo in modo tranchant, bypassando ogni indagine sulla effettiva capacità del soggetto di avvedersi della insufficienza delle proprie compe- tenze al cospetto del ruolo assunto, e polarizzando l’accerta- mento della colpa esclusivamente sul profilo dell’inosservanza della regola cautelare ‘oggettiva’ che imponeva l’astensione in di- fetto del prescritto bagaglio di conoscenze14.

Analogo orientamento interpretativo si registra nel campo della responsabilità colposa del datore di lavoro: una serie di re- gole cautelari positivizzate, ancorché estremamente elastiche e generalissime nel loro contenuto (ex multis dall’art. 2087 c.c.), impongono al datore di lavoro un continuo aggiornamento delle misure prevenzionistiche, alla stregua dell’evoluzione dell’espe- rienza e della tecnica; con la conseguenza che anche in presenza di regole cautelari recepite in fonti giuridiche o diffuse nella pra- tica produttiva, spetta all’imprenditore una puntuale verifica e, eventualmente, un costante aggiornamento15. Ma qual è la mi- sura dello «sforzo di ampliamento del bagaglio cognitivo» che si può legittimamente richiedere all’imprenditore «in carne ed ossa» per far ruotare il giudizio di colpa attorno ad un criterio di

13Cass., sez. IV, 10 luglio 2008, n. 32424, in Cass. pen., 2009, 4298. V. RONCO, Commentario sistematico, 558, e giurisprudenza ivi citata alle note 56 e 57.

14«Assumendo su di sé l’espletamento dei compiti per i quali non è ancora og- gettivamente pronto, ancorché in esecuzione di un ordine impartitogli, si rende auto- maticamente colpevole di tutte le conseguenze che ne derivino». Così, E. MEZZETTI, Colpa per assunzione, cit., 429.

15Così, S. CANESTRARI, in S. CANESTRARI- L. CORNACCHIA- G. DESIMONE, Ma- nuale di diritto penale, Bologna, 2007, 427.

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rappresentabilità (personale e) in concreto dell’infortunio oc- corso della inidoneità preventiva di una determinata regola cau- telare e, più in generale dell’inadeguatezza del sistema preven- zionistico?16

Oggetto del presente studio è, dunque, il problema della ri- levanza che può essere assegnata, nel nostro sistema penale, da un lato ai deficit formativi e informativi del datore di lavoro al- l’atto dell’assunzione del ruolo prevenzionistico (colpa per as- sunzione in senso stretto); dall’altro al mancato o difettoso ag- giornamento rispetto all’evoluzione del progresso scientifico.

16Cfr. Cass. pen., sez. IV, 17.11.2005, n. 7661, in Dir. e prat. lav., 2006, 13, 752.

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OBBLIGHI DI AGGIORNAMENTO E REATI COLPOSI.

PROFILI GENERALI

SOMMARIO: 1. La misura oggettiva dell’obbligo di aggiornamento e il criterio della prevedibilità dell’evento nella dottrina classica. – 2. (Segue) Il criterio del- l’homo eiusdem condicionis et professionis e la differenziazione dei livelli di informazione a partire dal ruolo (dover sapere). – 3 Sguardo panoramico alla giurisprudenza in tema di colpa per imperizia. La presunzione di com- petenza tecnica tra colpa per assunzione e ‘culpa in re ipsa’ nel settore della colpa medica. – 4 (Segue) La giurisprudenza in tema di colpa del datore di lavoro per mancata acquisizione di informazioni sul rischio. Primi spunti problematici in tema di colpa per mancata acquisizione di conoscenze.

1. La misura oggettiva dell’obbligo di aggiornamento e il criterio della prevedibilità dell’evento nella dottrina classica

Uno degli approdi difficilmente contestabili nella ricostru- zione della colpa è che essa non sia ascrivibile in via esclusiva al capitolo della colpevolezza. Se nella impostazione classica1, cioè, la colpa esauriva la sua funzione nel quadro dei criteri di impu- tazione soggettiva, la dottrina contemporanea ha ribadito con estrema chiarezza che l’inosservanza delle regole cautelari rap- presenta il primo cardine del crimen colposum2, contribuendo a

1Cfr. A. PAGLIARO, Il reato, Milano, 2007, 109, il quale definisce la colpa come l’aspetto subiettivo di una condotta illecita che sia tipica rispetto a una fattispecie col- posa; F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2003, 322.

2Cfr. per tutti G. MARINUCCI, Il reato come azione, Milano, 1971, 158, sul ruolo tipizzante della cd. diligenza oggettiva.

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modellare la tipicità a partire dalla condotta. Anzi, è oramai ge- neralizzata in dottrina l’affermazione che l’essenza della colpa nelle fattispecie colpose causalmente orientate è costituita dalla contrarietà della condotta ad una norma con funzione precau- zionale3. E proprio nell’alveo delle regole cautelari spieghereb- bero la loro funzione i criteri della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, concorrendo a tipizzare l’evento colposo4; segnata- mente, negligenza imperizia, inosservanza di leggi, “costitui- scono elementi oggettivi della imputazione soggettiva”5. Muo- vendo da questa base concettuale che distingue – con nettezza, almeno all’apparenza – il piano della tipicità da quello della col- pevolezza, la dottrina più autorevole ha posto in risalto come le regole cautelari di diligenza abbiano una funzione di orienta- mento e di garanzia, per così dire, oggettiva proprio in quanto sono correlate alla funzione di prevenzione e di tutela dei beni giuridici propria delle norme penali6. Dette regole di diligenza oggettiva si indirizzano a ciascuno in quanto sono finalizzate a prevenire eventi dannosi e pericolosi e – ciò che più rileva ai fini del nostro discorso – si costruiscono su livelli differenziati di co- noscenze ed esperienze rapportati alle diverse tipologie di atti- vità intrinsecamente rischiose. Ciò comporta, come si è giusta- mente osservato, che – tanto nel caso di norme precauzionali che delimitano una sfera di rischio permesso con riferimento a parametri generici, quanto in relazione a regole promananti da una specifica fonte normativa in quanto finalizzate a prevenire eventi specifici – la regola di diligenza oggettiva astrae necessa- riamente dalla situazione singola e dallo specifico soggetto7. In questa fase della individuazione del comportamento tipica-

3T. PADOVANI, Diritto penale, cit. 270; PAGLIARO, Principi di diritto penale, parte generale, Milano, 2007, 292; A. CARMONA, Il versari in re illicita “colposo”. Un breve percorso tra pratiche giurisprudenziali e suggestioni dogmatiche, pensando alla riforma del codice penale, in L’Ind. pen., 2001, 223 ss., 234.

4VENEZIANI, Regole cautelari proprie e improprie, cit., 3.

5Così GALLO, Appunti di diritto penale, cit., 150.

6Cfr. ROMANO, Commentario sistematico del Codice Penale, cit., 458.

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mente contrario alla regola precauzionale, la misura della rap- presentabilità8 dell’evento sarà quella «del modello di agente che svolga la stessa professione, lo stesso mestiere, lo stesso uf- ficio, la stessa attività: quel che conta è che una persona abbia agito come ‘membro’ di un determinato gruppo sociale. È deci- siva cioè l’assunzione obbiettiva dei compiti e dei doveri di un dato modello di diligenza – perché con l’ingresso in un circolo di rapporti si garantisce, per così dire, di essere in grado di ri- conoscere e di affrontare i pericoli secondo lo standard di dili- genza del circolo»9.

Con nitidezza emerge dalle parole di altra autorevole dot- trina che, alla base del parametro dell’uomo avveduto e coscien- zioso (homo eiusdem professionis et condicionis), largamente uti- lizzato in dottrina e soprattutto in giurisprudenza come parame- tro di misurazione della prevedibilità dell’evento10, vi è una

“presunzione di competenza” in capo all’agente concreto che porta a imputare a quest’ultimo “una certa conoscenza, certe fa- coltà e una certa attitudine a soppesare e fronteggiare i peri- coli”11. Insomma, una ‘pretesa’ che è del tutto consentanea alla predetta funzione di orientamento delle regole cautelari.

Ma per cogliere appieno la tendenza oggettivizzante nella individuazione dei parametri del giudizio di rappresentabilità, con riferimento alla base del giudizio, occorre analizzare un’ulte- riore articolazione del criterio della rappresentabilità con ri- guardo ai tipi di colpa.

7FIORELLA, voce Responsabilità penale, 1309.

8GALLO, voce Colpa penale, cit., 639.

9G. MARINUCCI, La colpa per inosservanza di leggi, Milano, 1965, 194.

10Cfr. G. FIANDACA- E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2010, 499. Cfr. in senso critico F. GIUNTA, La normatività della colpa penale, cit., 96, il quale rileva la complementarità nell’utilizzo, nella prassi giudiziaria, della teoria della preve- dibilità e dell’agente modello. Come meglio si vedrà in seguito, la giurisprudenza meno recente ha impiegato parametri ancor più generici quali quello dell’uomo nor- male, non eccezionale: cfr. Cass. 12 ottobre 1954, in Archiv. pen., 1955, II, 565; oppure quello del ‘medio grado di cultura e di professionalità’: Cass. 31 ottobre 1975, in Cass.

pen. mass. ann., 1977, 95.

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Il Bricola osservava come il criterio della rappresentabilità dell’evento, pure adempiendo all’esigenza di una concretizza- zione del precetto colposo, non risolve del tutto il problema della misura individuale della prevedibilità, e tuttavia distingueva la colpa per negligenza e imprudenza dalla colpa per imperizia.

Nelle prime due forme di colpa la «misura concreta di diligenza o di prudenza alla cui stregua viene affermata la possibilità di comportamenti che non si sono verificati ed è ammissibile un giudizio per colpa, deve avvenire secondo un punto di vista ten- denzialmente soggettivo; vale a dire che deve ritenersi possibile l’utilizzazione delle conoscenze particolari possedute dall’agente nella situazione concreta»12. Nel pensiero dell’illustre penalista, il criterio di rappresentabilità dell’evento deve essere modulato sul livello di conoscenze particolari possedute dall’agente concreto, (diremo noi) al momento del fatto.

Viceversa nella colpa per imperizia, che «nasce da uno stato di ignoranza delle nozioni necessarie per esercitare una certa professione od arte ovvero di inettitudine a fare uso regolare di tali nozioni, non è possibile tener conto delle specifiche cono- scenze del soggetto, dovendosi viceversa aver riguardo a quelle conoscenze che devono in lui legittimamente presumersi, tenuto conto della posizione che egli riveste e delle attribuzioni tecniche di cui è investito»13. Anche ammettendo che sia del tutto ‘legit- tima’ una simile differenziazione della struttura del giudizio di rappresentabilità, con riferimento al grado di competenza dell’a- gente, anche oltrepassando il piano della formazione della ‘re- gola cautelare’ che è alla base dell’agire colposo, conviene analiz- zare più a fondo lo sviluppo delle tesi classiche sulla misura della rappresentabilità.

11G. MARINUCCI, La colpa per inosservanza di leggi, cit., 193.

12BRICOLA, Aspetti problematici del cd. rischio consentito nei reati colposi, in Bol- lettino dell’Università di Pavia, A/A 1960-1961, ora in Scritti di diritto penale, vol. I, Milano, 1997, 93.

13GALLO, op. cit., 639.

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2. (Segue) Il criterio dell’homo eiusdem condicionis et profes- sionis e la differenziazione dei livelli di informazione a partire dal ruolo (dover sapere)

Come prima illustrato, un punto centrale, che può conside- rarsi acquisito nella riflessione contemporanea in materia di colpa è che le regole cautelari, che fungono da parametri di qua- lificazione del tipo colposo, in quanto regole modali, necessitano di una concretizzazione rispetto alla specifica situazione e alla ti- pologia di attività svolta dall’agente14: la loro tipicità ai sensi di un precetto penale dipende dalla loro validità ed idoneità pre- ventiva. A ben vedere, dunque, il criterio di rappresentabilità opera da fattore di concretizzazione (genetica) nella creazione della regola cautelare applicabile al caso concreto15, per sua stessa natura mirando a delimitare un’area di rischio consentito correlata ad un dato livello di conoscenze raggiunto all’interno di un determinato settore specialistico di attività.

Peraltro assai dibattuta, nel passato, è stata la collocazione si- stematica del ‘processo di concretizzazione’ delle regole cautelari all’interno della colpa generica; ravvisandosi nel parametro di rappresentabilità, alla stregua del livello di competenze proma- nanti da un dato status ‘tecnico-sociale’ il punto di avvio di un processo di individualizzazione, secondo alcuni da ascrivere al piano della colpevolezza16; secondo altri a quello della tipicità del fatto colposo.

E di recente si è osservato – “sdrammatizzando” il problema – come sia lo stesso ordinamento a prevedere regole cautelari che si configurano come regole modali già modulate sulle specifiche

14L. CORNACCHIA, Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio, Torino, 2005, 501, parla, correttamente, di modalità cautelari anziché di re- gole cautelari.

15CANESTRARI, Colpa, cit., 423.

16Cfr. T. PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2006, 209, che colloca il momento della individualizzazione delle regole cautelari attraverso la figura dell’agente modello nel quadro della colpevolezza, attenendo, secondo il chiaro Autore, al profilo della

«attribuibilità dell’inosservanza della regola cautelare».

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istanze di tutela congiunte ad un determinato ruolo sociale, come dimostra la positivizzazione di misure ‘speciali’ di diligenza mi- rate a prevenire i rischi derivanti dallo svolgimento di determi- nate attività. Emblematica di tale processo di individualizzazione (specificazione della regola cautelare in relazione allo status del- l’agente) è il settore della responsabilità colposa del medico: qui il disposto dell’art. 2236 c.c. introduce un parametro di limitazione della responsabilità penale ancorato alla ‘particolare difficoltà dei problemi tecnici’17. La regola cautelare da applicare al caso con- creto dovrà inevitabilmente sorgere dal confronto tra le cono- scenze nomologiche in astratto esistenti in un dato settore di di- sciplina, e la possibilità dell’agente modello di uniformarsi alle stesse, alla stregua della concreta difficoltà della prestazione posta dalla situazione concreta. E ciò, senza tener conto del grado di conoscenze effettivamente possedute dall’agente concreto18.

Insomma, traendo delle prime parziali conclusioni, a una sommaria analisi, emerge che l’‘individualizzazione’ dei doveri di diligenza, operando sul terreno della tipicità colposa, viene so- stanzialmente operata su di un piano tutto normativo nel quale risulta decisiva la differenziazione degli obblighi di acquisizione di informazioni “speciali”, derivanti dallo status impersonato dall’agente e cioè in ragione delle posizione di garanzia da questi rivestita. Se da un lato sembra naturale che in fase di costruzione della regola modale, il giudizio di colpa sia basato su una ‘fisio- logica’ presunzione di conoscenze in capo all’agente; dall’altro si tratta di comprendere fino a che punto la figura dell’agente mo- dello – ipernormativizzato – nel settore delle attività autorizzate,

17Cfr. GIUNTA, La normatività della colpa, cit., 108.

18V. infra.

19GIUNTA, op. cit., 96, contrappone le regole modali alle regole ideali; le prime impongono al soggetto un dover fare (Tunsollen), le seconde un dover essere (Seinsol- len). Più in generale, per la contrapposizione tra un diritto penale che concepisce il reato come fatto materiale offensivo e colpevole e un diritto penale della pericolosità (sine delicto o ante o praeter delictum), fondato non sull’agire ma sul modo di essere dell’autore, si veda F. MANTOVANI, Responsabilità oggettiva espressa e responsabilità oggettiva occulta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1981, 456 ss., 457. Enfatizza il ruolo dell’a-

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sia idonea ad esprimere vere e proprie regole modali19; oltre al fatto che all’interprete spetterebbe il compito di individuare con esattezza la reale portata ‘cautelare’ e, prim’ancora, l’esistenza giuridica, di simili obblighi informativi20. Tutto ciò in quanto, come si è già accennato, estendendo oltre i limiti della disciplina giuridica la portata degli obblighi informativi sui quali modellare il parametro della rappresentabilità, è latente il rischio di un am- pliamento irragionevole della stessa misura oggettiva della regola cautelare, e quindi di scardinamento della tipicità colposa21.

Ma, anche qualora una simile differenziazione dei livelli di conoscenze a partire dallo status fosse di per sé idonea a proiet- tarsi sulla tipicità colposa – esprimendo autentiche regole caute- lari modellate sull’obbligo di acquisire informazioni che consen- tano all’agente di riconoscere l’evento – occorre chiarire sino a qual punto possa formare oggetto di rimprovero ex se la mancata acquisizione di un dato bagaglio di cognizioni.

Una ulteriore illustrazione del problema, al fine di cogliere l’importanza di un’indagine sull’esistenza di regole cautelari a

gente modello nella definizione della tipicità colposa S. PREZIOSI, Dalla pluralità di agenti modelli al pluralismo dei modelli di agente, in Cass. pen., 2011, n. 611.

20Sui criteri di individuazione delle regole cautelari, cfr. D. MICHELETTI, I criteri di individuazione della regola cautelare nel delitto colposo. Una verifica sul terreno della bancarotta semplice patrimoniale, Ferrara, 1998.

21Per un corretto richiamo al criterio della rappresentabilità come criterio, ‘li- mite’ ai fini della determinazione della tipicità del fatto colposo, si veda, Trib. Milano, 20.12.1999, in Foro Ambrosiano, 2000, 312: «La tipicità del reato colposo, e in parti- colare nel caso di omicidio per colpa professionale nell’attività medico chirurgica, si concreta nella violazione di regole cautelari che devono essere individuate con il ri- corso alla rappresentabilità ed alla prevedibilità dell’evento, poiché non può essere po- sto a carico dell’agente l’obbligo di conformare la sua condotta a regole, di estensione indefinita, astrattamente idonee ad evitare il pericolo che si realizzi un evento non pre- vedibile (nel caso di specie è stata esclusa la colpa del medico che aveva adottato e ap- plicato al paziente, nel corso di un intervento chirurgico, un presidio sanitario – val- vola cardiaca – mai usato in Italia, ma autorizzato dal Ministero della sanità a condi- zione che i sanitari accertassero la sua positiva valutazione nel Paese produttore straniero da parte della competente autorità sanitaria, non potendo individuarsi l’esi- stenza di una disciplina che imponga l’osservanza di tali obblighi, la violazione dei quali abbia rilevanza per il profilo di imputabilità dell’evento».

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contenuto informativo nella complessiva economia dell’attribu- zione a titolo di colpa’, presupporrebbe l’approfondimento del tema del ‘rischio consentito’, oggetto di analisi a cui si rinvia22.

Per ora, ai fini dello sviluppo del nostro ragionamento, ci basterà osservare che, proprio nel settore delle attività a rischio consentito la norma precauzionale «definisce un’area del dovere oggettivo di cauta condotta, ma non attribuisce la qualificazione di illiceità ad ogni e qualsivoglia rischio che il soggetto, con il suo condursi, può ingenerare ad offesa del bene protetto»23. Perciò, si può dire che la regola cautelare – almeno astrattamente – nel delimitare una certa ‘zona di rischio lecito’24, si perimetra sul do- vere di ‘agire informato’ promanante dal particolare status giuri- dico del soggetto25.

E, d’altra parte – nella prospettiva che ci occupa, della rile- vanza degli obblighi di aggiornamento ai fini del rimprovero per colpa – non sembra si possa dubitare della possibilità di conce- pire doveri di informazione a contenuto cautelare che, già sul terreno della tipicità colposa, delimitano la predetta area di ri- schio permesso, in rapporto al fascio di doveri gravanti sul “sog- getto qualificato”; senza con ciò ancora attingere al piano della rimproverabilità dell’evento a titolo di colpa.

Il problema della differenziazione dei livelli di conoscenza, come è agevole intendere, tuttavia, presenta problemi differen-

22Di recente si veda nella dottrina italiana lo studio di C. PERINI, Il concetto di rischio nel diritto penale moderno, 2010, passim.

23FIORELLA, voce Responsabilità, cit. 1308.

24Ritiene che la forza deontica dell’agente modello deriva da un bilanciamento di interessi, che consente di individuare un’area di rischio consentito S. PREZIOSI, Dalla pluralità di agenti modello al pluralismo dei modelli di agente: verso la frammentazione del reato colposo d’evento, cit., n. 661.

25Per una riaffermazione dell’incidenza sul piano della tipicità della conformità alle norme precauzionali del comportamento posto in essere nella sfera di rischio per- messo, cfr. L. EUSEBI, Verso una recuperata determinatezza della responsabilità medica in ambito penale?, in Criminalia, 2009, 423 ss., 426, che, proprio con riferimento alla re- sponsabilità penale colposa del medico, osserva che «una condotta conforme alla lex artis non può essere ritenuta tale da produrre il rischio non consentito del realizzarsi di una lesione».

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ziati a seconda che la regola cautelare, che impone l’aggiorna- mento del soggetto, sia già positivizzata; oppure non lo sia af- fatto, esistendo soltanto ad es. una norma di principio che si li- miti ad affermare un “generico dovere di aggiornamento” senza specificarne i contenuti e, tantomeno, dettare parametri concreti e certi, alla stregua dei quali ricavare il profilo modale e la misura di un siffatto dovere. Fermo restando che anche in caso di “po- sitivizzazione” si tratterà, pur sempre, di stabilire la misura sog- gettiva, nel caso concreto, di un siffatto dovere.

Insomma, si ripercuotono sull’accertamento della colpa gli esiti dell’individuazione, in via giudiziale, della regola cautelare ex post; e cioè a partire da un dato evento, si contesta all’agente la trasgressione di una regola cautelare basata sul dovere di attivarsi per acquisire conoscenze causali tali da ‘rendere’ rappresentabile l’evento; e questo, in assenza di parametri certi e predeterminati, sulla misura “in concreto” di tale sforzo cognitivo richiesto all’a- gente modello-garante. Ma è proprio questo il nodo nevralgico:

conformando l’oggetto del rimprovero sulla mancata acquisizione di informazioni, è assai concreto il pericolo di far slittare il giudi- zio di colpa dal comportamento ‘imperito’ del soggetto, allo stato intellettivo in cui egli versa26; con l’ulteriore conseguenza di dare vita a forme di responsabilità da posizione, dagli incerti confini, sia sul fronte della tipicità che della colpevolezza.

Per cercare di comprendere a fondo questo fenomeno di

‘slittamento’ dell’oggetto del rimprovero, è utile indagarne le matrici concettuali. Nella dottrina più autorevole lo schema del- l’agente modello è stato utilizzato proprio per stabilire la misura impersonale della “rappresentabilità-riconoscibilità” dell’evento in rapporto alla classe o alla specializzazione interna ad una me- desima categoria tecnico-professionale; ed è quindi coessenziale

26V. M. GALLO, Appunti di diritto penale, cit., 154, il quale osserva: «è facilmente superabile il rilievo secondo il quale attraverso la nozione di rappresentabilità, si da- rebbe credito alla idea di un obbligo di conoscenza, del quale non sarebbe difficile, per non dire impossibile, provare l’esistenza, ma che, addirittura, contrasterebbe con la funzione del diritto di comandare o vietare comportamenti e non stati intellettivi».

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alla stessa natura di tale criterio ‘il riferimento ad una pluralità di modelli, tipi sì ideali, ma sperimentati e sperimentabili a seconda dei diversi gruppi o circoli di rapporti o campi di azione nella so- cietà’27. È chiaro perciò che l’idea dell’agente modello ‘unico’, ri- tagliato sulle capacità psico-fisiche di un uomo accortissimo – come osserva efficacemente Marinucci – «non consente di elabo- rare regole di diligenza capaci di apprestare un trattamento preven- tivo differenziato, in funzione dell’enorme varietà di situazioni pe- ricolose in cui l’uomo si imbatte di continuo»28. Con un’espres- sione di sintesi, potremmo dire che, proprio in quanto la figura dell’agente modello è costruita sulla appartenenza dell’agente concreto ad una determinata cerchia tecnico-professionale di ri- ferimento, quello in questione è un criterio relazionale; che mira cioè a definire – attraverso un anomalo procedimento di ‘sogget- tivizzazione oggettivata’ – lo standard di perizia richiesto per lo svolgimento di una data attività da parte dell’agente concreto, te- nuto conto delle informazioni sul rischio tipiche del livello di specializzazione della cerchia di riferimento; e, per tale via pro- cede, operando un processo di oggettivizzazione di vari gradi di esperienze29. Detto ancor meglio, il parametro in parola ha la funzione di consentire l’individuazione dei presupposti fattuali (svolgimento di una certa attività) e conoscitivi (le condizioni og- gettive ai fini della riconoscibilità del rischio) per il sorgere di obblighi cautelari che concorrono a definire il ‘tipo colposo’30a partire da un dato livello di competenze tecniche che l’ordina- mento pretende dal soggetto gravato da “speciali” doveri di dili- genza per lo speciale ruolo rivestito31.

27Così ROMANO, Commentario sistematico, cit., 458.

28Così MARINUCCI, Il reato come azione, cit., 159.

29Così CARMONA, Il versari in re illicita “colposo”. Un breve percorso tra pratiche giurisprudenziali e suggestioni dogmatiche, pensando alla riforma del codice penale, in L’Ind. pen., 2001, 223 ss., 234.

30Analizza l’interazione tra posizione di garanzia e regole cautelari con riferi- mento al momento rappresentativo della colpa C.E. PALIERO, Il tipo colposo, in R. BAR-

TOLI, (a cura di), Responsabilità penale e rischio nelle attività mediche e d’impresa, Fi- renze, 2010, 517 ss., 520.

31Sull’utilizzabilità del concetto di posizione di garanzia anche nel quadro dei

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Una siffatta ‘pretesa cognitiva’, (“dover sapere”) – che di certo “modella” il fatto colposo, in quanto concorre a definire il

‘dovere di riconoscere’ il pericolo, quale elemento normativo della tipicità colposa32 – non sembra tuttavia possa esaurire il giudizio di colpa, in una mera imputazione ‘oggettiva’ dell’e- vento lesivo ancorandolo di fatto a un criterio normativo di com- petenza funzionale, ricavabile dallo status del soggetto, senza

‘sviscerare’ cioè il profilo relativo alla ‘evitabilità soggettiva’.

3. Sguardo panoramico alla giurisprudenza in tema di colpa per imperizia. La presunzione di competenza tecnica tra colpa per assunzione e ‘culpa in re ipsa’ nel settore della colpa medica L’analisi della giurisprudenza in tema di colpa per imperizia fa emergere, unitamente a quel fenomeno di oggettivizzazione dei criteri di accertamento per così dire, ‘differenziale’ della colpa, un rischio assai concreto di manipolazione in chiave funzionalista del giudizio di responsabilità colposa, che rende marginale la compo- nente personalistica-individualizzante della colpa33.

Sin da una risalente e nota sentenza della Suprema Corte34 in tema di colpa per imperizia – ancorché non in materia di re- sponsabilità del medico – la Cassazione sembra aver recepito le classiche definizioni dell’imperizia, imperniate sul fattore “intel- lettivo”35. Si legge nella massima, che l’essenza della colpa per

reati commissivi nei quali risultano determinanti per la ricostruzione della responsabi- lità, la funzione e il il ruolo del soggetto agente si veda ancora PALIERO, op.ult. cit., 519.

32Cfr. GIUNTA, Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, Padova, 1993, 175; G. FORTI, Colpa ed evento, Milano, 1990, 201.

33Così E. BORSATTI, La soggettivizzazione della colpa: profili dogmatici e profili dogmatici e pratico-applicativi, in L’Ind. pen., 2005, 75 ss. 97. Per un’analisi delle ten- denze ultra-oggettivanti della giurisprudenza cfr. D. CASTRONUOVO, La colpa penale, cit., 569 ss.

34Così Cass., sez. III, 29 novembre 1957, Degli Uomini, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, 558, con nota di I. CARACCIOLI, Colpa per imperizia, colpa per inosservanza e caso fortuito.

35Si veda sul punto G. MAGGIORE, Diritto penale, Parte generale, vol. I, tomo I, V ed. 1951, 474.

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imperizia sarebbe da ricercare nella «insufficiente attitudine in- tellettiva del soggetto ad avvalersi, in condizioni di normalità psi- cologica di cognizioni particolarmente qualificate per realizzare una concreta esperienza di vita in conformità ai dettami dell’ordina- mento giuridico». Per cogliere appieno il pensiero della Cassa- zione, tuttavia, è necessario leggere il testo della motivazione:

«ricorre imperizia, quando l’autore, pure essendo (o dovendo es- sere) nel possesso teorico di cognizioni qualificate, derivantigli da una specifica veste subiettiva, tuttavia non riesce ad adeguare compiutamente ad esse la propria condotta, sicché ne deriva l’e- vento di danno o di pericolo vietato». L’essenza dell’imperizia sa- rebbe da ricercare, insomma, nella incapacità dell’agente con- creto di adeguare la propria condotta a un patrimonio cognitivo effettivo (attuale) o anche solo potenziale (presunto).

Un analogo schema è presente in diversi indirizzi in materia di colpa per imperizia medica: la base cognitiva su cui fondare il giudizio di prevedibilità dell’evento è rappresentata dal livello di informazioni ricavate da un “supposto” standard di conoscenza professionale al quale l’agente avrebbe dovuto uniformarsi.

Esemplare di questo schema di imputazione è l’affermazione secondo cui, «ai fini della valutazione della colpa professionale nel caso di prestazioni mediche di natura specialistica, effettuate da chi sia in possesso di diploma di specializzazione, non si può prescindere dal considerare le cognizioni generali e fondamentali proprie di un medico specialista, non essendo sufficiente il riferi- mento alle cognizioni, al minimo di cultura e di esperienza, che si pretendono da un medico generico, sull’ovvia considerazione che il corredo culturale e sperimentale, richiesti dallo Stato per il con- seguimento del titolo di specialista, rappresenta una più consi- stente garanzia per il paziente e legittima un’aspettativa di mag- gior perizia»36. La regola cautelare – di fonte sociale-scientifica ovviamente – è ritagliata su uno standard cognitivo ‘prescritto’ –

36Così Cass. pen., sez. IV, 31.1.1983, in Riv. pen., 1983, 769; Cass., sez. IV, 23 giugno 2004, in CED 229833; Cass., sez. IV, 2 ottobre 1990, CED 185686. Anche,

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indipendentemente da qualsiasi verifica del patrimonio cognitivo reale dell’agente; il che appare consentaneo alla funzione di orien- tamento delle regole cautelari e alla loro natura di regole modali.

Senonché, proprio la scarsa concretezza della nozione di

‘competenza’ propria del ruolo, su cui radicare il giudizio di rap- presentabilità dell’evento, rende potenzialmente convertibile – in sede di accertamento processuale – ogni forma di colpa per im- perizia in una ipotesi di colpa per assunzione.

Nel settore della colpa medica – che rappresenta un vero e proprio terreno di coltura per il fiorire di casi nei quali il rim- provero per colpa ha per oggetto l’assunzione del ruolo da parte dell’agente concreto in carenza di capacità di conformarsi alla re- gola cautelare – il processo di astrazione dell’accertamento della rappresentabilità è assai marcato: basta ‘presumere’ l’incapacità dell’agente a partire dal verificarsi dell’evento lesivo in conse- guenza della inosservanza di modalità disciplinanti l’esercizio di un’attività; l’evento, a una valutazione ex post, è idoneo «in re ipsa a dimostrare l’inadeguatezza dell’agente allo svolgimento del- l’attività pericolosa posta in essere e determina, quindi, in ogni caso, una contestazione dell’evento lesivo verificatosi, a titolo di colpa per assunzione»37.

Per vero, l’apice di questo trend interpretativo in materia di colpa per imperizia, si raggiunge nel ‘trattamento giudiziario’

nella giurisprudenza di merito, il giudizio di rappresentabilità è saldamente ancorato al riferimento, astratto, al livello di conoscenze raggiunto nel settore: “In tema di re- sponsabilità per colpa professionale medica, la prevedibilità e la prevedibilità vanno determinate in concreto, tenendo presenti tutte le circostanze in cui il soggetto si trova ad operare ed in base al parametro relativistico dell’homo eiusdem condicionis et professionis, considerando le specializzazioni ed il livello di conoscenze raggiunto in queste; la responsabilità del medico viene accertata quando l’errore professionale trovi origine nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi ma- nuali o strumentali di indagine o di terapia che il medico deve essere sicuro di poter adoperare correttamente (nella fattispecie è stata ritenuta la responsabilità del medico anestesista che determinò una ampia lacerazione tracheo-bronchiale a causa di errore tecnico nella manovra di intubazione con il ‘tubo di Clarens’)”.

37Così, MEZZETTI, Colpa per assunzione, cit., 425.

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della figura del medico specializzando. In tale ‘campo’ è eviden- tissimo il processo di oggettivizzazione dell’illecito colposo d’e- vento, se si considera che dall’obbligo di acquisire un determi- nato corredo di competenze tecnico-specialistiche – ritenuto coessenziale alla figura dello specializzando – si fa sorgere, anzi- tutto una autonoma posizione di garanzia basata sulle disposi- zioni del d.lgs. n. 368 del 1999. Di qui, l’affermazione di respon- sabilità da posizione, in ragione della colposa assunzione dell’atti- vità posta in essere in difetto di acquisizione del bagaglio di competenze tecniche adeguato a fronteggiare il pericolo, è fatta discendere, in via diretta, dall’affermata Garantenstellung dello specializzando: un procedimento circolare, in definitiva, che ri- schia di confondere e di far coincidere (o comunque di assorbire) il piano dell’eventuale obbligo di garanzia del soggetto agente con quello della individuazione della regola cautelare di perizia38; e, ciò che è più grave, della rimproverabilità per i deficit formativi che qualificherebbero la condotta causativa dell’evento.

Per cogliere ulteriormente il fenomeno nelle sue esatte di- mensioni è utile richiamare alcune pronunce-pilota. Ad es. in una sentenza che conferma la condanna di una specializzanda per la morte di un bambino avvenuta per effetto dell’avvenuta somministrazione per via endovenosa del farmaco “Isoptin”, da somministrarsi per via orale39, si afferma: «La disciplina della formazione dei medici specialisti è contenuta nel d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 il cui art. 20, comma 1, lett. e) prevede che l’otteni- mento del diploma di medico chirurgo specialista sia subordi- nato, oltre che ad altre condizioni, alla “partecipazione personale del medico chirurgo candidato alla specializzazione, alle attività e responsabilità proprie della disciplina”». E già questa premessa consente di affermare che il medico specializzando non è un

38Sul tema del rapporto tra obbligo di diligenza e obblighi di impedire l’evento si veda M. MANTOVANI, Il principio di affidamento nella teoria del reato colposo, Milano, 1997, 144.

39Cass., sez. IV, 10 luglio 2008, n. 32424, in Cass. pen., 2009, 4298.

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