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SMALTIMENTO DELLE SCORIE NUCLEARI IN ITALIA

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SMALTIMENTO DELLE SCORIE NUCLEARI IN ITALIA A cura di Piergiorgio IOZZIA

A.A. 2020-2021

La Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) è il documento elaborato dalla Società Gestione Impianti Nucleari (S.O.G.I.N) che individua le zone dove localizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco tecnologico. La Carta viene elaborata in base ai criteri previsti dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (I.S.P.R.A) nella Guida tecnica n.29, oltre che in base ai requisiti indicati nelle linee guida dall’International Atomic Energy Agency (I.A.E.A).

Perché il Deposito Nazionale? È una soluzione efficace e definitiva per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi derivanti dal pregresso programma nucleare e dalle attività sanitarie, industriali e di ricerca che sono e continueranno a essere prodotti; inoltre, permette il rilascio senza vincoli di natura radiologica degli attuali siti nucleari, che potranno essere così restituiti agli usi e alla fruibilità collettivi; la sicurezza e il recupero ambientale e socio-economico degli attuali siti nucleari rappresenta un atto di tutela e rispetto per le future generazioni e, pertanto, consente di soddisfare gli obblighi comunitari ed internazionali in tema di gestione di rifiuti.

Di quanti e quali rifiuti si sta parlando? Secondo le recenti stime I.S.I.N (l’attuale S.O.G.I.N) risalenti al dicembre 2019, i rifiuti esistenti sono circa 31 mila m³, così suddivisi:

• circa 1500 m³ (5%) sono rifiuti a vita media molto breve che hanno un tempo di decadenza di poche settimane, e alla scadenza di tale termine sono smaltiti come rifiuti “convenzionali” (speciali);

• i restanti 29.500 m³ sono destinati ad essere smaltiti nel Deposito Nazionale, di cui:

1. circa 7500 m³ (corrispondenti al 25% di 29.500 m³) è già stato trattato ed è posto per essere trasferito al Deposito Nazionale;

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• i restanti 22.000 m³ devono essere preventivamente trattati (stimando un sarà di fattore 1,5 per il condizionamento); all’esito del trattamento, la quantità di rifiuti da inviare al Deposito sarà di circa 32.000 m³.

Il totale di rifiuti oggi esistenti e, quando condizionati, destinati al Deposito Nazionale, ammontano, quindi, a circa 40.000 m³. Ai rifiuti oggi esistenti devono essere aggiunti i rifiuti provenienti dalle attività sanitarie, industriali e di ricerca e dal riprocessamento del combustibile irraggiato effettuato in UK e in Francia; i rifiuti che deriveranno dallo smantellamento (decomissioning) degli impianti nucleari; i rifiuti prodotti annualmente dalle applicazioni mediche, industriali e di ricerca (circa 300 m³/anno); i rifiuti a media ed alta attività derivanti dal riprocessamento del combustibile irraggiato in Francia e Gran Bretagna, che tornerà in Italia a partire dal 2025. Per concludere, possiamo asserire che il Deposito Nazionale è dimensionato per ricevere circa 95.000 m³:

• 78.000 m³ di rifiuti a bassa e media attività destinati allo smaltimento;

• 17.000 m³ di rifiuti ad alta attività e combustile irraggiato da destinare allo stoccaggio di lunga durata.

Il D. Lgs. n. 31/2010 stabilisce che il Deposito Nazionale è destinato a smaltimento dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata , dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato.

La Guida Tecnica n. 29 (2014) stabilisce i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media

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attività. Con riferimento alle procedure stabilite nel Decreto Legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 per la localizzazione, la costruzione e l’esercizio del Deposito Nazionale, incluso in un Parco Tecnologico, i criteri stabiliti nella presente Guida Tecnica trovano applicazione nel processo di localizzazione, dalla definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sino all’individuazione del sito idoneo. Va considerato che il confinamento dei radionuclidi dall’ambiente esterno è assicurato esclusivamente dalla matrice solida di condizionamento, dai contenitori in cui essa è racchiusa e dalle strutture del deposito. Il carattere di temporaneità non pone specifici requisiti di isolamento per il lungo termine.

Un sito ritenuto idoneo per la localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti radioattivi a bassa e media attività è pertanto ritenuto idoneo anche per la localizzazione di un deposito provvisorio di lunga durata di rifiuti ad alta attività (Guida Tecnica n.30, I.S.I.N).

Facciamo delle considerazioni alla base del processo di elaborazione della Guida Tecnica n.29:

• vi è l’esigenza di supportare le procedure definite dal D. Lgs. n. 31/2010, partendo dal una fase di indagine che utilizza tutti i dati e le informazioni disponibili del territorio nazionale;

• bisogna individuare dei criteri che, in relazione alle diverse fasi del processo istruttorio di approfondimento, supportino valutazione adeguate attendibili;

• vi è la necessità di assicurare una conformità generale con le raccomandazioni della I.A.E.A (International Atomic Energy Agency);

• vi è il bisogno di formulare i criteri di localizzazione in un’ottica adeguatamente cautelativa, in modo da ottimizzare, in conformità con il principio della difesa in profondità in profondità, il contributo che può essere offerto dal sito al livello di sicurezza complessivo del deposito.

In quasi tutti i paesi d’Europa, sono operativi depositi definitivi per rifiuti a bassa e media attività, quelli che verranno

Figura 1. Deposito nazionale francese de l'Aube

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sistemati nelle celle del Deposito Nazionale italiano. In alcuni casi la soluzione per i rifiuti a molta bassa attività è una sorta di trincea (landfill), in altri l’estensione del deposito a un livello sub-superficiale consente di ospitare anche rifiuti di media attività (che nel Deposito Nazionale italiano saranno stoccati nelle CSA).

Dal 1992, in Francia, si è aggiunto il Deposito de L’Aube, progettato per ospitare 1 milione di metri cubi di rifiuti della stessa categoria (figura 1). In Spagna, il Deposito di El Cabril, in esercizio dal 1992, è stato autorizzato per ospitare 42.000 m³ di rifiuti a bassa attività, capacità che in futuro potrebbe essere estesa. Una sezione del deposito ospita i 17.000 m³ di rifiuti a molto bassa attività, direttamente collocati in strutture specifiche (figura 2).

Nella Guida

Tecnica sono definiti, inoltre, i

“Criteri di

esclusione” (CE) e i

“Criteri di

Approfondimento”

(CA) per la cui formulazione, con riferimento alle raccomandazioni emanate dagli organismi internazionali ed in particolare quelle formulate dalla I.A.E.A, si è tenuto conto dei seguenti aspetti:

• stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica dell’area;

• confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno;

• compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi, non derogabili, di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale culturale;

• isolamento del deposito da risorse naturali del sottosuolo;

• protezione del deposito da condizioni metereologiche estreme.

Invece, il percorso di elaborazione della Guida Tecnica n.29 prevede:

• gruppo di lavoro interdisciplinare;

• considerazione di risultati degli studi già effettuati a livello nazionale;

Figura 2. Deposito nazionale spagnolo di El Cabril

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• confronto con Autorità di altri Paesi che già hanno o stanno sviluppando analoghe installazioni di Deposito;

• consultazione con gli Organi Tecnici interessati e con il soggetto attuatore (S.O.G.I.N);

• revisione I.A.E.A.

In definitiva, i criteri di esclusione ed i criteri di approfondimento rappresentano un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione che devono essere considerati nelle diverse fasi del processo di localizzazione, coerentemente con il livello di dettaglio delle indagini proprio di ciascuna fase.

I criteri di esclusione sono stati definiti per escludere le aree dal territorio nazionale le cui caratteristiche non permettono di garantire piena rispondenza ai requisiti fissati. I criteri di approfondimento sono stati definiti per consentire la valutazione delle aree individuate a seguito dell’applicazione dei criteri di esclusione.

La loro applicazione può condurre all’esclusione di ulteriori porzioni di territorio all’interno delle aree potenzialmente idonee e ad individuare siti di interesse. Questi criteri sono altresì utili ai fini dell’eventuale elaborazione di un ordine di idoneità delle aree potenzialmente idonee e per una caratterizzazione dei siti di interesse.

Come si è arrivati alla CNAPI? S.O.G.I.N ha presentato una prima proposta di CNAPI il 2 gennaio 2015, che è stata validata dall’ex Dipartimento nucleare, rischio tecnologico e industriale dall’I.S.P.R.A (oggi I.S.I.N) nel luglio 2015.

Successivamente, S.O.G.I.N ha presentato prima ad I.S.P.R.A e poi, dal 2018, ad I.S.I.N, diverse proposte della CNAPI, revisionate a seguito di aggiornamenti di alcuni database cartografici assunti come riferimento.

L’ispettorato ha pertanto proceduto, in modo analogo a quanto svolto nel 2015, alle verifiche di conformità delle modifiche proposte con criteri della Guida Tecnica n.29 e con le raccomandazioni della I.A.E.A ed alla validazione dei relativi risultati cartografici, fino all’ultima validazione effettuata di I.S.I.N, conclusa nel marzo 2020.

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La prima fase, che si è conclusa con la pubblicazione della CNAPI, conduce all’individuazione di un insieme di aree “potenzialmente idonee, con eventuale ordine di priorità”: consiste in una selezione di aree su scala nazionale effettuata tenendo conto di criteri connessi alle caratteristiche fisiche, chimiche naturalistiche e antropiche del territorio utilizzando un insieme di dati immediatamente disponibili ed utilizzabili, nonché una serie di indagini preliminari; tale fase si è completata ed ha portato alla individuazione di un insieme di “Aree potenzialmente idonee” (CNAPI).

La seconda fase è finalizzata ad individuare, nelle aree potenzialmente idonee, i siti da sottoporre ad indagini di dettaglio. La selezione viene effettuata sulla base di valutazioni con dati a scala regionale, tenendo conto di fattori socio-economici.

La terza fase comporta una caratterizzazione di dettaglio di uno o più siti per pervenire alla scelta del sito ove realizzare il deposito.

In coerenza con le finalità e i contenuti di tali fasi di approfondimento tecnico progressivo, la S.O.G.I.N è pervenuta all’individuazione delle aree vaste potenzialmente idonee sul terreno nazionale applicando i criteri di esclusione, e, ove i dati disponibili lo consentivano, i criteri di approfondimento, che contribuivano a una valutazione di inidoneità delle aree considerate. Ovviamente, nella seconda fase di approfondimento avviata con la pubblicazione della CNAPI, i criteri di approfondimento saranno oggetto di una ulteriore e più completa valutazione, alla quale contribuirà il processo di partecipazione delineato dalla norma di legge che il Governo si è impegnato a rendere il più trasparente possibile e realmente effettivo; in questa seconda fase, pertanto, troveranno adeguato confronto e valutazione, gli interessi di tutela naturalistica e ambientale, rispetto ai quali è stata fatta una valutazione oggettiva di area di rispetto minima, e gli interessi socio-economici.

Ma chi è S.O.G.I.N? S.O.G.I.N (Società gestione impianti nucleari) è la società pubblica incaricata del decomissioning degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi. Interviene a supporto delle Istituzioni nel campo delle bonifiche nucleari; ha, inoltre, il compito di realizzare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico, quest’ultimo, un centro di ricerca aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo energetico, della gestione dei rifiuti e dello sviluppo sostenibile. In Italia vi sono diversi centri che producono e detengono rifiuti radioattivi; molti di questi ne trattengono la maggior parte fino

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al loro completo decadimento per poi smaltirli come rifiuti convenzionali o speciali. La restante parte viene conferita agli operatori del Servizio Integrato, che provvedono a gestirli nei propri depositi temporanei in attesa del conferimento al Deposito Nazionale; tuttavia, oltre ai depositi del Servizio Integrato, esistono in Italia altre strutture di stoccaggio di diverse tipologie.

S.O.G.I.N ha sede centrale a Roma e due sedi estere a Monaco e Bratislava. Interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, S.O.G.I.N opera in base agli indirizzi strategici del Governo.

Diventa gruppo nel 2004 con l’acquisizione del 60% di Nucleo. La legge di bilancio 2018 ha affidato a S.O.G.I.N il decomissioning del reattore JRC-ISPRA-1 a Ispra (VA) (figura 3).

Come vengono smaltiti e stoccati i rifiuti? Esistono quattro sistemi multi barriera: manufatto (i rifiuti radioattivi, condizionati con matrice cementizia in contenitori metallici, vengono trasferiti al Deposito Nazionale);

modulo (i manufatti vengono inseriti e cementati in moduli di calcestruzzo speciale progettati per resistere 350 anni);

cella (in ogni cella di cemento armato vengono inseriti 240 moduli); collina multistrato (struttura artificiale disposta a copertura delle celle. Viene realizzata con strati di diversi materiali allo scopo di impedire infiltrazione di acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura).

Figura 3. Reattore JRC-ISPRA-1, Ispra (VA)

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Ma che cos’è un rifiuto radioattivo? Un rifiuto radioattivo è qualsiasi materia radioattiva in forma gassosa, liquida o solida, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, per la quale nessun riciclo o utilizzo ulteriore è previsto o preso in considerazione dall’autorità di regolamentazione competente o da una persona giuridica o fisica, la cui decisione sia accettata dall’autorità di regolamentazione competente e che sia regolamentata come rifiuto radioattivo dall’autorità di regolamentazione competente.

I rifiuti radioattivi vengono classificati in base alla possibilità o meno di utilizzo: vita media molto breve; attività molto breve; bassa attività; media attività e alta attività. Quindi, il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca.

Come si è arrivato a questo?

La materia della gestione dei rifiuti radioattivi è attualmente regolata, in ambito normativo nazionale, dalla legge 31 dicembre 1962 n.1860 recante “Impiego pacifico dell’energia nucleare”, e dal decreto-legge 14 novembre 2003 n.314 convertito, con modificazioni, nella legge 24 dicembre 2003 n.368 recante

“Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio, in condizioni di massima sicurezza, dei rifiuti radioattivi. Queste normative sono state formulate e approvate in seguito ai disastri nucleari di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011), e gli “attori” principali in questo campo sono I.S.P.R.A, S.O.G.I.N e A.R.P.A, la quale, quest’ultima, controlla, monitora e mantiene contatti con il territorio e le aziende sanitarie.

Esiste una correlazione tra salute e vicinanza alle centrali nucleari? Si è notata un’incidenza di tumori e mortalità nella coorte di residenti in prossimità delle centrali nucleari italiani di Borgo Sabatino (figura 4) e del Garigliano (figura 5); tuttavia, lo studio non ha mostrato una chiara associazione tra distanza dalla residenza dalle centrali nucleari e mortalità/incidenza di tumori delle sedi radiosensibili. Si è osservato, però, un aumento dell’incidenza del tumore tiroideo nelle donne nell’intera area, mentre per gli uomini residenti

Figura 4. Centrale nucleare di Borgo Sabatino (LT)

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nella più immediata vicinanza delle centrali nucleari, si è osservato un aumento della mortalità totale per cancro allo stomaco e per malattie cardiovascolari.

Adesso, parliamo della differenza tra pericolo e rischio: il pericolo è una fonte potenziale di danno all’ambiente e alla salute; il rischio, invece, è la

probabilità che

dall’esposizione a un pericolo derivi un danno alle persone ed è una misura quantitativa (esempio: un impianto industriale può essere collocato vicino ad un centro abitato e l’esposizione alle emissioni può essere associata ad un aumento della frequenza di alcune malattie; l’arsenico, qualora assunto con l’acqua potabile, aumenta la probabilità di insorgenza di alcune patologie tra i consumatori).

La valutazione del rischio, pertanto, è una procedura composta da quattro fasi, per ognuna delle quali sono richieste competenze che devono operare in modo integrato: identificazione del pericolo; determinazione della risposta alla dose; valutazione dell’esposizione e, infine, caratterizzazione del rischio.

Ciascuna delle quattro fasi della valutazione del rischio ha l’obiettivo di rispondere ad una domanda specifica:

1) Identificazione del rischio: l’inquinante ambientale è potenzialmente in grado di provocare effetti avversi sulla salute?

2) Determinazione della risposta alla dose: qual è la relazione fra la dose di inquinante/i e l’incidenza negli essere umani?

3) Valutazione dell’esposizione: quali sono i livelli di dose o esposizione a cui la comunità è sottoposta?

4) Caratterizzazione del rischio: qual è l’incidenza stimata e il numero di persone che potrebbero essere colpite all’interno della comunità?

Oltre al “dato oggettivo”, qual è la percezione del rischio? Rappresentiamo dunque, la tabella degli elementi che influenzano la percezione del rischio:

Figura 5. Centrale nucleare del Garigliano (RM

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Elementi che influenzano la percezione del rischio IL RISCHIO SEMBRA MINORE IL RISCHIO SEMBRA MAGGIORE

…se è volontario e controllato se è imposto da altri e senza possibilità di fare qualcosa per limitarlo

… se è conosciuto o è già stato corso in passato

… se è sconosciuto o ci sono poche informazioni

… se produce dei vantaggi … se non ha nessun vantaggio diretto

… se si ha fiducia in chi controlla e gestisce e si viene informati costantemente

… se non si ha fiducia in chi controlla e gestisce e non si viene informati

… se ha conseguenze temporanee … se le conseguenze possono durare molto tempo

… se è legato a cause naturali …se è provocato da qualcosa

… se è uguale per tutti … se il rischio è più alto per una parte della comunità, soprattutto se colpisce i bambini

… se le conseguenze sono reversibili … se le conseguenze sono irreversibili

Quindi, è fondamentale l’approccio integrato ambiente e salute ai fini di una corretta e seria comunicazione. In definitiva: importanza di una costante e corretta informazione e grande attenzione al tema “Salute globale e ambiente”

(One Health). La One Health è, dunque, un approccio ideale per raggiungere la salute globale perché affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e

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l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di determinanti che da questa argomentazione emerge.

Per concludere, attualmente i rifiuti radioattivi sono stoccati all’interno di depositi temporanei presenti nel paese, prodotti dallo smantellamento (decomissioning) delle ex centrali nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare. L’identificazione di un unico deposito nazionale consente una gestione in sicurezza più razionale ed efficiente dei rifiuti:

1) Direttiva Europea 2011/70: la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi deve avvenire nello stato membro in cui sono stati generati;

2) “Sbloccare” le ex centrali liberando i siti attuali da vincoli di natura radiologica;

3) Costi di gestione: 30 milioni di Euro/anno per ogni deposito estero; 1 milione e 4 milioni di Euro/anno per ciascun sito attuale e sanzioni UE.

Come abbiamo detto, il Deposito Nazionale ospiterà circa 78.000 m³ di rifiuti a molto bassa e bassa attività, e circa 17.000 m³ di rifiuti a medio e alta attività.

Il 60% deriva dallo smantellamento delle ex centrali nucleari, liberando i siti attuali, mentre il 40% deriva dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro. Il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico occuperanno un’area di circa 150 ettari (1 km x 5 km), di cui 40 dedicati al Parco e 110 al Deposito. In quasi tutti i Paesi d’Europa, anche dove (come nel caso della Norvegia) non c’è stata produzione di energia da fonti nucleari, sono operativi depositi definitivi per rifiuti a bassa e media attività. 67 aree potenzialmente idonee, rispondenti ai criteri di sicurezza della Guida Tecnica n.29, sono state individuate considerando gli aspetti socio-ambientali, logistici e di classificazione sismica di natura amministrativa, a parità, ovviamente, di

condizioni di sicurezza.

Da quanto emerge da tali argomentazioni, ci troviamo lontani dal trovare una soluzione definitiva al problema del nucleare, nonostante siano state e vengano proposte ipotesi su ipotesi a favore della risoluzione di questa questione che riguarda, più o meno direttamente, tutti noi. Quindi, per concludere, non ci resta che lasciarci con un monito, il quale ognuno di noi porterà con sé di fronte a tali problematiche

sociali come il nucleare, e non solo come: proteggiamo il presente, garantiamo il futuro.

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Sitografia:

https://www.youtube.com/watch?v=ddCpg3ypic8&list=WL&index

=24

https://www.latitudeslife.com/2011/02/scorie-nucleari-limpatto- sullambiente-e-sulla-nostra-vita/

https://tech.everyeye.it/articoli/speciale-scorie-nucleari-punto- smaltimento-italia-44549.html

https://www.ilsole24ore.com/art/nucleare-ecco-mappa-scorie- stoccate-italia-ABvNv6mB?refresh_ce=1

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