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IV Conferenza europea. con l'alto Patronato del Presidente della Repubblica

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Academic year: 2022

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Consiglio Nazionale Forense Scuola Superiore dell'Avvocatura

IV Conferenza europea

con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il Patrocinio della Presidenza Italiana

del Consiglio dell'Unione Europea

MIGRANTI, ACCOGLIENZA E DIRITTI UMANI La responsabilità dell'avvocato europeo

Roma, 13-14 Novembre 2014

Apertura dei lavori

Intervento dell'avv. Alarico Mariani Marini Consigliere nazionale forense e Vice Presidente

della Scuola Superiore dell'Avvocatura

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Questa è la IV Conferenza europea organizzata in Italia dal Consiglio Nazionale Forense e dalla Scuola Superiore dell'Avvocatura.

Ogni Conferenza ha sviluppato temi che riguardano il rapporto dell'avvocato europeo con la società con particolare riferimento al ruolo dell'avvocato europeo nella tutela dei diritti umani e fondamentali.

Abbiamo iniziato nel 2008, prima ancora della entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con la prima Conferenza che ha approvato la Dichiarazione di Roma nella quale si è affermato il ruolo essenziale della formazione per garantire la tutela dei diritti umani e le libertà fondamentali.

Sono seguite la Conferenza europea del 2010 sui diritti fondamentali nell'U.E. a seguito del riconoscimento di efficacia giuridica alla Carta di Nizza negli ordinamenti dei Paesi dell'U.E., e la Conferenza del 2012 sull'etica professionale e la responsabilità sociale dell'avvocato europeo.

Questa IV Conferenza affronta un problema oggi di grande attualità in Europa quale quello dei migranti, per riflettere sul ruolo e sulle responsabilità che le avvocature europee sono chiamate ad assumere per evitare che i diritti umani e fondamentali subiscano nei fatti una sorta di sospensione della tutela. E ciò a causa della crisi economica e dei problemi sociali e politici derivanti da un fenomeno di grandi

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dimensioni, che pone soprattutto i paesi più esposti sulla frontiera del Mediterraneo in gravi difficoltà nell'affrontare l'accoglienza di centinaia di migliaia di persone che chiedono asilo, protezione e assistenza per sopravvivere.

Solo in Italia da gennaio a settembre ci sono stati 142.707 arrivi su 207.000 arrivi in Europa, con un forte aumento dovuto al moltiplicarsi delle aree di crisi in Medio Oriente.

La società europea non si è dimostrata sinora all'altezza del compito ed ha manifestato le sue contraddizioni e le sue resistenze, per i timori sull'economia e per le reazioni emotive di una opinione pubblica che si sente minacciata nella sua sicurezza, a ciò sollecitata da settori nazionalisti e razzisti della politica.

Il risultato è che i principi sottoscritti a partire dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite del 1948, e sino alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2000 sono stati di fatto accantonati.

A coloro che riescono a raggiungere il territorio europeo — e sappiamo che questa è la condizione per richiedere una protezione internazionale ai sensi delle Direttive comunitarie — è riservata una accoglienza inadeguata, che spesso assume i caratteri di una detenzione di fatto, e trovano enormi difficoltà a chiedere asilo o

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comunque una forma di protezione umanitaria che rispetti la loro dignità.

In gran parte sono uomini, donne e bambini costretti a fuggire dalle terre di origine per evitare gravi pericoli anche per la vita e questo li costringe a subire il traffico gestito da organizzazioni criminali e i rischi enormi ai quali si espongono e che hanno prodotto il grande numero di morti in mare (dal 2000 sono circa 22.000 solo quelli accertati) nonostante l'incomiabile sforzo posto in essere dalla marina italiana.

Perché abbiamo deciso di invitarvi a un confronto su questi problemi?

Perché essi investono il rapporto dell'avvocato europeo con le società dell'Unione quale emerge dal sistema dei diritti e doveri disegnato nel preambolo della Carta dei Diritti; e ci pongono dinanzi ad una esigenza di coerenza dei comportamenti con i valori e i principi che hanno accompagnato la storia dell'avvocatura, e soprattutto con l'idea di un'etica professionale che ci impone di concorrere alla tutela dei valori di eguaglianza, di non discriminazione, di rispetto della dignità della persona che sono oggi posti a fondamento delle nostre costituzioni.

Il fenomeno delle migrazioni ci pone pertanto concretamente dinanzi a questa responsabilità e ci sollecita ad una riflessione e a una scelta, indipendentemente dalle responsabilità che fanno carico alla politica e alle istituzioni dell'U.E.

L'avvocatura europea non dovrebbe essere impreparata a questo

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compito: è scritto nel preambolo del Codice di deontologia degli avvocati europei del 1988 che una professione libera e indipendente è essenziale per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato e degli altri poteri; è scritto nella Carta dei principi fondamentali dell'avvocato europeo del 2006 ove si afferma che in una società democratica il compito dell'avvocato non si limita all'adempimento del mandato, ma deve garantire lo Stato di diritto per il quale è dovere difendere i diritti di chiunque arrivi nelle nostre terre.

È vero che il CCBE ha di recente constatato che tali principi tardano ad essere trasferiti nei singoli ordinamenti professionali.

Certo ci sono difficoltà a tradurli in una realtà difficile come quella delle migrazioni, che avvolge le nostre società in spirali emotive, di rifiuto dell'altro soprattutto se è sconosciuto, se è senza mezzi e se ci appare come una potenziale minaccia per la nostra sicurezza e il nostro benessere.

Cosa possono fare gli avvocati europei?

È una domanda alla quale le avvocature dell'Unione debbono rispondere con franchezza senza parole elusive.

Possiamo infatti fare molte cose.

Certo non abbiamo potere politico, e neppure potere economico, ma possiamo compiere azioni positive per la promozione e la tutela dei diritti umani e fondamentali e per respingere apertamente i rigurgiti

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razzisti e discriminatori che si sono manifestati anche nelle ultime elezioni europee.

Non dimentichiamo che l'etica professionale dell'avvocato nei settori del diritto e della giustizia si intreccia con i fini dell'etica pubblica nel perseguire la difesa dell'ordine costituzionale e dei principi che in questo ordine sono iscritti tra i quali in primo luogo vi è l'eguaglianza, la non discriminazione, il rispetto della dignità della persona, di qualunque persona e soprattutto di quelle persone vulnerabili che hanno necessità della nostra concreta solidarietà.

In primo luogo possiamo inserire nei nostri codici deontologici e nelle regole di condotta professionale i principi stabiliti dal CCBE relativi ai doveri verso la società con particolare riferimento all'indipendenza e alla tutela dei diritti degli altri e della collettività.

Quali siano altri strumenti idonei nelle diverse realtà è il tema di questo confronto, ma l'avvocatura italiana può contribuire offrendo l'esempio di ciò che abbiamo fatto a Lampedusa.

Abbiamo creato un progetto al quale abbiamo dato il nome, non soltanto simbolico, di Lampedusa, l'isola che è la prima meta degli sbarchi, dalla quale sono partite quelle unità della Guardia Costiera italiana che tante vite umane hanno salvato in mare, l'isola che ha affrontato con coraggio i grandi problemi della accoglienza di migranti in numero in alcuni momenti anche superiore ai propri abitanti.

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Nell'ambito del progetto, al quale partecipano molti avvocati esperti della materia, è stato istituito nell'isola nei mesi degli sbarchi un presidio di avvocati, in gran parte giovani. Questo presidio ha operato fornendo consulenza alle autorità locali e alle organizzazioni di volontariato che vi svolgono importanti compiti umanitari sulla interpretazione delle leggi e delle convenzioni, con particolare riguardo alla tutela dei diritti umani e fondamentali.

L'iniziativa ha avuto buoni risultati e grande apprezzamento.

Stiamo considerando come sviluppare l'iniziativa il prossimo anno e saremo lieti di ospitare colleghi europei e giovani disposti a collaborare.

Purtroppo le recenti decisioni, con la sostituzione dell'operazione italiana Mare Nostrum con quella europea denominata Triton fa temere gravi conseguenze nella tutela delle vite dei migranti che affrontano il mare.

Il problema non è dunque affatto risolto, come ha avvertito l'Alto Commissariato per i Rifugiati che ha prospettato il pericolo per la vita dei migranti se non si sostituisce Mare Nostrum con una operazione europea di soccorso in mare e non di difesa delle nostre frontiere dai migranti.

L'emergenza è questa, e nasce da un fenomeno migratorio che ha carattere storico e imponenti dimensioni, perché si innesta nei molti

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gravi problemi economici, politici e umani dell'Africa Centrale e Mediterranea e oggi anche dell'Iraq e della Siria, ed è destinato a durare nel tempo.

La domanda è se e come l'avvocatura europea può esercitare un compito di responsabilità sociale e di etica pubblica per contribuire a garantire i diritti umani e fondamentali di questa parte di umanità abbandonata e sofferente.

Siamo qui appunto per dare risposte.

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