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Sen. Marco MINNITI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio

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Academic year: 2022

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Sen. Marco MINNITI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio – Grazie per l'invito, grazie al Presidente Legnini, grazie ai due Presidenti di Commissione per averci anche dato un quadro della discussione di ieri alla quale non abbiamo partecipato. Consentitimi innanzitutto di esprimere la mia grande soddisfazione per l'appuntamento di oggi, sia per il consesso così qualificato sia per le tematiche delle quali stiamo discutendo, per una ragione di fondo, non soltanto per il piacere di vedere persone con le quali magari non ci si vede da molto tempo ma per una ragione di fondo, nel senso che io penso che sul tema del terrorismo la risposta debba essere da sistema paese. Noi la partita della lotta contro il terrorismo che, come ha detto testé il dottor Roberti, è molto complessa, molto difficile, probabilmente ci accompagnerà per un certo periodo di tempo, non vogliamo dire quanti anni ma stiamo parlando di anni, non di settimane, non di mesi, ha bisogno di una risposta del sistema paese, la cosa più sbagliata è se il paese reagisce in ordine sparso. Naturalmente noi siamo un paese strano, non sempre abbiamo reagito come sistema paese, anzi alcune volte abbiamo reagito in ordine sparso e noi sappiamo che in ordine sparso la partita è molto difficile da vincere, quindi io apprezzo molto questo tipo di riunione, e apprezzo molto che ci sia una capacità di ascolto, poi avete visto che noi siamo talmente interessati alla discussione e talmente disabituati ad essere invitati che siamo venuti in forze diciamo, nel senso che l'intelligence è venuta tutta quanta. Non vorrei che si scambiasse l'idea che siccome vengono qua non hanno niente da fare, perché invece, devo dire la verità, hanno sottratto il loro tempo a cose che si ha da fare, perché solitamente in Italia chi partecipa viene considerato come quello che non ha niente da fare. Seconda questione, discutiamo apertamente del decreto, delle misure, mi pare che noi abbiamo un punto di partenza che deve essere qui ribadito, che è stato anche riproposto dal Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, che ieri mi pare si sia anche in qualche modo riverberato nella discussione che voi avete fatto, e cioè che noi non siamo all'anno zero della lotta contro il terrorismo, e questa non è una cosa che ripetiamo in maniera del tutto rituale perché questa affermazione poi comporta il decreto perché se noi fossimo stati all'anno zero l'impatto del decreto sarebbe stato di ben altra natura. Non siamo all'anno zero, abbiamo una storia sia sul terrorismo interno sia su terrorismo internazionale, abbiamo una storia di capacità di previsione e di capacità di repressione. Quella storia ci ha aiutati molto e ci aiuta molto anche nel comprendere con attenzione le cose, e quella storia ci ha aiutato anche ad avere un know-how soprattutto fra le forze di polizia ma anche nell'intelligence. A me non piace parlare delle cose delle quali mi occupo ma nelle forze di polizia noi abbiamo un know-how che è maturato nel tempo. È stato qui citato il C.A.S.A., poi dirò qualcosa anche sulla proposta che ha formulato il dottor Roberti, ma noi siamo l'unico paese ad avere il Centro strategico per l'attività antiterrorismo che mette insieme le forze di polizia, l'intelligence, ed è un piccolo gioiello nel senso che noi abbiamo una struttura che si riunisce una

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volta la settimana, in emergenza si riunisce anche ogni giorno, e in quella sede le forze di polizia e l'intelligence si scambiano tutte le informazioni a disposizione, senza nessun tipo di reticenza.

Guardate, vorrei che fosse chiaro, non avviene così nel mondo, noi siamo molto attenti a guardare la cooperazione internazionale e Dio sa quanto c’è bisogno di cooperazione internazionale, e tuttavia devo dire che questo piccolo gioiello io lo considererei come elemento forte dell'identità nazionale perché sappiamo che l'informazione e la circolazione dell'informazione nell’azione di prevenzione è fondamentale, a volte tacere un dettaglio nell'azione di prevenzione può essere un clamoroso buco nella rete della sicurezza nazionale. Io sono talmente convinto del C.A.S.A. che se penso qual è il livello vero della cooperazione internazionale, naturalmente io sono sempre per gradini progressivi, un grande filosofo dell'idealismo tedesco, Hegel, diceva che la scala della ragione si scale un gradino per volta, e quindi per me basta anche un gradino nella cooperazione internazionale che si rafforza, non sono uno che vuole tutto e subito, e tuttavia l'obiettivo secondo me verso il quale tendere è di avere un C.A.S.A. europeo, cioè avere una sede in cui c'è un rapporto fra le forze di polizia e le forze di intelligence europee che si scambino in tempo reale il più possibile le informazioni. Oggi noi abbiamo una cooperazione in ambito europeo abbastanza significativo a livello di intelligence, c’è Eurojust, tra di noi i rapporti sono molto buoni, però secondo me tutto questo va ulteriormente implementato. Va ulteriormente implementato perché come voi sapete a un certo punto noi abbiamo nella comunità dell'intelligence mondiale vari tipi di rapporti e a un certo punto può capitare, non faccio nessuna riflessione particolarmente segreta, che a un certo punto nei rapporti di intelligence ci sia scritto per esempio “Questo rapporto vale soltanto per […]” e si citano un gruppo di paesi, non si cita tutta l'Europa, si cita soltanto un gruppo di paesi e poi questi paesi coincidono anche con articolazioni dei sensi umani, diciamo, però tutto questo secondo me col tempo dobbiamo arrivare a superarlo, adesso non entro nel dettaglio.

Seconda questione, il fatto che non siamo all’anno zero ha comportato un elemento per cui il Governo ha potuto agire con una proposta che naturalmente adesso è all'attenzione in sede di conversione delle Camere che non avesse un contenuto emergenziale. Noi stiamo discutendo, come è giusto fare, di miglioramenti ma non stiamo discutendo di una situazione emergenziale in cui abbiamo, tra virgolette, da discutere delle questioni che possono entrare in rotta di collisione con garanzie fondamentali previste dalla Costituzione. Abbiamo delle cose che dobbiamo migliorare, e poi io dirò qualcosa nel merito, ma non siamo in una situazione emergenziale perché l'idea che secondo me bisogna avere nella lotta contro il terrorismo è di avere misure strutturali e se possibile non emotive. Si è discusso per esempio sul fatto se le misure del Governo sono arrivate in ritardo, naturalmente tutte queste sono cose del tutto opinabili e anche se ci sono critiche da fare sono pronto a prenderne per la mia parte di responsabilità naturalmente, e tuttavia penso che su queste

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cose magari perdere una settimana per discutere un pochino in più non è una cosa drammatica, nel senso che non siamo all'anno zero, se fossimo stati indifesi ci sarebbe stato bisogno di mettere subito qualcosa in campo. Misure strutturali non emotive perché l'emozione nella lotta contro il terrorismo è una cattiva consigliera. Per esempio, io non c'ero a quella riunione, qui c’è il Capo di Gabinetto del Ministro della Giustizia, per esempio quando si è discusso della Procura Nazionale Antiterrorismo io non c'ero, non ero chiamato a far parte di questo consesso pur essendo uno dei sostenitori della Procura Nazionale Antiterrorismo, il Ministero della Giustizia e il Miniestero dell’Interno hanno fatto una riunione, una riunione impegnativa se non ricordo male con i capi delle principali Procure italiane per discutere, per sentire, per valutare perché l'obiettivo del Governo qual era? La mia convinzione è che ci voleva una Procura Nazionale Antiterrorismo, l'obiettivo del Governo, la preoccupazione che il Governo aveva era quella di dire “Ma stiamo attenti a non creare un problema per cui discutiamo due mesi se è giusto o non giusto fare la Procura Nazionale Antiterrorismo e perdiamo l'idea di avere un'azione di contrasto che sia immediatamente forte”. In quella sede è prevalso, mi è stato riferito perché io non ero presente, quasi all'unanimità un consenso da parte di tutti. Per questo l'esigenza giusta, giustamente avvertita dal Governo è nata anche attraverso l'esigenza di, possiamo dire così, una consultazione informale perché quella era una sede informale, che tuttavia ci consentiva di comprendere che la parte giudiziaria vedeva quell'iniziativa come un'iniziativa che andava nella giusta direzione.

In questo quadro che cosa dobbiamo fare rispetto alle cose poste qui dal dottor Roberti? La mia opinione io la dirò qui con molta franchezza, naturalmente con lo spirito di chi è qui venuto per ascoltare, naturalmente la cosa che io chiedo e poi lo dirò al Presidente Legnini alla fine è che noi sappiamo che è un decreto, un decreto in sede di conversione, e quindi se dobbiamo fare delle modifiche forse conviene essere tempestivi perché forse conviene farlo più in sede di primo passaggio alla Camera che non arrivare al Senato perché se si arriva con proposte al Senato si rischia poi di avere un secondo passaggio alla Camera, che in un sistema di bicameralismo perfetto tenendo conto dei 60 giorni corriamo il rischio poi di impattare coi tempi di conversione del decreto, quindi io vi chiederei che tutto quello che serve a correggere e a migliorare venga fatto il più tempestivamente possibile. Seconda questione, io sono uno molto convinto della Procura Nazionale Antiterrorismo, sono convinto della scelta che si è fatta, e cioè di non fare un'altra Procura Nazionale, di collocarla dove già c'era una Procura Nazionale Antimafia, una Direzione Nazionale Antimafia, dandogli entrambe le caratteristiche, una sezione specializzata. Mi pareva una cosa giusta perché avevamo bisogno di qualcosa che già funzionasse e che partisse immediatamente, non qualcosa che partisse di qui a sei mesi perché purtroppo i tempi della lotta al terrorismo sono tempi che sono abbastanza netti. In questo ambito noi abbiamo due questioni poste,

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la prima questione è quella che c'è stata posta e che riguarda il rapporto del 361 bis tra il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e le forze di polizia, in particolare i servizi centrali di polizia giudiziaria. Io qui dico la mia opinione personale, naturalmente il Governo è una cosa più complessa ma è una mia opinione personale nel senso che io su questo penso che sia un'ipotesi giusta, cioè nel momento in cui c'è una Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo deve potere utilizzare, tra virgolette, e avere la responsabilità dei servizi centrali di polizia giudiziaria a tal uopo può interessati, sapendo che quando parliamo di questo non parliamo soltanto dei reparti speciali delle forze di polizia perché come sapete sul terreno dell'antiterrorismo non ci sono soltanto i reparti speciali, per esempio c’è l’U.C.I.G.O.S. che ha un ruolo fondamentale e che non è un reparto speciale. Seconda questione, in questo ambito è giusto che il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo faccia parte del C.A.S.A.? Ora naturalmente come voi sapete questa è una cosa tra virgolette che nemmeno è normata per legge, su questo abbiamo più tempo per riflettere se vogliamo riflettere perché questa è una direttiva del Ministero dell'Interno, quindi non è una cosa che deve essere scritta nella legge, perché voi sapete che il C.A.S.A. è stato fatto sulla base di una direttiva del Ministro dell'Interno, allora era il Ministro Pisanu, quindi non è una cosa prevista per legge, su questo possiamo rifletterci. Io su questo raccomanderei un supplemento di valutazione, nel senso che io vorrei, mi scuso su questo, io vorrei fare un ragionamento di sistema, il ragionamento di sistema mi porta a dire Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo va bene, va bene naturalmente che ci sia un rapporto diretto con le forze di polizia, che ci sia un rapporto così come c’è per le indagini antimafia, che ci sia un ruolo, una funzione fondamentale da questo punto di vista e perché è chiaro che il potere giudiziario non può non avere nessun rapporto con le forze di polizia giudiziaria, è una connessione che è implicita. Il C.A.S.A., forse la via migliore è quella, cioè che il C.A.S.A. riferisca alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo senza avere la partecipazione diretta, riferisca non soltanto sulle notizie di reato, perché naturalmente noi abbiamo un problema delicato - mi pare evidente, qui siete tutti quanti più esperti di me sulla materia - noi abbiamo un problema delicato che l'azione antiterrorismo non è soltanto la notizia di reato, è anche la valutazione di scenario, allora quindi che il C.A.S.A. possa fare una valutazione di scenario e quella trasferirla immediatamente alla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo mi pare la cosa più giusta, cioè lo scenario, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo deve avere chiaro lo scenario, non solo la notizia di reato perché se noi ci muoviamo soltanto sulla notizia di reato non capiamo nulla, chiaro? Perché è probabile che la notizia di reato noi ce l'abbiamo dopo che è stato fatto l'attentato, scusate la brutalità delle argomentazioni, quindi questa è una cosa che vedrei bene, cioè io terrei separate le due cose, la polizia giudiziaria con l'intelligence si riunisce, c'è una valutazione

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di scenario e allora quella valutazione deve essere immediatamente trasferita alla Procura che si occupa di queste cose che è la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Terza questione, la questione delle garanzie funzionali, del ruolo dell'intelligence. Noi siamo molto grati del fatto che nel decreto ci siano alcune misure da noi richieste e siamo molto grati che tutto ciò non abbia costituito tra virgolette uno scandalo, ma anzi che ci sia stata una reciproca comprensione. Io veramente dico che siamo molto grati perché tutto questo ci consente di lavorare come sistema paese cioè evitare tutte queste cose. Il punto cruciale è quello delle visite nelle carceri, per essere molto sinceri fra di noi, qui ci sono testimoni che sanno, io sono stato l'ultimo a convincersi di questa cosa per una ragione semplicissima, perché avendo un pregresso ancora da dovere metabolizzare, un pregresso che non riguarda nessuno di noi qua presenti, ma c'è un pregresso per me, più l'intelligence sta lontano dal carcerario e meglio è, e tuttavia il mio ragionamento se mi limitassi a questo sarebbe veramente opportunistico, cioè nel senso che io tutelerei l'intelligence dall’avere la rottura di scatole, scusate la brutalità del termine, eviterei le tentazioni se ci fossero messe tentazioni, e tuttavia non farei il bene per il mio paese per una ragione semplicissima, perché è evidente che dentro l'universo carcerario il sistema del terrorismo molecolare può trovare un punto di riferimento, di partenza e di innesco, basta vedere quello che è successo a Parigi, basta vedere quello che è successo a Copenhagen, cioè se avessimo dubbi capiremmo che il sistema carcerario è un sistema di incubazione che deriva anche dalla composizione in questo momento della popolazione carceraria nel nostro paese. Non fatemi fare numeri che a voi sono noti perché siete persone che partecipano a queste cose. Quindi l'esigenza è giusta. Come l'abbiamo affrontata? L'abbiamo affrontata con una prudenza estrema, in primo luogo limitandola temporalmente, la norma ha una scadenza a gennaio del 2016, non è una norma per sempre, per una ragione semplicissima, come ho detto spesso e come dico spesso ai direttori dei miei servizi perché noi vogliamo capire cosa c'è, come funziona, che tipo di produttività ha, e non vogliamo farlo da soli, vogliamo farlo insieme con coloro che poi hanno in mano le indagini su queste vicende, quindi la cosa si fa soltanto se il gioco vale la candela. In secondo luogo è limitata soltanto al terrorismo, al terrorismo internazionale, cioè c'è una delimitazione molto netta per evitare qualunque tipo di questione. In terzo luogo chi la deve autorizzare? E qui vorrei spiegare le ragioni del legislatore che naturalmente come tutte le ragioni sono opinabili naturalmente, però cerco di spiegare qual è la ragione nel senso che noi abbiamo considerato la possibilità di fare colloqui in carcere come una cosa talmente straordinaria da essere equiparata alle cosiddette garanzie funzionali dell'intelligence. Voi sapete che le garanzie funzionali sono da ascrivere sostanzialmente a due comportamenti, il primo sono le intercettazioni preventive e il secondo sono le attività sotto copertura. Per dare il carattere di assoluta straordinarietà, cioè di far comprendere

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che non è una cosa che si fa a ogni piè sospinto, cioè nel senso che ogni cinque minuti uno va in carcere, entra ed esce, in inglese si dice sliding doors, cioè uno entra e poi esce. No, è una misura straordinaria e come tale è una garanzia funzionale, l'abbiamo equiparata alle garanzie funzionali.

Le garanzie funzionali sono proposte, come è noto, poi c’è l'autorizzazione, c'è una doppia chiave, l'autorizzazione del Governo e la Procura Generale presso la Corte d’appello di Roma. Quella è una collocazione di sistema e a mio avviso quella collocazione - su questo ho un leggero parere differente ma penso che il dottor Roberti mi comprenderà - io penso che su questo noi non possiamo cambiare modello, allora dev'essere tutto in capo alla stessa figura e in questo momento è la Procura Generale presso la Corte d’appello di Roma perché questo ci dice la 124. Noi abbiamo agito per analogia con la 124. Il dottor Roberti pone la questione sulla quale io sono d'accordo invece, è la Procura Generale che autorizza con la doppia chiave, come voi sapete l'intelligence fa i colloqui e dell'esito delle operazioni a chiusura delle operazioni informa il Comitato parlamentare di controllo come è giusto che sia. Io penso che noi dobbiamo fare due cose, la prima cosa, e questo lo dico perché è importante, è che bisogna fare una cosa preventiva, e cioè nel momento in cui il Procuratore Generale presso la Corte d’appello autorizza i colloqui investigativi informa la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo di avere autorizzato quei colloqui investigativi in maniera tale da evitare sovrapposizioni. Secondo, se dai colloqui dovessero venire fuori notizie di reato è del tutto evidente che l'intelligence informa la polizia giudiziaria e la polizia giudiziaria informa l'autorità giudiziaria. Terza questione, ma per questo non c'è bisogno di una legge, questa è una mia idea, se va bene poi ne discuteremo meglio, la mia idea è che noi dobbiamo avere tutte le cose sistemate, poi c'è un punto di connessione, e il punto di connessione può essere quello che si potrebbe stabilire, ma questo non c'è bisogno di metterlo nella legge, che tra la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che naturalmente dispone dei servizi centrali ci può essere un ufficiale di collegamento che fa da collegamento tra la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e il D.I.S. che è il nostro coordinamento per i servizi, non con le agenzie operative ma con il D.I.S., cioè con la struttura che coordina tutto. Noi abbiamo due attività di coordinamento, una è la Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo e l'altra è il D.I.S., entrambe non sono tra virgolette operative, e quindi che ci sia un ufficiale di collegamento questo mi pare non solo legittimo ma a mio avviso auspicabile. Era una mia idea che io avrei proposto al Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo una volta approvato il decreto, ma visto che ne stiamo discutendo se mi è consentito lo faccio qui.

Ho concluso e vi chiedo scusa per averla fatta molto lunga ma mi sono soltanto limitato a dare la mia opinione sulle questioni. Infine l'ultima considerazione, vedete, io sono particolarmente orgoglioso, e qui c'è il Presidente Soro, noi siamo l'unica struttura di intelligence di quelle a me

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conosciute che ha fatto un protocollo d'intesa con il garante della privacy. Sembra quasi una contraddizione in termini l'intelligence che fu un protocollo d'intesa, il garante della privacy con sprezzo del pericolo ha inteso di volerlo fare, diciamo, e devo dire che quella è una cosa molto importante perché quello è un protocollo di intesa molto impegnativo. Io non mi stanco mai in qualunque sede, e lo sa perché poi il problema è questo, io gli faccio un cattivo servizio perché lo dico in qualunque sede e poi chiamano lui perché vogliono sapere di più di quello che abbiamo fatto, lo so che è così quindi deve lavorare un pochino di più, però questo è molto importante, cioè perché noi abbiamo deciso di rispondere al dopo Snowden non soltanto con una legge che abbiamo perché la legge che abbiamo, con tutto il rispetto, rende molto difficile che ci possa essere uno Snowden in Italia perché la nostra legge è molto rigorosa da questo punto di vista, ma abbiamo fatto un di più, e cioè in maniera autonoma due realtà delle istituzioni del nostro paese hanno fatto un protocollo che è vincolante. Quello è un elemento fondamentale per quanto riguarda il punto cruciale e cioè che noi vogliamo affrontare il tema della lotta contro il terrorismo, contro questa minaccia di cui si è parlato precedentemente in un rispetto profondo dei diritti dei cittadini, e questo penso che è quello che debba unirci tutti quanti, nel senso di avere la profonda convinzione che noi questa partita la riusciamo a vincere se siamo capaci di fare tutto quello che abbiamo detto ma avendo rispetto per i cittadini, e questo non è soltanto un compito che spetta all'intelligence, spetta a tutti quanti i soggetti che qui sono rappresentati. Grazie.

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