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Sezione: FRIULI VENEZIA GIULIA Esito: SENTENZA

Numero: 41 Anno: 2018

Materia: RESPONSABILITA' Data pubblicazione: 13/06/2018

REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano

La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia composta dai Magistrati:

dott. Paolo SIMEON - Presidente

dott. Giancarlo DI LECCE - Consigliere dott.ssa Giulia DE FRANCISCIS - Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13872 del registro di segreteria, promosso dal Procuratore regionale nei confronti di

Fondazione Villa Russiz, con sede in Capriva del Friuli, Via Russiz n. 4/6, in persona del legale rappresentante p.t. Marco Craighero, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Ponti (pec: luca.ponti@avvocatiudine.it) e Alessandro Tudor, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Trieste, Galleria Protti, n. 1;

DOLGAN Vladimiro, nato in ex Jugoslavia (EE) il 14/11/1939 (CF:

DLGVDM39S14Z118A), residente in Trieste, Via Carpineto n. 5, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Fedozzi (pec:

enrico.fedozzi@avvocatiudine.it) e Francesco Borsetta (pec:

francesco.borsetta@avvocatiudine.it), con domicilio eletto in Udine, Via Poscolle, n. 58;

STEFANUTTI Silvano, nato a Udine il 23/11/1959 (CF:

STFSVN59S23L483H), rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Antonini (pec:

alfredo.antonini@pectriesteavvocati.it), presso il cui studio in Trieste, Via del Lazzeretto Vecchio n. 2, è elettivamente domiciliato.

Visto l’atto di citazione.

Letti gli atti ed i documenti di causa.

Uditi, nella pubblica udienza del 15 marzo 2018 – con l’assistenza del segretario dott.ssa Anna De Angelis - il magistrato relatore cons. Giulia De Franciscis e il Pubblico Ministero, nella persona del S.P.G. dott.ssa Marilisa Beltrame.

Uditi, altresì gli avv.ti Furlan, per delega dell’avv. Ponti, Enrico Fedozzi e Francesco Borsetta e Alfredo Antonini, in rappresentanza delle parti convenute.

FATTO

Con atto di citazione depositato in data 28 aprile 2017, la Procura regionale ha convenuto in giudizio la Fondazione Villa Russiz (già IPAB “A. Cerruti Villa Russiz”), in persona del legale rappresentante p.t., nonché i sig.ri Dolgan Vladimiro – in qualità di revisore dei conti dell’azienda dal gennaio 2009 al luglio 2015 – e Stefanutti Silvano, quale Presidente della stessa dal

13/05/2009 al 3/04/2014 (e in precedenza dell’IPAB dall’8/03/2005 al

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13/05/2009), per sentirli condannare al pagamento della complessiva somma di € 800.000,00, secondo le quote indicate partitamente in citazione, a titolo di danno erariale derivante dalla distrazione di un finanziamento pubblico

regionale.

L’azione erariale trae origine dalla formale segnalazione inviata, con nota del 10/08/2015, dalla Direzione centrale della Salute, Integrazione socio-

sanitaria, Politiche sociali e Famiglia della Regione, nella quale si è riferito che – a fronte della concessione a valere sulla legge regionale n. 1/2007, di un contributo di € 1.000.000,00 (un milione) per dieci anni (dal 2007 al 2016) destinato alla realizzazione di interventi sugli immobili della Fondazione – le somme erogate, corrispondenti ad otto delle dieci rate previste, non risultano esser state impiegate per l’effettuazione dei lavori progettati (che non sono stati mai avviati), bensì utilizzate per la gestione ordinaria dell’azienda.

Ivi si riportano i seguenti fatti salienti.

In data 27/03/2007 il Presidente p.t. dell’allora IPAB “A. Cerruti Villa Russiz” (il convenuto Stefanutti) ha presentato domanda per il conseguimento di un finanziamento annuo di € 100.000,00, ai sensi dell’art. 3, commi 78,79 e 80 della richiamata legge regionale, rappresentandone la finalizzazione al

“completamento degli immobili a servizio dell’attività”, in relazione ad un progetto di investimento di € 1.390.000,00. In particolare, nell’istanza sono state indicate tre tipologie di intervento afferenti, rispettivamente:

- alla ristrutturazione del fabbricato ex uffici e lavanderia, con riconversione ad alloggi per attività ricettive/ricreative, per un importo di € 510.000,00;

- al completamento della ristrutturazione dell’edificio dell’ex Convitto, per una spesa di € 450.000,00;

- al completamento delle strutture della Casa Famiglia, con

realizzazione di cucina, sala mensa ed altro, per un costo di € 430.000,00.

In relazione alla domanda de qua, la competente Direzione regionale ha espletato i riscontri istruttori previsti, anche attraverso l’interlocuzione con lo Stefanutti (cfr. nota Regione del 23/07/2007 e risposta dell’Istituto del

10/10/2007), all’esito dei quali – previa valutazione positiva di compatibilità del programma di interventi proposto con la programmazione regionale di settore (nota 21285 del 23/10/2007) – è stato adottato il decreto n. 496 del 5/11/2007, con cui è stato accordato il finanziamento richiesto, prevedendosi la rendicontazione finale del progetto finanziato, entro il limite temporale di un anno dall’ultima quota annuale liquidata (quindi entro il 2017).

Con missiva del 12/02/2015 il Presidente della Fondazione, subentrato allo Stefanutti, dott. Salvatore Guarneri, ha reso noto all’amministrazione

regionale che a quella data nessuna delle opere previste nel progetto

ammesso a finanziamento era stata realizzata, ed invero nemmeno avviata, da un lato rappresentando che i lavori non si sarebbero potuti realizzare nel tempo residuo e, dall’altro, che le risorse in questione non erano

concretamente disponibili: in questi termini chiedeva il prolungamento della scadenza per la realizzazione degli interventi, riferendo altresì dell’avvio di un piano di risanamento aziendale. A tale comunicazione è seguita altra nota del 27/04/2015, con la richiesta di conferma del contributo e una proposta di variante progettuale, al fine di intervenire soltanto sull’edificio storico dell’ex Convitto. In pari data è stata indirizzata alla Regione FVG una relazione sulla situazione economico-finanziaria della Fondazione.

Le circostanze sopra descritte hanno portato la competente Direzione

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regionale allo scioglimento dell’organo di amministrazione dell’ente ed alla nomina di un Commissario straordinario, a decorrere dall’1/08/2015 [incarico assolto dapprima dallo stesso Presidente Guarneri e, poi, dal dott. Craighero, attualmente ancora in carica]. All’atto dell’insediamento dell’organo

straordinario non risultava essere stato approvato il bilancio della Fondazione per l’esercizio 2014.

In data 14/08/2005 l’amministrazione regionale ha comunicato alla Fondazione l’avvio del procedimento di sospensione dell’erogazione del contributo: alla data del 16/07/2014 sono state erogate n. 8 rate annuali.

Detta sospensione è stata poi formalizzata con decreto n. 1086 del 3/09/2015.

Con determinazione del 14/12/2015 del Commissario straordinario è stato, infine, approvato il bilancio per l’esercizio 2014: ivi risulta iscritto, tra le passività dello stato patrimoniale della Casa famiglia il debito verso la Regione, corrispondente al finanziamento incamerato e non utilizzato per le finalità cui era destinato (maggiorato degli interessi maturati).

In relazione ai fatti riferiti la Procura regionale ha avviato accertamenti istruttori, conferendo tra l’altro specifica delega alla Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia tributaria di Trieste, che ha rassegnato le proprie conclusioni con relazione depositata il 26/02/2016.

Sulla base delle risultanze acquisite ritiene il Requirente che, nella fattispecie all’esame, vi sia stata una patente indebita distrazione delle risorse percepite annualmente dalla Fondazione Villa Russiz, in quanto finalizzate alla

realizzazione di ben precisi interventi di ristrutturazione degli edifici rientranti nel suo compendio immobiliare, con impiego delle stesse invece per la gestione ordinaria della società e senza che mai siano state nemmeno avviate le opere previste nel progetto finanziato. Una gestione che – rileva ancora parte attrice – è risultata gravemente deficitaria e non rispondente ai canoni di correttezza e trasparenza, essendo emerse criticità anche nella contabilizzazione in bilancio del finanziamento in discussione.

Nell’atto introduttivo del giudizio si ripercorrono con puntualità gli adempimenti espletati nella fase pre-processuale: la notifica degli inviti a dedurre ai

presunti responsabili, l’interlocuzione con gli stessi, la produzione delle

memorie di replica, l’acquisizione di ulteriore documentazione e l’audizione di costoro, nonché del commissario straordinario e del direttore generale

(Gregoretti).

Si riferisce, altresì, delle due richieste di proroga dei termini per il deposito dell’atto di citazione, concesse da questa Sezione con ordinanze n. 7/2016 e 4/2017.

Nel merito il Requirente afferma, preliminarmente, la giurisdizione del giudice contabile sulla res controversa, alla stregua dei principi declinati dalla stabile giurisprudenza della Corte di cassazione. Si sottolinea all’uopo il carattere indiscutibilmente pubblico e vincolato del contributo conseguito dall’IPAB (poi trasformata in Fondazione dal 2009), dal quale discende l’instaurarsi del rapporto di servizio tra il percettore e l’ente finanziatore, a prescindere dalla natura soggettiva del primo. Si rammenta, inoltre, come sia altrettanto consolidato il principio per cui lo sviamento delle risorse pubbliche dalla destinazione loro impressa in sede di approvazione del progetto da finanziare sussiste in tutte le ipotesi in cui, in qualsivoglia modo, è frustrato lo scopo della loro attribuzione. Argomenta, infine, sul punto la soggezione alla giurisdizione di questa Corte sia della società beneficiaria, che di quei

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soggetti che in nome e per essa abbiano operato e/o concorso – anche in via di mero fatto - alla gestione impropria del contributo in questione, nel caso individuati nel Presidente Stefanutti e nel revisore Dolgan.

Ancora in via preliminare parte attrice reputa pienamente tempestivo il promovimento dell’azione di responsabilità, in relazione all’intervenuta conoscenza dell’illecito contestato da parte della Regione soltanto in seguito alla nota del Presidente Guarneri del 12/02/2015: si osserva in proposito che mai in precedenza si erano avute segnalazioni all’amministrazione vigilante, né d’altro canto la conformazione del bilancio societario rendeva percepibile la concreta situazione gestionale, senza trascurare che i bilanci annuali non risultano trasmessi tempestivamente (quelli 2009 e 2010 sono pervenuti in Regione nel 2012).

Ciò premesso la Procura regionale contesta quale danno erariale l’intero ammontare della quota di finanziamento erogato alla Fondazione Villa Russiz (n. 8 rate), ponendo in rilievo come dalla documentazione versata in atti emerga con chiarezza sia l’utilizzo dello stesso per far fronte a spese correnti e costi aziendali diversi; sia la concomitante assenza di qualsivoglia iniziativa volta anche solo ad avviare qualcuno degli interventi prospettati nella

domanda di contributo. Circostanze queste – si nota ancora – inserite in un contesto di grave crisi finanziaria della Fondazione, maturata nel corso degli anni considerati, e di una gestione contabile risultata non corretta e –

soprattutto – foriera di rappresentazioni non veritiere dei dati economici sottostanti. Si richiamano sul punto i dati riportati nelle relazioni del

Presidente Guarneri e del dott. Gregoretti indirizzate alla Regione, nelle quali si ricostruisce la situazione di notevole sbilancio tra passività e attività, in particolare legata alla presenza di una rilevante esposizione debitoria verso le banche, accumulata negli anni e prossima alla scadenza dei rispettivi prestiti, per importi assolutamente non sostenibili dalle condizioni attuali dell’azienda.

Nel descritto contesto la Procura regionale ritiene certo ed attuale il danno contestato, lamentando altresì la scorretta appostazione in bilancio del contributo regionale, con riguardo all’inserimento tout court dello stesso nel patrimonio netto della Fondazione. Ciò sotto il profilo della non rispondenza di tale soluzione contabile ai principi di prudenza ed intellegibilità del bilancio, sia poiché non è contabilmente espresso il rischio di mancata acquisizione definitiva dello stesso in caso di mancata realizzazione del progetto a cui era vincolato; sia perché il patrimonio è un dato contabile rappresentativo di valori acquisiti in via definitiva, nel quale – dunque – non è corretto allocare voci invece afferenti a somme “instabili”, in quanto soggette a rischio

restituzione.

Parte attrice, al riguardo, richiama il principio contabile OIC in tema di contributi pubblici in conto impianti (OIC n. 16, par. 87), che prevede la loro rilevazione nel momento in cui esiste una ragionevole certezza che le condizioni previste per il riconoscimento degli stessi sono soddisfatte e che dunque saranno erogati: ovverosia “si iscrivono in bilancio quando si tratta di contributi sostanzialmente acquisiti in via definitiva”.

In ultima analisi osserva che la successiva diversa allocazione nel bilancio al 31/12/2014, decisa dal Commissario straordinario, con previsione dell’importo ricevuto tra i debiti, comprova l’insussistenza di corrispondenti risorse liquide atte a significare la concreta capacità finanziaria ed operativa della

Fondazione di sviluppare il progetto de quo.

Sulla base di quanto sinteticamente riportato la Procura regionale ritiene sussistente la responsabilità della Fondazione, beneficiaria del finanziamento,

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nonché del Presidente del Consiglio di amministrazione p.t. Stefanutti e del revisore unico Dolgan.

Per quel che concerne il Presidente l’imputazione è fondata sulla obiettiva centralità della sua posizione nella conduzione e gestione operativa dell’IPAB prima e della Fondazione poi, da un lato derivante dalle previsioni statutarie (art. 8) e, dall’altro, dalle deleghe assolutamente ampie da questi richieste ed ottenute dal Consiglio di amministrazione della società. Si richiama, in

particolare, la delibera consiliare del 16/05/2009, con cui si è perfezionato il conferimento di poteri decisionali e gestionali determinanti: dalla gestione dei rapporti con enti pubblici ed istituti di credito, con potere di

modificare/risolvere contratti, fare operazioni sui conti, richiedere affidamenti etc., al conferimento di incarichi professionali; dalla sottoscrizione di ogni sorta di contratto di lavoro, alle relazioni con i sindacati, ai contratti di appalto, vendita, locazione strumentali all’esercizio dell’attività dell’azienda.

Si rileva al riguardo che siffatti poteri fisiologicamente non potevano non accompagnarsi alla piena conoscenza della situazione finanziaria critica della Fondazione, così come è comprovata la consapevolezza dell’impiego del finanziamento pubblico in questione per far fronte ad oneri vari gravanti sulla Fondazione, atteso che lo stesso Stefanutti - nel Consiglio di amministrazione del 18/01/2011 - riferisce di tale impiego per “coprire fabbisogni temporanei”.

Il requirente reputa che la condotta del convenuto sia qualificabile come dolosa, essendo comprovata la consapevolezza dello sviamento del contributo dalla sua destinazione.

Con riferimento alla posizione del Revisore Dolgan, parte attrice contesta un contegno egualmente doloso di perdurante inerzia rispetto allo svilupparsi della gestione deficitaria della Fondazione ed alla concomitante non corretta impostazione contabile del bilancio: si rileva che questi - pur avendo uno specifico compito di vigilanza e controllo, funzionale alla cura degli interessi della Regione che lo ha all’uopo nominato, come rappresentante dell’ente vigilante – ha partecipato continuativamente ai Consigli di amministrazione ed alla vita della Fondazione, senza mai formulare un rilievo di qualsivoglia natura. Da ciò si reputa questi abbia avuto piena consapevolezza dello sviamento del contributo e, in tal senso, si imputa anche a lui l’elemento soggettivo del dolo.

Dunque, rispetto al danno azionato, la Procura regionale prospetta il seguente riparto delle responsabilità: a) per le annualità 2007 e 2008 (€

200.000,00) si chiamano a rispondere, con vincolo di solidarietà, la

Fondazione (all’epoca IPAB) e lo Stefanutti; b) per le restanti quote dal 2009 al 2014 (€ 600.000,00) sono chiamati a rispondere solidalmente la

Fondazione e lo Stefanutti, fino a concorrenza del 90% del danno, e la Fondazione ed il Dolgan in relazione al residuo 10%. In via subordinata si afferma poi la responsabilità dei soggetti convenuti a titolo di colpa grave.

In punto di fatto deve darsi conto, poi, degli ulteriori seguenti eventi, intervenuti nella vicenda all’esame:

- la sospensione del contributo in discussione, disposta nel settembre 2015 per la durata di un anno, è stata prorogata

dall’amministrazione regionale fino al settembre 2017;

- il Commissario straordinario ha elaborato un piano di

ristrutturazione dei debiti con le banche creditrici della Fondazione ai sensi dell’art. 182 L.F., che è stato sottoscritto in data 24/09/2016 e – in seguito – omologato con provvedimento del Tribunale di Gorizia del 9/06/2016.

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Nell’ambito di tale piano è contemplata la restituzione del finanziamento oggetto del presente giudizio;

- la Regione Friuli Venezia Giulia, con successivi atti del

4/08/2017 e dell’1/09/2017, ha infine disposto la formale revoca del contributo e rinviato all’adozione di separato provvedimento in ordine alla richiesta – fatta nell’interesse della Fondazione – di restituzione rateizzata delle somme ricevute a detto titolo.

Con memorie depositate in data 27/09/2017 – per la Fondazione – e 28/09/2017 nell’interesse dello Stefanutti e del Dolgan, tutti i convenuti si sono costituiti in giudizio, con il patrocinio – rispettivamente – degli avv.ti Ponti e Tudor, del prof. avv. Antonini, degli avv.ti Fedozzi e Borsetta.

Si richiamano in sintesi le deduzioni difensive ivi rappresentate.

Nell’interesse della Fondazione – ripercorsi i principali fatti afferenti alla vicenda controversa – si sostiene ricorrano i presupposti per affermare la cessazione della materia del contendere, ovvero la sopravvenuta carenza di interesse all’azione, in ragione dell’avvenuto riconoscimento dell’obbligo di restituzione del contributo da parte della stessa, la cui materiale realizzazione sarà determinata secondo le modalità che la Regione individuerà.

Nel merito delle contestazioni mosse dal Requirente contabile si afferma, invece, la perdurante attualità delle medesime nei confronti degli altri

convenuti, ritenendo all’uopo sussistente la giurisdizione di questa Corte sulla fattispecie e comprovata la distrazione del finanziamento pubblico dalla sua destinazione vincolata. Distrazione che, altresì, si reputa ascrivibile sul piano delle condotte soggettive al Presidente Stefanutti ed al revisore Dolgan, giudicando al riguardo univoci gli elementi di prova acquisiti agli atti del giudizio. Nei descritti termini si conclude per l’accoglimento della domanda attorea nei confronti di costoro, in quanto artefici della mala gestio che ha determinato il dissesto finanziario della fondazione e, quindi, l’impossibilità per la stessa di sviluppare i progetti per i quali il finanziamento era stato concesso.

Per il dott. Stefanutti si deduce quanto segue:

1) In via pregiudiziale si solleva eccezione di difetto di giurisdizione del giudice contabile nei confronti del Presidente, prima dell’IPAB e, poi, della Fondazione. Si osserva in proposito che, secondo i principi generali, delle obbligazioni verso terzi contratte dalla società/soggetto con personalità giuridica è solo essa chiamata a rispondere, non anche gli amministratori, né il legale rappresentante. Nel caso in esame inoltre non ricorrerebbero i presupposti di regola posti a fondamento della responsabilità di tali soggetti individuali, poiché non vi è stata falsificazione di documenti per ottenere il contributo, o falsa rendicontazione del finanziamento ricevuto, e neanche il personale arricchimento dello Stefanutti.

2) Ancora preliminarmente si eccepisce la prescrizione della domanda relativamente alle annualità dal 2007 al 2010, in quanto l’invito a dedurre è stato notificato il 3/03/2016. Si respinge in merito l’assunto accusatorio secondo cui l’esordio del termine prescrizionale dovrebbe correlarsi al momento in cui la Regione ha avuto conoscenza dell’indebito utilizzo delle quote annuali già erogate del finanziamento, osservando che invece lo stesso va ancorato al verificarsi del fatto dannoso, risultando prescritti i ratei maturati alla scadenza del quinquennio dal singolo anno di erogazione.

3) Per quanto concerne, poi, il rateo riferito all’anno 2014 si afferma l’erroneità dell’addebito, poiché trattasi di quota originariamente posta a

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carico del Presidente Guarneri, poi non evocato in giudizio, che dunque non può essere addebitata allo Stefanutti. In tal senso si reputa comunque inammissibile la contestazione contenuta per la prima volta nell’atto di citazione.

4) In relazione al danno azionato si osserva – preliminarmente – che la gestione della Fondazione condotta dallo Stefanutti risulta esser stata del tutto regolare e che questi ha lasciato la stessa in condizioni di economiche e finanziarie di “totale tranquillità”. Condizioni, rispetto alle quali, la

realizzazione del programma di investimento per gli immobili della

Fondazione si presentava ancora perfettamente perseguibile (si richiamano la relazione finale del 31/03/2014 e la lettera inviata alla Presidenza della

Regione nel gennaio 2014); mentre, poi, sarebbe risultata del tutto inadeguata e deficitaria la successiva gestione del Guarneri e ad essa sarebbe conseguita l’impossibilità di realizzare quel progetto.

In ordine ai dati di bilancio si rileva, inoltre, che non sussisteva l’asserito grave squilibro tra crediti e debiti, non essendo corretto condurre la valutazione di queste poste in modo unitario, comprendendo sia quelle a breve che quelle a lungo termine, poiché – invece – va effettuata solo sull’orizzonte temporale più ravvicinato, che determina/può determinare crisi di liquidità. Ciò, fermo restando che – anche un eventuale squilibrio – si sostiene non ponesse in concreto problemi di “solvibilità” della Fondazione, vista la sua cospicua patrimonializzazione. Su questi aspetti di

contabilizzazione e, in particolare, sulla rilevanza dirimente della solida

situazione patrimoniale della Fondazione sono richiamate anche le valutazioni rese nella consulenza tecnica di parte redatta dal dott. Giamporcaro, che supporta la difesa in giudizio.

5) Con riferimento all’asserita scorretta imputazione in bilancio del contributo in discussione si osserva, per un verso, la sostanziale irrilevanza di tale profilo – che pure si contesta – ai fini della sussistenza ed azionabilità del danno erariale; e, per l’altro, la non conferenza del richiamo ai principi

contabili OIC, poiché gli stessi concernono le società per azioni e non gli enti di diritto privato come le fondazioni. Si rammenta altresì sul punto che l’art. 4 dello statuto prevede espressamente l’iscrizione nel patrimonio dei “contributi a destinazione vincolata”. Anche su questo aspetto si richiamano le

osservazioni peritali, laddove segnalano la previsione di apposita riserva e le indicazioni esplicative della nota integrativa al bilancio. Ivi si osserva inoltre che - anche dopo l’iscrizione tra i debiti di quello restitutorio del suddetto contributo, operata dal Commissario straordinario - il patrimonio netto della Fondazione è rimasto assolutamente capiente, considerando che d’altro canto la liquidità acquisita, quale che sia la sua finalizzazione anche ad una specifica obbligazione, diviene tout court parte dell’attivo e viene impiegata per far fronte alle obbligazioni sociali.

Si contesta poi la sussistenza di preclusioni e/o limiti all’alienabilità del patrimonio, come ostacolo alla valutazione della solvibilità della Fondazione, osservando che gli invocati art. 5 e 19 dello statuto non prevedono alcun vincolo d’inalienabilità.

6) Sul piano soggettivo della responsabilità, al di là dell’eccezione di difetto di giurisdizione, si nega che qualsivoglia addebito possa essere fatto allo Stefanutti, ed in ogni caso che una contestazione di mala gestio potrebbe trovare spazio solo nell’azione di responsabilità civile dinanzi al giudice

ordinario, promossa dalla società. Sotto diverso profilo si respinge comunque ogni addebito, poiché questi ha agito su delega del Consiglio di

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amministrazione, in quanto al Presidente non competono poteri gestionali.

Anche l’impiego del contributo per pagare debiti ordinari è attività gestionale ordinariamente portata avanti dalla struttura amministrativa aziendale. Lo Stefanutti ne ha peraltro dato conto nel corretto esercizio delle sue funzioni.

L’intestazione dei poteri di gestione al Consiglio di amministrazione comporta, altresì, che nella denegata ipotesi in cui si dovesse concretamente ritenere una responsabilità del convenuto, questa dovrebbe essere estesa a tutti i componenti del Consiglio medesimo.

7) Sempre sul piano soggettivo si nega la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo, segnalando l’assenza nel caso di specie di qualsivoglia personale arricchimento del convenuto. Egualmente se ne respinge la configurazione in termini di dolo contrattuale, poiché – si sostiene – dagli atti emerge come il concreto avvio del progetto finanziato richiedesse

adempimenti amministrativi e l’accensione di un mutuo bancario: sicché, in concreto, ciò che è accaduto è che nelle more di questi passaggi preparatori il contributo è stato assorbito nella gestione quotidiana della Fondazione. In proposito si ribadisce che durante la sua Presidenza è rimasta ferma la certezza della realizzabilità del progetto e, comunque, la consapevolezza che il finanziamento si sarebbe potuto restituire senza problemi. Si ricorda

all’uopo che lo Stefanutti nel 2011 ha riferito al Consiglio di amministrazione dell’impiego ordinario del contributo, e poi nel 2013 ha segnalato che la parte residua del finanziamento avrebbe potuto sostenere gli oneri di un piano d’ammortamento di due milioni di euro per 10 anni.

8) Infine, la difesa si sofferma sul regime dell’eventuale responsabilità, osservando che in caso di condanna di questa Corte la Fondazione si vedrà gravata di un secondo titolo, di natura risarcitoria, rispetto alla somma già dovuta in restituzione a titolo di indebito: ciò si sostiene comporterebbe che la condanna concorrente dello Stefanutti, solidale o parziaria, locupleterebbe la Fondazione per la porzione da lui coperta. Sicché a sua tutela dovrebbe prevedersi un’azione di regresso e/o manleva del corrispondente importo nei confronti dell’ente.

9) In via di estremo subordine s’invoca l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito. Completano le difese le richieste istruttorie di sentire il

consulente tecnico di parte, dott. Giamporcaro e di acquisire consulenza tecnica d’ufficio sui profili contabili della fattispecie controversa.

Nell’interesse del dott. Dolgan si offrono le seguenti deduzioni.

a) Si eccepisce, pregiudizialmente, la carenza di giurisdizione del giudice contabile sotto il duplice profilo - oggettivo - della spettanza al giudice ordinario della controversia, perché la Fondazione non avrebbe gestito risorse pubbliche, ma solo ricevuto un pubblico contributo, per cui le attività inerenti l’impiego dello stesso afferiscono alla vita societaria rimessa all’eventuale valutazione del giudice ordinario; e – soggettivo – dell’insussistenza di un rapporto di servizio tra l’ente erogante (Regione) e il Dolgan, poiché unico ed esclusivo beneficiario dell’erogazione è la Fondazione, richiamando all’uopo l’effetto escludente di quel rapporto derivante dall’interposizione soggettiva della stessa.

b) In sede ulteriormente preliminare si afferma la carenza di interesse e/o la nullità della citazione per incertezza del danno riferibile alla parte di contributo destinata ad attività socio-assistenziale, rispetto alla finalizzazione del contributo ad interventi di ristrutturazione degli immobili della Fondazione.

c) Ancora preliminarmente si sostiene la parziale prescrizione della

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domanda attorea, prospettando argomentazioni sostanzialmente omologhe a quelle rappresentate nell’interesse del Presidente Stefanutti, alla cui

illustrazione si rinvia per economia espositiva.

d) Egualmente con tesi corrispondente alla difesa dello Stefanutti si sostiene l’erronea determinazione del danno addebitato, con riferimento alla quota originariamente prospettata a carico del Guarneri. Danno, del quale si afferma – altresì – la completa insussistenza, in ragione di quattro elementi giudicati dirimenti: mancanza di uno squilibrio tra debiti e poste attive in bilancio; corretta contabilizzazione del contributo; fungibilità fisiologica della risorsa denaro; consistenza perdurante del patrimonio della Fondazione. Ciò sempre con argomentazioni del medesimo tenore di quelle sviluppate per lo Stefanutti.

e) Per quel che concerne il profilo soggettivo dell’addebito, ribadito il difetto di giurisdizione di questa Corte, si reputa non sussistano mancanze o inadempienze imputabili al Dolgan in relazione all’assolvimento dei suoi compiti di revisore, alla luce di quanto osservato in merito alla corretta e continuativa contabilizzazione del contributo contestato nel bilancio della Fondazione. Sotto altro profilo, si respinge l’imputazione di qualsivoglia apporto causale nella distrazione del finanziamento, per carenza in capo a lui di poteri di gestionali e/o inibitori nei confronti del Presidente e del Consiglio di amministrazione. Nei descritti termini si nega fermamente la configurabilità a suo carico di un contegno doloso, in assenza di arricchimento personale e di una reale distrazione di fondi, visto che le somme sono state comunque utilizzate all’interno della società. Al riguardo si sottolinea anche l’elemento della obiettiva perdurante fattibilità del progetto finanziato, all’uopo

richiamando circostanze già segnalate dalla difesa Stefanutti, alla quale si rinvia nuovamente per economia espositiva. Sulla base degli argomenti esposti si nega, infine, anche ogni profilo di responsabilità per colpa grave, giudicandone carenti i presupposti.

Chiamata la causa nella pubblica udienza del 19 ottobre 2017, il Collegio ha disposto d’ufficio il rinvio della trattazione al 15 marzo 2018, per impedimento del Giudice relatore.

Medio tempore sono intervenuti i seguenti ulteriori fatti.

In data 21/02/2018 la difesa della Fondazione Villa Russiz ha prodotto una nota di deposito documenti, dalla quale si evince che la Regione Friuli

Venezia Giulia ha accolto la domanda di rateizzazione del debito restitutorio, concernente il contributo contestato nel presente giudizio (decreto del

27/11/2017).

Il 23/02/2018 è stato depositato uno scritto difensivo integrativo nell’interesse del dott. Stefanutti, volto – in particolare – a replicare alle argomentazioni svolte a tutela della Fondazione in ordine alla perdurante attualità della domanda verso lo Stefanutti medesimo ed il Dolgan, a fronte invece del valore quale “sopravvenuta” causa di cessazione della materia del contendere, per la Fondazione, dell’avvenuto riconoscimento del debito restitutorio in favore della Regione in relazione al contributo de quo. Si osserva sul punto che – al contrario - se l’inserimento del debito restitutorio nel piano di risanamento finanziario fa cadere l’azione verso la Fondazione, l’effetto si estende agli altri chiamati. Inoltre, si osserva che l’asserita mala gestio deve essere contestata con l’azione di responsabilità sociale. Si

conferma, infine, la sottolineatura che il possibile cumulo dei titoli restitutorio e risarcitorio per la somma contestata debba essere accompagnato dal

riconoscimento di un diritto di regresso dello Stefanutti verso la Fondazione.

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Sempre in data 23/02/2018 la Procura regionale ha prodotto la nota di deposito n. 7, contenente l’allegazione di atti adottati nell’ambito del concomitante procedimento penale (n. 559/2016 R.G.N.R.), tra i quali

risultano la perizia tecnica disposta dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Gorizia, in merito alla gestione contabile ed alla situazione finanziaria della Fondazione, nell’arco temporale di riferimento del contributo pubblico in discussione, nonché la richiesta di archiviazione del procedimento nei confronti del Guarneri.

Nella pubblica udienza odierna le parti hanno diffusamente illustrato i temi salienti della controversia e gli argomenti principali dedotti nei rispettivi scritti.

DIRITTO

Il Collegio deve prioritariamente procedere all’esame delle questioni pregiudiziali e preliminari sollevate dalle parti convenute.

1. In primo luogo, va affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte posta, con articolati argomenti, dalle difese dello Stefanutti e del Dolgan con riferimento – per un verso - all’asserita insussistenza, nel caso di specie, di alcuna forma di gestione di pubbliche risorse da parte dell’impresa beneficiaria del finanziamento concesso dalla Regione Friuli Venezia Giulia; e – per l’altro – all’inconfigurabilità, in ogni caso, di una responsabilità

individuale di costoro nei confronti dell’amministrazione erogante in relazione allo stesso.

Entrambe gli assunti si palesano infondati, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione e di questa Corte, formatasi in materia di responsabilità erariale per illecita percezione e/o gestione di fondi comunitari e pubblici.

Il dato saliente per il corretto inquadramento giuridico della presente

fattispecie è rappresentato – infatti – dall’erogazione di risorse pubbliche di provenienza regionale sulla base di uno specifico progetto, che è stato all’uopo scrutinato ed approvato: in relazione a tale connotazione l’esercizio della giurisdizione contabile si radica – in base all’art. 103 Cost. – in funzione di garanzia della corretta corresponsione e del proficuo utilizzo delle stesse da parte del soggetto beneficiario, a tal fine non rilevando la natura privata di esso.

Questa affermazione di principio ha trovato pieno riscontro nella

giurisprudenza della Corte di cassazione, che ha riconosciuto, negli anni, la più ampia estensione soggettiva dell’azione erariale in subiecta materia, valorizzando specificamente gli elementi dell’oggettiva disponibilità e del maneggio di pubblico denaro per finalità precostituite e vincolanti: estensione che si è fondata – contrariamente a quanto dedotto dai convenuti - proprio sul riconoscimento che tra l'amministrazione erogante e la persona giuridica destinataria della risorsa pubblica si instaura un rapporto di servizio, che si estende anche alle persone fisiche che l’abbiano rappresentata o

amministrata, comunque incidendo le condotte di costoro sulla realizzazione del programma imposto dalla P.A. (Cass. SS.UU. n. 295/2013; nn. 5019 e 9963/2010; n. 20434/2009; n. 4511/2006; n. 14473/02 e n. 8143/2002).

La vicenda in discussione si inscrive senz’altro nell’ambito dei fenomeni menzionati, atteso che le censure del Requirente concernono il completo sviamento del contributo pubblico percepito dalla Fondazione Villa Russiz, realizzato attraverso l’impiego del medesimo per far fronte alle spese ordinarie di funzionamento dell’azienda, in totale assenza di qualsivoglia iniziativa finalizzata – invece – anche solo ad avviare gli interventi per i quali

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era stato concesso. Evidentemente non sono oggetto di sindacato l’attività in quanto tale svolta dalla Fondazione né la sua gestione, se non nei limiti in cui l’una e l’altra rappresentano il contesto in cui si è inserito il finanziamento de quo e si sono determinate le circostanze, che hanno portato al suo mancato impiego per le finalità previste.

Nei descritti termini il giudizio di questa Corte involge quei soggetti che, in funzione delle cariche rivestite e/o dell’attività in concreto svolta, abbiano formalizzato la volontà e le scelte della società in merito al progetto finanziato nei rapporti con l’amministrazione erogatrice. Giova ancora rammentare in proposito come, in ossequio a tale approccio ermeneutico-applicativo, sia stata affermata dal Giudice contabile la perseguibilità a titolo di responsabilità erariale anche dell’amministratore di fatto: all’uopo muovendo dalle statuizioni rese dalla Corte di Cassazione - da ultimo ribadite nella sentenza SS.UU. n.

5019/2010, secondo cui “l’instaurazione del rapporto di servizio è correlata non solo alla riferibilità alla società beneficiaria del contributo degli effetti degli atti dei suoi organi, ma anche alla attività stessa di chi, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbia provocato la frustrazione dello scopo direttamente perseguito dall’amministrazione” – per correlare l’individuazione della posizione gestoria di natura fattuale alla verifica della sua effettiva incidenza sul maneggio di pubblico denaro, al fine di

determinarne l’apporto causale alla produzione del danno contestato (cfr. in termini Sez. Campania n. 672/2012 e n. 1145/2012; Sez. Lombardia n.

353/2009; Sez. Sardegna n. 778/2009 e n. 4/2010).

Dalle osservazioni che precedono discende l’affermazione della giurisdizione di questa Corte nei confronti degli odierni convenuti, Stefanutti e Dolgan. Il primo ha rivestito la carica di presidente della Fondazione nell’intero arco temporale considerato, ha sottoscritto la domanda di concessione del

contributo ed ha interloquito per esso con i competenti uffici regionali, avendo ricevuto all’uopo ampia delega operativa dal Consiglio di amministrazione della Fondazione. Sin d’ora va sottolineato, altresì, che questi risulta aver condotto in prima persona la gestione della Fondazione, sicché si presenta particolarmente significativo il suo ruolo rispetto al finanziamento contestato (si tornerà in seguito sui tratti caratterizzanti la sua posizione).

Il secondo ha svolto, nel medesimo periodo, le funzioni di revisore dei conti, nominato dalla Regione (nello specifico dall’Assessore con delega per le autonomie locali). Viene in rilievo in proposito l’art. 13 dello statuto della fondazione, ove è previsto che al revisore “spettano le funzioni di controllo sull’attività della Fondazione con particolare riguardo agli aspetti finanziari e contabili”: poiché l’acquisizione e il corretto impiego del contributo pubblico in discussione costituiscono fatti che senz’altro s’inscrivono nel perimetro degli aspetti finanziari e contabili dell’attività della Fondazione, non può dubitarsi della sua soggezione al giudizio di questa Corte per il vaglio delle

responsabilità derivanti dalla funzione rivestita. Senza considerare che, nel caso di specie, il finanziamento è alimentato da risorse gravanti sul bilancio proprio della Regione che lo ha designato.

1.1. Quanto osservato porta a superare, altresì, l’ulteriore assunto

difensivo prospettato nell’interesse del Dolgan, secondo cui si configurerebbe la nullità dell’atto di citazione per carenza di interesse e/o incertezza della domanda in relazione alla parte di contributo “direttamente riferibile ai servizi socio-educativi” (cfr. memoria di costituzione, pag. 16). La domanda

giudiziale, infatti, involge tout court lo sviamento del finanziamento dalle

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finalità per cui è stato richiesto e concesso. Finalità che – giova rammentare – sono indicate come segue nella domanda, presentata dal Presidente

Stefanutti alla Regione: “1) ristrutturazione del fabbricato ex uffici e

lavanderia, per il ricavo di sei alloggi per attività ricettive e ricreative, per una spesa complessiva di € 510.000,00; 2) completamento della ristrutturazione del fabbricato ad uso aule pluriuso con il recupero statico e funzionale delle parti sottoutilizzate per una spesa complessiva di € 450.000,00; 3)

completamento delle strutture casa famiglia, con la realizzazione di cucina, sala mensa, soprastante alloggio, costruzione della centrale termica

dell’autorimessa per una spesa complessiva di € 430.000,00”. Tutti gli interventi finanziati concernono, chiaramente, gli immobili e le strutture attraverso i quali la Fondazione esercita le proprie attività socio-educative ed assistenziali. Non sono previste, dunque, somme destinate “direttamente” alle stesse.

Sul punto si palesa erroneo l’ancoraggio dell’assunto difensivo alle precisazioni offerte dallo Stefanutti alla Regione nel corso dell’istruttoria sull’istanza (nota n. 2136 del 10/10/2007), laddove si fa riferimento alla destinazione di una parte del contributo “all’attivazione di servizi socio-

educativi”: tale indicazione, infatti, è accompagnata dal richiamo specificativo alla “ristrutturazione immobile per la realizzazione di un centro diurno”, sicché si evince chiaramente che l’opera finanziata è la ristrutturazione dell’edificio, al completamento della quale potrà seguire l’avvio del servizio. Altrettanto inequivoci sono gli elementi conoscitivi e tecnici declinati nei progetti di massima e nelle pertinenti relazioni illustrative, presentati dallo Stefanutti a corredo della domanda di finanziamento, dai quali risulta che il contributo richiesto si inquadra nella scelta fatta dall’amministrazione di portare avanti

“un significativo progetto di recupero del patrimonio edilizio esistente”

[patrimonio, così individuato: “Si tratta dello storico castello Ritter/De la Tour, delle antiche cantine interrate con gli annessi fabbricati per le lavorazioni vinicole, del convitto e di altri fabbricati ancora, parte agricoli, parte residenziali e parte strutturalmente correlati alle esigenze delle attività assistenziali che l’Istituto svolge”].

2. Ribadita nei termini che precedono la giurisdizione contabile sulla res controversa e sui soggetti evocati in giudizio, il Collegio deve delibare – ancora preliminarmente – l’eccezione di prescrizione (parziale) della

domanda, posta dai medesimi convenuti Stefanutti e Dolgan, con riferimento alle quote annuali del contributo contestato, erogate dal 2007 al 2010, atteso che l’invito a dedurre è stato loro notificato in data 17/03/2016 e 13/05/2016.

Sul punto essi respingono la tesi attorea, secondo cui la Regione avrebbe conseguito l’obiettiva conoscenza del mancato impiego del contributo soltanto all’atto della ricezione della comunicazione del 12/02/2015, inviata dal nuovo presidente della Fondazione, Guarneri, configurandosi pertanto una

situazione di “doloso occultamento” del danno, idonea a determinare la decorrenza del termine prescrizionale dell’azione erariale soltanto dal suo disvelamento.

Sostengono, viceversa, che risulti dirimente l’annuale approvazione e pubblicazione dei bilanci previsionale e consuntivo della Fondazione, integrando tale forma di pubblicità un’obiettiva condizione di conoscibilità della situazione finanziaria e gestionale della medesima (e quindi anche della

“sorte” del contributo in questione). In ragione dell’erogazione in quote annuali chiedono, pertanto, si scomputi dal danno azionato l’importo di € 400.000,00.

L’eccezione va accolta.

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Il Collegio ritiene che, nella fattispecie all’esame, lo sviamento del

finanziamento regionale dalla finalità per cui era stato concesso non sia stato oggetto di condotte specificamente volte a “nascondere” tale circostanza e/o a trarre in inganno (ovvero indurre in errore) l’amministrazione concedente.

Giova rammentare in proposito come l’accertamento della ricorrenza di atti/fatti integranti il doloso occultamento del danno si ponga su un piano differenziato ed autonomo, rispetto alla valutazione dell’elemento psicologico dell’imputazione della responsabilità, nella misura in cui si può ritenere (ed accertare) il carattere doloso del contegno del presunto responsabile e non anche il connotato fraudolento dello stesso, finalizzato ad occultare il fatto causativo del danno contestato (così, ad esempio, in ipotesi di c.d. dolo contrattuale).

Ciò premesso - se può condividersi l’osservazione della Procura circa la non particolare perspicuità della contabilizzazione del contributo in bilancio

(aspetto su cui pure si tornerà in seguito) - nondimeno deve rilevarsi come sia stato comunque registrato nella contabilità annuale e sia stato oggetto di discussione, negli anni, in sede di Consiglio di amministrazione (e.g. verbali del 24/02/2009, 22/12/2009, 30/03/2010, 20/09/2011). Egualmente non si presenta decisiva, nel senso indicato dal Requirente, la circostanza del tardivo invio alla Regione dei bilanci della Fondazione per gli esercizi 2009 e 2010 (avvenuto nel 2012), poiché trattasi di adempimento con finalità notiziale a fronte del regime di pubblicità obbligatoria degli atti summenzionati, che non si può negare abbia assicurato quantomeno la rilevabilità di dati sullo stato di utilizzo (non utilizzo) del contributo in corso di erogazione.

In ragione delle considerazioni che precedono – stante la liquidazione del finanziamento regionale mediante rate annuali – va riconosciuta l’intervenuta prescrizione delle somme corrisposte alla Fondazione (e in precedenza all’IPAB) nel quinquennio antecedente la data di notificazione dell’invito a dedurre nei confronti dello Stefanutti e del Dolgan (marzo/maggio 2016). Si tratta, in particolare, dei ratei afferenti agli anni dal 2007 al 2010 liquidati, rispettivamente, il 5/11/2007 (mandato n. 19212); 5/06/2008 (mandato n.

7139); 31/07/2009 (mandato n. 9936); il 19/08/2010 (mandato n. 9478), per l’importo di € 100.000,00 ciascuno.

Il danno di cui costoro sono chiamati a rispondere risulta pertanto rideterminato in € 400.000,00.

Resta ferma, invece, nella sua interezza (€ 800.000,00) la pretesa restitutoria verso la Fondazione, che non ha sollevato l’eccezione di prescrizione,

trattandosi di questione non rilevabile d’ufficio.

3. Ancora in relazione alla quantificazione del danno, si palesa infondata l’eccezione d’inammissibilità/erroneità della contestazione riguardante la quota annuale del 2014, dedotta sempre dalle difese dello Stefanutti e del Dolgan, in relazione alla circostanza che – in sede di invito a dedurre – la Procura Regionale ha imputato tale rateo in capo al presidente della Fondazione succeduto allo Stefanutti, Salvatore Guarneri, mentre nell’atto di citazione è stato posto a carico degli odierni convenuti.

Diversamente da quanto sostenuto nell’interesse di costoro, infatti, deve riconoscersi la piena legittimità della rimodulazione della domanda giudiziale, operata dalla Procura regionale, in esito allo svolgimento della fase pre- processuale: essa si colloca senz’altro nell’alveo delle variazioni fisiologiche che possono determinarsi tra invito a dedurre e atto di citazione, in funzione delle acquisizioni istruttorie conseguite attraverso l’apporto delle memorie di

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replica dei chiamati (e dei documenti da essi prodotti), non essendo viceversa in alcun modo alterata la formulazione originaria del petitum e della causa petendi.

In proposito va ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte di

Cassazione, la differenza tra emendatio (consentita) e mutatio libelli (vietata) consiste nel fatto che quest’ultima “si sostanzia in una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un tema di indagine completamente nuovo, in modo da determinare una spostamento dei termini della contestazione, con la conseguenza di disorientare la difesa predisposta dalla controparte, e quindi, di alterare il regolare svolgimento del processo”

(C. Cass., Sez. Lav., sentenza n. 21017/2007). La stessa Corte, peraltro, aveva già chiarito in precedenza che sussiste domanda nuova quando sia dedotta una nuova causa petendi (C. Cass., Sez. Lav., sentenza n.

8580/1998), quando il fatto costitutivo della pretesa sia modificato nei suoi elementi materiali (C. Cass., Sez. Lav., sentenza n. 4008/1998) ovvero nel caso in cui si verifichi l'alterazione dell'oggetto sostanziale e dei termini della controversia in modo da prospettare una nuova e diversa pretesa (Cass. Civ., sentenza n. 4241/1999).

Nel processo per responsabilità amministrativa costituisce mutatio libelli l'istanza che introduce un nuovo tema di indagine e di decisione, ovvero prospetta altre ragioni che implichino la valutazione di fatti e di situazioni prima non dedotti (Corte dei Conti, Sez. III, sentenza n. 130/A/2000).

Tale opzione ermeneutica trova oggi chiaro riscontro nella disciplina delle cause di nullità dell’atto di citazione prevista nel codice di giustizia contabile, in particolare avendo riguardo all’art. 87, a norma del quale “La citazione è altresì nulla, qualora non sussista corrispondenza tra i fatti di cui all'articolo 86 comma 2, lettera e), e gli elementi essenziali del fatto esplicitati nell'invito a dedurre, tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni.”

Orbene, appare di tutta evidenza come – nel caso all’esame - la riconduzione allo Stefanutti ed al Dolgan dell’addebito dell’ultima rata di finanziamento corrisposta alla Fondazione nel 2014, in quanto ancorata dalla Procura al riscontro dell’obiettiva difficoltà per il nuovo Presidente Guarneri di intervenire con immediatezza sulla complessa situazione finanziaria in cui la stessa versava al momento del suo insediamento, non presenta sotto alcun profilo i caratteri della mutatio libelli, bensì costituisce legittima e congruente

precisazione dei fatti e dei comportamenti contestati, che non modifica gli elementi giuridici posti a fondamento degli stessi.

Può rammentarsi, infine, su un piano più generale come la costante giurisprudenza di questa Corte affermi che, in presenza di più convenuti, laddove risultino chiaramente esposti i fatti da cui scaturisce l’azione di responsabilità, con contestuale precisa individuazione dell’oggetto della

domanda risarcitoria, la mancata indicazione delle singole quote del danno da ascrivere a ciascun convenuto, non configuri vizio di nullità, preclusivo

dell’esame nel merito. Ciò in quanto, viceversa, l’ipotesi sanzionata dagli art.

163, comma 3, e 164, comma 4 c.p.c. si reputa sussistente soltanto qualora manchino, o siano assolutamente indecifrabili i contenuti della pretesa azionata, ovvero detti elementi - ancorché presenti - risultino contraddittori o insufficienti, al punto da non consentire di evincere, secondo il libero

apprezzamento del giudice, la sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità erariale [come detto, le ipotesi di nullità in questione sono oggi regolate dal codice di giustizia contabile, in particolare dall’art. 86, comma 6].

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Va dunque ribadito che il danno di cui sono chiamati a rispondere lo Stefanutti e il Dolgan ammonta ad € 400.000,00, corrispondente a n. 4 rate del

finanziamento concesso alla Fondazione, per le annualità dal 2011 al 2014.

4. Venendo all’esame nel merito della domanda introdotta dalla Procura regionale, ne va affermata la fondatezza nei termini di cui alle argomentazioni che seguono.

4.1. Va riconosciuta, in primo luogo, la sussistenza di un danno erariale certo ed attuale, corrispondente all’intero importo liquidato dalla Regione Friuli Venezia Giulia in favore della Fondazione Villa Russiz, a titolo di contributo a valere sulla legge regionale n. 1/2007.

È opportuno ricordare al riguardo che il finanziamento è stato concesso con decreto n. 496/2007 per l’ammontare complessivo di € 1.000.000,00 (un milione), con erogazione prevista in dieci rate annuali (dal 2007 al 2016).

Come in precedenza riportato tale sostegno finanziario è stato correlato, specificamente, al positivo vaglio di n. 3 progetti di ristrutturazione, completamento ed adeguamento di edifici e fabbricati rientranti nel compendio immobiliare di proprietà della Fondazione, tutti variamente destinati allo svolgimento delle attività sue proprie [così identificati nella domanda, presentata dal Presidente Stefanutti alla Regione: “1)

ristrutturazione del fabbricato ex uffici e lavanderia, per il ricavo di sei alloggi per attività ricettive e ricreative, per una spesa complessiva di € 510.000,00;

2) completamento della ristrutturazione del fabbricato ad uso aule pluriuso con il recupero statico e funzionale delle parti sottoutilizzate per una spesa complessiva di € 450.000,00; 3) completamento delle strutture casa famiglia, con la realizzazione di cucina, sala mensa, soprastante alloggio, costruzione della centrale termica dell’autorimessa per una spesa complessiva di €

430.000,00”].Le ultime due quote del contributo in questione, afferenti alle annualità 2015 e 2016, non sono state tuttavia corrisposte in conseguenza dell’emersione di una grave crisi finanziaria della Fondazione, nel cui ambito è risultata altresì la destinazione del contributo a scopi diversi da quelli approvati: queste circostanze hanno portato, da un lato, al suo

commissariamento e, dall’altro, alla revoca integrale del contributo stesso.

Il danno erariale di cui si chiede ristoro nel presente giudizio è dunque pari alla minor somma di € 800.000,00, rispetto all’importo originariamente riconosciuto in favore dell’Istituto.

E’ importante sottolineare, al riguardo, come l’attività di indagine espletata dalla Guardia di Finanza, per approfondire le informazioni contenute nella denuncia di danno inviata dall’amministrazione regionale, sia stata

contrassegnata da accertamenti puntuali e approfondite analisi sulla struttura e composizione del bilancio della Fondazione, nel cui ambito si è inscritta la verifica delle modalità di contabilizzazione e gestione del finanziamento in discussione: risultano all’uopo acquisite informazioni testimoniali e copiosa documentazione, che vanno a comporre un quadro probatorio obiettivamente significativo.

Ad esso si è aggiunta, altresì, la relazione di consulenza tecnica redatta su mandato del Pubblico Ministero, titolare del concomitante procedimento penale, che è stata prodotta agli atti del presente giudizio dalla Procura erariale (nota di deposito n. 7). Tale atto peritale non solo suffraga i rilievi formulati dalla Polizia tributaria, bensì segnala ulteriori gravi profili di criticità in merito alla formazione del bilancio della Fondazione, sin dal primo esercizio successivo a quello di trasformazione (2009). In particolare, ad avviso del Collegio, due di essi rivestono precipua importanza ai fini della valutazione

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del danno erariale e delle responsabilità contestate:

1) L’erronea e fuorviante rappresentazione contabile del patrimonio netto, laddove è indicata una quota come “capitale” per un valore di poco più di due (2) milioni di euro che, nella nota integrativa, viene riferita alla somma dei c.d. patrimoni fondazionali dell’azienda e della casa famiglia; mentre nella voce “altre riserve”, di valore superiore a diciassette (17) milioni di euro sono comprese le riserve di “rivalutazione” afferenti ai due rami di attività. In questo modo – osserva il perito – l’informazione offerta è che il fondo di dotazione iniziale della Fondazione – ovverosia la componente vincolata ed intangibile del patrimonio - sia costituito dalla sola quota “capitale”, mentre nel decreto istitutivo della stessa e nello statuto (art. 4, comma 2) è espressamente indicato che detto fondo “è pari a € 27.000.000,00..”. La conseguenza grave di questa operazione è che “le significative perdite di esercizio conseguite negli esercizi successivi NON andavano ad intaccare delle “riserve” – come la rappresentazione in bilancio poteva far ritenere – ma bensì il “Fondo di

Dotazione iniziale” cioè quella parte di patrimonio che non poteva essere intaccata o, meglio, che la sua diminuzione doveva far attivare

conseguentemente azioni a tutela del patrimonio dell’ente” (cfr. relazione CTU, pag. 10).

2) L’esposizione non veritiera e corretta della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dei diversi comparti di attività della Fondazione. Nei bilanci originali approvati per gli esercizi dal 2009 al 2013 (quello per il 2014 è stato redatto dal Commissario straordinario, previa riclassificazione e

riattribuzione di una serie di costi tra i diversi settori) risulta, infatti, che

“l’attività vitivinicola, con la sua generazione di cassa, contribuiva unitamente ai contributi erogati, a coprire le necessità finanziarie della Casa Famiglia, sia legate alla gestione operativa che agli investimenti”.

In realtà – riclassificando questi bilanci nel rispetto compiuto dei principi contabili e con corretta imputazione dei costi d’esercizio alle attività della Fondazione – la situazione si è presentata di segno opposto, poiché “Il fabbisogno finanziario che si è generato nel periodo analizzato 2010-2014 dalla gestione operativa dell’attività vitivinicola è stato, di fatto, coperto dai contributi erogati dalla Regione di competenza della Casa Famiglia, poiché deliberati principalmente a supporto di tale attività”. E’ dunque emerso con evidenza come “le perdite dell’esercizio della Fondazione siano da attribuirsi prioritariamente all’attività vitivinicola e non alla Casa Famiglia, dal momento che la prima ha registrato perdite fin già a livello operativo tranne che negli esercizi 2009 e 2011..mentre la seconda ha registrato livelli positivi di redditività operativa nel primo quadriennio considerato..” (cfr. relazione cit., pagg. 61-62-63).

Ciò premesso, rileva il Collegio come risulti fattualmente certo e non

controvertibile lo sviamento del contributo in discussione dalle finalità per le quali era stato concesso, nonché l’assoluta inattuazione di alcuno dei progetti asseritamente finanziati.

Un primo qualificato ed espresso riscontro in tal senso è costituito dalla lettera, inviata alla Regione il 12/02/2015 dal Presidente della Fondazione Guarneri, subentrato allo Stefanutti in data 03/07/2014, nella quale si legge

“..spiace dover comunicare che a data odierna i lavori in oggetto non sono ancora iniziati, rendendo alquanto improbabile la realizzazione degli stessi nei tempi previsti. Va inoltre opportunamente segnalato che gli importi ad oggi ricevuti non risultano a disposizione dello scrivente essendo stati utilizzati per pagamenti inerenti l’ordinaria gestione dell’attività”.

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Gli accertamenti espletati dalla Guardia di Finanza hanno poi fatto emergere che già nel 2011 (cfr. verbale CdA del 18/01) il Presidente Stefanutti riferiva, dapprima, “…che tali risorse vengono utilizzate per coprire fabbisogni

temporanei e non per i programmi di investimento. E’ evidente che la necessità di programmare gli investimenti deve essere relazionata ai futuri risultati positivi di gestione” e, in seguito (cfr. verbale CdA del 20/09), che “tale contributo o viene speso per gli interventi o deve essere restituito all’ente erogatore. Il Presidente propone, nel prosieguo, finiti i lavori di Casa Famiglia, di provvedere a esporre una proposta al Consiglio di Amministrazione per il completamento dei progetti”. [sul punto nella relazione peritale si afferma che

“stante quanto dichiarato dallo stesso organo amministrativo”, la Fondazione avrebbe dovuto rilevare, già da quell’esercizio, “un fondo rischi in

applicazione dei corretti principi contabili e, in particolare, del principio di prudenza” – cfr. pag. 29].

Si noti che nessuna proposta risulta esser mai stata formulata dallo Stefanutti né prima di tali dichiarazioni né fino a conclusione del suo mandato: al

contrario, ancora nel 2013 (cfr. verbale CdA del 5/11/2013) questi dice, genericamente, che “..resta da intervenire sul vecchio edificio del Collegio dove sta correndo il contributo regionale. In tal senso i canali di finanziamento a fronte di un potenziale di spesa di un milione di euro si trovano nella

normativa del FRIE”; e di nuovo, pochi mesi dopo (cfr. verbale CdA del 18/03/2014) ripropone questa indicazione con parole quasi identiche,

aggiungendo che “..l’intervento potrà essere finanziato con la partecipazione del FRIE…e può trovare supporto nella parte residua del contributi Illy, per il recupero degli immobili aziendali (euro 300.000 – somma sufficiente a coprire gli interessi che si dovranno sostenere in quindici anni..)”. Ed infine, ancora lo Stefanutti, riprende l’argomento – di nuovo con parole quasi identiche (pag. 4) – nella relazione finale di mandato del 31/03/2014, nella quale – va

sottolineato – la parte destinata agli investimenti reca l’indicazione con tono assolutamente discorsivo, e completamente disancorato dai dati economico- finanziari della Fondazione, progetti di ristrutturazione, ammodernamento e valorizzazione per i diversi fabbricati compresi nel compendio immobiliare (pag. 8/9): progetti tutti, indistintamente, consegnati “in eredità” ai nuovi vertici dell’Ente come prospettive di futuro sviluppo, ancorché tra essi siano inclusi anche quelli che avrebbero dovuto essere già realizzati in gran parte, perché oggetto della domanda di finanziamento da lui presentata nel 2007.

Il primo dato che emerge, dunque, dagli elementi riportati è che nell’arco temporale dell’intera gestione da parte dello Stefanutti della Fondazione Villa Russiz (ed anche prima dell’IPAB) non è stata mai portata avanti, in nessuna forma, la realizzazione dei tre interventi di ristrutturazione sugli edifici del compendio immobiliare di proprietà dell’ente, che sono stati presentati alla Regione Friuli Venezia Giulia a supporto della richiesta di finanziamento per un milione di euro, a valere sui fondi della legge regionale n. 1/2007. I progetti di massima a suo tempo depositati, sono rimasti completamente lettera

morta. Altro dato emergente è l’impiego del finanziamento per coprire spese ordinarie dell’azienda.

Rispetto a queste circostanze le difese dei convenuti sostengono, tuttavia, l’insussistenza del danno erariale azionato dalla Procura regionale perché nel periodo considerato sarebbe comunque rimasta immutata la possibilità di realizzazione degli stessi, in presenza di una situazione finanziaria

complessiva della Fondazione solida, ovvero – sempre per tale condizione – sarebbe stato possibile garantire la restituzione del contributo: ciò nel quadro

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del principio di fungibilità della risorsa denaro che, una volta acquisita in bilancio, quale che sia la sua fonte, concorre a creare la liquidità disponibile della società. In particolare respingono, nella descritta ottica valutativa, l’affermazione circa l’esistenza di un grave squilibrio tra debiti e poste attive del bilancio, emergente dal bilancio consuntivo 2013, osservando che l’analisi prospettata dal Requirente considera unitariamente debiti e crediti a breve e a lungo termine, laddove – sottolineano - la verifica di tensioni finanziarie o crisi di liquidità deve essere condotta con esclusivo riferimento alle predette voci nel breve termine, alle rimanenze ed alla liquidità di cassa disponibile.

Utilizzando questi criteri di valutazione – concludono – emerge una situazione di liquidità per oltre due milioni di euro e, in ogni caso, la cospicua

patrimonializzazione della Fondazione rappresenta garanzia di piena copertura del debito restitutorio (cfr. anche la relazione peritale di parte).

L’offerta lettura dei dati di bilancio non si presenta persuasiva, perché del tutto stridente rispetto alle risultanze acquisite agli atti del giudizio.

Viene in rilievo sul punto, prioritariamente, la sintesi della situazione economico-finanziaria della Fondazione al 31/12/2013 riportata dal

Commissario straordinario (dott. Craighero) nella relazione di missione per il 2014, da questi redatta soltanto nel dicembre 2015, in conseguenza della tardiva predisposizione e approvazione del bilancio per l’esercizio 2014, determinatasi a causa dell’emersione, già a metà dell’anno, della grave crisi finanziaria della Fondazione (cfr. all. 15, nota deposito n. 2 della Procura).

Ivi si legge che:

· la Posizione Finanziaria Netta Cassa/Banca è negativa per un importo pari a € 4.119.356,23;

· l'esposizione complessiva, considerata la Posizione Finanziaria Netta unitamente ai crediti ed ai debiti riconducibili al capitale circolante netto al 31/12/2013, è negativa per oltre € 3.670.000,00;

· la liquidità bancaria disponibile è pari a € 2.965,00;

· risultano affidamenti in conto corrente per un importo di € 815.000,00 quasi completamente utilizzati a fine esercizio 2013;

· sono in essere 27 posizioni aperte verso istituti di credito tra mutui, cambiali, finanziamenti e anticipi valore commerciale prodotti ex lege 80/82, con un debito capitale residuo al 31/12/2013 di € 3.625.102,94;

· vi sono debiti verso fornitori al 31.12.2013 pari a € 405.000,00.

Questi risultati d’esercizio s’inscrivono, inoltre, in un trend pluriennale negativo, in cui si sono registrate “perdite di oltre un milione di euro negli ultimi 5 anni di attività (di cui oltre 500.000 nell'ultimo biennio 2012 — 2013)”.

Su questo aspetto va posta in rilievo la convergenza dei giudizi formulati dalla Guardia di Finanza, dal professionista incaricato dal Tribunale di Gorizia ex art. 182-bis L. Fall. (dott. Spollero) che ha predisposto la relazione di

accompagnamento all’accordo di ristrutturazione dei debiti della Fondazione e dal consulente tecnico nominato dall’autorità giudiziaria penale, nel segnalare la costante incapacità della Fondazione di sviluppare flussi di cassa idonei a coprire il fabbisogno degli investimenti da essa effettuati: situazione che l’ha esposta negli anni alla necessità di ottenere dall’esterno risorse aggiuntive, ed ha alimentato un crescente indebitamento [cfr. rel. CTU, pag. 23: “..la gestione operativa non è stata mai in grado di generare ricchezza sufficiente a coprire i fabbisogni finanziari derivanti dagli investimenti finanziari

effettuati..” – cfr. anche annotazione di P.G., pag. 18 “..non può non evidenziarsi come la quota parte di spesa…non coperta da contributo

(19)

pubblico, dovesse essere necessariamente sostenuta con risorse finanziarie proprie: se ne desume, pertanto, che la Fondazione per reperire tali risorse deve, nel lungo periodo, produrre utili che coprano le perdite ovvero ricorrere all’indebitamento presso soggetti terzi che, comunque, in qualche modo dovrà restituire…”].

Si noti ancora che il surriferito dato (irrisorio - € 2.965,00) sulla “liquidità bancaria disponibile” al 31/12/2013 è confermato anche nella citata relazione del dott. Spollero, laddove risultano specificamente distinte le “liquidità

immediate”, da quelle “differite” e dalle “rimanenze”, con ciò offrendo plastica evidenza della totale carenza di risorse immediatamente spendibili nella gestione ordinaria (cfr. pag. 27, all. 17 bis, nota deposito cit.).

In questo contesto critico risulta, pertanto, del tutto corretto valutare la situazione della Fondazione – come prospettato dal Requirente –

apprezzando l’impatto del complessivo indebitamento indicato sugli esercizi successivi, poiché evidentemente si è già in una condizione di insolvenza e/o incapacità di far fronte al pagamento dei debiti in scadenza. E, nella relazione del dott. Craighero detta situazione è ricostruita in tutta la sua gravità,

rilevandosi:

“a) l'attivazione di un finanziamento agevolato in data 23/12/2013 per un importo pari a € 500.000,00 utilizzato interamente entro il 31/12/2013. Solo questa linea di credito, per quanto a tasso agevolato, ha comportato ulteriori rate finanziarie da pagare nel 2014 rispetto al 2013 per € 200.000,00 (prima rata da € 100.000,00 a giugno 2014, seconda a dicembre 2014);

b) la cessazione di due finanziamenti bullet nel 2015 di importi pari a € 700.000,00 ciascuno attivati nel 2010 e 2011, ha comportato due rate finali rispettivamente di € 551.517,00 e di € 465.455,00 da saldare a giungo e agosto 2015.” Il risultato è che – sulla base dei dati finanziari e contabili al 31/12/2013 - soltanto per questi due finanziamenti, sul 2014 gravavano debiti verso banche (per capitale ed interessi) pari a € 577.996,70 e, per il 2015, l’esposizione esistente si presentava addirittura pari a € 1.461.019,81 (cfr. sul punto, annotazione di P.G., pag. 19 – “Tra l’altro proprio la maxi rata finale prevista nel 2015, a chiusura dei due mutui di durata quinquennale, ha contribuito a rendere ulteriormente precaria la situazione finanziaria della Fondazione..”).

Giova infine ricordare che nel bilancio 2014 l’importo del contributo oggetto del presente giudizio (€ 800.000,00) è stato inserito tra le voci di debito, comprensivo degli interessi maturati, con contestuale storno sia della corrispondente voce inserita nel patrimonio netto sia - in contropartita – del credito evidenziato in bilancio, relativo alla parte ancora da ricevere (€

200.000,00).

Lo scenario descritto trova ulteriore conferma nelle dichiarazioni rese in sede di audizione presso la Procura contabile dal dott. Gregoretti, direttore

generale della Fondazione dal settembre 2014, che riferisce della situazione aziendale da lui trovata all’atto del suo insediamento: “c’erano stipendi arretrati di tre mensilità da pagare, esposizione bancaria molto critica (rate scadute di mutui e finanziamenti andati insolute, fatture non pagate da diverso tempo, con agli atti numerosissime richieste di sollecito da parte dei fornitori, che non erano più disposti a fornire ulteriormente e minacciavano atti esecutivi imminenti). Prendo atto di una crisi finanziaria molto grave e di grande difficoltà con le banche (mancanza di liquidità della fondazione, che non riesce a far fronte alle obbligazioni ordinarie e a rientrare dello scaduto”).

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