Capitolo 2
Modello termofluidodinamico per la caratterizzazione
dell’efflusso attraverso la fessura.
2.1 Generalità sui modelli di calcolo di portata attraverso fessure.
Quando un fluido comprimibile (ad esempio una miscela bifase d’acqua) si muove da un ambiente ad alta pressione verso uno a pressione più bassa, può instaurarsi una condizione di portata critica a seconda della geometria del condotto e delle condizioni termodinamiche esistenti negli ambienti posti a monte ed a valle del condotto.Amos e Schrock [1] hanno svolto un’interessante attività sperimentale su efflussi critici bifase di acqua attraverso condotti a sezione rettangolare (assimilabili a fessure) di altezza d pari a 0.127, 0.254 e 0.381 mm, larghezza 2a pari a 19.30 mm e lunghezza l pari a 63.5 mm (Figura 2.1). Nella trattazione seguente, l’altezza d della fessura verrà indicata con il termine COD (acronimo per Crack Opening
Displacement).
Figura 2.1 Geometria del condotto utilizzato da Amos e Schock nei loro esperimenti.
La Figura 2.2 riporta i risultati che essi hanno ottenuto relativamente al rapporto critico di pressione (definito come il rapporto tra la pressione critica pc misurata
rappresentata in funzione delle condizioni di sottoraffreddamento del fluido di stagnazione per ciascuna delle geometrie prese a riferimento.
Figura 2.2 Rapporto critico di pressione in funzione del sottoraffreddamento [1].
All’interno del circuito primario di un PWR, l’acqua si trova ad una pressione p0 di
circa 150 bar e ad un sottoraffreddamento minimo (nella Hot-Leg) di circa 20 °C. In queste condizioni, dalla Figura 2.2, si ricava che la pressione critica risulta superiore a 30 bar; per cui l’efflusso del fluido non può avvenire che in condizioni di portata critica.
Il flusso critico bifase è un fenomeno fisico molto complesso ed è stato oggetto di approfondite ricerche durante gli ultimi 40 anni. Giot [2], Wallis [3], Saha [4], Sozzi e Sutherland [5], Collier et al. [6], Yano et al. [7],[8], Boure [9], hanno studiato efflussi critici bifase attraverso orifizi, bocchelli, tubi lunghi e corti.
Ilic et al. [10], Abdollahian [11], [12], Brittain et al. [13], D’Auria e Vigni [14], Henry [15], Weisman e Tentner [16] hanno sviluppato modelli matematici in grado di predire i parametri fluidodinamici tipici di efflussi in condizioni critiche.
I modelli di calcolo del flusso critico bifase esistenti in letteratura possono essere suddivisi in due categorie [17]:
1) a singolo fluido; 2) multifluido.
i. modelli omogenei in equilibrio termico (HEM): le due fasi si muovono alla
stessa velocità e si trovano entrambe alla temperatura di saturazione corrispondente alla pressione esistente;
ii. modelli non-omogenei in equilibrio termico (NEM): le due fasi si trovano
alla stessa temperatura, ma possiedono velocità diverse correlate tra loro da una relazione algebrica (detta slip ratio);
iii. modelli omogenei in non-equilibrio termico (HNM): le due fasi si muovono
alla stessa velocità (slip ratio S=1), ma possiedono due temperature diverse; iv. modelli non-omogenei in non-equilibrio termico (NNM): rappresenta il
modello più generale, dato che tiene conto sia della diversa velocità che della diversa temperatura delle due fasi.
La difficoltà di una corretta modellazione matematica del fenomeno di efflusso critico è legata principalmente alla scarsa conoscenza esistente sulle modalità di interazione tra fase liquida e fase vapore.
Gli efflussi di miscele bifase, infatti, possono essere caratterizzati dalla presenza di bolle di vapore disperse nella fase liquida, da gocce d’ acqua disperse nella fase vapore, ecc. Ciò rende difficoltoso descrivere correttamente la fisica del fenomeno. I modelli HEM [18], assumono che il fluido sia costituito da una miscela omogenea. I bilanci di massa, quantità di moto e energia, sono impostati per un solo fluido caratterizzato in ogni punto del sistema dalle proprietà mediate della miscela. Sebbene si tratti di un ragionevole primo approccio di modellazione del fenomeno, si possono commettere errori notevoli nella previsione della portata di efflusso, specialmente se nel sistema si verificano condizioni di non equilibrio o se se esistono notevoli differenze tra le velocità delle due fasi. Il confronto tra dati sperimentali e previsioni fornite dai modelli HEM mostra che in alcuni casi gli errori commessi possono essere del 100% [19]. Per superare le limitazioni insite nel modello HEM, alcuni autori hanno sviluppato modelli non omogenei [20],[21],[22],[23]. Nei modelli NEM si ipotizza che il vapore possieda una velocità più elevata del liquido. Il rapporto tra la velocità del vapore e la velocità del liquido è chiamato rapporto di
scorrimento (slip ratio). Introducendo la slip ratio nei modelli HEM l’accordo con i
dati sperimentali risulta notevolmente migliorato.
Quando la miscela bifase impiega nell’attraversamento del condotto un tempo inferiore a quello richiesto al fluido per raggiungere l’equilibrio termodinamico
(circa 1 ms), si verifica una condizione di non equilibrio nella produzione di vapore. Per tener conto di questo fenomeno, è necessario utilizzare un modello HNM.
Nei primi anni ottanta, Boure [9], Dorban [24], Lee e Schrock[25], hanno proposto modelli bifase a due fluidi. La fase vapore e la fase liquida sono modellate separatamente e le equazioni di conservazione contengono termini di interazione per tener conto dello scambio di massa, quantità di moto ed energia tra le fasi. I modelli multifluido sono molto più dettagliati di quelli ad un solo fluido, ma richiedono la conoscenza di espressioni in grado di descrivere l’ interazione tra le fasi. Attualmente non sono disponibili sufficienti informazioni sui meccanismi di scambio tra le fasi e perciò i modelli multifluido contengono diversi coefficienti da determinare per via sperimentale. Le incertezze legate alla scarsa conoscenza dell’interazione tra le fasi e la complessità dei modelli multifluido, rendono, almeno per il momento, molto più attraente l’impiego di modelli a singolo fluido nelle previsioni di efflusso in condizioni critiche.
2.2 Il modello di Henry-Fauske.
L’efflusso critico bifase attraverso aperture sottili e fessure presenti nella parete di tubazioni, è stato oggetto di studi sempre più approfonditi a partire dalla metà degli anni ottanta. Per descrivere tale fenomeno, si utilizzano modelli di portata critica sviluppati nel contesto di flussi critici attraverso orifizi, bocchelli e tubi corti e lunghi, in cui vengono introdotti dei fattori correttivi per tener conto delle particolarità dell’efflusso attraverso fessure. Esso, infatti, è caratterizzato da [26]:
• un tempo di attraversamento del condotto inferiore ad 1 ms;
• una rugosità relativa R/DH elevata, essendo R la rugosità superficiale media;
• un rapporto L/DH elevato (>100), essendo L la lunghezza del percorso di
efflusso e DH il diametro idraulico.
Nel caso delle fessure, il breve tempo di attraversamento del condotto impedisce il raggiungimento di una condizione di equilibrio termico anche per elevati valori del rapporto L/DH . In altri termini, il tempo necessario al fluido per raggiungere
l’equilibrio termico è confrontabile con il tempo che esso impiega per attraversare lo spessore della parete della tubazione. Ciò comporta una produzione di vapore inferiore a quella che si avrebbe in condizioni di equilibrio.
L’analisi condotta da Abdollahian e al. [12], mostra che il grado di non-equilibrio termico aumenta se:
• si riduce la lunghezza L;
• si riduce il diametro idraulico DH;
• si aumenta il grado di sottoraffreddamento del fluido stagnante;
• l’elevato valore della velocità del fluido contribuisce all’omogeneizzazione delle fasi.
Perciò, l’efflusso critico attraverso fessure risulta cinematicamente omogeneo, ma termodinamicamente non in equilibrio e può, quindi, essere descritto utilizzando un modelli HNM.
L’attività di revisione svolta da Paul et al. [28] relativamente ai modelli termofluidodinamici (TFD) disponibili in letteratura, ha permesso di stabilire che il modello di portata critica di Henry-Fauske fornisce le previsioni migliori per l’efflusso di fluido attraverso fessure sottili.
Henry e Fauske [22] hanno proposto nel 1971 un modello in cui si assume che il titolo della miscela si rilassi in maniera esponenziale verso il titolo di equilibrio che si otterrebbe in un tubo lungo ( L/Di > 100, essendo L il percorso del fluido e Di il
diametro interno del tubo). Il coefficiente di rilassamento è stato calcolato sulla base di esperimenti condotti su tubazioni lunghe.
L’efflusso è assunto omogeneo e isoentropico, la fase liquida è ipotizzata incomprimibile ed il volume specifico della fase vapore è calcolato in condizioni di equilibrio alla pressione di uscita.
Impostando le equazioni di bilancio di massa, quantità di moto ed energia e considerando le ipotesi riportate sopra, si ottiene l’espressione seguente per il flusso di portata critica: (2.1)
(
)
c E l g g c dp dx N v v dp dv x G − + − = 0 2 1 dove: p: è la pressione;vg: è il volume specifico della fase vapore;
x: è l’effettivo titolo della miscela bifase; l g l E s s s s x − −
= 0 : è il titolo di equilibrio della miscela.
Le proprietà contrassegnate con il pedice 0 devono essere valutate alle condizioni di stagnazione; le altre grandezze, invece, devono essere valutate alle condizioni critiche.
Il titolo x indica il titolo posseduto dalla miscela in condizioni di non equilibrio termico. Henry e Fauske hanno ipotizzato che x si porti in modo esponenziale verso il titolo di equilibrio xE nel modo seguente:
(2.2)
[
B(Z Zf)]
E e
Nx
x= 1− − −
Le costanti B ed N sono state ricavate sperimentalmente ed assumono i valori seguenti: (2.3) B=0.0523 ≥ < ⋅ = 05 . 0 1 05 . 0 20 E E E x se x se x N
Il parametro Z=L/DH è la lunghezza adimensionale del percorso di efflusso;
Zf=Lf/DH indica la distanza adimensionale dall’imbocco del condotto a cui ha inizio
la vaporizzazione del fluido. Sulla base dei risultati sperimentali ottenuti, Henry [27], ha stabilito che Zf=12. Tuttavia, nel caso di fessure molto sottili, Amos e Schrock [1]
hanno osservato sperimentalmente che la posizione del punto di inizio vaporizzazione si sposta sempre più a valle all’aumentare del sottoraffreddamento del fluido ed in alcuni casi non si osserva generazione di vapore fino a che il fluido non ha raggiunto la sezione di uscita. Perciò Zf dovrebbe essere incrementato
all’aumentare del sottoraffreddamento.
La risoluzione dell’equazione (2.1) è possibile una volta che si dispone di una relazione per il calcolo della pressione critica pc.
La caduta di pressione complessiva che si ha lungo il percorso di efflusso è fornita dalla somma di vari termini:
(2 4) ∆Ptot =∆Pe+∆Pf +∆Paph+∆Paa+∆PK
dove: e P
∆ : è la caduta di pressione all’ingresso del condotto; f
P
∆ : sono le perdite di carico distribuite; aph
P
∆ : è la caduta di pressione dovuta al cambiamento di fase; aa
P
∆ : è la caduta di pressione dovuta a variazioni di sezione; K
P
∆ : sono le perdite di carico concentrate.
La caduta di pressione ∆Pe all’ingresso della fessura è fornita dalla relazione
seguente: (2.5) 20 2 2 d l c e C v G P = ∆ dove: Cd: è un coefficiente di contrazione;
Gc: è il flusso di portata critica attraverso la fessura;
vl0: è il volume specifico della fase liquida alle condizioni di stagnazione.
Per fessure sottili (COD<0.15 mm), Bean [29] raccomanda di utilizzare un valore Cd=0.95; per fessure con COD più elevati il coefficiente di contrazione varia tra 0.62
e 0.95 in base a quanto sono smussati i bordi di ingresso della fessura.
Le cadute di pressione distribuite ∆Pf si possono calcolare con la relazione di
Darcy-Weisbach seguente: (2.6) c
[
l(
g l)
]
H f v x v v G D L f P = + − ∆ 2 2 dove:Gc: è il flusso di portata critica attraverso la fessura;
L: è la lunghezza del condotto di efflusso; DH: è il diametro idraulico del condotto;
l
v : è il volume specifico di saturazione della fase liquida calcolato alla pressione
media presente lungo il condotto; g
v : è il volume specifico di saturazione della fase vapore calcolato alla pressione
media presente lungo il condotto;
f: è il fattore di attrito.
Il fattore di attrito f è calcolato tramite la relazione di Von Karman [30]:
(2.7) 2 2 1log − + = C R D C f H dove:
R: è la rugosità superficiale del condotto.
I coefficienti C1 e C2 assumono i valori seguenti:
(2.8) < − = = > = = 100 866 . 0 , 39 . 3 100 14 . 1 , 00 . 2 2 1 2 1 R D per C C R D per C C H H
Il cambiamento di fase causa l’accelerazione del fluido nell’attraversamento del condotto a cui si associa una perdita di carico ∆Paph. La caduta di pressione per un flusso omogeneo sottoposto a flashing in un condotto a sezione costante è fornito
dalla relazione di Wallis [31]:
(2.9) 2
[
(
)
0]
l lc gc c lc c aph G v x v v v P = + − − ∆ dove:Gc: è il flusso di portata critica attraverso la fessura;
vlc: è il volume specifico critico della fase liquida;
vgc: è il volume specifico critico della fase vapore;
xc: è il titolo critico;
Le cadute di pressione ∆Paa dovute all’accelerazione conseguente al cambiamento della sezione del condotto di efflusso, si calcolano con la relazione seguente:
(2.10)
[
(
)
]
− ⋅ + − + − = ∆ 2 2 2 0 2 0 2 1 1 2 2 1 i c gc lc c c i c l c aa A A v x v x G A A A A v G P dove:Gc: è il flusso di portata critica attraverso la fessura;
vl0: è il volume specifico della fase liquida alle condizioni di stagnazione;
vlc: è il volume specifico critico della fase vapore;
vgc: è il volume specifico critico della fase vapore;
x : è il titolo della miscela mediato lungo il percorso di efflusso L; Ac: è l’area della sezione di uscita del condotto;
A0: è l’area della sezione di ingresso del condotto;
Ai: è l’area delle generica sezione posta lungo il percorso d’efflusso.
Infine, le cadute di pressione ∆PK legate ai cambi di direzione (curve, protuberanze,
ecc.) cui il fluido è sottoposto lungo il percorso di efflusso si calcolano con la relazione seguente: (2.11)
( )
c[
l(
g l)
]
v K v x v v G e P = + − ∆ 2 2 dove:Gc: è il flusso di portata critica attraverso la fessura;
l
v : è il volume specifico della fase liquida mediato lungo il percorso di efflusso L; g
v : è il volume specifico della fase vapore mediato lungo il percorso di efflusso L; x : è il titolo della miscela mediato lungo il percorso di efflusso L;
ev: è il coefficiente totale di perdita concentrata.
Il coefficiente ev si determina sperimentalmente. Esso è definito dalla relazione
ev=eL, dove e è il numero di velocity heads perse per unità di lunghezza del percorso.
Una velocity head corrisponde a 2
2 1
w
ρ con ρ e w rispettivamente densità e velocità della miscela.
A questo punto, la pressione critica pc si calcola come differenza tra la pressione
iniziale di stagnazione p0 e la caduta totale di pressione:
(2.12) pc = p0−∆Ptot
Le equazioni (2.1) e (2.12) costituiscono un sistema non lineare nelle incognite 2
c G e pc che può essere risolto utilizzando il metodo iterativo di Newton-Raphson [32].
2.3 Incertezze presenti nell’analisi termo-fluido-dinamica.
Il modello di Henry-Fauske, così come gli altri modelli termofluidodinamici richiamati al paragrafo 2.1, non sono stati appositamente sviluppati per descrivere efflussi critici bifase attraverso condotti “particolari” quali quelli costituiti da fessure passanti originatesi nella parete di una tubazione. L’efflusso attraverso tale tipologia di condotti, infatti, presenta delle peculiarità (oggetto di studi e attività di ricerca) che sono fonte di incertezza nelle previsioni di portata critica effettuate utilizzando tali modelli. In particolare, rimangono da indagare alcuni aspetti della fisica del fenomeno (valutazione della quantità di vapore prodotto in condizioni di non equilibrio, posizione di inizio vaporizzazione, collusioni dovute al particolato presente nel fluido) e le modalità di interazione tra fluido e pareti della fessura (incompleta conoscenza della morfologia della superficie della fessura).
Produzione di vapore in condizioni di non equilibrio. Il modello di Henry e Fauske assume che la produzione di vapore avvenga in condizioni di non equilibrio termico. Si tratta di un’ipotesi ragionevole, dato che il tempo di attraversamento del condotto da parte del fluido risulta inferiore ad 1 ms e paragonabile, quindi, con il tempo richiesto all’acqua per essere convertita in vapore. Sulla base delle esperienze di laboratorio Henry e Fauske hanno stabilito che il titolo della miscela raggiunge il valore di equilibrio ad una distanza dalla sezione di ingresso di circa 100 diametri idraulici della tubazione. Inoltre, essi hanno osservato che il vapore non viene prodotto fino a che il liquido non si trova ad una distanza di 12 diametri dall’ingresso del condotto.
Recenti esperimenti [1], tuttavia, hanno mostrato che all’aumentare del grado di sottoraffreddamento del fluido di stagnazione, la produzione di vapore può avere
inizio più a valle della posizione indicata da Henry e Fauske. Inoltre, a causa della natura instabile del fenomeno, il punto di inizio vaporizzazione è soggetto a forti fluttuazioni anche durante lo stesso esperimento. Attualmente la posizione del punto di vaporizzazione e la quantità di vapore prodotta rappresentano due importanti fonti di incertezza nell’analisi degli efflussi attraverso condotti corti (L/DH<100).
Occlusioni da particolato. Quando il COD della fessura risulta dello stesso ordine di grandezza del particolato presente nel fluido (Tabella 2.1), possono verificarsi fenomeni di ostruzione della fessura. Tale occlusione, può causare applicazioni non conservative della metodologia LBB, dato che la reale portata di efflusso può risultare notevolmente inferiore a quella prevista.
Danley e MacFarlane [37], Moroto et al. [38], Vanbrabant e de Regge [39], Conley e Bird [40], Johnson et al. [41], Rahn et al. [42], hanno condotto studi mirati a stabilire i ranges di dimensioni e la concentrazione del particolato abitualmente presente in condizioni normali di esercizio (NOC) nei circuiti di PWRs e BWRs. La Tabella 2.1 riporta i risultati ottenuti da questi autori.
Caratteristiche Particolato PWRs BWRs
Composizione principale Nichel e Ferrite Ossidi di Ferro: Magnetite ed Ematite Particolato del circuito primario
Range Dimensioni (µm) Dimensione media (µm) Concentrazione (ppm) 0.01 - 100 0.5 - 5 < 1.0 0.01 - 100 0.5 - 5 < 1.0 Particolato del circuito di Makeup
Concentrazione (ppm) < 0.5 < 0.5
Tabella 2.1 Proprietà del particolato abitualmente presente nei circuiti di reattori PWR e BWR.
In NOC il particolato è costituito principalmente da Nichel e Ferrite nei PWRs e da Ossidi di Ferro quali Magnetite ed Ematite nei BWRs. In entrambe le tipologie di reattore, il diametro medio delle particelle varia tra 0.5 µm e 5 µm con dimensioni che vanno da 0.01 µm a 100 µm. Nel circuito primario la concentrazione di particolato è mantenuta inferiore a 1 ppm. Nell’acqua di makeup la concentrazione risultainferiore a 0.5 ppm.
Le dimensioni di alcune fessure formatesi per tenso-corrosione possono essere dello stesso ordine di grandezza del particolato considerato. Tuttavia la concentrazione delle particelle risulta piuttosto bassa, per cui l’ostruzione della fessura può presentarsi solo se l’efflusso ha proseguito per diversi giorni o mesi. Si tratta di una condizione che può verificarsi qualora le ispezioni risultino poco frequenti o difficoltose da eseguirsi.
I dati forniti in Tabella 2.1 possono essere applicati solo in NOC. In condizioni di funzionamento perturbate, lo scenario può cambiare completamente. Nell’impianto di Duane Arnold, ad esempio, nel 1978 durante una condizione anomala di funzionamento, fu rilasciata nel circuito primario una resina. Ciò causò una variazione notevole nelle dimensioni e nella concentrazione del particolato presente nel circuito primario.
Interazione tra fluido e pareti del condotto di efflusso. Un aspetto da analizzare accuratamente in ogni analisi termo-fluido-dinamica è costituito dalle modalità di interazione tra fluido e pareti del condotto. Tale studio richiede la conoscenza di alcuni parametri:
• Fattore di attrito f e lunghezza del percorso di efflusso (da cui dipendono le perdite di carico distribuite);
• Numero di cambiamenti di direzione presenti lungo il percorso di efflusso (da cui dipendono le perdite di carico concentrate).
Fattore di attrito f. Le incertezze presenti nel calcolo del fattore di attrito f sono legate a due aspetti:
• mancanza di un’espressione ricavata appositamente per calcolare il fattore di attrito f per efflussi attraverso fessure sottili;
• difficoltà nel valutare accuratamente la rugosità superficiale media R delle pareti di fessure di origine naturale.
Solitamente, per il calcolo di f si utilizzano relazioni (quali quella di Von Karman riportata al paragrafo precedente) ricavata per efflussi attraverso tubazioni a sezione circolare avendo l’accortezza di introdurvi l’adeguato diametro idraulico DH nel caso
in cui si trattino tubazioni a sezione non circolare. La validità del metodo del diametro idraulico è stata dimostrata sperimentalmente da Schiller [33] e Nikuradse [34] per geometrie non molto diverse da quella circolare. Questi autori, infatti, hanno condotto esperienze su tubi a sezione triangolare, rettangolare e trapezoidale.
Nel caso di fessure sottili, però, la sezione di efflusso presenta una geometria completamente rispetto a quella di un condotto circolare, per cui la validità del metodo del diametro idraulico non appare più così evidente.
Brigthon e Jones [35], ad esempio, hanno effettuato esperimenti su efflussi attraverso condotti con sezione costituita da una corona circolare. I risultati ottenuti, hanno mostrato che il fattore di attrito risulta superiore a quello predetto con il metodo del diametro idraulico. Sfortunatamente i dati forniti da Brigthon e Jones per efflussi attraverso anelli molto stretti sono troppo pochi per potervi estrapolare un’espressione equivalente per il fattore di attrito da applicare per efflussi attraverso piastre parallele (condizione rappresentativa di efflusso attraverso una fessura). Il valore della rugosità superficiale R è funzione delle modalità di formazione della fessura (fatica, tenso-corrosione, ecc.), del tipo di materiale e del valore del COD. In passato si assumeva che la rugosità superficiale fosse indipendente dal COD; così si utilizzavano i valori 0.08 mm e 0.04 mm per quantificare rispettivamente la rugosità superficiale di fessure originate da fenomeni di tenso-corrosione e fatica. Tuttavia, si può avere una rugosità superficiale più grande (rugosità globale RG) o più
piccola (rugosità locale RL) a seconda del valore assunto dal COD (Figura 2.3).
Figura 2.3 Illustrazione del concetto di rugosità globale (RG) e rugosità locale (RL) [43].
Per tener conto di questo aspetto, Rudland et al. [43] hanno proposto il seguente modello di calcolo della rugosità superficiale R:
(2.13) > < < − − + < < = 10 10 1 . 0 1 . 0 9 . 9 1 . 0 0 . 0 G G G G L G L G L R se R R se R R R R R se R R δ δ δ δ
dove:
δ: è il COD.
Per informazioni più dettagliate si rimanda alla Tabella 2.2 riportata a fine capitolo. Lunghezza del percorso di efflusso. Le fessure originate da meccanismi di degradazione quali tenso-corrosione o fatica, crescono nello spessore seguendo percorsi tortuosi (Figura 2.4). Ciò causa un incremento della reale lunghezza del percorso di efflusso.
Figura 2.4 Illustrazione dell’aumento della lunghezza del percorso di efflusso in funzione del COD [43].
Per tener conto di questo aspetto Rudland et al. [43], hanno introdotto i parametri KG
e KG+L definiti come rapporto tra la reale lunghezza della fessura e lo spessore della
parete del tubo t.
KG è un fattore correttivo globale che tiene conto solamente degli effetti
macroscopici che contribuiscono all’incremento della lunghezza effettiva del percorso di efflusso. Esso si utilizza per COD grandi, dato che in questo caso le increspature presenti sulla superficie della fessura non contribuiscono apprezzabilmente all’incremento della lunghezza del condotto. Se, invece, il COD è piccolo, bisogna impiegare il fattore KG+L, che ingloba anche il contributo dovuto a
deviazioni locali dal percorso rettilineo (Figura 2.4).
Rudland et al. [43], hanno proposto la relazione seguente per il calcolo della lunghezza effettiva La del condotto di efflusso:
(2.14) > < < − − − < < = + + + 10 10 1 . 0 1 . 0 9 . 9 1 . 0 0 . 0 G G G G G L G L G G L G a R se K R se R K K K R se K t L δ δ δ δ dove: δ: è il COD;
RG: è la rugosità superficiale globale.
Il valore assunto dai parametri KG e KG+L dipende dal meccanismo di formazione
della fessura (corrosione intergranulare o fatica). Per informazioni più dettagliate si rimanda alla Tabella 2.2 riportata a fine capitolo.
Numero di cambiamenti di direzione presenti lungo il percorso di efflusso. Ogni volta che il fluido cambia direzione di moto, si verifica una caduta di pressione. In alcuni casi, il numero e la severità delle curve presenti in fessure formatesi per fatica o tenso-corrosione, può essere responsabile di circa la metà della caduta totale di pressione. Le fessure di tenso-corrosione crescono nello spessore su piani inclinati, per cui generalmente possiedono andamenti molto tortuosi. In questi casi risulta fondamentale quantificare correttamente i cambiamenti di direzione.
Le cricche formatesi per fatica tendono, invece, a propagarsi in maniera pressoché rettilinea e questo fatto, in passato, ha fatto pensare che l’esatta valutazione delle perdite di carico concentrate costituisse un problema di secondaria importanza. Tuttavia, recenti studi hanno mostrato che anche per fessure di fatica, le variazioni di direzione di moto del fluido possono influenzare notevolmente la portata critica di efflusso. Ciò è dovuto al fatto che le protuberanze presenti sulla superficie relativamente liscia della fessura divengono molto pronunciate qualora si abbia a che fare con piccoli COD (Figura 2.3).
Il numero di curve nt, oltre che dal COD, dipende dal meccanismo di formazione
della fessura. Per grandi valori del COD, le curve superficiali contribuiscono solamente a determinare la rugosità superficiale della fessura senza causare apprezzabili variazioni nella direzione di moto del fluido. Diversa è la situazione che si verifica per piccoli COD; in questo caso, infatti, le protuberanze localizzate contribuiscono ad incrementare i cambi di direzione.
Rudland et al. [43] hanno proposto la relazione seguente per stabilire il numero di curve presenti per unità di lunghezza del condotto di efflusso:
(2.15) > < < − − < < = 10 1 . 0 10 1 . 0 1 . 0 11 1 . 0 0 . 0 G tL G G tL tL G tL t R se n R se R n n R se n n δ δ δ δ dove: δ: è il COD.
Il valore assunto dal fattore ntL dipende dal meccanismo di formazione della fessura
(corrosione intergranulare o fatica). Per informazioni più dettagliate si rimanda alla Tabella 2.2 riportata a fine capitolo.
Ad ogni cambiamento nella direzione di moto del fluido, si verifica una caduta di pressione che può essere calcolata tramite l’equazione (2.11) se si conosce il numero di velocity heads perse per unità di lunghezza del percorso. Ad un cambio di direzione di 45° o di 90° corrispondono 0.4 e 1.0 velocity heads, rispettivamente. Valori assunti dai parametri RL, RG, KG+L, KG e ntL. In Tabella 2.2 sono riportati i
valori che caratterizzano la morfologia della fessura in funzione del meccanismo che ne ha causato la formazione(corrosione intergranulare o fatica). La Tabella 2.2 è stata composta sulla base dei valori medi ricavati dall’analisi dei dati riportati in[43] per una varietà di fessure rimosse durante le operazioni di manutenzione delle tubazioni.
Parametro Corrosione intergranulare Fatica RL (mm) RG (mm) ntL (mm-1) KG KG+L 4.7x10-3 80.01x10-3 28.2 1.07 1.33 8.81x10-3 40.51x10-3 6.73 1.017 1.06
Tabella 2.2 Valore dei parametri che caratterizzano la morfologia delle
fessure originate da fenomeni di corrosione intergranulare e fatica [43].
2.4 Conclusioni.
Per tener conto di tutte le incertezze illustrate al paragrafo precedente, le normative applicative della metodologia LBB impongono di utilizzare un fattore di sicurezza 10 sulla portata di efflusso rilevabile dai sistemi di monitoraggio presenti sull’Impianto.
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