Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Il Luogo:
La città di Pisa
1. Pisa: la storia
Il luogo in cui si trova Pisa ha subito nei tempi storici molteplici cambiamenti dovuti agli apporti di materiali trasportati dai corsi d’ acqua che lo attraversano e alle connesse modificazioni dei loro percorsi e della linea di riva del mare. Questa modificazioni hanno stravolto ripetutamente la base geomorfologia della piana pisana, rendendo difficile la lettura dell’ evoluzione degli insediamenti, soprattutto per le fasi originarie.
La piana pisana è in origine attraversata da tre corsi d’ acqua. Il primo era l’ Auser che si univa all’ Arno presso lo sbocco dell’ Era e solo dopo successivamente, trovato un varco a Ripafratta, si creo uno sbocco autonomo sul mare. Il cambiamento del nome da Auser in Serchio, avvenne perché un braccio minore, formatosi nella piana lucchese, fu chiamato Auserculus. Per successive semplificazioni Auser divenne Serchio e questo nome finì per essere attribuita al braccio principale.
Un secondo corso d’ acqua, proveniente dal Monte Pisano e presumibilmente comparso quando l’ Auser prendeva la sua strada verso il Tirreno, mantenne da prima lo stesso nome Auser, poi venne indicato semplicemente come “Fiume” e infine fù chiamato Ozzeri.
Ma è all’ Arno che si devono le modificazioni morfologiche più rilevanti, dovute al forte apporto di materiali terrosi nel corso dei tempi storici, infatti il delta del fiume si allarga e sottrae al mare nuove superfici.
Le molteplici variazioni di questi tre fiumi non sono limitate a cause naturali, ma anche umane, per ragioni di bonifica, di utilizzo agrario, e per sistemazioni portuali. Per questa varietà di scopi, l’ intervento umano fu così
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Come dimostrano alcuni ritrovamenti si può dire che fin dall’ inizio della storia dell’ uomo, il luogo tra l’ Arno e il Serchio venne scelto e predestinato alla costruzione di una città.
Con la civiltà etrusca la città è ormai formata e consolidata, con due ruoli prevalenti connessi tra loro: lo scalo marittimo e il centro di scambi. Essa sorgeva nella parte settentrionale della Pisa odierna, e la linea di costa molto arretrata rispetto all’ attuale, qualifica la città come scalo marittimo oltre che fluviale.
Il nuovo assetto che si va determinando con l’ emergere di Roma e il decadere della potenza etrusca, sollecita l’ interesse dei vicini liguri, stanziati ai piedi delle Apuane. È proprio la paura di cadere travolti dalla pressione dei liguri che spinge i pisani ad allearsi con i romani. Questa alleanza segna la fine dell’ autonomia di Pisa e il suo inglobamento nello Stato di Roma.
In questi anni Pisa è delimitata dalla riva destra dell’ Arno e da quella sinistra dell’ Auser (vedi Figura 1).
Il sistema militare dei romani si sovrappone alla città degli scambi con la classica griglia ortogonale, incidendo fortemente sull’ impianto urbanistico preesistente e ponendo le basi della città futura.
I romani non si limitano a riorganizzare la città, ma intervengono anche nel territorio, aprendo due grandi opere viarie: la via Fiorentina e la via Emilia.
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Saranno queste due strade che diverranno i generatori fondamentali delle espansioni urbanistiche di Pisa e dello sviluppo economico della città
(Vedi Figura 2).
Il porto pisano era in origine un porto fluviale, il porto marittimo entrò in funzione più tardi, quando quello fluviale divenne poco adatto alla stazza della navi romane. Quest’ ultimo viene collegato alla città tramite un vecchi corso dell’ Arno e parallelamente a questo collegamento, tra porto marittimo e porto fluviale, viene realizzato un percorso stradale, realizzando una specie di “sistema infrastrutturale integrato”.
Pisa è cinta dall’ Auser , dall’ Arno e dalle mura che corrono parallelamente alle sponde dei due corsi d’ acqua e nostri attuali “lungarni” si trovavano al di fuori della città. Nella seconda metà del primo secolo i romani suddividono la piana pisana secondo una maglia quadrata, questo intervento di pianificazione del territorio sconvolge ogni precedente assetto, scompaiono le sistemazioni etrusche compare un nuovo paesaggio agrario.
La fine della Pisa romana inizia dal IV secolo d.c.: il porto marittimo è ormai in degrado e la sua attività è in decadimento, in pochi decenni gli edifici pubblici, i templi e i monumenti romani sono abbandonati, alle magnificenti strutture della città romana si sostituisce un fitto agglomerato di costruzioni strette e addossate una all’ altra. Pisa si chiude in se stessa in un’ area più ristretta attorno a questo nuovo nucleo e costruisce una nuova cinta muraria.
In questi anni la storia di Pisa è segnata dalle invasioni barbariche, ma non appena viene superata questa fase, Pisa torna ad essere una città in espansione. L ‘Auser e l’ Arno continuano ad essere i limiti della città verso nord e sud, mentre ad est essa è delimitata dalla cinta alto-medievale; i due fiu non svolgono un’ azione di difesa, questa è affidata interamente alle mura. Dopo l’ XI secolo la la città torna ad espandersi, scavalca le mura altomedievali, che scompaiono come struttura architettonica, ma condizionano il nuovo impianto urbanistico. La nuova cinta è assai più ampia specialmente nella zona “fuoriporta” che era gia stata urbanizzata dai romani, ma poi abbandonata.
Ma il fatto urbanistico più rilevante del nuovo assetto urbanistico di Pisa è la costruzione, al di la dell’ Arno, di una nuova città satellite destinata a funzioni commerciali che prende il nome di Chinzica (Vedi Figura 3).
Le espansioni che hanno trasformato la cittadella altomedievale in una grande città, non sono avvenute per semplice aggregazione, ma manifestano il disegno di un preciso piano urbanistico.
La nuova città ha una forma quadrangolare, imperniata sulle vie parallele all’ Arno e nell’ altra direzione sul cardine dell’ attuale Corso Italia. La città non si allarga in maniera sconsiderata, ma articolando nuovi quartieri, ciascuno
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Cosicchè la nuova cinta non risponde solo ad esigenze difensive ma tiene conto della riorganizzazione del territorio al proprio interno, e racchiude una delle maggiori e meglio pianificate città del Mediterraneo.
Mentre la città medievale era un fitto agglomerato di case torri, addossate l’ una all’ altra in questo periodo si costruiscono edifici secondo una trama allargata che include orti e giardini.
Le mura altomedievali vengono demolite, ed in questo modo il fiume entra a far parte della città e diventa parte del contesto urbano.
Figura 3
Sulle rive dell’ Arno vengono costruiti scali mercantili, lavatoi, mentre il centro amministrativo dove si concentra l’ artigianato e il commercio rimane l’ interno della città altomedievale.
Nel 1100, la popolazione di Pisa è di 15.000 abitanti, nel 1228 è salita a 30.000. nel 1284, la sconfitta della Meloria con la perdita di 12.000 uomini, rappresenta un brutto colpo per Pisa. Tuttavia la città si riprende brillantemente e nel 1315 la popolazione sale a 50.000 abitanti.
Il 1348 è caratterizzato dalla peste che decima la popolazione e che si sovrappone alla crisi dei traffici e alle lotte interne, tra chi ritiene di mantenere l’ autonomia e chi preferisce affidarsi ai fiorentini.
Nel 1405 i fiorentini comprano Pisa, ma solo dopo un anno di assedio riescono ad impadronirsi della città.
Per quattro secoli, le raffigurazioni di Pisa rappresentano una città di impianto pressoché immobile, invariata nella struttura, invariato il disegno urbano, ancora intatti li spazzi inedificati all’ interno e fuori le mura. Le modificazioni sono solo in scale edilizia: riduzione di altezza e modifica dell’ aspetto di alcuni fabbricati; insomma la città viene “fiorentinizzata” (Vedi Figura 4;
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Figura 5
Pisa intorno al 1616
Figura 4
Pianta della città di Pisa al tempo del gentilesimo redatta nel XIII secolo
Figura 6
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Figura 9
pianta della città di Pisa con abbellimenti - Silvio dell'Hoste-1852
Figura 8
Il 16 Agosto 1859, con l’ annessione al granducato di toscana, Pisa diviene italiana. Usciti da secoli di sottomissione, i pisani si pongono il problema di dare smalto alla città, e naturalmente rivolgono per prima l’ attenzione al Duomo e alla Torre con elementi di abbellimento e decoro, nonché ad interventi di rielaborazione, miglioramento e rifacimento stilistico di edifici antichi. Sempre in questo periodo si cerco di porre rimedio ad uno dei problemi che erano sorti per la città: l’ esondazioni dell’ Arno.
Nel 1862 viene aperta la stazione ferroviaria centrale. L’ ubicazione scelta è fuori le mura, ad una distanza sufficiente per disporre una fascia di terreno da sistemare a raccordo attrezzato con il centro urbano (Vedi Figura 10).
Il progetto di sistemazione del raccordo viene affidato all’ ing. Bellini e poi successivamente all’ ing. Micheli che ne gestisce praticamente l’ intera realizzazione. Si costruisce piazza Vittorio Emanuele II, e viene divisa in due parti uguali dalla barriera daziaria, ed è collegata alla stazione da un’ ampio viale ad imbuto, affiancato da alberghi ristoranti e caffè.
La piazza rimase per lungo tempo lo svincolo stradale fondamentale di Pisa e successivamente raccolse i capolinea per le tranvie per Pontedera e per Marina; un progetto urbanistico che costituisce ancora oggi un’ importante ed efficace struttura urbana.
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Nel 1871 l’ ing. Micheli redige il primo “Piano Regolatore” della città, che prevede una grande arteria di circonvallazione che svincoli il traffico per Lucca, Marina Livorno e Firenze. In realtà oggi questa circonvallazione è ridotta a strade interne ed intasate che non possono certo svolgere la funzione originaria prevista. Il Piano Micheli prevedeva un complesso di interventi urbanistici all’ interno della città, e non ritiene necessario nessun criterio pianificatorio all’ esterno della città. Questo fa si che, per il minor costo dei terreni, che consente di dotare la casa di un orto e di un giardino, si sviluppino senza nessun criterio vaste e diffuse zone all’ esterno della città, oggi divenute periferia (Vedi Figura 11).
La viabilità, che versava in gravissime condizioni per l’ incuria degli anni della crisi, (era infatti prevista la completa ripavimentazione della rete stradale
Figura 10
esistente), insieme alla grande estensione della rete stradale comunale, accresciuta ancor di più dall’ incremento edilizio che raggiunse in questi anni le sue punte massime, in special modo a sud della città e nella zona intorno alla stazione centrale, rappresentavano i problemi più seri.
A complicare le cose c’ era anche l’ aumento notevole del traffico ferroviari, che aveva richiamato un maggior numero di addetti, e richiedeva la necessità di nuovi alloggi; la parte della città che risentì maggiormente di queste condizioni critiche, fu senza dubbio il borgo di San Giusto, e uno dei problemi più gravi fu il fatto che la via San Giusto veniva ad essere interrotta dalle zone di manovra della ferrovia. Per eliminare questo inconveniente, l’ amministrazione ferroviaria aveva proposto la costruzione di un nuovo tronco stradale aggirante tutti i servizi ferroviari; l’ amministrazione comunale invece richiedeva la costruzione di un passerella in ferro per uso pedonale.
Numerosi altri lavori meno urgenti, ma non meno necessari, erano previsti in questo periodo, a causa del grande aumento di popolazione che si verificava in proporzione agli anni precedenti; uno di questi era la costruzione di case per operai, legata oltre all’ igiene e il miglioramento dei servizi, anche all’ industrializzazione, per far si che anche Pisa, come altre città dello stesso periodo faccia sparire quartieri luridi e malsani spesso minaccia di epidemie e vergogna per la città.
Nel 1912 il Comune emana un regolamento che stabilisce precisi parametri di edificabilità delle costruzioni successive (Vedi Figura 12;Figura 13).
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Figura 12
Pisa alla metà del XIX secolo
Figura 11
Figura 13
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Agli inizi del Novecento la città di Pisa presenta una struttura urbana ed architettonica che necessita di un piano, di un’ organizzazione e di un programma per l’ espansione e la riqualificazione della città, che ormai vede sempre più aumentare il numero dei suoi abitanti. Questo crea la necessita di nuovi servizi e funzioni sia all’ interno che all’ esterno della cinta muraria. Così nel 1929 viene indotto un concorso tra gli ingegneri ed architetti italiani per “il progetto di massima del Piano Regolatore di ampliamento e di sistemazione interna della città di Pisa”.
Come primo punto il bando dice di non alterare i caratteri storico-artistici del centro, evitando gli sventramenti e mettendo in luce gli edifici più interessanti. Il secondo punto affronta il tema del traffico e della viabilità, invitando a progettare uno studio organico delle comunicazioni, teso a diminuire il traffico nella zona interna, sviluppando fuori le mura i nuovi sobborghi. Il terzo e il quarto punto prevedono lo sviluppo all’ esterno della città, localizzando le aree industriali ed agricole di nuova espansione.
Il primo premio viene vinto dagli architetti Paniconi, Pediconi, Petrucci, Susini e Tufaroli (Vedi Figura 14). Il loro progetto rispecchia le direttrici del bando e gli interventi riguardano per la maggior parte il centro storico dove si cerca di valorizzare i monumenti; per quel che riguarda la viabilità il progetto propone di collegare tra loro i maggiori monumenti della città, ipotizzando nuove strade di attraversamento della città, perpendicolari all’ asse che passa per ponte di mezzo. Si delinea così una nuova griglia di isolati urbani suddivisa suddivisa da attraversamenti della città sia in senso orizzontale che verticale. Infine un viale che corre lungo la parte esterna delle mura urbane, permette il collegamento tra i nuovi quartieri, evitando il congestionamento del traffico nel centro storico. Tutto questo rispecchia il secondo punto del bando. Lo sviluppo dell’ area industriale di Porta a Mare e della zona adiacente dei Navicelli interpreta bene il terzo punto del bando. Altro tema di particolare
rilevanza è il traffico autostradale e tranviario, comprendendo anche l’ ampliamento dell’a aeroporto di San Giusto.
Viene molto curata anche la progettazione del verde come unione tra la città antica e la sua espansione; vengono lasciate libere le aree attorno alle mura, si fa uso di viali alberati, giardini, parchi, edifici pubblici, scuole e si privilegia il grande isolato urbano che permette di ottenere una grande area di verde a disposizione dei residenti. Oltre a tutto questo è previsto anche l’ incremento di istituti universitari, facoltà, cliniche specializzate, caserme, carceri, che costituiscono un sistema integrativo ai fabbisogni sociali culturali ed economici della città.
Il risultato di questo piano, è un progetto completo ed organico di riqualificazione ed ampliamento della città.
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Durante la seconda guerra mondiale Pisa subisce gravissimi danni.
I bombardamenti aerei che interessarono Pisa nell’ ultimo conflitto mondiale, provocarono ingenti danni agli edifici e alla economia cittadina, proprio perché furono i punti nevralgici ad essere colpiti, per la maggior parte posti nella parte meridionale della città.
A sud dell’ Arno andarono distrutti gli edifici prospicienti il viale Amedeo (ora viale Gramsci); gli isolati a sud di via Cesare Battisti fino agli impianti ferroviari; l’ isolato compreso tra via Amedeo e viale Bonaini; distrutti inoltre gli edifici che si affacciavano sul lato orientale di via Colombo, e su entrambi i lati di via Vespucci; dell’ isolato tra via Colombo e via Corridoni andarono distrutte tutte la costruzioni ad eccezione di pochi edifici; totalmente distrutto l’ isolato contiguo al lato orientale, e la linea edificata a sud di via Corridoni, nel tratto compreso tra il cavalcavia di Sa Giusto e l’ imbocco di via Colombo. A sud della stazione centrale delle ferrovie, moltissimi edifici andarono distrutti per essere tra due obbiettivi di importanza strategica: la stazione ferroviaria e l’ aeroporto di San Giusto. Stessa sorte subirono gli edifici posti a nord di piazza Vittorio Emanuele, e tutte le costruzioni che si affacciavano su via D’Azeglio e via Mazzini. Distrutto anche parte del distretto militare ed altri edifici isolati sparsi per la città.
Le altre zone maggiormente colpite furono quelle nei pressi dei ponti che vennero tutti abbattuti. A risentirne di più furono gli isolati prossimi al Ponte Solforino e a Porta a Mare, più contenuti invece i danni nei pressi di Ponte di Mezzo e Ponte della Fortezza.
Per quel che riguarda la parte posta a nord della città, se si escludono le distruzione degli edifici della stazione di Porta Nuova, la maggior parte dei danni si ebbero sui Lungarni nella zona prospiciente largo Ciro Menotti.
I bombardamenti aerei quindi in primo luogo venivano a colpire le zone strategiche dal punto di vista della comunicazione ( stazioni ferroviarie, ponti), alcuni obbiettivi militari precisi e soprattutto le industrie.La zona più colpita fu
quindi quella a sud dell’ Arno, che dalla seconda metà dell’ ottocento, era diventata il vero problema della città.
Il piano di ricostruzione prendeva le mosse della situazione descritta, e coglieva l’ occasione, dei bombardamenti per apportare quelle modifiche strutturali dal punto di vista sia viario, sia edilizio, al fine di rendere la città più rispondente alle nuove esigenze.
Il piano di ricostruzione così concepito, si presentava come cosa diversa dal piano regolatore (Vedi Figura 15 ) .
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Il Piano di Ricostruzione viene ridanno in pochissimo tempo dagli ingegneri Pera, Bellucci, Ciangherotti, e insieme alle successive varianti, sarà lo strumento operativo dell’ attività urbanistica ed edilizia sino all’ adozione del PRG del 1965. Il contenuto del piano è costituito da una serie di espansioni esterne, giustificate dall’ impossibilità di operare all’ interno del tessuto urbano, insufficiente per le esigenze di circolazione e caratterizzato da un’ edificazione gia troppo densa; tutto questo porta ad una notevole quantità di nuovo edificato.
Le distruzioni belliche quindi sono viste come un’ occasione per adottare tutta una serie di provvedimenti diretti al riordino della rete stradale interna ed esterna, alle realizzazione di nuove piazze ed al risanamento della città storica da conseguire sia per mezzo di esproprio di aree edificate, sia mediante il diradamento di alcuni edifici.
I provvedimenti sulla viabilità interna mirano a determinare condizioni di facile accessibilità dal polo della stazione ai vari quartieri; le nuove direttrici avrebbero realizzato, attraverso la città, la connessione tra le principali strade di comunicazione, quali la Tosco-Romagnola, la via del Brennero e l’ Aurelia. Il piano introduce inoltre una viabilità di circonvallazione: un semi-anello esterno di collegamento tra l’ Aurelia e la Calcesana che avrebbe congiunto i quartieri di San Giusto e di Porta a Piagge, per mezzo di un ponte ubicato nei pressi della fabbrica Richard-Ginori. Su tali infrastrutture si sarebbe attestato lo sviluppo dei nuclei urbani di San Giusto e di Pratale.
Per quel che concerne la normativa edilizia, essa indica una diversa articolazione di densità e tipologia in rapporto alle varie zone di intervento. In generale ,comunque, gli interventi di ricostruzione determinarono incrementi di densità e drastici cambiamenti morfologici legati ad un nuovo aspetto architettonico della città non più relazionato al tessuto storico. I nuovi nuclei di San Giusto e di Pratale vengono realizzati con un disegno urbano diverso da quello del piano dell’ Ina Casa. Per quanto riguarda l’ edilizia residenziale
furono costruiti: il nuovo quartiere di Ignazio Gardella e il nuovo villaggio CEP; il primo intervento sorge vicino a San Rossore ed è costituito da villette a schiera che mostrano diverse combinazioni di tipologie abitative, il secondo costituisce la realizzazione di un nuovo quartiere per l’ edilizie economica e popolare per quindicimila abitanti, situato al confine con l’ are di Barbaricina ad est della città vicino alle sponde dll’ Arno. Il progetto è caratterizzato dalla disposizione planimetrica ortogonale dei vari edifici, con tipologia in linea ed ampi spazi a verde pubblico; la circolazione pedonale e veicolare è stata realizzata a differenti livelli in modo da ottenere il minimo di interferenza.
Nel 1965 viene adottato il Piano Regolatore di Dodi e Picconato quando le varianti del Piano di Ricostruzione avevano ormai consentito di attuare programmi di edificazione, specialmente di edilizia residenziale pubblica. Tali programmi sono stati concretizzati con la costruzione dei quartieri popolari satelliti dei Passi, di Gagno e del CEP; a tal proposito nella relazione tecnica del PRG Dodi Picconato è possibile leggere: “lo sviluppo del dopoguerra sviluppatosi in tutte le direzioni rischia di porre oggi la città al centro di un’ espansione a macchia d’ olio, che minaccia di soffocare l’ antico nucleo urbano”.
Il Piano prevede un inquadramento territoriale opposto a quello delle precedenti bozze de Piano Regolatore, che prevedevano lo sviluppo urbano in direzione ovest verso il mare e l’ampliamento delle aree produttive nella zona della Darsena e del canale dei Navicelli.
Infatti Dodi e Piccinato prendono atto che ad ovest si trovano i territori di maggior valore naturalistico e paesaggistico (S.Rossore e Coltano) e che è necessario assumere tali valori come condizioni di vincolo.
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è basata anche su un nuovo sistema di viabilità territoriale costituita da un’ampia tangenziale a servizio della nuova espansione.
La zona industriale viene localizzata lungo la via Emilia, in località Ospedaletto, mentre per i quartieri periferici già esistenti si attuano prescrizioni dirette ad assicurare la dotazione dei servizi.
Per la prima volta il problema è affrontato e risolto uscendo fuori le mura e vedendolo in connessione con i problemi degli altri centri interessati al “territorio”, cui Pisa appartiene.
Punti essenziali:
1. Lo sviluppo dell’aggregato non nel centro storico, ma ad est lungo l’Arno, in questa zona venivano ubicate le attrezzature direzionali.
2. Le aree industriali sistemate a sud dell’Aeroporto di san Giusto vengono distanziate dal porto di Livorno, destinato ad area commerciale.
3. La zona di tempo libero trova posto nella fascia litoranea.
4. Le aree dei servizi generali comprensoriali vengono poste lungo la Via Emilia, a sud-est del centro storico, in collegamento con tutta la Val d’Arno.
Per rendere più rispondente la viabilità del piano previsto si propone un raccordo delle strade statali fuori dalla città che selezionando il traffico di scorrimento da quello di penetrazione nel centro storico e nella zona di nuova espansione mediante un semianello, a variante del percorso della SS.1, snodatosi a nord della località Madonna dell’Acqua, che dopo aver piegato verso est si viene a raccordare al tracciato preesistente all’aeroporto.
Viene previsto un nuovo percorso della SS67, destinata al traffico di scorrimento, parallela all’esistente, ma dal lato sud della ferrovia;come prosecuzione della nuova SS67 si nota un asse di scorrimento tra la ferrovia e l’aeroporto, che supera la SS1a sud della Saint Gobain, si innesta sul Viale d’Annunzio.
Per quanto riguardava i collegamenti col mare, constatata l’insufficienza di quelli esistenti si propone:
1. Il traffico della Val d’Arno viene a raggiungere Mortellini, dove si sarebbe venuto a raccogliere ancora il traffico del sud.
2. Il traffico proveniente dal nord, raggiunge il viale d’Annunzio attraverso il nuovo ponte del C.E.P.
Per il traffico cittadino la preoccupazione principale è quella di evitare interferenze tra traffico di grande scorrimento e quello più specificatamente urbano; a questa esigenza risponde l’Asse che partendo dall’attuale SS. Abetone-Brennero, attraversa con direzione nord-sud Cisanello, raggiunge l’Arno e S.Michele degli Scalzi, attraverso il nuovo ponte la ferrovia e l’Emilia. I collegamenti invece tra centro storico e la zona di nuova espansione, sono assicurati dall’asse piazza Vittorio Emanuele-Ponte della Vittoria e Via Matteucci, raccordata con l’attuale Via di Cisanello.
La viabilità delle zone litoranee si risolve con la valorizzazione e il potenziamento delle strade esistenti.
Lo sventramento a sud della città e la successiva espansione a nord, aveva determinato un asse viario nord-sud che rendeva pressoché inutilizzato il sistema viario est-ovest; il potenziamento della zona di Porta a Lucca e di San Marco, la chiusura ad ovest seguita all’unificazione delle due separate stazioni ferroviarie, lo scarso interesse edilizio ad est, aveva provocato una espansione incontrollata.
Viene data all’espansione una direzione obbligata e controllata come nel caso del CEP, Barbaricina del quartiere Saint Gobain a ovest e di S.Ermete e
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sventrare la città, di localizzare edifici e funzioni che inevitabilmente portano alla congestione, ma solo di dirottare il traffico all’esterno.
Il piano Dodi - Piccinato viene approvato nel 1970 .
Il Piano Regolatore fu fin dall’inizio oggetto di numerosi varianti che ne alterarono molte previsioni.
Alla fine del 1986, l’Amministrazione Comunale di Pisa decise di procedere all’elaborazione di un nuovo Piano e affidò a Giovanni Astengo l’incarico di consulente generale di un gruppo operativo, interno all’Amministrazione comunale e coordinato da Riccardo Ciuti.
Il processo di formazione del Piano fu avviato con la elaborazione di un progetto preliminare dal quale derivare il Piano Regolatore; nel febbraio del 1990 Astengo consegnò alla Giunta il progetto preliminare, ma, a causa della crisi politica dell’Amministrazione, esso non potè essere approvato dal Consiglio Comunale (Vedi Figura 16).
Figura 16
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Il contributo di Astengo rimane limitato al preliminare. Astengo interpreta il ruolo di urbanista in termini prettamente scientifici, che lo conducono ad intraprendere un lungo percorso di documentazione, di quantificazione, di analisi, inteso come primario apporto alla formazione del Piano.
La città che, per secoli, era rimasta contenuta all’interno della cinta muraria, ad un certo momento della sua storia esplode improvvisamente; soprattutto dagli anni’30, stravolge i vecchi confini.
Si avvia allora una crescita frantumata, di implosioni interne alle mura e di grandi “straripamenti” esterni che porteranno in trent’anni, dal 1951 al 1981, al quintuplicarsi della superficie urbanizzata; il Piano Dodi Piccinato tenta di controllare la crescita ma vi riesce solo parzialmente:una serie di varianti al Piano contribuiscono a peggiorare la qualità delle espansioni che continuano, soprattutto verso est, investendo la zona di Cisanello, zona che, secondo Dodi e Piccinato sarebbe dovuta divenire il nuovo centro urbano destinato a decongestionare il centro storico accogliendo le principali funzioni pubbliche. Purtroppo, invece, Cisanello diviene una vasta periferia sub-urbana.
Astengo, per invertire la tendenza al progressivo decadimento dell’immagine del centro storico sostiene che bisogna cambiare modello di pianificazione, superando lo “zoning” della Legge 42 e le “zone omogenee” del D.M.68.
Occorre mettere a punto un modello di pianificazione con forti caratteri definitori, che precisi volumi da rimuovere, quelli da trasformare, le sagome edilizie, caratteri tipologici e morfologici, arredi urbani, spazi per i servizi, per il verde e per i parcheggi.
Appare poi interessante anche il nuovo strumento del “Piano di Recupero” che Astengo utilizza largamente e con il quale si può arrivare alla riqualificazione del centro storico. In coerenza con questa impostazione, il Preliminare propone “Piani di Recupero” ritagliati su aree adeguate; una diversa impostazione viene invece adottata per le periferie, il cui problema
non è quello di ricostruire il sistema preesistente, ma riqualificare e dotare di una struttura urbana aggregati senza ossatura urbanistica e senza identità. Il preliminare si Astengo procede su due binari: da una parte è rivolto all’ordine minuzioso e capillare del tessuto esistente, dall’altro espone idee forti e grandi operazioni; operazioni che tendono a riorganizzare l’insediamento pisano agendo sul recupero dei caratteri urbani e sulla loro attenta riqualificazione.
Un profondo rinnovamento urbano composto di interventi a tutte le scale, una serie di operazioni di recupero e di rinnovo, alcuni di entità modesta, altri più innovativi e incisivi come il recupero dell’Ospedale Santa Chiara o l’abbinamento Ferrovia-Aeroporto con lo spostamento dell’aerostazione.
Dalla prima parte del Preliminare scaturiva l’esigenza di “liberare” la città dal traffico di attraversamento, e a questo fine, questo documento, individua un sistema viario esterno che muove dal quartiere di Cisanello fino a congiungersi con l’Aurelia.
Molte altre indicazioni emergono nel Preliminare:lo spostamento a Cisanello dell’Ospedale Santa Chiara, lo spostamento del Palazzo di Giustizia, la rilocalizzazione delle sedi universitarie, il recupero delle “Industrie Marzotto” e dei “vecchi Macelli”.
Il contenuto più importante dell’impostazione urbanistica di Astengo è il superamento dello “Zoning”, sostituendolo con un impianto normativo capace di determinare e controllare gli elementi complessi della morfologia urbana. Astengo pur nella ricerca della scientificità del progetto, rifugge dal considerare il proprio Piano uno strumento assoluto e definitivo:praticamente vengono tenuti ben saldi quelli che sono gli obiettivi ma si prendono in
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Nel giugno del 1992, Bruno Gabrielli viene nominato consulente generale per la formazione del Piano Regolatore. Egli è sicuramente il più adatto a continuare l’iter interrotto da Astengo, e infatti il suo lavoro richiama molto la continuità confermando la finalità primaria di mantenere il Piano”mirato alla gestione e capace di garantire una trasformazione qualitativa e non quantitativa dell’area pisana”.
Il Piano propone interventi articolati e dettagliati, al punto di definire ogni singola operazione edilizia e di sistemazione del suolo in termini morfologici; ma proprio per questo è un Piano operativo, che consente di passare direttamente alla fase di attuazione.
Le scelte di Gabrielli che, si possono ritenere allo stesso tempo, attuative ed evolutive rispetto al Preliminare, si riassumono sommariamente nei seguenti punti:
• Contenimento della città entro i suoi limiti attuali.
• Riordino funzionale e morfologico del tessuto esistente.
• Riorganizzazione della viabilità, negando l’attraversamento del centro urbano.
• Riassetto dell’area di Cisanello.
• Decentramento nella zona di Cisanello di alcune funzioni invasive, come l’Ospedale, il Tribunale, gli Uffici finanziari.
• Riordino del sistema universitario con il decentramento dell’attività di ricerca.
Inoltre il Piano sviluppa alcuni temi speciali e specifiche proposte progettuali: il Parco delle mura, le Porte della città, le piste ciclabili, la risistemazione delle piazzette, corti, percorsi interni.
1.2 La linea ferroviaria: cenni storici
I capitoli approvati da S.A.I. e R. con decreto del 5 Aprile 1841 per lo stabilimento di una strada a rotaie di ferro da Firenze a Livorno, ci documentano con sufficiente ampiezza il tracciato ed i tempi di attuazione della allora stazione ferroviaria “Leopolda” (Vedi Figura 17).
Dall’articolo 1 del suddetto si capisce che il punto di partenza della strada ferrata sarà posta esteriormente alla nuova cinta di Livorno, tra San Marco e la Darsena esterna dei Navicelli; partendo da questo punto la strada attraverserà la tenuta della Paduletta, padule di Coltano e il sobborgo di San Giusto, giungendo così a Pisa dopo aver seguito per quasi dieci miglia, un
Figura 17
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Come per la “Leopolda” una analoga documentazione dei capitoli approvati da S.A.I. e R. ci spiega l’ impianto posto dall’ altra parte della città, quello che da Lucca giungeva a Pisa.
Stavolta il punto di partenza della strada ferrata è collocato dove a termine il tronco lucchese, sul confine con li Stati Granducali. Da questo punto proseguirà la nuova strada per Pisa, passando in prossimità di Ripafratta e San Giuliano Terme, e giungerà alla città tramite la “Porta Nuova”.
È subito intuibile come l’ impianto delle due ferrovie separate, e l’ ubicazione delle due stazioni avevano ripercussioni immediate sulla vita cittadina e imponevano la soluzione dei problemi sopradetti in breve tempo, infatti ai progettisti e soprattutto al governo granducale, non era sfuggita la necessita di collegare le due ferrovie in un futuro assai prossimo.
Per il momento la distanza delle due stazioni portava a complicazioni del traffico cittadino e imponeva quindi un riesame della viabilità. Si provvedette infatti all’ allargamento di alcune strade, alla apertura di una nuova porta sulla cinta muraria, precisamente tra Porta Fiorentina e Porta a Mare, ed anche alla costruzione di un nuovo ponte tra quello di Mezzo e quello a Mare per smaltire l’ aumento del traffico da una all’ altra stazione.
La ferrovia veniva era considerata un passo avanti nel campo delle comunicazioni e degli scambi commerciali che si affiancava alle gia presenti vie fluviali e terrestri; tuttavia non era ancora nota la sua vera portata rivoluzionaria, che sarebbe andata al di la dei cambiamenti se pur significativi, attuati sulla struttura viaria della città.
La ferrovia non porto soltanto ad un riassetto viario, ma anche ad una riorganizzazione dal punto di vista urbanistico, dovuto alla necessità di costruire nuovi edifici da destinare ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato. Le politiche abitative delle Fs avevano un carattere ibrido: si trattò infatti di programmi edilizi a vastissima scala distribuiti in modo capillare su tutto il territorio della penisola; essi erano, inoltre, affiancati da altrettanto estesi
interventi assistenziali nei più vari settori riguardanti le attività extra-lavorative dei ferrovieri. In questo modo venne riproposto, in particolare nei complessi a maggior densità abitativa, il modello del villaggio operaio, in forma però di quartiere cittadino (Ciuffetti 2004), provvisto di servizi e centri d’aggregazione esclusivi per i ferrovieri. L’Amministrazione ferroviaria adottò varie forme di finanziamento per la costruzione degli alloggi sovvenzionati(Vedi Figura 18); si possono in tal senso distinguere le case per ferrovieri in: • alloggi costruiti con fondi patrimoniali, che restavano inalienabili; • case economiche, costruite con i finanziamenti della Cassa depositi e prestiti, e gestite dall’Azienda case per ferrovieri, facente parte dell’Amministrazione ferroviaria ma avente una gestione autonoma; • case a proprietà individuale destinate ad essere riscattate, costruite da società cooperative edificatrici ferroviarie, convenzionate a vario titolo con le Fs. L’Azienda case economiche per ferrovieri, in particolare, gestì in prima persona la campagna edilizia Fs, e, oltre a collaborare sin dagli anni Dieci con gli Istituti autonomi per le case popolari, prese anche parte al grande piano nazionale di edilizia per lavoratori Ina-casa, che si svolse in due settenni successivi dal 1949-1955 e 1955-1962 (Pierini 2001).
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
1.3 San Marco e San Giusto: l’ evoluzione dei quartieri
Il quartiere di S. Giusto/S. Marco (Vedi Figura 19; Figura 20).è posto a sud della città e pur essendo in prossimità del centro storico ha assunto un carattere periferico a causa degli scarsi collegamenti funzionali con la città e con il territorio. Esso infatti è completamente circondato da grandi sistemi infrastrutturali (la S.G.C. e il sistema aeroportuale a sud e la ferrovia sui restanti lati), che costituiscono una vera e propria barriera e isolano il quartiere rispetto al resto della città.
Il sistema infrastrutturale che circoscrive il quartiere non solo ha costituito un forte limite ma ha anche reciso completamente i rapporti con le aree agricole cambiando il carattere originario dell’intera zona.
Da territorio agricolo caratterizzato da un sistema di radiali rurali che costituivano un collegamento funzionale tra la città e gli spazi aperti e mettevano in relazione diversi sistemi ambientali, ha assunto il carattere di un insediamento urbano molto eterogeneo.
Al tessuto tipicamente rurale di case corti ortogonali alla strada e orientate nord-sud con aia antistante, si sono aggiunte dall’inizio di questo secolo tipologie insediative di tipo urbano. Lo sviluppo è avvenuto inizialmente, lungo i percorsi storici con villini unifamiliari e case schiera e successivamente con complessi di edilizia economica e popolare a carattere unitario. In concomitanza con lo sviluppo dello scalo aeroportuale si sono avviate diverse azioni di urbanizzazione: la creazione dell’asse di ristrutturazione di via dell’aeroporto, con tipologie insediative ad alta densità, il consolidamento della rete stradale storica, con l’edificazione filo strada, la realizzazione di un tessuto di case unifamiliari e condomini che, in piccole lottizzazioni o isolati, inizialmente hanno occupato gli spazi liberi ai margini e successivamente si sono disposti in maniera caotica all’interno delle pertinenze o in seconda fila rispetto agli edifici preesistenti.
Nel quartiere comunque è ancora perfettamente leggibile l’antico carattere rurale: i giardini si alternano agli orti e, verso sud, man mano che ci si allontana dalla città tra lo spazio costruito si aprono ampie aree agricole intensamente coltivate che, pur avendo conservato l’assetto storico, risultano fortemente compromesse dall’impatto delle infrastrutture.
Lo sviluppo caotico dell’insediamento, la perdita delle attività artigianali ed il carattere residuale della realtà agricola hanno determinato un assetto molto eterogeneo degli spazi aperti in cui si susseguono aree interne agli isolati non più coltivate o occupate solo in parte da orti, aree ex-industriali oggi abbandonate e aree coltivate in maniera episodica e saltuaria, potenzialmente utilizzabili per la creazione spazi verdi e luoghi aggregativi. La dotazione di servizi e di attrezzature pubbliche infatti non è sufficiente a riequilibrare il forte deficit di standard - di verde pubblico, di piazze e di parcheggi - che si riflette nella mancanza di qualità, aggravata dalle condizioni di inquinamento, soprattutto acustico, legate alle infrastrutture di trasporto che circondano l’area.
A tali condizioni di mancanza la vita del quartiere si è adattata e trova oggi compensazioni parziali nella presenza diffusa degli orti e delle aree agricole interne all’abitato, che assumono dunque importanza non solo da un punto di vista storico e ambientale ma anche da un punto di vista sociale.
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 19
Pisa: Quartiere di San Giusto
Figura 20
Figura 21
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 23
Vista su Piazza Giusti
Figura 25
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 27
Vista dalla passerella sulla proprietà delle F.S.
Figura 28
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 30
Vista dalla passerella sull’ attuale parcheggio
Figura 31
Figura 32
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 34
Vista di uno dei capannoni delle F.S.
Figura 35
Figura 36
Piano di Riqualificazione in San Giusto a Pisa: Progetto della Mobilità e del Parco Urbano
Figura 38
Vista del cavalcavia di San Giusto
Figura 3