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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

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Academic year: 2021

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Con il presente lavoro è stato effettuato uno studio sul credito cooperativo, dalle radici alla situazione attuale e prospettica, indagando sui possibili effetti dell’applicazione delle norme contenute nel Nuovo Accordo di Basilea, per il presidio del rischio di credito, allo scopo di evidenziare le tendenze evolutive in atto nel comparto in questione.

A questo scopo vengono confrontate diverse scelte strategiche effettuate dalle banche esponenti di questo settore, in merito ai percorsi evolutivi intrapresi.

Con l’introduzione di Basilea 2, per quanto disposto in merito al rischio di credito, vengono riscontrati numerosi effetti sull’intero sistema bancario, differenziati da caso a caso in relazione al tipo di intermediario considerato, alla sua dimensione e alle sue potenzialità economiche. Il Nuovo Accordo ha infatti introdotto un sistema più articolato di metodi per il calcolo dei requisiti patrimoniali, contemplando metodologie semplici o avanzate, da scegliere nel rispetto del cosiddetto principio di proporzionalità. L’articolazione di tali metodi per il rischio di credito si riconduce al metodo standard, che prevede una ponderazione meccanica per le esposizioni, correlata al rating di controparte elaborato da agenzie esterne, e il metodo più evoluto, che prevede il calcolo del rating con un modello interno alla banca e quindi una ponderazione più differenziata e precisa.

La possibilità di elaborazione e utilizzo di un modello interno, IRB, piuttosto che l’uso di metodi standardizzati, comporta nell’immediato diversi effetti per le piccole banche locali.

In primo luogo, si impone una rivisitazione del rapporto banca – impresa: in una realtà economica come quella italiana, la predominanza di PMI unrated implica la possibilità di assistere a fenomeni di selezione avversa. È infatti, ragionevole attendersi che imprese sia grandi che piccole e medie, senza rating esterno, si rivolgano ad istituti che, grazie all’adozione di metodi avanzati, possono permettersi una maggiore personalizzazione del credito, offrendo quindi migliori condizioni contrattuali. Questa tendenza può potenzialmente divenire causa del deterioramento del merito creditizio della clientela, che si rivolge alle banche minori. Il peggioramento qualitativo in

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questione è causato in tal senso, dalla mancanza di offerta di credito a questi soggetti, da parte degli altri istituti bancari.

Queste possibilità possono, però, essere combattute, specialmente dalle banche di credito cooperativo, puntando sul patrimonio informativo, più dettagliato, di cui esse dispongono. In funzione della vicinanza locale e personale, con il proprio cliente, sia in risposta al disposto delle norme, sia in risposta alla propria vocazione mutualistica e territoriale, le BCC possono permettersi più ampi spazi di manovra in termini di personalizzazione del credito. Puntando quindi su tali elementi, è possibile ovviare a questi ostacoli, se non addirittura trasformarli in una ulteriore leva per la spinta concorrenziale.

Volgendo, invece, lo sguardo alle singole realtà bancarie, la scelta evolutiva verso metodi avanzati, implica una sofisticazione del risk management e dell’assetto organizzativo in generale, con l’inevitabile necessità di affrontare ingenti investimenti, spesso proibitivi.

Alla luce di questo sintetico quadro, le BCC si troverebbero costrette ad adottare metodologie standard, e valorizzare le proprie peculiarità operative al fine di rimuovere gli ostacoli portati dalle norme, così come le stesse hanno auspicato.

Tuttavia, anche in questo settore, si sente l’esigenza di elaborare modelli interni, al fine di ottenere una maggiore diversificazione del portafoglio e dell’offerta creditizia e una migliore gestione post-concessione. Inoltre, se adeguatamente predisposti, gli eventuali modelli interni possono divenire un’ulteriore leva per valorizzare le peculiarità del credito cooperativo.

In questo senso, il maggior patrimonio informativo di tipo qualitativo, detenuto dalle BCC, se efficacemente inserito nei modelli di calcolo, e adeguatamente valorizzato all’interno del metodo, può ridivenire un importante punto di forza.

Nella fattispecie del credito cooperativo, l’elaborazione di questi strumenti risulta però difficoltosa in relazione alla piccola dimensione delle banche considerate, e alle minori possibilità che dalla stessa conseguono, sia in termini economici e finanziari, sia in termini di capacità di gestione del cambiamento organizzativo: le competenze richieste in questi frangenti sono spesso troppo elevate e non possedute da questi intermediari. In relazione a tali problematiche le BCC si trovano impreparate ad affrontare le sfide concorrenziali poste dalla nuova normativa, ma comunque decise a rispondere

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prontamente alle stesse, benché l’utilizzo di metodi evoluti negli intermediari minori non sia richiesto né esplicitamente auspicato dalla vigilanza.

Le nuove variabili concorrenziali sono, pertanto, state affrontate dalla generalità delle banche esponenti del credito cooperativo, con il ricorso al supporto delle associazioni di categoria.

Il network creato nel tempo dalle BCC, facente capo all’associazione nazionale Federcasse, rispondendo alle proprie funzioni di consulenza costante e canale di outsourcing, ha elaborato in questi anni un primo modello per l’attribuzione di un rating di controparte. Tale sistema, detto di Classificazione del Rischio di Credito (CRC), è stato articolato in maniera tale da valorizzare al massimo le informazioni a disposizione delle BCC e garantire un ulteriore valore aggiunto all’utilizzo dello stesso. Esso si pone come adeguato punto di partenza verso la definitiva evoluzione delle tecniche utilizzate, inserendosi oggi nelle fasi gestionali per divenire in futuro uno strumento utilizzabile anche a fini di vigilanza.

Con tale strumento, si ottiene un rating attraverso l’integrazione di due analisi: una economico-finanziaria e una strategico - qualitativa. Per quanto riguarda la prima, sono contemplate le medesime informazioni utilizzate anche dalle maggiori banche in questa sede (dati di bilancio, flusso di ritorno dalla Centrale dei Rischi, analisi delle pregiudizievoli e del precedente rapporto con il cliente ecc.), mentre nella seconda analisi è possibile notare il connotato tipico del modello. Nell’ambito qualitativo, in funzione delle particolarità delle BCC, la potenziale controparte è analizzata sotto il profilo gestionale, di governance, di rischio e di posizionamento strategico nel settore di appartenenza. L’elaborazione dei dati ottenuti in questa sede ha un elevato peso nel calcolo finale, (30%), appunto per sottolineare la peculiare importanza di tali aspetti nel rapporto banca cooperativa-cliente.

Al termine del processo si giunge ad un punteggio della controparte (scoring), corrispondente ad una delle dieci classi di merito possibili, che può essere ulteriormente valutato in funzione di giudizi soggettivi dell’analista, (notching) con possibilità di modifica del rating finale.

Il metodo in questione, introdotto nelle singole realtà bancarie, si propone come primo valido punto di appoggio che inserito adesso ad uso gestionale (in fase di concessione del credito e successivo controllo), può evolversi nel tempo ad opera di miglioramenti interni per essere definitivamente integrato nella gestione del rischio di credito, anche a

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fini di vigilanza. Inoltre l’adozione comune alle associate permette una continua confrontabilità delle informazioni ottenute, utilizzabile per eventuali analisi di performance della massa creditizia.

Nel prosieguo dello studio la scelta comune di evoluzione suesposta, è stata messa a confronto con quanto realizzato in un’altra banca, indipendente dal network, ovvero la BCC di Cambiano. Questo istituto già dal 2006 ha elaborato un modello interno, usato oggi a fini gestionali, in grado di attribuire un giudizio finale sul merito creditizio della controparte.

Il modello, utilizzato sia a fini concessori che in fase di monitoraggio dell’esposizione, utilizza le stesse informazioni considerate nell’uso del CRC. Nell’analisi quantitativa sono utilizzati trenta diversi modelli di calcolo, differenziati in base al tipo di controparte e al settore di appartenenza, che si basano sulle ordinarie aree d’indagine della fase istruttoria. Il profilo qualitativo analizza i profili considerati anche nel CRC, tramite questionari presentati al cliente in fase di richiesta di fido, le cui risultanze risultano però avere un peso minore del 30% nella valutazione globale. Al termine del processo che porta all’assegnazione di una determinata probabilità di default, il cliente è inserito in una classe di merito, (da ottimo a default), scelta tra un totale di nove.

Nell’utilizzo di questo strumento è data, poi, maggiore rilevanza al processo di notching, che permette uno slittamento di classe, in positivo o in negativo, del rating finale; tali slittamenti assumono nella gestione della massa creditizia, un’importanza tipica nella banca considerata, in quanto si inseriscono nel processo di delega del potere decisionale a fini concessori, spostando la possibilità della decisione finale da un livello gerarchico all’altro.

Il modello si inserisce infine nella globale gestione degli impieghi, divenendo il primo e più oggettivo elemento in grado di rispondere alle esigenze di early warning.

Dall’analisi globale emerge che i due metodi approfonditi si mostrano lievemente diversi nella struttura, ma entrambi capaci di valorizzare l’intermediazione creditizia delle BCC. Essi mostrano inoltre, la concreta spinta del credito cooperativo verso un’evoluzione tecnica in grado di arginare il gap col sistema bancario.

In sintesi, la possibilità di puntare ad un avanzamento, che sarebbe più tipico delle grandi banche, è stata subito sfruttata dalle BCC, avvalendosi della struttura reticolare, laddove la singola iniziativa non era possibile. A questo riguardo, il confronto con il caso analizzato, che si pone in posizione alternativa rispetto a Federcasse, evidenzia che

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tali possibilità possono presentarsi anche in singole realtà, portando talvolta a risposte ancora più pronte e se adeguatamente studiate, più personalizzate e perfettamente adattabili alle strutture di riferimento.

I metodi in questione meritano comunque una particolare attenzione nei passi successivi di implementazione: risulta necessario lavorare ancora sulla precisione degli stessi, sulla segmentazione della clientela che appare ancora troppo ristretta, sull’applicazione del modello a tutte le esposizioni e sulla necessità di adattare lo strumento comune alle singole realtà, (nel caso del CRC).

Dalla sintesi del confronto emerge che la possibilità di evolvere verso l’avanzamento delle metodologie utilizzate per il presidio del rischio di credito sta già divenendo realtà, sia se ci riferiamo all’attività svolta all’interno del network del credito cooperativo, sia se volgiamo l’attenzione ad una singola BCC, come quella studiata. La pronta creazione di modelli avanzati anche a livello individuale, sebbene collegata alla presenza di maggiori possibilità, aumenta l’aspettativa verso la crescita del comparto, segnalandone la fattibilità. Ciò lascia ben presagire sulla futura evoluzione del settore e sulla conferma della sua importanza nel sistema del credito, confermando l’attualità degli obiettivi che hanno mosso l’iniziativa cooperativa dalla costituzione ad oggi.

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