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CAPITOLO 2

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

I metalli pesanti e l’ambiente

I composti inorganici, sebbene inferiori di numero rispetto ai composti organici di sintesi, rappresentano un serio problema ambientale in quanto sono inseriti nell’ecosistema globale in forme chimico-fisiche diverse, che ne possono facilitare una rapida e ampia diffusione. A differenza delle sostanze organiche che possono andare incontro a spontanea degradazione, gli “elementi chimici” sono indistruttibili e molti di essi, in particolar modo i metalli, mostrano spesso una notevole tendenza all’accumulo (Greim e Deml, 2004).

I metalli sono elementi dotati di buona conducibilità termica ed elettrica e, a temperatura ambiente, si presentano allo stato solido, fatta eccezione per il mercurio. Alcuni, tra cui piombo, cadmio, mercurio, cromo e manganese sono detti “metalli pesanti” sulla base del loro peso atomico e di altre caratteristiche particolari (Silvestroni, 1998).

Nell’applicazione agli “elementi” dei criteri generali utilizzati per l’identificazione del rischio da sostanze chimiche, è necessario soffermarsi su alcune caratteristiche che li rendono peculiari rispetto agli inquinanti organici. In quanto componenti intrinseci dell’ambiente, essi sono coinvolti in cicli biogeochimici di grande complessità, con potenziale inquinamento dell’ambiente stesso e ricadute pericolose sull’uomo (Rapporto ISTISAN, 1989).

La presenza dei metalli pesanti nell’ambiente può avere due origini principali: naturale e antropogenica.

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Le fonti naturali più frequenti sono: eruzioni, incendi boschivi, disgregazione rocciosa e deposizione atmosferica che provocano accumulo soprattutto nelle acque superficiali, nel suolo e nella vegetazione (Rapporto ISTISAN, 1989).

Fra le cause antropogeniche, le più importanti per l’emissione di metalli pesanti nell’ambiente sono il consumo di combustibili fossili, l’estrazione ed il trattamento dei minerali, la lavorazione dei metalli stessi e lo smaltimento dei rifiuti industriali e civili (Bini e Angelone, 1992). Come facilmente intuibile, nelle zone industrializzate le emissioni antropogeniche di metalli in atmosfera sono maggiori di quelle naturali (Greim e Delm, 2004).

E’ possibile che in condizioni particolari i metalli pesanti siano presenti in concentrazioni molto alte anche in ambienti non industrializzati, situazione questa che complica le analisi quando sia necessario effettuare una discriminazione fra i livelli naturali di metalli pesanti e quelli influenzati dall’inquinamento.

La geochimica degli elementi e i vari processi di trasformazione che avvengono all’interno dei diversi comparti ambientali rivestono un’importanza fondamentale nella comprensione dei fenomeni di trasferimento, accumulo e bioaccumulo di elementi tossici derivanti da attività antropogeniche (Rapporto ISTISAN, 1989).

Orientativamente, i metalli si possono trovare nel suolo sotto le seguenti forme

• Parte integrante dei reticoli cristallini;

• Impurezza interstrato;

• Precipitati semplici o complessi;

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• Addensati come cationi di scambio sulle superfici attive dei colloidi minerali ed organici (www.digilander.libero.it).

Le radici delle piante assimilano ioni metallici come tali o in forma di chelati e di conseguenza si possono ritrovare nei successivi passaggi della catena trofica (Goldeberg e Zaccheo, 1998).

La contaminazione del suolo può avere come conseguenza anche una contaminazione dell’aria, dovuta ad esempio ad un processo di “deriva” in seguito al trattamento del suolo e della vegetazione con composti fumiganti, o al trasporto nell’aria ad opera del vento di particelle di polvere contaminata (Kocak e coll., 2004). Dal punto di vista del rischio per la salute umana, comunque, la contaminazione delle acque è una delle conseguenze più gravi e più persistenti. Infatti, un contaminante del suolo può raggiungere per lisciviazione le falde acquifere, può essere trasportato dalle acque superficiali oppure essere assorbito dalle piante con il flusso d’acqua di traspirazione. A causa della contaminazione indiretta dell’acqua, l’uomo può così risultare esposto alla contaminazione del suolo tramite tutte le vie di assunzione possibili (Biscombe e coll., 2004).

La porzione di certi elementi trasportata dall’acqua, confrontata con la porzione trasportata attraverso l’atmosfera, dipende dalle proprietà fisiche dell’elemento. Infatti, alcuni elementi – quali As, Cu, Cd, Hg, Mo, Pb, Se, Sb, Zn (atmofili) – vengono maggiormente trasportati dall’atmosfera, mentre la mobilità di altri – quali alluminio (Al), cobalto (Co), cromo (Cr), ferro (Fe), nickel (Ni), manganese (Mn), vanadio (V), titanio (Ti) (litofili) – è più spesso associata alle acque (Nimmo e coll., 2003). Gli elementi atmofili esibiscono la tendenza all’accumulo sul particolato atmosferico fine e, poiché le polveri di origine antropogenica

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sono di granulometria più fine di quelle naturalmente presenti, ne consegue che gli elementi atmofili provenienti da attività antropogeniche, risiedono nell’atmosfera molto più tempo che gli elementi litofili. I metalli emessi nell’atmosfera provenienti da varie sorgenti sono trasportati per distanze differenti a seconda del loro stato di aggregazione (gassoso, vapore o particolato) prima di essere lavati via dall’aria e immessi nei suoli e negli oceani. Alcuni studi hanno evidenziato che molti metalli associati con materiale particolato grossolano sono stati depositati entro un’area di 10 km dalla sorgente di emissione (Herut e coll., 2001).

Nell’ambiente acquatico i metalli possono essere presenti nella forma dissolta come ione idratato libero, ione complessato o chelato con ligandi

inorganici (inclusi OH- , CO32- , Cl- ), oppure con ligandi organici incluse ammine, proteine, acidi umici e fulvici e con molecole organiche, e infine come precipitato incorporato in particelle organiche tipo plancton. Generalmente, la solubilità in acqua decresce in uno stesso gruppo del sistema periodico con l’aumentare del numero atomico. La solubilità dipende dalla presenza di altre specie chimiche (essenzialmente ioni H+) e dal solvente (Rapporto ISTISAN, 1989).

La solubilità dei composti metallici in acqua e nei lipidi riveste un ruolo tossicologico molto importante, poiché influenza la biodisponibilità e l’assorbimento degli elementi chimici da parte degli organismi. Per gli elementi è un parametro fisico molto importante, che determina in generale la distribuzione nelle diverse fasi dei comparti abiotici e l’affinità tissutale in quelli biotici (Bini e Angelone, 1992).

Per quanto riguarda gli alimenti, è ormai assodato che la principale fonte di contaminazione degli alimenti sia rappresentata dall’ambiente, come

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pure non c’è dubbio che i metalli pesanti giungano all’uomo in gran parte attraverso la catena alimentare. In linea di massima, si può affermare che tanto maggiore è la quantità di metalli nell’ambiente, tanto maggiore sarà la loro presenza nei vegetali e conseguentemente la loro presenza negli animali e nelle derrate alimentari da essi derivanti (Bini e Angelone, 1992). In particolare, il terreno e l’acqua rappresentano la fonte primaria di contaminazione degli alimenti. La quantità di metalli presenti nel terreno o nelle acque ne condiziona la presenza nei vegetali e, pertanto, ogni contaminazione dell’ambiente avrà come ripercussione l’incremento di tali metalli in ciò che si può considerare il primo anello della catena alimentare (Tiecco, 2001).

Riguardo agli alimenti di origine animale, occorre precisare che quando la quantità di metalli è tanto elevata da indurre una patologia evidente nell’animale, non ha motivo di esistere alcun problema ispettivo, dato che le carni non vengono destinate al consumo umano. Il problema, invece, diviene importante nei casi in cui i dosaggi presenti non siano tali da indurre fenomeni morbosi manifesti nell’animale e pertanto tali contaminanti possono residuare nelle carni. Gli organismi animali non assorbono completamente le quantità di metalli pesanti ingeriti; ne esistono alcuni che non vengono affatto assimilati e pertanto sono eliminati totalmente con le feci, mentre altri vengono totalmente o in parte assimilati, ma eliminati in seguito con le urine, la bile o il sudore e solo in piccola parte residuano in qualche distretto organico dove si accumulano (Tiecco, 2001).

In seguito ad una descrizione generica dell’impatto dei metalli pesanti sull’ambiente, elenchiamo alcune caratteristiche di quelli ai quali abbiamo rivolto il nostro interesse in questo studio: piombo, cadmio e

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2.1 Piombo

Il Piombo è il quinto elemento del quarto gruppo della tavola periodica; ha peso atomico pari a 207,2 con una densità di 11,34 (Silvestroni, 1988).

E’ presente in natura nelle forme di carbonato, solfato, clorofosfato, cromato e solfuro (www.apat.gov.it). L’apporto antropogenico è dovuto soprattutto all’uso del piombo nell’industria petrolchimica come additivo antidetonante delle benzine (anche se sempre in minor quantità col passare degli anni, data l’introduzione delle benzine verdi). Viene usato, inoltre, per la produzione di batterie, schermi di protezione contro radiazioni ionizzanti, esplosivi, vernici, come pigmento nell’industria chimica e nell’industria produttrice di cristalli.

Anche se quasi assente nei sistemi biologici, ha un notevole impatto ambientale a causa della notevole facilità con la quale viene assimilato dalle piante ed immesso nel resto della catena trofica, provocando disturbi nella fotosintesi, nella traspirazione delle piante e sul funzionamento degli enzimi negli animali (Lorenzini, 1983).

La principale fonte di esposizione sono gli alimenti, anche se, come accennato, le conseguenze tossiche sono dovute ad assunzione eccessiva di questa sostanza da fonti ambientali differenti (Wennberg e coll., 2005).

Nel corso dell'ultimo decennio il tenore di piombo negli alimenti è diminuito notevolmente a causa della presa di coscienza dei problemi sanitari ad esso collegati, degli sforzi compiuti alla fonte per ridurre le emissioni di piombo e dei progressi compiuti a livello qualitativo delle analisi chimiche. Il Comitato Scientifico per l’alimentazione della

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Commissione Europea (SCF) ha dichiarato, nel parere del 19 giugno 1992, che il tenore medio di piombo nei prodotti alimentari non desta preoccupazione, tuttavia è opportuno proseguire nell'azione a lungo termine allo scopo di ridurre ulteriormente il tenore medio di piombo nei prodotti alimentari.

2.2 Il Cadmio

Il Cadmio è un elemento di transizione con peso atomico 112,41 e densità di 8,64 (Silvestroni,1988). L’apporto antropogenico è dovuto al largo uso nei processi galvanici di elettroplaccatura di metalli e di leghe (soprattutto per il fatto che è possibile sfruttare il suo basso punto di fusione e migliorare le proprietà meccaniche) e dalle emissioni derivanti dal consumo di tabacco (Elinder e coll., 1982; Skerfving e coll., 1999). E’ utilizzato come pigmento colorato, per stabilizzare il PVC o per la produzione di pile ricaricabili a lunga durata (Cd/Ni e Cd/Pb).

E’ assorbito con estrema facilità dagli organismi acquatici: infatti i crostacei, le cozze, le ostriche, i pettini possono essere le principali fonti di cadmio alimentare. Anche le piante hanno un’alta capacita di legare questo metallo, venendo a costituire una delle possibili fonti di contaminazione (Lorenzini, 1983).

2.3 Il Cromo

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E’ presente in alcuni minerali di cui il più diffuso è la CROMITE, ma è anche presente in piccole quantità nei silicati.

L’apporto antropogenico è dovuto al suo largo impiego in siderurgia galvanica, industria chimica (catalizzatori, coloranti e funghicidi), in medicina (utilizzato come isotopo radioattivo), nella concia delle pelli, nella mordenzatura e stampa dei tessuti, in fotografia e litografia, nella produzione di abrasivi e materiali refrattari per altoforni (Aravindhan e coll., 2004).

Questo metallo può esistere in sei stadi di ossidazione, compresi tra +2 e +6, ma soltanto la forma trivalente è la più comune, mentre quella esavalente è la più rilevante nell’industria (Silvestroni, 1998). Quest’ultima forma ha la capacità di attraversare facilmente le membrane cellulari e all’interno di queste viene poi ridotta alla forma trivalente, elemento essenziale, a basse concentrazioni, per il corretto funzionamento dell’apparato cardiovascolare (Vrtovec e coll., 2005).

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