CAPITOLO 3
3.1 SISTEMI DINAMICI
Un sistema viene definito dinamico quando le azioni variano nel tempo in modo da generare forze d’inerzia non trascurabili e per questo motivo la risposta di un sistema a tale azione deve essere seguita nella sua evoluzione temporale.
Per la descrizione della risposta dei sistemi dinamici si può adottare una visione di tipo deterministico oppure aleatoria o stocastica; la scelta del tipo di descrizione dipende spesso dalle caratteristiche dell’azione considerata. Viene in genere adottata una descrizione di tipo deterministico se l’azione è nota nella sua evoluzione, sia essa periodica o non periodica; se invece l’azione è casuale, viene considerato un approccio di tipo non deterministico.
Il problema della descrizione della risposta non è l’unico nella dinamica strutturale, bensì si pongono altri problemi matematici riguardanti sia i sistemi deterministici che aleatori; infatti per il sistema strutturale descritto (figura 3.1) si distinguono i problemi
diretti da quelli inversi.
AZIONE DINAMICOSISTEMA RISPOSTA
fig. 3.1: Sistema dinamico
Si definiscono diretti quei problemi che consistono nella costruzione di un modello analitico mediante il quale è possibile valutare la risposta del sistema dinamico ad una assegnata azione esterna. Si definiscono, invece, inversi quei problemi per i quali la risposta del sistema dinamico costituisce sempre un’informazione disponibile; essi vengono ulteriormente classificati a seconda delle informazioni a disposizione in: 1) problema di progetto: data l’azione e tenendo conto delle limitazioni cui deve
sottostare la risposta, si progetta il sistema;
2) problema di controllo: data la descrizione del sistema e data una risposta desiderata, si determina l’azione necessaria a produrla;
3) problema d’identificazione: data l’azione, nota sperimentalmente la risposta, si determina un modello della struttura.
Occorre osservare che la definizione classica riguardante i problemi d’identificazione può essere estesa anche a quei casi in cui non si conosce l’azione, pur essendo nota la risposta. Nel presente studio è stata implementata una analisi di questo tipo,
ovvero l’identificazione dei sistemi “output-only”, cioè di quei sistemi di cui si conosce solo la risposta.
Le tecniche d’identificazione dinamica sperimentale delle strutture maggiormente usate sono quelle agenti nel dominio delle frequenze in quanto i parametri di vibrazione sono desunti dall’analisi di Fourier della risposta ottenuta applicando forzanti di varia natura. Queste tecniche hanno però validità limitata ed in particolare possono essere impiegate per strutture con smorzamento ridotto e con modi sufficientemente spaziati in frequenza.
L’adozione di queste tecniche può comportare quindi errori nella stima dei parametri modali quando si abbia a che fare con forme modali che si sovrappongono (frequenze molto vicine) o con smorzamenti rilevanti.
Per ovviare a questi inconvenienti, negli ultimi decenni ed a partire dal campo aeronautico, sono stati sviluppati alcuni metodi d’identificazione che si muovono nel dominio del tempo.
Tra questi uno dei più famosi è l’Ibrahim Time Domain Method ITD che, insieme alla
Random Decrement Signature Technique RDT (una particolare tecnica di
trattamento dei dati), permette di risalire ai parametri di vibrazione delle strutture qualsiasi sia la causa che ne provoca il moto.
3.2 PROBLEMA DIRETTO
Un approccio diretto nell’analisi dei sistemi dinamici consiste generalmente nel costruire tre modelli: un modello spaziale, un modello modale e un modello di risposta.
Nel modello spaziale c’è la descrizione fisica delle caratteristiche della struttura in termini di massa, rigidezza e smorzamento.
Nel modello modale c’è la descrizione modale della struttura in termini di frequenze naturali, forme modali e rapporti di smorzamento; è essenziale osservare che in questo modello si descrive come la struttura è capace di vibrare naturalmente, senza eccitazioni esterne: si descrivono cioè delle caratteristiche intrinseche della struttura. Nel modello di risposta c’è la descrizione di come la struttura vibra sotto determinate eccitazioni; questa terza fase risulta conclusa quando sono definite le funzioni di risposta in frequenza.
3.2.1 Richiami di dinamica strutturale
La dinamica dei sistemi può essere analizzata mediante la seconda legge di
Newton ed il Principio di D’Alambert, che affermano che ogni sistema è sempre in
equilibrio sotto l’azione delle forze attive {F(t)}, di quelle reattive {Φ(t)} e delle forze d’inerzia –m{a(t)}. Il principio può essere espresso dalla ben nota equazione del moto (3.1) ottenuta imponendo l’equilibrio delle forze della figura 3.3:
0
)}
(
{
)}
(
{
)}
(
{
F
t
+
Φ
t
−
m
a
t
=
(3.1) nella quale m e{a(t)} sono rispettivamente massa e accelerazione del sistema materiale.Per un modello continuo, ad esempio, la (3.1) diviene:
{
}
(
)
{
}
{
}
∫
=
∫
+
∫
∂
∂
V V V S SdS
t
z
y
x
f
dV
t
z
y
x
f
dV
t
z
y
x
v
t
z
y
x
t
2
(
,
,
,
)
(
,
,
,
)
(
,
,
,
)
(
,
,
,
)
2
ρ
(3.2)essendo ρ(x,y,z,t) e {v(x,y,z,t)} rispettivamente la densità di massa e lo spostamento di un qualunque punto del corpo, {fV (x,y,z,t)} e {fS (x,y,z,t)} le forze per
unità di volume e per unità di superficie agenti sul corpo, V il volume occupato dal sistema ed S la sua superficie esterna.
In generale non è possibile trovare una soluzione analitica della (3.2), se non per strutture particolarmente semplici ed a prezzo di pesanti ipotesi semplificative sulla natura del legame costitutivo e sull’entità delle deformazioni e degli spostamenti. Tuttavia i mezzi continui possono essere discretizzati, per esempio mediante la tecnica degli elementi finiti e in tal modo le equazioni differenziali che ne descrivono il comportamento, vengono ridotte a sistemi di equazioni algebriche, la cui soluzione approssima quella esatta tanto meglio quanto più è fitta la discretizzazione impiegata.
Con la notazione matriciale, l’equazione del moto non smorzato di una struttura diventa:
}
{
)}
(
]{
[
)}
(
]{
[
M
u
&&
t
+
K
u
t
=
f
(3.3) in cui [K] indica la matrice delle rigidezze, {u(t)} il vettore degli spostamenti ed {f} è il vettore delle forze applicate.Se le sole forze applicate sono quelle d’inerzia, allora risulta che:
)}
(
]{
[
}
{
f
=
−
M
u
&&
t
(3.4) dove [M] è la matrice delle masse.Sostituendo le forze d’inerzia (3.4) nell’equazione del moto si ottiene il sistema di equazioni di un sistema non forzato a masse concentrate:
}
0
{
)}
(
]{
[
)}
(
]{
[
M
u
&&
t
+
K
u
t
=
(3.5) La (3.5) si riferisce al moto libero e non smorzato di un sistema con molti gradi di libertà: il caso più generale del moto forzato di un sistema dissipativo si ottiene con l’aggiunta del termine dissipativi (vedi sotto).La presenza di azioni esterne comporta l’aggiunta di un termine {F(t)} rappresentativo delle azioni esterne note, mentre gli effetti della dissipazione vengono tenuti in conto introducendo un termine [C &]{u(t)}, prodotto di una matrice [C] detta di smorzamento per la velocità; si ottiene quindi:
)}
(
{
)}
(
]{
[
)}
(
]{
[
)}
(
]{
[
M
u
&&
t
+
C
u
&
t
+
K
u
t
=
F
t
(3.6) Per i sistemi discreti la matrice delle masse [M] è una matrice diagonale (dettalumped mass matrix) i cui elementi non nulli sono le masse concentrate, associate ai
rispettivi gradi di libertà.
Spesso questo modello rappresenta un’approssimazione accettabile anche per i sistemi continui discretizzati. In questo caso i termini diagonali della matrice delle masse sono formati con i valori risultanti delle masse distribuite, associate a ciascun nodo secondo il criterio d’influenza adottato.
Questo procedimento però non è sempre accettabile, né si può sempre trascurare il fatto che la massa distribuita è associata a più di un grado di libertà.
Nell’ambito del metodo agli elementi finiti, ad esempio, essendo il campo degli spostamenti in un mezzo continuo {u(x,y,z,t)} espresso come:
)}
(
)]{
,
,
(
[
)}
,
,
,
(
{
u
x
y
z
t
=
N
x
y
z
u
0t
(3.7) in cui [N(x,y,z)] indica una matrice di funzioni interpolanti e {u0(t)} è il vettore deglispostamenti nodali, la (3.4) diviene:
)}
(
{
)]
,
,
(
[
)]
,
,
(
)[
,
,
(
}
{
f
x
y
z
N
x
y
z
N
x
y
z
dV
u
0t
V T
∫
−
=
ρ
(3.8) in cui:∫
=
V TN
x
y
z
dV
z
y
x
N
z
y
x
M
]
(
,
,
)[
(
,
,
)]
[
(
,
,
)]
[
ρ
(3.9)è la matrice “coerente” delle masse, consistent mass matrix, del sistema discretizzato [20].
Di più difficile determinazione è la matrice di smorzamento [C]. La capacità dissipativa delle strutture, infatti, dipende da molti fenomeni che non sono ancora chiaramente compresi; per questo motivo non è usualmente possibile costruire la matrice [C] partendo dalla geometria della struttura e dalle caratteristiche dei materiali, in modo simile a quello con cui si calcolano le matrici di rigidezza e di massa. Di solito i valori degli smorzamenti delle strutture si assegnano globalmente, sulla base di risultati sperimentali, misurati su strutture di analoghe caratteristiche. Dati i metodi con cui è possibile misurare lo smorzamento di una struttura (per esempio sulla base del decadimento di ampiezza delle oscillazioni libere, o sull’ampiezza della risposta di risonanza), ciò che è noto, di solito, sono i valori dei rapporti di smorzamento ξi , definiti come ξi =ci/2 kimi nella quale mi, ci e ki sono
rispettivamente gli elementi delle matrici [M], [C] e [K] relativi all’i-esimo modo, dei primi modi di vibrazione della struttura; quindi si conoscono i valori di ξi e non degli elementi della matrice [C].
In genere si assume che la matrice di smorzamento [C] sia esprimibile come combinazione lineare delle matrici [M] e [K] definita come:
]
[
]
[
]
[
C
=
α
M
+
β
K
(3.10) con α e β coefficienti opportuni. In questo caso [C] diventa diagonale ed è detta matrice di smorzamento proporzionale.Se [C] è proporzionale semplicemente a [K], cioè α=0, il rapporto di smorzamento ξ è direttamente proporzionale ad ω: i modi superiori risultano perciò tanto più smorzati quanto più sono lontani dal primo. Se invece [C] e proporzionale semplicemente ad [M], cioè β=0, il rapporto di smorzamento ξ è inversamente proporzionale ad ω: i modi superiori risultano in tal caso meno smorzati dei primi.
Le osservazioni sperimentali indicano come più realistica la prima ipotesi. In effetti, eccitando con una forza pulsante una struttura e incrementando via via la frequenza dell’eccitatrice, si nota che le amplificazioni della risonanza sono sempre meno accentuate in corrispondenza dei modi successivi al primo, fino talvolta a perderle del tutto. I modi superiori sono cioè talmente smorzati che anche in condizioni di risonanza non portano un contributo apprezzabile alla risposta complessiva. Per questo motivo l’analisi modale si arresta di solito ai primi modi trascurando del tutto i modi superiori al terzo o al quarto.
Ci sono altri casi, ma rari, in cui la matrice [C] diventa diagonale. Un caso che si presenta di frequente è invece quello in cui lo smorzamento è molto piccolo. In questi casi l’accoppiamento delle equazioni dovuto ai termini fuori diagonale della matrice [C] può essere considerato come un effetto del secondo ordine e trascurando questi termini si ottengono soluzioni accettabilmente approssimate.
E’ possibile dimostrare che se la matrice di smorzamento è di tale tipo, i rapporti di smorzamento ξi possono essere espressi come:
+
=
i i iω
α
βω
ξ
2
1
(3.11)in cui
ω
i indica la frequenza delle oscillazioni libere e non smorzate del i-esimo modo, particolare configurazione spaziale associata alla frequenzaω
i tramite il problema agli autovalori che verrà illustrato nel seguito.Poiché dalla (3.10) la matrice [C] dipende solo dai due coefficienti α e β, fissati i valori degli smorzamenti di solo due modi, gli altri risultano automaticamente determinati mediante la (3.11).
Nel seguito è illustrata , a titolo di esempio, la soluzione del problema dinamico discreto con riferimento al caso ideale di smorzamento nullo [4][21][22].
3.2.2 Sistemi con vibrazioni libere
Nel caso di vibrazioni libere di un sistema non smorzato, il sistema di equazioni del moto diviene:
[ ]
M &&
{ }
y
(
t
)
+
[ ]
K
{ } { }
y
(
t
)
=
0
(3.12) Per la risoluzione del sistema (3.12), occorre ricercare una soluzione del tipo:{ } { }
y
(
t
)
=
v
⋅
e
i
ω
t
(3.13)con ω e {v} costanti da determinare. Sostituendo la (3.13) nella (3.12) si ottiene:
[ ]
{ }
[ ]
{ }
[ ] [ ]
[ ]
{ }
[ ]
[ ]
M
K
v
I
K
M
v
K
v
M
=
=
−
−
=
+
−
ω
ω
ω
0
2
1
0
2
(3.14)che è il problema agli autovalori e che, tralasciando la soluzione banale {v}= {0}, comporta:
[ ] [ ]
[ ]
(
)
0
det
M
−1K
−
ω
2I
=
(3.15) Questa equazione fornisce N valori di ω 2, autovalori della matrice del sistema[M]-1[K] di cui la (3.15) costituisce l’equazione caratteristica, con ω1, …ωN frequenze
(meglio pulsazioni) fondamentali o naturali o di risonanza del sistema, a cui corrispondono, secondo la (3.14), N autovettori {v}1,…{v}N vettori modali o modi
naturali (o più semplicemente modi) del sistema che descrivono la “forma” della
vibrazione. I modi naturali di vibrazione, autovettori della matrice del sistema, sono linearmente indipendenti e costituiscono una base per [M]-1[K].
Se si raccolgono gli N autovettori in un'unica matrice detta matrice modale si ottiene:
[ ]
V
=
[
{ } { }
v
1,
v
2,...,
{ }
v
n]
(3.15) E’ possibile raccogliere tutte le soluzioni del problema agli autovalori (3.14) come:[ ]
{ }
[ ]
{ }
N
j
v
M
v
K
j j j,...,
1
,
0
2=
=
ω
(3.16)o nella forma più compatta:
[ ][ ] [ ][ ]
K
V
=
M
V
[ ]
ω
2 (3.17)dove [ ω2] è la matrice spettrale definita come:
=
2 2 2 2 1 2.
.
0
0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0
.
.
0
0
.
.
0
]
[
Nω
ω
ω
ω
(3.18)Gli autovettori godono della proprietà di essere ortogonali tra loro, facilmente dimostrabile manipolando la (3.14), secondo la condizione di ortogonalità:
{ }
[ ]
{ }
≠
↔
=
↔
=
=
k
j
k
j
v
M
v
jk jk k T j0
1
δ
δ
delta di Kroneker (3.19)dalla quale, secondo la (3.14), risulta:
{ }
[ ]
{ }
ω
2 j j T jK
v
v
=
(3.20) Per il principio di sovrapposizione degli effetti, una qualsiasi configurazione di moto è esprimibile come combinazione lineare delle forme modali soluzioni del problema agli autovalori (3.14) e cioè:{ }
{ }
i t j N j je
v
a
t
y
=
∑
⋅
ω =1)
(
(3.21)dove aj è il fattore di partecipazione modale dato da aj ={v}jT [M] {y(t)} che dà una
misura di quanto il j-esimo modo influenzi il moto del sistema.
3.2.3 Sistemi con vibrazioni forzate
La forzante {F(t)} può essere di molteplici tipologie tra le quali ricordiamo: a) Forzante armonica del tipo:
{
F
(
t
)
} { }
=
F
sin(
ω
'
t
)
(3.22) b) Forzante periodica decomponibile in serie di Fourier:{
} { }
(
{ }
{ }
)
T
j
t
b
t
a
a
t
F
j j j j j j/
2
sin
cos
2
1
)
(
1 0π
ω
ω
ω
=
∑
+
+
=
∞ = j=1,2,…, ∞ (3.23)dove T è il periodo della funzione {F(t)}, minimo intervallo di tempo per il quale la funzione assume di nuovo il valore iniziale {F(t)} = {F(t+T)} e:
-
{ }
=
∫
T{
F
t
}
dt
T
a
01
0(
)
vettore dei valori medi (3.24)-
{ }
j=
∫
T{
F
t
}
jtdt
T
a
2
0(
)
cos
ω
vettore dei coefficienti spettrali {a}j (3.25)-
{ }
j=
∫
T{
F
t
}
jtdt
T
c) Forzante impulsiva per la quale è definito l’integrale:
{ }
F
ˆ
=
∫
−∞∞{
F
(
t
−
τ
)
}
dt
con {F(t-τ)} = {0} per t ≠τ (3.27)Se l’integrale di una delle componenti del vettore {F(t-τ)} assume valore unitario, la funzione integranda viene chiamata Delta di Dirac δ (t-τ);
d) Forzante random per la quale non sia possibile usare direttamente l’analisi di Fourier, in quanto vengono violate le condizioni di Dirichlet sulla limitatezza e continuità della funzione da scomporre in serie. L’analisi di Fourier è applicabile ad una grandezza legata alle componenti Fi(t) di {F(t)} nel caso in
cui la forzante sia descrivibile come un processo stazionario ed ergodico, ovvero:
∫
+
=
∞ → T i i T i F i FT
F
t
F
t
dt
R
(
τ
)
lim
1
0(
)
(
τ
)
(3.28) definita come la funzione di auto-correlazione la cui trasformata di Fourier è la:∫
=
−∞∞τ
−τ
π
ω
R
e
ωτd
S
FiFi FiFi(
)
i2
1
)
(
(3.29)definita come densità auto-spettrale di potenza (PSD).
Si analizza nel seguito la risposta del sistema nel caso di forzante armonica e forzante periodica.
a) Forzante Armonica (3.22)
Il sistema d’equazioni di moto (2.6) diviene:
[ ]
M
{ }
y
&&
(
t
)
+
[ ]
K
{ } { }
y
(
t
)
=
F
sin
ω
'
t
(3.30) per il quale cerchiamo una soluzione particolare del tipo:{ }
y
p
(
t
)
=
{ }
Y
sin
ω
'
t
(3.31) che sostituita nella (3.30) permette di scrivere:[ ]
M
{ }
Y
sin
'
t
[ ]
K
{ }
Y
sin
'
t
{ }
F
sin
'
t
2
'
ω
ω
ω
ω
+
=
−
(3.32) ovvero:{ }
Y
[ ]
K
'
2
[ ]
M
−1{ }
F
−
=
ω
(3.33) con ω diversa da qualsiasi delle frequenze naturali del sistema altrimenti la '[ ]
K −ω '2[ ]
M non è invertibile (poiché nella realtà è sempre presente losmorzamento questo problema non sussiste). La soluzione generale del problema risulta:
{ }
{ }
[ ]
{ }
{ }
[ ]
{ }
{ }
[ ]
K
[ ]
M
{ }
F
t
j
y
N
j
t
j
j
y
M
y
t
j
y
M
y
t
y
Tj Tj'
sin
2
'
1
sin
1
0
cos
0
)
(
1ω
ω
ω
ω
ω
−
−
+
+
∑
=
+
=
&
(3.34) b) Forzante Periodica (3.23)La soluzione al problema che si ricerca è del tipo:
(
)
∑
+
+
=
∞ =1 1{
(
)}
{
(
)}
)}
(
{
)}
(
{
j cj sj py
t
y
t
y
t
t
y
(3.35)essendo le funzioni che compongono la (2.35) soluzioni dei seguenti sottoproblemi :
-{y(t)}1→
[
M
]{
y
&&
(
t
)}
1+
[
K
]{
y
(
t
)}
1=
1
/
2
{
a
}
0 (3.36)-{y(t)}cj →
[
M
]{
y
&&
(
t
)}
cj+
[
K
]{
y
(
t
)}
cj=
{
a
}
jcos
ω
jt
(3.37)- {y(t)}sj →
[
M
]{
y
&&
(
t
)}
sj+
[
K
]{
y
(
t
)}
sj=
{
b
}
jsin
ω
jt
(3.38)Definendo la funzione di risposta [h(t)] tale che {y(t)}= [h(t)]{F(t)} e passando al dominio delle frequenze tramite le trasformate di Fourier, si ottiene:
{
Y
(
ω
)
}
=
[
H
(
ω
)
]
{
F
(
ω
)
}
(3.39) dove {F(ω)} è la trasformata di Fourier della forzante e la matrice [H(ω)] si chiama Funzione di Risposta in Frequenza (FRF) le cui componenti sono definite come:)
(
)
(
)
(
ω
ω
ω
F
Y
H
j j jj=
(3.40)con la condizione che:
0
)
(
ω
=
F
k (i,j,k =1..N ; k ≠ j) (3.41)3.3 PROBLEMA INVERSO: IDENTIFICAZIONE DEI SISTEMI DINAMICI
Il processo d’identificazione strutturale viene definito problema inverso in quanto, a partire dai dati rilevati, si cerca di costruire un modello che rappresenti la struttura. E’ necessario sottolineare il gran numero di tecniche a disposizione. Per affrontare il problema è quindi utile fare, in fase preliminare, una classificazione di tali
tecniche per poi evidenziare gli ambiti in cui sono collocate le elaborazioni successive.
In base alle conoscenze fisiche di partenza, si individuano tre categorie di identificazione:
1) identificazione “black box”: se il sistema sul quale il modello viene calibrato, è identificato senza il supporto di conoscenze fisiche;
2) identificazione “gray box”: se alcune parti del modello sono basate su conoscenze fisiche del sistema;
3) identificazione “white box”: se il modello è basato completamente su conoscenze fisiche del sistema.
La maggior parte dei problemi di modellazione sono del secondo tipo; tuttavia, in molti casi, risulta conveniente ignorare le conoscenze fisiche che si hanno a disposizione e modellare il sistema come “black box”.
Risulta comunque evidente che l’identificazione di un sistema non va a sostituire il modello fisico che si basa spesso su conoscenze dirette del sistema.
3.3.1 Modelli d’identificazione
Un modello viene definito come la rappresentazione degli aspetti essenziali di una struttura che raccoglie, in modo più o meno approssimato, le conoscenze di detta struttura in una forma appropriata per eseguire l’analisi. Fondamentalmente ci sono due classi di modelli:
1) modelli parametrici: 2) modelli non parametrici.
Questi modelli hanno in comune la dipendenza dal tipo di eccitazione che viene applicata al sistema che può essere istantanea, periodica o casuale.
3.3.1.1 Modelli parametrici
I modelli parametrici sono caratterizzati dall’assunzione di un modello matematico costruito su un set di parametri che sono stimati durante l’identificazione.
Il modello matematico di un sistema continuo invariabile nel tempo è usualmente posto nella forma di un sistema di equazioni differenziali mentre per un modello parametrico discreto nel tempo si ha un sistema di equazioni alle differenze.
Dato un sistema del tipo input/output, affetto da rumore, il modello parametrico che lo descrive è differente a seconda che l’input sia misurato o non misurato: se viene misurato allora il modello parametrico associato avrà un termine noto deterministico a cui se ne somma uno stocastico che descrive il disturbo generalmente sconosciuto, altrimenti la descrizione è fornita da un solo termine stocastico:
- modelli basati su input deterministici: i modelli utilizzati per i sistemi
input/output vengono definiti modelli ARMAX (Auto-Regressive Moving Average with External input) e sono descritti dalla relazione:
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
t
G
q
u
t
H
q
e
t
y
=
⋅
+
⋅
(3.42) doveG
(
q
)
eH
(
q
)
sono le funzioni di trasferimento della parte deterministica e della parte stocastica;e
(
t
)
è l’input stocastico.- modelli basati su input stocastici: i modelli utilizzati in questo caso sono
definiti ARMA (Auto-Regressive Moving Average) e sono descritti dalla relazione:
)
(
)
(
)
(
t
H
q
e
t
y
=
⋅
(3.43) doveH
(
q
)
rappresenta la funzione di trasferimento sia delle proprietà dinamiche che del rumore.3.3.1.2 Modelli non parametrici
Le tecniche d’identificazione tradizionali non parametriche sono basate essenzialmente sulle tecniche che sfruttano le trasformate di Fourier; esse rappresentano degli ottimi strumenti matematici ideali per le analisi teoriche dei sistemi dinamici.
I modelli non parametrici individuano diversi metodi di analisi: - analisi transitoria;
- analisi di frequenza; - analisi di correlazione; - analisi spettrale.
L’analisi transitoria è applicata quando la risposta del sistema è transitoria, ovvero generata da un impulso; il comportamento dinamico del sistema è allora identificato dall’impulso in risposta.
L’analisi di frequenza è applicata quando l’eccitazione è deterministica e periodica o pseudo-casuale e periodica. La misura dell’eccitazione e la corrispondente risposta del sistema sono trasformati nel dominio delle frequenze e la funzione di risposta in frequenza è ottenuta dal rapporto tra la trasformata della risposta e la trasformata dell’eccitazione.
Le analisi di correlazione e spettrale sono applicate a sistemi stazionari eccitati in modo stocastico. In questi casi l’eccitazione e la risposta del sistema sono caratterizzate dalla funzione di correlazione nel dominio del tempo e dalla densità spettrale nel dominio delle frequenze.
3.3.2 Utilizzo delle tecniche d’identificazione nelle strutture
L’applicazione delle tecniche d’identificazione ai sistemi strutturali ha avuto negli ultimi decenni un notevole incremento; le motivazioni di questo forte interesse possono essere ricercate in più punti, ma tutte riconducibili alla circostanza che le proprietà dinamiche rappresentano una caratteristica meccanica intrinseca della struttura e quindi possono fornire un quadro dello stato di integrità della stessa. Di conseguenza l’apporto dell’identificazione strutturale risulta vantaggioso nel monitoraggio delle strutture esistenti, nel collaudo di nuove costruzioni, negli interventi su strutture esistenti, ecc.
Storicamente queste problematiche sono nate in ambiente meccanico e aeronautico, dove le indagini sperimentali possono essere condotte direttamente in laboratorio sull’oggetto stesso o su modelli fisici di dimensioni ridotte; per le strutture civili la maggiore difficoltà consiste nel fatto che i test sperimentali devono, nella maggioranza dei casi, avvenire direttamente in sito, pertanto, la realizzazione delle azioni dinamiche non è agevole e risulta conveniente impiegare quelle tecniche che misurano la risposta ad eccitazioni trasmesse dall’ambiente quali vento, sisma, traffico, rumore in generale.
In funzione dell’azione utilizzata o della natura del moto si distinguono tre casi fondamentali:
-
vibrazioni libere, ottenute mediante l’imposizione di opportune condizioniiniziali alla struttura lasciata poi libera di vibrare. Le condizioni iniziali possono essere spostamenti imposti oppure velocità iniziali ottenute con forze impulsive quali masse cadenti, masse battenti ecc.
-
vibrazioni forzate, ottenute utilizzando forzanti di legge nota generatemediante vibrodine, shaker od organi elettromeccanici.
-
vibrazioni ambientali, in tal caso l’ente, ad esempio il vento od il trafficoveicolare, causa delle oscillazioni e non è ben definibile o governabile.
Un passo fondamentale nell’identificazione strutturale è la determinazione dei parametri modali (forme modali, frequenze di vibrazione, smorzamento). Tali parametri sono direttamente legati alle funzioni di risposta in frequenza, alle funzioni di correlazione e alle densità spettrali: nei modelli non parametrici, vengono estratti applicando procedure differenti dette delle curve approssimanti (curve fitting), mentre nei modelli parametrici si hanno direttamente delle relazioni matematiche tra i parametri modali e quelli del modello.
Nelle tecniche classiche d’identificazione modale input/output, i parametri modali sono determinati adattando il modello della funzione di risposta in frequenza (FRF), che mette in relazione l’eccitazione con la risposta, ai risultati sperimentali mediante diversi algoritmi d’identificazione tra i quali ricordiamo quello di Douglas-Reid (DS) e quello della sensibilità inversa (IS).
Nello studio di costruzioni esistenti, l’identificazione modale assume particolare importanza sia per valutare le caratteristiche meccaniche della struttura che per l’individuazione e l’evoluzione nel tempo del suo stato di degrado.
3.4 TIPOLOGIE DI DATI
Dal momento che il seguente lavoro focalizzerà la sua attenzione sui metodi d’identificazione del tipo “output-only”, dove la risposta è misurata in condizioni di usuale funzionamento della struttura, quindi senza una sollecitazione nota, risulta necessario non solo definire e classificare i tipi di dati risultanti dalle registrazioni della risposta, ma anche introdurre gli strumenti con i quali essi vengono trattati come il valor medio, la funzione di densità di probabilità, la funzione di autocorrelazione e la funzione di densità spettrale di potenza.
Come detto in precedenza, le funzioni di correlazione e di densità spettrale di potenza sono applicate a sistemi stazionari eccitati stocasticamente, rispettivamente nel dominio del tempo ed in quello delle frequenze.
Una prima classificazione dei dati che rappresentano fenomeni fisici è quella tra dati deterministici e non deterministici o casuali. La differenza fondamentale tra le due classi di dati è che quelli deterministici possono essere espressi mediante esplicite relazioni matematiche con una ragionevole accuratezza, mentre quelli non deterministici non possono essere descritti da simili relazioni e quindi non è possibile predire un loro valore in un istante futuro.
3.4.1 Dati casuali
Una singola time-history che rappresenti un fenomeno casuale è chiamata funzione campione e l’insieme di ogni possibile funzione campione che un fenomeno casuale può produrre è chiamato processo casuale o stocastico.
I processi casuali sono classificati nel seguente modo:
- processi stazionari: quando le proprietà del fenomeno possono essere
ipoteticamente descritte, in ogni istante di tempo, computando il valore medio delle funzioni campione che descrivono il processo e inoltre le proprietà calcolate in un breve intervallo di tempo non variano significativamente da un intervallo all’altro;
-processi stazionari ergodici: quando le proprietà del fenomeno possono essere
descritte calcolando le medie nel tempo su specifiche funzioni campione dell’insieme, quindi le proprietà di tali fenomeni possono essere determinate da una singola time-history;
- processi non stazionari: quando le proprietà del fenomeno variano al variare dell’intervallo considerato.
Le proprietà dei dati casuali vengono descritte da quattro tipi di funzioni statistiche: valore quadratico medio, funzione di densità di probabilità, funzione d’autocorrelazione e funzione di densità spettrale di potenza.
3.4.1.1 Valore medio
Data una time-history
x
(
t
)
di un processo casuale, si definisceµ
x il valore medio dix
(
t
)
dato dalla relazione:dt
t
x
T
T o T x=
→∞∫
(
)
1
lim
µ
(3.44)3.4.1.2 Valore quadratico medio
L’intensità della time-history
x
(
t
)
può essere descritta in modo approssimato mediante il valore quadratico medioΨ
2x definito dalla relazione:dt
t
x
T
T o T x=
∫
Ψ
∞ →(
)
1
lim
2 2 (3.45) 3.4.1.3 VarianzaE’ utile pensare ad un dato come ad una combinazione di una componente statica, o invariabile nel tempo, che è il valor medio e di una componente dinamica che è la varianza:
µ
ψ
σ
2 2 2 x x x=
−
(3.46)La varianza risulta dunque definita dalla relazione:
dt
t
x
T
T o x T x 2 2=
lim
1
∫
[
(
)
−
]
∞ →µ
σ
(3.47) 3.4.1.4 Funzione di densità di probabilitàViene definita come la grandezza
ρ
(
x
)
che rappresenta la probabilità che)
(t
x
assuma un valore all’interno dell’intervallo compreso tra x e x+∆x; essa può essere ottenuta come rapporto tra Tx e T, dove Tx è il tempo totale chex
(t
)
ricadeall’interno dell’intervallo (x , x+∆x) durante un tempo d’esecuzione T. Essa viene descritta mediante la relazione:
∆
=
∆
∆
+
<
<
=
∞ → → ∆ → ∆T
T x
x
x
x
x
t
x
x
prob
x
T x xlim
1
lim
]
)
(
[
lim
)
(
0 0ρ
(3.48)In termini di funzione di densità di probabilità
ρ
(
x
)
, il valore medioµ
x e il valore quadratico medioΨ
2x sono dati dalle relazioni:∫ ⋅
=
∞ ∞ −dx
x
p
x
x(
)
µ
(3.49)∫
⋅
=
Ψ
∞ ∞ −dx
x
p
x
x 2(
)
2 (3.50) 3.4.1.5 Funzione d’autocorrelazioneLa funzione d’autocorrelazione di un processo casuale descrive la dipendenza di un valore del processo ad un dato istante dal valore che assume ad un altro istante. Data una time-history
x
(t
)
, una stima dell’autocorrelazione tra i valori di)
(t
x
al tempo t e al tempo t+τ può essere fornita dalla relazione:∫
⋅
+
=
∞ → T T xx
t
x
t
dt
T
R
0)
(
)
(
1
lim
)
(
τ
τ
(3.51) La funzioneR
x(
τ
)
è una funzione reale, simmetrica con un massimo in τ=0 e puòessere positiva o negativa, ovvero:
)
(
)
(
τ
R
τ
R
x−
=
x (3.52))
(
)
0
(
R
τ
R
x≥
x per ogni τ (3.53)Essa è inoltre legata al valore medio
µ
x e al valore quadratico medioΨ
2x dalle relazioni:)
(∞
= R
x xµ
(3.54))
0
(
2R
x x=
Ψ
(3.55)Per le applicazioni successive è utile considerare quale sia la funzione d’autocorrelazione di un segnale con una componente sinusoidale affetta da un disturbo casuale (figura 2.4) e di un segnale a banda stretta (figura 2.5):
x(t)
t
fig. 3.2: Segnale sinusoidale con disturbo casuale
t x(t)
fig. 3.3: Segnale casuale a banda stretta
Le corrispondenti funzioni d’autocorrelazione sono rappresentate dai seguenti accelerogrammi:
x(t)
t
t x(t)
fig. 3.5: Autocorrelogramma del segnale casuale a banda stretta
Si osserva dunque che un’onda sinusoidale, o un qualsiasi andamento deterministico, ha una funzione d’autocorrelazione che persiste nel tempo (figura 3.6), mentre per un evento casuale tale funzione tende a diminuire fino ad annullarsi (figura 3.7). Le funzioni d’autocorrelzione rappresentano dunque uno strumento per l’individuazione delle componenti deterministiche di un segnale affetto da un disturbo casuale.
La funzione di correlazione incrociata di due set di dati casuali descrive la dipendenza dei valori fra i set di dati stessi. Indicando con
x
(t
)
ey
(t
)
due set di dati casuali, la funzione di correlazione incrociata trax
(t
)
al tempo t ey
(t
)
al tempo t+τ può essere ottenuta prendendo la media del prodotto dei due valoridurante il tempo d’osservazione T:
∫
⋅
+
=
∞ → T T xyx
t
y
t
dt
T
R
0)
(
)
(
1
lim
)
(
τ
τ
(3.56) La funzioneR
xy è sempre reale, positiva o negativa. Tuttavia non deve più necessariamente avere un massimo a τ=0 e neanche deve essere simmetrica come la funzione d’autocorrelazione, ma deve comunque mostrare una simmetria rispetto alle ordinate dove x e y sono intercambiate:)
0
(
)
0
(
)
(
2R
R
R
xyτ
≤
x⋅
y (3.57)[
(
0
)
(
0
)
]
2
1
)
(
R
R
R
xyτ
≤
x⋅
y (3.58)3.4.1.6 Funzione di densità spettrale di potenza
La funzione di densità spettrale di potenza di dati casuali descrive la composizione in frequenze del dato in termini di densità spettrale del suo valore quadratico medio, ovvero la composizione in frequenze dell’intensità del dato. Il valore quadratico medio di un processo casuale
x
(t
)
, in un intervallo di frequenze compreso tra f e f+∆f, può essere ottenuto filtrando il processox
(t
)
con un filtro passa banda e computando la media dei quadrati delle uscite dal filtro. Una importante proprietà che lega la funzione di densità spettrale di potenza alla funzione d’autocorrelazione è fornita dalla relazione:dt
f
R
dt
e
R
f
G
x(
)
2
x(
)
jf4
x(
)
cos(
2
)
0 2τ
πτ
τ
⋅
πτ=
∫
∫
=
∞ − ∞ ∞ − (3.59)cioè le due funzioni, per dati stazionari, sono legate dalla trasformata di Fourier. La funzione
G
x( f
)
è sempre reale e non negativa.In relazione al valore medio e al valore quadratico medio si ottengono le seguenti relazioni: 2 1 0 0
)
(
∫
=
+ −G
xf
df
xµ
(3.60)
∫
=
Ψ
∞ 0 2G
( df
f
)
x x (3.61)Considerando i segnali di figura (3.4) e (3.5), le corrispondenti funzioni di densità spettrale di potenza sono rappresentate graficamente dai seguenti spettri di potenza (figure 3.8 e 3.9):
f Gx(t)
fo
fo Gx(t)
f
fig. 3.7: Spettro di potenza del segnale casuale a banda stretta
Come la funzione di densità spettrale di potenza di una singola time-history è la trasformata di Fourier della funzione d’autocorrelazione, così la funzione di densità spettrale di potenza incrociata di una coppia di time-history è la trasformata di Fourier della funzione di correlazione incrociata, mentre le funzioni d’autocorrelazione sono le trasformate inverse degli spettri di potenza e dunque:
τ
τ
e
πτd
R
f
G
x(
)
2
x(
)
−if2 ∞ ∞ −∫
⋅
=
τ
τ
e
πτd
R
f
G
y(
)
2
y(
)
−if2 ∞ ∞ −⋅
∫
=
τ
τ
e
πτd
R
f
G
xy(
)
2
xy(
)
−if2 ∞ ∞ −⋅
∫
=
(3.62)τ
τ
G
f
e
πτd
R
x x if2 0)
(
)
(
=
∞∫
⋅
−τ
τ
G
f
e
πτd
R
y y if2 0)
(
)
(
=
∞∫
⋅
−τ
τ
G
f
e
πτd
R
xy xy if2 0)
(
)
(
=
∞∫
⋅
−Dato che la funzione di correlazione incrociata non è simmetrica, la funzione di densità spettrale di potenza incrociata è un numero complesso del tipo:
)
(
)
(
)
(
f
C
f
j
Q
f
G
xy=
xy−
xy (3.63)E’ spesso conveniente esprimere
G
xy(
f
)
in notazione polare:) (
)
(
)
(
xy j xy f xyf
G
f
e
G
=
⋅
− ϑ (3.64)dove l’ampiezza
G
xy( f
)
e la faseϑ
xy( f
)
sono in relazione conC
xy( f
)
e)
( f
Q
xy mediante le relazioni:)
(
)
(
)
(
f
C
2f
Q
2f
G
xy=
xy+
xy (3.65)
=
−)
(
)
(
tan
)
(
1f
C
f
Q
f
xy xy xyϑ
(3.66) Quando si cercano informazioni di un sistema fisico mediante la funzione di densità incrociata è spesso importante riferirsi ad una quantità reale data da:1
)
(
)
(
)
(
)
(
2 2≤
⋅
=
f
G
f
G
f
G
f
y x xy xyγ
(3.67) doveγ
2xy(
f
)
è chiamata funzione di coerenza e, quando essa vale zero ad una particolare frequenza, allora x e y sono incoerenti a quella frequenza. Sex
(t
)
e)
(t
y
sono staticamente indipendenti, alloraγ
2xy(
f
)
=0 per ogni frequenza; se, infine,1
)
(
2
f
=
xy
γ
per ogni frequenza, allorax
(t
)
ey
(
t
)
sono completamente coerenti. Le caratteristiche dinamiche di un sistema lineare a parametri costanti possono essere descritte dalla funzione pesoh
(
t
)
che è definita come la risposta del sistema ad un impulso unitario applicato ad un istante precedente τ. Per ogni input arbitrario)
(t
x
, la risposta del sistemay
(
t
)
è data dall’integrale di convoluzione:∫
⋅
−
=
∞ ∞ −τ
τ
τ
x
t
d
h
t
y
(
)
(
)
(
)
(3.68)Si può quindi introdurre per altra via la funzione di risposta in frequenza
h
(
f
)
, in grado anch’essa di caratterizzare il comportamento dinamico del sistema definita come la trasformata di Fourier dih
(
t
)
:τ
τ
e
πτd
h
f
H
jf 2 0)
(
)
(
=
∞∫
⋅
− (3.69) Indicando conx
(
f
)
la trasformata di Fourier di un inputx
(t
)
e cony
(
t
)
la trasformata Fourier di un outputy
(
t
)
si ottiene la classica relazione:)
(
)
(
)
(
f
H
f
X
f
Y
=
⋅
(3.70)Per dati casuali, considerando una coppia di istanti di tempo t e t+τ , si può determinare la funzione d’autocorrelazione al modo seguente:
η
ξ
η
τ
ξ
η
ξ
τ
h
h
x
t
x
t
d
d
t
y
t
y
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
(
)
0−
+
⋅
−
∫ ∫
⋅
⋅
=
+
⋅
∞ (3.71) ovvero:η
ξ
η
ξ
τ
η
ξ
τ
h
h
Rx
d
d
R
y(
)
(
)
(
)
(
)
0−
+
∫ ∫
⋅
⋅
=
∞ (3.72)e facendone la trasformata di Fourier si ottiene l’importante relazione:
)
(
)
(
)
(
f
H
f
2G
f
G
y=
⋅
x (3.73)Quindi con passaggi del tutto analoghi, riferiti alle funzioni incrociate, si ottiene l’altra importante relazione:
)
(
)
(
)
(
f
H
f
G
f
G
xy=
⋅
x (3.74)Riferimenti Bibliografici
[1] H. M. Irvine, Cable structures, Dover, New York. 1981.
[2] J. S. Bendat, A. G. Persol, Random data: analysis and measurement procedures, John Wiley & Sons Inc, USA, 1971.
[3] D. J. Ewins, Modal testing: theory and practice, John Wiley & Sons Inc, USA,1984.
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[5] D. Capetti, F. Vestroni, Problemi di identificazione parametrica nella dinamica delle strutture, Pubblicazione n°96, L’Aquila, febbraio 1986.
[6] F. Vestroni, Identificazione strutturale, Dottorato di ricerca in meccanica delle strutture, Bologna, Aprile 1990.
[7] R. W. Clough, J. Penzien, Dynamics of structures, McGraw-Hill, second edition,1993.
[8] G. A. Bekey, System identification – An introduction and a survey, Simulation councils Inc, 1970.
[9] M. De Angelis, V. Sepe, F. Vestroni, Identificazione dei parametri modali di una struttura eccitata alla base, Ingegneria sismica, Anno XVIII, n°3, settembre-dicembre 2001.
[10] R. Camillacci, C. Valente, Un metodo per l’identificazione in linea delle proprietà dinamiche di edifici civili tramite eccitazione non misurata di tipo indiretto, Ingegneria sismica, Anno XVIII, n°3, settembre-dicembre 2001.
[11] M. L. Beconcini, Elementi di dinamica delle strutture, Pisa, 2000.
[12] L. Meirovitch, Elements of vibration analysis, McGraw-Hill, second edition, 1986.