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Capitolo 1 Introduzione

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

INTRODUZIONE

1.1 Introduzione

Il progetto svolto in sede di tesi riguarda una torre antenna. Tale manufatto ha lo scopo di sostenere le antenne in grado di trasmettere il segnale UHF, VHF, MF e di fungere come base d’appoggio per realizzare i ponti radio effettuati tramite l’uso di antenne paraboloidi ( parabole ) . Al fine di garantire un buon funzionamento dell’impianto è importante limitare gli spostamenti e le rotazioni delle antenne, Questo porta alla nascita di onerosi limiti deformativi, che caratterizzeranno tutta la progettazione della struttura. La presenza di torri e pali porta antenne è comune nella realtà di un territorio, per i primi necessiterà la disposizione in appositi siti, vista l’enorme molle ed ingombro, per i secondi la presenza nel territorio è più capillare, visto che rappresentano la rete di distribuzione finale del segnale. Per entrambi rimane sempre l’obbligo di rispettare i limiti di inquinamento elettromagnetico, in funzione della distanza dai centri abitati, nel rispetto della salute del persone.

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Fig. 1 - Esempio di una palo antenna.

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Successivamente nel presenta capitolo verranno effettuate alcune considerazioni generali sulle torri antenna e sugli elementi radianti e riceventi che su di essa sono collocate.

1.2 Considerazioni generali

I pali e le torri sono strutture ad asse verticale, incastrate nel terreno, sollecitate da carichi verticali ed orizzontali, questi ultimi in genere di effetto assai più rilevante dei primi. Esse, se la loro altezza è inferiore a 30-40 m, si indicano col nome di pali (fig.1), riservando la denominazione di torri alle costruzioni di altezza maggiore (fig.2) . Nel caso generale pali e torri sono formati da montanti ( solitamente quattro ) collegati da tralicci, inoltre opportune membrature poste in piani orizzontali irrigidiscono le strutture specie nei riguardi degli sforzi di torsione. Se un torre è sollecitata principalmente in una direzione, come ad esempio il caso delle antenne per stazioni radio trasmittenti, sottoposte al tiro dell’aereo, può convenire assegnarle sezione triangolare equilatera anziché quadrata, realizzata cioè con soli tre montanti, disposti in modo che lo sforzo di compressione si eserciti su due di essi, mentre il terzo è teso. Tale schema permette di risparmiare un montante, le aste di parete della quarta faccia, nonché quelle irrigidenti nei piani orizzontali. Osservano infatti alcuni tecnici che anche se l’uso di tre soli montanti aumenta il carico su di essi, ciò è compensato dal fatto che sezioni più grandi sono più redditizie ai fini della presso flessione per la loro minore snellezza, e dall’abolizione di un quarto delle aste di parete. Viceversa se i carichi verticali da sopportare sono da sopportare sono ingenti ad esempio il peso di grandi serbatoi d’acqua può essere opportuno aumentare a 6-8 o più il numero dei montanti. Le torri conformate come sopra detto, quali mensole ad asse verticale si dicono di tipo rigido o autoportante, che si differenziano tra il tipi leggero e quello pesante. Uno degli esemplari più alti e pesanti è la torre radio di Tokio (fig.3), alta 333m pesante 3600 ton, essa arieggia un poco al tipo della torre Eiffel, alta 300 m e pesa 7000 ton. Il peso notevole è dovuto alla garvosa condizione imposta di una deformazione massima in sommità di 2°-3°, al peso dell’antenna TV di 80 ton, alla formazione di una piattaforma di osservazione di 27x27 m a 120 m d’altezza e della piattaforma circolare di servizio di diametro 13 m a 225 m d’altezza. Col vento

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a 90 m/sec la rotazione negativa di sollevamento sull’appoggio più sollecitato e di 700 ton, equilibrato dal peso delle fondazioni. Esempio invece di torre autoportante leggere è quella riportata in figura 5, rispetto al caso prima si nota una sostanziale differenza nello schema della struttura, dovuto essenzialmente ai minor limiti deformativi da rispettare e alla minor altezza cui deve giungere.

Fig. 3 - Esempio di una torre autoportante pesante.

Torre radio di Tokio, H=333 m, peso 3600 ton, 10,8 ton/m.

Per altezze notevoli può risultare conveniente, onde ottenere strutture leggere o di più facile montaggio, adottare il tipo strallato, costituito da una trave relativamente esile, ad asse verticale, incastrata o meglio incernierata alla base e sostenuta in vari punti da esili fumi ( stralli ) ancorate al suolo. Tra esse

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particolarmente leggera è l’antenna di 141 m di Madrid del peso di 13 ton, cioè solo 92 kg al metro.

Fig. 4 - Esempio di un’antenna reticolare strallata.

La più alta è quella messa in funzione nel 1968 a Capo Girardeau ( Missuri ), è alta 510 m in traliccio a sezione triangolare, è dotata di sei ordini di tre stralli, ed un ascensore permette di accedere alle piattaforme intermedie e di sommità. Inconveniente di tale sistema è la notevole zona di terreno ingombrata dai blocchi di ancoraggio delle funi. Una delle forze principali che sollecitano i pali e le torri è la spinta del vento; è perciò di notevole importanza studiarne la struttura in modo che la superficie esposta al vento sia più piccola possibile. Dato inoltre che il vento può, agire in una qualsiasi direzione, tutte le membrature possono risentire sotto la sua azione sia di sforzi di tensione che di compressione e devono quindi essere verificate al carico di punta. Affinché il materiale sia sfruttato convenientemente, la snellezza delle varie aste dovrà farsi pertanto più piccola possibile.

1.3 Torri autoportanti pesanti

Oggetto della nostra tesi è la realizzazione di una torre antenna autoportante, lo schema della antenna realizzata (fig.5) ben di discosta dall’esempio di torre

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autoportante pesante avvicinandosi allo schema leggero (fig. 7), però i gravosi limiti deformativi impongono l’utilizzo di profili di grossa sezione che determinano un incremento notevole di peso, facendo classificare la nostra antenna come pesante. Difatti il peso dell’opera è di 185 ton per una altezza di 110 m, quindi 1,65 ton/m, valore conforme con la tipologia pesante, come mostra la figura 6.

Fig. 5 - Modello della torre autoportante pesante oggetto di tesi.

Fig.6 - Diagramma, altezza – ton/m per classificante strutture.

Settimo Livello Sesto Livello Tredicesimo Livello Dodicesimo Livello Undicesimo Livello Decimo Livello Nono Livello Ottavo Livello Diciassettesimo Livello Sedicesimo Livello Quindicesimo Livello Quattordicesimo Livello Quinto Livello Quarto Livello Terzo Livello Secondo Livello Primo Livello 10 m 2 m 13 m 2,5 m 18 m 3,5 m 3,25 m 3,5 m 3,75 m 4 m 4,5 m 5 m 6,25 m 6,75 m 7,5 m 7,5 m 9 m 110 m

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Lo schema della struttura viene disegnato in base alle necessità cui l’opera deve assolvere, si pensi all’inserimento di scale interne, alla necessità di limitare le frecce elastiche a flessione o a torsione, o di sorreggere apparecchi di date dimensioni. Tutte le aste del traliccio realizzante la torre possono essere sollecitate a compressione, il progetto delle stesse si può definire come una lotta contro il carico di punta, al fine di limitare il più possibile il grado di snellezza delle aste e sfruttarne convenientemente il materiale nel rispetto dei limiti di deformazione imposti per il buon funzionamento delle antenne.

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Il traliccio è costituito dai seguenti elementi strutturali: - Fondazione; - Montanti; - Controventature; - irrigiditori di piano; - zampatura.

La fondazione può essere realizzata secondo due schemi a seconda della dimensione di base del traliccio. La stessa può essere costituita da un unico blocco di calcestruzzo, se la dimensione della base del traliccio è contenuta, oppure dalla realizzazione di basi separate una per ogni montante, nel caso di larghezza di base elevata, con il conseguente risparmio di calcestruzzo. La larghezza alla base di una torre sollecitata principalmente dalla spinta del vento contro la struttura, si stabilisce in 1/8-1/10 dell’altezza, a meno che non si debba limitarne la freccia d’inflessione, nel qual caso si adotteranno valori maggiori. Alcune volte però è richiesto che la larghezza della base si contenuta in determinate dimensioni che non possono essere superate per ragioni di ingombro, in tal caso la limitazione della freccia non può ottenersi che aumentando la sezione dei montanti, riducendone la sollecitazione unitaria. Nelle torri conviene che i montanti non abbiano inclinazione costante, ma vengano disposti secondo una spezzata poligonale, in modo che la larghezza della struttura cresca dalla sommità alla base più rapidamente che con legge lineare. I montanti si formano con un solo angolare la cui sezione aumenta dalla sommità verso la base sino a raggiungere il massimo realizzabile con la gamma di cantonali disponibile. Inferiormente si debbono per tanto disporre due e se necessario quattro angolari a croce. Le controventature per torri di notevole altezza sono essenzialmente due, lo schema a diagonale e controdiagonale e lo schema a V rovescia. Il primo schema è realizzato tramite diagonali e controdiagonali, lavoranti alternativamente a trazione e compressione,la loro lunghezza libera, se le stesse sono collegate nel punto di incrocio si dimezza. L’ipotesi che l’asta compressa si instabilizzi è da scartare viso che questo darebbe luogo a incrementi di deformazioni e alla nascita di vibrazioni causati dall’azione del vento. Questo porta ad un migliore sfruttamento del materiale, di fatti lo sforzo sollecitante le diagonali non è mai eccessivamente gravoso e ciò

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che determina la sezione delle stesse è la verifica di stabilità, nel rispetto dei limiti di deformazione da garantire, quindi avere una lunghezza libera d’inflessione dimezzata è un grosso vantaggio.

Il secondo schema è realizzato tramite due diagonali che si collegano nel punto di mezzo del corrente successivo a quello di partenza, questo porta ad una lunghezza libera di inflessione minore rispetto al caso della diagonale semplice, ma inferiore rispetto alla tipologia diagonale e controdigonale collegate nel punto di incontro. Tale schema a però il vantaggio, per quanto riguarda le torri antenna di avere una apertura al centro più grande che facilità le fasi di montaggio e manutenzione degli elementi trasmettenti e riceventi, inoltre come precedentemente detto nelle torri antenna, la limitazione della deformazione è la caratteristica principale e questo porta all’utilizzo di elementi di sezione maggiore, i quali soddisfano senza problemi la verifica di stabilità. Ulteriore aspetto non di secondaria importanza è che la tralicciatura a V rovescia conferisce alla struttura un aspetto più slanciato e gradevole. Gli irrigiditori di piano hanno lo scopo di conferire rigidità nei confronti della torsione e rappresentano una fasciatura presente a vari livelli sul traliccio che garantisce un miglio funzionamento della struttura, inoltre su di essi vengono spesso realizzati i ripiani di riposo (fig.8).

Fig. 8 - Esempio di irrigiditori di piano

In fine la zampatura, costituisce un elemento che ha lo scopo di conferire ulteriore rigidezza alla struttura e limitare il carico gravante sul montante. Ma

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spesso viene inserita non perché strettamente necessaria ma come presidio per scongiurare problemi di mancanza di rigidezza della struttura alla base.

1.4 Scale e piani di riposo

All’interno dei tralicci c’è la presenza di scale che permettono l’accesso dei tecnici alle antenne per effettuare riparazioni o sostituzioni, tali scale sono a pioli fornite e di guardiacorpo (fig.9) , e ogni 10 m deve essere previsto un piano di riposo dove l’operatore può fermarsi per riprendere fiato Tale ripiano funge come punto in cui avviene lo sfalsamento delle rampe in modo che se un operatore scivola su un gradino, arresta la sua caduta su di esso senza, cadere per tutta l’altezza della torre. I ripiani assieme alla forma e dimensione delle scale e dei parapetti presenti sulla torre antenna, non sono oggetto di una specifica normativa, ma si fa riferimento alle vecchie norme ENPI e dalla legge 626/94. Nei tratti finali del traliccio dove per motivi di spazio non è possibile inserire i ripiani di riposo, questi vengono sostituiti con la presenza di scalini ripieghevoli che all’occorrenza diventano piani di riposo.

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Nel caso di tralicci di piccola dimensione spesso viene preferito l’utilizzo di scale prive di guardiacorpo, in tal caso l’operatore deve essere provvisto di un apposito dispositivo anticaduta. Il dispositivo si costituisce di una imbracatura indossata dall’operatore, collegata ad una fune di trattenuta. La fune viene assicurata ad un dispositivo di blocco che scorre lungo una giuda di acciaio fissata parallelamente alla scala (fig.10).

Fig. 10 - Scala a pioli fornita di fune di acciaio che corre parallelamente alla

scala.

Infine si ricorda che l’accesso al piano di lavoro, dalla scaletta sottostante, deve avvenire mediante botola ribaltabile, opportunamente incernierata con materiali inossidabili, munita di maniglia di manovra e di dispositivo di chiusura a chiave per la prima dal basso.

1.5 Le Onde elettromagnetiche

Si passa adesso a descrivere brevemente il fenomeno delle onde elettromagnetiche per meglio capire il funzionamento delle antenne.

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1.5.1 Composizione, natura, grandezze caratteristiche

Le onde elettromagnetiche, definite come perturbazioni elettriche nello spazio, sono costituite da una particolare forma di energia oscillante che si diffonde nello spazio per irradiazione. Tale perturbazione è composta da due campi, uno elettrico e uno magnetico, perpendicolari tra di loro e che si propagano nello spazio alla velocità della luce, cioè a circa 300000 km/sec. Un’onda elettromagnetica è definita da una direzione di propagazione, una polarizzazione ( orizzontale o verticale ) ed una intensità di campo. Risulta più comodo rappresentare graficamente l’onda mediante una sinusoide (fig.11) il cui andamento è caratterizzato da due importanti parametri: la lunghezza d’onda e

l’ampiezza.

Fig. 11 - Rappresentazione grafica dell’onda elettromagnetica in un sistema di

assi ortogonali in cui l’asse X esprime la lunghezza d’onda e l e

l’asse Y l’ampiezza dell’onda elettromagnetica.

La lunghezza d’onda si definisce come la distanza in metri tra due valori di cresta successivi A e B e si indica con la lettera l. La distanza tra l’asse orizzontale e il massimo valore di cresta positivo o negativo è chiamato ampiezza dell’onda elettromagnetica. Se nel grafico di fig.11 si sostituisce sull’asse delle X alle lunghezze in metri i tempi in secondi, la lunghezza d’onda può essere definita come lunghezza in metri di un intero periodo, ove per periodo si intende il tempo espresso in secondi in cui si compie un intero ciclo,

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cioè la sinusoide passa da un dato valore iniziale ad un punto successivo avente lo stesso valore d’ampiezza ( ad esempio: tra due creste A e B o tra due minimi C e D ) (fig.12).

Fig. 12 - Rappresentazione grafica dell’onda elettromagnetica in funzione del

tempo (t).

Il periodo viene indicato con la lettera T ed è espresso in secondi. Il numero di periodi che si ripete in un secondo costituisce un nuovo parametro, la frequenza, che ha per unità di misura l’Hz. Tra periodo e frequenza corre la relazione f=1/T. Dalla nota formula s = v x t, che esprime la relazione tra velocità, tempo e spazio percorso nel moto rettilineo uniforme si ricava che l= 3000000000/f , formula fondamentale poiché permette di ricavare la lunghezza d’onda corrispondente a qualsiasi frequenza nota e viceversa. La fig.13 ci permette di conoscere in breve tempo e senza eseguire alcun calcolo, il valore della frequenza corrispondente ad una determinata lunghezza d’onda e viceversa. Le otto gamme di frequenze radio costituiscono tuttavia una piccola porzione dell’intero spettro delle onde elettromagnetiche. Al di sotto delle VLF vi sono infatti le frequenze acustiche e gli infrasuoni, al di sopra delle EHF si estendono i raggi infrarossi, le onde luminose, i raggi ultravioletti ed infine i raggi x.

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Fig. 13 - Tabelle delle frequenze radio. 1.5.2 Generazione

Le onde elettromagnetiche sono generate in natura da fulmini, dalla attività del sole e delle stelle, ed in genere tra tutto ciò che produce scariche elettriche tra due potenziali diversi. Le onde elettromagnetiche vengono generate tramite circuiti oscillanti. Un circuito oscillante è formato essenzialmente da una induttanza ( bobina ) e una capacità ( condensatore ) in cui si originano tensioni oscillanti alternativamente da un valore massimo a zero e poi ad un massimo negativo, con andamento sinusoidale. A causa delle perdite inevitabili, l’ampiezza del segnale, dopo il primo impulso andrebbe viva via diminuendo fino ad annullarsi: un componente attivo - valvola termoionica io transistor – inserito nel circuito, ha il compito di generare l’autooscillazione e mantenere costante l’ampiezza delle oscillazioni generate. La moderna tecnica delle radio trasmissioni necessita di onde radio non solo di ampiezza costante, ma aventi frequenze ben determinate e stabili. Ciò si ottiene oggi con circuiti oscillanti a semiconduttori, la cui stabilità in frequenza è garantita da cristalli di quarzo oppure circuiti da aggancio di fase. Allo stadio oscillatore seguono poi gli stadi separatori, amplificatori, pilota e finali di potenza: il compito di questi stadi è quello di amplificare il segnale RF generato, moltiplicandone l’ampiezza senza però alternarne la frequenza che deve risultare rigorosamente stabile sul valore generato o, in certi casi, su un multiplo ben definito chiamato armonica.

1.5.3 Irradiazione

All’uscita dell’amplificatore finale di potenza RF c’è un conduttore chiamato antenna, percorrendo il quale, la radiofrequenza si irradia nello spazio

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circostante. Abbandona, in altre parole, l’antenna e, sotto forma di onde elettromagnetiche, si diffondono nello spazio circostante alla velocità di 300000 km al secondo. L’antenna, anche se costituita nella maniera più semplice da un solo conduttore, può essere considerata un circuito oscillante risonante sulla frequenza di emissione e come un qualsiasi circuito possiede una capacita e una induttanza. Nel tipo più semplice di antenna, formato da un circuito conduttore rettilineo, i valori di capacità e di induttanza dipendono esclusivamente dalla sua lunghezza e aumentano con essa. E’ possibile quindi accordare l’antenna tagliandola nelle dimensioni della lunghezza d’onda del segnale che si vuole irradiare. Si è trovato sperimentalmente che quando la sua lunghezza è pari a metà della lunghezza d’onda, l’irradiazione è massima, cioè la corrente oscillante che la attraversa sfugge più facilmente da essa trasformandosi in onde elettromagnetiche che si diffondono nello spazio. Il meccanismo di irradiazione si può spiegare nel modo che segue. Si consideri un dipolo a mezz’onda alimentato al centro (fig.14).

Fig. 14 - Andamento della tensione e della corrente in un dipolo a mezz’onda. L’andamento della tensione e della corrente è rappresentato dalle linee sinusoidali rispettivamente tratteggiate e continue. Quando la tensione generata dal trasmettitore, dopo un semiperiodo diventa zero e quindi tende a zero pure il campo elettrico da esse generato. Di conseguenza, le linee di forza

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elettrostatiche tendono ad assieparsi intorno all’antenna, ma poiché si respingono tra di loro, alcune si allontanano dall’antenna formando anse chiuse che si irradiano nello spazi circostante. L’irradiazione crea quindi attorno al sistema radiante un campo elettromagnetico che si allontana dal punto di irradiazione, propagandosi nello spazio alla velocità della luce e non cessa al cessare della causa che lo ha generato. Anch’esso subisce attenuazione con la distanza, ma pur debole è ancora presente a grandi distanze dal generatore ed è utilizzabile, convenientemente amplificato, per captare il messaggio Insieme a queste, e perpendicolarmente, vengono emesse dall’antenna le linee di forza elettromagnetiche; non esiste infatti onda elettromagnetica se non sono presenti contemporaneamente sia il campo elettrico che quello magnetico. Le onde elettromagnetiche si possono quindi considerare come la trasformazione a cui è sottoposta l’energia contenuta nelle correnti oscillanti generate dal trasmettitore, per poterla diffondere nello spazio

1.5.4 Propagazione

Le onde elettromagnetiche che lasciano l’antenna , si diffondono nello spazio circostante secondo direttrici diverse (fig.15). Vi è un’onda terrestre ( detta anche onda di superficie ) che segue la curvatura della terra, dipendente dalla natura varia della superficie terrestre e subisce notevole attenuazione; l’attenuazione è direttamente proporzionale alla frequenza. Questo tipo di propagazione interessa i collegamenti s breve distanza su onde medie e lunghe.

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L’onda di superficie può non essere diretta, come quando viene riflessa dalla superficie terrestre, specialmente se liquida ( mare lago, ecc. ). In tal caso si ha un onda di superficie riflessa, alquanto comune nella gamma delle onde medie e corte specialmente quando l’emissione avviene da antenne situate in postazioni piuttosto elevate. La seconda direttrice è quella dell’onda diretta ( o troposferica ), che congiunge l’antenna trasmittente a quella ricevente in linea retta. La sua portata è quindi a giro d’orizzonte ed è limitata dalla portata ottica. A causa della rifrazione dell’aria, in alcuni casi le onde elettromagnetiche ( specialmente nella gamma VHF ) si incurvano leggermente e riescono così a superare la distanza ottica reale. Si parla in tal caso di orizzonte apparente. L’onda diretta influenza i collegamenti su onde medie, corte, e po’ subire il fenomeno della riflessione ad opera, ad esempio, del fianco di una montagna e rendere così possibile la ricezione in una determinata zona. La distanza di propagazione dell’onda diretta, cioè la portata ottica, dipende direttamente dall’altezza dell’antenna trasmittente dal suolo, secondo la seguente espressione:

in cui p è la portata ottica ed h l’altezza dell’antenna trasmittente dal suolo. Le onde elettromagnetiche che si propagano verso l’alto incontrano tra i 100 e i 200 km, nell’alta atmosfera uno strato detto ionosfera, a bassa densità gassosa e composto da particelle fortemente ionizzate e variamente stratificate; la ionosfera si comporta come uno specchio riflettente per le onde radio. La sua composizione varia nell’arco della giornata e da una stagione all’altra, per cui la propagazione a mezzo di onde ionosferiche è possibile solo in determinati periodi. La riflessione ionosferica, che dipende dall’angolo di incidenza dell’onda elettromagnetica, oltre che dalla frequenza, permette la propagazione a distanze notevoli, anche perché il fenomeno può ripetersi molte volte, come è ben rappresentato in fig.15. Poiché l’onda diretta non supera la portata ottica e l’onda ionosferica, oltre un certo angolo di incidenza non può venir riflessa dalla ionosfera e si perde nello spazio, può determinarsi una zona, compresa tra il massimo punto raggiunto dall’onda diretta e il minimo toccato dall’onda

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riflessa, che quel dato trasmettitore non riesce a coprire. E’ detta zona di silenzio, e dipende dall’altezza in cui è posta l’antenna trasmittente.

1.5.5 Captazione

Se un circuito a costanti distribuite, qual è l’antenna, è immerso in un campo elettromagnetico, si originano lungo la superficie delle correnti oscillanti aventi lo stesso andamento delle onde elettromagnetiche che le hanno generate, e contenenti quindi le medesime informazioni. Si verifica cioè il fenomeno opposto della irradiazione: un’onda elettromagnetica che raggiunge l’antenna dà origine ad una tensione alternativa avente la medesima frequenza e andamento analogo. Affinché questo segnale sia utilizzabile per rivelarne l’informazione che contiene, occorre che abbia una sufficiente ampiezza, la quale dipende da vari fattori:

- intensità del campo elettromagnetico, che dipende a sua volta dalla distanza e dalla potenza del trasmettitore;

- altezza dal suolo dell’antenna ricevente; - accordo e guadagno dell’antenna ricevente; - rapporto segnale/rumore del ricevitore; - grado di amplificazione RF del ricevitore; - frequenza utilizzata;

- ora e stagione d’ascolto.

1.6 Caratteristiche specifiche dell’antenna 1.6.1 Dimensioni fisiche

Si è visto che la massima capacità di irradiazione di una antenna si ottiene quando la sua lunghezza è pari alla metà della lunghezza d’onda che deve trasmettere. Ciò significa che le sue dimensioni variano ampiamente a seconda della frequenza di lavoro: teoricamente, per frequenze di 3 kHz l’antenna dovrebbe misurare addirittura 50 km di lunghezza, per ridursi a mezzo millimetro per frequenze di 300 Ghz. Sono stati studiati tuttavia degli accorgimenti per rendere pratico l’utilizzo di antenne anche sulle gamme più basse ( onde lunghe, medie e corte ) senza ridurne sensibilmente l’efficienza. Il

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sistema più usato è quello di caricare l’antenna, ossia avvolgere una parte del condutture, che dovrebbe costituire l’antenna, in una bobina che, pur no intervenendo direttamente nel fenomeno dell’irradiazione, contribuisce efficacemente a sintonizzare l’antenna sulla frequenza di lavoro. Il caricatore o trappola, come si definisce l’avvolgimento, può essere posto alla base dell’antenna come in fig.16, oppure lungo il suo conduttore.

Fig. 16 - Antenna verticale caricata alla base.

Occorre a questo punto precisare che il calcolo della lunghezza dell’antenna va fatto tenendo presente che la velocità con cui il segnale percorre il materiale di cui è solitamente costruita l’antenna ( rame, bronzo fosforo, acciaio ramato, ecc.), è diversa dalla velocità nel vuoto dell’onda elettromagnetica ed è precisamente minore. Nell’applicare la formula l=v/f, si dovrà tener conto di una differenza in meno del 5% circa, moltiplicando il risultato per 0,95. L’antenna in sostanza è un conduttore di forma e lunghezza appropriate, avente un preciso valore di induttanza, capacità e resistenza. Questi valori dipendono dalla natura, forma e disposizione degli elementi costituenti l’antenna.

1.6.2 Gamma di frequenza

La frequenza di accordo di una antenna determina la sua lunghezza, che dipende strettamente da essa. Le costati distribuite di capacità e impedenza aumentano infatti direttamente coll’aumentare della lunghezza del conduttore, perciò ad

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ogni frequenza corrisponde una ben precisa lunghezza fisica dell’elemento radiante. A seconda della gamma di lavoro, però, l’antenna oltre che nella sua lunghezza, varia anche nelle altre dimensioni, nella forma, nel numero degli elementi parassiti. Non sempre è fatta per funzionare su una singola specifica frequenza; spesso un’intera banda di frequenze è interessata alla trasmissione o alla ricezione mediante la stessa antenna. In tal caso la frequenza presa a riferimento è quella di centro banda. Più la frequenza è elevata e più ha importanza la precisione nelle misure, il tipo di materiale impiegato, l’accuratezza nella costruzione. Con l’aumento della frequenza aumenta anche la caratteristica di direzionalità del dipolo, per cui si ottiene un direttrice preferenziale con maggior sensibilità in ricezione e maggior potenza irradiata in trasmissione.

1.6.3 Impedenza

IL dipolo alimentato al centro, rappresentato in fig.12, costituisce il tipo di antenna più classico ed elementare. Si colleghi ad esso un trasmettitore e si misuri con un amperometro a termocoppia la corrente che scorre nel punto di alimentazione del dipolo. Se si divide il valore della potenza irradiata ( P ), per il quadrato del valore di corrente letto ( I ), si ottiene il valore di 73. E’ questo il valore dell’impedenza dell’antenna in quel punto; è chiamata anche resistenza di irradiazione, in quanto il segnale che viene irradiato nello spazio ha in quel punto la stessa intensità che avrebbe se percorresse una resistenza pure di 73 W. Se si sposta il collegamento del trasmettitore dal centro del dipolo, l’impedenza varia e aumenta via via che ci si allontana da esso, fino a raggiungere valori molto elevati agli estremi del dipolo. Prendendo in esame vari punti dal centro verso l’estremità del dipolo, vediamo che i valori di corrente diminuiscono, e aumentano invece quelli di tensione. L’impedenza, quindi, che è direttamente proporzionale alla tensione, ma inversamente proporzionale alla corrente, sarà minima nel punto centrale e massima agli estremi. La costruzione di un’antenna, quindi, dal semplice dipolo alla più complessa e sofisticata, è legata al valore di impedenza che si vuole ottenere.

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1.6.4 Potenza

Tra le caratteristiche di una antenna trasmittente è sempre indicata la massima potenza RF ammissibile. La potenza è misurata in watt e può variare da poche decine di mW per i radiomicrofoni ( microspie ), a centinaia o migliaia di watt per trasmettitori della radio diffusione. I limiti di potenza delle antenne sono funzione dal materiale con cui sono realizzate, dall’isolamento applicato, dai connettori utilizzati, dagli attacchi. Molto spesso gli isolatori, i supporti, i distanziatori sono realizzati con dielettrici plastici che si deteriorano per il grande calore generato nel conduttore per l’eccessiva potenza erogata.

1.6.5 Guadagno

Nessuna antenna guadagna in senso assoluto, in quanto nessuna antenna può amplificare il segnale. Il concetto di guadagno è connesso a quello di direttività e deve essere inteso come una maggiore capacità di irradiare ( o captare ) energia in una determinata direzione preferenziale rispetto a un’antenna che irradi la stessa quantità totale di energia, ma con eguale intensità in tutte le direzioni, sul su un angolo solido di 360°. Una tale antenna ideale, consiste in un punto nello spazio libero, è chiamato antenna isotropica. Se un’antenna ha la prerogativa di irradiare in un’unica direzione, con fascio più o meno ampio, tutta l’energia RF che riceve dal trasmettitore, è evidente che, nello spazio coperto da quel fascio riverserà più energia elettromagnetica di quella che potrebbe irradiare uniformemente a giro d’orizzonte. Risparmiando cioè energia nelle direzioni che non interessano, può irradiare notevolmente di più nell’unica direzione preferenziale. Guadagno di un’antenna è detto il rapporto tra la potenza ( o la tensione ) irradiata ( o captata ) da una certa antenna e quella irradiata ( o captata ) dall’antenna presa di riferimento. Comunemente l’antenna di riferimento non è l’isotropica, ma il dipolo elementare, alimentato con la stessa potenza RF e posto nelle identiche condizioni dell’antenna presa in esame. Il guadagno è espresso in decibel ( dB ). Il bel è l’unità di misura del guadagno ( e della attenuazione ), ed esprime il logaritmo in base 10 del rapporto fra due grandezze. Nel caso del guadagno di una antenna, il decibel non esprime il rapporto tra tensione ( o potenza ) di uscita e d’ingresso, bensì, come

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detto prima, il rapporto tra la tensione (o la potenza ) di una determinata antenna e quella dell’antenna di riferimento.

1.6.6 Direttività

Si immagini di misurare con un misuratore di campo l’intensità del segnale irradiato da un’antenna, ad esempio un dipolo a mezz’onda, per tutti i 360° attorno al suo centro. Con spostamenti lungo i raggi equidistanti si fissino su questi i punti di eguale intensità di campo elettromagnetico. Unendo con una linea tutti i punti così segnati si verrà a formare sul terreno il profilo di due lobi uguali, ma tra loro opposti. E’ questo il diagramma di irradiazione, e l’asse formato dai due raggi opposti più lunghi indica la direzione di irradiazione del dipolo fig.17.

Fig. 17 - Diagramma d’irradiazione del dipolo.

Ad eccezione del radiatore isotropico, puramente ideale, il cui diagramma d’irradiazione è una sfera, tutte le antenne hanno una direttrice preferenziale. Quando questa direttrice è identificabile con una retta, o semiretta, passante per il centro dell’elemento radiante si dice che l’antenna è direttiva; se invece la direzionalità riguarda un intero piano, come ad esempio il piano orizzontale nel caso di dipolo verticale, allora l’antenna è detta omnidirezionale. Infatti il diagramma d’irradiazione orizzontale è per questo tipo di antenna perfettamente circolare, mentre il diagramma verticale assume la consueta forma di un 8, già visto nel caso del dipolo orizzontale (fig.18).

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Fig. 18 - Diagramma d’irradiazione orizzontale e verticale di un dipolo

verticale.

La direttività di un’antenna può essere aumentata affiancando al radiatore altri elementi passivi. La direttività di un’antenna è tanto maggiore quanto più stretto è il lobo di irradiazione. In ogni antenna direttiva si riscontra un angolo di apertura, che è l’angolo compreso tra due direzioni in cui la potenza irradiata è la metà di quella massima. L’angolo di apertura può essere orizzontale o verticale, ed è preso in considerazione particolarmente quando si vogliano eliminare segnali o disturbi dai lati o dal basso rispetto al lobo di irradiazione. Il diagramma d’irradiazione dipende anche dalla distanza dell’antenna dal suolo. Il suolo si comporta nei riguardi delle onde elettromagnetiche come uno specchio, per quanto imperfetto: riflettendole fa si che esse si combinino con quelle provenienti dall’antenna e, a seconda della fase, le attenua o le esalta, modificando notevolmente il lobo di irradiazione.

Nota: si chiama angolo di apertura del fascio a metà potenza perché è calcolato in corrispondenza di un’attenuazione del segnale di 3 dB, difatti la potenza raddoppia o si dimezza ogni tre dB (fig.19).

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Fig. 19 - Esempio di un diagramma di irradiazione orizzontale e verticale. 1.6.7 Rapporto avanti/indietro

Vi sono antenne che, oltre a preferenziale una direzione di irradiazione, hanno anche un verso di irradiazione, vale a dire che la direttrice d’irradiazione non è una retta, ma una semiretta che partendo dal centro del radiatore si prolunga in un sol senso. Dalla parte opposta la propagazione ( e quindi la ricezione ) è molto attenuata. Si chiama rapporto avanti/indietro la differenza tra il guadagno anteriore e quello posteriore dell’antenna, espressi in dB. Le antenne direttive a più elementi hanno un guadagno posteriore negativo che viene chiamato attenuazione. Il valore di questo rapporto indica perciò in proporzione diretta la capacità direzionale dell’antenna, cioè la proprietà di irradiare la massima potenza in un’unica direzione, o di ricevere selettivamente segnali provenienti da una data direzione e attenuare tutti gli altri. Poiché non sempre si verifica la condizione ideale per cui la direzione di propagazione che non interessa o il interferente si trovino esattamente dietro la direzione preferenziale, è utile considerare anche il rapporto avanti/fianco. La definizione relativa al rapporto avanti / indietro si può adattare in modo analogo al rapporto avanti/fianco.

1.6.8 Polarizzazione

Si è visto che il dipolo può essere posto su un piano orizzontale, oppure su uno verticale. Si ha polarizzazione orizzontale quando le linee di forza del campo elettrico giacciono su un piano orizzontale; analogamente dicasi per la polarizzazione verticale. La componente elettrica dell’onda elettromagnetica sarà contenuta in un piano orizzontale quando l’elemento che irradia è

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orizzontale. Vale a dire che a un dipolo orizzontale corrisponde una polarizzazione orizzontale, a un dipolo verticale, una polarizzazione verticale. Nel campo delle VHF e UHF è importante adottare per l’antenna ricevente la stessa polarizzazione della trasmittente, per evitare una notevole attenuazione del segnale. Polarizzazioni diverse sono infatti scelte proprio allo scopo di evitare interferenze tra canali adiacenti, presenti nella stessa zona. Lo stesso tipo di polarizzazione delle antenne riceventi e trasmittenti è importante soltanto se l collegamento riguarda l’onda diretta, perché nel caso di onde riflesse ( specialmente le ionosferiche ) la polarizzazione può subire rotazioni che rendono inutile l’eguaglianza di polarizzazione. E’ per questo motivo che nelle gamme delle onde Medie e Corte il problema dell’uniformità di polarizzazione viene completamente trascurato.

1.7 Elementi inseriti

Sulla traliccio in esame sono stati inseriti quattro tipi di antenne: - tra 104,45 e 109,5 m sono disposte le antenne UHF;

- tra 85,3 e 97,7 m sono disposte le antenne VHF; - tra 64,9 e 82,1 m sono disposte le antenne MF;

- tra 30,75 e 57,75 m sono disposte le antenne a paraboloide.

Le antenne UHF sono realizzate tramite dei ventiquattro pannelli, sei per ogni lato del traliccio, realizzando così un’antenna omnidirezionale. L’elevato numero di pannelli porta ad avere una buona direttività, a scapito di un angolo di apertura minore. I pannelli (fig.20) vengono applicati verticalmente, poi verrà effettuata la piegatura del segnale elettricamente operando sulla fase della corrente di alimentazione. Su due ogni serie di pannelli il segnale giunge attraverso un cavo coassiale, successivamente questo viene ripartito sui vari pannelli appartenenti a due lati del torrino tramite un partitore. I pannelli vengono applicati al torrino finale direttamente a piè d’opera e successivamente issati in cima alla torre, tramite il falcone o l’utilizza di un elicottero. Particolarità di tali pannelli è che possono essere aperti ed è possibile per un operatore arrampicarsi su di essi per giungere a quelli di livello superiore. Inoltre, per effettuare la manutenzione, all’interno del torrino corre una scala a pioli che permette di raggiungere qualsiasi pannello.

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Fig. 20 - Antenna UHF.

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Fig. 22 - Diagramma di irradiazione dei pannelli per antenna UHF.

Fig. 23 - Tipo di pannello per antenna UHF.

Le antenne VHF (fig.24) sono realizzate tramite dei sedici pannelli, quattro per ogni lato del traliccio, realizzando così un’antenna omnidirezionale. L’elevato numero di pannelli porta ad avere una buona direttività, a scapito di un angolo di

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apertura minore. L’alimentazione e la manutenzione seguono gli stessi criteri relativi alle antenne UHF.

Fig. 24 - Antenna VHF.

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Fig. 26 - Diagramma di irradiazione dei pannelli per antenna VHF.

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Le antenne MF sono realizzate tramite dei ventiquattro pannelli, sei per ogni lato del traliccio, realizzando così un’antenna omnidirezionale. L’elevato numero di pannelli porta ad avere una buona direttività, a scapito di un angolo di apertura minore. L’alimentazione e la manutenzione seguono gli stessi criteri relativi alle antenne UHF (fig.28)

Fig. 28 - Antenna MF.

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Fig. 30 - Diagramma di irradiazione dei pannelli per antenna MF.

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Per quanto riguarda le antenne a paraboliode cui il riflettore è sagomato come in figura 32 vale la pena fare un piccolo preambolo in riguardo alla loro funzionamento.

Fig. 32 - Antenna a paraboliode.

L’elemento radiante, che in questo caso assume il nome di illuminatore, è unico e di dimensioni molto piccole rispetto alla superficie del paraboloide ed è posto nel punto focale di questo. Questa sorgente praticamente puntiforme genera onde sferiche che il paraboloide converte in un fronte d’onda piana. Perché ciò avvenga occorre, però, che sia scrupolosamente rispettata la particolare forma del riflettore, che risulta molto critica. Il suo ingombro ne limita l’utilizza alle frequenze superiori al Ghz. Il limite superiore di frequenza ( 24 GHz ) è dovuto alla eccessiva ristrettezza che assume il fascio d’onde elettromagnetiche convogliate dal paraboloide, il che ne condiziona l’uso per soli impieghi specifici. In ogni caso è un’antenna molto direttiva, con guadagno che raggiunge valori notevoli in diretta relazione al rapporto diametro/lunghezza d’onda. Inoltre al crescere del diametro e della frequenza decresce l’ampiezza del fascio a metà potenza, ma aumenta la direttività secondo la seguente formula:

La forma e dimensione del riflettore non devono variare nel tempo, altrimenti il funzionamento dell’antenna né risulterebbe compromesso. Per questa ragione, per le parabole site a quote dove sono frequenti nevicate e c’è il pericolo di formazione di ghiaccio all’interno del riflettore, tale elemento viene dodato di in sistema di riscaldamento. Tale sistema consiste in un filo di rame disposto a

HPBW 0.88 λ

diametro ⋅

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spirale che percorre tutto il riflettore e grazie al calore che si sviluppa per il passaggio di corrente lungo esso, evita lo stagnare della neve e la formazione del ghiaccio sul riflettore (fig.33). Il segnale si trasmette alle stesse mediante l’utilizzo di un cavo coassiale.

Fig. 33 - Antenna a paraboliode con riflettore riscaldato. 1.8 Linea di trasmissione

Fatta eccezione per i piccoli radiotelefoni portatili, nella maggioranza dei casi l’antenna è collocata ad una distanza non trascurabile dal trasmettitore (o ricevitore ) proprio per l’opportunità di istallarle il più alto possibile; conseguentemente essa necessità di un collegamento adeguato. Tale collegamento, realizzato con conduttore i rame, viene chiamato linea di trasmissione o discesa d’antenna. Il suo compito consiste nel trasferire all’antenna tutta la radiofrequenza generata dal trasmettitore ( oppure nel far pervenire al ricevitore tutto il segnale captato dall’antenna ) con la miniore quantità di perdite possibile.

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Le perdite di trasferimento possono essere di due tipi:

- Perdite per attenuazione del segnale dovute all’angolo9 di perdita del dielettrico e alla resistenza del conduttore, quindi intrinseche per costruzione e dipendenti dalla radiofrequenza;

- Perdite per disadattamento, con conseguente formazione di onde stazionarie, irradiazione della linea, trasformazione dell’energia RF in calore.

Il criterio di scelta di una linea deve quindi puntare allo scopo di realizzare sistemi che consentano di ridurre al minimo queste due cause di perdita di potenza. In pratica sono tre i sistemi di realizzazione di linee di trasmissione: - linea bifilare bilanciata;

- cavo coassiale; - Guida d’onda.

La linea bifilare bilanciata, chiamata comunemente piattina, consiste i due conduttori in trecciola di rame che corrono paralleli tra loro e sono mantenuti equidistanti da un dielettrico (fig.34).

Fig. 34 - Costituzione e sezione di piattina bifilare.

A dispetto delle basse perdite che presenta, questo tipo di linea è poco usato a causa della facilità con cui può alterare la sua impedenza per la vicinanza di oggetti, passaggio attraverso muri, deposito di polvere e residui sulla superficie isolante; altre caratteristiche negative sono la facilità di irradiazione del segnale e la notevole sensibilità alle interferenze.

(35)

Il cavo coassiale (fig.35,36) è costituito da due conduttori concentrici, di cui quello esterno è composto da una calza di rame tenuta a omogenea distanza dal conduttore interno mediante un dielettrico.

Fig. 35 - Costituzione e sezione di cavo coassiale.

Il dielettrico usato è a bassa perdita. E’ usato generalmente il polietilene sia nella forma compatta che in quella espansa; il polietilene risulta spugnoso e racchiude in sé migliaia di microscopiche bollicine d’aria, per cui la sua costante dielettrica si avvicina a quella d’aria ed è pari ad 1,55. Tuttavia è preferibile il polietilene compatto per le sue doti di maggior robustezza e indeformabilità che limita le brutte sorprese specialmente nell’impiego in impianti centralizzati con passaggi sottotraccia entro canalizzazioni di piccolo diametro e curve strette.( costante dielettrica 2,25 ). Altro ottimo dielettrico è l teflon, usato in cavi professionali. Il conduttore interno del cavo coassiale è generalmente formato da trecciola di più fili di rame, ma talvolta è invece costituito da un unico conduttore di rame oppure di acciaio ramato ( copperweld ). Nei cavi professionali il conduttore interno è argentato, il che contribuisce a ridurre la resistenza di conduzione per il noto effetto pelle.

E’ così chiamato il fenomeno per cui alle alte frequenze la corrente percorre il conduttore nella zona superficiale di esso, interessando quasi esclusivamente un sottile strato esterno e minimamente gli strati sottostanti.

Anche la calza esterna può essere in rame nudo oppure stagnato, o infine argentato; l’argentatura, oltre ad aumentare la conduttività del rame, comporta l’altro notevole vantaggio di conservare più a lungo nel tempo le proprietà di schermatura e di conduttività del cavo.

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Fig. 36 - Scheda tecnica relativa ad un tipo di cavo coassiale.

Nelle guide d’onda (fig.37) le onde elettromagnetiche si propagano all’interno di un tubo di sezione uniforme, quadrata o circolare con pareti speculari e quindi elettronicamente riflettenti. Le riflessioni continue tra le opposte pareti determinano l’avanzamento del fronte d’onda nella direzione dell’asse del tubo. L’interno del tubo contiene un dielettrico che può essere un isolante solido, liquido o gassoso: in molti casi è semplicemente aria. Le frequenza critica, al di sotto ella quale la propagazione si blocca, dipende dalle dimensioni del tubo e dal tipo di dielettrico interno. Con dielettrico aria e sezioni di dimensioni

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accettabili, la frequenza critica è dell’ordine delle migliaia di MHz. Nel caso di guide d’onda a sezione quadrata, la lunghezza d’onda critica, detta anche di taglio è uguale al doppio della larghezza del lato di base.

Le guide d’onda sono costruite in relazione allo lunghezza d’onda, dei segnali che devono convogliare, ma possono essere utilizzate per più frequenze, purché siano superiori alla frequenza di taglio. La guida d’onda è utilizzata per il trasporto delle microonde entro brevi distanze con notevoli vantaggi: assoluta sicurezza, perdite molto basse, ottima azione schermante contro i disturbi esterni.

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1.9 Sistema di trasmissione del segnale.

L’antenna sia UHF, VHF, MF è costituita dai pannelli per la trasmissione del segnale, disposti su tutte e quattro i lati del traliccio, realizzando così un’antenna omnidirezionale che irradia sul territorio un fronte d’onda costituita da onde elettromagnetica che si propaga nello spazio, con un certo angolo di apertura del fascio a metà potenza verticale. Tale angolo è funzione del numero di elementi radianti posti in parallelo, al crescere dello stesso l’angolo di irradiazione decresce, ed il segnale si propaga a distanze superiori, viceversa il contrario. Le antenne istallate quindi irradiano una fascia di territorio attorno al traliccio, ciò significa che nelle immediate vicinanze del traliccio siamo quindi in presenza di zone di silenzio. In tali zone il segnale arriva tramite dei ripetitori, cioè dei tralicci porta antenne di dimensioni inferiori rispetto alla torre, che tramite delle antenne direzionali coprono la parte di territorio limitrofo all’antenna. Il segnale da diffondere giunge alla torre tramite un ponte radio realizzato da due parabole, una in trasmissione, presente in un sito distante chilometri da quella in ricezione fissata sul traliccio in esame. Ricevuto il segnale questo viene indirizzato in parte ai pannelli-antenne che lo irradiano sul territorio e lo stesso viene anche inviato ai ripetitori, tramite un altro ponte radio. A loro volta giunto loro il segnale, provvederanno a diffonderlo sul territorio grazie alla presenza di appositi antenne. Le altre parabole inserite sul traliccio servono per altri ponti radio per trasferire vari segnali, trasmissioni da una parte all’altra del territorio. Accanto ad ogni antenna c’è la presenza di un casottino all’interno del quale sono presenti tutte le strumentazioni necessarie alla trasmissione e ricezione del segnale, la dimensione di tale elemento è direttamente proporzionale alla quantità di strumenti che deve contenere. Spesso per i siti di elevate dimensioni, molto spesso siti in zone facilmente raggiungibili, tali casottini diventano anche il rifugio per gli operatori stesse con la presenza di camere da letto, cucine, bagni ecc.(fig.39,40).

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Fig. 39 - Esempio di un casottino-rifugio.

(41)

Si può comprendere adesso l’utilità di realizzare un struttura così alta, difatti per le antenne UHF, VHF e MF il segnale irradiato cresce al crescere dell’altezza dell’antenna dal suolo, inoltre al crescere dell’altezza del traliccio l’area di territorio descritta dal fronte d’onda cresce. Per le antenne a paraboloide l’altezza serve per superare eventuali ostacoli presenti nel territorio. Le antenne a paraboloide servono per realizzare i ponti radio, che rappresentano collegamenti punto punto, le due parabole che lo realizzano devono potersi vedere in linea d’aria. Quindi la loro collocazione deve garantire al segnale di non essere bloccato da alcun ostacolo, tipo alberi ì, montagne grataceli.

1.10 Sistemi di aggancio delle antenne

Il traliccio oggetto di tesi rappresenta l’appoggio dove agganciare le antenne. Tali sistemi a seconda della loro dimensione e della presa sul vento varia. E’ questo uno dei dati indicati dal costruttore ed e espresso in chilogrammi con vento a 130 km/h. I valori più favorevoli di questo parametro si ottengono usando materiali leggeri, ma robusti come tubi o profili in lega di alluminio, evitando ampie superfici uniformi, preferenziando griglie o reti metalliche o lamiere forate. I supporti per realizzare gli attacchi devono essere in metallo trattato e protetto contro gli agenti atmosferici. Successivamente verranno mostrati alcuni tipi di agganci di antenne, UHF, VHF, MF e paraboloidi.

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Fig. 42 - Aggancio pannelli UHF, VHF e MF, al traliccio. 1.11 Traliccio porta cavi

Spesso nelle realizzazioni delle torri antenne più grandi, in cui vista la maggior dimensione spesso coincidente con un maggior numero di antenne e quindi di conseguenza più cavi, e considerata la maggior lunghezza delle linee di discesa con inevitabile nascita di maggior perdite e quindi la necessità di cavi di diametro maggiore, viene realizzato al suo interno un piccolo traliccio (fig.44) dove collocare le linee di trasmissione, per evitare di applicarle al traliccio principale rendendo così più semplice la discesa dei cablaggi necessari alle antenne.

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Fig. 43 - Esempio di torre senza la presenza del traliccio porta cavi.

Fig. 44 - Esempio di traliccio porta cavi.

1.12 Illuminazione e colorazione

La struttura in esame è considerata un opera, che costituisce un ostacolo definito verticale alla navigazione aerea, per questo deve essere facilmente riconoscibile sia durante le ore notturne che diurne ed essere appositamente segnalato alla CIGA (centro informazioni geotopografiche aereonatiche). Le normative a cui si fa riferimento sono le seguenti:

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¾ Annesso 14 della norma ICAO del luglio del 1999;

¾ Direttive SMA riferite alla segnalazione degli ostacoli al volo a bassa quota; ¾ Circolare dello stato maggiore dell’aereonautica n°342/10285/T3-11 dell’81; ¾ Decreto legislativo n°58/63 del 1963.

¾ Norme ENAC riferite alla navigazione aerea civile.

Per torri situate fuori dai centri urbani (e distanti dagli aereoporti, più di 30 km ) con altezza compresa tra 61 e 150 m è obbligatorio l’uso di opportuna segnaletica cromatica costituita da verniciatura bianco e rossa ( a strisce o a scacchi ) dal terzo superiore dell’ostacolo. Solo nel caso di torri di altezza superiore a 150 m, si necessità anche della segnaletica luminosa, costituita da una luce (o gruppi di luci ) fissa di colore rosso, posizionata alla sommità dell’ostacolo e visibile, di notte, ad una distanza non inferiore a km 5 da qualsiasi direzione e di luci intermedie di numero pari all’altezza della torre diviso 45, posizionate a distanza regolare tra cima e suolo. Se la struttura risulta più alta di 151 m, in aggiunta alle predette luci, potrà essere richiesta anche l’installazione sulla sommità di un faro di pericolo omnidirezionale, a luce intermittente con frequenza compresa tra 40 e 60 lampi al minuto e da 2000 candele. Se il faro non può essere collocato alla sommità dell’ostacolo, va posizionato nel punto più alto dell’ostacolo dove ciò sia possibile. La nostra torre antenna essendo alta 110 m e sita al di fuori di centri abitati necessita solo della colorazione a strisce di 3, 3.5 m, bianche e rosse del terzo superiore della sua altezza. La denuncia alla CIGA va effettuata quando l’altezza è superiori a 60 m,siti nei centri urbani e a 15 m se siti al di fuori si questi, quindi la struttura in esame necessita di tale denuncia.

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Fig. 46 - Esempio di dispositivo di segnalazione notturna. 1.13 Dispositivo di messa a terra e parafulmine

Considerata la notevole altezza della torre antenna ed il fatto che è completamente realizzata in acciaio, questa necessita di una buona messa a terra e di un dispositivo parafulmine. La messa a terra (fig.47) è linea elettrica a bassissima resistenza elettrica, dove in caso che la carcassa metallica entri in tensione ad esempio per un guasto all’amplificatore delle antenne nel caso che questo si trovi a ridossi delle stesse, la corrente passa e si scarica a terra. Nella struttura tipo l’impianto a terra è costituito da un dispersore, realizzato tramite un picchetto infisso nel terreno e da due corde di rame da 100 mm2 di sezione, poste all’interno o all’esterno di due contrapposti dei quattro montanti d’angolo della struttura, che collegano la torre al dispersore. Bisogna stare attenti affinché la resistenza misurata all’atto dell’applicazione della messa a terra, resti invariata durante la vita utile dell’opera. Il dispositivo parafulmine evita che la carcassa metallica entri in tensione a causa di un fulmine colpente la stessa.

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E’ realizzato tramite un dispositivo di captazione ad asta verticale ed orizzontale. Da detti organi di mediante apposite calate l’eventuale corrente di fulminazione viene dispersa nel terreno, attraverso un picchetto infisso in esso.

1.14 Collocazione dell’opera nel territorio

Nella realtà che ci circonda tali strutture di così forte impatto ambientale vengono raccolte in siti appositi, sia per effettuare una migliore propagazione del segnale risparmiando in questo modo la realizzazione di altre opere, sia per evitare la loro presenza in zone limitrofe ai centri abitati (fig.48,49). Difatti l’eccessiva potenza applicata alle antenne porta alla nascita di un forte inquinamento elettromagnetico, che se ancora in fase di studio, può essere la causa di nascita di tumori. Purtroppo non mancano esempi in negativo, di torri antenne realizzate nelle immediate vicinanze, (fig.50) e nel centro di città (fig.51 e 52). La torre in esame è posizionata in una zona pianeggiante limitrofa a Firenze e ha lo scopo di trasmettere il segnale UHF, VHF, e MF nella pianura in cui è collocata, inoltre funge come punto di arrivo e partenza di ponti radio. Viene assunta l’ipotesi che lo spazio in cui è applicata sia di dimensioni limitate, di conseguenza la larghezza di base sarà moderata.

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Fig. 49 - Centro di trasmissione sito in montagna.

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Fig. 51 - Esempio di una torre antenna nel centro città di Minsk (Bielorussia).

Figura

Fig. 10 - Scala a pioli fornita di fune di acciaio che corre parallelamente alla
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