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La comunicazione sociale veicolata attraverso strumenti di marketing non convenzionale (il caso Radi-Aid).

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Academic year: 2021

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Università Ca’ Foscari di Venezia

Facoltà di Economia

Corso di Laurea Magistrale (ordinamento Ex D.M. 270/2004)

in Marketing e comunicazione

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

“La comunicazione sociale veicolata attraverso strumenti di marketing non

convenzionale (il caso Radi-Aid)”

Relatore: Chiar.mo Prof. Francesco Casarin Correlatore: Chiar.mo Prof. Salvatore Russo Tesi di: Lucia Giorgetti (Matricola 844485) ANNO ACCADEMICO 2014/2015

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INDICE

INTRODUZIONE ... 9 1. IL PROCESSO DI PIANIFICAZIONE DEL MARKETING SOCIALE ... 13 1.1 L’EVOLUZIONE DEL MARKETING SOCIALE ... 15 1.2 DEFINIZIONE E POSIZIONAMENTO DEL MARKETING SOCIALE ... 19 1.3 L’ANALISI DELL’AMBIENTE ... 25 1.4 LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI ... 33 1.5 LA DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE ... 36 1.6 L’IMPLEMENTAZIONE DEL MARKETING MIX ... 44 1.6.1 Prodotto ... 45 1.6.2 Prezzo ... 48 1.6.3 Distribuzione ... 50 1.7 VALUTAZIONE E CONTROLLO ... 52 2. LA COMUNICAZIONE SOCIALE ... 55 2.1 COSA SIGNIFICA COMUNICAZIONE SOCIALE ... 55 2.2 I MODELLI DI COMUNICAZIONE SOCIALE ... 62 2.2.1 Comunicazione di massa ... 62 2.2.2 Comunicazione selettiva ... 65 2.2.3 Comunicazione personale ... 74 3. GLI ATTORI DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE ... 83 3.1 LE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT ... 85 3.2 LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ... 97 3.3 LE AZIENDE PRIVATE NEL CONTESTO SOCIALE ... 103 3.3.1 Il cause-related marketing ... 109 4. LA PUBBLICITÀ SOCIALE ... 111 4.1 PUBBLICITÀ SOCIALE E PUBBLICITÀ COMMERCIALE A CONFRONTO ... 112 4.2 IL MESSAGGIO PUBBLICITARIO SOCIALE ... 117 4.3. I DIVERSI LINGUAGGI DELLE PUBBLICITÀ SOCIALI ... 120

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4 5. IL MARKETING NON CONVENZIONALE ... 133 5.1 IL GUERRILLA MARKETING ... 136 5.1.1 Effetto sorpresa ... 139 5.1.2 Diffusione ... 141 5.1.3 Costi minori ... 146 5.2 IL MARKETING NON CONVENZIONALE NEL SETTORE SOCIALE ... 148 5.2.1 Convenzionale vs non convenzionale ... 152 5.2.2 Alcuni esempi di unconventional social advertising ... 156 6. METODOLOGIA DI RICERCA ... 165 6.1 IL CASO RADI-AID ... 166 6.2 LA PROCEDURA DI RICERCA ... 173 7. RISULTATI DELLA RICERCA ... 179 7.1 RISULTATI DEL QUESTIONARIO ... 180 7.1.1 Chiarezza e apprezzamento dei messaggi pubblicitari ... 181 7.1.2 Emozioni generate dai messaggi pubblicitari ... 186 7.1.3 Conformità e contrasto con le affermazioni proposte ... 203 7.1.4 Propensione alla donazione e alla riflessione ... 217 7.1.5 Dipendenze rilevate tra le variabili ... 223 7.2 IMPLICAZIONI MANAGERIALI ... 224 7.3 LIMITI E RICERCHE FUTURE ... 230 CONCLUSIONI ... 233 BIBLIOGRAFIA ... 239 SITOGRAFIA ... 267 INDICE DELLE TABELLE NEGLI ALLEGATI ... 269 ALLEGATI ... 273

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5 INDICE DELLE FIGURE Figura 1.1 Processo di pianificazione strategica di una campagna di marketing sociale ... 14 Figura 1.2 Condizioni per scegliere i modelli del processo di adozione ... 28 Figura 1.3 Processo di adozione multipercorso ... 30 Figura 1.4 Diamante di marketing sociale ... 34 Figura 2.1 Modello di gerarchia degli effetti del processo di comunicazione di massa ... 63 Figura 3.1 Lo schema di attuazione di una campagna sociale pubblica ... 102 Figura 4.1 Un modello concettuale di come il consumatore elabora le pubblicità di idee sociali ... 116 Figura 5.1 Gli effetti del guerrilla marketing ... 137

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6 INDICE DELLE TABELLE Tabella 1.1 Differenze tra marketing sociale e marketing commerciale ... 20 Tabella 1.2 Matrice delle opportunità offerta/mercati ... 35 Tabella 1.3 Tipi di prodotti, condizioni della domanda e compiti del marketing ... 46 Tabella 3.1 Istituzioni non profit per forma giuridica, Censimenti 2011 e 2001. Valori assoluti, percentuali e variazioni percentuali 2011/2001 ... 95

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7 INDICE DEI GRAFICI Grafico 3.1 Istituzioni non profit che usano strumenti di comunicazione ... 96 Grafico 3.2 Strumenti di comunicazione utilizzati dalle organizzazioni non profit in valore percentuale ... 97 Grafico 7.5 Risposte alla domanda “Trova che il messaggio pubblicitario sia chiaro?” divise per età e in percentuale ... 181 Grafico 7.6 Risposte alla domanda “Trova che il messaggio pubblicitario sia chiaro?” divise per titolo di studio e in percentuale ... 182 Grafico 7.7 Risposte alla domanda “Trova che il messaggio pubblicitario sia chiaro?” divise per professione e in percentuale ... 183 Grafico 7.8 Risposte alla domanda “Prendendo in considerazione entrambe le pubblicità, quale delle due le ha fatto riflettere maggiormente sul problema sociale protagonista?” divise per età e in percentuale ... 221 Grafico 7.9 Risposte alla domanda “Prendendo in considerazione entrambe le pubblicità, quale delle due le ha fatto riflettere maggiormente sul problema sociale protagonista?” divise per sesso e in percentuale ... 222 Grafico 7.10 Risposte alla domanda “Prendendo in considerazione entrambe le pubblicità, quale delle due le ha fatto riflettere maggiormente sul problema sociale protagonista?” divise per titolo di studio e in percentuale ... 222 Grafico 7.11 Risposte alla domanda “Prendendo in considerazione entrambe le pubblicità, quale delle due le ha fatto riflettere maggiormente sul problema sociale protagonista?” divise per professione e in percentuale ... 223

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Introduzione

Il termine “comunicazione sociale” ha attraversato diversi significati evolvendosi nel tempo, come la maggior parte delle considerazioni troppo ampie. Nel passato era inteso come sinonimo di comunicazione diffusa nella società, ma più recentemente è stata utilizzata la formula di pubblicità sociale e campagne di pubblica utilità. I messaggi sociali vengono veicolati attraverso mezzi come televisione e radio, con l’obiettivo di sensibilizzare il grande pubblico verso problemi, argomenti, atteggiamenti riguardanti tematiche vicine al benessere collettivo. Per questo vengono spesso inseriti nell’ambito della comunicazione pubblica e quindi realizzate dalla Pubblica Amministrazione, ma anche dalla Chiesa Cattolica, dato il carattere sociale e collettivo di queste comunicazioni. In realtà questo fenomeno sta coinvolgendo sempre di più non solo queste due entità, ma anche altre organizzazioni non profit e imprese private, e sta evolvendo sempre di più. Spesso, i messaggi sociali promossi cercano di suscitare nell’interlocutore emozioni quali pena, paura, ansia, vergogna; ci si chiede, al giorno d’oggi, se questo linguaggio, questo stile, raggiunga ancora alti livelli di efficacia. La società e i consumatori stanno, infatti, mutando, e questi cambiamenti devono essere accompagnati da un’evoluzione delle azioni e degli strumenti di marketing: il marketing non convenzionale.

Levinson (1984) coniò il termine “Guerrilla Marketing” per spiegare questi nuovi linguaggi, definendolo come un modo non convenzionale di perseguire obiettivi convenzionali, con un budget ridotto. Il guerrilla marketing ha un approccio completamente diverso e innovativo rispetto al passato (Cova et al., 2012). In particolare le pubblicità non convenzionali possono essere raggruppate in tre categorie: pubblicità che inviano messaggi non convenzionali tramite mezzi convenzionali, pubblicità che utilizzano mezzi non convenzionali, pubblicità che utilizzano media tradizionali in modo non convenzionale (Jurca, 2010).

Questi strumenti possono e devono essere utilizzati anche nella comunicazione sociale, anche se, nel nostro paese, non se ne è ancora fatto ampio uso. Alcuni autori stanno affrontando questo tema, chiedendosi se l’utilizzo di emozioni negative sia realmente efficace. Peverini e Spalletta (2009) affermano che la pubblicità sociale gioca con i consumatori e può sfruttare l’ironia e lo spiazzamento surreale, specialmente grazie a questi nuovi strumenti in cui la creatività gioca un ruolo centrale. La comunicazione

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10 sociale, quindi, deve adattarsi, prendendo spunto dai nuovi strumenti di marketing non convenzionale per avere più successo e utilizzando diversi linguaggi, diversi contenuti, diversi mezzi di trasmissione. In questa era, infatti, gli strumenti del marketing convenzionale non creano più lo stesso risultato che ci si aspettava nell’era moderna, il consumatore è cambiato e così anche le comunicazioni (Cova et al., 2012), e la comunicazione sociale non deve essere da meno. Grazie a questi strumenti si possono raggiungere livelli di efficacia che prima non erano possibili.

L’obiettivo della ricerca è testare l’efficacia di queste nuove comunicazioni sociali, capire, in altre parole, se, proponendo al pubblico messaggi sociali non convenzionali, si raggiungano livelli di efficacia maggiori o minori rispetto ad una comunicazione sociale tradizionale. Infatti, lo scopo di questo studio è confrontare le classiche comunicazioni sociali con quelle più inusuali, che utilizzano le tipiche strategie del guerrilla marketing, come messaggi originali, diversi da quelli più consueti, e strumenti di nuova generazione. I linguaggi adoperati negli appelli di marketing non convenzionale sociale, infatti, si avvalgono principalmente di sentimenti quali humor e ironia, divertimento e sarcasmo, piuttosto che tristezza e pena, utilizzati tipicamente nelle comunicazioni sociali tradizionali. Queste ultime, infatti, fanno ancora largo uso di situazioni stereotipate, da cui il guerrilla marketing vuole prendere le distanze. Ci si chiederà, quindi, se le tattiche adoperate dal marketing non convenzionale portino gli stessi risultati anche nel settore sociale, cioè se producano un maggior livello di efficacia nel pubblico, o su suoi particolari segmenti. Il guerrilla marketing si caratterizza, infatti, non solo per i diversi strumenti che impiega, ma anche per il procedimento che porta i messaggi sviluppati ad essere presentati al grande pubblico, il linguaggio da loro utilizzato. Spesso, infatti, comunicazioni più divertenti e fuori dagli schemi, riescono non solo a coinvolgere maggiormente il pubblico, ma anche ad occupare un posto specifico nella mente del consumatore, arrivando a stimolare maggiormente il proprio ricordo, e questo potrebbe avvenire anche nell’ambito della comunicazione sociale.

Per poter verificare queste argomentazioni, è stato sottoposto ad un universo campionario formato dalla popolazione generale un questionario veicolato on-line, grazie all’utilizzo di social network, contenente due differenti spot pubblicitari. È stato impiegato un campione di individui eterogeneo, per poter in seguito verificare quali siano le variabili che portano il messaggio ad avere una minore o maggiore efficacia nei confronti di determinati utenti. A questi individui è stato mostrato, inizialmente, uno

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11 spot pubblicitario realizzato da Save the Children, avente come tema il grande problema della diarrea infantile in Africa. Questo spot è un esempio di comunicazione sociale tradizionale; le immagini, il testo e il tono utilizzati sono tipici delle pubblicità sociali riguardanti i problemi nel terzo mondo. Dopo la visione di questo spot, è stato chiesto agli individui presenti nel campione di compilare la prima parte del test, ovviamente in riferimento a quest’ultima pubblicità. Successivamente, è stato presentato loro un ulteriore spot pubblicitario, molto diverso però da quello precedente. Questa seconda pubblicità sociale, facente parte della campagna di comunicazione Radi-Aid e realizzata dall’organizzazione norvegese SAIH, possiede un linguaggio totalmente diverso dal precedente spot. In questo caso, infatti, il messaggio pubblicitario è tutt’altro che tradizionale; il linguaggio è scherzoso, le immagini solari, costituendo un perfetto esempio di pubblicità sociale non convenzionale. Dopo aver terminato la visione di questo secondo spot, è stato chiesto al campione di completare la seconda parte del questionario. La maggior parte delle domande sono le stesse per entrambe le proposte, ad eccezione dell’ultima che, invece, effettua un confronto diretto tra le due comunicazioni. Grazie a tale questionario, si evidenzieranno, soprattutto, le differenze di percezione tra la campagna Radi-Aid e le tipiche comunicazioni sociali, che invece utilizzano un linguaggio più serio, basato sulla paura e sugli stereotipi. In base ai dati ricavati, si potrà definire la maggiore o minore efficacia di questo tipo di comunicazioni. Il primo capitolo dello studio, aiuterà a fornire chiarezza in merito alla definizione e all’evoluzione del marketing sociale, discutendo, in particolare, il suo processo di pianificazione. A seguire, ci si concentrerà sul significato di comunicazione sociale e sui suoi modelli basilari. Nel terzo capitolo, invece, verranno presentati i tre principali soggetti che promuovono questo tipo di comunicazioni: gli attori sociali. Nel quarto capitolo l’attenzione sarà rivolta ad uno specifico strumento della comunicazione sociale, la pubblicità sociale, mentre nel quinto saranno esaminate le strategie del marketing non convenzionale e del guerrilla marketing, anche dal punto di vista del settore sociale. Infine, nel sesto e settimo capitolo, verrà illustrata la metodologia di ricerca, presentando il caso Radi-Aid, e i risultati, le implicazioni manageriali e i limiti dello studio.

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1. Il processo di pianificazione del marketing sociale

Il termine social marketing fu introdotto per la prima volta da Kotler e Zaltman in un articolo del 1971 (p. 5), che lo definirono: “…la progettazione, l'implementazione e il controllo dei programmi creati per influenzare l'accettabilità di un’idea sociale, e coinvolge considerazioni di pianificazione del prodotto, di prezzo, di comunicazione e di ricerche di mercato”.

Ovviamente questo concetto ha ricevuto molta attenzione dagli studiosi ed è stato utilizzato per valutare l’efficacia degli strumenti messi in atto nei settori quali la sanità, il coinvolgimento nella comunità, la prevenzione degli infortuni e la tutela dell’ambiente (Inoue e Kent, 2014). Nel 2008 Kotler e Lee diedero una nuova descrizione di marketing sociale; esponendolo come un processo che applica i principi e le tecniche di marketing per influenzare comportamenti che creino un beneficio per la società e per il target. Anche Blair-Stevens nel 2006 definì il marketing sociale come l’applicazione di concetti e tecniche di marketing per raggiungere obiettivi comportamentali specifici relativi ad un bene sociale. Per questo motivo il processo di pianificazione strategica di una campagna di marketing sociale, ricalca le fasi di pianificazione attuate dalle imprese for profit, per commercializzare i propri prodotti e servizi. Ovviamente, in ogni fase, esistono forti differenze nelle tecniche utilizzate in questi due settori; per questo motivo verranno analizzati i diversi punti che nel loro insieme compongono questo strumento. In questo capitolo verrà illustrata l’evoluzione del marketing sociale, ricostruendo il percorso che ha portato una semplice azione di cambiamento sociale ad adottare tecniche di marketing per poter raggiungere un pubblico più ampio. Si analizzerà, in seguito, il posizionamento del marketing sociale, evidenziando le principali differenze tra esso e il marketing commerciale e definendo, in maniera generale, gli obiettivi sociali a cui aspira. Infine, verrà esaminato il processo di pianificazione del marketing sociale, come appare nella figura 1.1, che prevede essenzialmente 5 diversi stadi. Il primo stadio riguarda l’analisi dell’ambiente in cui il programma di marketing sociale deve operare, sia ad un livello interno all’organizzazione che ad un livello esterno, prendendo in considerazione l’ambiente nel suo complesso, l’utente designato e la concorrenza. Il secondo stadio, invece, aiuta a comprendere come poter scegliere, in modo ottimale, gli obiettivi a cui si vuole mirare con la realizzazione della campagna. Nel terzo stadio

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14 verranno affrontate le problematiche inerenti alla definizione della strategia di marketing sociale, in particolare ciò che riguarda la segmentazione e il posizionamento. Il penultimo stadio riguarda la realizzazione del marketing mix, ossia l’implementazione delle 4P (Product, Price, Place e Promotion; ossia Prodotto, Prezzo, Distribuzione e Comunicazione, quest’ultimo elemento, però, verrà affrontato a partire dal capitolo successivo), e come esse si configurano nel settore sociale. Infine, nel quinto stadio, si analizzeranno le tecniche di verifica e controllo dell’efficacia del piano di marketing sociale. Figura 1.1 Processo di pianificazione strategica di una campagna di marketing sociale Fonte: Rielaborazione personale da Kotler e Andreasen (1998, p. 79) Analisi dell'ambiente

Analisi del contesto ambientale

Analisi del comportamento dell'utente designato

Analisi dell'ambiente concorrenziale

Definizione degli obiettivi

Definizione delle strategie

Segmentazione Posizionamento

Implementazione del marketing mix

Prodotto Prezzo Distribuzione Comunicazione

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15 1.1 L’evoluzione del marketing sociale Per meglio comprendere la definizione e l’evoluzione del marketing sociale, è necessario osservarlo in relazione ai tipici approcci utilizzati per generare un cambiamento sociale. Kotler e Fox (1980) considerano quattro approcci possibili e li illustrano prendendo ad esempio la lotta contro il fumo:

1. Approccio legale. Presume interventi legislativi restrittivi rispetto all’uso delle sigarette, rendendolo illegale, costoso o difficoltoso, come il divieto di fumare nei luoghi pubblici;

2. Approccio tecnologico. Presume la creazione di un nuovo prodotto o un’innovazione tecnologica di un prodotto già esistente, che aiuti le persone a ridurre o perdere l’abitudine di fumare, o che riduca il loro stesso danno, come ad esempio le gomme alla nicotina da masticare, i cerotti alla nicotina, o i filtri da applicare alle sigarette per ridurre l’assorbimento di sostanze nocive;

3. Approccio economico. Presume un aumento dei costi verso il comportamento indesiderato, come alzare il prezzo delle sigarette tramite un’estensione delle tasse sul fumo, oppure accrescere le rate dell’assicurazione per i fumatori;

4. Approccio informativo. Presume la creazione e la diffusione di messaggi sul rischio del fumo e sui vantaggi che si hanno smettendo di fumare, grazie, ad esempio, alle frasi riportate sui pacchetti di sigarette (“Il fumo uccide” o “Il fumo danneggia i tuoi polmoni”).

Le radici del marketing sociale si riscontrano nell’approccio informativo; infatti molte organizzazioni non profit sono ricorse, inizialmente, alla pubblicità sociale. Queste aziende, affascinate dai risultati che si ottenevano grazie alle pubblicità commerciali, hanno iniziato a considerare il potenziale di queste azioni per modificare gli atteggiamenti e i comportamenti pubblici. Il principale problema di queste campagne fu che spesso rappresentavano l’unica proposta portata avanti dall’impresa che voleva realizzare il cambiamento, e quindi risultavano inadeguate. In particolare si evidenziarono tre principali problemi (Kotler e Fox, 1980): primo, non veniva effettuata un’adeguata ricerca per il contenuto del messaggio. Ad esempio, alcune campagne sociali sviluppate per incoraggiare una corretta alimentazione nei paesi in via di sviluppo, non presero in considerazione che molte persone non sapevano quali cibi fossero più salutari, o che non avevano abbastanza denaro per acquistare questi

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16 prodotti, o ancora che nelle aree più remote questi alimenti non erano nemmeno disponibili. Secondo, molti individui percepiscono il messaggio veicolato in modo selettivo, distorto, riduttivo. Le comunicazioni di massa hanno un’influenza meno diretta sui comportamenti e vengono anche mediate dall’opinion leader e dalle persone intorno a noi. Terzo, molti individui non sanno esattamente come comportarsi dopo l’esposizione al messaggio, ad esempio la comunicazione “Il fumo uccide”, non aiuta il fumatore a comprendere come trattenersi dallo stimolo di fumare o dove deve recarsi per ricevere aiuto.

Tutte queste limitazioni hanno portato all’evoluzione della pubblicità sociale in comunicazione sociale. Grazie a questo approccio, la pubblicità di massa viene affiancata e supportata da una serie di altre azioni, in particolare la vendita personale e l’uso di editoriali, per realizzare gli obiettivi prefissati. Purtroppo alcune azioni di comunicazione sociale si rivelarono fallimentari, e lasciarono il posto al marketing sociale. Utilizzando un approccio di marketing per veicolare le cause sociali, si sono aggiunti quattro principali elementi che non erano minimamente considerati nelle precedenti attività (Kotler e Fox, 1980):

1. Le ricerche di marketing, utilizzate per comprendere maggiormente il mercato che l’organizzazione si era prefissata di raggiungere e per capire se esistono approcci di marketing alternativi che soddisfino maggiormente il mercato stesso. Senza essere preceduta da un’adeguata analisi di mercato, la pubblicità sociale equivale ad un salto nel buio;

2. Lo sviluppo del prodotto, dopo aver eseguito le adeguate analisi. I ricercatori prenderanno in considerazione i prodotti già esistenti e quelli potenziali che portano più facilmente le persone a comportarsi nel modo desiderato. In pratica, adottando un approccio di marketing, le organizzazioni non si limitano a generare prodotti esistenti per cercare di venderli (approccio di vendita), ma eseguono ricerche per generare prodotti che incontrino maggiormente i bisogni del mercato (approccio di marketing);

3. L’uso di incentivi nei messaggi; infatti le comunicazioni sociali spesso creano messaggi che drammatizzano i benefici o gli svantaggi che si generano adottando un certo tipo di comportamento. Nel marketing sociale, invece, si progettano incentivi specifici per cercare di aumentare il livello di motivazione degli individui;

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17 4. Le agevolazioni che l’approccio di marketing cerca di ottenere per gli utenti del

messaggio. Solitamente le persone che desiderano modificare il proprio comportamento investono tempo e fatica; il marketing sociale deve esaminare i metodi che rendono il più agevole possibile l’adozione di questo cambiamento. È necessario completare i canali di comunicazione sviluppando anche canali di risposta convenienti e attraenti, non solo per convincere gli individui ad adottare un nuovo comportamento, ma anche per ricercare soluzioni che permettano la continuità di quello stesso comportamento.

Il percorso che ha portato la pubblicità sociale ad evolversi in comunicazione sociale, e successivamente in marketing sociale, può essere riassunto affermando che nel marketing sociale vengono utilizzate tutte e quattro le leve del marketing mix, ossia le 4P (product, price, promotion, place), e non solo una come avveniva nelle comunicazioni sociali. È ovviamente necessario che queste quattro leve siano tutte coordinate tra loro, per motivare e facilitare il comportamento desiderato. Oltre alle 4P il marketing sociale prevede, a differenza della comunicazione e della pubblicità sociale, ricerche di mercato, sviluppo di un piano di marketing, di una strategia di marketing e di un budget; tutti elementi legati al mondo del marketing e necessari per generare il nuovo comportamento e per rinforzarlo nel tempo.

Anche altri autori (Dibb e Carrigan, 2013) hanno analizzato l’evoluzione del marketing sociale, individuando quattro principali tappe:

1. Concentrarsi sul comportamento. È molto importante per la buona riuscita di una campagna, definire in modo chiaro il risultato voluto da un piano di marketing sociale. Sempre più spesso i risultati ricercati prendono in esame il comportamento degli individui e non il loro atteggiamento; ovviamente un cambiamento di atteggiamento è molto differente rispetto a un cambiamento di comportamento. Riprendendo l’esempio di Kotler sulla lotta contro il fumo, l’intenzione di smettere di fumare non è paragonabile all’azione di smettere di fumare. Le attività di marketing sociale odierne cercano di intervenire sui comportamenti, sia eliminando o anche solo indebolendo un comportamento indesiderato, che mantenendo o rafforzando un comportamento desiderato. La misura del successo della campagna nel breve periodo è il numero di comportamenti che è riuscita ad influenzare, mentre nel lungo periodo è il numero dei comportamenti che sono stati mantenuti nel tempo;

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18 2. Sviluppo del processo di pianificazione. Come anche già descritto da Kotler, per la

buona riuscita di una campagna marketing sociale è necessario sviluppare un processo di pianificazione che prenda in considerazione: l’analisi dell’ambiente interno ed esterno dell’azienda; la definizione della missione, degli obiettivi e dei fini; la definizione del posizionamento dell’impresa e del mercato di destinazione; la creazione della strategia di marketing mix; la determinazione di un sistema di valutazione e controllo. Ovviamente tutti questi elementi devono essere coordinati tra loro e fare fede ad un budget preciso. I suddetti elementi verranno meglio analizzati in seguito;

3. Tre livelli di marketing sociale. Andreasen (2005) ha proposto tre livelli di marketing sociale: downstream, mid-stream e upstream social marketing. La maggior parte delle ricerche e delle azioni di marketing sociale si sono concentrate su strategie downstream (tradotto letteralmente “a valle”), che cercano di influenzare il comportamento degli individui facenti parte del mercato di riferimento (ad es. fumatori, tossicodipendenti, persone affette da disturbi alimentari ecc.). Le strategie mid-stream, invece, cercano di influenzare gli individui vicini a quelli del mercato di riferimento, come amici, parenti, conoscenti, colleghi e anche modelli di comportamento, che possono produrre un’influenza positiva, sia sull’individuo che sul gruppo. Infine l’upstream (tradotto letteralmente “a monte”) social marketing cerca di influenzare quelle organizzazioni e istituzioni che svolgono un ruolo rilevante nel sostenere un comportamento indesiderato o che potrebbero svolgere un ruolo positivo nel sostenere un comportamento desiderabile. Prendendo ad esempio il caso dell’obesità, le industrie produttrici di soft drink e fast food vendono prodotti che promuovono un comportamento indesiderato che porta all’obesità, mentre le istituzioni di salute pubblica supportano il comportamento desiderabile; questi sono i soggetti che le azioni di upstream marketing cercano di influenzare. Il mid-stream e l’upstream social marketing sono stati molto trascurati. In particolare, l’upstream social marketing è notevolmente impegnativo da realizzare, perché è necessario avvicinarsi e motivare numerose organizzazioni per poter realizzare uno scopo sociale rilevante. Inoltre, esse devono essere preparate ad affrontare avversari molto forti che presentano un notevole interesse finanziario a proseguire il loro sostegno verso comportamenti indesiderati;

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19 4. Incorporare i social media nel marketing sociale. La rivoluzione digitale ha aperto

la strada a diversi e nuovi canali di influenza e di comunicazione. I tradizionali mezzi utilizzati nella comunicazione (televisione, radio, quotidiani, riviste, affissioni, ecc.) rimangono fondamentali, soprattutto per raggiungere il pubblico di massa, ma i nuovi canali digitali di comunicazione (Facebook, Google +, Twitter, Linkedin, ecc.) offrono percorsi per raggiungere gruppi di persone molto specifici; ecco perché l’utilizzo di questi nuovi strumenti nelle azioni di marketing sociale è molto importante.

Avendo presentato l’evoluzione che ha attraversato il marketing sociale, è certo che questa disciplina si evolverà ulteriormente negli anni, in base ai nuovi problemi e soluzioni a cui si giungerà.

1.2 Definizione e posizionamento del marketing sociale

Come è stato appena descritto, la nozione di marketing sociale si è evoluta dalla sua prima definizione degli anni ’70, fino ad arrivare ad un nuovo concetto descritto nel 2002 da Kotler et al. (p. 5), che lo hanno definito: “…un processo che applica tecniche e principi di marketing per influenzare il target di riferimento ad accettare, rifiutare, modificare o abbandonare un determinato comportamento, con lo scopo di portare un beneficio alla società nel suo complesso (comportamenti riguardanti la salute pubblica, la sicurezza, l’ambiente e le comunità) o ad un determinato gruppo di persone”. In pratica, le tecniche di marketing vengono utilizzate per far fronte ad uno scopo sociale, di pubblica utilità. Le organizzazioni che attuano azioni di marketing sociale hanno, ovviamente, un fine diverso dalle organizzazioni con scopo di lucro, quindi anche il marketing sociale presenta alcune differenze con il marketing commerciale. Il primo promuove valori e adozioni o modifiche di comportamenti, offre spunti di riflessione al target identificato e cerca di stimolare la consapevolezza degli individui che diventano, così, una parte attiva del processo; il secondo ha come obiettivo la vendita di beni e servizi per ottenere un profitto, e quindi punta a influenzare un consumatore che si trova in una posizione maggiormente passiva. Il marketing sociale vuole portare il target a cambiare stile di vita o modificare un’opinione, producendo benefici misurabili solo a medio o lungo termine; i benefici del marketing commerciale, invece, si ottengono istantaneamente o comunque a breve termine e implicano semplicemente un costo di

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20 tipo monetario. Nella tabella 1.1 sono riportate le principali differenze tra marketing sociale e marketing commerciale. Riassumendo tali elementi, si giunge alla definizione di marketing sociale come “l’applicazione di concetti e tecniche del marketing e di altre discipline per raggiungere obiettivi comportamentali volti a migliorare la salute individuale/collettiva e per contribuire a ridurre le disuguaglianze sociali, nell’ambito delle politiche della comunità di riferimento.” (Fattori e Vanoli, 2011, p. 5). Nel marketing sociale, quindi, invece che utilizzare le tecniche di marketing per far conoscere e vendere un prodotto, queste vengono applicate per un bene sociale, per modificare, volontariamente, un comportamento tenuto dagli individui target, le persone a cui è diretto il messaggio.

Tabella 1.1 Differenze tra marketing sociale e marketing commerciale

Fonte: Fattori e Vanoli (2011, p. 2)

MARKETING SOCIALE MARKETING COMMERCIALE Promuove un comportamento Promuove un prodotto, un bene o un servizio Il target è in posizione attiva Il target è in posizione passiva La responsabilità è pubblica La responsabilità è di azionisti e direttori Convince a mutare un

comportamento oppure un'opinione

Convince all'acquisto di un bene o all'utilizzo di un servizio

Implica costi fisici o psicologici per mettere in pratica il cambiamento cognitivo oggetto di promozione

Implica costi monetari, in minor misura anche fisici o psicologici per ottenere il bene o il servizio oggetto di promozione

I benefici sono a medio o lungo termine

I benefici sono immediati o a breve termine

Cultura della sicurezza Cultura del rischio La concorrenza è rappresentata

da stili di vita e opinioni contrastanti

La concorrenza è rappresentata da marche e prodotti antagonisti Gli enti collaborano con i partner I privati entrano in competizione Finanziato da tasse, donazioni e

fondi pubblici

Finanziato da vendite e investimenti

Analisi dei settori deboli della vita

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21 È così possibile riassumere i cinque elementi centrali di una campagna di marketing sociale (Kotler e Roberto, 1991):

1. Causa. L’obiettivo con il quale l’organizzazione vuole combattere il problema sociale;

2. Agente del cambiamento. L’organizzazione, l’individuo, l’istituzione, che tramite gli strumenti di marketing sociale cerca di promuovere il cambiamento di comportamento;

3. Utenti designati. Sono i destinatari del messaggio di cambiamento, può essere l’intera popolazione, un gruppo o un individuo; 4. Canali. I percorsi in cui viene veicolato il messaggio, sia quelli di comunicazione che quelli di distribuzione. Grazie ad essi avviene l’interscambio tra l’agente del cambiamento e l’utente designato, dove il primo cerca di influenzare il secondo; 5. Strategie di cambiamento. Le strategie messe in atto dall’agente di cambiamento per poter modificare le abitudini e i comportamenti dell’utente designato.

Questi elementi vengono analizzati in qualsiasi campagna di marketing sociale, come quelle che intendono contribuire a risolvere una problematica sociale (inquinamento ambientale, abuso di droga, ecc.); quelle che vogliono imporre i diritti di determinati gruppi (le minoranze o le donne); quelle che cercano di riformare le istituzioni sociali (il lavoro o l’istruzione); quelle che vorrebbero modificare lo stile di vita dell’intera società. In particolare, il marketing sociale viene considerato appropriato in tre diverse situazioni (Fox e Kotler, 1980): innanzitutto quando è necessario diffondere nuove informazioni e pratiche. In molte situazioni è fondamentale informare le persone sulle nuove opportunità e pratiche che migliorerebbero le loro vite. Ad esempio, nei paesi in via di sviluppo le azioni di marketing sociale possono essere sviluppate per convincere le persone a bollire l’acqua che utilizzano e a mantenerne una riserva; per incoraggiare le persone a costruire e utilizzare latrine; per spiegare alle madri i vantaggi dell’allattamento al seno piuttosto che nutrire i propri bambini con surrogati già nella loro prima età. Inoltre queste pratiche possono essere utilizzate per incoraggiare l’acquisto e l’utilizzo del sale iodato per prevenire il gozzo; o per esporre ai genitori come trattare in modo semplice la diarrea infantile, direttamente a casa (è molto importante perché la diarrea infantile è la causa della maggior parte dei decessi infantili nei paesi in via di sviluppo). Nei paesi industrializzati le azioni di marketing sociale spesso diffondono nuove informazioni derivanti da risultati scientifici, come i

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22 cambiamenti di trattamento della pressione alta, i vaccini infantili, le cause e i trattamenti del cancro, le diete raccomandate. Inoltre vengono veicolate informazioni riguardanti l’ambiente nel suo complesso, le problematiche nel terzo mondo, le specie di animali a rischio di estinzione, ecc. Un’altra situazione in cui gli strumenti di marketing sociale vengono considerati adeguati si verifica quando è necessario effettuare azioni di countermarketing. In diverse nazioni del mondo alcune compagnie promuovono il consumo di prodotti potenzialmente dannosi, come sigarette, bevande alcoliche e alimenti che contribuiscono a diffondere malattie ai polmoni e al cuore, danni al fegato, situazioni di sovrappeso, e molti altri problemi. La maggior parte del budget destinato alla comunicazione di questi prodotti cerca di offrire punti di vista diversi, questo perché spesso le persone che non sono d’accordo con l’utilizzo di questi prodotti sono molto frammentate, poco numerose, o possiedono risorse inadeguate per attuare una contrapposizione rilevante. Il marketing sociale, oggi, viene riconosciuto, da diversi gruppi di carattere pubblico e dalle agenzie di governo, come uno strumento per far comprendere l’altro lato di questi beni, quello più dannoso per la salute, e per stimolare gli individui ad adottare un comportamento più sano. Il countermarketing significa questo, cercare di scoraggiare la domanda di prodotti malsani, “indesiderati”, tramite una strategia forte, che ha come obiettivo il ripudio totale della domanda in questione (Gundlach et al., 2010). Infine, l’ultima situazione che viene presa in considerazione, è stimolare l’azione degli individui. Molto spesso le persone sanno ciò che dovrebbero compiere, ma non agiscono di conseguenza. Per esempio molte persone sanno che devono perdere peso, che devono fare movimento, che devono smettere di fumare, che devono utilizzare il filo interdentale, ecc., ma non lo fanno. In queste situazioni il compito del marketing sociale è di trasformare l’intenzione in azione. Diversi ricercatori hanno studiato i vari fattori che portano le persone ad agire, a cambiare i loro comportamenti, e grazie a questi hanno sviluppato diversi approcci per motivarli e facilitarli all’azione.

Ognuna di queste situazioni punta a conseguire un obiettivo sociale, che viene raggiunto tramite un cambiamento di comportamento dell’utente designato. Esistono quattro tipi di cambiamenti a cui le organizzazioni aspirano, in ordine dal più semplice al più complicato da realizzare (Kotler e Roberto, 1991):

1. Cambiamento a livello cognitivo. L’agente del cambiamento vuole fornire informazioni alle persone e destare l’attenzione su determinati problemi sociali.

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23 Alcuni esempi si possono trovare nelle campagne di marketing sociale che puntano a spiegare i valori nutritivi dei cibi e a diffondere informazioni su una corretta alimentazione, oppure nelle campagne che puntano a informare la popolazione sulle modalità in cui è possibile contrarre l’Aids, o ancora in quelle che vogliono suscitare maggiore attenzione a problemi quali inquinamento o razzismo. Solitamente, sono programmi non particolarmente difficili da portare a compimento, perché il loro scopo è quello di veicolare informazioni, creare conoscenza e consapevolezza negli individui, e non modificare atteggiamenti o comportamenti radicati; nonostante tutto, non sono da prendere sottogamba. Può capitare che non siano all’altezza degli obiettivi prefissati, sia perché gli utenti designati non vengono raggiunti, sia perché il media utilizzato non è adeguato a quel tipo di comunicazione, o ancora perché il budget a loro affidato non è sufficiente;

2. Cambiamento a livello di azione. In questo caso l’agente del cambiamento punta a persuadere gli individui ad effettuare una determinata azione o pratica in un preciso momento, ad esempio donare li sangue, firmare un referendum a favore dell’ambiente, vaccinarsi, ecc. Le campagne, in questo caso, sono definite “attivanti”, e non devono solo veicolare le informazioni, ma anche convincere gli utenti designati a compiere un’azione che richiede un certo impegno, sia in termini di tempo che in termini monetari. Infatti molti individui hanno un atteggiamento favorevole nei confronti di queste azioni, ma non le compiono, o per pigrizia o per qualche inconveniente, come, appunto, la mancanza di tempo o di denaro. Per questo motivo è necessario prevedere, in queste campagne, un premio o un incentivo, per ricompensare i costi sostenuti dagli individui;

3. Cambiamento a livello comportamentale. In queste campagne l’obiettivo è convincere gli utenti designati a modificare un loro determinato atteggiamento per salvaguardare il proprio benessere, come smettere di fumare, modificare le proprie abitudini alimentari, ridurre il consumo di alcolici. È maggiormente arduo cercare di realizzare un cambiamento comportamentale rispetto a un cambiamento cognitivo o riguardante una singola azione, perché gli utenti designati devono dimenticare le loro vecchie abitudini e rimpiazzarle con quelle auspicabili, mantenendole nel nuovo comportamento. Ad esempio, per il problema del controllo delle nascite, è necessario che gli individui imparino ad

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24 utilizzare i nuovi dispositivi (diaframma o preservativo) e che comincino ad utilizzarli regolarmente. In queste campagne i mezzi di comunicazione di massa non sono sufficienti per attuare questo particolare cambiamento, devono essere affiancati e integrati da comunicazioni personali e interventi interpersonali; 4. Cambiamento a livello di valori. In quest’ultimo tipo di cambiamento, l’agente

cerca di modificare i valori, le opinioni, le credenze profondamente radicate nell’individuo, come ad esempio le campagne sul controllo delle nascite o sull’aborto. Rispetto ai cambiamenti già citati, quest’ultimo è il più difficoltoso da promuovere, in quanto il senso di identità e il benessere di un individuo è radicato nei valori più profondi, quelli fondamentali, che guidano le scelte e le percezioni di carattere morale, sociale, intellettuale. Introdurre un elemento di disturbo in questi valori provoca tensioni e un forte stress nell’individuo, e, ovviamente, le persone tendono ad evitare i disturbi, rimuovendo queste informazioni o razionalizzandole in base ai propri valori. Spesso, per attuare questi cambiamenti, si affiancano alle comunicazioni dei programmi educativi e informativi, proprio per le difficoltà riscontrate, ma anche in questo caso il successo può essere solo parziale. Nel caso in cui i valori scelti siano particolarmente difficili da modificare, gli agenti di cambiamento ricorrono alla legge, cioè ai provvedimenti legislativi che impongono a tutti i cittadini di adottare il nuovo comportamento promosso dall’istituzione in oggetto. Grazie all’approvazione di una nuova legge, gli utenti designati sono portati a modificare più velocemente il loro atteggiamento, provocando un rafforzamento delle motivazioni nei sostenitori di quella stessa legge e un impegno maggiore per sostenere la sua applicazione. Inoltre si verifica una maggiore attenzione da parte dei media, che moltiplica il numero delle discussioni interpersonali aventi ad oggetto l’argomento, spingendo le persone a riconsiderare i propri valori e le proprie idee. È inoltre possibile modificare i valori degli utenti inducendo primariamente (sempre con l’applicazione di una nuova legge) dei cambiamenti a livello comportamentale, che stimolino indirettamente l’accettazione dei nuovi valori, poiché modelli comportamentali diversi portano a considerare le cose in modo diverso. Le azioni di marketing sociale, in questo caso, possono cercare di predisporre un clima favorevole per la nuova legge, promuovendola e facilitandone l’approvazione e l’accettazione del pubblico.

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25 Le azioni di marketing sociale, quindi, cercano di far accettare, rifiutare, modificare o abbandonare un determinato comportamento, e lo fanno utilizzando i principi e le tecniche di marketing. Infatti, come il marketing commerciale, il marketing sociale si serve della ricerca per comprendere il target, la concorrenza e il contesto del mercato di ciò che vuole promuovere, ed è da questi risultati che è possibile definire mission e strategia delle azioni che si vogliono svolgere. Infine è grazie al marketing mix, e cioè all’implementazione delle 4P (con alcuni adattamenti rispetto alle 4P del marketing commerciale) che il prodotto, il servizio o il cambiamento viene promosso nell’ambiente esterno. Nei prossimi paragrafi si analizzeranno tali argomenti, illustrando il processo di pianificazione del marketing sociale. 1.3 L’analisi dell’ambiente Per poter effettuare un’efficace azione di marketing, è fondamentale che il processo di pianificazione parta da un’analisi dettagliata dell’ambiente interno ed esterno dell’organizzazione, per ciò che riguarda il contesto ambientale, il comportamento dell’utente a cui è indirizzato il programma di marketing sociale, e, infine, lo stato della concorrenza.

Analisi del contesto ambientale

Kotler e Roberto (1991, p. 83) definiscono l’ambiente di marketing sociale come “un insieme di forze esterne alla campagna di cambiamento sociale che ostacolano la capacità di sviluppare e mantenere un’influenza adeguata sugli utenti designati” e precisano che queste forze possono essere almeno di sei tipi: demografiche, economiche, fisiche, tecnologiche, politico-legali e socio-culturali. Questi autori, riprendendo un concetto elaborato da Chase (1991), propongono quattro metodi di ricerca per poter rilevare informazioni sul contesto ambientale:

1. Interviste agli opinion leader. Tali indagini sono piuttosto utili per la raccolta di opinioni, stime, previsioni, sul contesto ambientale presente e sui suoi cambiamenti futuri, se è possibile controllarli o prevederne la probabilità e le priorità. Solitamente i leader di opinione sono rappresentati da professionisti, consulenti, rappresentanti politici, dirigenti di imprese, in pratica tutte quelle

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26 figure che hanno già maturato una certa esperienza con il tema della campagna sociale;

2. Analisi del contenuto dei messaggi trasmessi dai media. Questa indagine consiste in un’analisi continuativa dei nuovi temi che vengono veicolati tramite i mass media; i contenuti a cui viene data crescente attenzione rappresenteranno i temi emergenti negli anni a venire;

3. Sondaggi dell’opinione pubblica. Tramite i sondaggi di opinione è possibile rilevare i cambiamenti e le nuove tendenze che attraversano l’opinione pubblica e il consumatore. Spesso le organizzazioni usufruiscono di imprese esterne specializzate in questo tipo di servizi;

4. Analisi delle tendenze legislative. In questo caso i dati raccolti derivano da procedure di indagine nel campo politico, per cercare di determinare la propensione di voto da parte della classe politica su uno specifico argomento. Dopo aver rilevato i dati necessari per poter intraprendere un’adeguata azione di marketing, si passa alla loro analisi, grazie all’utilizzo di tre differenti metodi: il metodo per la costruzione di uno scenario; il metodo di analisi SWOT e il metodo di identificazione e analisi delle problematiche (Kotler e Roberto, 1991). Nel primo procedimento si cerca di prevedere i diversi scenari che possono verificarsi nel contesto ambientale, grazie ai risultati dei dati che sono stati raccolti. Una volta definite queste situazioni si cerca di definire con quali probabilità possano avvenire; quali siano le opportunità e i pericoli di ogni caso; qual è la forza maggiore che ha condotto al cambiamento; ecc. Il secondo procedimento è il metodo di analisi SWOT che permette di ripartire i dati raccolti in una matrice con quattro differenti segmenti: Strength (punti di forza dell’organizzazione), Weakness (punti di debolezza dell’organizzazione), Opportunity (opportunità esterne) e Threat (minacce esterne). Grazie a questa analisi, l’organizzazione cercherà di cogliere le opportunità che si presenteranno nell’ambiente esterno, utilizzando i propri punti di forza, e allo stesso tempo vigilerà sulle minacce cercando di correggere i punti di debolezza. Applicando tale analisi si potranno estrarre un certo numero di elementi (item) che verranno divisi in elementi principali ed elementi secondari; ovviamente l’attenzione verrà focalizzata verso quelli principali. Infine, l’ultimo metodo consiste nell’identificazione delle tendenze che possono diventare fonti di problematiche. La problematica è indicata come una qualsiasi “questione non definita pronta per una decisione” (Chase, 1984, p. 38), ossia un tema

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27 incerto che potrebbe condizionare un intero programma di marketing sociale e che possiede gruppi di influenza a favore e contro di esso. Per esempio, prendiamo in considerazione un programma di disintossicazione. Dai dati raccolti si evince che l’opinione pubblica considera la tossicodipendenza come un crimine invece che come un problema sociale, e questa tendenza propende ad aumentare. Da ciò deriva una determinata problematica: i programmi effettuati dovrebbero presupporre maggiori sforzi verso l’educazione e la comunicazione piuttosto che verso le funzioni di riabilitazione? In questo caso si creeranno segmenti a favore di questa problematica, formati soprattutto da educatori e media, e segmenti contro questa problematica, formati da leader comunitari e volontari. La soluzione risiederà nello sviluppare programmi diversi, rivolti ad ogni gruppo.

Analisi del comportamento dell’utente designato

Al centro di una qualsiasi campagna di marketing sociale troviamo gli utenti designati, i consumatori del prodotto sociale, cioè coloro la cui accettazione e adozione del prodotto porta al raggiungimento degli obiettivi della campagna. Per poter commercializzare le idee e i prodotti che le organizzazioni cercano di proporre, è necessario analizzare e predire il comportamento di tali soggetti, ma questa predizione necessita della conoscenza dei processi che guidano gli utenti ad adottare un determinato comportamento. Sono stati così individuati, da Kotler e Roberto (1991), quattro principali processi di adozione, che portano gli utenti designati ad adottare l’idea, il comportamento, il prodotto, ciò che viene considerato lo scopo da conseguire:

1. Adozione apprendere – provare – agire (learn – feel – do adoption). In questa sequenza l’utente designato prima apprende, si informa su una determinata attitudine, e solo in un secondo momento adotterà il comportamento desiderato. Questo modello è il più diffuso ed è anche il più ricercato per influenzare i consumatori, anche se ottiene risultati migliori con la presenza di due condizioni principali: quando gli utenti designati sono estremamente coinvolti nell’obiettivo dell’adozione e quando essi riescono a percepire una chiara differenza tra l’adozione del comportamento e l’alternativa. Nella figura 1.2 sono illustrati i collegamenti con i processi di adozione e le condizioni appena descritte. Come si può evincere, l’adozione apprendere – provare – agire si trova in alto a destra, quando sia il coinvolgimento che la diversità percepita sono ad un livello alto. In

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28 questo tipo di modello, quindi, è necessario prima informare gli utenti designati, poi stimolare il loro interesse, per indurre la prova del prodotto;

2. Adozione agire – provare – apprendere (do – feel – learn adoption). Questa seconda sequenza è l’esatto inverso della prima, in quanto in questo modello l’utente designato adotta un’idea o una pratica, compiendo un tentativo, che lo porta a cambiare un abitudine, spingendolo a migliorare il proprio apprendimento. Questo modello si trovain alto a sinistra nella figura 1.2, cioè quando l’utente è comunque coinvolto nell’idea o nella pratica, ma le scelte davanti a cui si trova sono praticamente uguali, le alternative possiedono una bassa diversità;

3. Adozione apprendere – agire – provare (learn – do – fell adoption). In questa sequenza gli utenti designati scelgono un’idea o una pratica in base alla conoscenza e alla familiarità che hanno con essa, che generalmente viene fornita dalle comunicazioni ripetitive dei mass media. In pratica gli utenti che attuano la scelta non hanno ancora creato un’attitudine verso di essa, ma la formano nel

Adozione agire - provare - apprendere

Adozione apprendere - provare - agire

Adozione apprendere - agire - provare

Spazio non possibile a livello logico Alto Basso C oi nvo lg ime nt o Alto Basso

Diversità percepite tra le alternative

Figura 1.2 Condizioni per scegliere i modelli del processo di adozione

Fonte: Kotler e Roberto (1991, p.99)

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29 momento stesso o anche successivamente alla sua prova. Può anche verificarsi che in un secondo momento modifichino la loro attitudine, in base all’esperienza provata. Questo approccio si trova in basso a sinistra nella figura 1.2, quando il prodotto sociale ha un basso coinvolgimento nell’utente e le alternative a cui si trova di fronte non sono molto diverse;

4. Adozione multipercorso (multipath adoption). L’ultimo processo permette di sintetizzare gli altri modelli. In questo caso è necessaria un’analisi più dettagliata della conoscenza o credenza (l’effetto apprendere) dell’utente designato, questo perché egli può rispondere con una credenza debole o forte. La credenza debole si verifica in tutte quelle situazioni in cui l’utente è incerto sul prodotto sociale da adottare per la sua caratteristica desiderata e trova informazioni che rendono il prodotto accettabile solo parzialmente. Questo provoca una sensazione insufficiente per la prova del prodotto. Invece, una credenza forte è acquisita dall’utente nel momento in cui egli attua un obiettivo di adozione, sia direttamente, con la prova del prodotto, che indirettamente, grazie ad esperienze sostitutive. In questo modo il collegamento tra la caratteristica desiderata e il prodotto sociale è maggiore, e avendo un’informazione più accettabile si forma una base di credenze più solida. Queste caratteristiche generano sensazioni che portano più facilmente all’adozione del prodotto sociale, o comunque ad effettuare altri comportamenti rilevanti. Grazie a queste nozioni possiamo distinguere tre comportamenti di risposta verso il prodotto sociale, visibili nella figura 1.3. La sequenza 1 è il classico modello apprendere – provare – agire. Prendendo in considerazione quanto precedentemente spiegato sulla distinzione tra credenza forte e debole, si intuisce che questo processo è efficace in meno situazioni di quanto inizialmente ci si potesse immaginare. Le normali fonti di informazioni sono ritenute di bassa credibilità dagli utenti designati, e quindi una credenza non può essere considerata di forte livello; solo nei casi di informazioni interpersonali è possibile rafforzare le proprie credenze. La sequenza 2 è maggiormente frequente e prende il considerazione il modello apprendere – agire – provare, cioè quello a basso coinvolgimento. I messaggi delle campagne sociali sono per lo più veicolati attraverso i mass media, e, anche se gli utenti considerano questi mezzi propagandistici, e quindi non danno loro una forte stima, se i messaggi vengono ripetuti sufficientemente, l’utente è portato alla

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30 prova del prodotto sociale. In questo caso si possono verificare due risultati distinti: l’utente designato apprezza le caratteristiche che distinguono il prodotto dalle alternative, in questo caso egli adotterà il prodotto provato. Oppure, l’utente considera il prodotto non molto diverso dalle altre offerte, in questo caso egli attuerà un ulteriore prova, finché non troverà la caratteristica di differenziazione (sequenza 3).

Fonte: Kotler e Roberto (1991, p. 103)

I dati raccolti riguardanti l’utente designato, devono essere attentamente analizzati; questo perché spesso viene affidato alla ricerca il semplice ruolo di confermare le credenze del consumatore. In realtà, proprio grazie ad essa, è possibile contestare le

ipotesi ritenute più ovvie e fondamentali (Andreasen, 1982).

Purtroppo, non molto è stato scritto su ciò che sostiene o modifica la composizione del volontariato. Mentre queste persone sono essenziali per la sopravvivenza di una qualsiasi organizzazione non profit (Govekar e Govekar, 2002), la maggior parte di queste imprese non percepisce il reclutamento dei volontari e la loro gestione come una

Figura 1.3 Processo di adozione multipercorso

Provare

Apprendere Impegno - azione

Prova - azione

Sequenza 1:

Sequenza 2:

Sequenza 3:

Modello apprendere - provare - agire

Apprendere provare impegno - azione Modello apprendere - agire - provare

Modello agire - provare - apprendere

Apprendere prova - azione riprova - azione riprova - azione … Apprendere prova - azione provare impegno - azione

N on d iffe re nzi azi on e

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funzione di marketing (Pope et al., 2009). Le organizzazioni non profit dovrebbero

considerare i volontari come un mercato di riferimento aggiuntivo per la loro campagna di marketing. Essi dovrebbero comprendere non solo ciò che spinge un individuo ad adoperarsi per effettuare azioni di volontariato, ma anche ciò che lo motiva a scegliere una definita organizzazione, e di conseguenza quel particolare lavoro, e ciò che lo sprona a ripresentarsi (McCurley, 1994).

Analisi dell’ambiente concorrenziale

Riuscire a comprendere l’ambiente concorrenziale è un importante, anche se controverso, argomento per ciò che riguarda il marketing sociale (Peattie e Peattie, 2003, 2009). Anche se non esistono giudizi o tipologie di concorrenza universalmente accettate (Clay-Wayman et al., 2007; Noble e Basil, 2012), Andreasen (2002) propone cinque livelli di concorrenza:

1. Generic Competition. A livello generico le azioni di marketing sociale devono affrontare la sfida sostenuta da tutti gli approcci che puntano alla creazione di un cambiamento: la concorrenza con letargia e abitudine. Ci sono molti programmi, organizzazioni e persone che non credono sia necessario un approccio organizzato (come il marketing sociale) per dare vita ad un cambiamento;

2. Intervention-Level Competition. Ci sono tre livelli della società in cui gli strateghi ritengono che gli interventi possano portare ad un effettivo cambiamento sociale. In primo luogo, ci sono quelli che credono che debbano essere gli individui a comportarsi in modo diverso; per esempio se si vogliono ridurre o eliminare problemi quali guida in stato di ebbrezza, droga, o la diffusione dell'AIDS. Questa classe di interventi si concentra sul cambiamento individuale ed è praticata da molti assistenti sociali, educatori e psicologi, oltre che dal marketing sociale. In secondo luogo, altri commentatori ritengono che, in particolare per i grandi cambiamenti sociali, intere comunità devono essere al centro degli interventi. Essi sostengono che le norme sociali, l’influenza interpersonale, i processi di diffusione e di leadership locali sono potenti determinanti del problema sociale. Quindi in questo caso la motivazione per il cambiamento deve venire dalla comunità, e di conseguenza la comunità deve svolgere un ruolo importante nella progettazione, implementazione e valutazione dei programmi. Il terzo approccio è offerto da coloro che credono che il cambiamento sociale non debba essere

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32 indirizzato a uno dei primi due livelli, perché la capacità di cambiare di individui e comunità è vincolata da strutture sociali, come leggi, istituzioni, tecnologie disponibili e politiche pubbliche. Questo gruppo sostiene che le persone muoiano in incidenti stradali perché i limiti di velocità sono troppo alti e non vengono applicati con rigore, le strade sono mal progettate, e le case automobilistiche non hanno sufficienti incentivi per effettuare auto più sicure. Essi sostengono che le persone che invitano a rallentare e ad indossare le cinture di sicurezza, avranno solo un piccolo impatto, mentre il vero cambiamento si verificherà quando le leggi verranno modificate, quando le strade saranno ridisegnate, e quando alle case automobilistiche verranno date regole o incentivi per costruire veicoli più sicuri;

3. Subject-Market Competition. Professionisti, politici e fondazioni, fanno distinzioni tra i tipi di problemi sociali e su come cercare di porvi rimedio. Ci sono problemi che riguardano la sanità, altri l'ambiente, la criminalità, l'assistenza sociale, le arti, e così via, ognuno con le proprie sottocategorie e specialità. Ogni soggetto ha una propria serie di esperti, pubblicazioni, conferenze, e questi attori e le organizzazioni competono per i bilanci pubblici, le priorità di fondazione, i volontari, l'attenzione dei media, ecc.;

4. Product Competition. Dentro ogni livello di intervento esistono diversi tipi di strumenti o "prodotti" che cercano una soluzione allo stesso problema sociale. Il marketing sociale utilizza concetti commerciali ben collaudati per costruire programmi e strumenti che inducano un cambiamento volontario e personale, in quanto indurre un tale cambiamento fa del prodotto commercializzato un prodotto superiore.

5. Brand Competition. L’ultimo livello della competizione viene etichettato "concorrenza del marchio”. In questo caso il prodotto sociale promosso da un’organizzazione per raggiungere un determinato obiettivo, è lo stesso che viene incoraggiato da altri enti.

Un'altra importante entità della concorrenza nel settore del marketing sociale è la sua provenienza, che può essere interna (competizione individuale) o esterna (competizione organizzativa) (Hastings, 2003; Clay-Wayman et al., 2007; Noble e Basil, 2012; Schuster, 2015). Considerando la prima tipologia di concorrenza, la competizione a livello individuale, Andreasen (2004) applica ad essa il concetto di inerzia, cioè prende in

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33 considerazione la tendenza dei consumatori a mantenere i propri comportamenti, in particolare quando producono benefici a lungo termine, piuttosto che nell’immediato (Hastings, 2003, 2007). Per ciò che riguarda, invece, la competizione a livello organizzativo, Hastings (2003) porta come esempio la concorrenza che McDonald e Coca-Cola effettuano nei confronti dei programmi di marketing sociale contro l’obesità. In pratica, questo tipo di concorrenza è effettuata da tutti quei soggetti che incoraggiano comportamenti in contrasto con quelli promossi dal marketing sociale. Anche Kotler e Lee (2008) considerano come fonte di concorrenza i suggerimenti delle organizzazioni che promuovono comportamenti opposti. È, infine, importante identificare anche la concorrenza prodotta dalle strutture che incoraggiano uno stesso comportamento, definita “amichevole competizione” (Bloom e Novelli, 1981; Weinberg e Ritchie, 1999). Questo concetto mostra come la concorrenza possa essere considerata complementare, invece che combattiva, nel momento in cui viene sostenuta la stessa causa sociale e che può addirittura concedere un’opportunità di collaborazione (Ritchie e Weinberg, 2000; Noble e Basil, 2012). 1.4 La definizione degli obiettivi

Il primo passo per sviluppare una mirata strategia di marketing consiste nella definizione di un sistema di obiettivi, ossia un insieme di risultati che si vogliono raggiungere al termine della pianificazione strategica, indicati anche con il termine “orizzonte di pianificazione”. L’obiettivo ultimo di una qualsiasi organizzazione non profit è quello di influenzare il comportamento degli utenti, ecco perché la maggior parte dei piani strategici di marketing sociale dovrebbero avere almeno un obiettivo con oggetto i seguenti temi: il pubblico che si vuole raggiungere; il comportamento o una serie di comportamenti che si vogliono influenzare; il loro stato attuale e lo stato che si vuole conseguire (Kotler e Andreasen, 1998).

L’influenza del comportamento si può ottenere incoraggiando o scoraggiando un comportamento auspicabile. Per esempio, se l’obiettivo di una campagna è quello di aumentare l’apporto giornaliero di calcio attraverso il consumo di latte fresco, il compito del programma di marketing sarà quello di promuovere i benefici che questa azione apporta alla propria salute, cercando di ridurre le barriere e i costi percepiti e di incoraggiare tale consumo. Si hanno, invece, obiettivi inversi, quando si vuole

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34 scoraggiare un comportamento indesiderato, come l’eccesso di velocità. In questo caso si dovranno rendere i benefici di tale comportamento meno attraenti, e le sanzioni e i costi derivanti da esso più gravi (Nicholson e Hong Xiao, 2011). Questi due principali approcci di cambiamento comportamentale, vengono acquisti nel diamante di marketing sociale di Fattori et al. (2009, p.88) (figura 1.4). Figura 1.4 Diamante di marketing sociale Fonte: Fattori et al. (2009, p.88)

Una volta avvenuta la scelta degli obiettivi, è altrettanto importante stabilire un determinato periodo temporale per la loro attuazione e distinguerli in obiettivi primari e secondari; questo perché possono crearsi dei conflitti durante l’attuazione dei programmi di marketing, e avere un ordine gerarchico degli obiettivi aiuta a prendere determinate decisioni. Può anche accadere che per un determinato programma ci sia un pubblico primario ed uno secondario, perché per influenzare i primi è necessario coinvolgere altre persone. È anche possibile determinare obiettivi intermedi e finali, derivati da ricerche secondarie o formative.

Uno dei più comuni obiettivi che le organizzazioni non profit cercano di raggiungere è la “crescita”. Il problema è che questo termine è di difficile interpretazione. Kotler e Andreasen (1998) cercano di interpretare questo termine tramite una matrice 3x3, la matrice offerta/mercati, offrendo l’esempio di un college universitario che vuole definire delle strategie di sviluppo (tabella 1.2). COMPORTAMENTO Problematico Desiderato Promuovere Aumentare Rimuovere Ridurre Promuovere Aumentare Rimuovere Ridurre

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35 Prima di tutto dovrebbe essere presa in considerazione la strategia di penetrazione del mercato, equivalente alla casella 1. Per il college significa penetrare più in profondità il mercato in cui già opera, mantenendo o aumentando le iscrizioni ai suoi programmi tradizionali. L’ipotesi alla casella 2, l’espansione geografica, prende in considerazione, per il college, l’opportunità di espansione verso nuove aree geografiche, mantenendo la stessa offerta di programmi. L’apertura della stessa offerta verso nuovi mercati, casella 3, significa sviluppare corsi destinati non a studenti tradizionali, ma a soggetti come anziani, casalinghe, ecc. La strategia di cui alla casella 4, prevede una modifica dell’offerta per poter acquisire una maggiore quota del mercato attuale; ad esempio potrebbero essere effettuati corsi serali, o durante il periodo estivo. Un esempio di offerta modificata per mercati particolari (casella 5) sono i programmi che vengono offerti al personale delle basi militari; mentre l’offerta modificata per nuovi mercati (casella 6) si verifica quando per agevolare l’entrata di nuovi mercati (per es. anziani) viene modificata l’offerta (sviluppare corsi con durata più breve o che richiedono un minore impegno di studio). Innovazione dell’offerta (casella 7) significa sviluppare nuovi corsi di studio; innovazione geografica (casella 8), invece, significa sviluppare nuove modalità per coprire nuove aree geografiche, come l’utilizzo di una lavagna elettronica che permette di tenere lezioni dalla solita aula a più aule situate in diverse località, tramite collegamenti telefonici. Nell’ultima categoria, innovazione totale, si creano nuovi prodotti che vengono serviti in nuove aree geografiche, come l’università a

Attuale Modificata Nuova

Attuali 1. Penetrazione del mercato 4. Modifica dell'offerta 7. Innovazione dell'offerta

Geografici 2. Espansione geografica

5. Offerta modificata per mercati particolari

8. Innovazione geografica Nuovi 3. Nuovi mercati

6. Offerta modificata per nuovi mercati 9. Innovazione totale OFFERTA MERCA TI Tabella 1.2 Matrice delle opportunità offerta/mercati. Fonte: Kotler e Andreasen (1998, p. 114)

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