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CAPITOLO VI Impianti tecnici

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Academic year: 2021

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CAPITOLO VI

Impianti tecnici

6.1 Definizione dei sistemi impiantistici

All'interno dei parcheggi gli impianti svolgono un ruolo primario, poiché garantiscono il buon funzionamento dell'intero sistema e nello stesso tempo forniscono quel grado di sicurezza ed affidabilità che rendono la soluzione parcheggio altrettanto utilizzabile, quanto le altre tipologie edili. A livello generale, prima di analizzare i vari tipi d'impianti, occorre ricordare che qualsiasi sistema d’impianto, più o meno sofisticato, necessita di periodici controlli e adeguata manutenzione; tradotto in termini economici il sistema impiantistico, oltre ad avere un costo iniziale d'installazione, è caratterizzato da un costo di gestione (energia elettrica consumata) e da un costo annuale di manutenzione (controllo degli organi meccanici e degli eventuali sistemi computerizzati che gestiscono i medesimi).

È da quest’analisi che si evidenzia l'importanza del concetto di affidabilità di queste opere, la cui durata deve essere pari a quella degli edifici circostanti, ossia per lo meno trentennale. Per citare un esempio pratico il concetto di affidabilità, nei parcheggi automatizzati, coincide spesso con l'utilizzazione di sistemi sofisticati che portano alla precisione della movimentazione dell'ordine dei millimetri, precisione spesso inutile visto che le strutture civili, con cui la meccanizzazione interagisce, hanno invece tolleranze dell'ordine dei

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centimetri. Al di là dei principali aspetti legati ai problemi specifici di ogni singolo impianto, è importante ricordare che il sistema impianti nel suo insieme deve essere realizzato nel rispetto dei criteri di sicurezza che garantiscono la tutela dell'utente.

A tale scopo nel 1990 lo Stato italiano ha emanato una legge specifica dal titolo “Norme per la sicurezza degli impianti”, ovvero legge n. 46 del 5 marzo 1990, che rappresenta il principale riferimento normativo con cui vengono affrontate la progettazione e la realizzazione degli impianti. Questa legge, proprio perché volta a garantire la salvaguardia delle persone e degli stessi componenti tecnici, impone la redazione di specifici progetti da parte di professionisti abilitati a tale attività: ogni impianto deve possedere una dichiarazione di conformità. I progetti debbono quindi contenere gli schemi, i disegni degli impianti, una relazione tecnica indicante fra l'altro le caratteristiche dei materiali e dei componenti utilizzati. La legge va applicata sia in opere pubbliche sia in opere private, di nuova costruzione, in interventi di trasformazione o manutenzione, per impianti elettrici, radiotelevisivi, di protezione di scariche atmosferiche, di riscaldamento, climatizzazione, idrosanitari, di sollevamento, di protezione antincendio; in pratica a tutti i componenti impiantistici necessari per il buon funzionamento del sistema edile.

Partendo da queste considerazioni generali si possono quindi elencare gli impianti che costituiscono il sistema parcheggio, fermo restante che alcuni impianti possono essere più o meno sofisticati ed essere suddivisi in diversi sottogruppi a seconda delle dimensioni dell'intervento.

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Essi sono:

a) sistema di ventilazione naturale e impianto di ventilazione

meccanica;

b) impianto pompe evacuazione liquidi a fondo fossa con fosse di decantazione e separazione fanghi, oli e benzina;

c) impianto elettrico per la distribuzione a tutte le utenze; d) impianto di illuminazione con luci d'emergenza;

e) impianto antincendio (sprinkler a tutti i piani); f) impianto di riscaldamento (eventuale);

g) impianti televisivi per il controllo generale delle postazioni di ingresso ed uscita e degli spazi ai diversi piani;

h) gruppo elettrogeno per l'alimentazione in emergenza delle meccanizzazioni (per parcheggi automatizzati);

i) eventuale impianto di rilevazione gas;

j) impianto di movimentazione auto completo di sistema di

comando, di controllo e di sistema di gestione (per parcheggi automatizzati).

Prima di incominciare a identificare le caratteristiche di ogni singolo impianto, è sicuramente importante preoccuparsi di un aspetto comune a tutti. Non potendo per ovvietà di costi realizzare un impianto indipendente per ogni piano, si è praticamente costretti tutte le volte ad attraversare impalcati orizzontali o pareti verticali di divisione con gruppi di cavi elettrici, condotti o tubi. Ciò, se da un lato semplifica il lavoro degli impiantisti, dall'altro può costituire un possibile pericolo da un punto di vista di prevenzione incendi. Se infatti si sviluppa un incendio da un lato del componente edile, “questi

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fori” diventano luogo di passaggio dei fumi e successivamente del fuoco. Paradossalmente diventano veri e propri camini di tiraggio. In sintesi il componente edile in questione “perde” le proprie caratteristiche di resistenza REI. Per ovviare a tale inconveniente è importante sigillare questi passaggi con prodotti che garantiscano la continuità della barriera al fuoco. A tale scopo si utilizzano dei prodotti speciali che contornano o sigillano il foro; i prodotti in commercio sono vari, ma in linea di massima possono essere inquadrati all'interno delle seguenti famiglie:

• lastre e pannelli; • stucchi;

• sigillanti.

Al di là dei singoli componenti, che variano a seconda del singolo caso, queste tecnologie si basano su un materiale (elastomero) che in presenza di calore (generalmente una temperatura superiore a 120°C) si espande dalle 5 alle 10 volte rispetto al volume iniziale.

Per identificare questa caratteristica, si è soliti parlare di “intumescenza” del prodotto. Durante l'esposizione al fuoco esso rimane sotto forma rigida e garantisce l'impenetrabilità del fuoco e dei fumi per diverse ore. Per ampie aperture, quali ad esempio passerelle portacavi, è passibile altresì ricorrere a pannelli di lana minerale con ricoprimento sempre in materiale intumescente. Si ricorda infine che i canali d'aria devono possedere apposite serrande tagliafuoco.

Nel seguito si riporta una breve panoramica sugli impianti che dovranno essere installati nel parcheggio, dedicando particolare

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attenzione a quello di spegnimento automatico degli incendi di cui si sono progettati gli elementi principali.

6.1.1 Sistema di ventilazione naturale e impianto di ventilazione meccanica

L'eliminazione dei gas prodotti dai veicoli in movimento e i ricambi dell'aria degli spazi ad autorimessa avvengono con l'integrazione di due sistemi tecnologici: la ventilazione naturale, creata con appositi elementi edili passivi (senza organi in movimento) e il sistema d'impianto a ventilazione forzata (con appositi canali d'aria). Questo tipo di impianto serve essenzialmente per immettere aria esterna che, non essendo possibili sovrappressioni, viene successivamente espulsa in maniera naturale. Inoltre l'impianto meccanico viene spesso utilizzato quale mezzo per ottenere la pressurizzazione delle vie di fuga, evitando così che un possibile incendio pregiudichi l'affidabilità della via di fuga stessa.

In fase di progettazione, al di là di quelli che possono essere gli aspetti costruttivi veri e propri di questo tipo di impianto, è necessario identificare gli obiettivi che s’intendono perseguire. A tale scopo la normativa italiana vigente (D.M. 1/2/1986, cfr. n.10 - §2.3) stabilisce dei parametri precisi di progetto che devono essere rispettati.

A fronte di queste indicazioni progettuali, che identificano le principali scelte distributive e di altezze degli spazi, è interessante capire il funzionamento di ogni singolo sistema e identificare i diversi componenti dell'impianto, così da integrare il medesimo con gli elementi tecnici edili. Per gli aspetti di ventilazione naturale i problemi più grossi sussistono per i parcheggi interrati, dove

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evidentemente gli effetti dovuti ai moti d'aria del vento sono praticamente inesistenti. Occorre dunque sfruttare altri fenomeni naturali, che richiedano poco spazio per essere attuati e manutenzione praticamente nulla. Il principio fisico fondamentale sfruttato per la diffusione dei fumi e quindi dell'aria calda, all'interno dei parcheggi interrati, è il cosiddetto “effetto camino”.

Ogni volta che la temperatura all'interno di un fabbricato è diversa da quell’esterna, si hanno nei pressi delle pareti esterne dei valori di pressione non coincidenti con quelli interni. Ne consegue che, affinché il sistema rientri in equilibrio fisico, una certa quantità d'aria si debba spostare dai punti a maggiore pressione verso i punti a minore pressione. A livello didattico si può far notare che negli edifici di normale abitazione, l'aria calda emessa dai radiatori tende a spostarsi verso la parte alta, dove la temperatura è minore.

Visto così il fenomeno è poco significativo. Se però tra interno ed esterno si crea un collegamento diretto (ad esempio un “camino”) l'aria trova un percorso “preferenziale” all'interno del quale migrare. Sperimentalmente si vede come la velocità di propagazione e quindi la portata (portata = velocità x area del camino) dipenda principalmente, oltre che dalla differenza di temperatura, dall'altezza del percorso (in termini tecnici si parla di “distanza dal piano neutro”). Più è lungo il “camino”, maggiore è l'effetto di aspirazione ottenuto. In questo senso, se si vuole ottenere una buona ventilazione all'interno dei piani più bassi dell'autorimessa è importante posizionare dei “percorsi” preferenziali di uscita dell'aria il più “rettilinei” possibile. Dai concetti idraulici di moto dei fluidi all'interno dei condotti è infatti noto come eventuali curve e sporgenze determinino una perdita energetica di

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carico e quindi minore diventi la velocità del fluido stesso in questi casi. Finora, però, si è parlato soltanto di un unico ambiente da ventilare. Se la ventilazione interessa più piani dell'edificio interrato (come di solito avviene) a livello teorico occorrerebbe un camino per ogni piano. Questo perché se così non fosse si rischierebbe che l'aria viziata dei piani inferiori rientri all'interno dei piani superiori, annullando e anzi peggiorando la ventilazione di questi ultimi. Inoltre un sistema di ventilazione di questo tipo risulta essere troppo impegnativo da un punto di vista sia di spazi che economico.

Una tecnica che permette di utilizzare contemporaneamente un'unica intercapedine e nel contempo ventilare più piani interrati è il cosiddetto camino tipo “shunt” (fig. 6.1). In questa tipologia da ogni piano, in corrispondenza delle aperture, sporge un setto che “accompagna” la ventilazione verso la parte alta per un paio di metri. Concettualmente è l'equivalente delle corsie di uscita dei box delle piste automobilistiche: l'auto che esce acquista velocità ed energia prima di immettersi nel percorso principale. In analogia l'aria di ogni piano che viene espulsa in maniera naturale s’immette nell’intercapedine principale con una certa velocità.

L'aria che sale verso i piani superiori difficilmente rientra in questi ultimi, perché dovrebbe praticamente invertire il senso di marcia, e sarebbe comunque ostacolata in questa manovra dallo “shunt” del piano successivo. In questo modo si riesce ad ottenere la ventilazione di tutti i piani. Si pone in evidenza che, proprio per il tipo di conformazione del sistema “shunt” la larghezza dell'intercapedine deve essere doppia di quella minima prevista dalla larghezza delle

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aperture ai diversi piani, poiché un canale serve come canale d'imbocco e l'altro come percorso comune d'uscita.

Fig. 6.1 Schema di funzionamento di un canale tipo "shunt"

per la ventilazione naturale del parcheggio

Altresì l'effetto camino è il fenomeno che determina una rapida diffusione dei fumi degli incendi da un piano all'altro tramite le rampe di salita, che in un certo senso costituiscono dei percorsi verticali di salita. Infatti il fumo che si forma durante un incendio ha una densità minore dell'aria a temperatura ambiente: la conseguenza di ciò è che esso esercita una pressione maggiore. L'aumento di pressione dovuto

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alla temperatura dell'incendio fa sì che venga favorito lo spostamento del fumo dal soffitto della zona interessata dal fuoco ai piani superiori (attraverso i solai) e verso i locali adiacenti (attraverso la parte superiore dei muri e le porte). Per ovviare a questo problema, per autorimesse di una certa dimensione si può attivare un duplice controllo, attivo e passivo. Il controllo passivo può avvenire con l'adozione di serrande tagliafuoco (comandate mediante fusibile termico oppure meccanicamente); queste serrande si chiudono e possono essere aperte manualmente o con comandi automatici. Tali sistemi impediscono qualsiasi tipo di scambio d'aria dagli ambienti. Un altro sistema, che trova però maggiori applicazioni in luoghi quali stazioni metropolitane, è il cosiddetto “muro d'acqua”, realizzato con sistemi di getti di acqua in pressione fuoriuscenti dalle pareti e dal soffitto; questi getti impediscono il passaggio dei fumi da una zona all'altra. Il controllo attivo può invece avvenire creando meccanicamente una sovrappressione nelle zone sicure di rifugio, ed una depressione nelle zone dove è in corso la combustione. Questo controllo necessita ovviamente di un impianto di ventilazione e di serrande tagliafuoco.

L'esempio più rilevante di come questa tecnica possa essere attuata si riscontra nelle gabbie delle scale di uscita, essendo queste ultime delle indispensabili vie di fuga. Deve essere infatti assolutamente impedito l'ingresso dei fumi all'interno di questi spazi. In sintesi i ventilatori di pressurizzazione delle gabbie scale di uscita si attivano non appena la porta del piano dove avviene l'incendio viene aperta per la fuga. Ovviamente questa differenza di pressione deve essere tale da impedire l'ingresso dei fumi, ma non rendere troppo difficoltosa

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l'apertura delle porte. L'immissione dell'aria può essere realizzata indifferentemente con ventilatori che operano dall'alto o dal basso. A livello impiantistico si possono adottare, ad esempio, ventilatori di tipo elicoidale. La ventilazione meccanica, come si è già visto, rappresenta un integrazione del sistema obbligatorio di ventilazione naturale. Il sistema impiantistico di ventilazione (fig. 6.2) è costituito generalmente dalle seguenti parti:

a) Una presa d'aria esterna: l'aria viene aspirata da una zona esterna del parcheggio, in una zona alta e lontana da eventuali altre fonti di inquinamento dirette dell'aria; prima di essere immessa nel condotto di distribuzione dell'edificio deve essere filtrata, ossia pulita da eventuali polveri e sostanze inquinanti. b) Una centrale di controllo e comando (unità di trattamento

dell'aria): è l'organo principale del circuito, mediante il quale tramite ventilatori appositamente predisposti si conferisce energia di movimento e quindi velocità all'aria presente all'interno dei condotti. Con termini tecnici si definisce “prevalenza” la spinta data dal ventilatore, spinta che deve essere sufficiente a superare tutti gli ostacoli lungo il percorso (serrande, filtri, curve ecc). La perdita energetica viene chiamata “perdita di carico” e per l'appunto è funzione di ostacoli, delle tipologie dei raccordi e delle curve presenti nei condotti.

c) Condotti principali e secondari di mandata: i canali, che possono essere sia orizzontali che verticali. La loro dimensione

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dipende dalla quantità di aria che si deve trasportare e, a parità d'aria, dalla velocità dello stesso fluido al loro interno. Realizzati in lamiera zincata, vengono costruiti in officina e poi assemblati in cantiere: esistono diversi tipi di giunzioni, fra cui le più diffuse sono sempre quelle a “baionetta” e a “flangia”. Per i parcheggi la sezione del condotto è generalmente rettangolare, perché le pressioni non sono elevate. La velocità dell'aria al loro interno varia usualmente da 3 a 12 m/s, a seconda del condotto. Le canalizzazioni vengono fissate direttamente alla parte inferiore dei solai tramite dei collari in acciaio, posti ad interasse di diversi metri e poi fissati al supporto superiore per mezzo di tasselli. Se l'impianto non ha funzione di impianto di riscaldamento (situazione reale per i parcheggi) non occorre isolare il canale con isolanti termici. d) Le bocchette di mandata: gli elementi diffusori (così chiamati

perché “distribuiscono” l'aria nell'intorno più ampio possibile, possono essere collocati a soffitto o a parete e sono generalmente di forma quadrata o rettangolare.

e) II circuito di estrazione dell'aria (non sempre presente, ma obbligatorio per autorimesse con più di 500 autoveicoli), di caratteristiche analoghe a quello di mandata, deve possedere le bocchette d'aspirazione poste in posizioni diametralmente opposte rispetto a quelle di immissione dell'aria, così da evitare che aria pulita venga aspirata senza integrare prima l'aria del piano.

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f) La griglia d'espulsione: tramite dei condotti l'aria aspirata viene immessa nell'ambiente esterno.

Fig. 6.2 Visualizzazione schematica delle parti meccaniche che possono concorrere alla ventilazione forzata dell’autorimessa

6.1.2 Impianto elettrico, d'illuminazione e d’illuminazione d'emergenza

II progetto, la realizzazione e la verifica dei componenti elettrici e d'illuminazione dei parcheggi vanno inquadrati all'interno delle disposizioni della legge 46/90 che impongono la realizzazione delle

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opere secondo i criteri della regola d'arte e della maggiore sicurezza possibile. Per l'ambito elettrico si è però soliti parlare di norme CEI, perché, essendo redatte dal Comitato Elettrotecnico Italiano, il principale organismo italiano in materia, queste danno criteri automaticamente conformi alla legge stessa e quindi vengono assunte come riferimento.

Gli impianti elettrici installati nelle autorimesse rientrano all'interno delle prescrizioni riguardanti le unità abitative e quindi la principale norma CEI di riferimento è la n. 64 (per autoparcheggi con capienza superiore a 9 autoveicoli, ubicati sotto l'edificio, al piano interrato, seminterrato o al piano terra si rimanda al paragrafo 64-2/A, appendice A; per le autorimesse di dimensioni maggiori o di profondità più elevate si fa riferimento al paragrafo 64-81/7 riguardanti i luoghi a maggiore rischio in caso d'incendio).

Gli impianti elettrici devono infatti garantire elevate prestazioni, in quanto devono essere evitati motivi di insorgenza di fiamma o esplosione, ossia probabili fenomeni di diffusione dell'incendio ai veicoli. Queste norme individuano il grado di protezione degli apparecchi, le caratteristiche dei cavi, la tipologia di illuminazione, i comandi di emergenza ecc. Al di là delle singole osservazioni e indicazioni, comunque reperibili in quanto norme vigenti, è importante capire, in un concetto di integrazione dell'impianto in questione con il complesso edile (integrazione che permetta di effettuare una progettazione accorta e connessa delle diverse parti), quali siano i principali componenti dell'impianto e i criteri progettuali da seguire. Per impianto elettrico a regola d'arte di un autorimessa s’intende un impianto che sia in grado di fornire un servizio elettrico e

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nel contempo sia in condizione ottimale per evitare il passaggio di corrente elettrica agli utenti, preservando da ustioni o incendi dovuti ad archi elettrici o elevate temperature ed evitando danni connessi a distacchi elettrici.

Per supplire a tutto ciò il sistema deve offrire le seguenti protezioni:

• contro i contatti diretti; • contro i contatti indiretti ; • contro le sovracorrenti; • contro gli effetti termici;

• contro le variazioni di tensione.

Le protezioni suddette si ottengono intervenendo sul tipo e sulle sezioni dei conduttori con l'uso di dispositivi di sezionamento e con comandi di emergenza (a tale proposito si ricorda che tutti i materiali elettrici da utilizzare devono possedere un marchio e devono riportare il grado di protezione agli agenti identificato dalla sigla IP seguita da appositi numeri).

Gli elementi fondamentali che costituiscono l'impianto elettrico del sistema parcheggio sono essenzialmente cinque:

1. la centrale di controllo, ovvero i quadri elettrici di comando, i dispositivi di protezione (salvavita, interruttori differenziali), l'allacciamento alla rete esterna;

2. l'impianto di messa a terra, ovvero il sistema di protezione dai contatti accidentali;

3. i condotti di trasporto della corrente elettrica ai diversi impianti utilizzatori e agli apparecchi illuminanti;

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5. l'impianto di illuminazione elettrica d'emergenza (autonomo da quello precedentemente citato).

I quadri elettrici devono essere posizionati in luoghi sicuri da eventuali manipolazioni e non devono essere sguarniti a loro volta da protezione e messa a terra. All'interno del sistema di controllo devono trovare posizione gli interruttori differenziali, che non sono altro che dei dispositivi magnetotermici in grado di proteggere l'impianto da eventuali sovracorrenti e cortocircuiti. L'impianto di messa a terra risulta fondamentale e indispensabile in parcheggi di nuova costruzione, in quanto garantisce i collegamenti equipotenziali dei diversi componenti, sia elettrici che edili (tubazioni,canali, apparecchi illuminanti, le masse in generale che ordinariamente non sono in tensione, ma che lo possono diventare a causa di contatti con le parti elettriche).

Sempre la norma CEI64-8/4 dichiara facenti parte di questo gruppo i seguenti elementi:

• le tubazioni dell'acqua e del gas allacciate alla rete pubblica di

distribuzione;

• le parti strutturali metalliche dell'edificio (e quindi anche i

pilastri in c.a. o le travi metalliche);

• le tubazioni e le canalizzazioni dell'impianto di riscaldamento

(se questo vi fosse nei parcheggi);

• gli schermi metallici dei cavi di telecomunicazione.

Può sembrare banale, ma va ricordato che anche tutti gli apparecchi elettrici, le prese e ogni altro organo che utilizza l'elettricità devono essere dotati di apposito cavo/filo di messa a terra. Per convenzione,

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negli impianti di nuova costruzione, il filo di messa a terra è di colore a strisce giallo-verdi ed è quindi facilmente riconoscibile. Viceversa non necessitano di messa a terra i piccoli componenti metallici che non possono essere afferrati con le mani, quali le piccole targhette o le teste delle viti. La messa a terra vera e propria si realizza con l'inserimento apposito di elementi verticali infissi nel terreno (le puntazze) o tramite corde metalliche nude sempre interrate.

Anche le fondazioni in calcestruzzo armato, dotate di ferri, possono costituire dei dispersori di fatto. In questo caso almeno due ferri orizzontali dell'armatura principale devono essere collegati tra loro e successivamente connessi ad una piastra esterna. Da queste piastre ci si collega successivamente ai dispersori con una corda metallica interrata.

Si evidenzia che rame e ferro possiedono una differenza di potenziale intrinseca, che, se trascurata, può portare alla corrosione di qualche componente. A tale scopo si consiglia di far eseguire le giunzioni e i collegamenti con morsetti già dichiarati idonei dal costruttore. Altresì le tubazioni interrate dell'acquedotto pubblico possono rientrare all'interno di quest'ultima categoria, ma in tal caso ciò deve avvenire soltanto dopo il consenso di chi gestisce l'acquedotto, in quanto deve essere comunicata al progettista ogni variazione in merito a queste tubazioni, per evitare di ricorrere in casi di collegamenti solo apparenti. L'illuminazione dei locali adibiti ad autorimessa non deve essere inferiore a 20 lux, valore che le normative fanno coincidere con la minima illuminazione consentita per passaggi, corridoi e scale. Nei pressi degli eventuali luoghi ove lavorano gli addetti al parcheggio questa illuminazione deve essere evidentemente maggiorata con

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apparecchi illuminanti di superiore resa. Un altro aspetto importante riguarda l'impianto di illuminazione d'emergenza, che non è altro che un sistema di illuminazione che garantisce un minimo di illuminazione anche quando l'impianto principale, per arresti o malfunzionamenti, non è più attivo.

A tale proposito il D.M. 1/2/86 (cfr. n.10 - §2.3) impone che le

“autorimesse di capacità superiore a 300 autoveicoli e tutti gli autosili (quindi i parcheggi automatizzati) debbano essere dotati di impianti di illuminazione di sicurezza alimentati da sorgenti di energia indipendente da quella della rete di illuminazione normale.”

L'intensità di illuminazione deve essere sufficiente per consentire lo sfollamento delle persone e comunque non può essere inferiore a 5 lux. L'alimentazione elettrica di quest'impianto può avvenire con delle batterie tampone. Anche per tale impianto valgono le considerazioni sopra esposte di protezione dai contatti accidentali e dai contatti diretti.

6.1.3 Impianto di evacuazione liquidi

All'interno dell'autorimessa, pur essendo quest'ultima una costruzione sotterranea chiusa ed impermeabilizzata, è da prevedersi un sistema di raccolta delle acque e, di conseguenza, un collegamento alla rete fognaria. L'acqua può infatti penetrare nel parcheggio assieme al veicolo (soprattutto in caso di nevicate), oppure dalle grate per la ventilazione naturale. Non bisogna poi dimenticare che nelle autorimesse di una certa dimensione e negli autosilo è obbligatorio il sistema antincendio di spegnimento automatico e nella maggior parte dei casi questo funziona ad acqua. L'attivazione di quest'ultimo, pur

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fatta ai fini di salvaguardia delle persone, è causa di elevata presenza d'acqua, che non può essere certo lasciata sugli impalcati dei solai o “dimenticata” al piano più interrato.

Inoltre, in presenza di autoparcheggi interrati con presenza di falda un'eventuale infiltrazione dalle pareti è ulteriore motivo che porta all'obbligatorietà di questo impianto. Anche per i parcheggi a raso (quindi di superficie) è importante prevedere un sistema di raccolta delle acque meteorologiche: in questo caso è bene realizzare un sistema di pendenze della sede di sosta con delle vasche di raccolta così come di seguito descritto e illustrato. Il sistema di evacuazione dei liquidi, in uno schema generale di sintesi, può essere identificato da quattro sottosistemi (fig. 6.3), qui elencati:

a) Tubazioni di raccolta e convogliamento: ad ogni piano, i liquidi devono essere convogliati in particolari punti tramite leggere pendenze e da qui incanalati verso le vasche di raccolta. È buona norma prevedere in fase di progetto anche dei sistemi di raccolta delle acque di infiltrazione al piano più interrato (per maggiori chiarimenti si rimanda al capitolo IV sulle tecniche di impermeabilizzazione dei parcheggi interrati).

b) Vasche di raccolta e di sedimentazione: l'espulsione dell'acqua dal parcheggio, per ovvi motivi, non avviene in continuo, ma solo saltuariamente: l'acqua raccolta viene accumulata all'interno di apposite vasche fino a che il livello del liquido non supera un valore prestabilito. Queste vasche possono essere realizzate in calcestruzzo armate, ma si può eventualmente installare anche delle vasche già prefabbricate di tipo

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monolitico o in materiale plastico. È buona norma prevedere un coperchio a chiusura ermetica, comunque apribile per ispezioni ed attività di manutenzione. Questa prima vasca rappresenta già un sistema di separazione delle particelle pesanti dalle particelle leggere. Il fenomeno fisico, chiamato “coalescenza”, si attiva in maniera naturale per sedimentazione, ovvero per gravità delle particelle pesanti. Per rallentare la corrente del liquido affluente è possibile installare davanti all'ingresso della vasca una “paratoia di calma”, che non è altro che un setto movibile.

c) Separatori di liquidi leggeri, olio e grasso: nella progettazione delle autorimesse (ma anche dei parcheggi a raso e negli autosilo) occorre prevedere a monte del collettore fognario dei dispositivi che eliminino la possibilità di inquinamento degli scarichi, evitando che oli o grassi finiscano in fognatura. Anche il poco liquido disperso dai veicoli può essere, a lungo andare, causa di inquinamento ambientale e quindi bisogna ridurre al minimo questa diffusione incontrollata (il codice di

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inquinamento idrico - edizione EPC, Roma, gennaio 1997 - stabilisce che è possibile scaricare all'aperto liquidi la cui concentrazione di oli minerali sia inferiore ai 5 mg/1 e ai 10 mg/1 se ciò avviene in fogna). Questi dispositivi, messi in sequenza subito dopo la vasca di raccolta, sono a loro volta delle vasche con più setti che, a mezzo di filtri, permettono la separazione dell'olio, che è il primo strato galleggiante che trabocca dalla vasca di accumulo. Periodicamente lo strato di olio e grasso deve venire rimosso. Le vasche di separazione che si trovano in commercio sono realizzate in ghisa, acciaio inossidabile o in cemento armato. Se il separatore si riempie fino alla massima porta uno speciale tappo collegato ad un galleggiante chiude il separatore ed impedisce che l’olio fuoriesca. E’ prevedibile altresì un pozzetto di prelevamento di campioni d’acqua depurata a valle del separatore, così da controllare eventualmente il grado di depurazione dell’acqua finale.

d) Pompe di sollevamento: vista l’elevata profondità cui può giungere un parcheggio (venti metri sottoterra) capita spesso che i condotti di fognatura siano a quota maggiore rispetto a quello della vasca di raccolta. E’ quindi evidente che non è possibile far evacuare i liquidi utilizzando la sola forza di gravità, ma è necessario fornire un adeguato carico idraulico per superare detto dislivello. I liquidi raccolti provvisoriamente dal bacino d’accumulo vengono periodicamente pompati al sistema fognario (il comando è generalmente automatico ed ottenuto

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tramite un dispositivo a galleggiante opportunamente tarato: quando l’acqua supera un certo livello si inserisce la pompa che rimane attiva fintantoché quest’ultimo livello non scende al di sotto di una soglia prestabilita).

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6.1.4 L’impianto fisso di spegnimento automatico degli incendi L'incendio è uno dei maggiori nemici nel mondo in cui viviamo quotidianamente, a causa della grande facilità con la quale sia possibile generarlo. Quindi, assume enorme importanza, la conoscenza di esso ed il modo migliore per combatterlo. L'incendio viene definito come la reazione chimica ottenuta tra due sostanze, con produzione di calore. Normalmente una è il “comburente” (ad esempio ossigeno atmosferico) l'altra il “combustibile”, solido, liquido o gassoso. Per facilitarne la classificazione, il Comitato Europeo Normalizzazione (CEN) ha suddiviso le tipologie d'incendio a seconda dei materiali coinvolti, come indicato dalla tabella qui riportata.

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La conoscenza del tipo d'incendio e lo studio della pericolosità delle sostanze che lo possono generare, ha fatto sì che negli anni siano stati inventati sistemi automatici di estinzione specifici per ogni tipologia. Parliamo di sistemi automatici perché la tempestività d'intervento è essenziale nella limitazione dei danni causati dagli incendi. L'intervento manuale è efficace solo se vi è presidio al momento dell'innesco di un incendio, cosa spesso impossibile.

Nella tabella di seguito riportata (tab.6.2.), è possibile identificare una serie tra i più diffusi agenti estinguenti, con la relativa efficacia sullo spegnimento degli incendi, in base al tipo di combustibile.

Tab. 6.2 Agenti estinguenti per tipologie d’incendi

Tra gli agenti estinguenti riportati nella tabella, sicuramente quello più impiegato è l'acqua. Il costo e la facile reperibilità dell'acqua consentono di realizzare impianti di spegnimento automatici a basso costo, interessando sempre più il settore civile industriale (autorimesse, centri commerciali, età). L'acqua viene impiegata in

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modo diretto sull'incendio provocando un processo di raffreddamento del combustibile e della struttura circostante, oppure di soffocamento della combustione trasformandosi in acqua nebulizzata, eliminando così l'ossigeno comburente. Trattiamo comunque più approfonditamente il primo dei due casi, essendo il più diffuso, ovvero l'impianto Sprinkler.

I sistemi di spegnimento automatici a Sprinkler fecero la loro comparsa più di un secolo fa negli Stati Uniti e da allora subirono una continua evoluzione che prosegue fino ai giorni nostri, per migliorare ed ottimizzare i prodotti impiegati, al fine di rendere sempre più funzionale un sistema che si è subito rivelato intelligente. La protezione offerta da un impianto Sprinkler basa la sua efficacia su tre principi fondamentali:

• la velocità d'intervento;

• la semplicità di realizzazione;

• l'affidabilità dei materiali impiegati.

Moltissimi incendi, tra i quali parecchi di natura dolosa, sono stati estinti sul nascere dall'intervento degli impianti Sprinkler, anche se questo fatto non viene di sovente riportato nelle cronache. Le statistiche evidenziano che le perdite finanziarie avute in seguito ad incendi controllati da impianti Sprinkler sono talmente basse da non essere equiparabili a qualunque altra forma di protezione antincendio, a dimostrazione dell'efficacia degli impianti Sprinkler. Tali statistiche mostrano anche come negli Stati Uniti, Paese con il maggior utilizzo di questi sistemi, gli impianti Sprinkler hanno estinto incendi grazie all'intervento di soli cinque erogatori. Ci sono stati purtroppo dei casi

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in cui l'impianto Sprinkler non abbia funzionato, ma ciò è dovuto nella quasi totalità dei casi da errori umani, come riportato nella tabella 6.3, dall'analisi fatta su circa 3.000 casi di malfunzionamento su un totale di oltre 80.000 incendi analizzati. Dall'analisi di tutto quanto riportato finora, si evince che l'impianto Sprinkler, pur essendo concettualmente semplice come funzionamento, necessita di adeguati criteri di costruzione, atti a rispondere alle necessità dei fabbricati da proteggere.

Tab. 6.3 – Percentuale del mancato funzionamento degli impianti sprinkler

All’interno degli autosilo aventi capacità di parcamento superiore a 9 veicoli, nelle autorimesse aventi più di 2 piani interrati e/o più di 4 piani fuori terra (se chiuse) e/o più di 5 piani fuori terra (se aperte), come espresso dalla norma di sicurezza per la costruzione e l'esercizio delle autorimesse e simili (D.M. 1/2/86, cfr. n.10 - §2.3), è d'obbligo

"l'installazione di un impianto fisso di spegnimento automatico del tipo a pioggia (sprinkler) con alimentazione ad acqua oppure del tipo ad erogatore aperto per l'erogazione di acqua/schiuma". Nondimeno

in tutti i parcheggi le compagnie d'assicurazione danno maggiore valore alle autorimesse se protette con questo impianto, in quanto statistiche dimostrano che usualmente si hanno lievi danni in caso di

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incendio. L'installazione del sistema di spegnimento deve essere eseguita in conformità alle norme del Concordato Italiano Incendio. Quest'impianto entra in funzione non appena il focolaio tende a svilupparsi: l'entrata in funzione dell'impianto fa scattare una suoneria che avvisa gli utenti del possibile pericolo. In generale negli impianti d'estinzione a pioggia (sprinkler) si possono identificare i seguenti componenti (fig. 6.4):

Fìg. 6.4 - Schema di funzionamento di un generico impianto sprinkler ad umido.

• una fonte d'acqua (acquedotto, serbatoio a gravita, pompa

automatica aspirante da vasca o altra riserva, serbatoio a pressione);

• una tubazione di presa dell'acqua (dalla fonte ad una valvola di

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• una rete di distribuzione che connette la valvola principale con gli

utilizzatoli;

• un sistema di ugelli spruzzatori (le testine sprinkler).

Gli impianti ad acqua più utilizzati (detti comunemente impianti a

pioggia) sono essenzialmente di tre tipi:

1. Impianto di estinzione con erogatori automatici chiusi “ad umido”: le tubazioni sono sempre piene d'acqua in pressione. Il sistema possiede delle "testine" erogatrici munite di fusibile tarato per una determinata temperatura, oltre alla quale avviene la diffusione dell'acqua sul focolare d'incendio.

2. Impianto di estinzione con erogatori automatici chiusi “a secco”: è il caso degli impianti che possono essere danneggiati dal gelo durante la stagione invernale. In esso le tubazioni non contengono acqua, ma aria in pressione. La separazione della rete di distribuzione dalla rete d'alimentazione avviene con una valvola a secco. Non appena l'aumento di temperatura determina la rottura del sensore uno o più erogatori si aprono, l'aria compressa viene scaricata nell'ambiente, per differenza di pressione l'otturatore della valvola a secco si apre e consente l'afflusso dell'acqua nella rete di distribuzione. Si evidenzia che l'erogazione dell'acqua avviene dai soli sprinkler aperti. Anche in questo caso viene attivato in contemporanea un dispositivo d'allarme che avvisa gli utenti.

3. Impianto d'estinzione con erogatori aperti “a diluvio”: le testine dell'impianto vengono lasciate aperte, così come le tubazioni

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rimangono vuote. Un sistema di rilevazione fumi o di temperatura da il segnale ad un gruppo valvola automatica (elettrovalvola) che, così attivata, immette l'acqua nella rete. L'acqua fuoriesce da tutte le testine di uscita.

L'impianto più utilizzato è normalmente l'impianto ad umido. Esistono diversi tipi di testine, che agiscono con getti d'acqua di forma variabile a seconda delle necessità: si possono richiedere infatti getti sferici, a paraboloide in tutte le direzioni, piatti (paraboloide verso il basso). Gli erogatori possono essere installati con il diffusore verso l'alto o verso il basso.

Scendendo nei particolari il funzionamento delle testine può essere così schematizzato: la testina possiede un bulbo di vetro che contiene un liquido altamente dilatabile, capace di esercitare una forza distruttrice considerevole quando raggiunge la temperatura di funzionamento (generalmente 65°C).Questa temperatura, qualora fosse diversa, viene riportata su ciascun bulbo di vetro. In fase di fabbricazione degli erogatori si fa in modo che del gas rimanga in equilibrio con il liquido presente. Sotto l'azione del calore il liquido si espande, fintantoché la pressione non raggiunge valori tali da causare la rottura del bulbo in vetro. A questo punto la testina è aperta e l'acqua o l'aria in pressione presenti nel circuito di distribuzione possono defluire nel parcheggio sottostante.

Si ricorda altresì che il medesimo decreto del 1986, per gli aspetti di prevenzione incendi, impone l'ulteriore presenza di estintori ed idranti collegati ad apposite tubazioni indipendenti da quelle di servizi sanitari.

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6.2 L’impianto fisso di protezione dagli incendi nel

parcheggio

Grazie alla collaborazione dell’Ufficio Tecnico del Corpo Provinciale V.V.F del Comune di Sarzana, sono stati progettati i principali elementi che caratterizzeranno l’impianto di spegnimento per il parcheggio in oggetto. L’autorimessa, a causa del contenuto altamente infiammabile e/o combustibile, necessita per la gestione, di adeguate

protezioni passive antincendio, che ne garantiscano la fruibilità in

sicurezza per persone, cose e strutture e per questo le specifiche norme di legge, prevedono che tale attività, soggetta al controllo di prevenzione incendi individuata al n° 92 del Decreto Ministeriale 16.02.82, sia dotata di idonei apprestamenti di difesa antincendio, che nel nostro caso specifico, possono essere individuati in:

• impianti fissi di estinzione a pioggia (sprinkler); • impianti fissi di estinzione ad idranti;

• estintori portatili.

In particolar modo, gli impianti fissi di estinzione a pioggia (sprinkler), in caso d’incendio, garantiscono un’efficace protezione antincendio in modo automatico in quanto, quando l'innalzamento della temperatura ambiente dovuta all’incendio medesimo, raggiungendo gli erogatori sprinkler più vicini alla sorgente delle fiamme, ne determina la fusione dell'elemento termosensibile. La rottura di uno o più sprinkler causa l'immediata fuoriuscita dell'acqua contenuta nella rete di distribuzione, la quale agisce istantaneamente sull'incendio, fino al completo soffocamento; impedendone la propagazione.

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Le principali norme legislative a cui viene fatto specifico riferimento per la progettazione e gestione delle autorimesse sono (cfr. n.17,18,19,20,21 - §2.3):

DECRETO MINISTERIALE 1° febbraio 1986 Norme di sicurezza

antincendio per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili (G.U. 15 febbraio 1986, n. 38).

NORMA UNI 9489 Impianti fissi di estinzione automatici a

pioggia (sprinkler);

NORMA UNI 9490 Alimentazioni idriche per impianti

automatici;

NORMA UNI 9491 Impianti fissi di estinzione automatica a

pioggia;

Dati di progetto

Autorimessa di tipo pubblico, isolata, di tipo interrato, ad un solo piano;

■ Superficie totale lorda 4.342 mq ;

■ Capacità di parcamento n° 123 posti auto;

6.2.1 Impianti fissi di estinzione automatici a pioggia

L’autorimessa viene protetta con un impianto fisso di estinzione automatica a pioggia (sprinkler) di “tipo convenzionale ad umido”. L’erogatore “sprinkler” è un dispositivo termosensibile progettato per reagire ad una determinata temperatura mediante il rilascio automatico di getto d’acqua uniformemente distribuito su una determinata superficie; possono essere di tipo a bulbo di vetro od a elemento

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fusibile. Secondo la vigente normativa su richiamata, tale tipo di autorimessa viene classificata in Classe B2, per cui la norma prevede che non vi sia la possibilità che più di 144 mq possano contemporaneamente bruciare, per cui si richiede di proteggere:

un’area operativa di 144 mq;

con una densità di scarica di 5 lt./1’/mq.

Quindi la quantità teorica di acqua necessaria per dimensionare questo impianto, sarà di:

Portata idrica pari a 5 lt/1’/mq x 144 mq = 720 lt/1’.

Considerando che per legge, l’erogazione deve essere garantita per 60’, per cui si necessiterà di un’alimentazione idrica costante minima di:

Alimentazione idrica pari =720 lt/1’x60’ = 43.320 lt/1 = 44 mc/h

alla pressione minima di 6 bar, da cui ne deriva che sarà necessaria una riserva idrica minima di:

Riserva idrica mc. 44 arrotondata per eccesso a mc. 50 (*)

Per la superficie impegnata si è calcolato quindi che saranno necessari:

N° 300 erogatori sprinkler di tipo convenzionale CU verso l’alto

o Uprigth DN15 a bulbo di vetro tarato 68°C (colore Rosso)

(*) essendo previsto un’unica riserva idrica, detto valore andrà sommato a quello necessario all’alimentazione dell’impianto idranti.

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Per la particolare conformazione dell’autorimessa, un unico compartimento, detto impianto automatico sarà comandato da un’unica stazione di controllo attraverso un gruppo di pressurizzazione costituito per norma da una motopompa con le seguenti caratteristiche:

Motopompa a motore diesel portata minima considerate le

perdite di carico pari a 50 mc/h(*)

6.2.2 Impianti fissi di estinzione ad idranti

Nelle autorimesse di tipo interrato fino al piano primo, la norma prevede l’installazione di n° 1 idrante UNI 45 per ogni 50 autoveicoli parcati o frazione, quindi dovranno essere installati almeno:

N° 3 idranti UNI 45 alimentati da tubazione ad anello a

pressione.

La custodia degli idranti è installata in un punto ben visibile ed è munita di sportello in vetro trasparente con larghezza ed altezza non inferiori rispettivamente a 35cm e 55cm e una profondità che consenta di contenere a sportello chiuso, manichette e lancia permanentemente collegate. La tubazione flessibile è costituita da un tratto di tubo di lunghezza che consenta di raggiungere col getto ogni punto dell’area protetta,nel caso in esame 40m. La rete idrica deve essere eseguita con tubi di ferro zincato o materiali equivalenti protetti contro il gelo e deve essere indipendente dalla rete dei servizi sanitari.

(*) essendo previsto un unico gruppo di pressurizzazione, detta portata andrà sommata a quella necessaria all’alimentazione dell’impianto idranti

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Gli impianti devono e avere caratteristiche idrauliche tali da consentire al bocchello della lancia, nelle condizioni più sfavorevoli di altimetria e di distanza, una portata non inferiore a 120 lt/1’ una pressione di almeno 2 bar, per una durata minima di 60’. L'impianto deve essere dimensionato per una portata totale determinata considerando la probabilità di contemporaneo funzionamento del 50%

degli idranti più uno. Quindi la quantità teorica di acqua necessaria

per dimensionare questo impianto, nel nostro caso sarà di:

Portata idrica pari a 120 lt/1’ x 3 = 360 lt/1’.

Considerando che per legge, l’erogazione deve essere garantita per 60’, per cui si necessiterà di un’alimentazione idrica costante minima di:

Alimentazione idrica pari= 360 lt/1’x60’= 21.600 lt/1’= 22 mc/h

da cui ne deriva che sarà necessaria una riserva idrica minima di:

Riserva idrica mc. 22

L’impianto farà capo ad un gruppo di pressurizzazione costituito per norma da una motopompa con le seguenti caratteristiche:

Motopompa a motore diesel portata minima considerate le

perdite di carico pari a 22 mc/h

Per uniformità progettuale si è optato per unica alimentazione idrica dei due impianti sopra descritti, quindi la rete idrica di distribuzione sarà formata da unico anello alimentato da

Motopompa a motore diesel della portata totale, considerate le

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da cui ne deriva che sarà necessaria una riserva idrica totale di:

Riserva idrica mc. 50 + 22 = 72 mc

6.2.3 Estintori portatili

La norma prevede che all’interno dell’autorimessa, sia prevista l’installazione di estintori portatili di "tipo approvato" per fuochi delle classi "A", "B" e "C" con capacità estinguente non inferiore a "21A" e "89 B". Al fine, di poter essere utilizzati con successo nella parte iniziale dell’incendio, gli estintori devono essere ubicati in prossimità degli ingressi locali o comunque in posizione ben visibile, segnalati con appositi cartelli, e di facile accesso, in modo che siano raggiungibili percorrendo non più di 15-20 m.

Il numero di estintori necessari viene calcolato nel modo seguente: uno ogni cinque autoveicoli per i primi venti autoveicoli; per i rimanenti, fino a duecento autoveicoli, uno ogni dieci autoveicoli; oltre duecento, uno ogni venti autoveicoli, per un totale minimo nel nostro caso di:

N° 15 estintori portatili polvere chimica da Kg. 6 cad.

Figura

Fig. 6.1  Schema di funzionamento di un canale tipo "shunt"
Fig. 6.2   Visualizzazione schematica delle parti meccaniche che possono concorrere  alla ventilazione forzata dell’autorimessa
Tab. 6.1 Classificazione delle tipologie di incendi secondo le normative C.E.N.
Tab. 6.2 Agenti estinguenti per tipologie d’incendi
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