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CAPITOLO 1 Introduzione e scopi della ricerca

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

Introduzione e scopi della ricerca

La Valle del Bidente di Pietrapazza (Fc), inserita nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, è l’area dove si è svolto il presente studio, su struttura di popolazione e parametri demografici del cervo (Cervus elaphus), una delle cinque specie di ungulati presenti nel Parco.

Il territorio del Parco Nazionale è posto a cavallo della Toscana, con le province di Arezzo e Firenze e dell’Emilia-Romagna, con la provincia di Forlì-Cesena, in parte affini per storia e tradizioni ma molto diverse tra loro morfologicamente e paesaggisticamente. Il Parco si estende per 36.400 ettari dei quali l’80% è ricoperto da boschi.

Questa condizione è stata favorita dalla collaborazione delle comunità locali con il Corpo Forestale dello Stato, e, nei secoli scorsi con i monaci Camaldolesi che dalla foresta traevano ispirazione religiosa e lavoro. La protezione delle foreste del Parco è antecedente alla sua istituzione, ed esse sono considerabili un vero e proprio scrigno di biodiversità, con migliaia di specie di piante ed animali ed ecosistemi forestali peculiari. Da sottolineare la scarsa antropizzazione, la popolazione residente conta meno di tremila abitanti (di cui solo novanta sul versante romagnolo), e l’assenza di grosse arterie di comunicazione.

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Queste caratteristiche rendono il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, un luogo ideale per studi di tipo naturalistico, considerando la contemporanea presenza di cinque specie di ungulati selvatici che vivono in condizioni di simpatria all’interno del suo territorio, caso più unico che raro in Europa Occidentale: il cervo (Cervus elaphus), il daino (Dama dama), il capriolo (Capeolus capreolus), il muflone (Ovis aries) ed il cinghiale (Sus scrofa). Il capriolo è quasi certamente autoctono, il cervo ed il muflone introdotti nei secoli passati, la presenza del daino ed del cinghiale è frutto di immissioni risalenti al dopoguerra. L’interesse scientifico si accresce se si considera la presenza nel Parco del maggior predatore di ungulati selvatici del continente europeo: il lupo (Canis lupus).

Si può ben capire l’importanza ecologica dell’associazione preda/predatore, con una situazione di equilibrio instaurato tra la popolazione di ungulati e il lupo (Mattioli et al., 1995; Bertelli, 1998).

La presente ricerca ha avuto inizio nel 2003, come prima indagine sulla demografia e sulla struttura della popolazione del cervo, non ancora mai studiato sul versante romagnolo del Parco, ed è terminata nel 2005. Essa è stata condotta tramite due metodiche di approccio: l’osservazione diretta tramite percorsi ed appostamenti campione, il censimento della popolazione di cervo con la metodica del censimento dei maschi in bramito duramte la stagione riproduttiva. I dati dello studio sono stati elaborati per il presente lavoro di tesi.

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Di seguito gli aspetti che verranno trattati in questa sede:  struttura della popolazione del cervo;

 censimento delle varie classi di sesso ed età;  studio su dimensione e tipologia dei gruppi;

 calcolo degli Indici Chilometrici di Abbondanza relativa.

1.1 Struttura di popolazione

Una popolazione può essere definita come un gruppo di individui appartenenti alla stessa specie che vivono in un dato territorio in uno stesso momento ed interagiscono con l’ambiente che li circonda e condividono un pool genico. Caratterizzata da una densità, da una natalità, una mortalità, la struttura per età e la dispersione. La dinamica di una popolazione, ovvero la variazione della sua consistenza numerica, è conseguenza dei meccanismi di regolazione biotici ed abiotici. I fattori abiotici sono quelli densità indipendenti, cioè sono quei fattori la cui azione è indipendente dalla densità della popolazione, come il clima. I fattori biotici sono quelli densità dipendente, la cui variazione influisce sulla densità di popolazione, come il cibo, , la presenza di predatori o di parassiti. Nel caso dell’analisi della struttura della popolazione del cervo potremmo ottenere interessanti informazioni, in proiezione futura, sulla sua dipendenza dalla densità. Anche se in realtà studi su animali di queste dimensioni, che non siano invasivi, sono difficili da effettuare, e alcuni studiosi hanno mostrato molteplici effetti di dipendenza dalla densità per varie specie di Cervidi (Clutton- Brock et al., 1982-1985). Fisiologicamente possiamo

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trovarci davanti ad aborti o ritardi nell’ovulazione da parte delle femmine, come visto per l’Odocoileus virginianus in aree povere di pascolo (Chaethum Severighaus, 1950); oppure si registrano delle diminuzioni nelle dimensioni degli organi genitali (Batt, 1980); logicamente aumenta la mortalità infantile e si fanno più comuni i ritardi nella crescita (Clutton-brock et al., 1982, ma anche i ritardi comportamentali nella sfera sessuale (Archer, 1979; Clutton-Brock, 1982). Nei maschi vengono influenzati i caratteri sessuali secondari, come le dimensioni corporee o lo sviluppo del palco e si ha anche un aumento della mortalità per le classi di età più giovani e più vecchie (clutton-Brock, 1982). Tra i fattori biotici abbiamo visto, anche da studi effettuati nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, come la predazione da parte del lupo influenzi in modo diverso le classi di età e di sesso degli ungulati incidendo maggiormente sulla classe dei piccoli (Mattioli et al., 1995; Bertelli,1998), tendenza confermata anche da studi europei e nordamericani (Carbyn, 1983; Peterson et al., 1984; Jedrzejewski et al., 1992). Prendendo in esame i fattori abiotici diventa difficile alle volte separare le influenze climatiche, sulla sopravvivenza e sulla riproduzione, dagli effetti apportati dalle alte densità di popolazione giacché essi possono andare di pari passo (Klein, 1968; Grubb, 1974). Lo studio condotto nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, versante romagnolo, valuterà i vari parametri caratterizzanti la struttura di popolazione del cervo (sex ratio, rapporto piccoli/femmine, percentuale dei maschi giovani sul totale della popolazione maschile), in modo da fornire dei primi

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dati come sondaggio del territorio per eventuali ricerche future più approfondite.

1.2 Censimento al bramito

Tale metodo di stima della consistenza è stato adottato anche in altri contesti geografici (Foresta di Tarvisio, Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, Province di Trento e Belluno, Foreste dell’Acquerino-Cantagallo, Riserva Naturale Statale dell’Orecchiella, Parco Nazionale d’Abruzzo). Esso si fonda sul conteggio dei maschi adulti, che si rendono manifesti tramite le loro emissioni vocali (bramiti) durante la stagione riproduttiva. Tale tecnica di censimento, ripetuta omogeneamente per stagioni consecutive, permette di valutare in primo luogo la dinamica della popolazione, oltre ad indicare l’area occupata dalla specie durante il periodo degli amori, i “quartieri di bramito” (Lovari et al., 1997). Mentre i valori di densità/consistenza riferibili alle altre componenti della popolazione rappresentano una stima, i dati relativi ai maschi adulti, ottenibili direttamente, possiedono un margine di errore più ristretto (Mazzarone et al., 1989, 1991). Durante la “rut season” partecipano alle vocalizzazioni la maggioranza dei maschi maturi sessualmente e socialmente (Clutton-Brock et al., 1982); il numero dei maschi censiti rappresenta un “numero minimo certo” di consistenza, rappresentativo della classe dei maschi “adulti-adulti” (età superiore ai 4-5 anni); la consistenza totale del cervo nell’area studiata può essere assunta come quella derivante dalle percentuali

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relative ad ogni classe di sesso e di età calcolate attraverso le osservazioni dirette, sulla base della consistenza assoluta dei maschi censiti “al bramito” (Mazzarone et al., 1988-1997).

1.2 Dimensione dei gruppi

La formazione di raggruppamenti da parte di svariate specie animali è un fenomeno comune e molto studiato. Si va da aggregazioni quasi inconsapevoli tendenti alla sfruttamento di risorse, sino allo sviluppo di una vera e propria organizzazione sociale con tanto di ruoli da rispettare da parte dei componenti. Le motivazioni che spingono a creare dei gruppi sono tante, l’ambiente da una parte e la tendenza all’aumento della fitness individuale dall’altra, possono essere considerate le “spinte” all’aggregazione, per spiegare la formazione di gruppi specie specifici o misti, casuali o stabili che siano. Si va dallo sciame di Drosophila, raccolto attorno a qualche area ricca di cibo, che si disperde quando esso viene a mancare, alle aggregazioni più complesse come gli stormi degli uccelli, alle unità familiari comuni tra i Mammiferi, come anche tra i Cervidi, dovute a particolari fasi biologiche (es. stagione degli amori) o alla presenza di piccoli da svezzare, fino alle ben note organizzazioni sociali come nei branchi dei leoni (Pantera leo) o dei lupi, ed alle ancora più complesse società delle api (Apis mellifera) e di altri insetti. I vantaggi nella formazione dei gruppi sono tanti: protezione contro i predatori, facilitazione nella caccia, ricerca comune di cibo, stimolazione e sincronizzazione dell’attività riproduttiva,

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maggiore probabilità di trovare un partner, agevolazioni nella difesa del territorio e della prole. Da tener presente gli svantaggi nell’aumento della competizione intraspecifica, la maggiore avvistabilità e la facile trasmissione di agenti patogeni.

Molti sono gli studi inerenti l’organizzazione sociale e le caratteristiche dei gruppi formati dagli ungulati, di autori sudafricani (Barman, 1974; Leuthold, 1976; Evans, 1979; Hillman, 1987) e nordamericani (Hirt, 1977; Cairns e Telfer, 1980; Clark e Gilbert, 1982; Gogan et al., 1986; Smith, 1987).

La presente ricerca vuole rivelare le dimensioni dei gruppi e la composizione sociale, vista la tendenza delle popolazioni di cervo a muoversi in branchi matriarcali con gerarchizzazione dei ruoli sociali (F. Perco, 1986).

1.3 Indici Chilometrici di Abbondanza relativa

Per ogni percorso sono stati calcolati gli IKA, Indici Chilometrici di Abbondanza, misure relative di consistenza della popolazione (numero di individui osservati per ogni chilometro di transetto) con lo scopo di registrare gli andamenti mensile e la distribuzione delle osservazioni, anche relativamente alle consistenze stimate con il censimento.

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La presente ricerca ha come finalità lo studio della presenza del cervo in un’area posta sul versante romagnolo del Parco, in quanto la popolazione di quest’ungulato, come in molte altre zone dell’Appennino settentrionale, risulta in forte espansione numerica e distributiva, ed il versante romagnolo sembra essere ancora in via di “colonizzazione” da parte della specie. Da sottolineare come i dati da noi impiegati per le elaborazioni demografiche, siano riconducibili a soli tre anni di studio compiuti, effettivamente pochi per avere dei risultati “solidi” sulla consistenza della popolazione. Di fatto, come dice il titolo stesso del presente lavoro, ci troviamo di fronte ai “primi risultati”, quindi ad un’ “indagine” che, nella logica di una corretta gestione faunistica, dovrebbe portare ad una ricerca ben strutturata e pianificata, con impiego di risorse e mezzi, nell’interesse degli enti gestionali del territorio, che abbia in “eredità” queste basilari risultanze.

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