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Academic year: 2021

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L’iniziativa della presidenza italiana del G7 verso il vertice di Taormina

D

omanda di Nina, tre anni, al momento della scelta di una maschera per Carnevale: da grande devo fare per forza la princi- pessa o posso diventare un astronau- ta? Gli stereotipi sui ruoli di genere si trasmettono, abbastanza misterio- samente, nella psicologia delle nuove generazioni. Una bambina che si senta una principessa, a tre anni, fa- rà più fatica, a 18, ad iscriversi ad una delle facoltà scientifiche (Stem) che le permetteranno di trovare un lavo- ro. Quando poi la nostra ragazza cre- sciuta avrà un lavoro, farà fatica a di- fenderlo se aspetterà un figlio. E in ogni caso guadagnerà meno della media degli uomini: il gap salariale resta una distorsione apparente- mente inaffondabile delle nostre so- cietà. Dopo avere fatto una fatica in- credibile per tenere insieme tutto - con ore di lavoro di cura non pagate prima per i figli e poi per i vecchi ge- nitori - la ragazza ormai donna sco- prirà che non ha fatto la carriera che sperava. E avrà, come conseguenza finale, una pensione che non le con- sentirà di vivere.

I progressi delle donne, nelle so- cietà avanzate, sono stati enormi nel- l’ultimo mezzo secolo. Ma ci vorran- no ancora parecchi decenni, stimano tutti i rapporti in materia, per arriva- re a una reale parità. A chi interessa che le donne abbiano maggiori op- portunità? La risposta sembra ovvia:

alle Nina di oggi e di domani. La real- tà è che dovrebbe interessare a tutti, a tutta la società. Perché solo miglio- rando l’accesso delle donne al merca- to del lavoro aumenteremo la cresci- ta: in Italia, la correlazione fra sta- gnazione e bassa partecipazione del- le donne al lavoro (meno del 50%, se- condo i dati Ocse) appare eclatante.

Ancora. Solo rendendo più compati- bile la carriera professionale e la cura dei figli fermeremo l’invecchiamento deleterio di Paesi come il nostro.

La questione «parità di genere», vista con gli occhi di oggi, non è sol- tanto una questione di diritti. È una delle condizioni essenziali per uno sviluppo sostenibile delle nostre economie. Fare leva sulle donne, co- minciando dalle ragazze, è una cura contro il declino. Gli uomini devono esserne consapevoli; la battaglia per l’affermazione delle donne li ri- guarda. Se continueranno a vedere nell’ascesa delle donne una minac- cia potenziale, perderemo una leva potente di sviluppo, sprecando più della metà del capitale umano. Se gli uomini, invece, diventeranno i neo-femministi di questo secolo, vinceranno le nostre società: avre- mo tutti maggiori opportunità e mi- nore disuguaglianza.

Una volta capito questo, l’interro- gativo diventa politico, o meglio inve- ste le politiche: come si fa ad elimina- re quei vincoli - culturali, sociali, nor- mativi - che rendono ancora così len- ta la marcia verso una reale parità?

La risposta più convincente, insieme a molte altre che conosciamo e che restano controverse (fra cui forme varie di «quote» temporanee a favo-

re delle donne), è di partire dalle ra- gazze. Di puntare sulle ragazze: così da metterle in grado - con l’educazio- ne digitale, finanziaria, scientifica - di diventare protagoniste del proprio destino. E a quel punto saranno loro, non altri al posto loro, ad assumere decisioni impegnative anche sul- l’equilibrio fra vita e lavoro.

Il

donne

3,73 miliardi

le donne nel mondo

MARTA DASSÙ*

ANDY KATZ/PACIFIC PRESS/GETTY

G7 A poche settimane

dal summit dei Grandi l’Italia è sempre più

un crocevia del dibattito internazionale

Da domani fino a sabato manager, leader politiche, imprenditrici e studiose provenienti da ogni parte del mondo, discuteranno alla Farnesina

di diseguaglianze sociali ed economiche,

di integrazione

e di parità dei diritti

delle

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70406

LA STAMPA LA STAMPA

QUOTIDIANO FONDATO NEL 1867

GIOVEDÌ 6 APRILE 2017 1 ANNO 151 N. 95 1 1,50 IN ITALIA (PREZZI PROMOZIONALI ED ESTERO IN ULTIMA) SPEDIZIONE ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/04) ART. 1 COMMA 1, DCB - TO www.lastampa.it

CONTINUA A PAGINA 2

Una bambina abbraccia la statua della «Fearless girl», la ragazza senza paura. La scultura di bronzo si trova a Manhattan, proprio di fronte al famoso Toro di Wall Street, ed è stata creata dall’artista Kristen Visbal per incoraggiare le aziende a garantire più potere alle donne

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.LA STAMPAGIOVEDÌ 6 APRILE 2017

L

a presidenza italiana del G7 ha deciso di muoversi in tale dire- zione, mettendo sul tavolo una «road map» che contiene impegni specifici, e misurabi- li negli anni, su temi che ri- guardano il potenziamento delle capacità delle donne:

dalla formazione digitale - quale condizione per lavora-

ruolo nella società - non è una pura rivendicazione «di gene- re». È in realtà la battaglia per un futuro economica- mente e socialmente sosteni- bile. Ciò vale per i nostri pae- si; e vale tanto di più laddove i diritti delle donne non sono ancora acquisiti.

Per vincere tale battaglia, antica e nuova al tempo stes- so, e’ indispensabile una sorta di «Nuovo Patto» fra uomini e donne. Stereotipi, resistenze e tensioni vanno finalmente su- perati. Ed e’ importante che governi e imprese si muovano nella stessa direzione, assu- mendo ciascuno la propria quota di responsabilità. Solo così, in un G7 che vede le don- ne come una risorsa essenzia- le, la mappa che deve guidarci non resterà sulla carta.

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*Senior Director Europe The Aspen Institute Editor in Chief, Aspenia re nel mezzo di una rivoluzio-

ne tecnologica che sta travol- gendo i vecchi scenari occu- pazionali - al superamento della disparità dei salari, che è in effetti un disincentivo professionale. Si discuterà se e come introdurre, nelle poli- tiche economiche e sociali, un «bilancio di genere». Al tempo stesso, verranno as- sunte decisioni comuni per contrastare la violenza con- tro le donne, incluso il traffi- co illegale e forzato di ragaz- ze dai paesi africani.

Il G7 delle donne verrà preparato da un incontro in- ternazionale che si terrà nei prossimi due giorni al Mini- stero degli Esteri, con espo- nenti del business, della so- cietà civile, delle Nazioni Uni- te. E’ una alleanza necessaria per riuscire.

La battaglia per il futuro delle ragazze - del loro lavoro, della loro sicurezza, del loro

UN NUOVO PATTO TRA DONNE E UOMINI

MARTA DASSÙ*

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Patrizia Grieco, presidente Enel

“La parità di stipendio va sancita per legge”

Il G7 delle donne che si apre domani alla Farnesina è una delle inizi Donne leader provenienti da tutto il mondo si confronteranno per due giorni nei dibattiti

Diseguaglianze sociali, parità di trattamento salariale, il ruolo nel mondo delle quattro tavole rotonde tematiche. Abbiamo chiesto ad alcun nella società, nelle aziende e nel mondo del lavoro. Nel saluto ai partecipa

«Gli Stati dovrebbero rendere obbligatoria la parità di stipen- dio tra uomini e donne a parità di mansione, come ha appena fatto l’Islanda, il primo Paese ad intro- durre questo tipo di legge». Per Patrizia Grieco, presidente di Enel, per anni ai vertici di azien- de come Siemens e Olivetti, è questa una delle priorità che il G7 delle donne, domani a Roma, dovrà portare avanti nella lotta al cosiddetto gender gap, le diffe- renze di genere».

Anche in Italia il tema della di- sparità salariale è molto sentito:

una donna in media guadagna circa 50 centesimi (0,47 euro per la precisione) per ogni euro guadagnato da un uomo.

«A mio avviso è una del- le disparità più tristi ed esecrabili. È inaccetta- bile che a parità di man- sioni una donna perce- pisca uno stipendio più basso di un uomo. Però va detto che in Italia il gap retributivo tra uo- mo e donna è minore della media europea. Gli Stati do- vrebbero anche investire sulla formazione per colmare i gap di diseguaglianza e rendere i sistemi democratici più forti e sostenibili.

Nell’era dell’industria 4.0 andreb- be sempre più promosso l’accesso delle donne a percorsi di studio di tipo scientifico, contribuendo così anche a un cambiamento del con- testo culturale in cui vivono».

Nella classifica generale delle differenze di genere, stilata da World Economic Forum, l’Italia è salita al 50esimo posto nel 2016, in miglioramento rispetto per

esempio al 2006 quando erava- mo al 76esimo posto dietro lo Zimbabwe.

«C’è un miglioramento, ma resta- no luci e ombre. Bene nella politi- ca, ad esempio, l’Italia è al 25esimo posto per la partecipa- zione delle donne alla vita pubbli- ca. Ma un dato drammatico è l’oc- cupazione femminile ferma al 48% rispetto a quella maschile, al 60%. Scendiamo poi al 142esimo posto per il ruolo femminile nel tessuto socio-economico, in parti- colare siamo al 79esimo posto co- me presenza di donne manager nelle società»

Però la legge sulle quote rosa è servita ad aumentare la percen- tuale di donne nei Cda delle aziende

«La legge Golfo Mosca è stata utile; ha obbligato le aziende ad avere nei consigli d’amministra- zione almeno un terzo delle don- ne, migliorando anche la qualità dei cda. Eppure per una donna resta difficile intraprendere o continuare la carriera di mana-

ger specie dopo la maternità».

È vero che un terzo delle donne dopo la maternità lascia il lavo-

«Purtroppo sì. E questo vuol direro?

da un lato che una parte dell’oc- cupazione femminile non è di fa- scia alta e dall’altro che c’è una forte carenza di servizi di tipo pubblico o di welfare aziendale, come scuole materne, asili nido, congedi di paternità».

Che cosa fa Enel per combattere le diseguaglianze?

«Essendo presenti in oltre trenta Paesi, siamo molto attenti al tema delle diversità, non solo di genere, ma anche culturali, sociali. Certo il cuore del progetto, che Enel ha avviato nel 2015, riguarda le diffe- renze di genere. Siamo già arriva- ti a risultati concreti, per esempio nel modello di selezione del perso- nale: qualora non si riesca a rag- giungere un’equa rappresentanza di genere, è necessario darne una motivazione, al fine di individuare eventuali azioni a supporto».

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LUCA FORNOVO

Al vertice

Patrizia Grieco ha assunto il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione di Enel nel maggio del 2014

«La centralità sociale delle don- ne tunisine è uno dei motivi per cui la nostra primavera è l’uni- ca ancora in fiore a sei anni dal 2011». Imen ben Mohamed, 32 anni, deputata del partito En- nhada, si occupa di diritti civili ma anche di sviluppo economi- co, le due facce speculari della stessa moneta con cui il piccolo Paese nordafricano vuole ri- scattare il proprio passato dal- l’ombra lunga di Ben Ali.

Cominciamo dalle donne, allora.

La democrazia spinge in avanti la lunga marcia delle tunisine o segna invece una battuta d’arre- sto, anteponendo alla loro emancipazione la costruzione di uno Stato moderno?

«Da un punto di vista politico abbiamo continuato a crescere.

Le donne hanno avuto un ruolo centrale nella Costituente di fi- ne 2013, eravamo il 27% dell’as- semblea, e hanno contribuito a scrivere la Costituzione e la legge elettorale grazie alle quali sono oggi il 35% del Parlamento».

Le più liberal temono che ad approfittare della de- mocrazia siano alla lunga i partiti islamici a danno proprio delle donne.

«Ennhada denuncia gli islamisti sin dal 2012 e ne ha pagato il prezzo, molti dei nostri leader sono costantemente sono minaccia. Ma vo- glio aggiungere che ci sono deputate di Ennhada con e senza velo e che la posizione del partito è chiarissima, diversa- mente dalla linea ufficiale delle Fratellanza Musulmana faccia- mo una distinzione netta tra la dimensione politica e quella confessionale».

Se, come dice, le donne tunisine hanno confermato il loro impor- tante ruolo politico, i giovani in- vece arrancano. Almeno a giudi- care dal numero di quelli che si sono arruolati con l’Isis.

«Le donne si sono imposte sul piano politico e istituzionale,

FRANCESCA PACI

Religione e laicità

In Tunisia laici ed islamisti sono riusciti a trovare un accordo e a scegliere una nuova Costituzione

Aspen

L’Aspen Initiative for Europe è un progetto guidato da Aspen Institute Italia, che coordina alcune delle attività dei sette istituti Aspen oggi esistenti in Europa. Oltre al programma donne per il G7, l’Aife organizza un seminario

europeo per i giovani leader

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LA STAMPA GIOVEDÌ 6 APRILE 2017 .

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iniziative della presidenza italiana nell’ambito del vertice dei Grandi.

dibattiti organizzati da Aspen Initiative for Europe, Valore D e Women Empower the World.

mondo della ricerca. E ancora l’integrazione e i rifugiati sono al centro une protagoniste del forum di fotografare la situazione femminile

tecipanti a Palazzo Farnese interverrà il primo ministro Paolo Gentiloni

Gli organizzatori e i protagonisti

Un parterre

di leader al femminile

Imen ben Mohamed, parlamentare tunisina

“Noi musulmane fuori dall’economia che conta”

ma su quello economico c’è an- cora molto lavoro da fare. E qui il discorso si collega ai giovani sedotti dal Califfato, anche nel loro caso la marginalità econo- mica è molto importante».

L’Europa vi sta aiutando?

«I rapporti con l’Europa si sono intensificati e sono aumentati gli aiuti da Paesi come l’Italia, la Francia, la Germania. Ma biso- gna fare di più: i nostri destini sono in qualche modo legati».

Come vede lo stato di salute del- la democrazia? La Tunisia la bra- ma mentre la vecchia Europa ne sembra paradossalmente un po’

annoiata, quasi stanca.

«Il nuovo populismo in ascesa in Europa non conviene né a voi né a noi. Si può dire che è la vo- stra variante del nostro estre- mismo, sono due fenomeni che non dipendono uno dall’altro però sono molto collegati».

La classe media europea non se la passa bene. E quella tunisina?

«Lo stesso. Quando diciamo che la Tunisia è in una fase di transizione verso la democra-

zia intendiamo che la politica fa progressi ma che senza svilup- po economico non si va lontano sulla strada della democrazia».

Rifugiati e rifugiate. Vorreste un patto con l’Europa simile a quel- lo tra Bruxelles e Ankara, aiuti in cambio del controllo delle fron- tiere? L’accordo con Ankara è molto criticato perché a pagarlo sono i migranti e ancor di più i più deboli tra loro, le donne.

«Si parla di questo accordo ma è ancora in fieri, riguarda so- prattutto i rimpatri di irregola- ri. Noi siamo un piccolo Paese ma abbiamo fatto molto per i rifugiati, durante la guerra in Libia abbiamo ospitato un mi- lione e mezzo di profughi senza fare tutte le storie che fa l’Eu- ropa. Comunque anche in que- sto caso è auspicabile lavorare insieme. In questo momento dalla Tunisia non si parte più.

Le rifugiate? Si fa molto ma non basta, per ora la società ci- vile e le associazioni supplisco- no le mancanze del governo».

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Simona Scarpaleggia, ad Ikea Svizzera

“Dobbiamo imparare a chiedere Il merito non è riconosciuto”

Ancella o tigre. C’è la donna che si pone con una posa più «remis- siva nei confronti del collega uo- mo, per essere ben voluta», e quella che «assume un atteggia- mento duro e intransigente, per sentirsi al pari con il modello ma- schile». Per Simona Scarpaleg- gia, Ceo di Ikea Svizzera, 2700 di- pendenti (metà uomini, metà donne) una delle aziende che ha fatto della parità di genere, di di- ritti e di salario una battaglia irri- nunciabile, questi due modelli

«nuocciono gravemente» alla salute dell’ambiente di lavoro. E allora, per reagire, il suo consi- glio è doppio: «Donne, rimane- te voi stesse, è questa la migliore garanzia del vo- stro successo. C’è di più, imparate a chiedere. Non aspettatevi che qualcuno vi noti e vi promuova per il merito».

Lei è diventata manager al- l’estero. In Italia avrebbe avuto le stesse chances?

«Sono in Svizzera da 7 an- ni. È vero, all’estero ho avuto un’accelerazione di carriera, quando decidi di espa- triare ti si offrono più posizioni.

Ma non nascondo di aver avuto sempre molte difficoltà in più dei colleghi uomini, indipendente- mente dal Paese».

Quali maggiori ostacoli devono superare le donne sul lavoro?

«Un pregiudizio diffuso, fin dai li- bri di scuola, dove la maestra è sempre femmina, il professore sempre maschio, lo stesso vale per infermiera e dottore. Secon- do questo pregiudizio, l’opinione delle donne vale sempre un po’

meno di quella maschile».

Qualche esempio concreto?

«Racconterò due storie che ho vissuto. Sono grata al primo capo che mi assunse, in un’azienda chi- mica, in Italia. Mi occupavo di re- lazioni sindacali. Mi mandava alle riunioni perché sapevo mediare meglio dei maschi. Parlavo a lun- go, poi dopo l’incontro gli uomini al tavolo chiedevano regolarmen- te conferma a lui su quel che ave- vo appena discusso».

Piuttosto frustrante. E l’altro esempio?

«Molte volte in passato mi è capi- tato di sostenere una posizione in riunione, che otteneva il via libera quando era rafforzata da un col- lega maschio».

Torniamo agli scogli che le don- ne devono scavalcare per far carriera. Ce ne sono altri?

«I tempi del lavoro: in molte aziende le riunioni importanti vengono fissate dopo le sei di se- ra, tipico di un atteggiamento che premia uno schema tradizionale della società, in cui l’uomo torna a casa tardi, dopo aver lavorato

tantissimo, e qualcuno si è occu- pato della casa. Altro scoglio, il mondo della cura, ad esempio della famiglia, è caricato ancora troppo sulle spalle delle donne».

Qual è invece il modello Ikea Svizzera per la parità?

«Intanto, la tecnologia permette di essere molto più flessibili su orari e luoghi di lavoro. Noi abbia- mo introdotto il part-time anche per gli uomini, per lavorare un giorno in meno; quando hanno capito che era un modo per rie- quilibrare la famiglia, i maschi hanno iniziato a chiederlo in mas- sa. Siamo la prima azienda al mondo ad avere ottenuto la mas- sima certificazione per la parità di genere, in termini retributivi e di assunzioni, ne sono orgogliosa.

Con me, sono stati istituiti i 2 me- si di paternità maschile».

Lei ha figli?

«Sì, tre. Volevo una famiglia, ma anche lavorare al 100%. Come ho fatto? Ho faticato molto, ho dor- mito meno».

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LETIZIA TORTELLO

Emma Bonino

Presidente di We-Women responsabilizzare il mon-

do e del Consiglio euro- peo di relazioni estere Maria Elena

Boschi A fare gli onori di casa la sottosegre- taria alla Presidenza del Consiglio

Principessa Sarah Zeid Sua altezza reale di Giordania esperta in salute materna e neonatale Laurence

Rossignol Tra i parteci- panti anche la ministra francese alla Famiglia

Helle T.

Schmidt Ci sarà la Presidente della Ong

«Save the Children»

Ecco alcune delle protagoniste, leader in vari campi dalla politica all’economia passando per le orga- nizzazioni non governative, prove-

nienti da tutto il mondo che daran- no vita a una due giorni di dibattiti sulle diseguaglianze di genere.

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Valore D

Prima associazione italia- na di imprese, oggi 154, che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile per la crescita delle aziende e del Paese

Parità

Simona Scarpaleggia guida Ikea Svizzera dal

2010 e ha ottenuto, prima al mondo, la massima certificazione per la parità di genere

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orremmo che non fosse così, ma anche nei Paesi del G7 la violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso e il problema non è risol- to. Insieme, totalizzano 4608 omicidi di donne in un anno, più della metà di questi omicidi è opera di partner o ex. È un dato che parla da solo. Dunque, la

violenza più diffusa per le don- ne è quella domestica, la violen- za inattesa giunge da parte di chi la donna ama o ha amato.

Nel gruppo dei 7, gli Stati Uniti sono il Paese che presenta i valori più alti. Ma i femminici- di sono solo la punta di un ice- berg, prima vengono maltratta- menti, violenza fisica, psicolo- gica, economica, sessuale, stalking. Si tratta di violenza di LINDA LAURA SABBADINI

Catherine Reynolds, 37 anni, ricercatrice all’Imperial College, Londra

DYLAN MARTINEZ/REUTERS

Cilene Connolly, 32 anni, postina della Royal Mail, Gran Bretagna

HANNAH MCKAY/REUTERS

Ivana, 32 anni, direttrice di una comunità in Serbia

MARKO DJURICA/REUTERS

Gabriela Santos, 26 anni, cocchiera di una carrozza turistica in Portogallo

RAFAEL MARCHANTE/REUTERS

Aneta Lukasiewicz, 33 anni, parrucchiera in Polonia

KACPER PEMPEL/REUTERS

Valerie Perron, 53 anni, allevatrice di ostriche in Francia

REGIS DUVIGNAU/REUTERS

I Grandi diano una risposta alla violenza contro le donne

genere, cioè le donne la subisco- no in quanto donne, riguarda trasversalmente donne di tutte le classi sociali. Esistono, però, gruppi più vulnerabili di altri.

In Italia, sono le donne migranti che subiscono la violenza più grave, e anche le donne disabili sono molto esposte. Negli Stati Uniti, le donne nere sono più colpite delle bianche, in Canada le donne aborigene. Le forme

della violenza possono assume- re caratteristiche diverse e più gravi, se si combinano con altri fattori come l’orientamento sessuale, la religione, l’ origine etnica, la classe sociale, l’età, la nazionalità, la disabilità. La vul- nerabilità si accentua laddove l’empowerment economico del- le donne è basso e la maggior parte delle donne non lavora, dipendendo tra l’altro dal per- messo di soggiorno del marito, come nel caso italiano delle ma- rocchine e delle albanesi.

Le donne migranti di alcune comunità specifiche sono an- che più esposte al traffico di esseri umani e alle mutilazioni genitali, problema presente per i Paesi del G7 con movi-

menti migratori di particolari comunità ed etnie.

La violenza contro le donne pone una barriera all’em- powerment femminile, cioè al- lo sviluppo della libertà e indi- pendenza delle donne, genera paura e insicurezza nella loro vita e rappresenta un grande ostacolo al raggiungimento della parità, dello sviluppo, del benessere. Vittime sono anche bambini e bambine che assi- stono alla violenza della loro madre, e rischiano di vedere la loro vita futura fortemente se- gnata da questa esperienza. È diffusa l’idea che in presenza di tante vittime si debba cor- rere ai ripari attraverso politi- che di sola tutela e di aiuti alle donne. In realtà non basta, la via è un’altra.

Per combattere la violenza è necessario sviluppare pro- grammi di empowerment, azioni che potenzino la libertà delle donne. Le politiche, le stesse pratiche delle associa- zioni devono rapportarsi alle donne non come a vittime e soggetti vulnerabili, ma a sog- getti che possono essere pro- tagonisti del percorso di usci- ta dalla violenza, pratica che da tanti anni viene portata avanti dai centri antiviolenza e anche in strutture pubbliche sanitarie di eccellenza. Si trat- ta di sviluppare azioni che po- tenzino la libertà femminile, sostenere i centri antiviolen- za, che già mettono in pratica questo approccio da anni nei vari Paesi, potenziare e forma- re adeguatamente gli operato- ri e le operatrici dei servizi so- ciali, sanitari, di polizia, le for- ze armate, perché agiscano in un’ottica di empowerment femminile.

La sinergia di tutti gli attori in campo è la chiave del succes- so di queste politiche. Per pre- venire, e contrastare la violen- za contro le donne, c’è bisogno di una grande rivoluzione cul- turale che abbatta gli stereoti- pi di genere in tutti i Paesi e metta in discussione profonda- mente la radice della violenza contro le donne, il desiderio di dominio dell’uomo sulla donna.

C’è bisogno di una grande of- fensiva educativa nelle scuole e più in generale nella società a tutti i livelli, verso gli uomini perché perdano il loro deside- rio di possesso e per le donne, per far crescere il loro livello di autostima, fondamentale anti- doto contro la violenza. C’è bi- sogno che gli uomini scendano in campo e non solo le donne. E che i media si facciano sentire, ma nel modo giusto, rinuncian- do alle immagini femminili irri- spettose e stereotipate e dando spazio paritario alle donne e al- le loro vite reali in trasmissio- ne. È venuto il momento di la- vorare intensamente in siner- gia su questo a livello di G7, im- parando gli uni dagli altri, per- ché i problemi sono gli stessi.

Sarebbe un grande passo in avanti per tutti.

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Chrifa Nimri, 69 anni, sulla sua barca in Tunisia

ZOUBEIR SOUISSI/REUTERS

Doris Leuthard, 54 anni, presidente della Confederazione svizzera per il 2017

RUBEN SPRICH/REUTERS

AL VENERDÌ LA STAMPA E TORINOSETTE 1,70 NON VENDIBILI SEPARATAMENTE. PREZZI TANDEM, NELLE AREE DI DIFFUSIONE INDICATE SUL GIORNALE LOCALE: 1,40 CON «IL CORRIERE DI ROMAGNA». PREZZI ESTERO: FRANCIA, MONACO P., 2,00.

Gli impieghi

Nel mondo, sono molte le donne che svolgono una professione che, nell’immaginario stereotipato, dovrebbe far parte della categoria dei «mestieri maschili».

In queste foto l’agenzia Reuters, per l’8 marzo, ha raccontato la storia da un’altra angolatura

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• Valorizzare gli accordi con le reti (es rete RESMA Madonie, Sblif Friuli Venezia Giulia, Rete della Costiera Amalfitana, Rete delle Piccole scuole della Liguria, ecc ).

Si aggiunga che anche a motivo di queste loro responsabilità famigliari – effettive o anche solo presunte – le donne non solo sono meno presenti nel mercato del lavoro, ma sono

dell’Italia dove le donne, rispetto agli uomini, vivono più anni in totale (83,8 contro 77,9) e più anni liberi da disabilità (67 contro 65,8), ma hanno una proporzione di anni