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Academic year: 2021

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Riv Med Lab - JLM, Vol. 5, N. 2, 2004 64

Economia e salute: un equilibrio possibile

M.G. Marini

Istituto Studi Direzionali (ISTUD), Area Sanità, Milano

Corrispondenza a: Prof.ssa Maria Giulia Marini, presso ISTUD, Direzione: 20157 Milano - Via Giorgio Stephenson, 33 - Tel.

+39.02.332.034.1 Fax. +39.02.332.021.13; Amministrazione e Centro Didattico: 28838 Stresa (VB) - Corso Umberto I, 71 Tel.

+39.0323.933.801 Fax +39.0323.933.805; e-mail: Maria_Giulia_Marini@istud.it

Oggigiorno è dibattito aperto su come rinnovare il complesso modello sanitario nazionale e regionale equilibrando la necessità di tutelare lo stato di salute dell'individuo e l’utilizzo delle risorse economiche disponibili.

Non è possibile intervenire in sanità prescindendo da una riflessione etica: ogni intervento sanitario com- porta una ricaduta economica, il dilemma da affronta- re è capire dove sia più opportuno investire le risorse per dare salute per la collettività e per il singolo.

Il termine “salute” ricorre continuamente negli atti ufficiali degli stati, e comprende nella sua accezione più ampia “lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità”,

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o più ricorrentemente la “tu- tela della salute fisica e psichica”.

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Tali accezioni, soprattutto la prima, sono certamen- te condivisibili e suscitano un “facile” consenso, ma devono essere considerate come dei modelli a tendere, sollecitazioni verso il raggiungimento di un valore fondamentale da proteggere. Esse infatti non possono essere ritenute come concreto obiettivo da raggiungere, per il semplice fatto che quello da loro proposto è un traguardo mai raggiungibile e che non si concilia con le stesse leggi naturali, ma piut- tosto un principio regolatore sulla base del quale orientare l’azione.

Proprio per questo è stato necessario ripensare al concetto più realistico di diritto inteso non più come completo stato di benessere psicofisico e sociale - assolutamente fuori luogo quando ci riferiamo a pa- tologie oncologiche, alla geriatria, agli stati termina- li dell’esistenza, ma come diritto individuale all’as- sistenza sanitaria.

Fino a tempi precedenti l’aziendalizzazione sanitaria (anni ’70 e ’80 in Italia) sarebbe sembrato inutile operare una riflessione sullo stato economico del si- stema sanitario in quanto, fedele ai principi sopra ci- tati, la tendenza seguita era quella di assicurare a tutti i cittadini la totalità delle prestazioni mediche richieste, prescindendo dal costo che tale politica avrebbe avuto, non solo in termini economici, ma

anche in termini di depotenziamento della capacità assistenziale di strutture concepite per rispondere a bisogni d’urgenza e acuzie e utilizzate invece in ma- niera sistematica per la cura di qualsivoglia affezio- ne, cronica o degenerativa, con il conseguente impo- verimento di know how del personale coinvolto.

Tale politica organizzativa ha portato con sé anche la prassi consolidata di erogare prestazioni sanitarie non sempre necessarie, non sempre urgenti, non sempre opportune. Questa discrepanza tra lo scopo dell’istituzione e l’attività di cui si è fatta carico ha comportato lo stabilizzarsi di una situazione econo- micamente insostenibile, organizzativamente inade- guata e se vogliamo eticamente inadempiente, in quanto dirottando le risorse economiche verso pre- stazioni che di fatto non avrebbe dovuto fornire, il sistema sanitario ha finito per sottrarle ad altre che ne necessitavano. Etica è quindi da intendersi non solo rispetto a quello che viene “negato” dall'offerta sanitaria ma anche rispetto a quello che viene “spre- cato” nel sistema sanitario.

L’esigenza economica innanzi tutto di mettere mano all’organizzazione del sistema sanitario ha compor- tato l’avvio di una riflessione che si dispiega non so- lo sul piano organizzativo e strutturale, ma che anzi basa questo suo rinnovamento sulla necessaria presa di coscienza che una tale consuetudine eticamente non può più permettersi di sopravvivere.

Questo cambiamento di prospettiva ha immediate e importanti ricadute organizzative. In primis, la strut- tura ospedaliera si viene a delineare come ambito nel quale trattare situazioni acute e d’emergenza, non più prestazioni a lungo termine (lungodegenze), le cronicità che devono necessariamente trovare un altro sbocco nel distretto, sul territorio, del servizio.

Solo in questo modo si potrà costituire una rete pre- posta alla salvaguardia dell’assistenza clinica, orien- tando la domanda consequenzialmente all’offerta proposta.

Per erogare un’assistenza di qualità e tentare di con- tenere la spesa sanitaria è necessario ripensare l’as- sistenza attorno alla logica dell’appropriatezza.

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Appropriatezza di cure erogate, tempestività, oppor- tunità dell’intervento e sua durata: ecco le parole chiave che condizioneranno il futuro della sanità.

La diagnostica di laboratorio oggi si pone la questio- ne dell’appropriatezza. All’interno di questo conte- sto il laboratorio rimane, nel processo diagnostico, un elemento indispensabile alla pratica medica, ma anche un elemento che necessariamente è già coin- volto in una revisione orientata a valorizzare la tem- pestività, l’appropriatezza delle pratiche cliniche messe in atto, secondo un progetto che porti con sé risparmio (economico, di knowledge, di risorse umane...) e concorra ad aiutare la determinazione dei protocolli terapeutici del paziente potendo conta- re su una potenziata tempestività d’intervento.

Nello specifico del contesto di laboratorio, parlare di appropriatezza non significa solamente fare riferi- mento alla congruenza della pratica con la patologia con la sua gravità, ma significa anche valutare la coerenza tra il sospetto diagnostico e la tecnica stru- mentale utilizzata. E’ già in essere una forte atten- zione alle nuove tecnologie che migliorino il labora- torio più tradizionale, scoprendo nuove tecniche dia- gnostiche meno invasive, aumentando la sensibilità e la specificità dei test e che soprattutto - nella com- plessità dell'organizzazione dei percorsi diagnostico terapeutici - permettano una integrazione armoniosa della diagnostica con le fasi terapeutiche e riabilita- tive dell’assistenza sanitaria.

Potenziare la diagnostica oggi significa agire attra- verso l’utilizzo di rinnovate chiavi di lettura in ac- cordo con i nuovi obiettivi che la struttura sanitaria è chiamata a perseguire. Ad una rinnovata necessità di garantire la prontezza del risultato e la sua affidabi- lità dal punto di vista qualitativo, si accompagna l’e- sigenza di individuare i punti morti della prassi la- boratoristica, le inefficienze, le analisi legate a tecni- che ormai obsolete ma talvolta purtroppo ancora ra- dicate nelle prassi del medico stesso che prescrive per “abitudine” e per “sicurezza” una batteria com- plessa di indagini diagnostiche.

Si rende così necessario un intervento che miri all’e- liminazione delle osservazioni superflue, non neces-

sarie, così da liberare risorse per potersi permettere di investire in nuove frontiere della diagnostica, tra cui ad esempio screening per l’individuazione dei casi a rischio, che consenta alla struttura di operare nella prospettiva più ampia e economicamente più vantaggiosa della prevenzione piuttosto che della te- rapia.

In questo scenario saranno sempre più presenti tutti quegli strumenti che permettono una precoce indivi- duazione della patologia, che consentono di interve- nire in maniera meno invasiva sul paziente, limitan- do il suo disagio, l’esborso economico e il carico as- sistenziale per la società. Le analisi economiche di sostegno per investire nella diagnostica dei fattori di rischio apparterranno agli studi di tipo “costo/conse- guenze”, ovvero si misurerà la spesa per l'effettua- zione dello screening in confronto al risparmio eco- nomico per minore spesa per trattare le conseguenze, ad esempio di tumori non diagnosticati per tempo.

L’attività di laboratorio, una delle basi sulla quale fondare la pratica diagnostica (e dunque il suo rin- novamento), non deve essere penalizzata da un pro- cesso di necessaria ridistribuzione delle risorse eco- nomiche in campo. Fare questo significherebbe sot- trarre alla pratica medica gli strumenti che assicura- no l’intervento clinico assistenziale.

Un equilibrio possibile da perseguire è quello che tende tra le risorse economiche e assistenza sanitaria piuttosto che tra economia e salute. Partendo da que- sto presupposto sarà possibile agire in profonda lo- gica ed etica assistenziale, dove il sistema sanitario è in grado di fornire alla popolazione, insieme ad una rinnovata attenzione alla qualità della vita, anche per tutti gli individui che, affetti da patologie croniche non risolvibili, sono di fatto ben lontani dall’ideale di salute promosso dalle passate politiche sociali.

Bibliografia

1. O.M.S.

2. ART. 32 costituzione italiana

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